Perdonando me, liberi anche te, dalla solitudine

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  1. †_†yun yun †_†
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    Aveva una pista. Dopo mesi di sotterfugi, mazzette sottobanco, informazioni rubate e mille notti insonni, aveva scovato qualcosa. Non ci aveva pensato nemmeno un secondo di troppo: costume, infradito e felpa erano già arrotolate intorno ai fianchi dentro un sacchetto. Gli occhialini gli penzolavano al collo, come sempre. Attraversò il passaggio segreto e in un attimo il mare lo avvolse, come un padre che riabbraccia un figlio dopo tanto tempo. La sua natura esplose, cancellando le sue tracce umane. La sua amata coda saettava intorpidita, mentre le squame riacquistavano colore e lucentezza. Le mani divennero palmate, mentre il corpo si riempiva di lucentezza e resistenza. Inspirò a pieni polmoni, filtrando l'acqua e si sentì vivo e a casa. Ma non aveva tempo per prodigarsi in inutili vanterie, doveva nuotare il più velocemente verso sud. Aveva scoperto che nella capitale dell'Impero Romano erano state viste strane creature senza gambe, resistenti al buio ma deboli alla luce. E soprattutto che avevano una lunga pinna. Era un'occasione da non perdere. Magari si illudeva troppo se sperava di trovarli, ma la speranza è l'ultima a morire e per Lucien ormai non esisteva altro cui aggrapparsi. Sfruttando le sue innati doti di nuotatore raggiunse le coste italiane prima di quanto avesse preventivato e gli toccò perdere tempo inutilmente nuotando a casaccio nei dintorni di Roma. Di giorno era troppo debole e non aveva idea di cosa aspettarsi, né in quali eventuali pericoli poteva incappare. Quando il sole si suicidò in mare, emerse dalle acque del fiume cittadino. Nudo, camminò sulle rive. A testa bassa cercava di calmare il proprio cuore in subbuglio, troppo agitato e troppo carico di adrenalina. Respirò a fondo più volte mentre si vestiva. Sciocchi umani. Ingabbiati e strizzati come sardine in scatola. Il massimo che riusciva a sopportare erano un paio di infradito ai piedi, un costume largo al posto dei pantaloni e una felpa sulle spalle. Non aveva mai freddo ma aveva imparato che i pinguini con fischietto e manganello odiano la gente che va a giro svestita. Un corpo bello come il suo era sprecato in mezzo a tutti quegli inutili tessuti. Ma due giorni interi lontano dall'acqua gli avevano insegnato a rispettare certe regole. Anche se a modo suo. Osservando la zona dove si trovava capì che doveva fare un bel tragitto a piedi prima di giungere al luogo scoperto. Lo avevano chiamato "Laboratory" e a quanto diceva al sua fonte, si trovava un po' fuori dal centro. Rilesse il nome della via e prese un taxi. Non aveva voglia di camminare tutta la sera e parte della notte. La gravità terrestre ancora lo metteva a dura prova. Il tassista aveva voglia di chiaccherare e dopo avergli rivelato la destinazione divenne ancor più ciarliero. "Eh sì! Ho saputo che stasera gli faranno la festa a quelle lì! Stanno diventando scomode... Se capisce cosa intendo. Non sono normali e come tali devono essere...Beh sì... Eliminate, no? Sarà una bella festa, a quanto ho sentito" Non gli piacque il tono delle sue parole, ma non voleva nemmeno crearsi problemi fin da subito. Gli sarebbe bastato scendere di macchina per andare in cerca di trambusto. Non amava i soldi. Né li aveva mai con sé.
     
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    L'estate stava arrivando, la sentiva. Le forse più di chiunque altro lì a Roma. Ed è strano si, perché sulla testa Elimona portava una busta di piselli surgelati per cercare di dare un freno al mal di testa. Ma ovviamente né quello né l'intruglio di uova e pizza avanzata frullati assieme le stava dando sollievo. Ubriacarsi non le faceva affatto bene e di recente era successo fin troppo spesso. Troppi incarichi, troppe missioni, l'ultima non aveva fatto nemmeno in tempo a leggerla e ne approfittava proprio in quel momento, di prima mattina, vestita solo di una vestaglia macchiata intorno al collo di rossetto e senza nessun nastro a chiuderla all'altezza del ventre. Il foglio con sopra le istruzioni era come scritto in arabo, ma le aveva provate tutte per farsi passare quel mal di testa quindi tanto valeva metterci anche quello. Mentre allungava il suo orrido frullato con latte alla fragola e Jack Daniels, Elimona faceva scricchiolare le dita del suo braccio corazzato sul tavolo, cercando di capire quante più parole possibili di quel foglio e dar loro un nesso logico. Se non fosse stato per il mal di testa le sarebbero sembrati ordini come altri: locale sospetto, potenziale prostituzione e spaccio di droghe, traffici illeciti, le solite cazzate che possono intrigare solo sedicenni in piena fase ormonale. Ma fortunatamente il mal di testa la rendeva molto più sveglia del normale ed ecco che saltò fuori quella parola che per qualche settimana aveva dimenticato il significato. "Zoimina". Ne aveva parlato con suo fratello qualche tempo prima, si trattava di un farmaco sperimentale estremamente pericoloso di cui non si sapeva assolutamente nulla. Forse indagare per conto di quelli della chiesa era una perdita di tempo, ma collaborare con Iceringer e i suoi amici allora forse avrebbe dato qualche risultato.
    Andiamo ad insegnare a quei sbarbatelli un pò di giustizia divina...
    Afferrò il foglio di carta stropicciandolo per portarselo sul petto dove di solito nascondeva i documenti importanti, scordandosi che non aveva messo il reggiseno. Non ancora per lo meno. Buttò giù tutto il contenuto dentro il frullatore rendendosi conto solo all'ultimo di aver messo salsa di soia al posto del Jack Daniels (che forse tanto peggio non era) ma questo le provocò una terribile reazione che l'avrebbe costretta a rimandare i suoi piani a quella sera. Dopo aver svuotato due settimane di pranzi e cena e soprattutto essersi lavata i denti (molto soprattutto) Elimona costruì il suo personaggio tanto per non sembrare una suora. Non che avesse mai potuto dare quell'idea, ma dato che non poteva togliersi quel braccio metallico allora non poteva fingere di essere un'ingenua ragazzina. Legò i suoi capelli in una lunga coda e nascose il suo sguardo dietro un paio di occhiali rossi e del rossetto molto scuro. Il corpo venne nascosto molto male da un body nero che sostanzialmente le copriva solo le parti intime e il seno, sostituendo del tutto l'intimo in pratica. Sulle spalle portava una giacca verde scura priva di bottoni, decorata intorno al collo e alle maniche da una pelliccia finta. Le suore non sono ricche. Infine un paio di pantaloni rossi di pelle rossa estremamente aderenti tenuti intorno alla vita da una cinta nera dello stesso materiale molto sottile. Ai piedi portava dei stivali alti fino alle ginocchia, neri e molto stretti a loro volta. Sembrava proprio una mafiosa, l'ideale per non provare nemmeno a nascondere il suo braccio corazzato. Elimona si sarebbe dunque diretta al Laboratory priva di ulteriore armamentario, non ne aveva bisogno in fondo, con i suoi pugno poteva convertire anche satana in persona. Ci mancò poco che un tassista chiacchierone non la mettesse sotto mentre attraversava la strada, fortunatamente però il caso fece muovere accidentalmente il suo pugno corazzato sul motore della macchina, piegandola quasi in due e salvandola giusto in tempo per non rovinare i suoi vestiti. Elimona avrebbe lanciato un occhiata severa verso l'interno dell'auto, poi si sarebbe diretta verso l'entrata del locale camminando lenta e sensuale, cercando di attirare l'attenzione ma senza risultare dirompente. L'obiettivo? Arrivare fino al bancone senza ubriacarsi di già e magari ordinare un frullato. Non era il caso di sbronzarsi due notti di fila, non dopo quella schifezza mangiata poche ore prima...
     
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  3. †_†yun yun †_†
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    Sentì un colpo forte, come se la macchina avesse urtato contro qualcosa di metallico. Il tassista stava imprecando in un dialetto che non conosceva verso qualcuno che non aveva notato. Negli ultimi minuti si era immerso nei propri pensieri, distraendosi con il movimento del paesaggio fuori dal finestrino. Perciò non aveva visto nessuno. Strano. Con la vista che si ritrovava doveva essere in grado di vedere molto, molto meglio dello sciocco tassista. Solo all'ultimo aveva notato una figura che ondeggiava a bordo strada. Poi più niente. Risprofondò sul sedile, ignorando le lamentele dell'umano, ma non ebbe il tempo di rilassarsi che questi lo apostrofò, invogliandolo ad uscire. E Lucien lo fece. Aprì la portiera e si allontanò. "Ehi guarda che mi devi pagare eh! Ehi dico a te, bellimbusto!" Un fastidioso moscerino. Non era in vena di discutere. Casualmente l'auto dell'uomo venne scaraventata in aria. Il fato aveva voluto che la macchina fosse stata fermata proprio sopra ad un tombino. E sempre il caso aveva voluto che magicamente quel tombino... Beh, esplodesse. Che fatto curioso. Un forte odore di fogna si espanse nell'aria, mentre le grida del bipede si alzavano alte in cielo. Lucien sorrise tra sé e le stelle. La sua bianca dentatura scintillò nella notte.
    Alzò lo sguardo e vide una serie di edifici malandati, mal costruiti e mal tenuti. Fuori un sacco di ragazzi e uomini vagavano con un'aria piuttosto tranquilla e baldanzosa. Tutti si dirigevano verso il capanno centrale, quello che recava un'ancor più malandata insegna con su scritto "Laboratory". Sibilò tra i denti e aguzzò la vista. Con passo lento ma deciso si avviò all'ingresso e varcò la soglia a doppia porta. Quando fu dentro non sapeva che pesci pigliare. O aveva preso l'ennesima sonora cantonata, oppure aveva fatto bingo. Il locale era cupo e buio, con i colori dal bordeaux al nero e dal viola al grigio topo. Era uno spazio enorme: ai lati una serie di poltrone, divani e tavolini al centro una grande pista. Era posizionata un po' più in basso rispetto al resto del locale, in modo che chiunque potesse vedere lo spettacolo che vi si svolgeva all'interno. Nella parte più lontana dall'ingresso, sul lato opposto, c'era un lungo bancone, probabilmente dove servivano gli annebbia-ragione. Il personale si riconosceva subito rispetto ai comuni clienti: gli uomini indossavano pantaloni neri, bretelle nere e un cappello anch'esso nero in testa; le donne portavano pantaloncini neri, bretelle nere e un cappello violaceo in testa. Lucien ne guardò un paio, giusto per non sembrare un diverso. In realtà stava cercando con lo sguardo un qualunque indizio gli potesse far capire che lì c'era qualcuno della sua gente. Mentre vagava con lo sguardo in giro, notò delle gabbie appese all'alto soffitto. Erano di metallo, robuste. E non erano vuote. Da una penzolava un braccio, da un'altra si intravedeva parte di una schiena sfregiata, in una più a destra poteva scorgere a fatica una lunga chioma scura. In tutto erano dodici gabbie. Ma per quanto si sforzasse, non aveva una buona visuale. Avrebbe dovuto attendere la calata delle catene che sorreggevano quel disgustoso spettacolo. Il suo cuore fremeva: era l'ennesimo buco nell'aria? Si avvicinò al bancone degli alcolici. "Per me un whisky scozzese, liscio, senza ghiaccio" Disse rivolto alla giovane barista, sorridendole. Sì, l'avrebbe ammaliata per bene. Magari qualche chiacchera innocente gli avrebbe evitato un mucchio di grane.
     
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    Mentre avanzava in quel posto, Elimona ebbe una strana ed inquietante sensazione, provocatale senza troppi misteri da quelle gabbie piazzate sul soffitto, visibilmente piene di corpi. Che quelli fossero vivi o meno, non faceva una gran differenza: chiunque li avesse messi lì su non doveva stare affatto bene. Un brivido lungo la schiena le permise di riacquistare un minimo di lucidità, poi si sedette al bancone in maniera distratta di fianco ad un ragazzo dai capelli blu arrivato lì da poco anche lui.
    Fammi un frullato alla fragola. E fallo grosso, grosso almeno quanto le tue palle chiaro?
    Una provocazione poco femminile, ma Elimona aveva il suo personaggio da gestire e di solito quando un maschio veniva provocato in quel modo le consegnava delle portate astronomiche. I maschi sono veramente dei polli, basta mettere in ballo le dimensioni dei loro genitali e si trasformano in bambini. Rimase distratta ad osservare il luogo, qualcosa le diceva che se voleva ottenere informazioni doveva iniziare da quelle gabbie, ma proprio mentre stava per avviare il discorso col barista appena tornato con la sua ordinazione, successe un incidente. Era ancora distratta dalle gabbie, quindi non si rese conto che il calice che stava per prendere non era quello del frullato, ma bensì un whisky scozzese che aveva per sbaglio sottratto al ragazzo di fianco a lei. Se ne rese conto subito nel momento in cui le loro dita si incrociarono per sbaglio davanti al bicchiere di vetro. Elimona si voltò verso di lui: non voleva dare troppo nell'occhio quindi sollevò un sorriso fintissimo cercando di non sembrare aggressiva. In realtà, se non fosse stata lì per lavoro, lo avrebbe già allontanato e si sarebbe presa entrambe le ordinazioni. I buoni propositi per non bere erano già andati a farsi benedire, proprio così.
    Scusami, ero distratta. Non volevo proprio prendere il tuo bicchiere anche perché stasera mi sono ripromessa di non bere alcol.
    Senza volerlo aveva articolato troppo quelle scuse e ora rischiava che iniziasse una vera e propria conversazione. Sperava di no, altrimenti oltre a perdere la possibilità di indagare su quel posto avrebbe anche dovuto mantenere la parola visto che mettersi a bere dopo la frase appena pronunciata l'avrebbe fatta sembrare una svampita. O già lo sembrava?
     
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  5. †_†yun yun †_†
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    Mentre faceva lo splendido con la cameriera, Lucien non notò quasi la presenza di una donna accanto a sé. In fondo era normale, visto il tipo di locale in cui si trovavano. Appoggiò distrattamente la gamba destra sullo sgabello al suo fianco, mentre continuava affabile a brasare la giovane cameriera di fronte a sé. In realtà non stava ottenendo niente di che, non sapeva niente. Anzi, sapeva ma non era abbastanza coinvolta da sbottonarsi. Un tempo le donne erano molto più facili da capire: due moine, un paio di sorrisi, un mazzo di rose e subito avevi l'amante personale. Bam! Un colpo secco e ti portavi a letto le meglio donne della città. Ora invece facevano le preziose, le caste e pure e si facevano desiderare all'infinito. Non si rendono conto che quella cosa che hanno tra le gambe è uguale a quella che avevano le donne un secolo prima? E anche mille anni prima? Questo pensava mentre fissava quel seno abbondante che rimbalzava ad un niente da lui. Beh, in fono era un uomo: se non gliele avesse fissate sarebbe passato per un maleducato. Sorrise distrattamente ad una battuta poco felice della ragazza. Senza distogliere gli occhi dai suoi (dal suo seno) allungò una mano all'indietro in cerca del proprio whisky, afferrò il bicchiere e bevve. Per poco non si strozzò dalla sorpresa nell'accorgersi che quello era un mero succo di frutta o qualche altra diavoleria simile. "Ma che cavolo...?" E si voltò, nella speranza di ottenere una risposta. E infatti la vide: un gran pezzo di gnocca teneva in mano il SUO bicchiere. Dopo i primi secondi di silenzio dovuti alla bellezza che si era ritrovato di fronte, recuperò la facoltà di parlare. "Madam, temo che abbiate confuso i bicchieri." Disse affabile, recuperando un minimo di contegno. La cameriera non esisteva più. Era rimasto incantato dalla figura mal celata da quel body striminzito. Dopo aver accettato le sue scuse, le porse il frullato, mettendo una mano sopra il proprio desiderato whisky. "E non voglio certo costringervi a infrangere la vostra promessa di non bere. A voi." Concluse di nuovo, sentenziando più o meno la fine della conversazione. O forse no? Forse era solo una tattica per farla adescare più tardi. Prima voleva vederci chiaro. Voleva capire se il suo viaggio fino a lì ne era valso la pena. Intanto, dalla gabbia più vicina a dove si trovava, si alzò un gemito. Non era solo di dolore. Era qualcosa di più. Come... Come se fosse alterato. Corrugò la fronte, cercando di dare un senso a ciò che il suo udito percepiva. Nessuno, sembrava aver colto quel segnale. Oltre a lui, tutti continuavano a comportarsi tranquillamente. Raccolse il bicchiere e si diresse verso il centro del locale. Si sedette su un divanetto vuoto e attese. Ben presto tutti i clienti si accomodarono e rimasero pochi posti liberi a sedere. I suoi occhi vagavano alla ricerca di un qualsiasi indizio. Notò per la prima volta gli sguardi della gente: sembravano eccitati. Irrequieti per una lunga attesa. Tutti avevano lo stesso tipo di follia dipinto sul volto. "Ma cosa cazzo succede qua...?" Si chiese senza darsi risposta. Infine la sua attenzione venne catturata da un paio di occhi che emanavano una sensazione diversa. Degli occhi ambrati scrutavano la scena come la stava scrutando lui.
     
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    Fortunatamente la conversazione non sembrava destinata ad andare avanti, dopotutto era esattamente quello che voleva: non dare nell'occhio. Al contrario però, il ragazzo di fianco a lei aveva decisamente attirato la sua attenzione. All'inizio si trattava di un interesse prevalentemente fisico, ma subito dopo successe qualcosa di insolito. Elimona sentì una sorta di vagito, un lamento o un gemito strozzato, non riusciva a spiegarlo. L'unica certezza fu che lo avvertì appena, sicuramente solo grazie ai suoi sensi affilati. Nessun altro avrebbe potuto udirlo e per un istante mantenne la calma. Poi però, il ragazzo si sollevò, incuriosito andò nella direzione dalla quale proveniva quel verso ed Elimona rimase di sasso per la scoperta appena fatta. Solo un caso? No, assolutamente no: quel tipo aveva sentito lo stesso suono. Che si trattasse di una specie di segnale? Chi poteva dirlo? Per il momento era la cosa più sospetta successa fino a quel momento, decise che ne valeva la pena seguire quella pista. Provò a portarsi dietro il frullato, ma chissà perché dopo che il ragazzo l'aveva assaggiato ora invece di fragola sapeva di pesce, il che faceva abbastanza schifo, quindi lo lasciò lì e senza dare troppo nell'occhio iniziò a seguirlo a distanza di sicurezza, sistemandosi gli occhiali con decisione. Cercò di non sedersi proprio di fianco a lui ma abbastanza vicino per continuare a spiarlo in silenzio. Mentre lo osservava, Elimona avvertì la chiara sensazione di essere osservata: un pò come se qualcosa la stesse bramando o simile. Come se non bastasse, tutti in quel posto avevano delle espressioni e movenze strane... che ci fosse già qualche tipo di droga in giro? Che diavolo stava succedendo? Elimona passò subito sulla difensiva, affinando i suoi sensi al massimo per poi stringere la mano corazzata in un rigido pugno di ferro, pronta a difendersi se fosse stato necessario. Poi si voltò verso il ragazzo: la stava fissando. Che avesse iniziato a sospettare qualcosa? Tenendo i nervi così tesi rischiava di mandare tutto all'aria, ma non poteva lasciarsi sfuggire nemmeno un dettaglio in quel momento...
     
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  7. †_†yun yun †_†
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    Lo sguardo che si scambiarono fu breve, talmente rapido che poteva benissimo non essere accaduto. Ma invece era successo. Quando tornò a guardare in giro, si sentì sempre osservato. Capiva che qualcuno lo stava scrutando. Piccole squame comparvero alla base della nuca, riflesso involontario. Ma non poteva rischiare di farsi scoprire. Se quelle rinchiuse nelle gabbie erano sue sorelle o altre sirene, non doveva farsi beccare. Cercò di rilassarsi ma la musica in sottofondo aveva cambiato i toni: un tamburo suonava con un ritmo crescendo. Ma ogni volta che seguiva una pausa su uno spartito immaginario, il cuore rallentava. Quella musica era il preludio a qualcosa di grande che sarebbe accaduto di lì a breve. Poteva sentire l'odore di quella gente farsi più ansioso e carico di aspettative. Fiutava benissimo i loro sentimenti, erano come quelli di un animale quando avvista la propria preda. Le luci si abbassarono e dei fari gialli illuminarono il centro del locale, facendolo somigliare ad un'arena. Un rumore metallico fu seguito da grida entusiaste. Più le gabbie calavano, più la folla entrava in delirio, alzandosi in piedi. Lucien osservò la scena con ansia crescente e si tirò in su per poter scorgere meglio quelle figure rinchiuse. Ma erano ancora lontane dalla luce e non riusciva a scorgerne le figure per intero. Il tamburo rombava impetuoso, scandendo ormai il ritmo del cuore di tutti i presenti. Il suo invece batteva frenetico. Infine un uomo che assomigliava per abbigliamento ad un battitore di aste, fece il suo ingresso sulla pista, salutando la folla. "Benvenuti amici! Benvenuti a questa serata indimenticabile!!!! Lo so, lo so siete cariche eh??? Allora... Facciamo entrare la merce!" Il suo discorso fu accolto da un boato assordante. E finalmente le gabbie furono a terra e per la prima volta erano illuminate. Dentro c'erano un numero impressionante di corpi. Ragazzine e maschietti nella pubertà, giovani donne e maschi ancora nel periodo dello sviluppo. In tutto erano una trentina. Non riuscivano a stare in piedi. Per lo più erano abbandonati l'uno sopra l'altro. Nudi, portavano evidenti segni di torture sul corpo: bruciature, frustate. Alcune recenti, a giudicare dall'odore. Tutti avevano lo sguardo perso nel vuoto, rassegnato e inesistente. Lucien ipotizzò ad una droga. Purtroppo non era un esperto perché nel suo regno non esistevano e lui non le aveva mai provate. La delusione fu infinita. Quelle non erano sirene, né leviatani come lui. Intanto il battitore di anime li descriveva uno ad uno, informando i presenti sulla salute e su cosa erano in grado di fare. Soprattutto capacità sessuali. Quella lì presente era la peggio feccia dei bipedi. Nel suo mondo non aveva mai visto niente di simile. Ma che poteva fare lui? Non era un giustiziere, né aveva alcun interesse. Probabilmente quei giovinetti avevano lo stesso le ore contate. "Abbiamo il primo compratore! Vieni qua al centro e testa subito la tua nuova proprietà!" Lucien si voltò a quelle parole. Che cosa intendeva dire con quella frase abietta?
     
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    Fu solo un istante, poi divenne una mera sensazione. Quello sguardo era immaginario o cosa? Sembrava quasi che volesse non notarla affatto. Elimona sarebbe rimasta a rimuginarci sopra per tutta la sera se solo non fosse stato per l'entrata in scena della "portata principale". Purtroppo quello che la suora temeva era assai peggiore di ciò che si aspettava: non solo spaccio di droghe e altri materiali illegali... ma addirittura traffico di schiavi! Erano tutti giovanissimi, pronti per essere seviziati, e la cosa peggiore era che non tutti i compratori erano ricconi annoiati, ma anche viscidi vecchi e giovani troppo annoiati da una vita che non aveva fatto mancare loro assolutamente niente. Elimona aveva gli occhi sgranati e il labbro inferiore tra i denti, per trattenersi dovette stringerlo così forte da sanguinare. Come potevano trattare le persone come bestiame? No a pensarci bene nessun essere umano normale avrebbe trattato del buon bestiame in quel modo, era più che disumano, semplicemente disgustoso! Elimona cercava sempre il male nel diavolo, ma ecco che l'umanità non perdeva mai occasione per dimostrarle quanto anche i suoi simili potessero essere abietti. I pugni di Elimona si strinsero fino a tendere i suoi muscoli oltre all'inverosimile: possibile che nessuno si facesse avanti per fermare quella mostruosità? Non poteva permetterlo, non era da lei, non sarebbe stata all'altezza della promessa fatta a suo fratello quando pensava che fosse morto e non aveva intenzione di rimangiarsi la parola data. Quello spettacolo doveva finire. Si alzò in piedi come una furia, al punto che la sua energia esplose in un rombo, quelli vicino a lei quasi vennero scagliati via. Ma proprio quando sembrava pronta a scattare sulla gola del battitore per strappargliela a morsi e falcidiare tutte quelle anime peccaminose, eccola alzare semplicemente il suo braccio destro, puntando gli occhi verso il battitore con risoluta freddezza.
    Voglio comprarli tutti, dal primo all'ultimo, a cinque volte il loro valore attuale.
    Elimona non era una paladina della giustizia, inoltre la sua investitura copriva solo gli esorcismi, non aveva autorità sugli esseri umani e su simili mostruosità. Non poteva fare nulla se non batterli al loro stesso gioco: avrebbe comprato tutti i ragazzi e poi li avrebbe affidati alle cure della sua chiesa, sotto l'occhio vigile di un Dio che in caso di errori doveva fare i conti direttamente con lei.
     
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  9. †_†yun yun †_†
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    Lucien era stupefatto. Così come il resto degli astanti. La donna cui aveva bevuto parte del frullato alla fragola aveva preso parola, sovrastando il giubilo collettivo, per fare una controfferta. Anche il tamburo era muto. Forse il cuore do qualcuno tra gli inservienti perse un colpo. Lui sicuramente rimase muto e in ascolto di eventuali progressi. Ora guardava la donna con occhi diversi. Forse era diversa da tutta quella feccia. Magari aveva uno scopo diverso, oltre la compra-vendita di bipedi. Rimase muto ossrrvatore della scena. Il battitore era basito, forse più dello stesso Lucien. Balbettò un paio di "ehm" disagiati prima di riuscire a proferire parola. " Bene, bene, bene. Abbiamo una sfidante... Signori, voi tutti sapete cosa significa, vero?" E alle sue parole, quella feccia di umani esplose in nuove, fragorose urla di giubilo. L'acquatico rimneva in silenzio. Voleva vedere fino a che punto era in grado di arrivare la follia umana. E ciò che avvenne lo lasciò senza parole. Non sapeva cosa fare. "In questo caso, il primo tra i due sfidanti che farà venire uno qualsiasi tra i presenti, avrà diritto al luto bottino. Il perdente dovrà invece concedersi al vincitore per una notte." Le sue parole furono nuovamente accolte da versi disumani e grotteschi. Lucien osservò la bella donna di sott'ecchi, curioso di sapere come avrebbe reagito. Tuttavia si tenne pronto ad entrare in azione: poteva essere ormai un estraneo alla faccenda, ma lasciare degli innocenti in balia di schiavitù eterna era inaccettabile. Così come era inammissibile vedere il corpo di miss-frullato toccato da quei luridi vermi. Posò quindi il bicchiere e si avvicinò con non curanza alla pista delle sevizie: qualunque cosa fosse successa, lui era pronto.
     
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    La risposta del battitore d'asta la lasciò sbigottita, impietrita e quasi del tutto sconcertata: quei tipi erano anche più perversi di lei. No, anzi, un conto era la perversione, ma pretendere di fare sesso con perfetti estranei al semplice scopo di finire a fare ulteriore sesso con gli estranei era semplicemente deprimente. Possibile che questi tizi imbottiti di soldi non avessero due spicci per pagare una cortigiana che occupi le loro donne solitarie? Quello era il modo peggiore che Elimona poteva immaginare per sperperare il proprio denaro. Tuttavia aveva già deciso che far valere i suoi gradi era inutile, come se non bastasse poi erano in troppi, se decideva di fare un'azione eclatante proprio ora rischiava che scappassero e magari che si portassero via la merce umana prima che potesse fare qualcosa di concreto. Non poteva fare niente, il loro gioco era inevitabile. Ma come faceva a sapere che da quelle parti non c'erano complici? Come faceva a dire che non avrebbero truccato la sfida in qualche modo? L'indecisione prese ad attanagliarla, al punto che iniziò a far stridere le punte delle dita della mano corazzata in maniera estremamente nervosa. Un segno, un miraggio, un'apparizione, qualsiasi cosa purché arrivasse a darle consiglio: che diavolo doveva fare? Si guardò nervosamente intorno, poi finalmente rivide il ragazzo dai capelli azzurri. No, lui assolutamente no: le era sembrato sospetto fin dall'inizio e il fatto che conoscesse a sua volta il "segnale" che aveva attirato lì Elimona non le piaceva affatto. Se avesse dovuto scegliere tra uno qualsiasi della stanza, lui sarebbe stato senza la minima ombra di dubbio l'ultimo in assoluto. Ma questo poteva valere per qualsiasi altro dei presenti, serviva astuzia, doveva pensare lucidamente: gli unici che non potevano essere collaboratori "imbroglioni" erano gli stessi clienti che stavano per essere serviti. Ma lei non ne conosceva nessuno all'infuori del primo che aveva fatto un offerta assieme a lei. Era l'unica possibilità logica. Ammiccò un sorrisetto sicuro, portando il pugno scoperto sul proprio fianco, poi riprese subito il discorso ad alta voce.
    E perché mai ritardare? Gareggerò direttamente col mio rivale e chi dei due viene per primo avrà perso automaticamente sia l'offerta che la sfida personale. Aggiungiamo un pò di suspance allo spettacolo no?
    Cercò di sembrare risoluta, non tanto per convincere il battitore d'asta quanto per fomentare il pubblico: anche se lui non era d'accordo, non avrebbe potuto deludere il pubblico pagante che era venuto lì appositamente per uno spettacolo memorabile.
     
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  11. †_†yun yun †_†
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    Perché gli umani partecipavano a simili festini? Per noia. Perché amano vedere spetccaoli del genere? Per la perversione. Non era tanto un discorso di soldi che avanzano e che non sanno altrimenti come spendere. No. Quella feccia lì riunita si eccitava nel vedere l'umiliazione negli esseri più deboli. Per loro era gratificante vedere una ragazzina senza volontà che veniva drogata, violentata e resa disumana. E ora la donna-frullato stava per fare il loro stesso gioco. Sentiva il disgusto che provava verso tutta quella gente, ma aveva appena accettato di giocare al loro gioco. Lucien aveva già vissuto una simile esperienza. A meno che lei non fosse un abituè, non se la sarebbe cavata. Se era una nuova, l'avrebbero drogata. O con l'alcool o con una siringa, iniettata nel momento esatto in cui lei si distraeva anche solo per un attimo. Si chiese se fosse sola. Apparentemente sembrava di sì, non aveva notato nessuno con lei. Lui forse avrebbe potuto essere quell'aiuto inaspettato che giungeva nel momento del bisogno. Sì, ma come farglielo capire? Era decisamente folle parlarle ora, tanto più che non la conosceva. Ah, come mai rischiava nuovamente le squame per salvare degli umani? Tutta colpa della donna. Le belle donne come lei esercitavano un fascino particolare: anche ora che era alle strette, appariva fiera e magnifica. Splendeva quasi di luce propria. Lucien scosse il capo. "Se è questo che la signora desidera... E sia!! Visto che vuoi comprarli tutti, dovrai riuscire a venire prima di tutti i possibili futuri compratori. Se una volta perdi, avrai perso l'acquisto. Se vinci quella merce sarà tua. Siete tutti d'accordo?" La folla era in delirio. Il battitore aveva almeno garantito un uno contro trenta degli astanti. Se la donna voleva portare a termine il suo intento, avrebbe dovuto fare il loro perverso gioco. Lucien sapeva come fare per liberarla dal supplizio. Ma come poteva comunicarglielo? Ah le donne!
     
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    Purtroppo per Lucien e per il battitore d'asta, Elimona non era una tipa molto riflessiva. Quando realizzò che non era una questione di soldi capì subito che il suo piano era fallito irrimediabilmente. Anche provare a vincere la sfida era stupido: la suora era impulsiva ma sicuramente non stupida. Inoltre sul PC di suo fratello c'erano tanti di quegli hentai (che lei ovviamente non aveva letto) che finivano in quel modo da perdere il conto, quindi avrebbe evitato caldamente (lo sapeva per intuito divino, non perché li avesse letti, dico sul serio). Elimona buttò giù un rospo decisamente amaro sollevò un dito con molta calma per poter prendere parola, poi fece cenno al battitore d'asta di avvicinarsi e lei fece altrettanto. Lo prese in disparte come se volesse dirgli qualcosa di importante, lo abbracciò intorno alle spalle con il braccio destro e lo strinse a sé, parlando molto... molto... molto piano. E soprattutto con molta... molta... molta calma. Malcelata calma.
    Ti spiego... io sono una di quelle tipe molto igieniche che li sterilizza i suoi galoppini prima di scoparseli... se ti aspetti che mi faccia toccare da tutti questi germi, io ti infilo il mio braccio corazzato per l'intestino e ti strappo la lingua partendo dal culo. Oh sicuramente potrei non prendermi tutti i ragazzini che hai qui e magari ci rimetto anche le penne, ma ti giuro che se non mi assecondi avrò premura di mandarti all'inferno con le chiappe che potranno applaudire.
    Fu molto chiara, mettendo in evidenza il suo pugno metallico, serrandolo davanti agli occhi del battitore d'asta. Non avrebbe funzionato ,era un'idea stupida, ma dovete credermi quando vi dico che per lei non scattare in faccia a quel tipo e gonfiarlo di mazzate era stato uno sforzo disumano. per una volta aveva usato le parole al posto dei pugni ma qualcosa le diceva che presto... prestissimo si sarebbe pentita di non aver iniziato la rissa molto prima.
     
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    Lucien non riusciva a capire se quella donna era stupida, incoscente o semplicemente un'attaccabriga. Si era avvicinata al battitore di schiavi per parlargli in privato. Voleva miminacciarlo? Voleva corromperlo? In entrambi i casi avrebbe ottenuto il nulla assoluto. Conosceva bene la feccia in mezzo alla quale ora si ritrovavano. Quella è gente che paga per vedere uomini inculare ragazzini drogati. È gente che pur di vedere la tortura e l'umiliazione più estreme è disposta a pagare cifre esorbitanti. E lei sperava di risolvere tutto con due paroline all'orecchio? Era proprio ingenua se ci credeva veramente. Il battitore la guardò sornione allontanandosi un poco dal suo braccio. Poi a gran voce attirò nuovamente le attenzioni sulla sua figura: "Gentili ospiti. Questa fonna non è venuta qui nè per giocare né per divertirsi insieme a noi. No! La signora non sopporta lo sporco e i germi. E poi fa brava missionaria. Vorrebbe salvare questi poveri, piccoli, giovani innocenti." Fece una pausa ad effetto e nel salone si sentivano solo i gemiti inconsulti delle vittime. "Che cosa risponedete a questa donna????" Urlò alla folla che ancora una volta, ruggì esaltata. Una sola parola rimbombò forte e tuonante, mentre il battitore si godeva la scena. "SACRIFICIUM! SACRIFICIUM!" E subito decine di mani si avvicinarono al corpo di Elimona, pronte a toccarla e violarla. Alcune si strinsero su di lei, altre iniziavano a sospingerla verso l'arena. Come avrebbe reagito? Lucien osservava ancora silenziosamente la scena, mentre una furia incontrollabile dirompeva dentro di sé. Quelle mani sudice su quel bel corpo, erano uno scempio. Se a ciò si aggiungeva il fallimento del viaggio e la vista di quella tratta abominevole... Beh non c'era da stupirsi se avesse deciso di intervenire a modo proprio.
     
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    Dunque quei tizi non erano malati... Elimona li aveva sopravvalutati. Un malato ha dei problemi, va capito, non sempre accettato ma per lo meno aveva le sue scuse per comportarsi in un certo modo. Quelli invece no... erano coscienti di quello che facevano, volevano farlo, a qualsiasi costo e senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze. Ma stavolta la loro fortuna si era decisamente esaurita. Quei tipi non erano malati... erano pazzi.
    Ma con chi cazzo credete di avere a che fare, figli di puttana?!
    Elimona strinse violentemente il suo pugno metallico, così forte da sbloccare le placche metalliche per sfogare energia dal loro interno. Sollevò il braccio e lo fece roteare intorno a sé allontanando tutti quelli che provarono anche solo a sfiorarla con una semplice e potente mossa. Ovviamente essendo un semplice pugno non avrebbe ucciso nessuno ,semmai qualche dente sarebbe saltato, qualche naso rotto e qualche mascella caduta per terra, ma nulla che quei ricconi non avrebbero potuto sistemare con i loro soldi. Dopo aver effettuato quella rotazione, Elimona afferrò con la mano destra il battitore d'asta per sollevarlo quanto bastava per impedirgli di guardare qualsiasi cosa al di fuori dei suoi occhi furiosi. Aveva scelto decisamente la vittima sbagliata. Senza dirgli nulla Elimona gli sferrò un potentissimo pugno con la sua mano metallica all'altezza del bacino. Un pugno così potente che gli avrebbe fatto in mille pezzi il bacino, insaccato quella spugna di carne e sangue che aveva in mezzo alle gambe e probabilmente i testicoli gli sarebbero anche collassati. Se avesse avuto la fortuna di svenire dal dolore per evitare l'agonia seguente ,se la sarebbe cavata finendo su una sedia a rotella a vita. Dopo il pugno lo lasciò anche cadere dall'alto, voltandosi verso il pubblico ed iniziando a circondare i ragazzi intrappolati con ampie falcate, come a voler allontanare quella gentaglia dai suoi protetti.
    Vi do un avvertimento... se provate anche solo ad avvicinarvi a queste persone io vi rompo il cranio senza uccidervi... poi dovrete spiegare al vostro dottore cosa vi è successo e sarà divertente perché gli occhi vi scenderanno fino al mento senza le ossa della testa, sono stata chiara?
    Strinse così forte il pugno metallico al suo petto che lo fece rimbombare di nuovo. Elimona non aveva pazienza e nemmeno un bel carattere. Avrebbe distrutto di pugni chiunque quella sera a costo di finire stremata a terra. Forse erano semplici uomini ma risultavano comunque tanti, anche una come lei si sarebbe stancata alla lunga ma giurò su se stessa che finché avrebbe avuto fiato in corpo li avrebbe fatti a pezzi. Tanto per rendere chiara l'antifona, generò nella mano sinistra una palla di fuoco pronta per essere scagliata. Chi aveva abbastanza palle da provare a toccarla di nuovo?
     
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  15. †_†yun yun †_†
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    La guardava come un allocco: bocca spalancata, occhi carichi di ammirazione. Cavolo, decisamente non l'aveva giudicata per bene fino in fondo. Quella sì che era una Donna con la "D" maiuscola. Mentre lui era perso nelle sue fantasie di ammirazione, nel locale regnava il caos. Il battitore d'asta era praticamente un corpo privo di volontà abbandonato in un angolo. I vari compratori gettavano scompiglio a destra e manca: chi era ferito si lamentava inveendo come mai prima, chi era illeso cercava di colpire la donna, il resto urlava e basta aumentando così la confusione. Persino i baristi e le cameriere sembravano non capire più niente di tutta la situazione. Ma la tettona che gli aveva fatto il whisky guardava in alto preoccupata. Lucien seguì il suo sguardo e si accorse di una specie di ballatoio, poco sotto il tetto dell'edificio su cui camminavano diversi uomini. Stavano scappando. Riuscì a definire i ruoli: 8 body-guard, la zoccoletta della serata e il proprietario di quel luogo. Avrebbe potuto inseguirli, forse fermarli, ma per fare cosa? Non era la sua battaglia. Ne aveva una molto più grossa in ballo. Tornò a guardare la pista in basso e vide la donna infuriata. Quel braccio metallico era una diavoleria interessante ma che riuscisse a produrre fuoco e ad evocarlo sul proprio palmo era davvero, davvero interessante. Sorrise a sé stesso. Forse non tutto il male era venuto per nuocergli. Decise che era il momento di entrare in azione quando avvistò un nutrito gruppo di buttafuori avvicinarsi all'arena con fare minaccioso. Forse solo per riprendersi i giovinetti. Altri là dentro si muovevano furiosi, tentando di avvicinarsi alla donna. Quanto avrebbero impiegato ad attaccarla? Quanto avrebbe resistito prima di metterla sotto, anche solo con la forza numerica? Lucien non poteva prevederlo. Ma poteva prevenirlo. Con un semplice gesto della mano, chiamò a raccolta tutti i liquidi non umani presenti in quel posto. Tubature, rubinetti, w.c., ghiaccio, bibite, condutture, riscaldamento. Tutto ora rispondeva a lui. E con una semplice parola esplosero. La portata di acqua aumentò fino a sgorgare oltre i tubi metallici che non riuscivano più a contenerla e ben presto il caos divenne un torrente in piena incapace di essere controllato. I vetri delle bottiglie si schiantarono sparpagliando tutt'intorno i loro vetri affilati. La folla ora sì che aveva paura e iniziò a correre all'impazzata ovunque, in cerca di un riparo. Solo Lucien, la donna e quei corpi martoriati erano completamente illesi e asciutti. Si avvicinò a loro e quando fu ad un passo da lei le prese la mano con il globo. Calore. "Madam, qualunque cosa vogliate fare di questo posto, di questa gente e di questi poveretti, credo sia opportuno decidere in fretta." Guardò oltre le sue spalle, giusto per dare il via anche all'allarme antincendio. Poi sorrise affabile verso di lei, cercando di ottenere in qualunque tipo di risposta.
     
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