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Mi spiace gente, il motivo è che tra malattie e impegni vari non ho il tempo materiale per scrivere, ne la mente sveglia e creativa per poter continuare, visto che sono sempre stanco morto... -
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Chiedo cortesemente l'eliminazione del racconto, se qualcuno\a vuole trarne spunto o riprendere da dove ho interrotto faccia pure. -
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Cancellate per favore... Come sempre tra impegni e ora l'influenza non ho avuto tempo di finirlo. Grazie. -
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Testo per il contest
Attenzione: Non è concluso, sono costretto ad interrompere la scrittura che terminerò nei prossimi giorni, quindi vi consiglio di non leggerlo, grazie.
Eden Accademy
Anno terrestre 2326 - L'essere umano esegue il primo salto spaziale al di fuori del
sistema solare.
Anno terrestre 2330 - Avviene il primo incontro con una razza aliena intelligente.
Anno terrestre 2359 - Viene creata la Lega delle cinque razze, tra cui l'essere umano.
Anno terrestre 2364 - Il pianeta Kletus-01 viene terraformato.
Anno terrestre 2371 - Viene creata Eden, la prima accademia multi-specie e multi-culturale
sulla superficie di Kletus-01.
Mikrel era nato e cresciuto su Amibal, un piccolo pianeta insignificante al margine dei
confini della Lega, in una delle più recenti colonie terrestri.
Ogni anno arrivavano i rappresentanti delle ormai sette specie del Consiglio per il
reclutamento per Eden, l'accademia che ogni giovane sognava e per la quale si doveva
passare per diventare qualcuno di valore; quello era il motivo principale e ufficiale ma
tra i ragazzi di Amibal correvano voci e leggende sulle svariate femmine delle altre
specie, in particolare per quanto riguardava il fattore sessuale.
Si diceva ad esempio che le giovani Ukrex, al culmine del piacere, squirtassero così
copiosamente da riempire una intera piscina olimpica; oppure che le giovani Angflessit,
nei momenti di piacere, diventassero leggermente trasparenti e si potesse vedere il
proprio membro dentro di esse; o anche che le femmine della specie Majerinie,
iniettassero nel partner un potente stimolatore e che ciò, in caso si trattasse di un
essere umano, provocasse uno stupefacente incremento del piacere e nella produzione del
liquido seminale.
Mikrel aveva raggiunto da poco i 18 anni, divenendo maggiorenne, quindi fu il suo turno
di essere valutato; al di la delle sue aspettative, venne scelto perciò ben presto si
trovò su un trasportatore interstellare diretto a Kletus-01.
Il primo periodo ad Eden passò molto velocemente, tra presentazioni, introduzioni e
molte altre cose che finivano in -ioni; notostante questo il ragazzo non potè fare a
meno di guardarsi intorno, specialmente sul fronte "ragazze"; tra le altre specie
presenti c'erano molti elementi femminili interessanti, e in molti casi attraenti ed
eccitanti; allo stesso tempo ce ne erano di spaventosi come ad esempio le Buljormul,
degli armadi tutti muscoli, che assomigliavano vagamente agli orchi della fantasia
terrestre.
A Mikrel venne impiantato un traduttore sopra un orecchio, un piccolo affarino per
nulla invadente, quindi iniziate le lezioni poté interagire con le altre creature
aliene, notando però che non c'era poi così molta apertura tra una specie e l'altra.
Dopo qualche settimana, in cui crebbe la sua frustrazione per gli insuccessi nella
socializzazione multi-specie, incontrò dei vecchi conoscenti umani, provenienti dalla
sua stessa colonia, i quali lo introdussero nel mondo segreto dell'accademia, il così
detto "mondo delle feste per lo scambio culturale".
Tali feste si tenevano nel sottosuolo dell'accademia, una immensa diramazione di
corridoi e stanzoni adibiti ai più vari utlizzi; vi era un vero e proprio manuale
per orientarsi in tale labirinto, per sapere i giorni e gli orari degli eventi e in
quale stanza venivano ospitati, così come il tema della festa.
Il primo evento disponibile avvenne dopo qualche giorno, fissato in termini terrestri
a mezzanotte in punto; Mikrel ebbe qualche difficoltà in quei corridoi angoscianti ma
alla fine raggiunse la meta; seguendo le istruzioni riportate sul manuale busso in
modo strano alla porta di ingresso e a seguire un numero indefinito di mani e zampe lo
tirarono all'interno, in mezzo ad un fracasso incredibile.
All'interno passo in mezzo ad una vera e propria masssa di corpi che si dimenava a
stretto contatto li uni con gli altri al ritmo di una musica bizzarra ad alto volume.
Sbucando dalla parte opposta di quel casino, si trovò in uno spazio più areggiato,
pieno di tavoli, divanetti e distributori di bevande e cibi vari; eccitatò e allo
stesso tempo confuso il ragazzo si guardò in giro cercando qualche bella aliena sola
ed infine notò seduta su un divano una dimlassaquem; era una creatura umanoide con
però la pelle di un azzurro acceso, tre dita per mano, -
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Oh grazie, non pensavo che codesta tipologia di racconto potesse interessare, non mi convinceva molto...
Quando per miracolo avrò un po' di tempo libero tra gli impegni scrivero il proseguimento. -
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CUMLAND
-Premessa:
Questo racconto lo sto scrivendo come tributo ad un fantastico flash game: Season Breeding.
Di cosa tratta?
(Da quanto ho capito) Il o la protagonista riceve in eredità una fattoria sperduta in mezzo
alla campagna, con vicino solamente un piccolo villaggio; in tale luogo esistono gli umani ma anche
creature ibride che forniscono lo sperma o liquidi vaginali, i quali prodotti sono utili per vari
scopi; oltre a questo il sesso e tutto ciò che lo riguarda non sono tabù, anzi sono l'opposto, e
vi partecipano anche le creature ibride.
Il o la protagonista dovrà gestire tali creature facendole accoppiare o spremendole per ottenere
i loro fluidi utilizzando il proprio corpo per incentivarle.
Tali creature ibride sono di svariati tipi e possono avere vari tratti, stranezze, fattezze oltre
ad avere un sistema di livellaggio.
Man mano che si progredirà si avranno richieste da vari clienti che vorranno una creatura in
particolare piuttosto che un'altra, si faranno soldi utili per far costruire nuove stalle e
poter ospitare altri tipi di creature, o per comprare queste ultime.
Probabilmente ci sono altre cose da dire ma vi consiglio di giocare l'ultima versione del
gioco disponibile.
Ma perchè il tributo?
Il motivo è che sfortunatamente gli sviluppatori hanno chiuso il progetto e quindi tale opera è
rimasta inconclusa, pur avendo grandi potenzialità... Un vero peccato.
- Capitolo 1: CUMLAND
La terra di Cumland è un luogo lontanto, sperduto tra colline e pianure.
In essa vivono creature misteriose, di varia natura, di varie fattezze e grandezze; gli
abitanti che vivono in Cumland convivono con esse, le allevano e ottengono da loro
dei preziosi fluidi che commerciano e utilizzano per innumerevoli scopi, pratica che ha
dato il nome alla loro terra.
Su di essa circolano svariate voci e leggende, ma pochi avventurieri affrontano il viaggio
per raggiungerla.
Stella era una donna di 30 anni, di bell'aspetto con occhi azzurri, capelli tra il biondo
e il ramato, e una leggere spruzzata di lentiggini al posto giusto; nonostante questo
lei aveva sempre lavorato in agricoltura e non si era curata di cercare un compagno.
Persi sfortunatamente i genitori in un incidente, ricevette in eredità un ranch in una
terra di nome Cumland, quindi partì con l'unico treno diretto in tale luogo.
Ad accoglierla trovò una donna di nome Margot, più o meno della sua età, con corti capelli
castani e occhi azzurri, vestita in una uniforme elegante; si presentò come
l'amministratrice della gilda locale di allevatori, espresse il dispiacere per la sua
perdita e le chiese conferma per l'interesse del ruolo da ricoprire.
Nel mezzo del discorso vennero interrotte da un'altra donna, Delilah una inquisitrice
di una certa legione imperiale, accompagnata da un cavaliere di nome Ferris; ne seguì
un battibecco con Margot su ruoli e comando, con in mezzo delle imbarazzanti questioni
legate al cazzo del cavaliere, che fece arrossire Stella e la rese confusa.
Alla fine la lasciarono da sola e se ne andarono sempre litigando.
La ragazza si trovò da sola al ranch, composto da una bella casa e due stalle dalla forma
strana: la prima delle due era una struttura a forma di trespolo per gatti, con una grande
zampa di gatto dipinta sopra l'ingresso; la seconda invece pareva proprio una cuccia di
cane a dimensioni giganti, circondata da un recinto a forma di guinzaglio, aperto davanti
all'ingresso.
Non avendo niente da fare la donna si avviò al villaggio, che si vedeva lontato su di una
collina e distava qualche chilometro.
Arrivata, le venne incontro un'altra donna che si prensentò come Roxie, la quale la
accompagnò senza tante cerimonie al suo negozio di "animali"; l'edifico che esteriormente
non pareva molto grande, all'interno si rivelò davvero spazioso; al primo piano c'erano
delle gabbie nelle quali Stella vide due delle creature più strane che avesse mai visto:
La prima aveva le fattezze di una donna molto attraente, ma le braccia e le gambe erano
pezzate interamente di pelo bianco e terminavano in zampe da gatta, di dimensione umana
però; dai capelli in testa, dello stesso colore della peluria, spuntavano due orecchie
dello stesso animale; la cosa più sconcertante era però che essa era completamente nuda,
con seno e parti intime umane, mentre sul retro si intravedeva una flessuosa coda nera.
La seconda creatura invece era alta, con un corpo possente da uomo, anche se la pelle
aveva tonalità di blu, con zampe di lupo sia superiori che inferiori; sopra il petto
scolpito spuntava un pelliccia bluastra che proseguiva sul collo, mentre la testa era
propriamente quella di un lupo; anche esso era nudo e il suo enorme e lungo pene canino
dondolava ad ogni suo movimento; entrambe le creature portavano un collare di diverso
tipo e sulla gabbia c'erano scritte le razze: Catgirl e Dickwolf.
Stella rimase stupefatta e una parte di lei si scaldò alla vista di quelle nudità; Roxie
le disse che quelle erano solo due delle svariate creature che lei avrebbe dovuto
allevare e che come inizio gliele avrebbe vendute con uno sconto.
Alla fine Stella li comprò e la venditrice si offrì di portarglieli al ranch, mentre
lei avrebbe fatto meglio a conoscere gli altri abitanti.
Proseguendo per il villaggio incrociò una giovane ragazza, probabilmente attorno ai 20
anni, che si presentò come Kai e imbarazzò maggiormente Stella quando le rivelò che
gestiva il negozio di sperma; la portò al suo locale, adiacente a quello di Roxie, e
per iniziare le consegnò dei vasetti contenenti i fluidi di alcune creature di nome
Holstaurus, dicendole che erano un ottimo nutrimento per le creature; poi le spiegò
tutta la questione dello sperma e liquidi vaginali: allevando le creature doveva
bilanciare gli accoppiamenti con le "spremiture" in modo da ottenere fluidi sia
da vendere che per uso di nutrimento. Ogni tipo di fluido aveva proprietà particolari;
le conisgliò infine di aiutare le creature ad espellere incentivandole con "prestazioni
corporali", cosa che scandalizzò maggiormente Stella.
La donna proseguì poi la visita del villaggio, incontrando Levi il non troppo loquace
costruttore di stalle e Cordelia, una donna sulla 40 con un seno enorme che gestiva
il laboratorio alla gilda ed era esperta di dildo.
Infine Stella, stanca e sconvolta tornò al ranch, chiedendosi dove fosse capitata.
- Capitolo 2: La vita dell'allevatrice
Visto che la giornata non era ancora finita, Stella si decise infine a visitare le
creature per sfamarle.
Si recò per prima cosa da Vivienne la catgirl e scoprì che la stalla appariva come
il paradiso dei gatti: divani, cuscini, postazioni sopraelevate e sifoni d'aria calda.
La donna gatto era seduta su di un cuscino e quando entrò la fissò con curiosità, e nei
suoi occhi le parve di scorgere intelligenza; la donna le si avvicinò titubante, prese
uno dei vasetti di liquido seminale, lo stappò odorando un strano odore dolciastro e
lo tese verso l'altra; la creatura fiutò l'aria, si alzò agilmente e le corse incontro
con le tette formose che sballonzolavano da una parte all'altra;
le prese gentilmente il contenitore dalla mano, se lo portò alla bocca e bevve tutto
il fluido d'un sorso, mentre una lacrima di esso fuoriuscì e le colò sul mento.
La catgirl posò poi a terra il barattolo e raggiunse un divano, vi si sedette e
divaricò e alzò le gambe le gambe guardando la donna in attesa; Stella non sapeva che
fare ma notò che la vagina dell'altra era arrossata e pareva gonfia e intuì che cosa
poteva voler dire l'incentivare l'espulsione.
Da un lato la donna provava repulsione a quello che chiaramente doveva fare, mentre
dall'altro la eccitava; volente o nolente raggiunse la creatura adagiata in posizione
provocante, e con la mano guantata tremante le sfiorò la suà intimità che era molto
calda e fece fremere la catgirl; quest'ultima però non pareva contenta del guanto e
con una mano artigliata glielo graffio leggermente.
Stella, facendosi forza, se lo tolse e le pose nuovamente la mano sulla vagina dalle
labbra gonfie; Vivienne fu visibilmente contenta quindi la donna iniziò a
massaggiargliela piano per poi aumentare in modo graduale seguendo l'aumento dei
gemiti e degli ansimi dell'altra.
Troppo tardi Stella si chiese come avrebbe dovuto fare per il liquido, quando infine
la vagina della catgirl spruzzò a getto un liquido biancastro ma non troppo
appiccoso che la investì in pieno.
La donna rimase stupefatta immobile mentre Vivienne, la cui vagina era tornata alla
normalità, si piegò su se stessa e prese a leccarsela per pulirsi.
Stella si ricordò che i suoi ricambi di vestiti non erano ancora arrivati ed essendo
la maglietta che aveva indosso fradicia se la dovette togliere, rimanendo con il suo
seno abbondandate al vento; un po' del liquido della catgirl le era finito in bocca
e si stupì del fatto che non aveva un cattivo sapore, anzi pareva panna nel gusto.
Si ripulì e fece per tornare a casa, sperando di non avere visitatori che vedessero
il suo davanzale, poi si ricordò del dickwolf.
Raggiunse la grande cuccia per cani ed entrò, trovandosi in un largo ambiente il cui
pavimento era cosparso di paglia, mentre in un uno spazio c'era una pila di ossi per
cani.
Cecil il dickwolf era accucciato in un angolo a sgranocchiare un osso ma quando
la donna entrò si alzò in tutta la sua stazza e le si avvicinò sulle sue zampe
arcuate da lupo; la donna si sentì terribilmente in imbarazzo con le tette al vento
specialmente quando il pene della creatura si ingrossò e si allungò eretto; svitò
un vasetto e glielo porse tremante e il dickwolf lo prese per poi anche lui berne
il contenuto; terminata la bevuta gettò il contenitore vuoto di lato e con il muso
lupesco prese a fiutare la donna da cima in fondo, mentre ella si coprì il seno
con le braccia.
Lei prese ad indietreggiare imbarazzata con la creatura che continuava a seguirla
e che aveva preso a fiutarla nei pressi delle zone intime, ed ad un certo punto
notò che sulla parete vicino all'ingresso c'era affisso un biglietto, allora lo
raggiunse e con una mano lo recuperò; su di esso vi era scritta una nota firmata
da Kai che le diceva tra le righe, anche se pareva un regola vera e propria,
che i dickwolf arrapati volevano espellere solo all'interno di un'altra creatura.
Stella rimase pietrificata e intanto Cecil iniziava ad essere spazientito,
prendendo a strusciare il suo pene pulsante sulla pelle scoperta della donna.
Essa non aveva mai avuto un rapporto sussuale con un umano, e l'idea di farlo
con una creatura del genere la terrorizzava, in parte la disgustava e in parte
la eccitava; intanto però capii che la creatura doveva essere "spremuta", poiché
altrimenti probabilmente l'avrebbe costretta con la forza.
Cecil nel mentre dei suoi ragionamenti era divenuto ancora più invasivo,
iniziando a strusciare il suo membro sulle mani della donna e a leccarla dove
poteva; ella riuscii infine ad eccettare l'inevitabile ma prima si guardò in giro
e notò infine un poco visibile armadio nel quale trovo dei vasetti vuoti; ne
afferrò uno e si portò in centro alla stanza, alzò un mano verso Cecil e gli
disse chiaramente di fermarsi, cosa che esso fece, poi con titubanza si slacciò
i pantaloni e se li levò restando completamente nuda, visto che non le era mai
piaciuto portare l'intimo sotto, poi si mise lentamente a carponi allargando le
gambe; chiuse gli occhi e sentì il dickwolf posizionarsi dietro di lei, lo sentì
inginocchiarsi e poi sentìì il suo grosso membro bollente strusciarsi tra le sue
natiche lentamente per qualche secondo per poi distaccarsi; Stella spaventata
ed eccitata allo stesso tempo senti che la sua vagina le si era bagnata e
dalla consistenza probabilmente c'era anche un po' di sangue; non accadde nulla
per qualche istante e lei quasi sperò che se ne fosse andato, poi sentì la punta
del possente pene che le premeve sulla vagina e infine venne penetrata per la
prima volta lasciandosi sfuggire un grido. Era una sensazione dolorosa,
considerata anche la mole di ciò che la stava possedendo, ma allo stesso tempo
piacevole almeno fino a quando Cecil non aumentò il ritmo, facendole più male.
Si lasciò sfuggire molti gridolini mentre la creatura le entrava profondamente
dentro, il suo membro era così lungo che nel ritiro non ne uscivà nemmeno la
metà dalla vagina; infine il dickwolf le eiaculò copiosamente dentro, e lei
sentì benissimo il liquido caldissimo nella sua intimità, che nella sua gran
quantità strabordò anche all'esterno colandole nell'interno coscia.
Cecil si staccò da lei facendola gemere, le diede una annusata e una lunga
leccata al suo fiore, poi si allontanò in cerca di ossa.
La ragazza rimase ansante nella stessa posizione fino a quando non si fu un
po' ripresa, poi ricordandosi dello sperma posizionò il baratto tra le gambe
vi si sedette sopra e spinse, facendo sgorgare l'abbondante sostanza dalla
sua vagina, riempendo il contenitore fino all'orlo, che poi richiuse.
Infine si alzò, raccolse i pantaloni e barcollando se ne andò a casa a
dormire.
- Capitolo 3: Nuove creature
La mattina seguente Stella si svegliò con un gran dolore nelle parti intime,
quindi fu con malavoglia che si alzò per dedicarsi alle sue creature; mentre
si dirigeva da Vivienne però le venne un'altra idea.
Cinque minuti dopo la donna si appoggiò al recinto centrale del ranch, nel
quale aveva accompagnato le due creature con l'intenzione di farle accoppiare.
Il dickwolf non si fece attendere e si fiondò subito adosso alla catgirl
iniziando a fiutarla nelle parti basse la quale non sembrò spaventata, anzi
si piegò in avanti mostrando la sua vagina nuovamente gonfia e arrossata;
Cecil subito le si portò dietro, le afferrò le braccia e senza tante cerimonie
le infilò in tutta la sua lunghezza il membro facendola gridare, poi la montò
con grande lena come aveva fatto con Stella, la quale provò un involontario
dolore di solidarietà; comunque tutto sommato quella scena la eccitò
specialmente al culmine dell'atto, quando il dickwolf venne dentro Vivienne
così copiosamente che il seme le sgorgò fuori a fiotti.
La donna si avvicinò ai due in fretta con i barattoli, ma poi pensò che il
misto dei fluidi probabilmente non sarebbe andato bene per il commercio,
quindi non le restò da fare che riaccompagnarli nelle loro rispettive stalle,
dando poi ad ognuno come nutrimento i restanti vasetti che gli aveva dato Kai.
Non avendo molto altro da fare in giornata, decise allora di recarsi al lago
non troppo distante dal ranch per pescare.
Dopo il viaggio faticoso raggiunse la riva e notò che vi era stato costruito
sopra un pontile di legno, perfetto per ciò che aveva in mente; raggiunto il
bordo al termine di esso, noto che nelle acque limpide nuotavano dei pesci
stranissimi, di varie forme e dimensioni; si sedette con i piedi nudi a pochi
centimetri dall'acqua, preparò la canna e fece il primo lancio.
Dopo poco abboccò il primo, Stella non trovò molta resistenza e alla fine
pescò una creatura con il corpo di un normale pesce, terminante però con un
gigantesco occhio; riuscii a pescare altri tipi, uno più strano dell'altro
ma quello che catturò maggiormente la sua attenzione fu un grosso pesce dalla
forma allungata con la testa uguale alla cappella di un pene umano.
Al ritorno, prima di rincasare, allungo il tragitto e si fermò al villaggio
per vendere il bottino conquistato e le cum ricavete il giorno prima dalle
creature, cosa che le procurò un po' di soldi.
Tornata a casa cenò, poi si recò di corsa in bagno portandosi dietro l'unico
pesce salvato dalla vendita, che nel frattempo aveva messo in un a boccia
d'acqua: il pesce-pene; l'ecceitazione provata al mattino, per
l'accoppiamento delle sue creature, era cresciuta con il proseguimento della
giornata anche se la vagina le doleva ancora, quindi vista la forma del suo
nuovo conquilino aveva pensato bene di usufruirne; riempì la vasca di acqua
calda, anche se non troppo per non cuocere il pesce, vi entrò posando la
boccia per terra lì vicino, poi prese a massaggiarsi la sua intimità
mordendosi le labbra per non gemere per il dolore, che comunque la faceva
eccitare maggiormente; smise dopo poco per afferrare il pesce, cosa che le
risultò più facile del previsto in quanto esso non era molto viscido, poi
lo trasportò nella vasca, divaricò le gambe e se lo premette sulla vagina
gemendo, fino a quando la testa-cappella la violò; se lo spinse dentro
ancora un poco e come aveva sperato quello iniziò a dimenarsi nella sua
profondità.
La creatura era però troppo energetica e Stella presto venne sopraffatta
dal piacere tanto quanto dal doloro, puntandosi sui piedi si spinse con
il bacino fuori dall'acqua; all'aria, tra le sue gambe divaricate c'era
la coda del pesce che evasa dalla sua stressa iniziò a dimenarsi in ogni
direzione schizzando ovunque, non essendo da meno della testa nella cavità
della donna; inevitabilmente agitandosi dopo poco il pesce-pene sgusciò
fuori dalle labbra vaginali e volò dall'altra parte del bagno, mentre la
donna grido mentre la sua vagina spruzzò un grande getto mentre lei veniva
dolorosamente.
Ricadde nell'acqua e ci impiegò un bel po' a riprendersi, poi corse a
recuperare il pesce fortunatamente ancora vivo rimettendolo nella boccia,
terminò il bagno ed andò a dormire.
Il giorno dopo le riservò un grande sorpresa; quando entrò nella stalla
di Vivienne vi trovò una seconda catgirl, di pelo azzurro, notando che
era imbrattata di uno strano liquido appicicoso; Stella notò una scia di
tale fluido che da essa arrivava a Vivienne, più precisamente dalla sua
vagina; intuì allora, per quanto incredibile fosse, che quest'ultima aveva
partorito, e tale nuova arrivata era cresciuta a età adulta in una sola
notte.
Stella le si avvicinò catturando la sua attenzione e decise di chiamarla
Lyn, la quale però non pareva essere ancora pronta per la "spremitura"; la
aiutò quindi a ripulirsi ma poi si chiese quale nutrimento le avrebbe
potuto dare essendo "appena nata"; la risposta arrivò da sola, quando Lyn
raggiunse Vivienne sul divano la quale aprì le gambe e lei prese a leccarle
la vagina, succhiandole a tratti il clitoride; Stella si avvicinò piano alle
due un po' curiosa e un po' eccitata, ed si trovò praticamente seduata vicino
quando alla fine la catgirl venne, schizzando direttamente in bocca della
figlia i suoi liquidi.
La donna, tranquilla del fattore cibo per la nuova creatura, si recò dal
dickwolf; non essendo affatto pronta ad un nuovo rapporto vaginale, si portò
davanti a Cecil al quale si ingrossò subito il membro che Stella afferrò e
prese a masturbarglielo, tenendo con una mano il vasetto davanti; non ci
volle molto, era una creatura che raggiungeva il culmine molto presto, ma
riuscì a riempire solo un contenitore; probabilmente anche il dickwolf ha i
suoi limiti.
Stella si avviò al villaggio e nel mentre si azzardò di assaggiare un
piccolo sorso del cum di Cecil, che però era molto salato e la fece tossire.
Al villaggio vendette il fluido che però non frutto molto, poi raggiunse la
casa di Levi, per chiedere la costruzione di una nuova stalla; esso le porse
un catalogo e lei vide che poteva permettersi quella per il già sentito
holstaurus e così gliela commissionò.
Il giorno uscendo di casa notò una nuova costruzione al ranch, una vera e
propria stalla con un campanaccio da mucca gigante appeso sopra l'ingresso,
La donna pensò che di sicuro a Cumland erano molto veloci a lavorare.
Si dedicò velocemente alle spremiture, notando che anche Lyn era pronta, poi
si recò al villaggio da Roxie, chiedendole degli holstaurus che si immaginava
come possenti tori, ma la venditrice rise su quel pensiero e la accompagnò sul
retro dove alloggiavano altre creature; tra varie gabbie coperte da un telo,
ne raggiunsero una contenente parecchio fieno; in mezzo stava una creatura
bipede dall'aspetto di una donna alta e molto formosa, con le gambe pezzate
di grigio macchiate qua e la di nero, una coda terminante in un ciuffo folto
di peli, il viso attraente era incorniciato da lunghi capelli grigi dal quale
sbucavano delle orecchie e delle corna da mucca, in versione ridotta; ma
le particolarità che attiravano di più l'attenzione era le tette prominenti
e in mezzo alle coscie una vagina molto visibile; oltre a questo la creatura
aveva un collare con un campanaccio attaccato, e dei polsini di bronzo sulle
braccia umane; si chiamava Ira.
Stella la comprò e poi insieme alla holstaurus prese la via del ritorno;
la creatura la seguiva docilmente, con il seno davvero abbondante che le
sballonzolava a destra e a sinistra.
La donna si sentiva assetata, grazie anche all'assaggio del cum del dickwolf,
e ad un certo punto si ricordò di quando beveva il latte dalle mammelle
delle mucche, nella sua vecchi vita; il pensiero successivo fu ovviamente che
Ira era di base una mucca, quindi si bloccò in mezzo alla strada colpita da
quel pensiero. La holstaurus le venne addosso, senza farla cadere però, e la
donna sentì il contatto di uno dei grandi capezzoli della creatura contro la
sua schiena; allora sia eccitata che assetata si voltò, le afferrò una tetta
con due mani, e anche così faceva fatica a tenerla, poi avvicinò la bocca al
capezzolo e prese a succhiare, prima delicatamente poi con foga visto che
non usciva niente.
Alla fine Ira lanciò un piccolo verso tra il grido e il muggito, e la donna
sentì scorrere in bocca un denso fluido che aveva il sapore del latte con
un poco di vaniglia; ne assaporò ogni goccia fino a quando terminò.
Ripresero poi il viaggio e arrivati al ranch, Stella accompagno Ira nel suo
nuovo alloggio.
- Capitolo 4: I Doppi
Passò qualche giorno e Stella si impegnò a far fruttare le sue creature per
farsi un po' di soldi; provò a fare accoppiare la holstaurus con il dickwolf
nella speranza di una nuova nascita ma quest'ultimo pareva aver sviluppato
la preferenza per le catgirl, quindi negli accoppiamenti la sua compagna
era Vivienne, anche se però non generava più figli; Lyn invece era molto
interessata ad Ira, o per meglio dire alla sua copiosa fornitura di fluidi
e quando si trovavano nel ranch le assaliva sempre i capezzoli per nutrirsi.
Quindi Stella era a corto di procreazioni e quindi infine ritorno da Roxie
per l'acquisto di un nuovo dickwolf; essa le disse che sfortunatamente ne
era rimasto solo uno, il quale però era particolare in quanto era un
portatore di Cambio, cioè molto probabilmente poteva generare un Doppio.
Alla richiesta di spiegazioni su cosa ciò volesse dire, Roxie sorrise e
e le disse di scoprirlo da sola.
Stella lo comprò comunque e sul tragitto del ritornò studiò la creatura;
si chiamava Jol e non era molto differente da Cecil, anzi solo il tono
di blu della pelliccia era leggermente diverso; pensò infine che Roxie
semplicemente l'avesse presa in giro.
Il giorno seguente attuò la spremitura su Vivienne, Cecil e Lyn, poi
portò nel recinto Ira e il nuovo arrivato per farli accoppiare; il rapporto
fu strano in quanto la holstaurus non poteva mettersi prona, visto il
grosso ingombro che portava davanti, quindi semplicemente rimase in piedi
a zampe divaricate e il dickwolf riuscì a penetrarla dal dietro anche se
con qualche difficoltà.
Quella sera Stella si servì ancora del pesce pene, poi soddisfatta andò
a letto.
La mattina seguente fece accoppiare i dickwolf con le catgirl, essendo
i primi due molto arrapati e le altre due in calore; poi si recò dalla
holstaurus e per l'ennesima volta da quando era arrivata a Cumland, rimase
di stucco; nella stalla c'era una nuova holstaurus, dal pelo viola a macchie
nere, solo che ella oltre alla vagina aveva appena più sopra un grosso pene
umano eretto; era ancora coperta del liquido appiccicoso della nascita.
Ripresa un poco dallo shock, la donna capì quello che gli aveva accennato
Roxie; si recò prima da Ira, le massaggiò i capezzoli fino a che non uscì
il prezioso liquido che raccolse in due barattoli; infine si avvicinò
titubante alla seconda holstaurus, che in seguito chiamo Clara, la quale
era seduta su di una cassa ed era intenta a cercare di ripulirsi.
Stella la osservò e la vista del suo grosso membro abbinato al più
gigantesco seno la fece eccitare così tanto che la sua vagina si bagnò.
Aiutò la creatura a pulirsi poi non potendo più trattenersi si tolse
scarpe e pantaloni e le si arrampicò sopra, trovandosi faccia a faccia,
mentre con una mano le afferrò il pene e senza preamboli gli si sedette
sopra; gemette insieme a Clara mentre il grosso membro le risaliva dentro
poi prese a masturbarsi con esso mentre con le mani si teneva alle corna
della holstaurus; quest'ultima possedeva delle grandi mani femminili e
con esse afferrò le tette della donna e prese a palpargliele.
Ad un certo punto Stella si fermò, per riprendere fiato e tra una boccata
e un altra ne approfittò per succhiare un capezzolo all'altra, continuò
fino a quando il denso e dolce fluido le riempi la bocca.
La donna ne ingoiò un poco ma il resto lo trattenne e prese a berlo poco
alla volta mentre riprendeva con foga a farsi penetrare; tale liquido
le pareva afrodisiaco.
Raggiunse il culmine del piacere squirtando, così che il pene di Clara
venne ricoperto dei suoi liquidi; la donna si abbandonò con la testa tra
le tettone della holstaurus qualche istante, poi fece per alzarsi quando
l'altra la blocco afferrandola per i fianchi; Clara dimostrò di avere una
grande forza quando lei tentò di liberarsi senza riuscirci, poi la
holstaurus la costrinse a riprendere la penetrazione, contribuendo anche
lei questa volta al ritmo dell'azione; Stella si dovette aggrappare ancora
alle corna mentre le pareva quasi di essere trapanata, dalla foga
dell'azione; Clara durò molto più del dickwolf ma alla fine giunse anche
lei al culmine e la donna sentì dei getti potenti e bollenti che
esplosero dentro di lei.
Clara la liberò dalla stretta e Stella si alzò in piedi, con il seme
dell'altra che le colava fuori; si recò all'esterno e nell'erba si liberò
dai residui con una pisciatina, si ripulì e poi andò a dormire sfinita.
- Capitolo 5: Gli elfi
Continua...
Edited by atbmatus - 19/11/2016, 02:23 -
.
La stanza 14
I miei genitori mi volevano fuori casa, non c'era dubbio, altrimenti
non sarebbero andati a contattare la parente più inculata al mondo
per farmi trovare lavoro.
Avevo 22 anni e all'epoca ero uno dei tanti giovani senza impiego.
Nel mio caso trascorrevo le giornate a fare niente e i miei me lo
facevano pesare ogni giorno, per invogliarmi a cercare una
occupazione; come se fosse facile...
Comunque un bel giorno si ricordaro di una certa zia Gianna, la
quale possedeva un dormitorio in un'altra città, che gestiva quasi
da sola.
La cosa non mi toccò minimamente, era una di quelle parenti alla
lontana che forse poteva saltare fuori nei discorsi durante i
cenoni natalizi; questo fino a quando non fui sequestrato in
salotto e posto sotto torchio, con i miei che mi raccontavano
allegramente che la zia aveva da poco perso un aiutante e quindi
mi offriva niente di meno che un lavoro con alloggio.
Che bello... Grazie...
Dopo ore di viaggio in treno arrivai finalmente nella città
indicatami, della quale non voglio neanche pronunciare il nome, e
dopo un corsa in autobus di mezz'ora giunsi in periferia, davanti
al famoso dormitorio: una edificio antico e decadente, che pareva
uscito da un film in bianco e nero di vecchissima data.
La zia non era da meno: una donnona sulla settantina, vestita
alla stra antica; insomma una brutta vecchia racchia zitella che
aveva i baffi e puzzava di spezie da cucina.
Essa mi accompagnò nel suo appartamento, il quale preferisco non
descrivere; scambiammo qualche frase di cortesia, più come
introduzione che per interesse, poi iniziò a spiegarmi il tutto:
Il suo dormitorio era riservato esclusivamente a ospiti femminili,
solitamente studentesse che cercavano una sistemazione economica;
l'edificio era strutturato su due piani e aveva sette alloggi
ognuno, più un monolocale per la zia al piano terra e un altro,
il mio, in fondo al secondo piano.
Il suo vecchio aiutante e mio predecessore, un certo signor
Ponzi, aveva raggiunto una certa età e incapace di continuare
aveva lasciato il lavoro.
Tale occupazione consisteva all'occorrenza nel fare piccole
riparazioni, di fare rifornimento e nel lavaggio di lenzuola e
cose simili, insomma lo sguattero; riguardo al mantenimento
dei servizi del dormitorio, dovevo basarmi su di una bacheca
nell'atrio, sulla quale le ospiti mettevano gli avvisi e
richieste. Io avrei avuto un giorno libero alla settimana e nei
restanti dovevo giostrarmi da solo le ore di riposo e quelle di
sgobbo.
Terminata la presentazione la zia Gianna si fece oscura, assumendo
un espressione da cane incazzato, come se volesse sbranarmi.
Con tono che non ammetteva repliche mi avvisò che essendo io un
maschio e un "giovanotto schiavo dell'apparato genitale", dovevo
seguire dei comandamenti ferrei:
1 - Niente contatti con le ospiti, se non strettamente necessario.
2 - In caso di contatto è assolutamente vietato parlare di altro
che non sia il problema da risolvere.
3 - In caso di riparazioni negli alloggi delle ospiti, chiedere
tassativamente il permesso per procedere ed eseguirle in
piena solitudine, chiedendo ad esse di uscire.
4 - Nell'orario di riposo e nel giorno libero è vietato stare
a zonzo nel dormitorio, o dentro la mia sistemzione o fuori
dall'edificio.
Insomma la dittatrice mi trattò come un maniaco arrapato.
Subito dopo quella spaventosa scenetta mi accompagnò di filato
lungo il corridoio al pian terreno, sulla scala che portava
di sopra, lungo tutto il corridoio al secondo piano e infine
rimase in attesa fino a che non entrai nel mio alloggio e chiusi
la porta a chiave; anzi no, prima rimase in attesa ancora per
dieci minuti fuori dalla porta come un cane da guardia in allerta,
come potei constatare spiando dal buoco della serratura.
Quando infine se ne andò mi misi a studiare quel buco in cui
dovevo vivere: era un piccolo monolocale con lo stretto necessario
ma nulla più; sulle pareti la carta da parati pareva avere 100 anni
sia per lo stile che per lo stato in cui era, la cucina non era da
meno; non c'era il televisore ne nient'altro con cui svagarsi e il
portatile che mi ero portato dietro necessitava di un adattatore
per la spina per funzionare, cosa che non avevo.
Le uniche note positive erano il bagno, pulito e funzionale, e il
letto in condizioni accettabili.
Sbuffando sconsolato mi lasciai cadere su di esso.
Il primo mese fu tremendo, il periodo peggiore della mia vita.
Non ci furono faccende di manutenzione e non incontrai nemmeno una
delle ospiti; passavo quindi le giornate tra lavaggi, rifornimenti
e l'essere segregato nella mia stanza.
Riguardo alle ospiti sapevo che ne erano presenti poche, e tutte al
piano terra, in quanto era inizio autunno e l'università vicina era
ancora chiusa.
Non che avessi la possibilità di fare alcun che, visto che bene o
male spunatava fuori la zia a controllarmi con una certa frequenza.
Ero quindi vicino all'impazzire quando feci una scoperta
senzazionale: quel caro e dolce nonnino del mio predecessore, come
lo amava chiamare zia Gianna, era in verità un maialone.
In uno dei miei andirivieni nel mio alloggio passai un po' troppo
vicino ad un lembo della carta da parati, la quale mi si impigliò
nei pantaloni e quindi ne strappai un bel pezzo; dietro di essa
c'era un grosso foro, chiaramente di opera umana, il quale dava
un'ottima visibilità all'alloggio adiacente al mio ovvero il
numero 14, precisamentedove c'era i due letti. Riflettendoci sopra
arrivai alla conclusione che la carta da parati lo copriva
perfettamente ed essendo spessa dall'altro lato pareva un buco
chiuso; se poi nel mio appartamento avessi spento le luci e mi
fossi accostato ad esso avrei potuto spiare indisturbato.
Per provare la mia tesi un giorno feci un salto nell'alloggio 14
e constatai che avevo ragione; inoltre il misero monolocale non
aveva la carta da parati e le pareti erano tapezzate da buchi e
scrostamenti di varia grandezza e misure.
Esaminando la parete incriminata del mio alloggio notai altri
due lembi sporgenti a distanza uguale da quello centrale; notai
allora che il vecchio volpone aveva strategicamente creato una
posizione di spionaggio che dava sul bagno, il quale essendo
piccolo era totalmente visibile, e una sulla parte iniziale
dell'alloggio, nello specifico mostrante il divanetto.
Per fortuna riuscii a trovare della carta da parati di riserva
nel ripostiglio in cantina, quindi mi fu facile riparare lo
strappo sul primo foro, mantentendo ovviamente la possibilità
di poterne usufruire.
Inutile dire che avevo trovato uno scopo nel dormitorio.
Mancava meno di una settimana all'apertura dell'accademia quando
iniziarono ad arrivare un mucchio di ragazze e il dormitorio prese
un poco di vita; ogni tanto sentivo della musica da qualche
alloggio, o semplicemente risatine e vociare indefinito.
Gli alloggi potevano ospitare due donne ciascuno ma non in tutti
fu così; comunque tutti gli alloggi furono occupati.
Quando anche il numero 14 venne occupato potei finalmente testare
il mio sistema di spionaggio, ma ovviamente dovetti attendere la
sera perchè la luce del giorno entrante dalla finestra mi avrebbe
sicuramente smascherato.
Giunto il buio pesto di fuori, finalmente spensi il lampadario e
fremente snudai la parete sul foro centrale, sbirciando poi in
esso.
Dall'altra parte inizialmente vidi solo i due letti vuoti così
mi spostai sulla visuale del divanetto e riuscii finalmente a
vedere la occupante dell'alloggio: era una ragazza abbastanza
carina, probabilmente sui 20 anni, con un bel viso da topa,
con i capelli neri lunghi che le ricadevano sulle spalle,
non vedevo benissimo dalla mia postazione ma mi pareva che
avesse un pinsir sul naso, un trucco marcato attorno agli occhi
che mi parevano verdi; aveva un corpo normale e in quel momento
vestiva con jeans neri e un maglioncino bianco.
Maledissi la vecchia zitella della zia che non aveva ancora
acceso il riscaldamento, perchè da quanto mi aveva detto quando
lo faceva partire nell'edificio faceva parecchio caldo;
mi appuntai mentalmente di convincerla a farlo partire.
La ragazza si alzò mostrandomi che era un po' bassetta e che
probabilmente non aveva molto seno; uscì dalla mia visuale e
quindi ritornai al foro centrale e la vidi passare diretta alla
cucina.
Un po' deluso feci passare i fori per qualche minuto poi decisi
di rimandare al giorno seguente e quindi ritappai il tutto.
CONTINUA... -
.
Assalto a Zia Alice
All'epoca ero un ragazzo di 20 anni ed essendo piena
estate ero sempre arrapato, anche dopo la solita
segata giornaliera.
Ero senza lavoro e passavo le giornate afose a guardare
porno ed hentai a tutto spiano, grazie anche al fatto che
per la maggior parte della giornata ero a casa da solo.
Abitavo in un condominio di quelli strani, da sobborgo,
dalla struttura quadrata con uno spazio aperto centrale,
così che se ti affacciavi dal balconcino che dava sul
cortile interno potevi vedere negli appartamenti di fronte,
i quali erano molto ravvicinati l'uno con l'altro.
Il mio essere arrapato non era aiutato dal fatto che la
notte solitamente si sentivano le scopate dei vicini.
Comunque nella casa di fronte abitava zia Alice, la quale
non era propriamente mia zia, ma era la sorella della
mia matrigna.
Era una di quelle donne 40enni che può essere definita
stragnocca, anche perchè dimostrava di averne 30 di anni.
Aveva un corpo stupendo, pur non essendo troppo formosa,
con un culetto celestiale e gambe lunghe, lisce e
toniche; quando gli occhi si decidevano a risalire quel
paradiso ti ritrovavi in un altro, perché il suo viso era
semplicemente divino, da modella, tutto al naturale senza
trucchi o altri ornamenti; il volto era bellissimo, tutto
in perfetta proporzione, con una leggera spruzzata di
lentiggini sulla parte centrale; riguardo ai suoi capelli,
sempre profumati di buono, erano ramati ne troppo lunghi
ne troppo corti, che portava spesso in una coda di cavallo.
Ho perso il conto di quante volte mi sono segato al suo
pensiero, o semplicemente spiandola da dietro le tende
della finestra; ai tempi aveva divorziato da un anno, e
lavorava part time più che altro il pomeriggio.
Quindi la mattina era tutta per me, o comunque era il
soggetto delle mie attenzioni, specialmente il venerdì.
Il venerdì, quella gran gnocca di zia Alice, si dedicava
alle pulizie di casa e durante l'estate ciò si traduceva
in una goduria visiva.
Innanzi tutto ella apriva tutte le tende che coprivano
il balconcino e la finestra che davano sul cortile interno;
così facendo mi dava totale visibilità del suo salotto e
del suo bagno.
Poi, visto il caldo afoso, si abbigliava sempre in modo
molto leggero: non mancavano mai un paio di pantaloncini
attillati da palestra, mentre sulla parte superiore di
solito indossava un top di quelli semplici anche se
fortunamente certe volte restava semplicemente con il
reggiseno, probabilmente quando faceva le lavatrici.
Fu in uno di quei venerdì, nel quale io ero
particolarmente eccitato e lei era in reggiseno, che
ideai un piano folle e, forse per alcuni, malato.
Iniziò tutto come ogni venderdì estivo: mi svegliai
più presto del solito, sapendo la visione che mi attendeva,
quasi non feci colazione e mi fiondai in salotto,stando
bene attento a non muovere le tente chiuse del balconcino;
mi appostai davanti alla solita fessura tra la tenda e la
parete e attesi.
Zia Alice non mi fece attendere molto e finalmente spalancò
le tende del suo salotto, esibendo il suo "davanzale"
contenuto nel reggiseno; il mio cazzo diventò un palo
all'istante, e me lo presi in mano iniziando lentamente a
segarmi vedendo la mia musa ispiratrice voltarsi e chinarsi
per raccogliere un tappeto, mostrandomi il suo fantastico
culetto; da un orlo dei pantaloncini notai che pendeva un
filo bianco contro l'interno coscia, e sapendo che faceva
parte dell'assorbente la cosa mi eccitò maggiormente, se
possibile.
Ero certo che la donna non si sarebbe esibita così se
fosse stato un altro momento del giorno, ma lo poteva fare
la mattina presto perchè teoricamente non c'era nessun
uomo nei paraggi.
La vidi destreggiarsi tra i mobili di casa sua, dandomi
varie occasioni di goduria, come quando si alzava di scatto
facendo sballonzolare le sue tette, o quando si piegava
in posizioni che io reputavo eccitanti.
Poi finalmente passò al bagno; quello era uno dei miei
momenti preferiti perchè, prima di iniziare le pulizie, zia
Alice si concedeva una pisciatina; ella lo faceva a finestre
spalancate perchè nei bagni del nostro condominio si cuoceva
letteralmente, ma anche per il già citato motivo che in
teoria non c'erano spettatori indesiderati di fronte.
Io aspettavo sempre con impazienza quel momento, perchè
riuscivo a scorgere per poco la sua vagina, che a quanto
pareva teneva sempre rasata; ma oltre quel breve scorcio di
natura, mi eccitava vederla accomodata sul wc, con i
pantaloncini e le mutandine tesi tra le sue gambe, la
posizione delle quali era stupendamente femminile ed
eccitante; poi prendeva un po' di carta igienica, le
allargava e si dava una bella ripulita.
Terminato il bagno proseguì le pulizie nel resto della casa
che però mi era impossibile vedere, ma comunque rimasi in
attesa sempre segandomi quasi senza accorgermene.
Quel giorno probabilmente la ruota della fortuna mi scelse,
perchè zia Alice, dopo aver passato anche l'aspirapolvere
terminando così le pulizie, ritornò in bagno e decise di
farsi una doccia, senza chiudere le tende.
Quasi mi venne un infarto mentre la osservavo liberarsi
dei suoi pochi indumenti, rimandendo totalmente nuda anche
se voltata; il suo meraviglioso culetto mi sembrò ancora
più invitante, con le sue rotondità perfette; tra le cosce
semichiuse riuscii anche a notare vagamente il delineamento
della sua vagina cosa che quasi mi fece sborrare all'istante.
Riuscii a trattenermi e vidi la donna entrare nel box doccia
che però era offuscato.
All'improvviso sentii l'arrivo imminente del culmine
dell'erezione e dovetti abbandonare la mia postazione da
guardone e corsi in bagno dove venni abbondatemente nel bidet,
provando un piacere immensamente intenso, che provavo solo
quando di mezzo c'era la mia musa.
Dieci minuti dopo ero di nuovo arrapato, probabilmente ero
davvero un caso clinico, ma quel giorno dopo aver visto la
nudità di zia Alice, capii che non mi bastava più la sua
sola visione, dovevo accarezzarla, dovevo leccarle la sua
intimità, dovevo succhiarle i suoi capezzoli, dovevo
possederla e venirle dentro come un idrante.
Formulare il mio piano mi portò via quasi due settimane, per
non parlare di una non troppo modica parte dei miei risparmi.
Studiai, o forse dovrei dire ripassai, anche la routine della
donna per capire quando attuare il tutto.
Sapevo che zia Alice doveva fare degli straordinari la
domenica, che si traduceva in sgobbare tutto il giorno, quindi
di sicuro doveva tornare stanchissima a casa.
Inoltre sapevo che lei aveva il sonno pesante, grazie ad una
innocente conversazione con la mia matrigna.
La fatidica domenica fu un'altra giornata fortunata, in quanto
per pura coincidenza mia madre mi mandò a portare alcuni
prodotti della spesa a zia Alice, come accadeva più volte;
tra tali doni c'era uno sciroppo aromatico, che piaceva molto
alla zia, il quale mi andava proprio a pennello.
Era sera e bussai alla sua porta poco dopo il suo ritorno a
casa; dovetti richiamare tutto il mio autocontrollo perchè
non mi si rizzasse il cazzo, specialmente quando mi baciò
sulla guancia.
Le porsi uno a uno i prodotti e vidi che sorrise davanti allo
sciroppo; come in ogni simile occasione mi propose di fermarmi
a bere qualcosa; di solito non accettavo, altrimenti sarei
andato fuori di testa, ma in quell'occasione dissi di sì.
Prima lei andò in camera sua a cambiarsi e ritornò con uno di
quei vestitini semplici e leggeri estivi, che lasciavano poca
fantasia alla sua linea; mi spostati sulla sedia in modo da non
mostrare il rigonfiamento dei pantaloni.
Nel frattempo comunque avevo versato in due bicchieri il tanto
apprezzato liquido; ne bevemmo un po' parlando del più e del
meno, poi ci salutammo con un altro bacio; appena rientrai a
casa mia mi fiondai in bagno, attendendo che la situazione nei
pantaloni si rasserenasse.
La serata passò più lentamente del dovuto, visto che ero in
febbricitante attesa, poi andammo tutti a dormire; o per meglio
dire io finsi di andare a dormire.
Senza fare rumore uscii sul balconcino e trassi un sospiro nel
vedere che le luci esterne del condominio erano quasi tutte
spente.
Quello che stavo per fare era molto pericoloso e se fossi stato
lucido probabilmente non lo avrei fatto, ma il mio essere
arrapato mi spinse ad ignorare il buon senso e mi issai sulla
ringhiera; per fortuna erano strutture solide sotto di essi
passava una grondaia; riuscii quindi a passare da appartamento
a appartamento fino ad arrivare a quello dei Sansoni.
Quella era una delle coppie che trombavano come maiali, facendo
un gran baccano, e in quel momento ci stavano dando dentro.
Sfortunatamente il loro balconcino era l'accesso all'esterno
della loro camera da letto, quindi avrebbero potuto vedermi.
Mi sporsi un poco dalla finestra aperta e vidi che il sig.
Sansoni tutto sudato che stava penetrando come una trivella
la sua compagna dal dietro,facendo scricchiolare il letto
che si confondeva con il loro ansimare e vari gridolini
della ragazza; tutto ciò era meglio di un porno e quasi persi
il mio appiglio per quanto ero eccitato.
Comunque i due erano rivolti alla parte opposta quindi mi fu
facile passare oltre il loro balconcino, poi la strada per
l'appartamento di mio interesse fu breve.
Atterrai sul balcone di zia Alice, che come sempre aveva
lasciato le finestre aperte.
Cercando di non fare rumore entrai nel salotto e mi aggirai
furtivo tra il divano e i mobili.
Se i miei calcoli erano corretti la mia musa doveva essere
nel mondo dei sogni già da un po' di tempo, anche se non
credo avesse fatto dei sogni quella notte.
La trovai distesa a pancia in giù sul letto, negli stessi
vestiti con cui l'avevo lasciata, quindi capii che il
sonnifero che le avevo somministrato nello sciroppo avesse
fatto effetto prima del previsto, anche se comunque mi
rimaneva ancora tutta la notte prima che potesse
svegliarsi.
Mi tremavano le mani dall'eccitazione ma anche dalla
tensione di quello che stavo per fare, anche se la mia poca
lucidità mi offuscava il ragionamento.
Per prima cosa mi tolsi i pantaloni del pigiama e le mutande,
lasciando libera la mia erezione, anche se non volevo
conlcudere subito.
Mi avvicinai lentamente al letto, e una microscopica parte di
me aveva paura che si svegliasse di colpo, cosa che ovviamente
non accadde; le sfiorai una gamba con le dita tremanti, poi
appoggiai la mano e l'accarezzari risalendola pian piano fino
al suo apice; lì presi l'orlo del suo vestitino e che tirai
lentamente su, rivelando il suo sederino coperto in parte
dalle sue mutandine di pizzo.
Le afferrai con entrambe le mani le natiche e iniziai a
tastarle come massaggiandole, poi ci avvicinai il viso e le
baciai quella di sinistra, poi le diedi un morsetto
affettuoso lasciandole un leggero segno.
Riafferrai l'orlo del suo abito e ripresi a sfilarglielo verso
l'altro, baciandole ogni tratto che si scopriva al passaggio.
Arrivai al livello del seno e dovetti rigirarla dolcemente
schiena perchè iniziavo a fare fatica, non prima di averle
slacciato il reggiseno.
Riuscii finalmente a sfilarle del tutto l'abito, lasciandola
in mutandine e reggiseno.
Con tutta calma le afferrari i lati di quest'ultimo e glielo
feci scorrere sulle braccia, liberandole finalmente le sue
meravigliose tette, che mai avevo avuto il piacere di poter
spiare prima; anche esse erano simmetriche, di perfetta forma
ne troppo grandi ne troppo piccole, e di perfetta rotondità.
Le presi un capezzolo tra le labbra e inizia a succhiarglielo
con gusto mentre con una mano le palpavo il seno rimasto.
Non mi sarei staccato da lì molto presto se con la mano libera
non le avessi sfiorato le mutandine, rammentandomi che c'era
di meglio.
Mi staccai con un'ultima succhiata dal suo capezzolo
insalivato, con un sonoro schiocco; spezzai un filo di saliva
che ancora mi collegava ad esso e ripresi a baciarla, con
qualche leccatina di tanto in tanto, questa volta verso il
basso.
Arrivai fino all'inguine depilato alla perfezione, tant'è che
non c'erano parti ruvide, poi afferrai i bordi delle mutandine,
ai suoi lati, e lentamente presi a sfilargliele un millimetro
alla volta.
Volendo ritardare la visione di quello che più mi premeva
vedere, afferrai il vestitino e coprii l'intimità di zia Alice
man mano che le sfilavo gli slip.
Per rimuoverle del tutto dovetti trafficare piacevolmente con
le sue gambe, mettendole diritte ed infine gliele tolsi; una
delle cose che mi eccitano particolarmente è quando la donna
si tiene le mutandine arrotolate ad una coscia, quindi
provvedetti a tale mancanza, anche se prima mi concedetti
un'annusata: odoravano di detergente intimo.
Finalmente riportai l'attenzione sul suo fiore, al momento
ancora celato; sempre con tutta calma, le scostai poco a poco
il vestitino fino a che finalmente non mi trovai dinnanzi la
sua vagina.
Era una figa matura ma non troppo, con le labbra vaginali un
poco sporgenti e il clitoride visibile; dal suo antro sporgeva
il filo dell'assorbente che le sfilai quasi a rallentatore.
Non era sporco di sangue come mi aspettavo, ma comunque era
umido dei suoi fluidi; la mia quasi annullata lucidità mi
portò ad avvicinare l'oggetto alla bocca e a dargli una
leccata; il sapore era strano, a tratti sgradevole ma non me
ne feci un problema.
Lo gettai sul letto e poi mi portai a distanza ravvicinata
del clitoride della donna, che mi invitava come un faro per
le falene; glielo coprii direttamente con la lingua e presi a
leccarglielo, prima lentamente ma poi sempre più veloce,
mentre allargavo sempre di più la zona da insalivare, fino
ad infilarle la punta della lingua nella sua vagina,
mettendo a contatto la mia saliva con il suo interno caldo.
Iniziai dunque a passare dall'esterno all'interno fino a che
mi accorsi che la sua figa non era bagnata solo dalla mia
saliva: era il segno giusto.
Mi tirai su dalla grazie di zia Alice e poi le acoompagnai
le gambe fino ad allargagliele, nella posizione più
classica per una scopata; la trascinai poi più vicina
all'orlo del letto e finalmente le avvicinai alla sua
vagina il mio cazzo, che pareva pulsare da quanto ero
arrapato, e presi a strusciarle contro la cappella che già
si era un po' bagnata dai miei fluidi lubrificanti; portai
lo strusciamento attorno all'entrata del sua intimità e poi
con un'ansimata profonda le penetrai dentro piano piano,
assaporando ogni centimetro che raggiungevo.
Il mio istinto animale stava per prendere del tutto il
soppravvento, perciò iniziai a possederla dolcemente
per poi acquisire più ritmo; il letto iniziò a cigolare
mentre il contatto tra i nostri due corpi prendeva a
fare uno dei suoni che più mi eccitavano, come un "pap-pat".
Non ci volle molto che iniziai a sentire il culmine
dell'erezione e quindi aumentai il ritmo al limite, acutendo
i suoni con ora l'aggiunta del mio respiro affannoso; dopo poco
non ce la feci più e gemendo le venni dentro copiosomente tra
mille spasmi, continuando per un po' a penetrarla anche dopo
l'esaurimento.
Mi lasciai andare sfinito accanto a lei sul letto, con il cazzo
ancora impennato e luccicante di sperma e liquidi vari.
Mi ripresi dopo qualche minuto, anche se il mio uccello era
ancora sull'attenti.
La zia Alice si era addormentata con la bocca semi aperta,
quindi riuscii ad aprirgliela un poco di più e poi le infilai
il cazzo dentro, facendoglielo ruotare dentro per pulirlo;
ne uscii tutto insalivato ma almeno mi ero tolto lo sperma.
Non ero ancora del tutto soddisfatto, quindi le rigirai il
corpo sulla pancia, le posizionai le gambe piegate sulle
ginocchia, in modo tale che avesse il culetto un poco sollevato
e le rinfilai l'uccello nella vagina, riprendendo a penetrarla.
Prima che riniziassi a sentire il piacere passò un mezz'ora, o
forse un ora, e nel frattempe si stava schiarendo il cielo.
Non riuscii mai a raggingere il culmine perchè ad un certo punto
zia Alice sospirò, facendomi quasi cagare addosso. La riaccomodai
cautamente, coprendola con il lenzuolo, mi rivestii e tornai
il più velocemente possibile a casa.
Non so se zia Alice si accorse di essere stata scopata senza la
sua volontà, ma di sicuro non diede a vedere.
Edited by Hikaru Fumi - 4/10/2016, 21:21 -
.
Potrebbe essere... controllerò! Intanto grazie mille e sì, ti do ragione, mtv una volta era molto interessante. -
.
Salute a tutti\e!
Come da titolo sto cercando un film o una serie televisiva, non saprei dire, che io vidi in passato su mtv, quando ancora quel canale era interessante; si parla quindi di un bel po' di anni fa.
Non ricordo titolo, ne protagonisti ne niente se non una singola scena: ci sono una ragazza ed un ragazzo, la prima è chiusa in bagno mentre il secondo è in un antibagno adiacente. Lui da consigli a lei come masturbarsi e ella lo fa.
Purtroppo ricordo solo questo, e lo sto cercando perchè mi è venuto in mente il ricordo di tale scena e vorrei approfondire sul film\serial in questione.
Grazie in anticipo. -
.
Tutor d'ufficio
Salve, mi chiamo... anzi no, facciamo che per queste memorie io sarò
semplicemente X.
Finite le superiori ho passato parecchi anni senza trovare lavoro, fino a quel
giorno in cui sono stato chiamato per iniziare uno stage con un'associazione.
Nella selezione si poteva scegliere il campo di preferenza, all'interno di
tale ambiente e io ho scelto amministrazione e segreteria, sentendomi più
portato per esse.
Dopo un periodo di scartoffie e colloqui iniziai finalmente l'attività, nella
quale dovevo affiancare una ragazza che aveva cinque anni più di me.
Chiara era simpatica e con il passare del tempo scoprii essere una brava
ragazza; anche di aspetto, che all'inizio non mi attirava tanto, diventò più
famigliare e attrattivo.
Arrivai ad un determinato punto, in cui ella diventava spesso la protagonista
delle mie fantasie erotiche.
Ovviamente non dissi nulla, un po' per l'età e un po' perchè dovevamo passare
ancora molto tempo insieme.
Come se esistesse il destino, un giorno rianemmo in ufficio un po' più del
solito; i miei genitori mi avvisarono che quella sera non sarebbero stati a
casa, e che dovevo arrangiarmi con il mangiare; esclamai il mio disappunto e
Chiara sentendomi, mi invitò a casa sua per cena, visto che abitava da sola
in un appartamento; io, preso alla sprovvista, rifiutai ma lei insistette e
alla fine accettai.
Finito il turno lavorativo, uscimmo e dopo un lento tragitto in autobus,
arrivammo alla sua abitazione.
Entrando nel suo piccolo atrio, mi disse di accomodarmi in salotto, mentre
lei si sarebbe cambiata; dopo poco mi raggiunse in vesti più casalinghi:
una maglietta larga e pantaloncini; le curve che tali abiti non nascondevano
bene, mi fecero rizzare il membro.
Il poco restante del pomeriggio lo passammo in cucina, e alla fine fummo
pronti a cenare.
Dopo il pasto ritornammo in sala, e lei mi chiese se avevo voglia di vedere
un film, prima di andarmene; accettai e ci sedemmo sull'unico divano a due
posti, con il mio imbarazzo per quella vicinanza.
Il film scelto da lei era noioso e ben presto iniziai a dare occhiatine di
sfuggita al suo davanzale.
Ad un certo punto Chiara mise in pausa il film, e mi chiese senza troppi
problemi perchè continuavo a guardarla di sott'occhi; ancora oggi non so
cosa mi spinse a farlo, fatto sta che mi avvicinai a lei e la baciai.
Probabilmente per lo stupore non reagì per qualche secondo, poi stupì me
ricambiandomi; quasi senza accorgermene le mie mani raggiunsero i suoi
seni pieni e gli strinsero per poi iniziare a palparli, mentre i capezzoli
diventarono pian piano turgidi.
Prendendo sempre più coraggio staccai una mano e la feci scendere sull'orlo
della sua maglietta, che poi sollevai snudandola pian piano; con l'aiuto
dell'altra mano, e staccandomi pochi istanti dalla sua bocca, gliela levai
del tutto, lasciando Chiara in reggiseno; quest'ultimo non ci mise tanto
a cadere, e mi ritrovai nuovamente sui suoi seni, che ora erano liberi
nella mia presa; la cosa fece piacere alla ragazza, che portò la sua mano
destra fino ai miei pantaloni, mi slacciò la cintura e si intrufolò nelle
mie mutande, afferrandomi il membro e iniziando a masturbarmi.
Continuammo così per un tempo indefinito, poi quando il mio pene iniziò
lubrificarsi lei si staccò da me, prese la sua maglietta da terra e mi
circondò la testa, comprendomi gli occhi; poi la sentii alzarsi dal divano
e dopo poco mi stava tirando i pantaloni per togliermeli; l'aiutai e poi
rimasi in attesa con il cuore che batteva.
Dopo forse un'eternità sentii una sua mano su una mia coscia e poi lei mi
venne in braccio, ed io capii dal contatto dei nostri corpi che era tutta
nuda.
Chiara mi porto una suo seno davanti alla faccia, con il suo capezzolo
contro le mie labbra, che io accolsi in bocca ed iniziai a succhiare; lei
intanto afferrò ancora il mio membro e la mia cappella strusciò contro la
sua vagina, prima di affondare nella sua oscurità.
La ragazza prese a cavalcarmi prima dolcemente per poi crescere
costantemente il ritmo, bagnandomi sempre più il membro dei sui umori;
arrivai ben presto in prossimità del mio limite, mentre ora i suoi seni
strusciavano su e giù sul mio torace.
Forse avvertendo il mio prossimo culmine, Chiara si fermò, si staccò da me
e si portò a terra tra i miei piedi, poi prese il mio membro in bocca e
iniziò a masturbarmi nuovamente, fino a che non ce la feci più e venni
con più spasmi innondandogliela tutta.
Da quel che sentii, lei ingoiò poi in fretta mi tornò in braccio, mi
riprese nella sua grazia e ricominciò a cavalcarmi anche se il mio membro
stanco stava lentamente tornando alla dimensione da riposo.
Chiara fece in tempo a raggiungere l'orgasmo, e me ne accorsi perchè si
strinse a me mentre dalla sua vagina colavano i suoi liquidi, che
raggiunsero il mio inguine e più giù, sui miei testicoli.
Rimanemmo attaccati così finchè entrambri non ci addormentammo.
Da quel giorno abbiamo un legame più che lavorativo. -
.
Spia volante
Salve a tutti, mi chiamo Marco.
Un bel giorno dei miei 22 anni ho deciso di ordinare un bel
drone quadricottero; lo so, lo so, un ragazzo della mia età
potrebbe essere considerato infantile ad interessarsi di
questi giocattoli, ma credetemi se vi dico che questi sono
tutto e per tutto strumenti di spionaggio.
Ed ora sono qui, pronto a raccontarvi della mia carriera
di spia volante di quartiere.
Giorno 1
Era un lunedì e alle otto in punto di mattina mi trovavo
fremente in attesa, dietro alla porta di ingresso; dopo
un'eternità ecco arrivare il camioncino delle consegne.
Cinque minuti dopo ero chiuso in camera mia, con le
dita tremanti d'eccitazione che tentavano di aprire il
pacco con tutto l'ambaradam che gli stava intorno.
Dopo poco liberai quel meraviglioso drone, e finalmente
iniziai il montaggio.
Passato un quarto d'ora, uscii finalmente in giardino
con il giocattolino in una mano e il telecomando con
schermo integrato nell'altra.
Accesi il tutto, posizionai il quadricottero sul prato e
via!
Era propio come mi ero immaginato: libertà.
Lo feci salire in alto, mentre dal monitorino del
controller potevo osservare tutto il quartiere intorno,
un ammasso di villette divise da staccionate.
L'unico problema del drone era la batteria, che di durata
teneva sì e no dieci minuti; al giungere del termine di
quel breve volo, decisi di sprecare l'ultimo minuto
nel giardino dei vicini, al di la della barriera.
Portai il quadricottero propio sopra di essa e sorpresa:
c'era la moglie del vicino, una gran bella milf, che
prendeva ignara il sole senza il pezzo sopra del bikini,
di schiena e quindi con le tettone al vento.
Per poco non persi il drone, visto che mi ero incantato
della visione e quello stava esaurendo l'energia; per
fortuna ebbi i riflessi di farlo indietreggiare, ed esso
atterrò sfinito sull'erba morbida.
Come primo volo non era stato male, bhe a parte il finale,
e mi aveva dato lo spunto per un suo futuro utilizzo.
Di sicuro, non sarebbe stata l'ultima volta che avrei
spiato la vicina.
Giorno 2
continua... -
.
Marta della porta accanto
Mi chiamo Max, o almeno così mi chiamano gli amici, e ho 24
anni; vivo in un paese di provincia, in una vietta di case a
schiera, ma praticamente non conosco nessuno dei miei
vicini; li saluto quando li vedo, ma nulla più.
Io sono un single, arrapato cronico, e nella mia via c'è
qualche gnocchetta più o meno della mia età con cui non sono
mai riuscito a combinare niente; sono tutte delle fighe di
legno.
Poi c'è Marta, una ragazza diciottenne con la quale non ho
mai neanche scambiato una parola, che vedo di sfuggita
raramente; ella non è una gran topa, ma comunque è del
genere che mi farei: Snella, magra ma non stecca, bel corpo
e bel sedere, tette un po' di taglia piccola ma non
troppo, capelli castani tenuti stretti in una coda, occhi
marroni e delle belle labbra da baciare, se non per
qualcos'altro.
A dire la verità su di lei mi sono fatto qualche
fantasia, ma per la differenza di età non ho neanche
tentato di stringere amicizia.
Fatto sta che un bel giorno, o per meglio dire brutto visto
che diluviava, io mi trovavo a non fare niente in camera mia,
la quale si affaccia all'interno della via, quando alzandomi
e guardando fuori dall finestra vidi la ragazza davanti
alla porta di casa; ella era evidentemente fradicia e dopo
qualche istante di attesa intuii che doveva aver dimenticato
le chiavi di casa, e che i suoi genitori non c'erano.
Era un giorno estivo, ma fuori si era scatenato un temporale
che aveva abbassato drasticamente le temperature, quindi
Marta doveva avere un freddo cane; questo pensiero mi fece
scattare in testa un'idea assurda, che poteva anche essere
fattibile visto che pure la mia famiglia era fuori casa.
Mi fiondai alla porta di ingresso, l'aprii, e prima di
ripensarci uscii e raggiunsi la ragazza.
- Ciao, tu sei Marta giusto? - Le chiesi stupidamente.
- S s sì - Rispose lei balbettando, poichè stava tremando.
- Sei rimasta fuori casa? - Fu la mia seconda domanda.
- S sì - Rispose ancora lei.
- Senti, a stare qua fuori ti becchi qualcosa, intanto che
aspetti i tuoi genitori, ti ospito io - Buttai lì, con falsa
indifferenza.
- N n no, g g grazie - mi rispose.
- Avanti, non disturbi mica, chissà per quanto andrà avanti
a piovere - tentai di convincerla poi.
Marta ci riflette sopra per qualche istante, poi annuì e
finalmente mi seguì in casa.
Chiusa la porta, rimanemmo fermi sul posto, perchè entrambi
eravamo grondanti; lei era evidentemente imbarazzata e a
quanto pareva molto timida.
- Accidenti, che palle sto tempo! Se hai un attimo di
pazienza vado a recuperare qualcosa per asciugarci - Detto
ciò mi spogliai, rimanendo in mutande, e la ragazza girò
ancora di più la testa dall'altro lato.
-Scusami, ma se innondo la casa i miei mi ammazzano - dissi
fintamente dispiaciuto io, poi mi scappò: - Forse è meglio
se ti togli i vestiti pure tu -
La ragazza si strinse d'istinto le braccia al petto, più
probabilmente spaventata che per il freddo.
- Era solo un consiglio, rischi di beccarti una polmonite
con quei vestiti fradici - Cercai di salvarmi in estremo.
- Vado a cercare qualcosa per asciugarci - Le dissi poi
voltandomi, e attraversando il salotto raggiunsi il bagno.
Subito il mio cervello prese a girare a mille, per cercare
di trovare un modo per farmi la ragazza.
Iniziai con il nascodere tutti i salviettoni e tutte le
salviette più grandi, con le quali Marta avrebbe potuto
coprirsi tutto il corpo, poi agguantai degli asciugamani
di piccola grandezza e tornai in salotto.
La ragazza era ancora dove l'avevo lasciata, e notai che
la sua maglietta bagnata lasciava vedere il reggiseno
bianco; la scena mi fece rizzare di brutto il cazzo ma
tanto lei nascondeva ancora lo sguardo quindi nessun
problema.
- Mi spiace ma tutti gli asciugamano grandi sono a
lavare, ho solo queste - Le dissi, poi senza tante
storie la raggiunsi e le misi in mano quelli che mi
ero portato dietro.
- Puoi andare in bagno se vuoi, ma ti prego non bagnare
il pavimento. Senti, io mi giro e non guardo, tu togliti
gli indumenti più bagnati e poi vai pure di la. Fatti pure
una doccia se vuoi. Io ti cerco qualcosa da mettere
intano che sei qui -
Detto ciò girai la testa e mi coprii la faccia con le mani.
Dopo qualche attimo, sentii la ragazza fare quello che le
avevo detto, e poi i suoi passi leggeri fino al bagno, nel
quale si chiuse dentro.
Di corsa, anche se furtivamente, raggiunsi camera mia e
trovai una maglietta larga e dei pantaloncini corti estivi
poi tornai in salotto; appoggiai il tutto sul divano e poi
mi rivolsi alla porta del bagno.
Anche se un parte di me mi disse di non farlo, raggiunsi
piano l'uscio e inginocchiandomi appostai l'occhio alla
serratura; per fortuna la stanza era abbastanza stretta e
quindi potei inquadrare la ragazza quasi interamente.
Marta era intenta a passarsi addosso le piccole
salviette; era in reggiseno e mutandine, entrambi bianchi,
che mettevano in risalto le sue curve giovanili; però la
parte migliore fu quando ella si tolse il reggiseno,
lasciando libere le sue tette dai bei capezzoli rosei; poi
si voltò dandomi la schiena e io potei ammirare anche il
suo fondoschiena meraviglioso, che mi fece rizzare ancora
di più il membro; la ragazza proseguì ad asciugarsi ma
purtroppo non si tolse le mutandine.
Quando finì, mi scostati velocemente dalla porta e tornai
in camera mia, dove indossai una maglietta senza maniche
e pantaloni corti, poi tornai in salotto dove scoprì che
Marta era uscita dal bagno giusto il tempo di recuperare
i vestiti, poi era rientrata.
Rimasi in attesa per poco, poi ella riuscì dalla stanza
e notai che con quegli abiti adosso mi fecero arrapare
maggiormente; lei fece qualche passo poi si fermò e
rimase fissa in quel punto, guardando per terra.
- Guarda che non mordo mica, eh! Siediti pure - Le dissi
per smuoverla, e mentre mi passava vicino, prima ancora
di pensare l'azione, le diedi una pacca leggera sul
sedere.
- Ti stanno bene - Dissi poi velocemente, per tentare di
salvarmi da quell'atto.
Marta proseguì fino all'altro capo del divano e si
sedette, era troppo timida per dire qualsiasi cosa;
normalmente non ne avrei approfittato ma ormai non ero
totalmente lucido, visto quanto ero arrapato.
Così mi alzai, e raggiungendola mi sedetti propio di
fianco a lei.
- Stai tremando ancora, hai freddo? - Le chiesi.
- Purtroppo i miei hanno messo via tutte le coperte, mi
spiace - Aggiunsi, scusandomi falsamente.
Poi le misi un braccio dietro al collo, e lei sollevò le
gambe da terra e se le strinse al petto, cingendole con
le braccia, come se fosse un riccio che si appallottola.
- Senti, fa davvero freddo, dobbiamo scaldarci in qualche
modo, altrimenti ci becchiamo davvero qualcosa - Le dissi
io, mettendomi contro di lei.
- Non so tu, ma io conosco un buon modo per riscaldarsi -
Le dissi poi, e facendo così presi ad accarezzarle la gamba
più vicina a me.
La ragazza ebbe come una scossa, e cercò di appallottolarsi
di più, ma io non rinunciai e cominciai a scendere con la
mano lungo la sua gamba; arrivato alla caviglia mi staccai
per poi riapporgiari sull'interno coscia e da lì scesi fino
a sfiorarle i pantaloncini, i quali erano abbastanza larghi
da permettermi di vedere le mutandine; ci infilai sempre
lentamente la mano e le toccai l'attaccatura della gamba,
poi mi intrufolai di più nell'indumento, e le raggiunsi
l'inguine dove scoprii con sorpresa che era depilata; poi
mi ricordai che ella era una pallavolista, quindi magari
si era rasata per questioni sportive.
Finalmente raggiunsi l'orlo delle mutandine, che ovviamente
erano ancora bagnate, lo sollevai con tutta calma e poi
vi ci inserii dentro un dito, poi un altro, e un altro...
Di colpo la ragazza mi afferrò d'istinto il braccio
incriminato, come per fermarmi, prima saldamente ma poi
allentandola un poco.
Io le tolsi l'altro braccio da dietro la testa, e con
sicurezza le tolsi del tutto la presa; poi ripresi da dove
avevo interrotto, infilandole tutta la mano nelle
mutandine; le tastai la figa, all'inizio superficialemente
scoprendola giovane, senza labbra vaginali in evidenza,
poi le feci scorrere un dito sulla linea d'apertura ed
infine glielo infilai dentro quasi a rallentatore, gustando
quel momento in ogni suo nanosecondo.
Marta fremette e tentò una fragile resistenza, ma io la
tenevo per il braccio, e subito smise; assicurato che
ella rimanesse ferma, estretti la mia mano dal mezzo delle
sue gambe e mi alzai, mettendomi di fronte a lei; le
afferrai i pantaloncini e presi a tirarli, con piccoli
strattoni quando non scivolavano, e finalemente gleli tolsi.
Le afferrai poi le mutandine e senza problemi le feci
scorrere su quel percorso eccitante che erano le gambe della
ragazza; però le feci sgusciare via da solo un piede, e
gliele arrotolai su una gamba, cosa che mi aveva sempre
fatto arrapare nelle mie fantasie, e che non venne smentita.
Ora, in mezzo alle gambe strette della ragazza, potevo
ammirare la sua vagina libera all'aria; subito le afferrai
le gambe e senza troppa resistenza da parte sua, gliele
scollai didosso e gliele divaricai; mi inginocchiai davanti
a lei e mi portai la faccia a distanza ravvicinata con il
suo fiore, e presi a leccarla mentre con una mano presi
a masturbarmi.
Marta mi portò le mani ai capelli, come per cercare di
scostarmi, ma con scarsissima convinzione; era così timida
da non ribellarsi neppure a ciò che stavo facendo.
Comunque io non avevo intenzione di fermarmi, e infatti le
avevo inumidito di saliva tutta la parte di vagina esterna.
Ad un certo punto, il richiamo al mio cazzo si fece troppo
insistente, così mi scostai da lei, mi rialzai e poi di
peso la sollevai e la feci voltare, a pecora.
Senza indugi mi abbassai i pantaloni e portai a tiro il mio
cazzo ritto e bramoso, poi con moderata lentezza mi
avvicinai sempre più al suo didietro, e raggiunsi la sua
figa con la mia cappella, che poi la penetrò come un
trivella, facendo strada al resto del mio membro che a poco
a poco le sparì dentro.
La penetrai a fondo, e la ragazza lanciò un fiebile
gridolino, poi estretti il membro e ripetei l'azione,
leggermente più veloce, e poi ancora e ancora, sempre più
rapido; ad una certa estrazione, mi accorsi che il mio cazzo
era sporco di sangue, e intuii che la ragazza doveva essere
stata vergine, prima del mio intervento, quindi non mi
fermai, anche se prima approfittai di quella breve pausa per
raddrizzarmi meglio, afferrandomi stretto alle suo bacino.
La penetrazione proseguì per troppo pochi istanti di puro
piacere, almeno da parte mia, poi si presentò il fatidico
punto di piacere che presto raggiunse il suo culmine, ed
io le venni dentro tra spasmi e schizzate interne di sperma.
Estraetti quasi del tutto il cazzo da Marta, ma prima di
uscire, me lo masturbai per liberarmi delle ultime colate
di seme.
- Stai ferma lì - Le dissi, staccandomi da lei.
Raggiunsi il bagno e afferai una salvietta, poi tornai da
lei, che aveva obbedito, la feci alzare dritta in piedi con
le gambe semidivaricate e glela misi tra di esse.
- Ora spigni - Le ordinai.
Ella eseguì e lo sperma prese a colarle dalla vagina; quando
quella cascatella si esaurì, le dissi di vestirsi.
Finito l'eccitamento, si fece strada il rimorso e il
dispiacere, così l'abbracciai cercando un modo per consolarla.
Quando arrivarono i suoi genitori, ella se ne andò, ovviamente
senza dire nulla. -
.
Grazie mille, è stato un parto lungo e difficile
No scherzo, il problema è sempre la mancanza di tempo. -
.
Racconto terminato.