Innocenza... rosso cremisi

Per Doom

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    Alcuni link ospitano video, quindi attenzione all'audio. Per il resto, coccola Kira per il titolo della role. Non sapevo quale mettere e mi ha aiutato lui. u.u


    La Sapienza era una scuola davvero ottima e rinomata. Decine e decine di genitori, ignari della reale gestione interna dell'istituto, pagavano fior di quattrini per mandarvi i propri figli. Tra questi, i più fortunati vivevano una vita tranquilla, la classica vita di scuola o università che più o meno tocca a qualsiasi individuo; altri, gli "sfigati", non potevano semplicemente andarci, o ancora entrandoci si trovavano infilati in problemi di varia origine tra i più "normali", bullismo -a volte-, cattivi voti, forse qualche droga la cui vita tuttavia era solitamente breve, grazie appunto alla gestione generale che all'apparenza era invidiabile... E poi c'era una terza categoria, una categoria difficile da classificare, che a seconda dei casi poteva considerarsi positiva, tanto quanto negativa, ma che per quanto riguardava il punto di vista della misteriosa Preside, era da classificare semplicemente come "gli Eletti". Quelli che, per un motivo o per l'altro, ottenevano l'accesso al mondo pieno di variegate situazioni e sottotrame che avevano luogo sotto la scuola, letteralmente. Ormai da tempo Leben aveva fatto installare all'interno delle mura dell'edificio un'intricata rete di cunicoli, scale, condotti, passaggi nascosti vari che potessero collegare tra loro svariate camere dell'istituto, solitamente quelle che ella assegnava solo a gente fidata o che anzi voleva tenere sotto controllo, e questi intricati percorsi, a loro volta congiungevano tutti in un unico luogo, per la precisione nei sotterranei della Sapienza, dove la zombie passava la maggior parte del suo tempo quando si trovava a casa. Qui, vi erano i vari dormitori "privati" delle lanterne o dei suoi più fidati collaboratori, l'appartamento che condivideva con il suo amato Thresh ad esempio, o ancora, la stanzetta di Lucia e Hazel, la casa di Mistral... come anche altre stanze adibite a questioni decisamente più private. Vi era un locale completamente asettico e facile da ripulire dove poteva sfamarsi e nutrirsi di gente che semplicemente doveva sparire nel modo più discreto possibile, vi era una sala computer dove VI -la sua fidata intelligenza artificiale- poteva seguire ogni cosa all'interno della scuola, ma soprattutto vi era tutta una serie di "attività extra" riservate solamente a individui di fiducia, individui "speciali" e che la zombie considerava affini ai suoi ideali, o totalmente difformi... ed erano proprio questi, che ella considerava "Eletti", da una parte o dall'altra. Questi potevano essere alunni o professori finiti sotto il controllo di Leben o Thresh, vedasi ad esempio l'adorabile amichetto di Lucia, Gabriel, che era diventato un "premio" di compensazione per tutti quei bravi lavoratori, studenti o professori che fossero, che meritavano una gratificazione al di fuori della carriera scolastica, o ancora quelli che appunto fruivano dei servizietti offerti da questi individui. Ma quelli che personalmente Leben apprezzava di più erano le vittime di questi malati giochi di potere che finivano per soccombere sotto il peso della corruzione mentale e fisica... Questi ultimi, dal suo punto di vista, erano i più fortunati, i veri "prescelti" perfetti per saziare la sua fame... o quella di Apocrypha, per quanto la cosa potesse importare a una come lei. Da quando era diventata una lanterna, se un tempo le pareti dei corridoi che portavano al suo appartamento apparivano come gigantesche gogne costrittive iper-tecnologiche (munite di monitor annessi), con corpi dei più variegati individui indesiderati perennemente intrappolati dentro esse, e chissà quale altro soprammobile vivente, ora si era concessa un salto di qualità che le permetteva di evitare spiacevoli conseguenze per chi fosse accidentalmente capitato nei sotterranei della scuola curiosando in giro. Giungendo lì infatti, quelle stesse pareti, i pavimenti, i soffitti... tutto appariva dall'esterno perfettamente normale, non era possibile sentire neppure un lamento provenire dal suo appartamento che invece era pieno di meraviglie, poiché insonorizzato, e persino le stanze adibite a questioni poco legali come quelle sopracitate, dove mangiava o dove VI controllava ogni cosa nell'edificio, non apparivano per nulla sospette: una vuota, l'altra piena di computer e pannelli di controllo che servivano appunto per gestire tutto il comparto tecnologico della scuola, quindi "innocua". La realtà di ciò che si svolgeva continuamente in quei luoghi era visibile solamente se si possedeva una lanterna, o se si veniva trascinati nel Labirinto da un seguace del culto, poiché in quel caso ciò che era celato agli occhi, veniva rivelato: semplicemente tutto, là sotto, era ricoperto in verità di una materia violacea pulsante, simile a carne ma che sembrava respirare e possedere vita propria, e dentro essa, decine, se non centinaia di corpi, erano intrappolati e agonizzanti, mentre tentacoli e forme tra le più disparate ne abusavano continuamente. Pareti, pavimenti... persino sollevando lo sguardo era possibile vedere parti fisiche tra le più disparate apparire dalla melma oscura che ricopriva ogni cosa, anche il soffitto, e addirittura vere e proprie colonne di carne si ergevano ricongiungendosi con esso, che appariva invero molto più astratto, alto e indefinito di quanto fosse nella realtà. Ogni anima, maschile, femminile, ambigua che fosse, veniva continuamente abusata da entità tra le più disparate e deformi, che succhiavano, violavano, squarciavano dove servisse, la carne e gli anfratti tra le grida disperate e gli ansiti più sentiti. Era come indossare degli occhiali "magici" usciti fuori dal film di fantascienza più azzardato: quello che prima sembrava un luogo vuoto, completamente insospettabile e dall'aspetto ipertecnologico e asettico, all'interno del Labirinto si mostrava per ciò che invece era realmente, un mondo corrotto dagli incubi più oscuri ma dalla lussuria più pura, prigione per le anime che avevano sfidato la sorte mettendosi sulla strada di Leben e delle Lanterne, o che, a seconda dei punti di vista, più semplicemente erano state così fortunate da essere state "invitate" nel luogo più oscuro, perverso, doloroso, ma al contempo divertente che si potesse immaginare...
    Personalmente, Leben era sempre molto felice di "accompagnare" amorevolmente nuovi invitati alla festa, ma quel giorno la sua presenza all'interno di quella dimensione non aveva niente a che vedere con punizioni, intrighi o via discorrendo. Quel giorno cercava semplicemente qualcuno, più precisamente il suo più amato e fidato compagno di morte, nonché presto padre delle sue figlie. Conosceva il loro sesso per istinto, e invero aveva anche osservato il loro aspetto da uno squarcio procuratosi appositamente... Cosa poteva farci? Era un'inguaribile curiosa. Il momento era imminente, lo sentiva. Era chiaro dalla fame che aveva, così come dalla fatica che aveva fatto per arrivare fino alla Sapienza, non solo perché nelle condizioni in cui vergeva, aveva dovuto prendere strade secondarie e passare per luoghi indicibili, ma anche e soprattutto perché le creature dentro al suo ventre sembravano spropositate ormai, quasi fossero cresciute tutte in una volta, e davano l'impressione di aver preso tutto dalla madre e voler uscire dal suo pancione squarciandolo dall'interno... qualcosa che a lei personalmente avrebbe immensamente divertito, ma che non le sembrava l'ideale per il corpo che Faust amava tanto. Lei, personalmente, amava vedere quel corpo abusato e distrutto nei modi più indicibili, proprio per via di quell'amore che lo zombie sembrava mostrare quando la guardava, e di cui intimamente era gelosa, nel suo modo silenzioso e letale. Sorrise, mentre attraversava uno stretto corridoio, costretta a sorreggersi alle pareti tra una doglia e l'altra. Le anime che erano intrappolate in quel luogo sembravano tutte impazzite, e guardare le loro espressioni era una delle cose che più la rilassavano al mondo, qualcosa di paragonabile dal suo punto di vista all'osservare un acquario pieno di pesci colorati. Quei corpi esposti, corrotti e distrutti, erano per lei la più affascinante delle opere d'arte, i loro lamenti e le grida, la più soave sinfonia... tanto che fermandosi, si posò alla natica di uno dei tanti corpi ormai senza identità, sollevando il viso mentre chiudeva gli occhi, inspirando a pieni polmoni come se volesse carpire ogni singola variazione del fortissimo mix di odori che sentiva: umori, sesso, sperma, ma anche e soprattutto carne, ossa... sangue. Se solo avesse avuto la forza e l'agilità di chinarsi, si sarebbe avventata sulla testa del suo appoggio senza remora alcuna, tale era la fame che sentiva, ma purtroppo l'incontro/scontro con l'amichetto di Thresh, l'aveva irrimediabilmente indebolita, non tanto per lo sforzo fisico -che comunque almeno da parte sua c'era stato- quanto più per l'estenuante, crudele tortura a cui era stata sottoposta: un pasto che bramava profondamente, e del quale era stata privata. Sospirò, pronta a ripartire, e il suo sorriso tornò al proprio posto come un diamante nell'incastonatura perfetta. Era completamente nuda, sporca del sangue di Iceringer, nonché reduce dalla trasformazione del Gebiss, che di volta in volta, in un primo momento, a causa della memoria genetica riportava il suo aspetto alle origini, dunque i suoi capelli bianchi e splendenti come sottili filamenti di luna, facevano risaltare ancor più il cremisi che ne tingeva i riflessi di rosso. I suoi grandi occhi erano ancora corrotti dall'oscurità, le sclere nere, mentre il rosso del corpo della mora era già tornato a "sporcare" le sue pupille vuote e spente dalla morte. La sua pelle pallida era ancora più bianca e nivea dal solito, come carta di riso, mentre il suo fisico asciutto era riempito nei giusto punti dalla dolce attesa, i seni gonfissimi, dalle areole e i capezzoli gonfi di latte ma sporchi di sangue, il sedere riempito e reso ancora più tondo... ma soprattutto ogni singola cicatrice di cui andava così fiera, ogni singolo squarcio maldestramente ricucito... era tutto tornato al proprio posto. Leben era davvero soddisfatta di essere riuscita a rientrare a casa con ancora i suoi tratti somatici all'appello, di tanto in tanto amava osservare come Thresh guardasse lei, la vera Leben, e non quella mora avvenente e perfetta dentro cui l'aveva infilata... Ma in fondo anche quello, come tutti i loro screzi, era solo uno dei tanti, piccoli dispetti, che ella stessa orchestrava come passatempo per sopravvivere alla noia, ironicamente in modo simile ai tentativi di una moglie di tenere vivo il proprio rapporto amoroso. Con eleganza ritrovata, ma minata dal suo status, si alzò e percorse un nuovo tratto di quell'infinito corridoio, rendendosi conto dopo pochi passi e qualche corpo superato, che in fondo stava facendo tanta fatica per motivi a dir poco futili. Avrebbe voluto mettersi in mostra e giungere dal suo caro zombie ancheggiando come la più bella e perversa modella gravida del secolo, ma quello era il loro Regno, la casa di ogni Lanterna, e dunque realizzò che poteva semplicemente fermarsi, e chiamarlo a sé. Dunque adagiò i suoi splendidi glutei sull'intimità di un corpo fremente, i cui occhi in risposta si sollevarono ancor più, fino a diventare bianchi, mentre la lingua sfuggiva a qualsivoglia potere muscolare, penzolando fuori con suo sommo divertimento, tanto da strapparle un risolino. Accomodandosi dunque con l'eleganza di una vera signora, iniziò a carezzare quella stessa graziosa testolina vagamente umana come fosse un gattino, lisciando i capelli umidi di chissà quale perverso fluido mentre iniziava a sussurrare come un mantra la propria richiesta.
    Thresh, Mio adorato... So che puoi sentirmi. Vieni da me, presto! Le tue bambine stanno per nascere, e voglio accoglierle come si deve...
    Le gambe, che visto il pancione non poteva incrociare, le posizionò in modo altrettanto elegante ma anche comodo: un piede inarcato posato su un sedere piuttosto invitante che spuntava dalla "terreno", e l'altro a terra in punta, le gambe piegate e ampiamente schiuse, l'intimità pulsante, gocciolante e decisamente già pronta completamente esposta. Si guardò il corpo, mentre con l'altra mano carezzava la pancia, e similmente a una fanciulla che in attesa del proprio amato si rassetta il vestito... ella raccolse qualche rivolo di sangue dal seno destro, e lo trascinò verso il suo ventre, poi giù fino all'intimità, disegnando una linea rossa in diagonale lungo le labbra e l'interno coscia, sorridendo per il pensiero romantico... Se non andava errando, uno dei loro primi appuntamenti era iniziato esattamente così: con lei che portava il sangue di qualcuno alla propria vulva fradicia, e lo sistemava come condimento di un banchetto pensato solo per lui. Era una sentimentale in fondo, non è vero?
    Le ho portate qui, così che possa compiacere la tua Dea...
    Quell'ultima parte era una frase decisamente strana, per lei; irriverente com'era, Leben non era il tipo che fa simili favori a qualcuno per pura bontà d'animo, neppure se questo "qualcuno" era una divinità... soprattutto se osannata da Thresh... ma se egli la conosceva abbastanza, avrebbe subito capito come il tono, la cadenza, gli stessi sottintesi in quel "tua", fossero tutti un elegante modo scherzoso per mascherare che era proprio lei, la dea da compiacere. Nessun'altra, se non lei...

    Edited by .Bakemono - 7/12/2019, 20:51
     
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    Nell'oscurità più pura, anche la luce può diventare qualcosa di incredibilmente tenebroso. Che pur avvolgendo, scaldando e illuminando ogni cosa, raccoglieva un'assordante terrore e profondo buio capace di eclissare qualsiasi volontà. Quella luce era custodita negli occhi di Thresh, un bagliore tetro unico, identico a quello di una galassia oscura nascosta nelle profondità dell'universo, abbagliante eppure tetra, sola, silenziosa. Un silenzio assordante capace di annullare ogni pensiero. Gli occhi risultavano spalancati, e come avrebbero potuto altrimenti? Erano privi di palpebre, incastonati all'interno di un teschio nero fuori misura, più grande di quello di un essere umano normale perché Thresh era immenso nelle sue forme. Proprio come le sue macchine, le sue ossa erano state corrotte da quel nero potere ed erano divenute scure come l'acciaio che formava i suoi prodigi, le sue opere, testimonianza di quella tetra notte che lo caratterizzava. Il teschio avere le fauci spalancate, dalla quale pendeva la lunga lingua del non morto intenta a sbavare, anche senza delle espressioni facciali quegli occhi erano chiaramente in uno stato di profonda goduria. Il teschio era attaccato alla colonna vertebrale dello stesso colore, attraversata da materiale spinale, midollo e tutto ciò che serve ad un corpo per stare in vita, o dovrebbe visto che si parla di uno zombie. Il suo teschio e la sua colonna vertebrale erano stati strappati dal suo corpo, chirurgicamente tagliato all'altezza delle ossa lombari fino al suo capo, Thresh poteva vedere distintamente l'interno della sua faccia che giaceva a pochi centimetri da lui, non una singola goccia di sangue cadeva a terra data la perfezione di quell'opera di puro dolore. La macchina che lo aveva ridotto in quello stato teneva la pelle e le ossa in trazione, ancorandosi in più punti del suo corpo per tenerlo fermo, e sembrava quasi in procinto di raggiungere un'epifania, come se fosse in meditazione. Ma qualcosa lo scosse, e fece tremare il buio cosmo che lo circondava, così come il suo corpo e la sua macchina stessa.
    Sono qui...
    Era dalla nascita di Lotor che non sentiva quella sensazione e subito venne travolto da un entusiasmo diverso, come il fanciullo infante che si sveglia la mattina del venticinque dicembre pronto ad accogliere tra le braccia i candidi pacchetti che avrebbe trovato sotto l'albero. Immediatamente le sue ossa vennero riposizionate dentro la sua carne, e l'espressione che ne derivò fu completamente estasiata. Mentre le sue braccia e le ossa tornavano al loro posto, la macchina che lo aveva strappato iniziò a ricucire quella lunghissima cicatrice che si allungava su tutta la sua schiena, e mentre un braccio ricuciva, un altro braccio saldava il tutto con quelli che sembravano chiodi energetici che si fondevano con la sua carne assumendo le fattezze di piccoli puntini, anch'essi simili a cicatrici. Mentre il suo corpo veniva ricucito, un'altra macchina con 3 braccia avvitate afferrava la sua lunga chioma pallida dividendola in 3 ciocche per poterle trasformare nelle sue lunghe e perfette trecce, e man mano che il suo corpo tornava presentabile lui si sollevava, ergendosi per poter ricaricare la propria energia. La lanterna, rimasta davanti a lui per tutto il tempo, iniziò ad assorbire il cosmo che lo circondava trasformando quelle numerose luci di mille colori in una singola fiamma verde che prese a bruciare tutto, concentrandosi nel suo corpo. Man mano che le membra del non morto assorbivano quel potere i muscoli si gonfiava, i circuiti energetici straripavano e la sua virilità cresceva, eccitata e impaziente. Aveva carpito il messaggio di Leben come se l'avesse avuta davanti agli occhi e non fu calmo, fu impaziente da morire, eccitato da morire, folle di gioia! Quando il corpo fu perfetto, la macchina si preoccupò solo di restituirgli la sua giacca intorno alla quale si legò la catena della sua lanterna, nient'altro, poi il cosmo oscuro che lo circondava si squarciò verso l'alto come se fosse il ventre di un corpo portato al limite della sopportazione, e subito Leben avrebbe avvertito la sensazione di sprofondare. Lei cadde, e lui risalì, finché non si ritrovarono sullo stesso piano: Thresh emerse dalla carne corrotta e oscura del Labirinto con le braccia spalancate, come un oscuro messia che interviene al momento del richiamo. Leben lo aveva visto tessere le lodi della sua dea in molti modi, ma mai lo aveva visto arrivare con tanta fretta ed entusiasmo, mai a nessuno aveva concesso quello sguardo tanto sublime e intrigato, addirittura impaziente! Solo per lei. Qualcosa di unico: Thresh si fregiava di una pazienza illimitata e di una calma sovrumana perfino per uno zombie ma di fronte a lei, di fronte al dono che gli stava concedendo, non poteva permettersi nulla di quella compostezza.
    Mia adorata! Non farmi attendere! Fammele incontrare... le sento che mi chiamano, come hai chiamato me! Invocano i nostri nomi... rivendicano il loro diritto a VIVERE!
    Quell'ultima parola, così assurda per creature nate morte e dalla morte, ma che per lui e Leben aveva un denso significato. si chinò su di lei, scendendo sulla sua carne in modo che quella verga, mai stata così eccitata prima, si posasse sulla sua carne e adagiasse sul ventre gonfio di Leben, mentre lui le afferrava le mani e incrociava le dita con quelle della creatura, azzerando le distanze tra i loro volti affinché potessero condividere quell'oscurità abbagliante che li caratterizzava.
    Mettiamole al mondo... insieme...
    Se quelle creature erano capricciose almeno la metà della loro madre, allora non sarebbero uscite semplicemente seguendo il richiamo della natura... ma Thresh era lì anche e soprattutto per quel motivo, e Leben avrebbe sentito quanto fosse pronto, visto che la sua verga sembrava satura di un potere mai provato prima di allora, ben superiore a quello che aveva percepito altre volte o da chiunque altro. Quella era l'estasi di Thresh, probabilmente ad un passo dall'apice e Dio solo sa, e non vorrebbe sapere, cosa fosse in grado di fare in quello stato il folle non morto.
     
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    Giusto perché sia chiaro e non voglio che eventuali lettori si scandalizzino, non si parla di due neonate ma di due ragazzine in miniatura alla Asanagi. Lo scrivo per scrupolo perché pure a me farebbe schifo il genere. xD


    Leben oramai lo sapeva, eppure ogni singola volta che si incontravano quella sua certezza veniva rinnovata, ed ella come una ragazzina innocente veniva travolta dalla più totale estasi: Thresh era unico. Con nessun altro aveva sentito fin da subito quell'affinità elettiva che li legava, e nessun altro era bravo come lui a compiacerla. Ma la cosa davvero assurda ogni volta che lo vedeva erano le farfalle nello stomaco che sentiva, che in quel momento in particolare sembrarono cercare distintamente di squarciarle il ventre e uscire fuori come in un vecchio film di xenomorfi... Cos'era quella sensazione? Amore? Passione? No, ma certo che no... Era la fame più sincera che il Gebiss le avesse mai fatto provare. La bramosia più potente che l'avesse mai colta. E se solo Thresh l'avesse invitata durante quei momenti di meditazione a cui si affidava, sarebbe stata ella stessa a scarnificarlo da capo a piedi con immensa gioia nel cuore... Eppure eccolo lì, davanti a lei, con il profumo di morte rinnovato dal suo scheletro, come se gli avesse fatto prendere aria, esponendolo alle intemperie come un vecchio materasso nelle pulizie di primavera. Proprio percependo quell'odore, ancora più intenso del solito, Leben lo accolse inspirando a pieni polmoni, riempendo i suoi organi non-morti con ogni essenza di carne che potessero accogliere, così tanto che i suoi seni già enormi e gonfi dalla gravidanza, sembrarono ancora più pieni. Le mani artigliate della zombie si fiondarono immediatamente su di lui, una sulla sua spalle e una sulla guancia destra, attraverso la cui presa lo attirò alle sue labbra per posarle sulla mascella sinistra. Sembrò quasi una cosa dolce all'inizio, quel suo chiudere gli occhi e annusarlo con sentimento e perdizione... ma quando iniziò a baciarlo e schiudere le labbra contro la sua pelle grigia, riempendogli la guancia del sangue di Iceringer, snudò i denti non più bianchi ma tinti di rosso e iniziò a mordicchiarlo, mentre sussurrava con voce roca parole che sarebbero dovute essere d'amore... Certo, a modo loro però.
    Sei qui... finalmente. Oggi è stato così insoddisfacente, caro... Ho sentito la tua mancanza...
    E poi come c'era da aspettarsi da lei, il bacio e le laccate si trasformarono in un morso all'angolo del labbro superiore del non-morto, un morso destinato a finire molto male perché mentre lo teneva, Leben tirò verso l'altro un grosso pezzo di carne dello zombie, fino a strappargli una vera e propria porzione di faccia che gli regalò un sorriso deforme e decisamente attraente agli occhi della donna. Quando si staccò, strappando via anche quella carne non troppo succosa ma sicuramente deliziosa, Thresh avrebbe potuto ammirare sul suo viso l'estasi più pura, di chi ha appena assaggiato l'ostrica più succosa... solo che piuttosto che ingoiare subito, si leccò le labbra per portarsi alcuni lembi alla bocca, e lentamente con un'espressione estasiata e mugolando di piacere, iniziò a masticare in un modo così affamato, bramoso, da rendere irrilevante cosa stesse mangiando.
    E a quanto pare... l'hanno sentita anche loro.
    Nel momento in cui un grammo soltanto di quella carne deliziosa e ricolma di energia andò giù per la gola di Leben, la sua pancia ebbe un sussulto, un sussulto con la forma di quattro braccia che potevano benissimo essere grandi quanto quelle di Arachne, facendo intuire che dentro di lei non giacevano affatto due neonate. La pelle si tirò fin quasi a diventare semi-trasparente, facendo distinguere le ombre al suo interno, e per un attirò quelle stesse manine, imprigionate in quello strato di carne, abbracciarono la verga posata sul suo pancione come se non volessero lasciarla andare. Si sentirono distintamente dei lamenti, simili a ringhi e sussurri, provenire dalla pancia, poi gli arti si ritirarono per un momento.
    Calme bambine... calme. Avrete anche voi il vostro pezzo di papà, non temete...
    Leben sorrise, un ghigno perverso e decisamente poco controllato rispetto al solito, mentre le sue iridi si illuminavano di pura energia rossa e si fissavano negli occhi di Thresh con una specie di orgoglio nell'espressione. Erano decisamente loro figlie... e con una presentazione tanto passionale, la zombie si aspettava che sarebbero state speciali. Certo, ovviamente Leben era famosa per essere una gran esibizionista... quindi c'era forse modo che accontentasse subito quelle piccine quando poteva avere Thresh anzitutto per sé?
    Vieni qui, Thresh... Bisogna insegnare loro che quando si desidera qualcosa bisogna farsi strada da soli, con le unghie... e con i denti.
    Un nuovo grido sdoppiato, sembrava quasi di sentire provenire dalla sua pancia il rimbombo dell'incontro di più anime furiose. Con ancora la sua carne in bocca con un chewingum grottesco, ella afferrò senza esitazione la verga di Tresh e la guidò tra le sue labbra, una cosa che due umani non si sarebbero mai e poi mai concessi prima del parto, ma che nel loro caso ottenne persino l'assist di due manine che, intravvedendosi per un momento quando la cappella fu davanti alla vulva affamata, afferrarono letteralmente il glande dello zombie senza poterlo cingere neppure per metà, al ché si unirono altre due piccole mani che iniziarono a tirarlo verso quell'entrata fradicia nel medesimo istante in cui Leben sollevò il bacino e tenendo saldamente l'asta la guidò dentro di sé. Se Thresh avesse guardato tra quelle braccia, per quel breve istante in cui poté farlo, avrebbe intravisto quattro occhietti brillanti fissarlo più intensamente di Leben stessa, presto soffocato dalla sua carne. Leben ovviamente non gli diede troppo tempo per bearsi di quell'irripetibile scambio di sguardi, perché con la mano ancora sulla sua nuca, artigliandogli capelli e nuca fin quasi a infilargli le unghie nella carne, lo spinse contro il suo volto e iniziò a baciarlo scambiando con lui la sua stessa carne, mischiata a qualche goccia di sangue di Iceringer recuperata dalla sua stessa guancia e soprattutto alla sua saliva, densa, deliziosa e divenuta nera per la fame. Pura oscurità pregna di energia che si mischiò tra le loro lingue insieme a quel boccone semplicemente delizioso, in un'effusione che non aveva assolutamente niente di umano ma era proprio per questo perfetta per il Labirinto, spettacolo irripetibile per la "loro" Dea (O meglio per le Dee di Thresh).
    Amo il sapore della tua carne... come ho potuto non assaporarla ogni giorno da quando ci conosciamo? Mmmh... che meraviglia... Questa sì che è una riunione di famiglia come si deve... Le senti?
    Leben farfugliava, ansimava, estasiata da quell'unione che non era semplicemente fra loro, Thresh avrebbe infatti potuto sentire distintamente non solo l'interno della sua intimità avvolgerlo, ma più in fondo, oltre la cervice spalancata, l'unione di due corpicini che letteralmente iniziarono ad abbracciare e leccare quell'immensa verga, così grossa che la cappella riusciva a intravedersi persino in quel pancione esagerato, proprio tra i seni gonfi e divisi in due da esso. All'interno del pancione, era come se un secondo atto sessuale si stesse svolgendo, solo che in quel caso si trattava di semplici e timidi preliminari, "innocenti" quasi, svolti però in mezzo a sangue, placenta, cordoni ombelicali attorcigliati e due corpi che di umano o infantile avevano ben poco. L'asta si ritrovò dunque avvinta da due corpicini che sembravano alti quasi 90 cm, per nulla neonati ma già formati, con i piccoli seni che premevano su ogni vena, le gambette e le mani che si muovevano scomposte intorno ad essa come se ancora non avessero capito esattamente che farci, le intimità inviolate e gonfie, a chicco di caffè, che presero timidamente a strusciarsi contro gli ultimi centimetri che entravano dalla bocca dell'utero... infine dei denti affilati, da una parte e dall'altra, canini che si infilarono in due vene distinte e iniziarono a succhiare sangue da essa sfogando la fame incredibile che aveva risvegliato in loro lo scontro precedente. Le grida e i ringhi cessarono improvvisamente, ma sia Thresh che Leben riuscivano a distinguere perfettamente la lenta suzione delle loro bambine. E mentre gemeva e baciava ancora una volta il suo compagno, Leben sfogò una profonda e soffocata risata mista a gemiti sentiti. Per uscire dalla sua pancia quelle due creature inumane avrebbero dovuto scavare attraverso lei, ma per il momento sembravano aver trovato un passatempo da studiare con cura... e quale inizio migliore di quello per le figlie di due abomini come loro?
     
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    Non esitò a sua volta, toccandola e stringendola a sé, ricambiando i suoi baci, i suoi morsi, le sue leccate, e divenne avido in pochissimo tempo tant'è che le sue guance cucite durarono ben poco, strappando i lati della bocca così che potesse aprirsi più del necessario, dandole morsi e leccate che sapevano del sangue nero e ferroso del non morto. Il suo odore e il suo timbro eclissò velocemente quello di Iceringer, non che Thresh volesse ignorarlo certo, ma sembrò quasi volersi imporre, consumando ogni traccia di chiunque potesse distrarla in quel momento così che potesse concentrarsi solamente su di lui. E lui su di lei. Quello era il loro momento e niente poteva intromettersi né distrarli.
    Sono qui, certo che sono qui... come potevo mancare a questo giorno così importante?
    Mentre parlava colmo di passione e gioia, Leben strappò un pezzo della sua carne facilitata dalle immense cicatrici che Thresh sfoggiava sul suo volto, strappandogli un gemito di piacere che pulsò dalla sua verga al ventre della madre per condividere tale gioia anche con le loro piccole. Sentiva la stessa energia potente e perversa che aveva percepito mentre Lotor attraversava questo mondo scendendo dal Labirinto, aveva rispettato ogni passaggio ed era stato premiato con due nuovi doni. Non poteva essere più felice di così. Quel sussulto fu ricambiato: le mani delle sue piccole cercarono distintamente di afferrarlo, la loro volontà di venire al mondo era immensa e Leben non poteva più contenerla. Lo spettacolo era così meraviglioso che Thresh non riuscì a trattenere la gioia: dai lati dei suoi occhi iniziarono a colare delle densissime lacrime di sangue nero, così dure e grumose da rallentare ad ogni centimetro che correvano sulla sua faccia, ma lacrime di gioia vera. La faccia di Thresh si stava trasformando in una maschera mostruosa di folle felicità, e non era che l'inizio. Leben però mise un freno all'entusiasmo di Thresh, e a buona ragione: lo zombie avrebbe fatto di tutto per poterle abbracciare da subito, e stringerle e baciarle e leccarle fino a farle gemere di gioia in questo nuovo mondo, ma lo spirito di insegnanti che la sua adorata fece riemergere gli suggerì che poteva esserci una lezione anche nel loro primissimo momento. Un ampio ghigno soddisfatto si allargò su quel volto deforme, mentre i suoi occhi si accendevano come Leben di quel bagliore verdastro, tetro e oscuro come le stelle morenti di un cosmo oramai lontano. Ovviamente non poteva che darle ragione. Si avvicinò a lei in modo che Leben potesse guidarlo nella sua carne, si unirono subito le mani di quelle piccole che lo avvinghiarono e lo conquistarono come se volessero chiedere aiuto per uscire. Ma piuttosto che lanciar loro uno sguardo paterno, Thresh si rivolse a quegli occhietti tenebrosi con aria di sfida, lasciando intendere che se volevano uscire dovevano conquistare quel risultato da sole. E mentre Leben gli afferrava la nuca strappandogli carne e sangue che colò dai suoi capelli al suo volto aggiungendo altro ferro sanguigno al loro bacio, il non morto si avventò su di lei spingendo tutta la sua asta in una volta sola dentro quella carne meravigliosa circondato dalle sue figlie, mentre con la bocca serrava un bacio senza precedenti per Leben, mordendole la lingua e infilandole in gola la propria mentre le fauci si aprivano e chiudevano facendo schioccare la saliva e il sangue che si erano oramai mescolati in un unica e perversa sostanza. Anche col pancione esagerato che Leben sfoggiava, la mazza di Thresh che crebbe pulsando a dismisura mentre la violava riuscì comunque a deformarla ulteriormente, non soltanto in lunghezza ma anche in larghezza, violando del tutto l'utero ed occupandolo con la sua possanza. Le gemelle quindi, anche se ben formate, non avrebbero avuto modo di opporsi a quella presenza. Finirono letteralmente schiacciate ai lati opposti di quella carne già molto stretta per loro, sembrava quasi che Thresh avesse preso bene le misure visto che quella mazza che scorreva dentro la carne di Leben era posizionata in modo da sfregarsi perfettamente tra le loro gambe, strofinandosi tra le vulve delle piccole, pulsando sui loro minuti petti e sui volti morbidi. La carne degli infanti era suprema in confronto a quella degli adulti, e anche se Leben non aveva nulla da invidiare a loro, Thresh era sempre entusiasta di bearsi di un simile privilegio, sfregando la sua mazza contro i corpi meravigliosi delle sue figlie mentre si prendeva la madre, la sua vera e unica passionale compagna che avrebbe presto donato a quel mondo altre due meravigliose creature. Quel bacio e quell'unione si sarebbe consumata nella maniera più perversa e violenta possibile, in modo da impedire a Leben di mettere ulteriori paletti... Thresh voleva spronare le sue piccole, non di certo ostacolarle completamente. Come avrebbero fatto a superare quell'ostacolo? Non vedeva l'ora di scoprirlo.
     
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    Definire deforme il pancione gravido di Leben sarebbe stato puro eufemismo. Il ventre della zombie non era semplicemente gonfio, era teso all'inverosimile e ben più grosso di come avrebbe mai potuto esserlo uno umano, grande il doppio, se non il triplo di come ci si aspetterebbe da una gravidanza comune. Era naturale, se si pensava alle due piccole e mostruose creaturine che nascondeva dentro di sé, qualcosa di cui sentiva crescere la fame e la bramosia allo stesso ritmo del sangue che l'asta del loro adorato padre pompava dentro i loro corpicini mentre succhiavano direttamente dalla fonte. Se solo entrambi avessero potuto osservarle, le avrebbero trovate intente ad abbeverarsi con gli occhietti spalancati e luminescenti nel buio delle pareti uterine, così innocenti nei lineamenti infantili, proprio come due bambine intente a succhiare il latte dal seno materno. Peccato che di infantile in loro ci fosse rimasto poco, sembrava più che Leben ospitasse dentro quell'abominevole campana di carne due gemelle diverse di Arachne, la loro sorellona che sarebbe stata decisamente felice di partecipare alla festa... Se solo Leben si fosse ricordata di portarla e non l'avesse lasciata chissà dove il balia degli eventi. Sospirò, troppo presa dalla verga del suo fidato compagno per poterci pensare, verga che finalmente penetrava in lei spingendola a inarcare la schiena, ma senza mai staccare gli occhi ferini dalla sua faccia, né tanto meno smettere di leccarsi le labbra e baciarlo con violenza e fame. Il sangue che di Faust colava timidamente sulla sua pelle pallida, tingendola di rosa, mentre la sua lunga lingua si premurava immediatamente di pulire al suo passaggio. Era assolutamente delizioso, divino! Una vera e propria droga che Leben bevve d'un sorso, concedendosi dei gemiti sempre più teatrali. Tuttavia non staccò mai gli occhi Thresh, al massimo li chiudeva di tanto in tanto, senza mai smettere di sorridere, mentre sentiva il potere fluire dentro il suo corpo... no, non il suo per la precisione, bensì quello delle loro bambine che, bevendo direttamente dal padre, sembrava stessero accogliendo non solo nettare vitale ma vero e proprio potere allo stato puro, tanto che a Leben parve che i loro corpicini (già notevoli), volessero addirittura crescere ancora... e ancora. Thresh avrebbe potuto sentire i loro corpicini stringere la sua asta con forza e una pressione senza eguali, finché entrambe non iniziarono a tentare di divincolarsi, muovendo le manine sull'asta alla rinfusa, succhiando con ancora più forza prima di tentare di liberare la presa anche dei propri canini. Purtroppo all'interno della pancia di Leben non c'era spazio vitale per le due poverine, e non ci volle molto prima che iniziassero a ribellarsi davvero, graffiando dove riuscivano, ringhiando come potevano, mentre la pancia si agitava e sembrava in procinto di esplodere dall'interno. Leben, guardando verso la pelle che si tendeva come una coperta spinta dall'interno, sorrise e strinse ancora più forte Thresh, attirandolo più vicino e continuando a baciarlo smettendo di respirare, così da rendere ancora più difficile per le due agire. Dando manforte al papà iniziò ad andare incontro alle sue spinte, muovendo sensualmente il bacino e con esso tutta quella carne spropositata che si era suo malgrado ritrovata a sopportare. Così facendo le due "bambine" si ritrovarono realmente in difficoltà, con poca aria da respirare, poco spazio contro cui calciare, ma soprattutto un cazzo decisamente troppo grosso per loro agitarsi contro le loro vulve inviolate strappando a entrambe gemiti e mugolii così acuti e sentiti nella loro "innocenza", da sentirsi persino attraverso gli innumerevoli strati di carne che le separavano dal resto del mondo. La zombie, vedendo la sua pancia deformarsi eccessivamente e sentendo la loro forza e dimensione crescere dentro di sé, piuttosto che fermarsi rincarò la dose, infischiandosene del fatto che per uscire avrebbero dovuto strapparle un bel po' di organi e uscire da chissà dove... Bramava una scena del genere, in verità, e sperava che per quel tempo il corpo avrebbe ripreso le sembianze della donna che Thresh aveva apprezzato tanto perché avrebbe letteralmente adorato vederla distruggersi davanti a lui. Non che pensasse avrebbe avuto una qualche implicazione particolare... ma come detto, era bello condire il rapporto con spettacoli tutti nuovi, di tanto in tanto. Chissà, magari si sarebbe persino guadagnata qualche follia delle sue. Nel frattempo tuttavia, finché i suoi capelli bianchi risplendevano più lunghi che mai, perdendosi nell'immensità dei suoi seni, era il caso di approfittarne...
    Le senti? Senti come si agitano? Sembra che questo corpo perfetto non resterà integro troppo a lungo, caro... Dovremmo sfruttarlo al massimo finché ne abbiamo la possibilità...
    Sollevandoli con entrambe le mani, Leben portò in risalto i seni enormi, i cui capezzoli e le stesse areole risultavano gonfie, gocciolanti di latte materno e schiuse sulle estremità, che la zombie avvicinò l'un l'altra per rendere ancora più semplice addentare entrambe in una volta sola, allungandoli verso le fauci di Thresh con un sorriso di invito. Erano così pesanti che non riusciva quasi a tenerli in alto, poiché grandi porzioni di carne pendevano verso il basso inglobando le sue mani e infilandosi tra le dita che affondavano in essi. Uno spettacolo decisamente senza precedenti per il corpo della non-morta, che non era mai stato così florido e formoso, così vivo... ironicamente parlando. Ma la parte migliore per un goloso come Thresh era data dai rivoli candidi che, grazie alla presa di Leben, colavano dai suoi capezzoli come due rubinetti appena chiusi, gocciolandole addosso ed emanando un delizioso profumo non solo di latte, ma di carne, di sangue... di potere. Se il latte materno era ricco di nutrienti, quello di una creatura come Leben conteneva pura e semplice energia dentro di sé, qualcosa che era certa avrebbe fatto impazzire il suo compagno... un vero e proprio condimento che non vedeva l'ora di condividere. Mosse le dita intorno a entrambe le areole, strizzandole insieme ai capezzoli come se fossero due mammelle da mungere, e dopo aver concluso un ultimo bacio estremamente spinto, dove succhiò e morse la lingua di Thresh fino all'ultimo istante, lo invitò a godersi il banchetto. Ovviamente in tutto ciò non smise un solo istante di muoversi, ben conscia che rischiava di soffocare le sue stesse figlie se non fossero state abbastanza forti da ribellarsi... e proprio come se le due percepissero quel nettare destinato a loro scorrere sulla pelle della mamma e venir rubato da terzi, iniziarono ancor più ad agitarsi e dimenarsi... costrette a sottostare tuttavia ai movimenti dei due zombie, nonché alla carne del padre.
    Devi assolutamente assaggiare, caro... è delizioso...
    Dulcis in fundo, diabolica, Leben fissò Thresh ancora una volta con quel suo sorriso estremamente malizioso e gli occhi illuminati dal Gebiss e lì, con quella stessa espressione, schiuse lentamente le labbra e allungò la lingua verso i suoi stessi seni, iniziando a giocare con essi nel modo più sensuale e grottesco al contempo che potesse esserci, avvolgendo l'organo interno alle escrescenze, raccogliendo latte fino a portarselo alle labbra, e lì inarcarsi ancora una volta e mugolare teatralmente, chiudendo gli occhi e inarcandosi sensualmente con la naturalità di una modella di intimo nella pubblicità del brand di turno. Si alzò un sibilo più acuto degli altri, come se sentissero che qualcuno stava rubando il cibo destinato a loro. Tuttavia, a Leben non sembrava importare molto che le sue figliolette stessero ringhiando e protestando contro il cazzo del loro papà, soffocandoci contro probabilmente, mentre le loro unghiette affilate cercavano di graffiarle la carne e scavarla dall'interno... Anzi, il suo orgoglio non faceva che crescere per quelle sensazioni. Volevano ogni cosa, proprio come lei. E anche se non respiravano bene, erano bloccate e in difficoltà, continuavano ad agitare i loro corpicini contro l'asta del padre alla ricerca di quella sconosciuta ma deliziosa sensazione di piacere che sentivano crescere tra le cosce, qualcosa che -Leben era sicura- avrebbe permesso loro persino di accogliere quella stessa asta dentro di loro se solo Thresh avesse voluto. Un po' eccessivo come prima esperienza, ma del resto cosa ci si poteva aspettare dalle loro bambine? Erano tutte la mamma... o ancor meglio il papà.
     
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    Chiunque con una mente sana e normale sarebbe impazzito di fronte ad uno spettacolo di tale orrore, neanche le più fervide fantasie sessuali nate dagli incubi Lovecraftiani più profondi riuscirebbe a concepire o sopportare una deformità di quel genere. No, ovviamente l'orrore non è quel ventre gonfio e ciò che succede al suo interno, il vero orrore è ciò che stava avvenendo nelle menti dei due non morti, e che si rifletteva negli sguardi che si scambiavano. Il vero orrore, era che quello scenario terrificante per loro equivaleva ad un romanticismo estremo, una passione innaturalmente elevata, un amore che trascendeva di molto la mente e i sentimenti concentrandosi sulla carne. Il vero orrore era la follia che quei due riuscivano a generare, apparentemente senza alcun limite, né pudore. Thresh continuò a baciarla e guardarla negli occhi per tutto il tempo, almeno finché le piccole non iniziarono a ribellarsi tentando visibilmente di infrangere quella prigione desiderose e impazienti di venire finalmente al mondo. Leben lo attirò a sé, quasi gelosa che stesse prestando più attenzione a loro che alla madre, strappandogli un altro bacio passionale che il non morto non risparmiò di certo. Pensava forse che non ci fosse abbastanza amore per tutte le sue adorate in lui? Le piccole bramavano la libertà, Leben cercava il dramma e l'esagerazione, quasi esasperazione volendo, ma Thresh non era uno da imporsi limiti di sorta specialmente di fronte ad uno spettacolo dal simile potenziale. Ad essere onesti, perfino lui era incapace di formulare un pensiero coerente, o per meglio dire non sapeva da dove iniziare tale era la foga e l'entusiasmo che lo animavano. Lo sguardo del non morto finì sul corpo formoso di Leben che si schiuse ed iniziò a grondare sotto un tocco che a stento riusciva a contenere quei seni normi ed invitanti, trasformati oramai in perverse tentazioni per lui. Leben stessa gli diede una dimostrazione, ma lui di certo non aveva bisogno di altri incoraggiamenti.
    La modestia non è mai stata il tuo forte... sono sicuro che riusciresti a sopportare anche mille di queste creature, solo per compiacermi...
    Commentò malizioso prima di scendere come una bestia affamata su quei seni, spalancando le fauci piene di sangue e saliva e lasciando che quel mix grondasse sulla sua pelle mischiandosi al latte e alla carne che la non morta gli concedeva. Prima allungò la lingua, lunghissima e massiccia che circondò entrambi i seni più volte, poi con la bocca si concentrò su uno, mordendolo con forza per poterlo spremere di tutto il suo succo e poi iniziare a succhiarlo. La lingua si infilò dentro il capezzolo come se volesse mungerla dall'interno, dando vita ad una penetrazione intensa e mostruosa. L'altro seno non rimase inviolato, ci pensò la mano sinistra di Thresh a riempirlo: prima con l'indice, poi anche col medio, iniziando a violarla come se la stesse masturbando avidamente. Dentro la carne di Leben invece, lo spettacolo era quasi disperato, visto che le sue piccole non riuscivano a respirare né ad uscire, e bramavano disperatamente lo stesso banchetto che i loro genitori stavano rubando, incapaci di cambiare il loro destino. Erano davvero piccole e deboli se non riuscivano nemmeno a farsi strada davanti ad un ostacolo tanto banale: una parete di carne, un grosso cazzo come barriera, cosa poteva esserci di così difficile? Avevano bisogno di un incoraggiamento, era ovvio. Thresh frenò il banchetto per un istante, senza smettere di usare la mano sinistra per masturbarla, né facendo uscire la lingua dall'altro capezzolo, continuando a penetrarla. La sua voce non fu deformata dalla bocca spalancata, perché sembrava rimbombare direttamente tra le pareti di quell'oscuro inferno di perdizione.
    Inizio a temere che non siano pronte, mia cara... temo che dovremmo rincominciare tutto da capo... permettimi di dartene di nuove allora, se non riusciranno a venire al mondo con le loro forze...
    Detto questo, tornando ad avventarsi sul suo seno, Thresh iniziò a spingere con maggiore decisione nel ventre gravido di Leben, rendendo ancora più difficile per le piccole muoversi... ma non solo. La sua verga prese a pulsare così forte che sembrava sul punto di esplodere: si riempì di punte carnose e di venature intense, caldissime, per poi iniziare a rilasciare fiotti di bollente e irresistibile sperma dentro di lei. Non fu un orgasmo esagerato, né imponente come al solito, sembrava piuttosto controllato e graduale... ma inesorabile. La sua verga enorme bloccava pressoché del tutto l'intimità di Leben, quindi quel liquido bollente e saturo di energia non poteva far altro che riempire tutto lo spazio che non era occupato dalle creature, iniziando a sommergerle. C'erano solo due possibilità a quel punto... potevano morire, stritolate dalle pulsazioni di quella verga immane, affogate nel seme del loro stesso padre... oppure potevano assorbirne la potenza, lasciarsi corrompere da esso come a volergli giurare fedeltà e sottomissione bevendone l'essenza e trovare finalmente la fora per venire al mondo.
     
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    Era certo che Leben non avesse come miglior qualità la modestia, come del resto Thresh conosceva ancor meglio la sua ingordigia, o l'egoismo. Entrambi sarebbero stati dei pessimi genitori, questo era certo. Nessuno peggio di loro avrebbe potuto concepire in quel modo orripilante e grottesco due creature innocenti, ma forse ciò che sarebbe sfuggito a una mente umana non era solo il fatto che loro fossero dei mostri, ma anche che le loro creature sarebbero potute essere già dalla nascita molto... molto peggio. I ringhi e i sibili di protesta che si elevavano attraverso la carne di Leben n'erano una palese dimostrazione, così come i piccoli artigli di mani e piedi che sembravano voler bucare il pancione della loro madre, senza tuttavia avere la forza per farlo. Quando Thresh commentò l'uscita della zombie prima di avventarsi sul banchetto che gli aveva così gentilmente offerto, Leben non poté rispondere se non quel suo sorriso lieve, candido, che di innocente o gioioso non aveva proprio nulla; sembrava più la fredda carezza di una nottata di neve: quel freddo capace di penetrare gli strati e strati di lana per mordere la carne come denti affilati, un freddo così intenso da sembrare bollente, molto più doloroso di qualsiasi tizzone infuocato. Per fortuna di Thresh, era forse l'unico che poteva cogliere il calore di quell'espressione e accettarlo senza timore di scottarsi, per questo Leben non ci pensò due volte a trattenere il morso della fame quando la colse tra una spinta delle bimbe e l'altra: mentre lui si avventava sui suoi seni esposti ella emise un sospiro, forzato ma sensuale, come suo solito, e gli afferrò la chioma sulla nuca con tale forza che sarebbe bastata una pressione adeguata per fargli lo scalpo. Spinse contro di sé mentre la mordeva e succhiava, sollevando un lembo del labbro superiore mentre lo fissava con gli occhi argentei brillanti di blu, un blu che via via stava divenendo violaceo, destinato inesorabilmente a sfumare nel rosso profondo del suo nuovo corpo.I denti candidi, macchiati di sangue, si snudarono ancor più mentre ella smetteva di combattere la trasformazione. Più le sue bimbe desideravano uscire, più ella voleva che il suo aspetto tornasse a essere quello della bella mora che Thresh aveva tenuto in serbo per chissà quanto. La mente di Leben era perversa, incomprensibile, ma il suo lato femminile era quasi romantico nella sua invidia... un invidia che in quel momento, probabilmente preda del delirio pre-parto, aveva voglia di ostentare un po'. Allungò la lunghissima lingua per saggiare a propria volta quel nettare divino creato dal suo latte, dal sangue e dalla saliva del suo "amato compagno", leccandogli anche le labbra senza piegarsi di un solo centimetro. Era talmente lunga che prese un assaggio senza fatica, e dopo tornò a parlare sussurrando senza un minimo di affanno. I privilegi dell'essere morta...
    Per compiacerti, mio caro? Adesso non ti sembra di esagerare? Il solo motivo per il quale accetterei altre mille di queste fastidiose creaturine dentro questa pancia deforme, sarebbe la speranza di far esplodere il corpo della bella mora che ti piaceva tanto... E a tal proposito...
    I capelli bianchi iniziarono a tingersi di nero, l'oscurità vi strisciò all'interno dalla radice fino alle punte espandendosi come un tumore, mentre gli occhi continuavano a brillare sempre più, sfumando allo stesso modo, mentre il rosso del sangue si espandeva nelle pupille, come se qualcosa si agitasse anche dentro esse, quasi fossero lo specchio del caos che si stava svolgendo in quel momento all'interno del corpo della zombie. E ovviamente, mentre lo zombie torturava il suo petto passando presto a un'invasione più estrema e apprezzabile, ella si inarcò e iniziò a sorridere sempre più, finché i sospiri non si trasformarono in risate lievi, e le risate in sospiri, che infine divennero parole.
    Sai quanto adori litigare con te, Faust caro... Mi fa venire voglia di sgranocchiarti fino all'osso così da non lasciarti più andare...
    Mentre il suo viso si spogliava di ogni imperfezione, di quelle cicatrici che nella sua reale forma l'avevano a lungo deturpata, si faceva spazio la voluttà del nuovo corpo, i capelli mori e lunghissimi, presto arricciati dalle onde naturali che li caratterizzavano, i lineamenti più maturi, alla vista privi di cicatrici, e con essi le labbra più carnose e sensuali, le forme più piene che con la gravidanza risaltavano ancora di più. Leben sollevò il mento sorridente, inarcandosi ed esponendo non solo il collo, ma anche e soprattutto i seni che come due palloni troppo gonfi per poter rimbalzare gli riempirono la bocca ancor meglio, quasi volessero soffocarlo e strozzarlo con il loro stesso succo... Come se fosse stato possibile. Alla penetrazione i movimenti della zombie si fecero molto più frenetici, il bacino si mosse con lui, gli artigli della mano che gli stringeva la chioma si allungarono abbastanza da graffiarlo, procurandogli il dolore che amava desiderosa di riceverne altrettanto. Il perché della decisione di abbandonarsi al suo attuale aspetto era chiara a quel punto: l'idea di vederlo squarciato e distrutto la eccitava ancor più di sentire Thresh che lo faceva. Ma non fu solo un ringhio più deciso a farla ansimare, né la lingua infilata a fondo dentro il capezzolo spalancato, o tanto meno il grosso dito che penetrò l'altro anfratto per non lasciarlo solo. Faust sapeva quanto fosse ingorda, dunque non ebbe bisogno neppure di chiederne ancora per riceverne dentro un secondo, mordendosi le labbra sempre con quel sorriso malvagio mentre di tanto in tanto se le leccava e si concedeva un ansito d'apprezzamento, accompagnato da una "carezza" più profonda sulla sua nuca. Tuttavia non furono le attenzioni per quei seni così gonfi e succosi ad "addolcire" il suo ghigno, né tanto meno la sensazione di quella masturbazione così intensa e dolorosa, un dolore che solo lui sapeva farle provare... no, ciò che la fece gocciolare e schizzare mentre il suo fallo la scopava senza sosta era sentire le loro creature invocare pietà... e non riceverne affatto. Le parole del non-morto non allargarono solamente il suo sorriso, ma anche il suo cuore che di rimando iniziò a pompare più sangue e oscurità che andò a rendere ancora più ingombrante non solo i seni, ma anche i suoi organi, le sue forme, il pancione che si fece via via più stretto e "soffocante" per le poverine, così come le grandi e le piccole labbra della sua vulva che si serrarono lungo il fallo come un guanto perfetto. E tanto perché Leben voleva mettere alla prova le loro creature tanto quanto se non più il loro papà, mentre lo guardava negli occhi cercando ancora il suo bacio e la sua lingua sul seno, spalancò alcune bocche all'interno non solo della sua intimità, che dunque iniziò letteralmente a succhiare l'asta di Thresh lungo tutta la lunghezza, ma anche ogni singola parete dell'utero che si ricoprì di denti, piccoli ma decisamente fastidiosi su cui stare.
    Ma soprattutto, perché alla fine: sai sempre... sempre... come farti perdonare...
    E dunque non ci fu nessun aiuto per quelle piccole creature. Non certo dal cazzo che spingeva contro i loro corpicini strizzando le loro schiene contro la pareti dentate, non certo da quegli stessi denti che iniziarono a graffiarle spingendole a emettere versi di furia e disperazione, tanto meno dalla cascata di seme che iniziò a riempire la loro culla calda come se si trovassero all'interno dello scafo di una nave destinata ad affondare. Al commento di Tresh, i versi che emisero sembrarono rimbombare all'unisono dentro il pancione, quasi lo avessero sentito e compreso. Iniziarono a dimenarsi maggiormente, finché i loro versi non vennero soffocati dal liquido e divennero gorgoglii inconsistenti. Ci fu un momento in cui la pancia smise di muoversi, la pelle non si tese più, eventuali manine o piedini si ritirarono chissà dove... Furono diversi istanti, in cui sul volto di Leben fece quasi per bussare un'espressione di sdegno e delusione, mentre guardava Thresh per decidere se anche lui provasse lo stesso. Ma fu breve... in seguito il pancione che prima era già stato enorme si gonfiò ancor di più, e dentro iniziarono a muoversi molto più che semplici arti umani in miniatura. Sembrava quasi che un braccio umano si stesse agitando dentro il suo ventre, solo che era più simile al corpo di una serpe gigante. Poi fu la volta di un bozzo così grosso che sarebbe potuto benissimo essere la testa di una delle creature, finché quello stesso bozzo non iniziò a spingere e affondare dentro la carne, spingendo verso l'alto e spalancando quelle che sembravano fauci. Leben gridò, un grido che ovviamente non aveva nulla di lacerante poiché era più simile a una risata entusiasta, mentre la sua espressione sorridente si faceva via via più concentrata, come se lottasse in qualche modo per impedire ancora una volta alle due di ribellarsi. Alla fine però dovette cedere, con un verso di liberazione che venne seguito ben presto da un sospiro estasiato, mentre il suo sesso pulsava intorno all'asta di Faust, i suoi seni schizzavano copiose quantità di latte direttamente nella sua bocca se non si fosse spostato ancora, e infine quella che sembrava in tutto e per tutto la testa di un mostro strappò la carne al centro del ventre come se fosse una gomma da masticare, trattenendola tra i denti e dando quasi l'impressione che dovesse sputarla da un momento all'altra. Quella faccia deforme fu la prima cosa a uscire fuori, annusando l'aria come per comprendere se ci fosse pericolo e ringhiando contro i presenti. Una lingua decisamente strana e concava fece capolino per afferrare il grosso pezzo di Leben e portarlo all'interno della bocca per ingoiarlo, poi la testa saettò velocemente verso la nuca di Thresh e la mano di Leben, stringendo entrambi e usandoli come appiglio. Al seguito, subito dietro quell'appendice che non era una creatura a se stante a quanto pare, bensì la coda di una di loro... arrivarono. Fu lacerando e strappando carne a propria volte che finalmente le loro figlie vennero alla luce: prima l'una... poi l'altra... più minute di quanto ci si sarebbe potuti aspettare da tutta quella forza, ma ben più grandi di qualsiasi altro neonato si fosse visto (prima di Lant, perlomeno), poiché invero di due infanti non avevano la benché minima qualità. Non certo gli occhioni vispi e le pupille ferine e brillanti, di un viola così intenso da sembrare attraversate da pura energia pulsante, né l'intelligenza che sembrava quasi gridare dietro gli intenti ferini, o ancora le forme già ben distribuite su quei corpicini minuti: entrambe non erano più alte di 90 cm per il momento, avevano i capelli molto corti, scarmigliati allo stesso identico modo, l'una neri e l'altra bianchi, e differivano l'un l'altra solamente per alcuni aspetti quali la coda dell'albina, e le corna della mora. Non sembravano due neonate, piuttosto due giovani ragazze formato ridotto. Avevano piccoli seni già parzialmente formati, due collinette morbide a testa, e culetti così tondi e grossi che avrebbero potuto benissimo far invidia a Lucia... o quasi, perlomeno. I loro occhi violacei si puntarono dapprima sul viso di Thresh, spalancando le fauci e soffiando a pieni polmoni, poi su quello di Leben, guardando giusto un istante i capezzoli grondanti leccandosi le labbra con una certa fame. Erano ricoperte di sangue, placenta e sperma, ma non ci volle molto prima che i loro corpicini tremanti, entrambi posizionati in una sorta di posa a quattro zampe l'una contro la schiena dell'altra come a proteggersi, smettessero di muoversi come quelli di due pulcini. Iniziarono a leccarsi il viso e i loro occhi si accesero di più, erano visibilmente affamate e non sapevano neppure dove voltarsi per poter mangiare. Non ci fu nessun commovente epilogo che finisse con le loro boccucce a succhiare i capezzoli occupati dal padre, nessun abbraccio o segno d'affetto verso i loro genitori... ciò che fecero entrambe fu seguire l'unico istinto che le muovesse, che era quello della fame... e alla fine tra il seno materno e il nettare più potente che due infanti avessero mai assaggiato, scelsero la fonte di quell'incommensurabile potere e si voltarono verso Thresh saltandogli addosso in un solo balzo, l'albina tirandosi su con la sua stessa coda per poi aggrapparsi al suo pettorale sinistro con una manina artigliata, la seconda balzando come una vera e propria creatura sovrumana, con una grazia fin troppo marcata per essere ricoperta di sangue e appena uscita dal pancione della madre. Anche questa, salvo rettifiche da parte del papà, si aggrappò al suo pettorale, quello opposto, ponendo le cosce nude intorno alle sue costole e un braccio sulla sua spalla. Entrambe iniziarono a fissarlo con occhietti spiritati, inizialmente in viso, sbattendo le palpebre ritmicamente ma in modo strano e maldestro, quasi meccanico, come se lo stessero studiando. Erano forti e soprattutto sembravano poter imparare velocemente... ma ciò che fece tornare il sorriso sul volto di una Leben completamente ricoperta di sangue, uno realmente felice per i suoi standard, fu il fatto che la loro prima azione fu spalancare le fauci, quali degne di uno squalo, quali degne di un vero e proprio vampiro, e attaccarsi alle vene spesse del collo del loro papino... o almeno provarci. Entrambi i loro corpicini iniziarono a strusciarsi e muoversi freneticamente contro la carne dello zombie, mentre succhiavano dalla sua gola come se fossero state assetate troppo a lungo e ora avessero finalmente un istante di respiro. Se Thresh non fosse stato così crudele da scacciarle, si sarebbe presto reso conto che più bevevano da lui più si accendevano di istinti primordiali, e tra essi c'era sicuramente quello al piacere, perché quanto fossero giovani iniziarono a strusciare i loro corpi contro di lui mentre sospiravano all'unisono, respirando frenetiche.
    Oh, ma guarda, caro... sono decisamente figlie mie!
    E non si riferiva solamente al fatto che avessero così tanta fame, ma in special modo che avessero scelto lui come banchetto principale. Un complimento, se vogliamo. Leben rise ancora, leggera, il sesso pulsante da un orgasmo avuto mentre veniva sventrata dal sangue del suo sangue, il volto e il petto pallido ancor più ricoperto di svariati schizzi di nettare vermiglio, quale secco (appartenente ad Iceringer), quale molto più copioso e ancora grondante, appartenente a lei e dovuto alla sua pancia squarciata, squarcio che presto si ricopri di denti lungo i bordi lacerati, che ella si premurò di richiudere e riunire per tornare a essere quantomeno attraente. L'eleganza era importante, dopotutto... anche se non quanto un sano spuntino. Le sue bambine lo sapevano bene...

    Edited by .Bakemono - 24/1/2020, 22:31
     
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    Gelosia, dunque? Era questo il sentimento che muoveva più di ogni altra cosa la mente perversa di Leben? Lei non aveva la più pallida idea di quale legame ci fosse tra Thresh e quel corpo tanto gelosamente custodito, eppure spontaneamente l'aveva bollata come una sua rivale, quasi ignorando che in effetti Thresh aveva fatto dono di quel corpo proprio a lei... ma perché infangare qualcosa di così puro e spontaneo con fervide spiegazioni? Il suo romanticismo non aveva di certo bisogno di grosse chiacchiere e quella in particolare era la classica situazione da frase enigmatica in cui Thresh non sarebbe stato capace di rendere chiaro quel concetto se non per filastrocche. Un morto sa bene quando tacere, poco ma sicuro, quindi l'unica cosa che fece in risposta a Leben fu allargare un ampio sorriso compiaciuto, soddisfatto dalla purezza di un sentimento così forte. Non serviva altro, visto che già quello era più che sufficiente a muovere gli artigli e le carni di Leben come se volesse davvero fare a pezzi il suo amante mentre noncurante delle vite che tanto ardentemente volevano venire al mondo, la possedeva col suo solito fare estremo e violento, incentivato ulteriormente dalla spietata metamorfosi che Leben gli concedeva nella speranza di vedere quel corpo soffrire di fronte agli occhi del non morto. L'intento era puro, ma come poteva impressionare Thresh se quel volto conosciuto invece di piangere e soffrire godeva di quel dolore come nell'estasi più alta della sua esistenza? I controsensi della sua amata Leben facevano parte del suo fascino, ovviamente. A condire ulteriormente quell'amplesso estremo arrivò anche il potere di quest'ultima che proprio come il suo amante non si preoccupava tanto delle gemelline quanto più far godere il non morto, già così assuefatto da lei, che divenne una vera e propria belva nel sentire quelle mostruosità succhiare la sua asta già tanto profondamente seppellita dentro di lei. L'orgasmo che le stava concedendo non poteva far altro che gioirne immensamente. L'estasi che si scambiarono i due non morti a quel punto era grande, ma non estrema, questo perché le creaturine nel ventre di Leben non si stavano di certo dimostrando all'altezza, anzi sembravano destinate a fallire e questo significava una cosa sola: erano forse loro due il problema? Quel pensiero attraversò entrambi quando incrociarono gli sguardi in un momento tanto topico, forse quelle creature non avevano mai avuto una possibilità? La prova che era stata messa loro di fronte non era di certo tanto estrema, non per le degne figlie di Faust e Leben. Quindi dove avevano sbagliato? Neanche il tempo di porsi questa domanda che subito le gemelline ripresero in mano la situazione, in tutti i sensi tirando fuori ogni goccia di carica vitale che avevano in corpo nel disperato tentativo di fare a pezzi il ventre della loro stessa madre. Il non morto sgranò gli occhi con gioia e sorpresa: era convinto di aver fallito per questa volta e invece il canto di dolore e piacere di Leben era la perfetta colonna sonora per la nascita di queste creature abbastanza forti da riuscire ad impressionarlo. Se non fosse stato già nel bel mezzo di un orgasmo, probabilmente sarebbe venuto copiosamente. Thresh perse completamente di vista tutto il resto ed iniziò a fissare quel pancione mentre si dilaniava e portava alla vita le sue nuove creature.
    Si... si! Venite al mondo piccole mie! Lasciate che vi accolga vostro padre! Conquistate il diritto di vivere e non concedete più a nessuno la possibilità di togliervelo! Questa è la vostra esistenza! Nate nel sangue e nella follia, unitevi a me!
    Più che un parto sembrava un'invocazione demoniaca, e forse la differenza non era poi tanta. Il ventre di Leben si strappò permettendo finalmente alle due creaturine di prendere aria, iniziare a respirare mentre si ripulivano dal liquido che le aveva messe al mondo, consentendo al loro adorato padre di vederle. Quasi commosso, Thresh le guardò con delle scintille negli occhi che fecero sollevare quell'immensa asta dal buco che loro stesse avevano aperto, fuori dal mare di sangue e sperma che aveva riversato dentro la sua adorata Leben. Erano meravigliose, e il modo in cui erano state messe al mondo le rendeva ancora più belle. Mai aveva assistito ad una nascita tanto perfetta e per questo non le allontanò mai, anzi allargò le braccia verso di loro come ad invitarle a congiungersi col loro padre, e dopo essere stato abbracciato sollevò il capo chiudendo gli occhi. Il morso delle sue piccole fu un momento di estasi per lui che fece guizzare quella verga mostruosa verso l'alto, schizzando altri caldissimo seme sul petto e sul volto di Leben che, pur martoriata, poteva assistere ad uno spettacolo di amore paterno semplicemente unico. Concesse loro volentieri il suo sangue, lasciando che l'energia delle lanterne fluisse dentro di loro per consolidarne il potere e la crescita. Poi abbassò di nuovo lo sguardo verso Leben, sorridendole felice.
    Leben... mia adorata... mi hai fatto un dono meraviglioso... sono bellissime...
    Sembrava sul punto di commuoversi, probabilmente Leben non lo aveva mai visto così vicino al piangere come un bambino davanti al suo primo grande successo. Ma così non fu, anzi successe l'esatto opposto, e dopo averle afferrato il collo, Leben lo vide chiaramente sfoggiare un ghigno malefico, folle e spietato sul volto. La mancina invece afferrò il lembo di carne più vicino al ventre di Leben, per poterla iniziare a tirare in modo da allargare ulteriormente il buco fatto dalle gemelline.
    Mi hai quasi convinto ad uccidere delle creature così belle però... mi hai quasi spinto ad affogarle pur di avermi tutto per te... sei malvagia Leben... sei davvero una donna malvagia. Io devo punirti...
    Con forza iniziò a strappare tutto, tranciandole il ventre di colpo mentre con la mano destra continuava a tirarla verso l'alto. Quando il ventre di Leben fu ridotto a brandelli, la mano sinistra ancora sporca del suo sangue si infilò dentro il buco aperto dalle ragazzine, infilando le dita tra la carne intorno alla colonna vertebrale per poterla tirare con tutta la forza che aveva in corpo. Con quel buco in pancia, dividere in due il corpo di Leben fu una passeggiata, un gioco da ragazzi, come strappare in due una bambola vecchia, e quando il ventre, le gambe e il fondoschiena di Leben furono staccati dal suo corpo, di lei non restava che la parte superiore, con ciò che rimaneva del suo stomaco a grondare di sangue mentre il resto degli organi erano esposti. Senza smettere di fissarla negli occhi, né togliere il pasto alle sue piccole, Thresh afferrò ciò che restava del corpo di Leben per spingerla verso il suo cazzo, infilandolo dentro ciò che restava del suo stomaco per fargli percorrere ogni singolo centimetro della gola di Leben, per poi farne rispuntare la punta dalla bocca, infilzandola a tutti gli effetti. La sua punizione era quella: non potersi godere l'amplesso post parto e doversi limitare ad assaporare un dolore immane, mentre le sue piccole prima bevevano il sangue di Thresh e poi si sarebbero nutrite del suo seno, mentre Thresh la scopava in quella maniera folle, zampillando seme come una fontana dalla sua bocca deformata e ricoprendo il volto di sperma. Avrebbe continuato in quel modo finché Leben non avrebbe consumato tutte le sue energie, costringendola ad un riposo rigenerante, e offrendo ovviamente il banchetto alle sue piccole. La loro educazione era già iniziata...
     
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    Definire folle la nascita della progenie di Leben e Thresh a quel punto sarebbe stato futile, un eufemismo che solo certi umani avrebbero avuto l'ardire di concedersi. Leben piuttosto l'avrebbe definito in un solo modo, molto più semplice e poetico di così: Capolavoro. Niente era come nascere in mezzo alle membra ancora pulsanti, al sangue grondante e caldo, appena stillato da un corpo il cui cuore batteva più forte che mai nonostante tutto, per il semplice fatto che era LEI a volerlo. Quello era il genere di grottesco ed eccitante che faceva accendere del tutto la fame di Leben, e con lei anche il Gebiss iniziò a sibilare nella sua testa una sola parola: Ciiiih-bohhh...
    Da sempre, fin dal primo momento che si erano uniti, Thresh e Leben si erano scoperti complementari, si accendevano a vicenda come se fossero benzina e fuoco, e non c'era nulla di più puro del modo in cui la follia di Faust nutriva la sua... e viceversa. La zombie si godette ogni singolo istante. Non c'era neppure un particolare di quell'incontro che avrebbe cambiato... Certo non il modo in cui Thresh si commosse ed eccitò alla venuta delle "bambine", che definire tali era quasi blasfemo; certo non il ventre imploso, la cascata di sangue e pezzetti di carne, o il modo delizioso in cui il glande e l'asta fecero capolino dal buco appena aperto mentre le due creature bevevano da lui. Come detto, davvero... Leben godette pienamente ogni singolo istante. Ma quando a propria volta si commosse davanti a quel momento di profonda condivisione... quando lacrime nere scivolarono lungo le sue guance sporcandole il sorriso di oscurità... Thresh volle esagerare. E andava bene, benissimo. Se aveva voglia di darle il litigio che aveva desiderato lei era pronta, felice... ma ciò che lo zombie iniziò a fare le sembrò un tantino... crudele. Ironico per loro, no? Voleva davvero escluderla dalla festa? Impedirle di assistere le LORO figlie appena giunte al mondo? Privarla del privilegio di dar loro una lezione sulla vita, ora che erano così vulnerabili, creta tra le loro dita? Oh no... se glielo avesse concesso fino alla fine sarebbero cresciute male, no? Dipendenti da un padre sempre impegnato, succubi della sua superiorità e potenza... Non poteva permetterlo di sicuro! E quindi volle tutto. Si cibò di quella follia e quella violenza come se stesse beandosi di un bagno caldo: sorridendo, inarcandosi, esponendo lo squarcio spalancato e allargando le braccia a propria volta mentre i seni, privi di un contenimento, si spalmarono sui lati del suo petto pendendo leggermente verso l'esterno, tuttavia ancora sodi e meravigliosamente sporchi. Le fauci con le quali aveva provato a richiudere la ferita divennero solamente un manico col quale Thresh si ferì, lasciando che il suo sangue si mischiasse a quello che lo squarcio aveva stillato ed ella poté godere del suo sapore finché la metà del suo corpo non le venne strappata via del tutto, impedendole di sentirlo ancora, se non per un flebile eco, vicino ma distante. Il sangue zampillava, schizzando ovunque, una cascata scarlatta che ella accolse a bocca spalancata e un gran sorriso beato, quasi si stesse facendo una doccia rigenerante.
    Ahahhah! Ahahahah... AHAHHAHAHHAHAHHAHHA! Ahahah... ahahah! AH! Ah...
    La risata proseguì, crebbe di tono, iniziò quasi a sembrare un canto distorto e grottesco piuttosto che un segno di ilarità. Proseguì fino all'ultimo respiro, finché il diaframma non venne squarciato, finché non venne completamente sventrata, le gambe separate dal corpo, l'intestino lentamente riverso sul pavimento con un rumore di carne raccapricciante. Continuò, continuò a fissarlo a propria volta, a ridere, mentre gli occhi piuttosto che spegnersi sembravano nutrirsi di tutto quel sangue, di quella vita. Non un solo istante sbatté le palpebre dopo quel momento, tanto che la sclera venne schizzata di rosso come le pennellate di un artista. Non disse nulla, inizialmente, continuò semplicemente a ridere e godere, finché il mezzo busto che era diventata non venne sfondato e percorso da parte a parte e finalmente le corde vocali vennero schiacciate dal cazzo che le uscì dalla mascella, che si slogò, impedendole di proseguire. Gorgoglii inconsulti che ricordavano solo vagamente quella stessa risata si udirono di tanto in tanto, ed alla fine ella poté solo muovere le braccia, afferrando i fianchi del non morto quasi ad aiutarlo a ridurla in brandelli. Le creature iniziarono presto a staccarsi e guardare lo spettacolo, confuse e attirate da tutto quel sangue, che presto divenne nero e le imbrattò completamente. Non ci fu nessuna perdita di energia, nessuno spiraglio per un pisolino rigenerante... il cuore di Leben continuò a battere così forte per tutto il tempo, che in mezzo ai suoi seni, attraverso il marchio che rendeva la pelle più sottile all'altezza del suo petto, era quasi possibile vederlo pulsare: nero e grondante oscurità come un gioiello eterno, la cui bellezza era impossibile da rovinare. Difficile dire quanto tempo Leben accettò di stare a quel modo, rotta, alla sua mercé, come una delle sue macchine della tortura inermi, come "una delle tante", una vittima X del maestro... ma quando si stancò di giocare, le sue budella e tutto ciò che si era riversato a terra e su cui probabilmente avevano continuato a versarsi litri di sangue, seme e fluidi vari che non fecero che nutrire il mucchio, iniziò a ridursi in poltiglia, ricongiungendosi lembo dopo lembo come una cascata di oscurità che proveniva da lei. I lembi che ancora legavano una parte con l'altra presero a fondersi ancora, mentre i rivoli fungevano da ponte tra le due estremità, collegamenti destinati a riunirsi. La parte che Thresh stava violando si ricoprì all'interno di fauci e lingue che resero la penetrazione difficile, e che se non si fosse staccato avrebbero preso lentamente a masticare tutto ciò che potevano. La melma nera che era diventata il suo corpo si ricongiunse a lei e iniziò a crescere, grondando in copiose quantità direttamente dal suo cuore, passando per il buco inferiore e ingoiando qualsiasi cosa si trovasse davanti. Le budella, gli organi, le sue stesse ossa. Le bambine erano finite per fare ciò che era normale per due infanti: succhiavano beate i seni della madre mentre il suo busto veniva brutalmente violato. Ma quello era davvero il giusto insegnamento? Quando il corpo fu gonfiò abbastanza la testa del Gebiss fu visibile, un enorme e massiccia creatura rigonfia che sollevò tutti quanti di due metri da terra. Leben, che aveva un'espressione beata e sconvolta nonostante l'abnormità che le usciva dalla bocca, le lacrime nere che le cadevano lungo la fronte e la chioma corvina riversa a terra come tutto il resto, iniziò ad agitarsi. Sembrava in preda a profonde convulsioni. Si muoveva a scatti come chi deve riprendere dimestichezza con nervi e movimenti, in modo meccanico quasi, ma se Thresh non fosse uscito da lei si sarebbe probabilmente ritrovato ben presto con la verga masticata e inglobata dentro l'oscurità del Gebiss, nonché tutto ciò che vi era attaccato, poiché con tutta la potenza e la forza dovuta al suo scontento alla fine la zombie sollevò il busto per ricongiungerlo al parassita, dunque al resto del suo corpo, trascinando con se tutto ciò che c'era nel mezzo. Mentre si alzava, i capelli che erano stati completamente ricoperti di sangue e oscurità mentre si trovava costretta a testa in giù, presero via via le sembianze di due enormi corna, ricoperte di innumerevoli occhi, ossa, nervi e filamenti composti da una melma rossa che non erano altro che tutto il sangue perduto solidificato. A quel punto, dall'alto della sua nuova forma, poté parlare guardando Faust dal basso... non prima però di afferrarsi la mandibola e rimetterla al proprio posto con un suono sordo, aprendo e chiudendo la bocca più volte per assicurarsi che funzionasse.
    Oh... Thresh... Hai ragione... sono stata crudele, orrenda, una pessima madre! E per questo accetto questa punizione come meritata... Davvero! Tuttavia... non ho mai voluto uccidere le NOSTRE creature... Cosa credi? Pensavo che stessimo insegnando loro come venire al mondo, ricordi? E tu... tu pretendevi davvero di tagliarmi fuori da un momento tanto importante per me, per NOI?
    La sua voce appariva calma, a un primo impatto, ma una nota spiritata nel finale di ogni frase non faceva presagire che lo fosse poi troppo. Thresh la conosceva abbastanza da sapere che il suo sorriso era troppo largo, troppo candido e gioioso, e al di là di esso si nascondeva reale delusione e scontento nei suoi confronti: era furiosa come di rado l'aveva vista lui stesso, e per una volta lo era proprio con lui. Tuttavia si premurava di mantenere la calma, anche se i suoi occhi, tutti, apparivano spiritati mentre si perdevano a fissarlo, passando freneticamente da una parte all'altra della sua figura come se non sapessero da che parte iniziare. La sua bocca invece non perse quel terrificante sorriso.
    Intendi forse insegnar loro che la supremazia è maschile? Che il genitore prediletto sei TU?
    Mentre parlava lo afferrò, le bimbe avevano iniziato ormai a spaventarsi e sembravano voler scappare con un balzo dal suo seno, ma lei premette quelle abominevoli colline di carne contro il suo amato, spingendogli la testa in mezzo, quasi volesse soffocarlo con la forza dei loro corpicini e di tutta quella carne morbida, a malapena coperta dalla carapace d'oscurità.
    Non siamo sempre stati una squadra? Un tutt'uno!? Mi hai ferita... Mi hai ferita così tanto che fa male... così male... che vorrei strapparti il cuore e sostituirlo col mio solo per farti sentire questo stesso dolore! Questa stessa delusione! Ma che dico... SENTILI!
    Di scatto, senza mai mutare espressione, con la mano destra allungò artigli verso il proprio petto e si afferrò la carne, penetrando quanto bastava per strapparsi effettivamente una porzione di cuore e sbatterla dentro la bocca di Thresh, costringendolo ad assaggiarlo e masticarlo. Continuava a incombere su di lui e a stringerlo, come se volesse stritolarlo tra le proprie braccia, ma al contempo gli succhiava il cazzo dall'interno senza lasciarlo andare neppure una volta, tanto che se fosse stato ancora inglobato e intrappolato nel suo stesso corpo, avrebbe sentito una miriade di denti e lingue avvolgerlo e tentare di diventare una cosa sola con lui. Lo carezzava, lo graffiava, lo azzannava, piegò la schiena così tanto che la colonna vertebrale sembrava ormai priva di consistenza, quasi risultasse ancora spezzata e la stesse muovendo attraverso l'oscurità malleabile. Gli parlava vicinissima alla faccia, e di tanto in tanto lo leccava tra una parola e l'altra.
    Non posso permettere che le mie bambine crescano senza conoscere il loro posto nel mondo, neppure di fronte a te, caro, lo capisci?
    A quel punto Leben si fiondò su di lui, e se Thresh avesse compreso le sue parole e avesse accettato di educare insieme le loro bambine, uniti come erano sempre stati, allora avrebbero dato il via allo sfoggio di potenziale più spettacolare di sempre. Leben iniziò spalancando le fauci e addentandogli la faccia, per intero, separando la sua testa in due con una bocca mostruosa. Solo che invece che serrare la presa voleva tenerlo lì, immobile, costringendolo a un bacio guidato da lei e dalla sua lingua mostruosa. La sua voce iniziò a farsi cavernosa, deforme, e risuonare fin nel profondo delle sue viscere, facendo vibrare il suo intero corpo.
    E il loro posto lo sai anche tu qual è, no? Lo sanno tutti! Si trova... In cima alla catena alimentare!
    Persino lui doveva sapere che per quanto le loro energie fossero distanti, e lui fosse una divinità maggiore in confronto a lei, non c'era niente, niente al mondo, che la zombie non avesse potuto divorare se le fosse andato di farlo. Lui non era mai stato esonerato da questa equazione... Di sicuro avrebbe strappato volentieri la carne a lui e alle sue bambine se solo avesse avuto abbastanza fame, di sicuro avrebbe divorato ogni singolo studente se solo fosse stata più furiosa... come lui avrebbe potuto imprigionare e torturare ogni singola anima che la sua Dea avesse desiderato, solo perché semplicemente poteva. E in fondo... in fondo era forse quello l'esatto motivo per cui stavano così bene insieme? Le loro gemelle quel giorno ricevettero una lezione visiva, uno sfoggio di potenza tra i loro genitori che probabilmente non avrebbe avuto alcun riscontro, se non l'amplesso più macabro e al tempo stesso meraviglioso che il mondo avesse mai visto. Il labirinto banchettò con le loro carni e loro banchettarono con il Labirinto, strappandosi pezzi l'un l'altro, mettendosi "a posto" a vicenda più e più volte... mentre le loro povere, giovani creature, annaspavano in cerca di una via d'uscita, mere umane in mezzo a uno scontro tra titani, cercando disperatamente uno spiraglio di luce per non soccombere. Leben non si aspettava certo un compagno inerme, era certa anzi di uscirne spappolata... e l'idea le piaceva da morire. Si poteva pensare che quella fosse uno scontro mortale, che di lì ne sarebbe uscito solo uno, o che da quel giorno si sarebbero fatti la guerra, poiché anche solo guardarli un istante avrebbe potuto far impazzire una mente umana nell'arco di uno schiocco di dita... eppure non era così. Leben l'aveva detto, no? Amava litigare con lui...

    Tempo dopo le due creaturine che quel giorno avevano rischiato di soffocare tra i corpi dei propri genitori, avrebbero ottenuto il nome di "Chan" l'una, e il nome di "Joou" autonomamente scelto l'altra, sviluppando caratteristiche uniche che le avrebbero portate lontane o meno in quella bolgia Infernale che era la Sapienza. E come Leben aveva voluto insegnar loro, in effetti l'educazione di entrambe fu perfettamente equilibrata: l'una avrebbe amato incondizionatamente il padre, sviluppando un potere legato al suo; l'altra sarebbe stata la pupilla della mammina, guidata da una fame quasi degna di lei. Forse più in là si sarebbero odiate, probabilmente avrebbero fatto qualche marachella, e certamente più di una volta avrebbero avuto bisogno di non poche lezioni di vita...

    Ma questa è un'altra storia...



    Edited by .Bakemono - 25/1/2020, 18:45
     
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    Ci volle diverso tempo per far si che fosse tutto quanto normale. Fortunatamente alla Sapienza le cose strane avvenivano di continuo, quindi nessuno faceva domande se per caso vedeva delle inquietanti bambine girovagare per i corridoi, incuriosite dalla vitalità che la Sapienza sapeva esprimere di giorno. Thresh le lasciò principalmente libere di formarsi e di proporre le loro naturali domande: anche se ad averle portare alla vita erano anime corrotte provenienti dal labirinto la loro esistenza restava comunque nuova a tutti gli effetti. Visto che Chan aveva preso come punto di riferimento sua madre, Thresh decise che si sarebbe votato principalmente a Joou, che in quanto a pazienza e diletto si avvicinava sicuramente di più a lui che non a Leben. C'era una grande differenza tra appetito e impazienza e la piccola sembrava averlo capito molto bene. Nel tempo in cui l'aveva lasciata libera, Thresh aveva mantenuto una certa distanza con lei: anche quando Joou dava segni di volersi dedicare a lui, anche quando si vedeva chiaramente che faceva cose solo per impressionarlo ed instaurare una conversazione, lui si limitava a guardarla con orgoglio, annuendo e concedendole la sua benedizione, ma senza darle altro, tornando ai suoi doveri di professore. Se lo chiamava papà o con qualche appellativo meno formale lui la ignorava, rispondendole solo quando lo chiamava "maestro" oppure Thresh, in quel modo gli altri studenti ignorarono del tutto il fatto che potesse esserci un legame di sangue tra i due, immaginando che la giovane non fosse altro se non l'ennesima studentessa presa sotto la sua ala protettiva. Di quando in quando, Thresh le concedeva qualche piccola affermazione di orgoglio, nulla che andasse oltre il "molto bene" oppure un ancor più asettico "ottimo" come se volesse darle un voto accademico, la cosa particolare era che in quelle situazioni le concedeva anche un piccolo monito, che poteva variare nella formula e nell'intonazione ma il messaggio era sempre lo stesso: attenta a come attiri l'attenzione, perché c'è chi ti osserva. In virtù dell'assenza di qualsiasi tipo di conseguenze nei confronti di Joou, vista la sua linea di sangue e il suo potere recondito, la ragazzina non aveva avuto mai motivo per temere quelle parole o dar loro la giusta importanza. Almeno fino a quel giorno fatidico ovviamente. Durante una delle sue esperienze formative prolungatesi un pò troppo oltre l'ora del riposo, Joou avrebbe sicuramente iniziato a sentire una presenza tenebrosa seguirla. Non era quella del padre, che per quanto imponente somigliava più ad una galassia oscura e distante, indifferente e placida. Quella che sentiva in quel momento era più simile ad un fiume in piena, un mare impetuoso in burrasca che non vede l'ora di azzannare la nave in balia delle onde per farla sprofondare in un abisso senza via d'uscita. Quando poi nelle tenebre iniziò non solo a vedere i suoi occhi rossi, ma anche sentire i suoi ringhi simili a quelli di una bestia affamata, la piccola avrebbe dovuto capire molto velocemente che doveva scappare da quella creatura. Non era difficile tenerlo lontano: i suoni metallici che emetteva quell'essere ad ogni movimenti erano inquietanti ma lo facevano sembrare pesante, e in effetti lo era. Il suo respiro affannoso e minaccioso però, non smetteva mai di stare sul collo di Joou dandole la sensazione di poterla afferrare da un momento all'altro. Fu un inseguimento da perdifiato, dove la piccola avrebbe avuto più volte la sensazione di essere spacciata, almeno finché Dalamadur non riuscì a spingerla dentro una stanza in cui si trovava Thresh seduto davanti ad una cattedra intento a compilare alcuni fogli con la dovuta concentrazione. Quando Joou sarebbe entrata, il mostro di carne e metallo si sarebbe fermato davanti all'uscio, come se non potesse entrare a causa di una forza superiore. Thresh alzò subito lo sguardo verso l'essere per poi spostarlo sulla sua bambina, confuso e anche un tantino scocciato.
    E' un pò tardi per giocare, non credi Joou?
     
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    Chan non capisce perché non può mangiare tutto quanto... Mamma dice che così il cibo si spreca! Dice anche che non dovremmo prendere cibo dalla scuola... È pericolo.
    Trattenendo a stento un sospiro spazientito, simile tuttavia a quello di un genitore "rassegnato" alle marachelle del proprio figlioletto, Joou si stampò in faccia il sorriso più rassicurante e affettuoso che potesse riuscirle. Fortunatamente era particolarmente brava a mentire. Sistemò una rosa in cima alla sua opera, ne rassettò un altra di qua, un'altra di lì, e alla fine si punse un dito e rimase ipnotizzata da quella perfetta, tondeggiante goccia di sangue che rimase sopra al buco, immobile. Sorrise, leccandosi le labbra e continuando a parlare senza guardare la sorella.
    Pericoloso, cara. Pe-ri-co-lo-so. Comunque sia... So cosa dice Leben, Chan. Ma io sono la tua gemella, ricordi? E cosa abbiamo detto riguardo alle gemelle? Io e te siamo una cosa sola... Io sono più importante della... Ogni volta chiamare sua "madre" per nome le richiedeva così tanta fatica che fu costretta a sospirare e mandar giù un po' di sangue andato di traverso. Mamma. Siamo una famiglia... e in famiglia si condivide. Ti ho lasciato le parti migliori, no? I veri intenditori dicono che gli organi siano la vera prelibatezza di qualsiasi animale...
    Portandosi il polpastrello alle labbra, iniziò a succhiare mentre si faceva da parte, leccandosi alla fine il dito con la soddisfazione di chi ha appena finito un pacco di patatine. Facendosi da parte, rivelò alla sorella la propria opera d'arte, mostrandole anche dove fossero finiti i "materiali" che le aveva chiesto di procurarle. Si trattava di un alunna di quelle classi sfigate che avevano sempre brutti voti e provenivano dalle famiglie più sventurate, una di quelle che difficilmente avrebbero cercato poiché nello specifico la poveretta veniva da una casa famiglia. Si era informata, i servizi sociali non sapevano neppure da quanto marinasse la scuola, ed erano convinti ormai da giorni, precisamente quelli in cui Joou aveva incaricato la sorellina di farla sparire, che fosse fuggita chissà dove e che prima o poi sarebbe tornata da sé. Certo, non aveva considerato che qualcuno potesse farsi vivo in futuro e forse aveva fatto male a prenderla a scuola, ma la colpa non sarebbe mai ricaduta su di lei con tutte le accortezze prese, per cui poteva stare serena. Portandosi le dita sotto al mento, ammirò la sua opera squadrandola da capo a piedi... e la fece sorridere il fatto che dovesse invero iniziare dall'alto se avesse voluto davvero partire dalle gambe. Non si sentiva in colpa, neppure un po'. L'aveva svuotata delle interiora e messa in una resina speciale che l'avrebbe mantenuta immutata nel tempo. In vita era stata una teppistella, spocchiosa, piena di sé, di quei bulli che tormentano chiunque e non piacciono a nessuno. In fondo, dal suo punto di vista, le aveva fatto un enorme favore... ora la sua bellezza sarebbe rimasta immutata nel tempo, per sempre congelata nella statua che aveva davanti. Sperava che stavolta suo padre l'avrebbe notata di più. Da quando era nata provava un'attrazione a dir poco viscerale verso lo zombie, una specie di affinità elettiva, che tuttavia sentiva di non aver mai sfruttato pienamente. Era come se non volesse darle soddisfazione... e lei aveva sempre interpretato i suoi complimenti scarni come un invito a fare di più. Voleva prendere ispirazione dalle sue opere, ma non aveva avuto ancora occasione di osservarlo abbastanza per carpire tutte le sue regole e le sue convinzioni. Le sembrava di star sprecando del tempo prezioso. Quella era in assoluto la prima volta che, anche se indirettamente, uccideva qualcuno. Non l'era mai realmente interessato, e di solito neppure lo preferiva, ma quella ragazza aveva osato tentare di umiliarla davanti ad alcuni ragazzi in precedenza che l'avevano guardata con attrazione. Non avrebbe mai potuto passare sopra a un affronto simile, dunque aveva deciso di cogliere la palla al balzo e sfruttare quell'occasione per poter attirare l'attenzione di suo padre. Finalmente.
    Cosa è "Intenditore?"
    Joou prese un profondo respiro e chiuse gli occhi. Non aveva ancora imparato troppo in quelle settimane di vita, ma di sicuro si era chiesta più volte come fosse possibile che QUELLA creaturina, stupida come una capra, fosse la sua gemella. Ad ogni modo, indossando ancora quella maschera d'affetto che non provava ma che sapeva riprodurre così bene, le rivolse un sorriso larghissimo a occhio chiusi, carezzandole il capo come avrebbe fatto con un animale carino.
    Un "intenditore" è una persona dotata di particolare gusto e competenza verso qualcosa... Mamma non ha regalato anche a te un dizionario digitale? Almeno di carta...
    Oh? Sì! Chan lo ha mangiato... Ma ora ho capito cosa significa: sono sicura di essere un vero intenditore di cibo!
    Ecco, brava. Ora vai a studiare quel dizionario e vedrai che lo diventerai anche d'altro... Corri, su! Tua sorella ha da fare.
    La congedò con un gesto veloce della mano, poi iniziò a concentrarsi e in breve al suo fianco apparvero tre creature mono-occhio che iniziarono a fissarla. Non sapeva come ci riuscisse... ma ci riusciva sin dal giorno dopo in cui era nata. Lei pensava di sentirsi sola, o annoiata, o affamata... e quelle creature apparivano all'istante per compiacerla. Invero non aveva neppure ben compreso tutte le potenzialità della cosa, ma sapeva che quelle creature erano suoi devoti compagni, e sapeva che le bastava desiderare che facessero qualcosa perché eseguissero. Doveva solo imparare a pensare più in grande... Ma aveva bisogno di lezioni in tal senso. Per il momento comunque li incaricò di prendere la sua scultura e trovare suo padre, così da consegnargliela. Non scrisse una dedica né si premurò di firmarla da qualche parte, voleva che fosse lui a capire chi gliela mandava. Avrebbe davvero voluto vedere che faccia avrebbe fatto quando avesse visto la sua prima vera opera ispirata... gli sarebbe piaciuta? Si sarebbe eccitato? Le bastò chiederselo una volta soltanto, poi iniziò a dirigersi in punta di piedi fuori dalla stanza per seguire i Kywtora. Dopotutto, anche se era nata da poco... c'era forse un solo desiderio che non fosse stata impaziente di soddisfare fino al quel momento?

    Un po' di tempo dopo, aveva perso ogni tracce delle sue creature e con esse anche la sua scultura, dunque si ritrovava dispersa nei corridoi della scuola nel pieno della notte. Solitamente adorava stare sola, specie in quel periodo della giornata, nel silenzio e al freddo, con i piedi nudi a stretto contatto con la superficie glaciale del pavimento... Ma presto una sensazione d'ansia iniziò a coglierla. Si guardò subito indietro per capire cosa fosse, e sentì un ringhio provenire dall'ombra, dove due occhi scarlatti la fissavano. Non aveva ancora imparato cosa significasse realmente aver paura, sinceramente non riusciva neppure a immaginare come potesse essere una sensazione simile, e forse per questo era una delle poche che riusciva a fingere male, ma nonostante fosse più curiosa di vedere cosa la stesse osservando nel buio, un istinto superiore la spinse a voltarsi e iniziare a camminare più velocemente, dapprima semplicemente a passo svelto, sempre e categoricamente in punta di piedi e con il suo portamento leggiadro, poi via via più veloce perdendo solamente un po' della sua grazia finché non finì per correre, pur sentendosi una sciocca. Era vestita con un kimono corto viola, leggero ma dalle maniche molto ampie, che teneva aperto sul davanti, con la carapace a coprirle le intimità come una fasciatura sensuale, e due calze rigide rifinire in avorio dipinto di nero che le lasciavano i piedi nudi. Quando trovò la prima porta in cui rifugiarsi vi ci fiondò senza remore alcune, con gioia persino, quasi l'avesse chiamata a sé. Solo entrando, ne comprese il motivo: un motivo imponente, dai capelli argentei, che se ne stava seduto sulla scrivania. Lo aveva cercato a lungo e ora che lo aveva davanti si sentì di troppo, tanto che fu costretta a ricorrere alla finzione anche con lui, nonostante non avrebbe voluto. Si cucì dunque addosso il suo broncio più dolce e credibile, mostrandosi sinceramente dispiaciuta per averlo interrotto... nonostante non fosse per nulla scontenta di vederlo, in verità.
    Mi dispiace, pa... Hem, Thresh. Non volevo disturbarti. Quella... creatura mi stava inseguendo e sembrava avere cattive intenzioni, non sapevo dove andare. Si guardò in giro nella stanza per tentare di capire se il suo dono era arrivato, e per sicurezza aggiunse un po' della verità. Hai ricevuto il mio dono? Non voglio mentirti: per quanto sia mortificata di averti disturbato, non sono affatto dispiaciuta di vederti. Perché mi eviti?
    Ed ecco che con un po' di broncio, una dichiarazione da ruffiana, una punta di accusa e persino la promessa di un dono, Joou diede mostra ancora una volta del suo essere una bravissima attrice, nonché campionessa nel "girafrittata"... Ma aveva davvero calcolato con chi avesse a che fare?
     
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    Thresh notò subito l'entrata in scena di Joou, ma prima di alzare lo sguardo verso di lei finì ciò che stava scrivendo, facendola aspettare per qualche minuto, mentre sull'uscio della porta Dalamadur la fissava, ringhiando e sbavando furioso mentre la sua coda schioccava a destra e a sinistra come se volesse fare a pezzi la stretta entrata di quella stanza e saltarle addosso. Una rabbia innaturale lo animava quando guardava Joou, non si trattava semplicemente di seguire l'ordine di portarla fino a suo padre, no di certo: la voleva uccidere e nella maniera più violenta possibile.
    Una composizione notevole, il contrappasso del soggetto impeccabile... così come lei h vissuto mettendo i piedi in testa agli altri, ora viene glorificata con i suoi di piedi al posto di un capo inghiottito dalle viscere marce che l'hanno trasportata verso la solitudine. Meraviglioso.
    Nonostante l'esame dell'opera di Joou fosse senza ombra di dubbio positivo, il tono di voce di Thresh lasciava invece intendere tutt'altro: era distante, perfino deluso mentre la giudicava con quei strani complimenti. Il non morto si alzò dalla sedia ed iniziò ad avvicinarsi alla piccola, passi lenti e mani strette dietro la schiena, sciolte solo per un istante dove scioccò le dita e improvvisamente Dalamadur smise di ringhiare e si inginocchiò piuttosto, lamentandosi come se qualcosa lo stesse strozzando e folgorando allo stesso tempo. Ora che c'era più silenzio, Thresh poteva giudicarla per bene. Fermandosi davanti a lei, sfruttando l'immane differenza di stazza che li contraddistingueva, il non morto le mostrò lo sguardo più deluso che potesse sfoggiare in quel momento.
    Ma l'ispirazione... l'ispirazione che è la cosa più importante... quella tua opera ne era completamente sprovvista. Anzi, peggio ancora... non solo non l'aveva, era addirittura sbagliata. Per attirare la mia attenzione? Per compiacermi? Per dimostrarmi che hai imparato? Se avessi cercato l'attenzione di tutti, per affermarti o per dimostrare che non sei una nullità... sarebbe stato banale, ma senz'altro interessante. Ma per me? Solo per compiacere tuo padre... sono deluso Joou.
    A quel punto serrò meglio le braccia dietro la schiena, il suo giudizio era stato inflessibile ma non per questo avrebbe messo a tacere la sua piccola. Se era severo, era perché Joou non incarnava una semplice studentessa. Lei era la sua prole e pertanto la perfezione non era un obbiettivo, ma una soglia minima. Quindi si aspettava una spiegazione: le concesse lo spazio per spiegare le sue ragioni e in effetti il non morto non sapeva in quale misura la piccola avrebbe negato od enfatizzato il suo disprezzo nei confronti della madre, o quanto di diritto le spettavano le attenzioni di Thresh stesso, ma era certo che lasciandola parlare avrebbe trovato senz'altro qualcosa su cui lavorare.
    Cos'hai da dire, Joou?
     
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    Una volta entrata nella stanza, Joou si aspettava quantomeno che suo padre si degnasse di guardarla, dal momento che si era rivolto a lei, e invece non ebbe neppure l'ardire di sollevare gli occhi sulla sua figura, non prima perlomeno che finisse di scrivere; chissà cosa poi. Essendo poco paziente, Joou ne approfittò per voltarsi e osservare meglio la creatura che lo aveva seguito, costretta a sussultare per l'odio che lesse nel atteggiamento aggressivo. Lungi da lei mostrarsi impressionata, lo squadrò da capo a piedi con sdegno, voltandosi poi per osservare nuovamente suo padre, ma non prima di aver rivolto alla bestia il proprio disprezzo.
    Che hai da ringhiare tanto? Non è di certo colpa mia se ti hanno ridotto così... Anzi, dovresti essere grato.
    Grato per cosa non lo sapeva neppure lei, ma voleva provocarlo ulteriormente poiché era certa che non avesse simpatia per chi lo aveva ridotto in quell'ammasso di ferraglia, salvo che fosse nato così... ma dubitava fosse possibile, no? Sembrava uscito da un libro illustrato che aveva letto di sfuggita rubandolo a uno studente delle superiori: un... fumetto? Difficile ricordare qualcosa di così poco importante per lei. La sua educazione, così come quella di Chan, era stata molto svelta e facile in parte: Leben aveva dato a entrambe una caterva di libri e documenti vari, computer persino, con cui svagarsi e informarsi sul mondo. Il fatto era che non aveva insegnato loro a leggerle o si era messa pazientemente a seguirle, figurarsi: si era limitata a rinchiuderle nel suo archivio personale e fosse stato per lei, Joou n'era certa, avrebbe gettato la chiave. Forse anche per tal motivo la odiava: Leben era tutto ciò che si sentiva di esser stata anche lei un tempo lontano, un tempo di cui non aveva che pochi rari sogni a consolarla, e detestava che un essere del genere potesse stare sopra di lei in quella nuova vita. Quanto a suo padre... Doveva dire che iniziava a spazientirla con quel suo fare indifferente, solo che a causa del legame che sentiva per lui, non riusciva a far a meno di volerlo ancora di più. Più lui la allontanava, più lei si sentiva attratta verso di lui. Lo faceva apposta, forse? Era ancora inesperta di quella nuova vita, ma aveva il netto sospetto che ci fosse qualcosa dietro quell'atteggiamento... forse sbagliava? Comunque fosse, mettendo a tacere quella bestiaccia ringhiante non fece altro che farla sospirare di più, per quanto intimamente. La sua potenza... era irresistibile ai suoi occhi. Cercò comunque di concentrarsi sulle sue parole, senza farsi distrarre dal lento e ritmato scorrere del suo sangue, un suono che in quanto vampiro ella percepiva anche da quella distanza, anzi, soprattutto da quella breve distanza in cui si ritrovarono.
    I "Complimenti" alla sua opera furono veritieri, o meglio, l'analisi artistica dei suoi intenti fu corretta e impeccabile, ma il modo in cui lo disse, apprezzandola con una freddezza senza eguali, la fece solamente irritare di più. I suoi canini si snudarono leggermente e le venne voglia di soffiargli in faccia, ma si trattenne e si premurò piuttosto di leccarli uno ad uno, graffiandosi la lingua finché non rientrarono per buona porzione nella loro sede. Solo allora parlò, facendosi seria e decisa, senza perdere il contatto visivo con gli occhi di lui nonostante, avvicinandosi, la sua stazza incombesse su di lei come quella di un gigante. Non voleva mostrarsi impressionata... anche se di tanto in tanto non poté fare a meno di spostare lo sguardo verso una vena visibile sotto alla mascella virile e pallida.
    Dico anzitutto che le tue parole mi offendono profondamente... Padre. Mise da parte quel suo assurdo volere di non chiamarlo per ciò che era. Ora basta. Era stufa di venir ignorata. Di per sé era qualcosa che non sopportava da chiunque, ma che fosse LUI a farlo, l'unica creatura che fino a quel momento i suoi occhi aveva seguito senza l'indifferenza o l'odio che la contraddistinguevano... semplicemente l'era insopportabile. Proseguì. Io AMO creare. Vedere una mia opera prendere forma è quanto di più vicino al piacere io abbia mai sperimentato... dopo la mia nascita. A quella frase lo guardò intensamente negli occhi, fisso, lasciando aleggiare nell'aria una sorta di rimprovero vago, mostrando la sua delusione per il fatto che fino a quel momento, il piacere provato dentro il ventre di Leben grazie alla frizione con la sua carne, non si fosse mai ripetuto. Quel legame con lui... il contatto, il sapore del suo sangue bevuto direttamente dalla vena della sua parte più intima... era qualcosa che aveva segnato profondamente la psiche di Joou, come se avesse come chiodo fisso quello di sperimentare ancora quel delizioso contatto. Le sue origini vampiriche c'entravano poco in quel caso, si trattava di qualcosa di più profondo e viscerale, qualcosa che dai libri che aveva letto per imparare di più sul mondo, sembrava molto vicino al desiderio, più puro e semplice. Alla brama, alla lussuria più cupa. Eppure sentiva ci fosse ancora di più... possibile che lui non lo sentisse?
    Solo perché sono viva da relativamente poco non significa che io non abbia dei desideri. Amo scolpire, che tu ci creda o no. Sono convinta che in una vita passata fossi una brava artista... e per quanto tu possa considerare la mia Arte priva di ispirazione, su questo ti sbagli! Anzi, forse creare è l'unica cosa che finora mi abbia fatto provare davvero qualcosa oltre al disprezzo per chi mi sta intorno...
    Suonò sincera perché in effetti lo era. Per un momento mise da parte le molteplici maschere con cui era solita coprirsi e guardò suo padre negli occhi confessandogli quella cosa, una dichiarazione che poteva sembrare superficiale e frivola a un primo ascolto, ma che racchiudeva nel profondo una solitudine e un'indifferenza sfiancante: lei voleva di più. E vedeva quel di più nella figura paterna che faceva di tutto per evitarla.
    Era solo un regalo, niente di più. Sei l'unica creatura che finora mi abbia smosso qualcosa... Che mi ispiri di più del vuoto che vedo negli altri. Possibile che tu non senta il legame che sento io? Avresti dovuto vederlo come un semplice dono... non come un tentativo di compiacerti! Io voglio compiacere me stessa anzitutto... e non ho certo bisogno del giudizio altrui per dimostrare di non essere una nullità! IO sono Joou Carnovash! Una REGINA!
    Ecco, lo aveva fatto. Aveva buttato fuori tutto masso che era cresciuta dentro di lei mentre parlava, raggiungendole la gola. Cos'era... Cos'era quella sensazione? Quell'emozione così intensa? Che fosse quella la rabbia? Joou si sorprese ella stessa di aver alzato la voce, di essere stata trascinata dalle emozioni. Da quando era nata non una volta era successo qualcosa di simile, non una volta soltanto aveva provato qualcosa di più intenso del maneggiare la carne della sua ultima opera, che comunque le aveva procurato solamente la soddisfazione della creazione. Ma quella... quella era rabbia! E quelle... quelle erano forse lacrime? Con occhi eccessivamente sgranati, spiritati, Joou si portò le dita alle guance e fissò con sorpresa il liquido salato che trovò sui polpastrelli. Quando sollevò lo sguardo su suo padre, tuttavia, non sembrava sconvolta, triste, né tanto meno scoraggiata... Sorrideva, anzi, un sorriso incredulo e una nuova emozione visibile sulle pupille tremolanti. Non mi ero... non mi ero mai sentita così. Fallo ancora! In un impeto di emozione fu talmente trascinata che si permise di toccarlo, portandogli le mani sull'addome e posandovele sui muscoli definiti, guardandolo dal basso come se supplicasse... Cosa poi? Di essere insultata ancora? Di emozionarsi, cosa che certo non poteva controllare lui? In quel momento sembrò davvero una bambina, un cucciolo ancora bisognoso di scoprire le meraviglie del mondo... E probabilmente non era altro che questo: una tela vuota che aspettava solo di ricevere il colore.
     
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    Le parole di Joou scivolarono sul petto scolpito del professore come acqua, ininfluenti, evanescenti. Anche se il petto era scoperto per via del suo ampio cappotto, unico vestiti per la parte superiore del suo corpo, non un singolo muscolo o una vena si gonfiarono, si contrassero o tremarono involontariamente di fronte alla bambina per dimostrarle quanto in realtà non stesse scalfendo nulla in lui. Le sue giustificazioni non valevano niente per Thresh, lui aveva bisogno di più, qualcosa che la semplice carne, o i testi o i database non potevano spiegarle o insegnarle, voleva di più: un'emozione che fosse reale, non semplicemente imposta da una sensazione. E quando finalmente la vide piangere, la sua espressione seria si incrinò in un sorriso leggermente compiaciuto, senza però concederle null'altro. Finalmente iniziava a capire.
    Oh? Una regina? TU? Non farmi ridere... hai a malapena imparato a scandire il tuo nome e cognome come si deve e saresti già una regina?
    i abbassò, sovrastandola, anche piegato in avanti Thresh era immenso in confronto a lei e pur fissandola dritta negli occhi con i nasi che quasi si sfioravano, allontanandola inevitabilmente dal suo ventre come a volerla rimettere al suo posto con fare imperativo, sembrava proprio non volerla considerare affatto o darle la giusta importanza. Almeno in apparenza.
    Davanti a me, per di più... tuo Padre... la tua unica vocazione dovrebbe essere rendermi orgoglioso di te, di compiacermi, invece osi porti già al mio stesso livello se non superiore... una regina! Ah!
    Ridacchiò, sollevando una mano con fare solenne, un insulto non verbale con la quale voleva rimetterla al suo posto, criticarla in maniera più diretta smettendo di parlare del suo lavoro. E nonostante fosse in piena fase di inquisizione, Thresh non abbandonò quel leggero sorriso che aveva visto prima, quando finalmente Joou aveva dimostrato un sentimento vero... la rabbia, la delusione, l'orgoglio. Ecco qual'era il mix giusto e il compito di Thresh era farlo maturare come si deve.
    Boriosa ragazzina... prima di essere una regina, dovresti almeno essere una donna... come tua madre, ad esempio.
    Ed eccolo, il colpo di grazia, la stoccata finale per lacerare quel suo minuto cuoricino e l'orgoglio in esso celato... metterla su uno scalino in meno a Leben, così da accendere una volta per tutte il fuoco che aveva dentro. Thresh era certo di poter tirare fuori da lei il meglio in quel modo, adesso non restava che assaporare la sua reazione. Ecco un'opera d'arte che valeva la pena vedere...
     
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    Joou era così eccitata da ciò che sentiva finalmente scorrerle nelle vene che quasi non sentì le prime parole di Thresh, eppure i suoi sensi non erano affatto annebbiati, anzi, vide distintamente quel sorriso lieve che le concesse, e la spinse inizialmente a ricambiare sorridendo di più. Vedere il corpo dello zombie così esposto le creava sensazioni contrastanti, non aveva il minimo rimorso verso il sentimento incestuoso che provava ovviamente, tuttavia non sapeva se le piacesse di più ammirare quel corpo poiché di fatto "morto", dunque pieno di cicatrici, magari associandolo persino a una vera e propria opera d'arte, o in quanto appunto "NON-morto", poiché il sangue che sentiva distintamente attraversargli il corpo, più lento del normale ma non per questo meno invitante, le faceva immaginare di affondare i denti in quei pettorali scolpiti e succhiare lentamente ogni singola stilla di nettare vermiglio che potesse rubargli... e il fatto che fosse veramente poco, grazie al suo essere uno zombie, piuttosto che scoraggiarla lo rendeva ancora più invitante, come se fosse un fiore raro che ella voleva assolutamente cogliere. Peccato che, superata l'iniziale confusione da rabbia mista a eccitazione, le parole di Thresh la raggiunsero finalmente, spingendola a incrinare quel bel sorriso per poterlo guardare con più attenzione, quasi guardinga, come se si aspettasse altri attacchi. La sensazione che provava crebbe maggiormente, e quando lui le fu vicino alla faccia non fu solo la rabbia ad attraversarla, ma anche una vera e propria scarica elettrica che la fece rabbrividire e fece assottigliare le sue pupille, snudando i canini che dovette ancora una volta leccarsi. Probabilmente proprio a causa di quell'iniziale sgomento, finì per ribattere con un balbettio degno della bambina che sarebbe dovuta essere, non certo della DONNA che si sentiva.
    Io... Io so perfettamente scandire il mio nome! E non è certo questo a far di me una Regina! Lo sono... lo sono di diritto!
    Appunto, come detto: una bambinata. Ella stessa chiuse le labbra tremanti stizzita, concedendosi una smorfia per la propria risposta scarna, e sentendo ancor più la furia crescere in lei ed espandersi come un tumore. Si ritrovò a stringere i pugni lungo i fianchi, le braccia dritte e tremanti, gli artigli che scalpitavano per uscire dalle loro sedi, anche a costo di infilzarle i palmi.
    Il fatto che io voglia compiacerti non significa che DEBBA farlo! Sei solo uno sciocco se pensi che la mia coscienza dell'IO sia inferiore alla tua! Io so perfettamente chi ero... e di certo so chi sono e voglio essere ora! Dovresti solo esserne già...
    Avrebbe voluto dire "orgoglioso", ma si bloccò di colpo. La cosa davvero ridicola era che quel sorriso... lei lo aveva visto. Che sapeva, anzi, sentiva di sapere, quale fosse il suo significato. Suo padre cercava di metterla alla prova, di provocarla... o forse più semplice stava assecondando la sua richiesta di dargliene ancora? Difficile dirlo, fatto stava che credeva davvero non fosse così stolto da non sentire... da non provare lo stesso legame che desiderava anche lei. Forse peccava di vanità? Beh, se così fosse stato, avrebbe comunque fatto in modo di rendere realtà quel desiderio! E questo pensiero fu il suo chiodo fisso per diversi istanti mentre ancora parlava spiegando le sue ragioni, almeno finché Faust non pronunciò ciò che assolutamente non avrebbe mai, mai dovuto...
    Gli occhi di Joou si fecero improvvisamente neri nella sclera, come se l'odio che stava provando in quello sguardo cieco si stesse espandendo dentro di lei insieme alla bile. Dalla sua bocca iniziò a sgorgare del sangue, non solo dalla gola, ma anche dalle labbra che i suoi canini, ormai nudi, ferirono. Presto i capelli iniziarono ad allungarsi, le corna a espellere oscurità a propria volta, tanto da diventare molto più consistenti e minacciose, ma anche "morbide" all'apparenza, quasi fossero composte di melma. Mentre Joou iniziava a soffiare letteralmente come un gatto contro suo padre, emettendo versi furiosi e snudando ormai tutti e quattro i canini, sollevò le mani le cui dita teneva arcuate, mostrando una fila di unghie affilate decisamente poco umane e altrettanto nere. Presto l'oscurità, come una metafora della sua furia, iniziò letteralmente a inghiottirla, allargandosi dal centro del suo petto a tutti gli arti, fino a rendere quella sua pelle estremamente candida scura come il catrame: Insieme a quella sensazione di profondo peso allo stomaco, cresceva anche una sete incontenibile, una voglia di fiondarsi addosso a suo padre e gettarlo a terra, impossessarsi di lui... E lei smise di sapere se le piacesse o meno sentirsi così. Non guardò il proprio corpo sconcertato, affatto, anzi, si fiondò su di lui saltandogli letteralmente al collo, compiendo un balzo felino, tanto che se non si fosse scansato gli si sarebbe attaccata con unghie e denti a collo e petto, un po' come aveva fatto appena nata. Una chioma di capelli bianchi molto simili a quelli della vera forma di Leben si liberò nell'aria, rendendo il suo aspetto ancora più degno di una vera e propria regina, una regina destinata a un luogo che Thresh stesso conosceva bene. (+) E non era finita, perché dal soffitto e dal pavimento si allargò sotto di lei una vera e propria pozza di melma simile al catrame e come se avessero percepito la furia della loro padrona diversi Kywtora si fecero avanti dall'oscurità, piombando nella loro dimensione e circondando la ragazzina alle sue spalle, fissando tutti, uno per uno, molto MOLTO male il suo papà. Il loro sguardo non era comunque nulla rispetto a quello della giovane: furioso, cieco, ma soprattutto... affamato.
    TU non hai la minima idea di chi sia IO! Leben non è minimamente degna di stare al tuo fianco o comandare questo posto... Io lo sento. L'ho sentito! Chi è nata per regnare... Chi è nata per stare al tuo fianco... SONO IO! GUARDAMI! ARRRH!
    Quel "guardami" suonò così disperato che dall'oscurità sembrò quasi di poter distinguere un coro sibilante ripeterlo come una cantilena, insieme a svariati altri pensieri della ragazza che non facevano altro che esternare la delusione, la frustrazione, tutta la rabbia che provava verso Thresh. "Amami", "Baciami", "Notami", "Mordimi", "Insegnami", "AMAMI"! Forse suo padre non provava davvero niente per lei, ma di sicuro quella "bambina" era nata con un imprinting così forte nei suoi confronti, che avrebbe richiesto molto lavoro spezzarlo.
     
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