Resta sempre uguale a come sei

Per Demi

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  1. †_†yun yun †_†
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    Soffio di vento nel cigolio di un'altalena
    lacrima lo sguardo nella desolazione del ricordo
    grida e dolci furori dei bambini nel prato in fiore
    la mamma carezza un petalo bagnato di rugiada
    salti e giochi e favole e giostre in primavera in colore:
    bimbo che rincorre la palla sulla strada, ride
    sui prati cani spensierati e voci tenere
    dietro speranze e gioie, felici e mere...




    Misaki si stava rilassando all'ombra degli alberi del parco. Era terribilmente piacevole rilassarsi lì sotto alle fronde fogliose, mentre un breve venticello rinfrescava l'arsura della capitale dell'Impero. Qualsiasi stagione era torrida, perfino l'inverno, figuriamoci le altre stagioni! Quel giorno era particolarmente caldo. Lei indossava un semplice abitino azzurro, con le maniche a bomberino, il suo preferito. I capelli erano legati con due fiocchi rossi e ai piedi calzava dei pratici sandali color cobalto. Era seduta sull'erba fresca a respirare aria pura e a pensare. Il parco era grande e molta gente vi camminava durante la giornata: mamme coi passeggini, ragazzi con gli skateboard, nonni che davano il mangime ai piccioni, gente che andava in ufficio, donne a dieta che correvano, musicisti in erba che provavano ad esibirsi al pubblico. La giornata, nonostante l'afa, era ottima per poter stare all'aria aperta. Inspirò profondamente, lasciando che l'odore degli alberi e della natura le entrasse nei polmoni. In quel momento il piccolo Loki si mosse dentro di lei. Ancora non si era abituata. Era stato strano sentirlo tirare i calci le prime volte. Ora riusciva a capire quando si sarebbe fatto sentire, soprattutto se si trovava in una posizione a lui scomoda. Suo figlio. Nonostante fosse alla metà del III° mese, non si era ancora abituata all'idea che presto sarebbe diventata una madre. Era un'idea talmente grande e forte da farla vacillare nella vita di tutti i giorni. Non si sentiva pronta, ma desiderava esserlo. Non aveva certezze sul futuro, eppure già nella sua testa pianificava le scuole che avrebbe frequentato il piccolo, quali sport avrebbe fatto... Scosse il capo e prese ad immaginarselo. Era un giochetto che faceva di frequente. Ne parlava con il feto, come se lui potesse ascoltarla o darle delle risposte. Spesso la gente, se la sentiva, la prendeva per una pazza. Ma non le importava: ora era nel parco, un posto dove centinaia di persone ogni giorno vi circolano senza badare a niente. E così prese a parlare al piccolo Loki:"Secondo me sarai alto come tuo babbo, da grande. Avrai la forza nei muscoli ma la dolcezza negli occhi. Avrai il colore dei miei capelli e degli occhi il colore del padre. Avrai le labbra sottili e le orecchie delicate..." Commentava ogni singola parte, non badando minimamente la mondo intorno a sé...
     
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  2. QuerulousDemi
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    Daniel ormai stava praticamente spendendo più tempo fuori da Kurayami che dentro. Il ragazzo aveva agognato la libertà per così tanto tempo che ora, finalmente, avendola ottenuta, stava cercando di spenderla nel miglior modo possibile, visitando ogni e qualsiasi luogo non avesse ancora visto o esplorato. Il parco di Roma era uno di questi. Il tempo era perfetto per uscire, e seppure il sole splendeva alto sopra la sua tosta, Dan apprezzava il calore del corpo celeste. Certo, avrebbe preferito un pò di fresco in più, ma il caldo estremo che lo pervadeva aiutava a farlo sentire realmente vivo e libero. Dopo aver camminato a lungo per le strade del parco, osservando e scrutando con lo sguardo tutto ciò che lo circondava, decise di arrampicarsi e mettersi a riposare sopra il ramo di un albero, coperto dalle foglie, anche se qualche piccolo raggio solare riusciva comunque a penetrare la "protezione" che la pianta offriva al suo "residente". Chiusi gli occhi, si lasciò abbracciare da Morfeo, addormentandosi. Passò del tempo, e il luogo si fece sempre più popolato ed affollato: le grida di ragazzini a bordo di skateboard risvegliarono il diciottenne dal suo pisolino. Destatosi, la prima cosa a raggiungere le sue orecchie furono un miscuglio di parole, probabilmente inserite nella stessa frase, che il ragazzo ascoltò separate a causa del fatto che si era appena svegliato. Babbo, muscoli, dolcezza, e di nuovo padre.
    Uh... mi sono addormentato? Grandioso.
    Si grattò leggermente la nuca, sbadigliando. Confuso e ancora lievemente stanco, ricordava di essersi appisolato, ma null'altro. La voce che poco fa aveva udito proveniva da sotto di lui. Muovendosi stava leggermente scuotendo l'albero, facendo cadere alcune delle foglie più deboli da esso, che leggermente, cullate dal vento, andavano a posarsi a terra, vicino a ciò che pareva essere una figura femminile. Il Reyes si sporse lievemente per controllare chi o cosa vi fosse sotto di lui, scoprendo appunto che una ragazza, indossante un semplice ma raffinato abitino azzurro, sedeva sotto di lui, occupata, apparentemente, a parlare fra sé e sé. La cosa lo intrigava: cosa stava dicendo? Precedentemente era riuscito a sentire solo una manciata di parole, e unendole assieme non sembravano formare una frase di senso compiuto o comunque qualcosa di logico. Di cosa stava parlando? Era curioso. Daniel si lasciò cadere, rimanendo appeso al ramo dell'albero facendo leva sui muscoli delle gambe per tenersi, mentre drizzava le orecchie, in attesa che questa continuasse il suo discorso. Avrebbe potuto salutarla, presentarsi, ma questo l'avrebbe interrotta. Alcuni potrebbero pensare che il ragazzo è uno spione, uno che non riesce proprio a farsi i fatti suoi, e non avrebbero torto. Il suo desiderio di sapere era forte, e tutti, secondo lui, hanno una propria storia da raccontare. Indossava i suoi soliti abiti, che lo accompagnavano praticamente ovunque: un'uniforme scolastica giapponese blu, accompagnata da una maglietta gialla sottostante, dei pantaloni del medesimo colore dell'uniforme e le immancabili cuffie che albergavano, come se incollate, permanentemente sul suo collo. La ragazza sotto di lui avrebbe magari potuto sentire il fruscio sopra di lei, come avrebbe potuto non farlo, se distratta. Il comportamento di Dan non sarebbe cambiato: gli occhi violetti rimanevano incollati su di lei, interessato, mentre a testa in giù i suoi capelli spettinati penzolavano. La osservava in silenzio, a braccia conserte, sorridente e sicuro, come suo solito.
     
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  3. †_†yun yun †_†
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    Socchiuse gli occhi mentre continuava ad immaginarsi il proprio piccolo. Per quanto vagasse con la fantasia non aveva certezza di come sarebbe venuto su. Magari avrebbe fatto incetta dei suoi dolci e in pochi anni si sarebbe trasformato in una palla da 300kg. Scosse il capo, come per scacciare quel pensiero angosciante. No, doveva essere positiva. In fondo entrambi i genitori non erano malaccio, ognuno con i propri punti forza. Sorrise, mentre un raggio di sole le illuminava il volto, mettendo in evidenza le cicatrici traslucide. Ormai non erano più violacee, ma iniziavano ad assumere un colore molto simile a quello della sua pelle, solo più lucente. Era orgogliosa di sfoggiarle. Sentì un lieve fruscio sopra la propria testa, che attribuì al rumore del vento sulle foglie dei rami. Era convinta che una lieve folata a quel punto le avrebbe fatto scompigliare i lunghi capelli color nocciola, ma ciò non avvenne. Strano. Loki si agitò dentro la pancia, come se cercasse una posizione più comoda. Prese a muoversi energicamente, agitandosi di qua e di là: "Ehi, che succede? Non ti piace stare qui? Sono sicura che se ti cantassi una ninna nanna, tutto andrebbe per il meglio." Disse con un tono dolce e molto materno. Si accarezzò la pancia, con lievi movimenti circolari da sopra il vestito. Prese a cantare una nenia molto soporifera e tranquillizzante, lasciandosi cullare a sua volta dalle sue stesse parole. Era una giornata tranquilla, da dedicare interamente a loro due. Più tardi aveva intenzione di andare a comprare qualche altro vestitino per il piccolo. Aveva visto delle tutine niente male e a buon mercato in un negozietto lì vicino. Misaki si abbandonò alle sue stesse parole, cadendo vittima della sua stessa canzone. L'ambiente, la felicità, le fecero abbassare la guardia e in un attimo si appisolò, le braccia strette intorno al ventre, completamente in balia del sonno...
     
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  4. QuerulousDemi
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    Mentre Dan continuava ad osservarla curioso, la ragazza parlò nuovamente a ciò che pareva essere... il suo grembo? Aveva chiesto a qualcosa o qualcuno cosa stesse accadendo, per poi accarezzarsi lo stomaco. La sua affermazione riguardo una ninna nanna confermò la teoria del ragazzo: probabilmente era incinta. Da relativamente poco, dato che ancora non sembrava possedere il tipico pancione che si poteva notare normalmente sulle donne che portavano con sé un bimbo da più mesi. Questo dettaglio non fu tuttavia ciò che rapì interamente l'attenzione del Reyes: sul suo volto albergavano delle cicatrici. Che fosse stata maltratta? Il solo pensiero faceva ribollire il sangue nelle vene del diciottenne, mentre diversi scenari gli occupavano la mente. Si strinse ancor di più le braccia già conserte. Non fece in tempo a spiccicare parola che la ragazza, dopo essersi messa a cantare la ninna nanna, sembrò addormentarsi a sua volta, assistita probabilmente dalle sue stesse parole e dal tempo sereno, assieme al prato morbido sotto di lei. Daniel sospirò, schiarendo la mente. Non voleva disturbarla né svegliarla. Incordando gli addominali, si sforzò per tornare sul ramo dell'albero, mettendosi le cuffie e accendendole per riprodurre un pò di musica, abbassando di molto il volume in modo da non disturbare la sconosciuta che ormai era completamente appisolata. Facendosi cuscino con le braccia, manteneva la testa girata in modo da mantenere un occhio vigile su di lei: è vero che erano in un parco, di giorno, con molte persone. Ma il luogo che si era accaparrata era poco in vista, e per Roma, come Dan ben sapeva, non era insolito trovare o vedere qualche malintenzionato vagare per i suoi luoghi. Passarono una manciata di minuti, nei quali entrambi, sia il biondo che la misteriosa ragazza dai capelli color nocciola, riposarono alla luce del sole, chi di più chi di meno. La traccia nelle sue cuffie continuava a ripetersi, mentre Daniel, imperterrito, continuava ad osservare l'ambiente circostante e lanciare occhiate rapide per controllare che sotto di lui nulla fosse cambiato. Abbastanza distante da lui e la sua "vicina", riuscì a notare qualcosa di sospetto: un uomo, alto, indossante una camicia bianca aperta con sotto una canottiera nera, cominciava ad avvicinarsi verso la loro posizione. Guardava verso il basso, evidentemente attirato da qualcosa. Silenzioso, il diciottenne rimase a guardarlo mentre chiudeva la distanza fra di lui e l'estranea ragazza con le cicatrici sul volto. Giunto ormai in prossimità di ella, Dan poté finalmente chiarire le sue intenzioni non appena il malintenzionato ricacciò da una tasca interna della camicia un piccolo coltellino rinfoderato. Nessuna delle persone presenti nel parco sembrava essersi accorta dell'uomo, tutti troppo occupati a divertirsi o spendere tempo con gli altri. Il Reyes decise allora di entrare in azione: con un semplice salto balzò sul criminale, il quale, visibilmente sorpreso, non fece in tempo nemmeno a sguainare l'arma. Forzatolo a terra sul prato erboso, sarebbe stato possibile udire un tonfo soffocato. Innanzitutto il diciottenne disarmò l'avversario con la mano sinistra, allontanando il coltello foderato da lui, lasciandolo cadere vicino la ragazza addormentata, per poi utilizzare sempre la stessa mano per tappargli la bocca, mentre con l'altra lo teneva per la canottiera, alzandola da terra. Temeva di aver svegliato l'addormentata, dato che comunque erano relativamente vicini, e i suoni di una lotta, per quanto brevi, non erano esattamente poco rumorosi. Il criminale, parzialmente immobilizzato e palesemente spaventato, guardava colui che l'aveva catturato con occhi pieni di terrore, mentre quest'ultimo invece si era girato un momento, per controllare lo stato della "bella addormentata", seppur continuasse a mantenersi all'erta per quanto riguardava la situazione attuale.
     
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  5. †_†yun yun †_†
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    Sognava. I contorni non erano molto chiari. Si vedeva di spalle mentre correva, i lunghi capelli al vento. Stava chiamando qualcuno a gran voce. Qualcuno di terribilmente dispettoso e disubbidiente. Corse più forte, aumentando le falcate e con un risata prese al volo il piccolo monello. Loki, non allontanarti troppo da me, può essere pericoloso. Anche nei sogni faceva tipiche frasi da madre. In quel momento udì dei passi. Il mondo luminoso intorno a loro divenne pian piano sempre più grigio e cupo, le loro ombre vennero inghiottite dall'oscurità. Sentì un tonfo sordo alle spalle. Gridò al piccolo di correre, di mettersi al riparo, di fuggire lontano. Nel sogno lo guardava con occhi colmi di lacrime, sicura di perderlo. Ma poi ritrovava la grinta e il coraggio e si voltava ad affrontare quell'oscurità, i poteri già attivi...
    Si svegliò di soprassalto, dandosi della stupida per essersi addormentata. Prima ancora di aprire gli occhi capì che qualcosa non andava. Il sole riusciva a scaldare le membra, ma la sensazione di pericolo era rimasta. Socchiuse lo sguardo e vide la lanterna tatuata sul polso che brillava: si era attivata da sola. Capì che era rischioso rimanere lì sdraiata sull'erba. Un coltellino le volò sopra le testa mentre si alzava. Utilizzando tutta la forza che aveva in corpo usò il proprio potere, fregandosene della gente intorno. Subito venne avvolta da una luce fluorescente mentre due lacci neri attaccavano davanti a sé. E in quel momento vide il suo aggressore. Un uomo veniva tenuto a mezz'aria con una mano tappata sulla bocca. A tenerlo sospeso c'era un ragazzo più giovane e poco più alto di lei. Indossava una divisa scolastica che non aveva mai visto. Chissà quanti anni aveva meno di lei. Lo fissò con i grandi occhi nocciola, mantenendo attivo il potere. I lacci avevano attaccato l'uomo, quindi il ragazzo l'aveva forse aiutata? Strinse la presa al collo mentre osservava la scena indagando con gli occhi. Doveva capire quali dei due stesse fingendo e di quale potersi fidare. Tuttavia, la sua gravidanza era debilitativa e non le consentiva di potersi difendere tanto a lungo. Prima di mostrare segni di cedimento doveva decidere. "Ragazzo, spiegami che cosa è successo." Disse con voce imperiosa guardandolo. Se voleva, Misaki sapeva assumere un tono decisamente autoritario...
     
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  6. QuerulousDemi
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    Tirò un lungo sospiro non appena scoprì che la ragazza dietro di lui si era svegliata. Odiava disturbare le persone, e avrebbe preferito sbarazzarsi del criminale senza interrompere il suo sonno, per poi lasciarla in pace, ma a quanto pare così non era stato. Intorno alla donna, un'aura celestina si cominciò a formare, e due lacci, comparsi dal nulla vicino a lei, andarono ad attaccare l'uomo che Dan stesso teneva immobilizzato, mirando al collo. Il diciottenne fissò per un ultimo breve momento la ragazza, sorridente, per poi volgere nuovamente il suo sguardo verso il presunto responsabile di tutto quel trambusto.
    "L'hai svegliata, spero tu sia contento."
    Lasciò libera la bocca del colpevole per andare a prendergli la mano che poco prima teneva il coltello, iniziando poi a piegargliela sempre di più, fino a quando un sonoro crack non poté essere udito da chi gli stava vicino. L'uomo gridò, agonizzante, ma il suo grido, soffocato dai lacci che gli stringevano il collo, riuscì solamente ad incitare alcuni degli "spettatori" che si erano messi a guardare la scena non appena avevano visto i lacci comparire dal nulla a distogliere lo sguardo ed andarsene, continuando per la loro strada. Nessuno pareva avere in mano un cellulare o qualcosa per contattare le autorità, fortunatamente. Il Reyes lasciò andare la mano appena rotta del delinquente, volgendosi poi di nuovo per rispondere alla ragazza, la quale gli aveva appena chiesto cosa fosse successo con un tono piuttosto autoritario.
    "Scusi." Cominciò, lasciando cadere a terra il malcapitato, togliendo la presa dalla sua canottiera, mentre questo non riusciva a muoversi sia per il dolore sia per i lacci che continuavano a stringerlo. "Sarò sincero, ero sul ramo sopra di lei a controllare cosa stesse accadendo in zona, quando ho visto questa patetica scusa di persona avvicinarlesi con quel coltello." Le indicò il coltello posto a pochi centimetri da lei. "Non avevo intenzione di svegliarla dunque ho tentato di tappargli la bocca, ma a quanto pare ho fatto troppo rumore." Si mise le mani in tasca, per ulteriormente dimostrare di non voler fare del male a nessuno, o, beh, a nessuno che non avesse cattive intenzioni. "È libera di fargli ciò che vuole, miss... ?" Uno strano momento per far notare di non sapere il suo nome.
     
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  7. †_†yun yun †_†
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    Il giovane la stava mettendo in discreta difficoltà e lei doveva fare di tutto affinché lui non se ne accorgesse. Se avesse seguito ciò che era diventata, avrebbe trascinato l'uomo in un angolo riparato del parco e lì, dopo averlo torturato a sufficienza, lo avrebbe ucciso, unendo la sua anima alle altre all'interno della sua Lanterna. E non sarebbe stata nemmeno una cattiva idea visto che la gravidanza le rendeva difficile andare a caccia quanto necessario. E era solo nel primo trimestre. Tuttavia con i loro movimenti e le urla dell'aggressore avevano richiamato un po' di gente intorno a loro e una folla di curiosi a distanza osservava silenziosamente tutta la scena. Il suo "salvatore" dopo aver spezzato qualche osso alla mano del delinquente, lo aveva lasciato in balia dei suoi lacci. Avrebbe potuto ucciderlo in quel momento, soffocandolo. Avrebbe potuto assorbire anche la sua anima. Ma lo lasciò andare. Ancora non era brava come il suo amante nel cancellare le tracce e purtroppo dietro di sé aveva una lunga pista di indizi. "Se incrocerai un altra volta il mio cammino, per te non ci saranno altre speranze" Strinse ancora più forte, come se volesse imprimergli nella mente il terrore e la paura. Misaki lo osservò attentamente per poterlo riconoscere: quella notte sarebbe stato suo. Lontano da occhi indiscreti, nel silenzio e nel buio più profondo. Il delinquente si allontanò da loro, una mano tenuta da quella sana, correndo malfermo sulle proprie gambe. "Grazie per averci salvati. Purtroppo i miei riflessi sono un po' rallentati ultimamente. Io sono Misaki" Disse cordiale, porgendogli la mano destra. A differenza dell'uomo che amava, lei sapeva benissimo come comportarsi per non destare troppi sospetti. Finite le presentazioni, lo invitò a prendere un gelato nel chiosco lì vicino, un piccolo pensiero per ringraziarlo. E se anche il giovane avesse fatto qualche resistenza, lei alla fine si sarebbe imposta, trascinandolo per un braccio nella direzione giusta. Certo, non sarebbe stato buono come quelli che preparava lei, ma in quel momento aveva voglia di gustarsi qualcosa di fresco mentre scambiava qualche chiacchera amichevole con il giovanotto. Non le importava di essere stata svegliata, anzi! Era stato grazie a lui che non c'erano state complicazioni, quindi non avrebbe dovuto comportarsi in modo così dismesso di fronte a lei. Forse la paura dell'ignoto e la differenza di età influivano però sulla piacevolezza del confronto.
     
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  8. QuerulousDemi
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    La ragazza lasciò andare via il criminale, ammonendolo e lasciandolo con ciò che pareva essere una minaccia di morte: la cosa parve non infastidire minimamente Dan, che, di tutta risposta, si limitò ad annuire, come se acconsentente, mentre guardava l'uomo allontanarsi malridotto. Notò il viso della donna concentrarsi sull'uomo per un breve lasso di tempo: stava cercando realmente di imprimersi la sua faccia per ricordarsi di lui? Il diciottenne si lasciò sfuggire un piccolo sorriso compiaciuto per un istante, tornando poi ad un espressione neutra. Mentre il malvivente fuggiva correndo, la ragazza, ora presentatasi con il nome di Misaki, si avvicinò al Reyes, offrendogli una stretta di mano. Notò il plurale al posto del singolare all'inizio della frase.
    "Il piacere è mio, Misaki, sono Daniel."
    Facendo uscire a sua volta la mano destra dalla tasca, allungò dunque il braccio per accettare la stretta di mano. Ora che la aveva davanti a sé poteva vedere chiaramente che le cicatrici che ella portava sul volto si estendevano di un bel pò lungo le guance. Quella vista lo irritava leggermente, ma decise di non scavare più a fondo per non riportare a galla pensieri probabilmente dolorosi. Rimase sorpreso non appena Misaki gli offrì un gelato.
    "Beh, ecco- vorrei, ma io veramente..."
    Tentò di opporsi, non è che non gradiva la sua compagnia, anzi, la riteneva decisamente affascinante, ma le tendenze asociali e solitarie erano forti, e voleva continuare a svolgere il suo compito di vigilante nel parco. La ragazza, tuttavia, lo strattonò, trascinandolo per il braccio verso il chiosco. Non si oppose: sapeva che lo stava facendo per ringraziarlo, e continuare a rifiutare sarebbe stato decisamente poco gentile. Sospirò, mentre si lasciava trascinare verso la destinazione, tenendo il passo quanto bastava per non cadere. Certamente la giornata aveva preso una piega inaspettata. Era andato al parco con l'obiettivo di rilassarsi e ora, dopo aver aiutato qualcuno, quel qualcuno, una carina ragazza, probabilmente molto più anziana di lui, si stava imponendo per offrirgli qualcosa. Era pensieroso, ma gli sguardi che i passanti gettavano sulla strana coppia lo fecero tornare alla realtà. Visibilmente impacciato, Dan tornò rapidamente sui suoi passi, non richiedendo più che Misaki lo trascinasse, seguendola invece di suo volere. Tutta quell'attenzione lo metteva un pò a disagio, sulla sua faccia risiedeva un'espressione piuttosto palese di imbarazzo, anche se tentava di celarla. Non era più sicuro e sorridente come suo solito.
    "Quindi, ahem..." Tentò di iniziare conversazione mentre ormai erano quasi arrivati al chiosco. "...dimmi, Misaki, sei-" Una voce, probabilmente la mente, riecheggiò nella sua testa. Aspetta, idiota! Pesa le tue parole attentamente. Ricorda: non chiedere età, peso, o fattezze fisiche. Le donne si offendono! Non chiederle nemmeno se è sposata, potrebbe capire che tu sai che lei è incinta. Parlare con le ragazze era proprio un'impresa per il giovane. Fermatosi a metà sentenza, frenato dal suo stesso cervello, si riprese da dover si era fermato, in modo piuttosto strambo, dopo pochi attimi spesi in silenzio a fissare il viso della sua interlocutrice. "-Sei di queste parti? Mi sembri piuttosto informata." Noooo! Non devi essere informato per sapere dov'è un maledetto chiosco di gelati, razza di cerebroleso! Non appena realizzò questo, l'espressione di imbarazzo che portava sul viso si rafforzò ulteriormente. Immediatamente Dan tentò di guardare da un'altra parte, per nascondere suddetta espressione dalla ragazza. Ormai erano arrivati a destinazione.
     
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  9. †_†yun yun †_†
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    Daniel si fece abbastanza pregare, prima di essere convinto a seguirla. Lei con una battuta spiritosa affermò che non aveva intenzione di ucciderlo e che quindi poteva fidarsi. La gente del parco li osservava incuriositi, di certo non passavano molto inosservati. Inoltre il loro atteggiamento di poco prima aveva attirato molti sguardi intimoriti ma anche rispettosi. Misaki camminava a testa alta e dopo poco anche il ragazzo parve seguirla più convinto, forse perché leggermente infastidito dagli occhi della gente.
    Raggiunsero il chiostro e dopo avergli chiesto quali gusti preferiva ordinò per entrambi. E anche qui si sarebbe imposta per pagare lei, anche se era una donna: "Sono più grande di te, ho un lavoro e hai salvato la vita a me e quindi a mio figlio. Non ti farò pagare per niente al mondo." Eccolo comparire ancora una volta,il tono autoritario, sebbene adesso fosse condito con un pizzico di risata. Quando si furono accomodati ad un tavolino libero, Misaki assaggiò per primo il gusto alla nocciola e poi quello al latte. La ginecologa le aveva tolto molti frutti, quindi aveva dovuto rinunciare al suo preferito -fragola-, per prenderne altri meno pericolosi. La sfilza dei sacrifici per il piccolo aumentava ogni giorno sempre di più. Daniel provò in qualche modo a rompere il silenzio, raccattando tutto il coraggio di cui era disponibile nel parlare con un'estranea. E la sua domanda risultò abbastanza sciocca. Lei tuttavia rispose con semplicità, cercando di metterlo a proprio agio: "Capisco il perché della domanda. Ho un nome giapponese perché mia madre era nata là. Poi si trasferì qui nell'impero, conobbe mio padre e sono nata io. Mi sono trasferita qui nella capitale dopo le superiori. Prima vivevo in un paesino del sud, sul mare." Gioviale, prese a dargli anche più informazioni di quante gliene avesse chieste, tutto col chiaro intento di farlo rilassare. Poi prese a raccontargli del suo lavoro e con fare cospiratorio gli rivelò che i gelati che faceva lei erano molto più gustosi. Nonostante la differenza di età era bello poter scambiare due parole con una persona normale, che apparentemente non sembrava avesse secondi fini nei suoi confronti. Era un'esperienza che negli ultimi mesi aveva abbandonato. Notò che Daniel le fissava di tanto in tanto le cicatrici, cercando però di non farsi scoprire. Era davvero caruccio quando spostava gli occhioni da un'altra parte per paura di essere visto. Così per toglierlo dall'impiccio gli raccontò la loro storia, senza però scendere troppo nei dettagli: "Non ho sentito male, anzi. Queste cicatrici sono il mio pegno d'amore. Non mi sono mai pentita di essermele fatte. Le puoi guardare, non mi offendo." Poi lasciò che il giovane traesse le proprie conclusioni, mentre lei continuava a mangiare quel fresco gelato. Infine, cercando di metterlo definitivamente a proprio agio gli chiese la sua storia: da dove veniva, chi era, che ci faceva... Non era un'impicciona. Aveva solamente voglia di farsi due chiacchere in spensieratezza.
     
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  10. QuerulousDemi
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    Giunti al chiosco, Dan ordinò un semplice cono con vaniglia e cioccolato. Era un ragazzo dai gusti semplici, gli piaceva la semplicità e riteneva entrambi quei sapori fantastici. Non appena andò a raggiungere il portafogli in tasca per pagare, Misaki lo fermò, affermando che avrebbe pagato lei, insistentemente. Non vi fu verso di farle cambiare idea, per quanto Daniel fosse intenzionato a non voler farle pagare anche la sua parte. Quel tono imperativo era piuttosto convincente, e l'ultima cosa che il ragazzo voleva fare era mettersi a bisticciare con una ragazza in mezzo a tutta quella gente. Sospirò, mettendo a posto il portafogli e prendendo il suo cono, sedendosi poi insieme alla sua interlocutrice ad un tavolino vuoto. Beh, almeno ora aveva chiarito lei stessa se fosse effettivamente più anziana o no di lui. Rispose alla sciocca domanda che Daniel gli aveva posto, iniziando a parlare delle sue origini e del perché del suo nome, aggiungendo più informazioni di quante ne effettivamente avesse chieste il ragazzo, al quale non diede fastidio, anzi: era interessante sentire le storie di coloro che lo circondavano, e quella di Misaki non faceva eccezione. La ragazza probabilmente si era accorta del disagio che le cicatrici causavano al diciottenne, dato che decise di parlarne a riguardo. Si limitò a dire che erano state un pegno d'amore. Questo confuse un pò il Reyes, il quale tuttavia schiarì rapidamente i suoi pensieri, semplicemente supponendo che magari erano state causate in seguito ad un incidente o qualcosa di simile.
    "Capisco..."
    Annuì mentre continuava a consumare il gelato offertogli dalla ragazza, più tranquillo rispetto a prima ma comunque ancora leggermente teso non perché fosse un estranea, ma a causa del suo sesso.
    "Beh, comunque, dovrai farmi assaggiare i tuoi gelati un giorno, allora, se dici che sono più buoni."
    Affermò avvicinandosi leggermente e sussurrando, per non farsi sentire dal proprietario del chiosco. Non appena il silenzio stava nuovamente per incombere sui due, Misaki prevenne il suo arrivo chiedendo al biondo la sua storia. Ciò lo prese leggermente di sorpresa: non era abituato a parlare con gli altri, figuriamoci a parlare di sé stesso.
    "A-Ah, io... beh, io sono nato a Kurayami, ma i miei genitori sono di origine americana."
    Tentò di non soffermarsi troppo sui suoi genitori. La sua vita era stata piuttosto stramba, anzi, lo era stata tutt'ora. Dopotutto era rimasto rinchiuso in casa per quasi tutta la sua esistenza.
    "Il mio lavoro... sono una sp-" Nondirglicheseiunaspiadeficiente! Di nuovo, il cervello che sembrava partire in ritardo quando si metteva a parlare gli frenò la lingua. "-pecie di investigatore, ahahaha." Rilasciò una risata chiaramente forzata, Daniel purtroppo non era mai stato bravo a mentire, non avendone mai avuto bisogno di farlo durante la sua infanzia. Né con i genitori, né con l'insegnante. Non mentiva a nessuno, ma questa volta stava tentando di dire il falso perché non voleva apparire come uno stramboide. Immerso nei pensieri, si scordò del fatto che si stesse gustando un gelato, andando a mordere la vaniglia anziché leccarla. Mugugnò qualcosa, mentre un brivido che partì dai denti gli corse lungo tutto il corpo. Istintivamente allontanò lievemente il cono dalla sua bocca per andare a rapidamente coprirsi la bocca, come se per proteggerla dall'aria esterna, cominciando poi a soffiare per tentare di riscaldarsi la cavità orale.
     
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  11. †_†yun yun †_†
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    "Ma certo che sono più buoni!" Affermò convinta, mantenendo un tono di voce basso ma risolutivo. Erano anni che lavorava allo "Sweet Honey" e aveva imparato e cucinato decine di centinaia di dolci diversi. La sua passione per i dessert era diventata un'arte oltre che una fonte di guadagno. L'altra ormai l'aveva praticamente abbandonata causa certi sviluppi accaduti negli ultimi mesi. Per cercare di trasmettere la sua bravura a Dan, gli porse un biglietto da visita, con il nome del locale e l'indirizzo, augurandogli di andarla a trovare presto. Poi il ragazzo le disse che era nato a Kurayami. Anche sua madre proveniva da lì. Felice come un bambino la notte prima di Natale, Misaki saltò in piedi facendo cadere la sedia: non le capitava spesso di incontrare gente che venisse dal paese di origine della madre, ma ogni volta che accadeva faceva sempre la stessa richiesta: "Parlamene. Parlami della città, degli odori, delle tradizioni, tutto quello che ti viene in mente, ti prego." Aveva perso i genitori all'inizio della primavera e il dolore dentro di lei non era mai svanito. Negli ultimi tempi riaffioravano meno nella propria mente, perché era troppo euforica vista la notizia dell'arrivo del piccolo Loki. Inoltre la sera aveva altro a cui pensare, altro che le permetteva ormai di non indebolirsi troppo.
    Infine Daniel le disse che faceva l'investigatore. Ma non gli credette. Non lo conosceva molto bene ma il suo istinto e i segnali non verbali lasciavano intendere che avesse appena mentito. Certo non le importava più di tanto, in fondo era una persona che molto probabilmente non avrebbe più rivisto non appena si fossero salutati. A dare una sferzata di comicità alla situazione ci pensò involontariamente il ragazzo: invece che leccarlo aveva morso il gelato e adesso doveva provare un fastidioso senso di freddo nella gola. Misaki scoppiò a ridere di cuore, reclinando dolcemente la testa all'indietro e tenendosi la pancia come se avesse paura che le potesse sfuggire per il troppo ridere. Due lacrime le si presentarono ai bordi degli occhi. Le ci volle un po' per ritrovare una compostezza adeguata e quando si riebbe, non riuscì a non schernire il giovane: "Certo che l'hai pagata cara eh, per aver detto una piccola bugia." Sorrideva tranquilla adesso come se volesse dirgli che qualunque cosa le avrebbe detto, lei sarebbe rimasta ferma nella sua idea. In fondo era al mondo da più tempo di lui, aveva capito alcuni aspetti della vita che forse al ragazzo ancora sfuggivano. Le sue reazioni erano un mix tra il carino e l'adorabile: sembrava volesse atteggiarsi a grande, ma a volte le situazioni prendevano pieghe che non si aspettava nemmeno. Così, colta principalmente dalla curiosità, gli chiese che poteva sapere su di lei:"In fondo se sei un investigatore, dovresti essere abituato a farti delle idee a primo impatto di una persona. Di me sai poche cose, come quelle che ti potrebbe dire un cliente. Vediamo te come mi giudichi." E detto questo incrociò le gambe, assumendo un'aria più rilassata sopra la sedia. Ovviamente Daniel avrebbe potuto osservarla quanto voleva, poteva fare congetture e chiedere direttamente a lei se erano vere. Misaki gli avrebbe detto solo la verità.
     
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    Misaki scoppiò a ridere, piacevolmente divertita dall'errore commesso dal ragazzo. Il fastidio continuava a invadere la sua gola, seppur rapidamente stava svanendo, grazie probabilmente al calore che quella giornata invadeva tutta la città. Si era accorta del fatto che avesse mentito, ovviamente. Scoperto, il diciottenne apparve visibilmente allarmato per un momento, evidentemente preoccupato per la potenziale curiosità della ragazza. Fortunatamente questa non si soffermò sulla bugia del biondo: sorridente, assunse un'aria più rilassata, procedendo poi a fare una domanda che, inavvertitamente, fece tornare il vero Dan a galla.
    "Oh?"
    Si alzò di scatto, dando alla sedia una spinta abbastanza forte da farla allontanare, mentre teneva un braccio sul tavolo, inclinandosi leggermente in avanti con il busto per osservare il soggetto da studiare. Per un istante, una manciata di passanti e seduti si voltarono verso di lui, attirati dal movimento improvviso come un branco di gatti, ma presto tornarono ai fatti propri. Sul suo viso era tornato il solito sorriso sicuro e pieno di sé, mentre i suoi occhi, quasi luccicanti, osservavano con attenzione la tranquilla e seduta ragazza. La analizzò da capo a piedi, impiegando all'incirca due minuti: "pegno d'amore" sul volto, nessuna fede nuziale, incinta. Tornò in una posizione retta, questa volta a braccia conserte.
    "Innanzitutto, non sei sposata, ma sei incinta. Per la precisione dai due ai tre mesi, dato che ancora non hai segni evidenti della gravidanza. Da questo si potrebbe dedurre che sei assai fedele, magari hai fatto una promessa alla tua metà, fatto sta che, apparentemente, vi fidate l'uno dell'altra."
    E fin qui c'era arrivato. Nessuna congettura, bensì tutte ipotesi basate su dati e prove chiaramente visibili. Ora arrivava la parte più difficile, ovvero scoprire il carattere di Misaki basandosi sul suo atteggiamento e informazioni che era riuscito a ricavare sino a quel momento.
    "Autonoma e autosufficiente, sei molto protettiva riguardo tuo figlio, suggerendo ulteriormente un'amore profondo per il tuo compagno. Nonostante questo, puoi essere molto vendicativa. Ho notato il tuo comportamento riguardo quel malvivente di poco fa." Sentiva di essere sulla pista giusta, ma era ancora ben lontano dal completamento intero del puzzle che rappresentava il carattere della ragazza. Si chinò nuovamente, questa volta poggiando entrambe le mani sul tavolo e avvicinandosi a lei, fissandola dritta negli occhi, per sussurrare. "Chiaramente non sei una normale ragazza di Roma. Il tuo modo di fare, quei lacci comparsi dal nulla... hai parlato in quantità riguardo la tua provenienza, il tuo passato, ma riguardo quelle cicatrici..." mosse le pupille degli occhi, per osservare e al contempo indicare le suddette "... non hai voluto approfondire. E non ti chiederò di farlo, sarebbe sgarbato, ma chiaramente nascondi qualcosa." Sorrideva, compiaciuto da ciò che era riuscito a ricavare, tornando a guardarla negli occhi. "Non me ne sarei accorto se non avessi deciso di approfondire e parlare così tanto di tutto il resto." Rimaneva chinato e vicino, fissandola, curioso e attento riguardo il suo viso. Come avrebbe reagito? Era stato piuttosto diretto, ma il Reyes era fatto così: niente mezzi termini, verità diretta, affermava ciò che pensava. Dritto per dritto.
     
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  13. †_†yun yun †_†
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    Misaki sostenne il suo sguardo, senza mai abbassare gli occhi. A sua volta iniziò ad indagarlo, a cercare di scrutare al suo interno, come per vedere di che pasta era fatto. Se prima si era intimorito nel parlare con lei, adesso sfoggiava una sicurezza dettata da un'esperienza solida. Evidentemente era vero che studiava le persone, ma continuava a non credere che fosse un investigatore. A lei non importava più di tanto chi o cosa fosse: negli ultimi tempi aveva vissuto diversi tipi di esperienze, nessuna delle quali poteva essere definita come normale. Tuttavia adesso erano quasi la sua quotidianità. Daniel prese a parlare dopo averla scrutata per un paio di minuti, partendo dagli elementi più facili. Sul fatto della fiducia aveva colto nel segno. E il fatto che un ragazzino imberbe l'avesse capito in un attimo le diede un po' fastidio. Aveva impiegato mesi per raggiungere quell'obiettivo e sentirne parlare così era come svilire tutto il suo lavoro. Si mosse sulla sedia, cambiando la posizione delle gambe e osservando il suo interlocutore con uno sguardo più profondo. I suoi occhi neri adesso erano atteni, molto più di prima. "Generalmente tutte le madri sono protettive verso il loro figlio, se lo amano." Disse sicura. Che Daniel avesse vissuto delle vicende spiacevoli in casa? A lei non era mai successo, perciò le veniva naturale provare amore per il figlio. Lo scrutò ancora più attentamente, per notare lievi cambiamenti di voce. Adesso che si era immerso nel suo lavoro, aveva acquisito una sicurezza maggiore e parlava a briglia sciolta, senza inciampare. Difficile che si lasciasse sfuggire qualcosa adesso. Lo lasciò finire di parlare senza intervenire ulteriormente. L'analisi generale era quasi esatta. Ovviamente, non conoscendola né avendola pedinata prima, non sapeva mille altre cose di sé. Eppure il quadro che aveva dipinto assomigliava molto alla realtà. Era così che un estraneo la vedeva? Il giovanotto aveva un po' azzardato su alcuni aspetti, andando più che altro ad intuito. Alla dine per allentare la tensione e quel loro gioco di sguardi silenzioso, Misaki scoppiò a ridere. Una risata calda e tranquilla. "Beh devo dire che non sei andato malaccio. Alcune cose non le hai dette, ma solo perché non hai indagato a fondo." Se le avesse guardato le mani, avrebbe notato segni di una persona che lavora molto: sia per il suo lavoro come pasticcera, che come quello di massaggiatrice. Anche quando aveva risistemato a mani nude la sua Josephine si era fatta dei calli e delle piccole cicatrici. Avrebbe potuto notare la sua struttura fisica tonica, con le spalle leggermente più robuste, frutto di anni e anni passati a nuotare in mare aperto. Tuttavia aveva colto davvero molto di lei. "Non ti ho parlato delle cicatrici perché ti sei vergognato te a chiedere ulteriori informazioni. Sono una persona alla mano, io. Quello che vuoi sapere, basta chiederlo. Inoltre ti ho detto solo alcune cose del mio passato e ancor meno del mio presente." Non poteva certo sbandierare alcuni segreti così, al primo che capitava sotto tiro! Magari se si fossero conosciuti lui avrebbe appreso più su di lei che osservandola e basta per un pomeriggio. Comunque adesso sembrava che avesse perso gran parte del suo imbarazzo iniziale e che pian piano si stava abituando a conversare con lei. Morse la cialda del cono: era di quelle che compri già fatte e il sapore era molto simile alla carta. Prese un tovagliolino e si pulì i contorni della bocca, lasciando a Daniel il tempo di formulare ulteriori ipotesi o domande. Era un bel pomeriggio e lei non aveva niente da fare. Si sarebbe goduta la sua compagnia finché entrambi ne avessero avuto voglia.
     
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  14. QuerulousDemi
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    Ricambiava il suo sguardo, Misaki, mentre lei a sua volta tentava di estrapolare informazioni tramite un'analisi del ragazzo. Era più attenta di prima, a quanto pare Dan aveva fatto centro su parecchie cose. Dan tirò un lungo sospiro, ritornando a tenersi in piedi, le sue mani in tasca.
    "Se lo amano... chi? Il figlio, o il marito? Amare tuo figlio solamente perché è il tuo è come dire di amare un oggetto o un animale perché lo possiedi. Ami tuo figlio perché è il risultato dell'amore fra te e la tua metà."
    Si fermò per un momento in modo da riprendere fiato, mentre attorno a lui ormai le persone che popolavano il luogo cominciavano ad alzare i tacchi, tornando probabilmente al parco o comunque da dove erano venuti.
    "Se tuo figlio fosse stato frutto di un rapporto forzato e non voluto, lo avresti amato allo stesso modo? Perché è tuo figlio? Dai, Misaki, sto solo affermando l'ovvio, qui. È palese che ci tieni al tuo fidanzato."
    Fece spallucce, mettendosi poi nuovamente a sedere, tenendo le mani in tasca, mentre continuava a fissarla dritta in faccia, sempre intento a studiare le sue reazioni. Rise quando la sua interlocutrice fece lo stesso, ma per un motivo diverso. Stava veramente parlando di relazioni e bambini? Lui, che aveva appena raggiunto la matura età, e non aveva mai avuto qualsiasi tipo di rapporto con qualcuno se non i suoi genitori? Lo trovava divertente e patetico allo stesso tempo.
    "Ho già capito cos'è successo da relativamente poco, Misaki. Non ho bisogno, anzi, non voglio farti domande scomode."
    Aveva capito che i suoi genitori erano morti dato che parlava di loro al passato "era", "si trasferì", "conobbe". Tutti verbi che, presi singolarmente, non dicono molto, ma inseriti nel giusto contesto possono far intendere assai. Nonostante sembrasse felice mentre gli narrava del suo passato, aveva compreso che i suoi parenti avevano effettivamente esaurito il loro tempo sulla terra non appena la ragazza gli aveva chiesto di parlargli della città natia di sua madre. Era ovvio: se non poteva più vedere o attaccarsi alla genitrice, si passava a qualcosa che fosse collegato ad ella. Il dolore era ancora presente.
    "Ma, dimmi..." Avvicinò la sedia al tavolo rimanendo seduto, andando poi a posare una gamba sull'altra, facendo poi scivolare il gomito lungo l'appoggio in modo da sorreggere la testa che andò a posarsi sulla mano, mentre continuava, imperterrito, a fissare la ragazza. "...ormai è abbastanza chiaro che non sei interessata a me. Non hai voluto approfondire riguardo il mio passato, e seppure tu sappia che ciò che ti ho detto riguardo il mio lavoro è una bugia, non hai voluto chiarimenti in materia. Ora, non fraintendere. Non ti sto chiedendo di conoscerci meglio, anzi: io stesso riconosco che la mia "vita", se così possiamo definirla, è stata abbastanza noiosa e priva di emozioni, rinchiuso in una "prigione", se così vogliamo chiamarla, per tutta la mia esistenza- ad ogni modo, sto divagando. Ciò che intendevo chiederti è: ti sto dando fastidio? Stufando? È ovvio che, nonostante i tuoi segreti, tu sia una brava ragazza. Proprio per questo mi hai offerto un gelato- grazie di nuovo, comunque- ma l'ultima cosa che voglio fare è sprecare il tuo tempo." La guardava, incuriosito riguardo la sua risposta. "Bada," alzò l'indice davanti a sé, come se per fermarla. "prima che tu risponda: non sto indirettamente cercando di porre fine al nostro incontro. La mia è una sincera domanda. La tua compagnia è più che apprezzata, sei interessante e, beh, il tuo fidanzato ha scelto bene. Non voglio irritarti, tutto qui." Si corresse prima che Misaki avesse occasione di rispondere. Stava insolitamente parlando molto, e l'insicurezza che prima dimorava nel suo animo ormai era completamente sparita, lui stesso se n'era accorto. Era proprio vero ciò che aveva letto tempo prima in un libro: gli esseri umani sono creature sociali. Dan pensava di essere un'eccezione, di poter vivere tranquillamente in solitudine, e anche se sì, effettivamente gli era possibile farlo, era anche vero che la compagnia degli altri era qualcosa che apprezzava più di tutto il resto, semplicemente ancora non aveva mai potuto sperimentarla.
     
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  15. †_†yun yun †_†
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    Evidentemente il ragazzo sapeva poco di relazioni. Non che lei fosse un'esperta in materia ma aveva passato dei bei momenti nei primi anni dell'adolescenza. Si fermò a riflettere un attimo: se fosse rimasta incinta dopo lo stupro, avrebbe amato suo figlio allo stesso modo? No. Ma molto probabilmente avrebbe deciso di non tenerlo. In caso contrario, una volta cresciuto lei avrebbe rischiato di guardarlo con odio al più piccolo contrattempo che la vita a volte impone. Guardò Daniel. Non conosceva il legame che aveva con il sadico carceriere. Forse non aveva mai nemmeno sentito la sua storia. "Posso affermare di amare Loki, perché è figlio mio e di suo padre. Tuttavia ci sono sotto un sacco di altri aspetti..." Non sapeva come continuare. Nemmeno lei ancora capiva in che tipo di situazione si trovasse. Scosse il capo in cerca di parole. Ora il ragazzo parlava di domande scomode. Che si riferisse alla morte dei suoi? Certo le mancavano, era ovvio, ma sebbene fosse passato poco tempo, per lei era come se fossero trascorsi anni. Dalla loro morte aveva imparato e vissuto di più che in oltre 20 anni di vita. E aveva un'idea della morte totalmente diversa. Ma era saggio parlarne con uno sconosciuto? Sicuramente il suo macabro insegnante avrebbe colto la palla al balzo, cos'aveva da perdere? Misaki invece rischiava troppo. Si morse la lingua e un rugginoso rivolo di sangue le scivolò giù per la gola. Deglutì assaporandone la consistenza. In quel momento Daniel si preparò a sferrare la sua arringa finale. Sinceramente non si aspettava un discorso del genere. Cavoli, il ragazzo aveva discrete pecche comunicative! O balbettava o sparava quelle palle superveloci. Una via di mezzo avrebbe reso tutto più facile. Lo ascoltò attentamente, poi gli rispose con calma: "Allora... Punto numero uno, non mi dai noia, né ti ritengo uno squilibrato o chissà che altro. Altrimenti me ne sarei già andata." Disse guardandolo neglio occhi, per trasmettergli tutta la sua sincerità. "Punto secondo io non ho un fidanzato. Tra noi non c'è questo tipo di legame né mai ci sarà. Quello che ci unisce non potrà mai essere classificato in qualcosa di così semplicistico." Lo disse fiera, orgogliosa di quello che con fatica aveva raggiunto e si era costruita. "Terzo, quando ho chiesto di te mi hai risposto con una mezza frase balbettata e una frase falsa. Forse sei te che non vuoi rivelare il tuo passato. Io ho provato a chiederti." Non c'era astio né cattiveria nelle sue parole solo una semplice constatazione dei fatti. "E quarto... Occhio a chi giudichi. Le persone che all'apparenza sembrano normali o brave, a volte possono nascondere altro..." Lo disse con un tono cospiratorio, lieve come un alito di vento. Forse non vi avrebbe fatto caso, ma il suo tatuaggio ondeggiò placido sul suo polso. Un bravo ascoltatore avrebbe udito un sospiro di lamento. Tuttavia si trovavano all'aperto in un luogo carico di rumori. Era difficile cogliere dei sospiri. Poi d'un tratto, così come era iniziato, tutto sparì e Misaki tornò a mostrare la sua solita espressione di gioia. Aveva mostrato le sue carte, ma senza svelare troppo. Infine incrociò le dita sopra il tavolo e con voce neutrale terminò il suo discorso:"Molto bene. Dunque, dicevamo... Ah sì, parlami meglio di te. Vorrei sapere di più su di te, Daniel." Sembrava come se le parole di poco prima non fossero mai state pronunciate.
     
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