Una passeggiata nel parco

x Ellaria

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  1. Demi
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    Seiichi ci aveva azzeccato: Cleo aveva per l'appunto origini egiziane, e a detta sua era venuta a Roma unicamente per... imparare gli usi e costumi degli umani? Il licantropo l'avrebbe osservata ancor più intrigato. Quindi le sue non erano state solo impressioni o supposizioni: era davvero un'ibrida umanizzatasi solo di recente. Se non sarebbero state le parole d'ella a rivelarlo, poi, lo sarebbero stato di certo la sua assurda inclinazione a voler ricevere grattini. Il mannaro aveva completamente sorvolato la pronuncia errata del suo cognome, preferendo invece concentrarsi interamente sulla 'cagnolina', come si era definita lei, a quanto pare offesa dal fatto di essere stata invece chiamata cucciola da lui. Trovò a dir poco adorabile la 'minaccia', se così si poteva definire, che Cleo lanciò nei suoi confronti. Non avrebbe tentato di allontanarsi nonostante lei fosse a cavalcioni sopra di lui, i loro volti distanti di solo pochi centimetri. Seiichi ne avrebbe approfittato per annusare il suo profumo ancora una volta, il suo sorriso facendosi più malizioso.
    "Oh? Non sapevo ti desse così fastidio venire chiamata cucciolotta... se è cagnolina che preferisci, cagnolina sia. Però..."
    La mano che si trovava sul capo d'ella, occupata a vezzeggiarla, avrebbe raggiunto il collo della giovane, portando l'indice sotto il mento d'ella e iniziando anche lì a lievemente carezzarla, sfiorandola.
    "... devi fare più attenzione, Cleo. Normalmente gli umani non propongono mica certe cose, sai? Perlomeno, non così alla leggera."
    A tal punto, la mano che prima era sulla sua coda avrebbe raggiunto la schiena dell'ibrida, andando a pacatamente spingerla più verso di lui e posizionarla meglio sopra la sua figura, mentre la mano prima sotto il mento ora sarebbe arrivata alla guancia, continuando a coccolarla ovunque potesse, esplorando ogni angolo della pelle di cioccolata magnifica della sciacalla. Gli occhi del licantropo sarebbero stati fissi a guardare quelli della cagnolina, un chiaro segno di sfida condiviso da tutto il mondo animale, che spesso veniva utilizzato da due belve per decidere chi fosse la figura dominante, e quella non era di certo un'eccezione. Seiichi non temeva Cleopatra, e lui non voleva farsi temere da lei, ma voleva farle capire che per quanto incline fosse a giocare con lei e accontentarla in quel momento, se fosse stato necessario, non avrebbe esitato nell'asserire il proprio dominio. Avrebbe tentato di avvicinarsi al suo collo con la bocca, continuando a fissarla con i suoi dorati occhi famelici, per poi giunto vicino ad esso, arrivarle all'orecchio e sussurarle, permettendole anche di sentire i propri respiri.
    "Ciònonostante, la tua idea non mi dispiace di certo, ma non voglio che sia una cosa univoca, capisci? Non sarei un lupo molto galante."
    Le avrebbe poi dato un per ora relativamente casto bacio su suddetto orecchio, lasciando che le sue labbra incontrassero il morbido pelo dell'ibrida, lasciandolo poi con una piccola leccata, tornando in seguito dinanzi al suo volto, a pochi centimetri da esso, mentre la mano che era rimasta sulla guancia ora sarebbe tornata all'orecchio appena influenzato, andando a di nuovo viziarlo.
    "Sei una brava cagnolina, dopotutto, Cleo. Mi piaci, e non potrei di certo accettare che tu mi serva in questo modo senza ottenere nulla in cambio."
    La man sulla schiena della sciacalla avrebbe preso a lentamente risalire lungo di essa, viaggiando lungo la sua slanciata figura e piacevolmente sfiorando la sua pelle.
    "Quindi, dimmi: cosa vuoi, piccolina?"
    Il tono di voce e le domande con le quali si stava ponendo il mannaro erano più autoritarie che altro; non stava cercando di spaventare Cleo, ma anzi, voleva farla sentire al sicuro con lui, e per farlo doveva prima stabilire la sua forza, farle capire di cosa era capace e che non stava avendo a che fare con un bambino che avrebbe semplicemente giocato con lei per un paio di minuti e poi basta. Non c'erano madri a guardarli, non c'era nessuno se non il suo branco, e Seiichi non temeva il suo branco.

     
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