[Hentai Tales 2019] Le tre del mattino

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +2   Top   Dislike
     
    .
    Avatar

    Che dice il Coccodrillo del Nilo | che batte la coda iridata | ... | nel tonfano, nella cascata, | ... | e sopra la sponda assolata? | «Trovato è il pasto agognato! | Trovato! Trovato!

    Group
    Member
    Posts
    1,183
    Location
    Ovviamente da dietro lo specchio! Il tuo specchio...

    Status
    OFFLINE
    Nome utente: Kira dietro lo specchio
    Personaggio scelto: Adam Qadmon e Hilda Todeskuss, con l'apparizione di Queen Bee
    Titolo dell'opera: Le tre del mattino

    Non ho molto da dire se non che questo è il mio primo racconto (erotico e non) in assoluto, quindi... siate indulgenti, se potete! Per il resto, grazie a chiunque lo leggerà.


    “Nella vera notte buia dell’anima sono sempre le tre del mattino” fu la frase che aleggiò per qualche istante sulle sue labbra quando, socchiudendo appena gli occhi davanti ai led fiochi e rossi della sua sveglia, lesse il numero tre. Suo malgrado si ritrovò a sorridere per quella particolarmente azzeccata citazione, prima che l'ironia venisse spazzata via dall'amara constatazione che il suo vecchio scrittore avesse ragione: aveva passato le ultime ore a rigirarsi senza posa sul letto, ora scoprendosi, oppresso dalla stretta calda delle coperte, ora ricercandole rabbrividendo per l'aria fredda della stanza, senza trovare né un equilibrio né un attimo di pace. Il letto stesso gli appariva un pantano cedevole e che pure, tra la sua sfatta morbidezza, serbava qualcosa di segretamente duro, di doloroso che emergeva a colpirlo quando sembrava prossimo a vincere la sua insonnia. Ovviamente non faceva che ingannarsi, conosceva bene il suo nemico e sapeva perfettamente che non gli avrebbe concesso requie finché non sarebbe stato completamente esausto ed esasperato, pronto a crollare in un sonno sgradevole, agitato che non l'avrebbe ristorato minimamente ma non poteva fare a meno di sperare, se non in una vittoria, perlomeno in una tregua.
    Ciò che, però, lo straziava di più di quelle ore passate a fissare l'oscurità della sua stanza, appena blandita dall'inutile rossore del display della sveglia, non era tanto la frustrazione scaturita dal desiderare qualcosa a portata di mano e non riuscire ad afferrarlo, quanto più la noia intensa, violenta che lo rodeva attimo dopo attimo e che trasformava di piombo ogni secondo, ogni minuto trascorso. Istintivamente, quasi senza avvedersene, allungò un braccio verso l'altra piazza del suo ampio letto, trovando soltanto un materasso freddo e delle lenzuola quasi ruvide, come a volergli ricordare per converso la morbidezza della pelle che, in un'altra notte, avrebbe potuto incontrare. Emise un sospiro tra lo stanco e il trasognato, mentre il ricordo dolce, delicato di Queenie veniva a fargli visita e, inspirando profondamente, gli parve quasi di percepire una nota del suo profumo dolce, floreale: la sua piccina era dovuta ritornare a Londra per gestire il negozietto dove si erano conosciuti e probabilmente vi si sarebbe fermata fino al fine settimana, quando avrebbe fatto ritorno da lui; quella era la sua prima notte da solo dopo quasi due settimane di convivenza, due settimane semplicemente stupende, in cui non soltanto aveva passato delle giornate meravigliose ma in cui le sue notti erano state semplicemente... idilliache. Aveva avuto, infatti, ben poco tempo da dedicare alla sua insonnia, visto che la passione che li travolgeva anche di giorno li faceva crollare esausti, l'uno nelle braccia dell'altra, verso le prime luci del mattino e anche quando lui non riusciva ad addormentarsi subito, gli bastava stringere e carezzare quel corpicino minuto eppure formoso, deliziosamente femminile per ritrovare la serenità e con essa il sonno.
    Purtroppo, privo della sua compagnia, non aveva nulla di simile e, quasi senza volerlo, la sua mente prese a rievocare le sensazioni che stringerla nuda a sé gli dava, quei seni gonfi, dai capezzoli perennemente irti che premevano morbidamente sul suo petto, la curva dolce e sensuale della sua schiena su cui il suo palmo, senza fretta, errava dolcemente... e, come in un sogno a occhi aperti, prese a pensare quanto sarebbe stato bello se Queenie avesse varcato in quel momento la soglia della stanza, nuda e teneramente imbarazzata com'era sempre in quelle occasioni, per distendersi al suo fianco e abbracciarlo. Lo desiderò intensamente e qualcosa, effettivamente, parve emergere dall'amorfa oscurità che riempiva la stanza: non ne comprese il motivo ma il suo cuore accelerò di colpo e le sue membra vennero tese da una paura che non sembrava, però, lambire la sua mente. Fu in quell'anomalo stato di attesa sospesa su baratro di paura, che una figura umana prese stagliarsi davanti ai suoi occhi e benché Adam sapesse benissimo che era tutto un gioco della sua mente annoiata, che era lui a modellare con l'immaginazione le tenebre della stanza, quasi sobbalzò quando si accorse che la suddetta figura non era quella di Queenie, bensì quella di un'altra e non meno desiderata donna: Hilda.
    La vampira, infatti, era lì davanti al letto, davanti a lui nuda e splendida come se la ricordava, col seno giunonico e perfetto che sfidava sfrontatamente la gravità, con la pelle caramello esaltata dal vago rossore che riempiva l'oscurità da cui era emersa e, soprattutto, col suo sguardo dorato e brillante da gatta, da predatrice puntato crudelmente su di lui. Sapeva che non era davvero lì, che era la semplice espressione di un suo vergognoso e segreto desiderio ma non poté comunque evitare di sobbalzare spaventato, di tendere ancora di più i muscoli già rigidi, mentre la sua mente continuava proiettare e a far muovere la figura della donna sulla superficie delle tenebre. Adam sapeva a cosa stava andando incontro a continuare con quel gioco folle, morboso ma come una palla d'acciaio su un piano inclinato, la sua mente sembrava incapace di arrestarsi: batté le palpebre una sola volta e Hilda ricomparì su di lui, le gambe nude, lunghissime ai lati del suo corpo, ritta in piedi sul materasso, a incombere su di lui come una tentazione e una maledizione assieme.
    Chiuse di nuovo gli occhi, stavolta per serrarli contro la nuova e più assoluta oscurità che potesse scacciare quella terribile visione e, per un attimo, con le palpebre strette e il volto tutto corrucciato, pensò di esserci riuscito, di aver allontanato da sé quello spettro maligno di un mai scomparso desiderio... ma, improvvisamente, un risolino femminile, crudele e irresistibile assieme gli rimbombò tra le orecchie e lui ritornò a sgranare gli occhi, a sobbalzare mentre tratteneva il respiro dalla paura. Eccola ancora lì, stavolta con le belle labbra schiuse e curvate in un sorriso beffardo, che lo guardava con curiosità mista impazienza mentre torreggiava su di lui e, impudica, esponeva al suo sguardo febbrile, sconvolto la sua vulva nuda, schiusa e già lucida di umori.
    - Ti sono mancata... Adam? - ancora una volta non ebbe l'impressione di star immaginando nulla, quelle parole, quella voce calda e sensuale, inconfondibilmente sua, sembrò scaturire direttamente dall'oscurità... e a nulla servì serrare nuovamente le palpebre e scuotere vigorosamente la testa, senza sapere se lo stava facendo per scacciare quella visione dalla sua mente o per rispondere a quella domanda di cui sapeva benissimo la risposta autentica. Il calore intenso, subitaneo che pervase tutto il suo corpo, concentrandosi con morbosa fissità sul suo pube gli fece riaprire gli occhi e scoprì, così, che i suoi boxer erano tesi da una vigorosa e impaziente erezione. La sua virilità pulsava al ritmo sempre più forsennato del suo cuore e e sollevando il suo sguardo vide Hilda, la vampira che tempo prima lo aveva sconfitto, umiliato... stuprato, piegata su di lui, quasi a offrigli quei seni meravigliosi da cui facevano capolino dei capezzoli irti, invitanti e leggermente più chiari della pelle bruna che li circondava. Sbarrò gli occhi come un animale che scorge la preda a lungo attesa, sollevando il capo come se volesse raggiungerli, coglierli con le labbra, prima che comprendesse l'idiozia insita in un gesto simile e facesse sprofondare nuovamente la nuca sul guanciale. Digrignò i denti, come chi prova dolore e, alzandosi la maglia e abbassandosi i boxer con gesti febbrili, frenetici, afferrò con la mano destra la sua asta completamente eretta mentre passava la sinistra tra i suoi addominali scolpiti, come a simulare una carezza. Per un attimo guardò il suo sesso stretto furiosamente dalla sua mano, pensò a come si stesse umiliando, come non riuscisse a resistere nemmeno al ricordo, al fantasma della vampira ma fu tutto inutile: sollevò lo sguardo e la rivide nuovamente su di sé, a fissarlo imperiosa e sicura di sé, magnificamente sicura. Contrasse la bocca come se un dolore improvviso lo avesse colto e prese a masturbarsi furiosamente, quasi facendosi male. - Oh, ecco che finalmente sei onesto... fammi vedere quanto mi desideri, quanto desideri essere umiliato, stuprato da me. - la voce era suadente, sensuale ma anche se avvolto dal velluto quello rimaneva comunque un ordine, un ordine che Adam non ebbe il coraggio di disattendere. Ormai non importava neanche più che l'Hilda sopra di lui fosse un'allucinazione, un sogno o il suo desiderio messo a nudo ed inciso nel'oscurità della notte, la stessa eterna notte in cui la conobbe e la sua vita cambio per sempre: no, in qualche modo era lì e lui la desiderava più dell'aria che sempre più velocemente gonfiava il suo petto, più del sangue che gli pulsava tra le vene denso di desiderio... più di quel ragazzo che aveva cercato di salvare dalle sue grinfie quando l'aveva incontrata per la prima volta e che adesso era una semplice ombra tra i suoi pensieri, un'ombra gravida di colpevolezza.
    - Ahn... Hilda, Hilda... - invocò in un sussurro, mentre la mano con cui accarezzava prendeva a graffiarlo con crudeltà, allo scopo di aprire su quella pelle diafana sottili linee cremisi, forse per espiazione delle sue colpe... o, più probabilmente, per cercare di rievocare gli artigli della vampira su di sé. Ma, per quanto vigore si masturbasse, per quanto furia ci mettesse nello strizzare il suo cazzo gonfio e pulsante, non giungeva nessun orgasmo a portagli conforto, pace. - Mi chiami? Mi vuoi? Dimmi cosa vuoi da me. - un nuovo ordine, una nuova richiesta da quell'ombra incombente su di lui, che lo guardava laida e al contempo imperiosa, oscena e magnifica insieme. - Mo... mordimi, mordimi, ti prego! - supplicò a voce alta, dimentico di ogni finzione, di ogni pudore, tanto che la sua mano sinistra che lo stava graffiando senza posa si mosse come se non fosse più sua, fiondandosi a stritolargli il collo, a premergli le unghie di indice e medio sul collo, là dove Hilda l'aveva morso la prima volta. Sulla pelle diafana vi erano due puntini, più chiari e appena visibili a testimoniare quell'evento e proprio lì le sue unghie premettero, scavarono per cercare di replicare il morso. Hilda sorrise, un sorriso vittorioso e falsamente benevolo, come di una Regina che cede a una supplica e, chinandosi su di lui, facendo scomparire il suo volto splendido e malvagio nell'incavo del suo collo gli disse: - Sei il mio bottino, Adam... sei mio. - e lo morse. O forse, più semplicemente, lui scavò più a fondo con le unghie nel suo collo e il suo corpo impazzì: venne fulminato da un piacere intensissimo, ingestibile, simile a quello che lo colse durante il vero morso e, con un sussulto doloroso, il suo cazzo prese a eruttare sperma in abbondanza, mentre lui stringeva i denti fino a farli stridere ed emetteva un roco, disperato rantolo di piacere. La sua asta continuò a sussultare e a venire mentre lui la stringeva con forza e continuava ad annaspare per quel finto morso; alla fine, perse ogni controllo di sé e riacquisto la sua forma da tiranide, con la pelle ferita subito ricoperta dal suo carapace nero, da cui continuò a trasudare lento il sangue.
    Finalmente, quando il suo orgasmo si esaurì, Adam rilassò i muscoli contratti e riaprì gli occhi chiusi dal godimento: c'era Hilda su di lui che gli sorrideva soddisfatta, felice e che lo baciava. Si addormentò con l'assurda percezione delle sue labbra sulle sue e quando si sveglio, sudato e sporco del suo stesso seme ormai seccato... ebbe ancora una volta la sensazione che quelle labbra premessero sulle sue.
    Guardò stancamente la sveglia che segnava le tredici ma in cuor suo sapeva che non era vero: nella sua anima, infatti, erano ancora le tre del mattino.
     
    .
0 replies since 4/12/2019, 21:31   350 views
  Share  
.
Top