Aspettare e sperare

per Ex(ucci)o

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    Arkholfus
    Narrato.
    - Pensato. -
    - Parlato. -


    Arkholfus poteva anche essere stato un grande e potente drago, aver avuto una montagna tutta per sé con cumuli d'oro ed essersi librato in aria libero di andare dove voleva, quando voleva... ma al momento era un ragazzino umano dalla buffa capigliatura rosa e i suoi genitori adottivi non vedevano per nulla di buon occhio il suo desiderio di prendere un biglietto aereo per andare a Londra a trovare una sua "amica", così come aveva definito (Non senza una punta d'imbarazzo) Edwyn davanti a quei fin troppo premurosi coniugi. Ovviamente Arky non aveva alcuna intenzione di cedere e ci sarebbe andato con o meno il loro permesso e i loro soldi ma, ultimamente, aveva iniziato ad affezionarsi a quei vecchietti gentili e semplicemente desiderosi di dispensargli il loro affetto, quindi gli sarebbe dispiaciuto litigare con loro e farli stare in pensiero: fortunatamente i due erano persone sagge e, al di là delle evidenti bugie che il piccoletto aveva raccontato loro su questa misteriosa amica londinese, compresero che per lui era davvero importante vederla e dunque, sia pure non senza timore, acconsentirono al viaggio e gli pagarono il biglietto aereo.
    Ad aiutare il draghetto in quest'opera di convincimento fu il fatto che, grazie alle moderne tecnologie, il volo Roma-Londra era davvero molto breve e, benché fosse comunque un'altra Nazione, non era strano che i giovani romani vi passassero il fine settimana con gli amici, magari una volta al mese. Quindi, per la prima volta in tutta la sua vita, Arky salì su un aereo e sperò per tutta, l'interminabile (ai suoi occhi, quantomeno) durata del viaggio che quel trabiccolo di metallo non precipitasse: non seppe spiegare la sua paura, visto che prima di subire la sua maledizione era particolarmente avvezzo al volo ma, probabilmente, l'essere dentro il ventre di quel veicolo stipato di persone, con bambini urlanti e senza alcun controllo della situazione, aveva acceso la sua ansia più di quanto si sarebbe mai aspettato.
    Fortunatamente quella tortura ebbe una conclusione radiosa e poté toccare terra incolume ma, ahilui, le traversie non erano che appena iniziate: benché, infatti, Arky abitasse in una grande città aveva fatto una vita abbastanza appartata, diversa tra scuola, casa e Morgana... quindi non aveva avuto modo di immergersi nel caos di una metropoli brulicante di persone, tant'è vero che una volta a Londra si trovò spiazzato e confuso, anche perché di Edwyn non aveva nulla se non che un laconico indirizzo che non poteva neppure definirsi tale, dato che mancava di via e di numero civico. - Ma dov'è questa villa Dantes?! - pensava sconsolato di tanto in tanto, mentre il gelo di Londra lo colpiva implacabile e ogni passante che interrogava gli rispondeva con un diniego o uno sguardo sconsolato. Stava per perdere le speranze, quando l'ultimo passante a cui aveva chiesto lumi gli rispose di conoscere dove si trovasse questa benedetta villa, poiché possedeva un'azienda agricola che la riforniva regolarmente di primizie e di bontà varie! Fu un colpo di fortuna inaspettato ma si esaurì a delle buone indicazioni e a quali autobus prendere per arrivarci, poiché l'uomo aveva degli affari da condurre in città e non poteva dargli un passaggio. Fu un'odissea prendere tutte le coincidenze necessarie per arrivare al paesino vicino alla villa ma, alla fine, quasi a tarda sera vi arrivò e sfidando il pessimo tempo londinese, s'incamminò a piedi verso la magione di Edwyn, rischiarato dalla sola luce del suo smartphone.
    Un po' come per l'eroe di un viaggio epico, gli Dei gli dovevano essere avversi poiché, proprio nel bel mezzo del cammino, al vento e al gelo si aggiunse una pioggia battente, violentissima che sembrava volerlo convincere ad tornarsene sui suoi tacchi... ma Arky non demorse e, finalmente, raggiunse l'imponente cancellata della villa, circondata da alte mura di cinta; non ci pensò due volte e, fradicio fino al midollo, si gettò verso l'interfono per suonare il campanello e sperare che vi fosse qualcuno per farlo entrare. Che vi fosse Edwyn, insomma e che, soprattutto, volesse rivederlo. Quanto tempo era passato dal loro prima incontro? Due, tre settimane? Aveva, forse, temporeggiato troppo? Per quanto meravigliosa fosse stata l'esperienza con Edwyn, infatti, aveva avuto paura a cercarla, timoroso magari di non riuscire a trovarla o, più semplicemente, di trovarla completamente dimentica di lui... e adesso, adesso che il vento ululava e la pioggia lo copilva con la sua gragnuola gelida, non poteva far altro che aspettare e sperare.
     
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    Era stata un'esperienza bizzarra, un'esperienza che non si sarebbe mai più ripetuta. Era quello che aveva affermato tra se e se Edmond dopo aver recuperato le sue fattezze maschili una volta giunto alla sua villa. Aveva passato i seguenti giorni ad espellere lo sperma rimasto nel suo corpo attraverso canali non propriamente femminili e quello era bastato a convincerlo a non fare mai più una cosa simile ma c'era una particolarità che ancora non riusciva a spiegarsi. Ricordava tutto quell'evento in maniera piuttosto nebbiosa, non come se fossero suoi ricordi ma come se qualcuno glielo avesse raccontato in maniera piuttosto sbrigativa mentre lui era distratto. Aveva sprazzi di memoria più lucida ma il grosso erano ricordi frammentati e confusi e soprattutto non suoi. Questa strana impressione lo aveva accompagnato per diverso tempo, dopo aver recuperato uno stile di vita più "normale": quei ricordi non gli davano l'impressione di essere i propri. Era come guardare dagli occhi di qualcun'altro e di certo non se lo aspettava da una semplice pozione mutante... doveva solamente cambiare l'aspetto del suo corpo, giusto?
    I veri problemi giunsero più avanti. Iniziò tutto con i sogni. Non passava una notte in cui non sognasse un ragazzo dai capelli rosa piegato su di lui, un piacere crescente sormontarlo e dominarlo e un desiderio incontenibile di averne ancora. Quei sogni proseguirono per diverso tempo al punto da rendergli difficile e frustrante perfino dormire, obbligandolo ad assumere sonniferi. Il secondo passo furono le allucinazioni ad occhi aperti e quelle allucinazioni gli mostravano lo stesso ragazzo dai capelli rosa, piuttosto delicato ma comunque mascolino, parlargli, fargli complimenti sul suo aspetto riferendosi a lui, però, al femminile, apostrofando in maniera piuttosto volgare talvolta delle sue caratteristiche fisiche assenti come le sue "enormi tette". Ciò lo confuse ma soprattutto compromise estremamente le sue capacità di cacciatore portandolo a passare più tempo del dovuto nella sua villa sotto lo sguardo perplesso del suo maggiordomo. Era raro che Edmond saltasse una notte di caccia ma era ancora più raro che ne saltasse due. Impossibile da tre in su. Il terzo passo fu la voce nella sua testa, una voce femminile e familiare che però non riusciva a collegare a nessuno di conosciuto. Una voce insistente che ripeteva un nome come un mantra: Arky. Pretendeva di "uscire", di volerlo incontrare ancora e la sua influenza era tale da invogliare Edmond ad assumere nuovamente quella pozione e questo lo portò a fare più ricerche su di essa. L'inventore fu uno strano Cacciatore poi svanito nel nulla, un certo Godric, che tra le righe della preparazione, scritto molto in piccolo, appose una nota che qualcuno poteva leggere solamente dopo aver subito le controindicazioni di quella pozione e aver maturato la necessaria preoccupazione per poter alimentare il giusto grado di attenzione. Edmond nella sua arroganza aveva completamente ignorato la possibilità che la propria "nuova forma" assumesse una coscienza propria. La pozione non modificava semplicemente l'aspetto ma agiva così in profondità da intaccare il cervello al punto che il proprio aspetto di sesso opposto aveva la possibilità di acquisire un proprio Io. Il libro recitava che la sensazione di avere qualcun'altro nella propria testa svaniva dopo poche ore ma l'intensa esperienza provata dal suo alter ego femminile doveva aver accentuato la sua "crescita" come coscienza fino a maturarla in qualcosa di assolutamente incontrollabile.
    Chiuse il libro sbuffando, portandosi le mani alle tempie per allentare il dolore che lo attanagliava. Quella maledetta voce sembrava essersi calmata almeno per il momento ma doveva assolutamente trovare una soluzione per liberarsi di un fardello simile o rischiava seriamente di impazzire. Affondò nella comoda poltrona davanti al camino acceso e sbuffò di nuovo. Aveva consultato diversi tomi ma nessuno suggeriva un modo per liberarsi da una coscienza nella propria testa come se nessun Cacciatore avesse mai attraversato un simile problema. C'erano libri su come impedire la crescita eccessiva di peli pubici per i licantropi quando in forma umana ma nessuno che lo aiutasse. A causa delle sue giornate passate nella villa indossava sempre più spesso abiti piuttosto comodi ma pur sempre eleganti: un pantalone nero alquanto attillato copriva le gambe lunghe e leggermente muscolose mentre il busto era celato da una camicia bianca dalle maniche rivoltate e qualche bottone aperto sul petto glabro e candido. Non indossava altro, godendosi il calore delle fiamme sui piedi nudi e nonostante i capelli fossero piuttosto arruffati quel fascino simile a quello di una bambola di porcellana non lo abbandonava mai. La sua tranquillità, ahimè, ebbe fine quando l'interfono suonò.

    La persona più vicina a rispondere a quel maledetto aggeggio così potente da risuonare in tutta la villa non era il cacciatore ma il suo maggiordomo, Arthur, che ammirò confuso la figura minuta del ragazzo dalla telecamera nascosta dopo aver corso a perdifiato verso la porta d'ingresso. Non dava l'impressione di essere qualcuno di pericoloso ma di certo non poteva abbandonarlo di fuori sotto quell'improvviso acquazzone quindi non ci volle molto prima che il grosso cancello cominciasse ad aprirsi quanto bastava per farlo entrare e una voce anziana risuonasse dall'interfono.
    Sbrigati ragazzo o ti prenderai un malanno!
    Non era difficile comprendere che dall'altra parte ci fosse un uomo e anche piuttosto avanti con gli anni ma il suo tono energico sarebbe bastato a donare la forza necessaria ad Arky per sfilare una lunga corsa verso il portone già in parte aperto da cui filtrava un taglio di luce calda e accogliente. Una volta giunto all'uscio, lo studente, avrebbe trovato un uomo piuttosto elegante ad attenderlo, un asciugamano steso a terra per permettergli di entrare e non gocciare al suolo. Il maggiordomo chiuse immediatamente la porta alle sue spalle prima che il freddo sovrastasse il calore di quell'abitazione e poi lo guardò perplesso, porgendogli un secondo asciugamano così che potesse strizzarsi la lunga chioma rosa frenando il continuo gocciolare dell'acqua piovana.
    Non so che affari tu abbia qui, giovane, ma non posso permetterti di girovagare completamente zuppo d'acqua. Devo chiederti di spogliarti e indossare uno di questi asciugamani, penserò io a ripulire i tuoi vestiti, intesi?
    Quell'uomo emanava un'aura estremamente autoritaria e nonostante avesse appena chiesto ad Arky di denudarsi di fronte a lui, il ragazzino non avrebbe trovato nessun motivo valido per andare contro al suo ordine.
    Suppongo tu debba incontrare il padrone di casa. Puoi trovarlo nella biblioteca che si trova dietro quella porta.
    Indicò un punto dietro le spalle di Arky e se il ragazzo si fosse voltato si sarebbe reso conto che un breve corridoio si allungava dietro di lui caratterizzato da tre porte: due ai lati e una in fondo. Quella in fondo recitava con una targa metallica la parola: Biblioteca.
    Al suo interno troverai un camino acceso dove poterti scaldare e asciugare. E' tutto chiaro? E mi raccomando, educazione con il signor Dantes, non sta passando un buon periodo.
    Dava fortemente per scontato che fosse lì per il padrone di casa ed era strano che non avesse mai nominato invece una ragazza, una certa Edwyn. Che non la conoscesse? Era ovvio che una fonte come il padrone di quella villa fosse più affidabile di un semplice maggiordomo quindi doveva sbrigarsi prima che l'anziano di fronte a lui iniziasse ad insospettirsi della sua presenza lì.
     
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    Premere il pulsante del campanello non produsse alcun suono, neppure il più piccolo ronzio elettrico, tanto che il piccino prese a chiedersi se il citofono fosse funzionante o, insomma, se vi fosse qualcuno in quella grande e severa villa che ne potesse sentire il suono. Certo, tali timori nascevano dal fatto che si trovava sotto la furia degli elementi e avrebbe tanto voluto sfuggirne... ma non solo: Edwyn per lui era un'incognita e benché avessero condiviso tanto la sera del loro incontro, al punto che non poteva non credere alle parole che gli aveva rivolto, la lunga lontananza, la routine giornaliera e l'immagine che, ogni giorno, lo accoglieva sullo specchio del suo bagno, prese a fargli nutrire dei dubbi sul fatto che volesse rivederlo ancora. Insomma, lei era una donna meravigliosa, ricca e potente, lui un ragazzino che non possedeva neanche il suo reale aspetto: come poteva risultarle qualcosa di più di una piacevole ma unica notte di passione?
    Colpito dalla raffica di questi pensieri più duramente di quelle del vento gelido, chinò il capo mentre, tra lo scrosciare furioso delle pioggia sul suo viso, i suoi occhi stillavano qualche lacrima subito confusa tra i rivoli di acqua gelida. Fu in quel momento, però, che una lama fendette improvvisamente l'oscurità uniforme della facciata della villa e, con un ronzio elettrico, l'imponente cancello si aprì per accoglierlo; stava già per correre in quella direzione che una voce virile, un po', anziana, gracchiò un comando dal citofono già dimenticato, facendolo sobbalzare e guardare con occhi confusi la telecamera del dispositivo. - S-sì! - balbettò come uno scolaro distratto improvvisamente chiamato dal professore, che non sa se gli è richiesto di scusarsi o di far dell'altro, prima di correre a perdifiato lungo l'immenso viale, agognando la stanza calda e asciutta che lo spiraglio di luce sembrava promettergli. Finalmente si ritrovò nell'atrio dell'immensa villa, con un signore compito ed elegante che lo guardava con una certa, rude benevolenza: dagli abiti e dalle parole che subito gli rivolse comprese di trovarsi dinnanzi al maggiordomo di casa e, battendo i denti per il freddo, si sistemò sopra l'asciugamano preparato perché non bagnasse il pregiato parquet o i costosissimi tappeti che si estendevano davanti a lui
    G-grazie, s-siete s-stato d-davvero g-gentile! - per una volta il suo balbettio non era dovuto all'imbarazzo bensì al freddo che lo attanagliava, come ben dimostrava il modo in cui tremava e il modo in cui raccoglieva le braccia al petto, mentre l'acqua gelida gocciolava sull'asciugamano. Era così preso a rabbrividire e a battere i denti che non comprese immediatamente le parole dell'uomo e, infatti, guardò confuso l'altro asciugamano che gli porgevi. - M-mi scusi, m-ma c-che... ih! - pigolò, finalmente capendo cosa gli era stato chiesto e facendo affluire una gran quantità di sangue sulle gote livide dal freddo, tanto che si ritrovò a guardare con tanto d'occhi il maggiordomo, incapace di prendere una decisione. Insomma, non voleva spogliarsi davanti uno sconosciuto e, soprattutto, non voleva andare da Edwyn coperto da un solo asciugamano! Ma non poteva neanche pestare i piedi come un bambino, dopotutto era lì un ospite e quell'uomo era stato così gentile da farlo entrare anche se non lo conosceva! Quindi, obtorto collo, il ragazzino prese a liberarsi dagli abiti eleganti con cui sperava di far colpo su Edwyn, facendoli cadere per terra zuppi e rivelando un fisico minuto, androgino la cui pelle diafana era lucida per l'acqua e intirizzita dal gelo. - P-potrebbe voltarsi un attimo, per f-favore? - chiese all'uomo senza neppure guardarlo negli occhi, al momento che dovette spogliarsi dei pantaloni e, dopo che l'uomo si sarebbe voltato, si sarebbe denudato completamente e coperto il più velocemente possibile con l'altro asciugamano che, una volta posto attorno ai suoi fianchi, avrebbe trattenuto con ambo le mani terrorizzato dalla possibilità di poterlo perdere. Con un lieve tossicchiare, richiamò l'attenzione dell'uomo e adesso era pronto a chiedergli di vedere Edwyn... se soltanto avesse avuto il coraggio di pronunciare il suo nome! Aveva appena schiuso le labbra un po' troppo piene per essere quelle di un ragazzo che l'uomo lo anticipò, dicendogli che il padrone di casa poteva riceverlo nella biblioteca: il draghetto strabuzzò gli occhi e subito la sua mente venne assalita da foschi, tremendi pensieri. Quale padrone? Non doveva esserci una padronA di casa? Possibile che quello fosse il... marito di Edwyn? Senza neppure avvedersi dello spettacolo che stava mostrando al maggiordomo, scosse il capo vigorosamente per scacciare via una tale mostruosità e subito parve pervenire a una verità più sostenibile ma non per questo meno tremenda: suo padre! Era ovvio, la bella e facoltosa signorina Edwyn viveva nella magione di famiglia col severo ma di buon cuore padre, sicuramente ricchissimo e certamente nobile, erano a Londra dopotutto! Come poteva apparire dinnanzi a un tale aristocratico, certamente iperprotettivo nei confronti della figlia, coperto da un solo asciugamano? E poi, come spiegargli il loro legame, la loro semplice conoscenza?
    Arky era totalmente preda di questi dubbi tremendi e, poveretto, fu già tanto che non si fosse a bisbigliare il proprio tormento e imbarazzo... fortunatamente, il maggiordomo lo spronò a non far aspettare l'uomo che, tra l'altro, risultava un po' indisposto e di malumore, stando al suo racconto. - S-sì... v-va b-bene... c-certo, n-non... v-voglio disturbare il s-signor D-dantes! - miagolò con gli occhi bassi e un faccino tutto compunto, come se già si apprestasse a finire sotto gli occhi di quel certamente severo signore. Si diresse, dunque, intimidito verso la porta della biblioteca e, in cuor suo, fu felice di essere stato costretto a buttare i fiori comperati al mattino a Londra (Le ore passate a vagare senza meta e poi il vento del temporale li avevano rovinati): se, infatti, gli dispiaceva essere lì a mani vuote, sarebbe stato più semplice farsi passare per un amico agli occhi del padre senza un dono tanto compromettente!
    S-si... può? - chiese con un sussurro, dopo che bussò lievemente e troppo brevemente alla porta, timoroso di disturbare l'uomo che, inconsapevolmente, lo aspettava.
     
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    Era chiaro che il ragazzo fosse corroso dall'imbarazzo per la richiesta dell'anziano maggiordomo ma per quanto l'uomo avesse compreso il tipo di disagio che attanagliava il giovane ragazzo non accennò mai un espressione altrettanto disturbata dall'idea di vederlo nudo. Aveva i suoi anni e sicuramente aveva visto la sua ingente quantità di corpi nudi di ogni sesso quindi non sarebbe stato quello minuto di un ragazzino a smuovere la sua impeccabile calma e professionalità. Lo stesso non si poteva dire del loro inaspettato ospite che addirittura chiese ad Arthur di voltarsi così da poter terminare la sua vestizione. Il maggiordomo lo osservò per qualche secondo, perplesso e contrariato, ma consapevole del disagio del ragazzo si limitò a borbottare tra se e se mentre compiva quei pochi passi che gli permisero una lenta rotazione di centottanta gradi sufficiente a dargli le spalle e assicurare quel briciolo di privacy di cui aveva bisogno. Fortunatamente non ci volle molto prima che il lieve colpo di tosse gli suggerisse la possibilità di tornare a guardarlo e quando si voltò, il ragazzo aveva finalmente terminato il suo compito. Annuì silenziosamente e con la velocità di un uomo abituato a raccogliere panni in luoghi dove non dovrebbero trovarsi, le sue mani ossute afferrarono e impilarono con perizia tutti i capi di abbigliamento sul suo braccio preoccupandosi di non piegarli o stropicciarli più del dovuto mentre il loro ospite si allontanava dall'ingresso per dirigersi alla meta indicata. Si concesse qualche altro attimo per osservarlo confuso chiedendosi quali motivazioni potessero spingere un ragazzo così giovane ad arrivare fino a quella villa in un giorno di pioggia vestito così elegante e provvisto addirittura di un mazzo di fiori. Era consapevole del fare donnaiolo di Edmond ma era piuttosto sicuro che un omino del genere non avesse mai potuto stuzzicare nulla in lui da giustificare una sorta di appuntamento galante. Fece spallucce. In fondo era troppo vecchio per immischiarsi negli affari dei giovani. Troppo vecchio e troppo svogliato. Si diresse quindi verso la lavanderia.

    Per Edmond lo scambio di battute fra l'ospite e Arthur risultò molto ovattato a causa della porta chiusa e della distanza. Li percepiva parlare ma non c'era modo per lui di capire cosa si stessero dicendo o di chi fosse la voce del nuovo arrivato. Comprese che era maschio e forse molto giovane ma nulla di più. Non gli fu difficile arrivare alla conclusione che il maggiordomo lo avesse costretto a spogliarsi dato il diluvio che troneggiava all'esterno a meno che non fosse stato provvisto di ombrello ma il tempo era cambiato così repentinamente che escluse quella possibilità. Accennò un sorriso. Arrovelarsi il cervello su pensieri simili non aveva nessuna reale motivazione o interesse se non quello di tenere impegnata la mente. Temeva che un momento di vuoto avesse potuto far tornare a galla quelle maledette voci quindi ogni pensiero era buono per tenersi occupato. Picchiettò diverse volte le dita, nervosamente, sulla copertina rigida del libro prima di afferrarlo saldamente così da poterlo posare sul basso tavolino tra le due poltrone, entrambe rivolte verso la fiamma calda e scoppiettante del camino. Improvvisamente le due presenze smisero di discorrere e il suo orecchio captò prima dei passi avvicinarsi e poi altri allontanarsi. Il secondo doveva essere il maggiordomo, il primo il suo ospite. Arthur lo aveva indirizzato da lui e l'idea di dover scacciare qualcuno in maniera sgradevole lo fece innervosire. Chiunque fosse stato non era abbastanza importante da disturbarlo in quel momento quindi il Cacciatore preparò, nella sua testa, il metodo più elegante e forbito per invitare il nuovo arrivato a levarsi riccamente dai coglioni. La frase elaborata lo soddisfò e fu pronto a sfruttarla prima che la voce, dall'altro lato della porta, la cancellasse, come un uragano avrebbe cancellato un piccolo mucchietto di sabbia. Strizzò gli occhi per il dolore tanto da portarsi nuovamente le mani alle tempie in un vano tentativo di alleviarlo mentre quella voce tornava a tuonare nelle profondità del suo cerebro con un tono estremamente gioviale e frizzante, come quello di una ragazza che non vede l'ora di aprire la porta al suo amato. Edwyn non poteva fisicamente farlo ma il terrore di sentirla cinguettare la sua gioia senza freni fu una motivazione più che solida per accontentarla e sperare di sentir tornare il silenzio.
    Prego, entra. Chiudi la porta.
    Il suo tono non fu scorbutico ma nemmeno felice. Probabilmente una risposta così neutra eppure ospitale Arky non l'aveva mai ricevuta ma l'uomo seduto sulla poltrona non lo degnò di uno sguardo, rimanendo seduto al suo posto proprio a causa del suo malessere che il ragazzo non poteva ovviamente comprendere. Edwyn era in visibilio, fin troppo, tanto da costringerlo a sussurrare tra se e se di calmarsi, ricevendo un inaspettato assenso che la portò solamente a mormorare la sua gioia nelle sinapsi del Cacciatore. La stanza dove il giovane si ritrovò era piuttosto semplice ma accogliente: dal capo opposto dell'entrata un grosso camino comandava tutto l'arredamento e davanti ad esso solamente due comode poltrone e un tavolino gli facevano compagnia. Ai lati del piccolo "salottino" un gran numero di scaffali e libri adornavano le pareti fino a nasconderle completamente. In alto un elegante lucernario avrebbe dovuto illuminare la biblioteca ma ora, spento, lasciava quell'arduo compito solamente alla fiamma luminosa e imponente all'interno del camino.
    Il Cacciatore non aggiunse altro e lasciò che tornasse il silenzio, un imbarazzante silenzio che vedeva l'uomo alle prese con una gioia non propria all'interno del suo cervello e Arky ancora alla ricerca di una donna simile ad un fantasma e in compagnia del padrone di casa di cui non conosceva assolutamente nulla.
     
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    Arky era decisamente intimidito dalla situazione inaspettata che stava vivendo, non solo perché si stava spogliando dinnanzi a un severo maggiordomo (Che, fortunatamente, acconsentì alla sua richiesta di girarsi) in una grande magione arcigna e sconosciuta ma, soprattutto, perché avrebbe dovuto incontrare quello che forse era il padre di Edwyn! Come non sentirsi oppresso a ogni passo, tremante non solo per la leggera umidità rimasta sulla sua pelle ma anche per la paura che dilagava nel suo animo? Fu un breve tragitto quello che lo stava portando all'ingresso della biblioteca ma il draghetto ne ebbe una ben diversa percezione: come un condannato a morte, infatti, dilata ogni attimo che lo separa dal patibolo, così lui visse ogni singolo passo che lo avvicinava alla porta in legno massiccio e alla prova che lo attendeva dietro di essa. Alla fine vi giunse innanzi e bussò delicatamente, chiedendo il permesso di entrare: per qualche attimo il vuoto lasciato dalle sue parole fu colmato soltanto da un silenzio carico di tensione poi, quasi all'improvviso, risuonò una voce maschile, forse un po' atona ma non ostile; il piccino deglutì rumorosamente e, gonfiato il petto delicato con tutto il suo coraggio, entrò d'impulso chiudendo velocemente la porta dietro di sé per poi rimanere impalato poco oltre l'uscio, guardando stupito e imbarazzato assieme la figura che sedeva nella poltrona accanto al camino. La stanza non aveva altra fonte luminosa che non fosse quel fuoco scoppiettante, dunque all'inizio non riuscì a distinguerne bene i lineamenti ma, vuoi i lunghi capelli bianchi, vuoi la statura simile per un attimo pensò di avere di fronte la sua Edwyn, poi mise meglio a fuoco e capì, non senza una certa delusione, di essersi sbagliato. Delusione a parte, però, la situazione era assai migliore di quanto si aspettasse: anziché il burbero pater familias che si aspettava di vedere, infatti, c'era un giovanotto dall'aspetto elegante e quasi principesco, dai tratti molto delicati pur senza essere completamente privi di una mascolinità affascinante, dal volto un po' sofferente e teso.
    Subito il cuore del piccino perse un battito dalla gioia, arguendo dall'aspetto del giovane di trovarsi di fronte non a un fidanzato o chissà cos'altro bensì a un fratello o a un cugino, poiché la somiglianza con la sua Edwyn era davvero troppa! Il sorriso, però, che si era spontaneamente disegnato sul suo visetto scomparve pochi attimi dopo nel realizzare che, comunque, un fratello poteva essere premuroso e geloso quanto un padre, quindi doveva comunque mostrarsi all'altezza! Inoltre il maggiordomo lo aveva informato che il "signor Dantes" si sentiva poco bene e il suo aspetto lo provava assolutamente, dunque doveva stare ben attento a non provarlo troppo o, peggio ancora, a irritarlo! Si riscosse, dunque, dai suoi pensieri e si avvicinò timidamente alla luce e, dunque, al padrone di casa; oltre a tenere con la mano sinistra l'asciugamano, affinché non gli cadesse di colpo, teneva il braccio destro in diagonale sul petto, mosso dal pudico desiderio di coprire quanta più pelle visibile all'uomo.
    Ecco, finalmente era di fronte a lui... ma che dirgli? - B-buo... buongiorno! - balbettò, prima di accorgersi che fosse sera inoltrata e che avesse detto una gran castroneria, tale che le sue guance si accesero come due semafori. - Cioè, b-buonasera! Io sono un... u-un amico di Edwyn, l-lei è in casa? - miagolò tutto assieme, strizzando gli occhi come se fosse sopraffatto dallo sforzo mentale necessario per inanellare quelle poche parole, neanche fosse uno studente sotto interrogazione. Sfortunatamente, non appena pronunciò quella domanda si accorse che aveva sbagliato tutto quello che poteva sbagliare: non si era neppure presentato come si doveva, che razza di figura stava facendo?! - Oh, m-mi scusi... io sono A-arkholfus. - pigolò e insultandosi mentalmente per essersene uscito con un "oh" tanto stolido e insensato, mentre gli porgeva la mano da stringere prima di arrivare abbastanza vicino alla poltrona perché il giovane potesse stringerla, cosa che lo fece avvampare ancora. Aveva fatto così tanti sbagli! Possibile che quel giovane rampollo potesse soprassedere a simili mancanze dell'etichetta e a una tanto crassa dimostrazione di stupidità e goffaggine? Il draghetto sperò vivamente di sì.
     
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    Edwyn era calma ma per quanto fosse solamente una coscienza estranea in un cervello non suo, Edmond riusciva a percepire chiaramente l'impazienza bollire in quel pentolone di sentimenti fuori controllo. Dopotutto non era avvezza alla vita e all'indipendenza e quel ragazzo doveva essere stata la prima esperienza intensa della sua vita. Ciò che lo incuriosì e preoccupò allo stesso momento fu il medesimo sentimento iniziare a crescere dentro di lui come se la "donna" stesse iniziando a influenzarlo... sperava involontariamente. Rimase tranquillo sulla poltrona, silenzioso, e non aggiunse altro dopo l'invito al ragazzo ad entrare e a differenza di lui non trovò nessuna oppressione in quel lunghissimo silenzio spezzato solo dallo scoppiettare del fuoco. Iniziava però a chiedersi quanto tempo intendesse passare il suo ospite davanti la porta, alle sue spalle, a fissarlo fastidiosamente e fu tentato di rinnovare l'invito ad avvicinarsi prima che una fitta nei suoi pensieri lo anticipasse. Edwyn lo chiamava come una fidanzatina chiama il suo ragazzo per fargli una sorpresa piccante e non ci fu nessun modo per il Cacciatore di fermare quell'assurda e imbarazzante follia che solo lui poteva udire. Quando il ragazzo fosse stato di fronte a lui cosa sarebbe successo? Edwyn gli avrebbe spezzato la mente a forza di grida di gioia? Non era malvagia o crudele, peggio, era profondamente attratta e innamorata di quel ragazzino che lui si era ritrovato diverse volte nei sogni e che ora iniziava finalmente ad avvicinarsi a lui.
    Era un guerriero e non gli fu difficile sentire quella flebile aura spostarsi dietro di lui, lentamente, emanando un delicato sapore di inumano. Quindi lo sposo della sua coscienza invasiva non era neanche umano? Se l'era scelto davvero bene. Dovette attendere ancora qualche secondo di vergogna prima che il fuoco illuminasse il suo ospite imprevisto e obbligasse Edmond a sollevare gli occhi dorati e poco curiosi verso di lui analizzandone l'aspetto. Non era poi così alto, non era poi così atletico, non era poi così virile ma possedeva lo stesso medesimo fascino di una giovane bambola o di una gustosa caramella se si prendevano in considerazione anche quei buffi capelli rosé e quei tentativi di coprirsi chissà quali inesistenti vergogne lo rendevano indubbiamente tenero e carino alla vista... ma Edwyn non era della stessa idea. Se da un lato il Cacciatore trovava il suo aspetto giovane e delicato gradevole, dall'altro lato la sua controparte femminile non vedeva l'ora di saltargli addosso col suo corpo inesistente provocandogli non pochi problemi a rimanere il più neutro possibile davanti al ragazzo.
    Buongiorno anche a te Arkholfus. Io sono Edmond.
    La sua voce, seppur così calma e tranquilla, venne sporcata per quella breve frase da una macchia di sarcasmo atta a canzonare il buffo approccio del suo ospite impacciato mentre allungava una mano a stringere la sua in maniera estremamente delicata e signorile, molto similmente al tocco di un'elegantissima donna per poi abbandonarla ed usare la stessa mano per indicare la poltrona al suo fianco.
    Prego, non mi sembra il caso che tu stia impalato di fronte a me tutto il tempo. Accomodati e goditi il calore.
    Lui fece lo stesso, tornando a sprofondare nella comodità per poi attendere che il ragazzo facesse lo stesso prima di riprendere il discorso con una certa difficoltà. Approfittò di quei pochi secondi per imbastire una storiella che motivasse l'assenza della donna che tanto andava cercando.
    Edwyn è... fuori a caccia per ora. Spero per te non rimanga fuori tutta la notte o dovrai aspettare parecchio.
    La coscienza non fu esattamente felice di quella storiella e mentre malediva il Cacciatore per quella scusa tentò di allungare le sue braccia inesistenti verso il ragazzo ma soprattutto verso il suo asciugamano con lo scopo, irrealizzabile, di strapparlo via. Era impaziente, lo era stata dall'arrivo di Arky ma ora un certo calore le stava nascendo dentro ma il vero problema fu che stesse nascendo anche all'interno del Cacciatore.
    Avete già fatto sesso, voi due?
    Chiese senza pensarci pentendosi subito dopo.
     
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    Il giovane lord (Non poteva essere altro che quello!) lo squadrò dalla testa ai piedi proprio mentre il draghetto gli stava porgendo la mano, facendolo avvampare ulteriormente di pura e semplice vergogna. La causa di tutto questo rossore, però, non poteva ricondursi nella sola inadeguatezza del suo "vestiario", né nel modo impacciato e chiaramente intimidito con cui si era presentato a quell'elegante rampollo, bensì nello sguardo che quest'ultimo gli aveva rivolto e, a conti fatti, giudicato: certo, nel volto impassibile del giovane non trasparì alcunché, ma l'occhiata stessa che gli aveva lanciato, così negligente e prive di reale interesse che il draghetto credette di essere stato immediatamente catalogato come nullità. Da una parte il suo orgoglio di drago ruggì ma, immediatamente consapevole dell'aspetto con cui si stava presentando, non poté che accettare quel supposto giudizio con tutta la rassegnazione del caso.
    Ovviamente non gli sfuggì il lieve sarcasmo usato dal giovane che, nel rimarcargli quel suo grossolano errore, lo fece avvampare ancora di più mentre quasi non gli stringeva la mano, limitandosi a un imbarazzato e lievissimo contatto. - P-piacere m-mio, Edmond. - disse soltanto, rimanendo impalato in piedi davanti al suo padrone di casa senza ben sapere cosa fare o dire. Fortunatamente Edmond (Doveva essere un'usanza di famiglia chiamare così i propri figli!) dovette notare quella sua irresolutezza e lo invitò a sedersi nella poltrona di fronte alla sua, mentre tornava ad accomodarsi. Il draghetto fissò la poltrona che gli era stata indicata come se la stesse vedendo per la prima volta, anzi come se non avesse mai visto una poltrona in vita sua, poi accorgendosi della magra figura che stava facendo quasi sobbalzò e si precipitò a sedersi. - Oh, m-ma certo, g-grazie... m-molto gentile. - miagolò con una vocetta imbarazzatissima, sedendosi sull'orlo della poltrona per la tensione e a gambe ben unite, timoroso che l'asciugamano potesse aprirsi per sbaglio, così rigido e teso da sembrare sul punto su scoppiare in mille pezzi. Ovviamente il silenzio calò sulla stanza in un attimo e lui non ebbe il coraggio di spezzarlo in alcun modo, anzi si accorse di star respirando persino sommessamente, mentre le sue gote si facevano sempre più rosse. Fortunatamente il giovane volle interrompere per un attimo il corso incessante del silenzio per informarlo del fatto che Edwyn fosse fuori a caccia e che non sapeva quando sarebbe tornata; immediatamente Arky sembrò colpito da un peso inaspettato, tanto curvò triste il capo e le spalle, non soltanto deluso di non trovarla in casa e di non sapere quando sarebbe tornata ma anche preoccupato per lei, per la sua incolumità, immaginandola a cacciare in quella notte tempestosa chissà quale mostruosità. Si riprese ben presto, però, consapevole a cosa andava incontro andando in quella casa al buio e sapendo bene quale fosse la missione della sua bella. - Non... non importa, signor Dantes, l'aspetterò tutto il tempo necessario. - rispose stavolta più risoluto e rivolgendogli persino un sorriso che, però, non sembrava essere per lui dolce com'era, bensì per la sua coraggiosa sorella. - O-ovviamente s-se non p-porto disturbo! - balbettò subito dopo, ritornando rigidissimo e arrossendo tutto per quella gaffe: non voleva certo dare l'impressione di star disponendo di quella casa come se fosse sua!
    Se, però, l'imbarazzo provato fino ad allora era stato ragguardevole, la successiva domanda del giovane lo portò a un parossismo tale che il povero Arky, per alcuni, lunghissimi istanti, non fu più in grado nemmeno di respirare: alla domanda, infatti, se avesse già fatto sesso con Edwyn, il draghetto sobbalzò come un gatto a cui fosse stato lanciato addosso un secchio d'acqua, sgranò gli occhioni e assunse il colorito di un semaforo acceso. - C-c-c-come?! - pronunciò quella singola parola come se gli si fosse incastrata in gola e avesse dovuto tirarla fuori una "c" alla volta. Il piccino era oltre ogni parossismo dell'imbarazzo, incapace di pensare o finanche di respirare! Che fare? Come rispondergli? Non poteva dirgli la verità, era una cosa privata, non sapeva se Edwyn avrebbe approvato o meno e poi... non poteva dirlo e basta! - N-noi siamo a-amici e b-basta, n-non... n-non è s-successo niente tra noi d-due. - pigolò abbassando lo sguardo e torcendosi le manine dall'imbarazzo, senza avvedersi che, con i suoi movimenti scomposti, aveva scoperto parte delle gambe e che, adesso, l'asciugamano minacciava di aprirsi al prossimo sobbalzo.
     
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    Sollevò delicatamente la mano destra, aprendola come un delicato artiglio per poter raggiungere con i polpastrelli entrambe le tempie in una volta sola. Si sentiva sollevato dalla felicità di Edwyn ma quella coscienza non si rendeva conto del peso che lui stava sopportando. Ogni pensiero non suo lo confondeva e gli annebbiava la vista per brevi momenti e gli faceva provare l'inquietante sensazione di non avere controllo sul proprio corpo. Aveva provato ciò a seguito dell'invadente e bizzarra domanda che era uscita più dalla bocca inesistente di Edwyn che dalla sua ma per quanto fosse stata felice di sentire Arky così determinato ad aspettarla da quella falsa battuta di caccia, la stessa emozione non si ripresentò quando il giovane, timidamente, negò di aver avuto un qualunque tipo di incontro piccante con lei. Edmond sospirò, conscio che quel quesito non fosse uscito per suo volere, massaggiando le proprie tempie lentamente, concedendosi qualche secondo per chiudere gli occhi così da potersi rilassare al meglio possibile e ponderare le sue prossime parole. Ammesso fossero state le sue.
    Arkholfus...
    Aveva seriamente sperato che la scusa dell'uscita fosse bastata a farlo desistere, a farlo andare via deluso ma quel ragazzino si era dimostrato fin troppo resiliente nei suoi intenti e ora la situazione iniziava lentamente a sfuggirgli di mano soprattutto dopo la sua bugia. Edwyn inizialmente non agì e il suo impatto su Edmond si affievolì come se la piccola coscienza fosse andata a rintanarsi in un angolo scuro della sua mente e in quel breve momento il Cacciatore fu in grado di rivolgersi tranquillamente al suo ospite. Per una sola singola parola. L'attimo seguente la coscienza femminile tornò a galla con violenza e in essa Edmond riuscì a percepire diverse emozioni, contrastanti tra loro. Edwyn era attratta da lui più che mai ora che giaceva praticamente nudo davanti a loro ma lo malediva per aver mentito proprio davanti a lei, inconscia del fatto che nessuno, a parte Edmond, poteva sapere della sua esistenza. Se avesse avuto un corpo reale avrebbe iniziato a lanciare oggetti ma si limitò a lanciargli silenti insulti che rimbombavano solo nelle orecchie dell'uomo come "stupido sexy ragazzino". Quello significava essere una donna? Possedere un incontrollato flusso di emozioni che alla fine si mescolavano tra di loro in maniera incontrollata? Benedì il suo essere uomo ma maledì il suo mal di testa crescente.
    E-Edwyn mi ha parlato molto di te. Non è mai scesa nel dettaglio... è una ragazza piuttosto timida soprattutto quando si tratta di raccontare fatti imbarazzanti a me.
    Non era partito con quell'intento, non era nei suoi piani mettere una buona parola su Edwyn. Il piano originale prevedeva l'inventarsi ulteriori scuse per mandare via quell'imprevista presenza nella sua casa ma la pesantezza di quella coscienza nel suo cervello era tale che doveva trovare un modo per tranquillizzarla e, improvvisando, riuscì ad elaborare solo quello.
    Ha detto di aver incontrato un ragazzo gentile ma aitante. Delicato ma... passionale e poi se n'è andata come una ragazzina innamorata.
    Riuscì a percepire un cambiamento e ben presto la delusione e la furia di Edwyn si trasformarono di nuovo in imbarazzo e calore riportando la pace nei suoi pensieri ma di nuovo quella fastidiosa sensazione di trovare quel ragazzo fortemente attraente portandolo a mordersi il labbro inferiore per un istante mentre il suo sguardo cadeva sull'asciugamano che celava un tesoro piuttosto ovvio.
    Ma se hai detto che tra di voi non c'è nulla... non devo sentirmi in colpa a pensare che tu sia davvero un bellissimo ragazzo.
    Inclinò la testa da un lato, sorreggendola con le nocche della mano e Arky, nei suoi occhi, poté notare la stessa luce con cui Edwyn lo aveva osservato nel loro primo incontro. Sperò vivamente di metterlo a disagio con una frase simile obbligandolo a lasciare la villa ma non aveva tenuto da conto di una cosa. Edwyn dentro di lui stava iniziando ad eccitarsi e il corpo del Cacciatore reagì cominciando ad emettere un lieve strato di energia erotica molto simile a feromoni, avvolgendo prima la coppia con essi e in breve tempo tutta la stanza. Un semplice ragazzo come lui non avrebbe mai potuto ignorare i suoi "scottanti" effetti.
     
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    Il draghetto aveva ancora lo sguardo chino e le gote arroventate dall'imbarazzo, tesissimo per la domanda che gli era stata rivolta e per la bugia che aveva dato in risposta, col cuore che gli batteva all'impazzata nel piccolo petto a causa di un indefinito ma intenso senso di paura... ma di cosa, esattamente? Che Edmond potesse scoprire la bugia o che questa bugia, creduta, potesse portare qualche nefasto dono? Forse entrambe le eventualità lo tormentavano, sta di fatto che il piccino sobbalzò quasi spaventato nel sentirsi chiamato dal giovane lord (Impossibile levargli questa idea dalla testa, ormai!), rialzando di tutta fretta lo sguardo e mostrandogli due occhioni spauriti da cerbiatto, timoroso com'era di sentire le parole e, chissà, forse la condanna dell'uomo.
    Incontrò nuovamente quel volto bello, fine ma allo stesso tempo prostrato da un male invisibile, forse da un tedio incessante o, meglio ancora, da un'aristocratica ennui che gli intorpidiva l'animo e la mente, eppure i suoi occhi erano brillanti e acuti, quasi penetranti e Arkì dovette dominare un moto d'imbarazzo per evitare di abbassare nuovamente lo sguardo. Stette ancora così, trattenendo il respiro dalla tensione mentre aspettava quelle parole, quel prosieguo al suo nome che non sembrava mai dover giungere, tanto che quando Edmond riprese a parlare il piccino riprese a respirare quasi con un singulto, col cuore che gli balzò al petto di colpo. Davvero Edwyn gli aveva parlato di lui?! Possibile che una creatura tanto bella e straordinaria possa spendere qualche parola col fratello su di lui? Sulle sue guanciotte dilagò un intenso rossore che, però, non aveva nulla a che fare con l'imbarazzo, bensì con la gioia che una simile notizia gli aveva suscitato e, di colpo, su quelle labbra dapprima serrate dalla tensione si posò un sorriso leggero e profondamente intenerito dall'immagine di una Edwyn timida e dolce evocatagli dalle parole del fratello.
    Tale sorriso, però, era destinato a spalancarsi ancora di più e a fargli assumere un'aria sognante e stupita assieme, decisamente buffa, quando Edmond continuò a parlare, rivelandogli precisamente cosa avesse detto di lui, la bella cacciatrice: dapprima, infatti, il piccino spalancò gli occhioni stupefatto poi, a ogni nuovo, inaspettato complimento gonfiava un po' di più il petto e sollevava il mento, come se il suo orgoglio di drago, sia pure in quella manifestazione buffa e tenera, si fosse risvegliato e stesse lì a crogiolarsi nell'opinione pressoché lusinghiera che la giovane aveva di lui. Aitante, lui, aitante! In quel momento tanto prezioso, in cui sembrava che uno stormo di cherubini sarebbe venuto ad afferrarlo per le braccia e portarlo ad ascoltare i cori celesti, non solo credette ciecamente al fatto che Edwyn dicesse e pensasse una simile iperbole ma che lui lo fosse oltre ogni evidenza! Insomma, alla fine delle sue rivelazioni, Edmond, avrebbe avuto la sensazione di trovarsi dinnanzi più a un pavone che a un drago, tronfio com'era della ruota di complimenti che l'adornava... e, in tal senso, fu proprio la vanità del piccino a non farlo reagire con la giusta prontezza all'uscita scottante e imprevedibile dell'uomo, poiché era a tal punto immerso nello gradevole scroscio di quei complimenti che il "bellissimo" del giovane gli giunse scevro da qualsivoglia connotazione maliziosa o inopportuna, quasi come se fosse l'inevitabile omaggio che l'uomo doveva fare alla beltà descritta da sua sorella. Per questo motivo Arky assentì col capo, con gli occhi socchiusi dal piacere, finché non riaprì questi ultimi e non li pose nuovamente su quelli del suo padrone di casa, trovando uno sguardo che conosceva bene, uno sguardo che lo fece fremere nel profondo. Uno sguardo, però, assolutamente fuori posto!
    L'uomo, infatti, lo stava guardando bramoso come avrebbe fatto la sorella, tanto che il draghetto finalmente colse la sfumatura maliziosa di quel complimento e, spalancando occhi e boccuccia, avvampò come un cerino: - Oh! - esclamò stupidamente, senza ben sapere perché se ne fosse uscito così. - I-io... e-ecco... - balbettò, senza ben sapere che dire, con tutto il suo orgoglio che si era dileguato come un topolino spaventato e aveva lasciato un imbarazzato stupore che, mai, avrebbe desiderato essere sotto lo sguardo di chicchessia, pensiamo uno sguardo tanto famelico. - L-la r-ringrazio, s-signore m-ma... e-ecco, i-io... - lui cosa? Saperlo! - E-ecco, ehm, i-io... - ormai il draghetto stentava a ricordare un linguaggio non formato soltanto da pronomi personali e avverbi ma, presto, avrebbe subito un'amnesia comunicativa ancora più grande: nel baraonda, infatti, del suo corpicino in tumulto non aveva notato al fatto che si sentiva sempre più caldo o, meglio, lo aveva notato ma l'aveva ascritto all'imbarazzo che, come una calda marea, lo aveva ricoperto tutto... invece, abbassando lo sguardo finalmente vinto, si era imbattuto in un imbarazzante rigonfiamento del suo asciugamano, dovuto a un'iniziale ma promettente erezione! - Ih! - squittì senza motivo, saltando quasi sulla sedia mentre si copriva con le manine quel bozzo vergognoso e gli rivolgeva uno sguardo confuso, mortificato e cercando qualcosa da dire che potesse in qualche modo discolparlo o scusarlo... - N-no! - ...senza trovarlo, tant'è che chiuse gli occhioni e avvampò come non mai, senza sapere che fare se non far finta che davanti a lui non ci fosse nessuno e che lui non stesse per prendere fuoco dalla vergogna.
     
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    Morse più di quanto poteva masticare e non fu qualcosa che lo stupì più di tanto. La confusione nella sua testa lo aveva prima spinto a fargli più complimenti del dovuto solamente per tenere buona Edwyn e poi ad accennare una piccola avance con lo scopo di sperare in una reazione disgustata. In quel modo Arky se ne sarebbe andato senza che fosse direttamente colpa sua e la coscienza dentro di lui non avrebbe potuto condannarlo o tormentarlo in nessun modo per quello che sarebbe accaduto. Non aveva tenuto conto di due fattori: Edwyn, nella sua mente, iniziava ad influenzarlo più di quanto potesse sopportarlo e Arky si era rivelato un giovincello dall'atteggiamento ben più che appetitoso soprattutto per un predatore come lui. In una situazione normale avrebbe potuto controllarsi facilmente e fare appello al buonsenso necessario a non aggredirlo, ricordando a se stesso che c'era molto di meglio di un ragazzino androgino e balbettante ma il suo alter-ego femminile fu così compiaciuto dalla reazione che ebbe il piccolo draghetto di fronte alle parole di Edmond che il Cacciatore stesso non si rese conto che il suo sguardo non riusciva a staccarsi dalla figura tremolante e imbarazzata del suo ospite.
    Quella strega stava facendo leva sui suoi istinti più immorali e probabilmente non se ne stava neanche rendendo conto. Se avesse avuto un corpo non ci avrebbe pensato due volte a gettarsi addosso al suo amato ma in assenza di esso si limitò a proiettare nei ricordi di Edmond immagini del loro primo focoso incontro, immagini che eccitarono l'uomo quanto bastava ad accennare un lieve sorriso nello squadrare quel ragazzino di fronte a lui.
    Rimase immobile in quella posizione, muovendo di tanto in tanto le dita sotto al proprio mento così da poterle sgranchire. Si era gonfiato come il più arrogante dei galletti nel sentire come Edwyn aveva "parlato bene" di lui ma ora che si trovava davanti ad un ostacolo imprevisto era tornato nel suo tenero e timido mondo privo di contatto visivo diretto e frasi di senso compiuto. Il Cacciatore si morse il labbro inferiore, strizzando un occhio in un piccolo gesto di sforzo e solamente in quel momento comprese che anche se il suo primo obiettivo era stato quello di scacciarlo, ora non vedeva l'ora di mettergli le mani addosso. Non poteva prendersela con nessuno... si era dato la zappa sui piedi da solo.
    Ma guarda un po'... basta così poco? O forse magari pensi la stessa cosa di me, giovanotto?
    Avrebbe potuto coprirsi quanto voleva ma sia l'olfatto, sia la vista del Cacciatore erano abbastanza affilati da notare il suo piccolo grande problema. Il suo ospite non era riuscito a rifiutare gli effetti della presenza di un Cacciatore eccitato e Edmond trovò estremamente tenero e arrapante il suo vano tentativo di negare l'ovvio, tanto che posò entrambe le mani sui poggioli della poltrona per potersi dare la spinta e raggiungere la posizione eretta, ergendosi come una statua davanti al povero pulcino così da metterlo parzialmente in ombra ostacolando le fiamme dietro di lui. Non aveva bisogno di compiere troppi passi per raggiungere Arky e di certo non gli costò nessuna fatica abbassarsi su un ginocchio di fronte alla sua poltrona, di fronte a lui. Entrambe le mani carezzarono le sue gracili gambe le dita delicate ma incredibilmente forti avrebbero afferrato le ginocchia, allargandole delicatamente così da permettere alla mani sinistra di insinuarsi sotto l'asciugamano, nascosta alla vista di entrambi. Se a quel punto Arky avesse trovato il coraggio di guardare l'uomo inginocchiato davanti a lui, avrebbe trovato di nuovo gli occhi dorati di Edmond allineati con i suoi sempre più simili a quelli della sua adorata Edwyn, affilati come rasoi e pregni di un desiderio quasi animale e selvatico.
    Mi sembri un giovane educato e gentile. Converrai con me che è estremamente volgare che mia sorella ti trovi con il cazzo totalmente in tiro... ma posso aiutarti a rilassare tutta questa tensione.
    Il suo tono era così caldo e tranquillo da risultare quasi inquietante eppure così gradevole e caratterizzato da un tepore avvolgente tanto quanto quello della fiamma scoppiettante nel camino. Edmond non attese poi così tanto la risposta del suo ospite e la mano sinistra trovò con ben poca difficoltà la sua meta. I polpastrelli scivolarono sul tessuto del suo intimo che a malapena conteneva la sua prorompente virilità e poi le dita si aprirono come un artiglio, richiudendosi subito dopo intorno ai suoi genitali in modo tale da contenerli nella loro interezza, massaggiandoli ondeggiando le dita stesse intorno al loro corposo premio ancora coperto dal sottile tessuto. Tutto questo fissando Arky negli occhi.
     
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    Quando Edmond si alzò Arky aveva ancora gli occhioni chiusi, strizzati come quelli di un bambino spaventato ed era sconquassato dal più intenso maremoto di vergogna che l'avesse mai colto eppure, nel percepire la luce del fuoco venire meno e un'ombra sovrastarlo, fu colto da un breve ma intenso brivido che, purtroppo per lui, non poteva essere considerato di vera paura. Quando, infatti, s'arrischiò ad aprire gli occhi e si ritrovò il volto del giovane troppo, troppo vicino al suo, il suo guardo non fu di terrore, come doveva essere, ma di una genuina e sincera estasi: la bellezza dell'uomo, infatti, lo colpì con viva forza e il draghetto poté fare ben poco oltre a spalancare gli occhioni e la boccuccia, assumendo un'espressione tanto buffa quanto tenera, anche per via di quelle guanciotte che continuavano a essere a dir poco paonazze. Così lo guardò stupito e indifeso mentre l'uomo s'inginocchiava davanti a lui, più vicino che mai, e senza alcun tentennamento o pudore di sorta portava le sue mani a carezzarle le ginocchia nude, facendolo fremere come un pulcino bagnato.
    Ah...! - miagolò senza alcun motivo, sobbalzando e ritrovandosi a stringere istintivamente le ginocchia l'una con l'altra, anche se non vi riuscì perché bastava le debole pressione di quelle mani morbide e belle per vincere le sue scarse forze. Allora il piccino trasalì e annaspò col respiro, senza sapere cosa dire e cosa fare, limitandosi a premere ancor di più le manine contro il bozzo che riempiva l'asciugamano, come se quella pressione potesse farlo scomparire o, comunque, negando a Edmond la possibilità di scorgere il suo desiderio, lo avrebbe costretto a calmarsi e a ricomporsi. Ovviamente non accadde nulla di simile e il povero Arky fu costretto a constare come il suo membro, anziché sentirsi provato da una situazione simile e perdere un po' di turgore, lo acquistava a vista d'occhio, come se esso e il turbamento del suo animo si trovassero su due binari paralleli ma irrimediabilmente separati, destinati a non congiungersi mai. Il draghetto era confuso, spaventato e si sentiva persino aggredito, se non Edmond, da quel desiderio che giudicava incomprensibile e che, assieme alla vergogna, gli avvampava le gote e gli tendeva i muscoli di quel corpicino minuto.
    Perché si stava eccitando in quel modo, perché non riusciva a opporsi a quell'uomo e magari dargli un meritatissimo ceffone? Non lo sapeva, si sentiva sempre più languido e debole, così confuso da quell'odore lieve ma piacevole che, a ogni respiro, gli riempiva i polmoni e gli inebriava la mente... un odore che gli sembrava di conoscere già, sia pure un po' diverso, più dolce e meno selvatico, violento; era l'odore di Edwyn! Il piccino sgranò gli occhioni nel comprendere che fratello e sorella avevano, oltre a un aspetto simile, delle capacità simili! Non capiva, però, se Edmond lo stesse ammaliando consapevolmente o, magari, fosse lui stesso vittima di quell'odore! Il piccino considerò che, visto il modo freddo e distaccato in cui l'aveva accolto aveva poco senso pensare a quel giovane aristocratico come a un pervertito cronico e che, forse, quella sua reazione così improvvisa e irruenta era da ascriversi ad altri fattori, come al malessere che lo attanagliava e che aveva inibito alcuni suoi freni! - N-noh! Asphettih! I-io... l-lei è b-bello m-ma... n-noh! - pigolò, cercando di farlo ragionare ma lui per primo aveva difficoltà a mettere insieme i concetti con le parole, per cui tra la domanda imbarazzante che gli aveva rivolto e la necessità di fermarlo, si era ingarbugliato nel mezzo e non sapeva come uscirne. - Iiih! - trillò di colpo, troncando di netto ogni nuovo tentativo di fermarlo facendolo ragionare, poiché percepì una di quelle mani grandi e belle che prima gli tratteneva un ginocchio, sfiorargli le cosce morbide e poggiare le sue dita lunghe e quasi adunche (O meglio, così le percepì) proprio lì, nel punto esatto della sua vergogna, a sfiorargli senza alcuna titubanza o esitazione la sua intimità. Il piccino sobbalzò, strizzò gli occhioni e portò immediatamente una manina ad afferrare quel braccio e a cercare di spingerlo via senza riuscirci. - N-nooooh, cattivo! N-non si f-fa! - pigolò, mentre aveva portato anche l'altra manina non solo a trattenere il braccio dell'uomo ma anche a tempestarlo di innocui schiaffetti, mentre agitava furiosamente il capo in un diniego violentissimo e si dimenava come un gattino spaventato tra le braccia di un padrone un po' goffo o inesperto. Il draghetto non sembrava volere in alcun modo quel contatto, eppure Edmond avrebbe sentito chiaramente quella piccola verga fremere contro le sue dita e inturgidirsi un pochino... c'era forse un modo per calmarlo?
     
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    Non poteva negare di possedere una sessualità piuttosto confusa o più semplicemente libertina e che Arky fosse indubbiamente uno di quei ragazzi che traevano il loro fascino da un aspetto simile a quello di una delicata bambola che lui apprezzava ma era anche decisamente ovvio che gran parte della sua attrazione incontenibile derivasse dalla forte influenza della coscienza che albergava nella sua mente che ormai non aveva più voglia di ignorare. Era come trovarsi in una camera piena di gas afrodisiaco e non avere più le forze per trattenere il fiato... ne valeva davvero la pena? Edwyn voleva spingersi oltre e lo stava dimostrando molto apertamente e dal lato di Edmond non c'erano molte reali motivazioni per rifiutare un momento d'intimità con quel giovane. Ciò che sia il Cacciatore, sia sua "sorella" non avevano tenuto da conto era il desiderio del draghetto, o meglio, il suo galoppante imbarazzo. In un primo momento l'uomo lo trovò incredibilmente tenero e quel calore che avvampava ogni angolo del suo corpo andò a concentrarsi gradualmente e con una certa delicatezza proprio nelle sue parti basse mentre desiderava con sempre maggior trasporto un contatto più profondo con la virilità del suo ospite che appariva molto più sincera del suo proprietario e forse persino più grande di Arky. Di certo un'iperbole che lo fece sorridere ma ad uno "studio" più attento fu estremamente chiaro che quel ragazzo così delicato, imbarazzato e dolce possedesse un vero e proprio tronco e un paio di testicoli piuttosto imponenti per gli standard della sua figura minuta. Come diavolo riusciva a contenere tutta quella carne in una semplice mutanda?
    L'idea di poterlo ammirare lo portò a mordersi il labbro inferiore per l'impazienza poco prima che Arky intervenisse per fermare quella follia nella maniera meno convincente possibile. In primis il suo atteggiamento non faceva altro che stimolare la sua indole da predatore che ammira la propria piccola e indifesa preda dimenarsi ormai al culmine della propria vita e in secundis quel pacchetto di carne tra le sue dita non faceva altro che sussultare e pulsare con intenzioni e desideri ben diversi dal semplice fermarsi. Avrebbe potuto farlo, avrebbe potuto fare appello a tutta la lucidità di cui disponeva ma, a quel punto, Arky, aveva commesso il più grande degli errori: accendere il Cacciatore. Lo lasciò fare, gli diede l'illusione di avere un minimo di controllo e di star ottenendo effettivamente qualcosa da tutta quella sceneggiata ma tutto ciò che il draghetto ottenne, improvvisamente, fu sentire il polso della manina impegnata a picchiettare il braccio di Edmond stretta intorno le dita lunghe di quest'ultimo così da terminare la sua offensiva nella maniera più rapida ma delicata possibile.
    Indubbiamente lo stava assaltando eppure ogni movenza di Edmond era perfettamente cadenzata, elegante e trasudava un controllo quasi inquietante. Aveva stretto quel polso delicato ma non c'era forza in quel gesto o almeno non abbastanza da fargli sentire dolore ma abbastanza da tenerlo a bada e suggerire silenziosamente che non c'era proprio nulla che poteva fare per liberarsi.
    L'altra mano riprese lentamente a stimolare la sua virilità all'interno dell'intimo e ogni dito si preoccupò di esercitare la giusta pressione nei punti che il Cacciatore ritenne più giusti. Dopotutto quale miglior conoscitore di un genitale maschile di un uomo? Era intenso ma controllato e ancora non lo aveva neanche tirato fuori come se stesse provando una passione quasi malata nell'osservare quel piccino rispondere a quell'acerba masturbazione che non sembrava avere una fine.
    Capisco perché mia sorella ti ha preso in simpatia... sei molto ben equipaggiato per essere un ragazzo così carino e delicato...
    Attese una risposta a quel commento solamente per troncarla di netto e approfittare della distrazione per tirare a se il ragazzo sfruttando la presa sul polso e avventarsi su quelle labbra in un bacio magnetico dove Edmond non attese neanche una frazione di secondo per insinuare la sua lingua nella bocca del ragazzo col preciso scopo di risucchiare dalla sua mente ogni proposito di ribellione lasciando solamente un languido, confuso e perverso desiderio che avrebbe alimentato continuando a toccare e stimolare i suoi genitali con crescente intensità. Lo baciò e baciò fino a schiacciare la testa del ragazzo contro lo schienale della poltrona e solo a quel punto si sarebbe diviso da lui rimanendo vicinissimo al suo viso.
    Non dirmi che sono bello. Dimmi che sono il più bello e ti farò godere in un modo che non scorderai.
    Quegli occhi dorati scrutarono fin dentro la sua anima e in quell'espressione angelica e arrossata del Cacciatore Arky poté scorgere una voglia incontenibile di averlo tutto per se. Doveva essere una cosa di famiglia!


    Edited by Exogenesis - 19/3/2020, 21:00
     
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    Le dita di Edmond erano lunghissime, forti e davvero ostinate: il draghetto non poteva non vederle come artigli adunchi, pronte a ghermirgli le carni morbide e delicate che tastavano senza alcun riguardo o decenza... eppure, le cose non erano propriamente così. Certo, aveva il cuore in gola, il respiro ansante di chi è spaventato e stava tempestando di schiaffetti quel braccio tanto forte ma affermare che quel contatto lo stesse soltanto mettendo a disagio o spaventando sarebbe stato assolutamente falso perché, oltre alla paura e alla vergogna che gli divampava sul volto, una dapprima lieve, poi sempre più potente eccitazione si stava facendo largo nel suo corpo, a partire dai suoi lombi, sempre più caldi e frementi. Per questo motivo gli schiaffetti stavano perdendo di forza e gli occhioni del piccino, dapprima sgranati, si stavano facendo sempre più socchiusi e stanchi. Certo, si aprirono di colpo quando il Cacciatore gli afferrò la manina con cui cercava (debolmente) di dissuaderlo dai suoi perversi propositi, ma non fu che un attimo e poi le palpebre tornarono a farsi pesanti: - Ah! N-no... - pigolò, infatti, non troppo convinto, mentre quelle dita fin troppo lunghe e curiose superavano la debole, sottile difesa del suo intimo e andavano a stuzzicargli crudelmente la sua virilità, trasformando quel tentativo di esprimere il suo diniego in un versetto languido, fin troppo caldo e carezzevole. Arky si aspettava una presa famelica, dolorosa ma l'uomo lo colse di sorpresa usandogli una delicatezza inaspettata ma apprezzata, con quelle dita da pianista che lo sfioravano, lo stuzzicavano e lo vezzeggiavano con abilità e dolcezza, in modi che neppure lui avrebbe mai immaginato! Il risultato, anche se non giunse subito, rese onore al proverbio che predicava dolcezza per ottenere esiti proficui poiché, velocemente, Edmond si ritrovò a titillare un'asta perfettamente turgida e davvero grande, gonfia e con le vene ben in evidenza che pulsavano contente contro i suoi polpastrelli.
    Mhhh! - miagolava un Arky ormai rapito, scuotendo debolmente il capo come a opporgli un nuovo rifiuto ma, allo stesso tempo, protendendo istintivamente il bacino verso quelle dita e facendosi ancora più rosso in volto, ma stavolta non di vergogna. Persino il braccio che il Cacciatore gli aveva afferrato e che, fin dal primo momento, non aveva opposto particolare resistenza, perse ogni forza e sarebbe penzolato verso il basso come quello di un manichino se non l'avesse tenuto sollevato. Il piccino era stato completamente travolto da quelle sapienti attenzioni e ormai mugolava quasi costantemente, non riuscendo a trattenere quei versetti così carini anche se serrava le labbra fino a sbiancarle dopo ogni vocalizzo imbarazzante, come a voler impedire nuove fughe, per poi però schiuderle un attimo dopo con un ennesimo, "disastroso" effetto. Era così perso in quelle sensazioni che le parole dell'uomo gli arrivarono dopo, pur causandogli comunque la stessa reazione imbarazzata che avrebbe avuto in una situazione più normale: - C-come t-ti permettih?! N-non s-si d-dicon-oh, mh, q-queste c-mhhhhh! - mugolò il piccino, strabuzzando gli occhi perché Edmond, approfittando della sua disattenzione, lo aveva baciato di colpo, invadendo fin da subito la sua boccuccia con quella lingua perversa, tanto che il povero draghetto fu così stupito, imbarazzato e sconvolto che non seppe come reagire. Certo, subito la sua mente partorì la decisione di opporsi, di serrare le labbra, persino le mandibole e morderlo ma quel bacio tanto violento (e piacevole) aveva reso i suoi pensieri lenti, ovattati, come se si muovessero nella melassa e così, mentre da un lato si diceva che doveva morderlo e insegnargli l'educazione, dall'altro il suo corpicino si abbandonò alle attenzioni dell'uomo, probabilmente ignaro dell'intenzioni reali del suo proprietario.
    Così, se in un primo momento Edmond avrebbe percepito il draghetto irrigidirsi e non rispondere al suo bacio, pochi attimi dopo il piccino si lasciò andare e mugolò dolcemente, seguendo la folle danza di quella lingua perversa e abilissima. Si perdette tanto in quel bacio che, quando il Cacciatore vi pose fine arbitrariamente (lui avrebbe continuato eccome), protese per un attimo il volto e labbra nella sua direzione, per poter ricongiungersi con la sua bocca; fortunatamente si accorse quasi immediatamente di quanto stava facendo e si ritirò in tutta fretta, gonfiando le gote a causa di un'imbarazzata irritazione: quel... quel bellimbusto! Come si permetteva a trattarlo così e a fargli delle richieste tanto sconce? Lo avrebbe rimesso al suo posto! - Mh, ah! - miagolò non appena aprì le labbra che, a causa della pessima figura, richiuse immediatamente assieme agli occhi, travolto dalla vergogna e dal piacere causatogli da quella mano maledettamente esperta. Quel dongiovanni era davvero abile ma non poteva cedere così a... a quella che era una vera e propria molestia e a delle richieste vergognosissime, doveva resistere e difendere la sua decenza! - S-sei... s-shei... un m-mascalzoneh! - ecco, sì, così! - U-un m-mascalzone... - in che altro modo poteva continuare? Doveva esprimergli per bene tutto il suo sdegno, la sua rabbia ma la sua mano era così bella e il suo sesso, enorme e turgidissimo, vi pulsava così impaziente... non riusciva a pensare bene, di nuovo le idee e le parole s'impantanavano nella lussuria della sua mente. - ...b-bello! U-un m-mascalzone b-bellissimoh... - pigolò un attimo dopo, capitolando e socchiudendo gli occhioni per mostrare un'espressione persa, assolutamente indecente per via delle labbra dischiuse e ancora umide di saliva, nonché per le gote paffute rosse di desiderio. Edmond aveva vinto su tutti i fronti e, praticamente, al primo colpo: sarebbe stato di parola?
     
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    Non aveva bisogno di altre motivazioni per proseguire. Più ammirava Arky, più i suoi occhi si riempivano di quel viso travolto da una valanga di sensazioni che il ragazzo non era in grado di gestire, più sentiva un fuoco di passione avvampare nel suo petto e anche un pizzico più in basso. Non aveva necessità di essere aggressivo, di pretendere da quel giovane la giusta accondiscendenza visto che bastò dar lui la giusta dose di piacere per vederlo sciogliersi come un cubetto di ghiaccio al sole. Aveva chiesto lui di dirgli determinate parole ma la verità era che Arky aveva già detto tutto col suo viso, con la sua espressione, con quei piccoli tic con le labbra che tradirono un desiderio che il suo amante cercava di nascondere in maniera piuttosto impacciata. Lo lasciò ugualmente parlare, lasciò che Arky udisse se stesso vuotare il sacco e dare il via libera ad un uomo che aveva appena conosciuto e a cui ora stava concedendo tutto il suo corpo. Edmond schioccò delicatamente la lingua contro il palato, ritmicamente, in un verso di dissenso, come se in qualche modo quel giovane ragazzo lo avesse deluso in qualche maniera.
    È bastato così poco, ragazzo, per farti cedere? Sei veramente una piccola troietta... e questo mi eccita.
    La mano che si era occupata di trascinarlo per il polso serpeggiò sul suo petto delicato e ben poco virile, carezzandolo come fosse stata la superficie di un prezioso vaso cinese, risalendo fino a cercare il suo collo dove le dita si avvolsero in un dolce abbraccio che non sfiorava neanche minimamente il concetto di "stretta", eppure se Arky avesse provato ad avanzare con le proprie labbra per cercare di nuovo un bacio dal Cacciatore ancora così vicino a lui, quelle dita avrebbero esercitato la giusta pressione per tenere ancorata la sua nuca allo schienale della poltrona, obbligandolo a non perdere mai il contatto visivo col suo focoso amante.
    Hai fatto la scelta giusta e ora non devi far altro che rilassarti e guardarmi. Non voglio che tu smetta di guardarmi.
    La mano celata dall'asciugamano interruppe la sua sapiente stimolazione per chiudersi come una morsa intorno all'imponente virilità del giovane cominciando a masturbarla dapprima con lentezza cedendo molto presto ad un ritmo più serrato e martellante che non ignorava nessun centimetro di quella corpulenta asta. Le dita delicate viaggiavano dalla base fin su al glande e subito dopo tornavano alla posizione di partenza. Edmond si stava dimostrando non solo abile ma, se voleva, anche particolarmente irruento in quella stimolazione atta non semplicemente ad avvicinarlo all'orgasmo ma a mungere le sue gonadi il più possibile e strappare dalla gola del piccino i versi migliori.
    L'hai scopata, vero? Spero che tu l'abbia fatto duramente. Voglio che mi racconti tutto...
    Neanche Edmond era immune a quell'atmosfera e per quanto la sua espressione fosse imperturbabile era impossibile non notare le gote arrossate e un piccolo sfarfallio nella voce che tradivano delle voglie che l'uomo stava cercando ovviamente di reprimere... con ben poco successo.
     
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    Il bacio e la confessione avevano svuotato Arky di ogni desiderio di ribellione e, in parte, persino delle sue energie: il piccino, infatti, stava con gli occhioni socchiusi, le palpebre rese pesanti dall'eccitazione e le labbra dolcemente dischiuse a invocare un nuovo bacio, un nuovo contatto. Insomma, il draghetto era alla mercé del giovane rampollo che, se soltanto lo avesse voluto, avrebbe potuto coglierlo già in quel momento... suddetto giovane, però, aveva un concetto tutto suo di "tatto" e fece un grosso, grosso sbaglio.
    Il piccino non percepì neppure lo schiocco insoddisfatto della lingua di Edmond, anzi languido e perso com'era si sarebbe accorto che lo stava baciando soltanto quando avrebbe sentito la sua lingua nella sua bocca; per questo motivo ci mise un po' di tempo per registrare l'epiteto sommamente offensivo che gli fu rivolto senza alcun motivo e, non appena la sua mente ottenebrata dal piacere riuscì a decifrarne il senso, sgranò gli occhioni e tese la schiena come una molla, mentre spalancava la boccuccia in un'espressione di indicibile sbalordimento. Come aveva osato chiamarlo?! A lui, Arkholfus il Drago!! Per un lungo attimo non riuscì a trovare parole sufficientemente adatte a esprimere il suo sdegno e, semplicemente, emise un versetto acuto, stizzito e arrossì sia di rabbia che di imbarazzo. - C-come mi hai chiamato?! Sei un villano, un maleducato, un incivile e un... uno stupido! Come ti permetti?! Stupido, stupido, stupido! - ringhiò (si fa per dire) il piccino e fu una vera fortuna che il Cacciatore lo costringeva, tramite la presa al collo, a tenersi ben distanziato da lui o gli avrebbe dato sicuramente un ceffone! Già così, però, il draghetto prese a tirare schiaffetti tanto furibondi quanto innocui sul braccio che lo tratteneva, mentre continuava a riversargli contro tutta la sua indignazione. - Come osi?! Sei mascalzone, vergognati! Vergogna e... ahhh! - pigolò, di colpo, quando Edmond strinse con decisamente troppa forza il membro eretto di Arky che, semplicemente, sgranò stupito gli occhioni e reclinò appena il capo all'indietro travolto da quel piacere inaspettato. Quel... quel bastardo pensava davvero di poterlo trattare in quel modo? Gliela avrebbe fatta vedere lui! - N-non voglio affatto guardare quel tuo brutto m-muso e adesso mollami i-il coll-ngh! Ah, n-no! S-smettila! - miagolò, con molta meno decisione di quanto volesse esprimere, mentre la mano del cacciatore si muoveva con fin troppo entusiasmo sulla sua asta, strizzandogliela e stimolandogli con abilità e senza alcuna pietà la cappella sensibile, rosea ed esposta allo sguardo. Il piccino contrasse le membra delicate, fremendo e spingendo, suo malgrado, i fianchi in direzione di quella mano impertinente prima di accorgersi del gesto che aveva compiuto e, rosso come un peperone, s'irrigidì tutto e cercò di chiudere le gambe, stringendo l'avambraccio del Cacciatore tra le sue cosce; il draghetto s'immaginava (O si illudeva) da dargli quantomeno un impaccio ma, più semplicemente, avrebbe permesso al giovane di percepire l'estrema morbidezza di quelle carni tornite e nivee.
    I gemiti presero a fuggirgli incontrollati dalle labbra che, adesso, per arginare una tale, vergognosa fuga vennero morse dai suoi dentini candidi, appena più appuntiti di quelli umani ma con scarsi risultati poiché, dopo pochi attimi, ogni ostacolo veniva divelto da quella imbarazzante piena e lui si ritrovava a emettere gemiti acuti, pigolii quasi disperati. Il piccino rischiava di farsi travolgere dal piacere ma, ancora una volta, le parole scriteriate di quel mascalzone lo aiutarono a ritrovare le energie e l'indignazione: - C-come o-osi?! S-sei u-un p-pervertito!! Io... nhhg! - gemette, ancora, ma almeno gli aveva iniziato a dire le cose come stavano: come poteva chiedergli cose simili? Era un maniaco, un erotomane della peggior specie! - N-non ti d-dirò m-mai nulla, capito? Nghh, nulla! - continuò il draghetto, serrando ancora di più le gambe e irrigidendosi tutto per non dargli la soddisfazione di vederlo sobbalzare o fremere per il piacere, anche se bastavo le pulsazioni e il calore della sua verga per esprimere tutto il suo godimento, purtroppo.
    Arky credette di essersi espresso nel modo migliore possibile ma, in realtà, non si sentiva ancora soddisfatto e, dunque, decise di aggiungere un ultimo, fondamentale elemento: - S-stronzo! - ecco, così avrebbe imparato: non si insulta impunemente un drago come lui!
     
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