La Cittadella

x Xaviatan

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    La propaganda pubblicitaria dell'Impero Romano scoraggia spesso creature magiche e fatate: il fiore all'occhiello del regno era senza ombra di dubbio la tecnologia militare a base di armature, supertute e veicoli da combattimento più disparati. Lo studio, lo sport e anche l'intrattenimento erano catalizzati verso questo genere di progresso e quindi grossi schermi, terminali di assistenza e mezzi superveloci inquinavano tutti i sensi dei turisti che mettevano per la prima volta piede nel territorio dell'Impero Romano. Abitanti dei boschi, delle caverne e del sottosuolo, per quanto abituati a vedere il mondo che volteggia attorno a loro con naturalezza, venivano facilmente spiazzati dal caos di una metropoli così avanzata, ma mai scoraggiati a farsi avanti, perché bastava girare un angolo per ritrovarsi in strette strade e vicoli più antichi, aggrappati alle tradizioni, dove la tecnologia era un mero mezzo di comunicazione e la magia e l'occulto la facevano da padroni. Perdersi tra le strade di Roma era facile, ma tutte le strade di Roma portano ai suoi cuori pulsanti, e nessun cuore batteva più forte della Sapienza, in quel periodo. Da decenni aveva oramai abbandonato la mera definizione di ateneo, trasformandosi in una vera e propria città della conoscenza dove studenti di ogni età, razza ed estrazione sociale potevano farsi avanti per diventare un pezzo di quel mosaico che tutti gli abitanti di Romano chiamano con fervore "Futuro". Come una fortezza all'interno della città, la Sapienza era caratterizzata da ampi giardini con piantagioni più o meno grandi e vistose, quasi sempre prese in cura dai ragazzi che utilizzavano maggiormente quelle zone per le loro attività, era dunque facile passare da una piccola serra tropicale ad un dedalo di piante squadrate e perfettamente ordinate. Gli edifici, uno più grande dell'altro, erano connessi uno con l'altro da strade in pietra e cemento che formavano un sistema circolatorio di insegnati e studenti. Ogni edificio era caratteristico e diverso, ognuno era costruito in maniera unica si a livello architettonico e che pratico: alcuni erano palestre, altre biblioteche, alcuni interi complessi di uffici e altri interamente dedicati alle aule delle lezioni. Le classi non erano mai ghettizzate o divise in maniera ordinata, nessun gruppo di ragazzi era omogeneo e standardizzato. Piccole fate studiavano e competevano allo stesso livello di giovani draghi impazienti di diventare falangi dell'Impero. In questo complesso di realtà, di anime e di vite che si intrecciavano, quasi nessuno notava al primo sguardo una persona nuova, un nuovo studente può quindi diventare una vera e propria ombra all'interno dell'ateneo, e per spiccare era necessario dimostrare di essere unico, speciale, di essere capace non solo di apprendere ma fare proprie le nozioni che venivano assimilate. Qualcosa di cui non tutti erano in grado. E che spesso finivano per non diventare mai, visto che fin troppo facilmente si veniva schiacciati dalla più eclatante delle realtà: in un sistema competitivo come quello dell'Impero, tutti volevano diventare le punte di diamante di quel famigerato futuro, e se la concorrenza spariva, diventarlo appariva estremamente più semplice. Approcciare un gruppo di ragazzi impegnati ad allenarsi in una delle palestre all'aperto dunque era il metodo più semplice per ottenere risposte, e allo stesso tempo attirare l'attenzione su quella famigerata carne fresca, impaziente di venire schiacciata per lasciare spazio ai "bravi". Ad un occhio più ingenuo però, gli sguardi decisi, concentrati, i volti imperlati di sudore e le suole delle scarpe consumate di quei ragazzi sarebbero parsi come un sintomo positivo, un vero e proprio incoraggiamento a farsi avanti anche a costo di prendersi un pallone in faccia, pur di diventare parte di quella realtà.
     
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    Il Pingu

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    Willow non era ancora riuscito ad ambientarsi completamente alla realtà che rappresentava Roma. Troppa tecnologia e troppi marchingegni infernali lo mettevano a dura prova, mettendo alla luce in modo diretto e senza fronzoli il fatto che non appartenezze a quella realtà. L'essere fatato non sapeva guidare, non utilizzava cellulari o tablet, e vestiva in modo decisamente "tribale", con quella che sembrava quasi una tunica più che una felpa. Dopotutto, il fatto di possedere delle ali non era di certo d'aiuto per indossare determinati indumenti che non avrebbero fatto altro che farlo sentire come intrappolato in una rete. Nonostante tutto, però, aveva superato le sue paure ed era riuscito ad iscriversi alla scuola di Roma, la Sapienza, nella vana speranza di poter ottenere informazioni sulla propria casa e potervi fare ritorno prima o poi, così da poter aiutare sua sorella. Peccato che quel dedalo infernale di strade e strutture non aiutavano il povero Willow ad orientarsi per poter raggiungere quella che poteva essere la biblioteca. Era solo e spaesato, in un luogo che non gli era affatto familiare e in cui stava faticando ad ambientarsi. Se per poter eccellere in quella scuola bisognava essere coraggiosi e spietati, beh, lui di certo peccava nella seconda caratteristica ed anzi, l'ingenuità alle volte meglio descriveva il suo modo d'approcciarsi con gli altri. Ma pur conoscendo questa sua debolezza, Willow si era rassegnato al fatto di dover chiedere informazioni a qualcuno per poter raggiungere la propria meta e per sua fortuna si trovava nelle vicinanze di una campo di allenamento dove un gruppo di atleti si stava riscaldando. Si sarebbe avvicinato al bordo del campo, cercando di capire in quale sport si stessero cimentando e poterne capire almeno le regole basilari, magari assomigliava a qualcosa che già conosceva e che anche la sua razza praticava. Sarebbe stato un enorme colpo di fortuna. Per poter indagare meglio su quello sport, Willow avrebbe avuto la malsana idea di alzarsi in volo sopra le teset dei giocatori, così da poter studiare i loro movimenti e l'area di gioco. Mossa probabilmente azzardata dato che dopo alcuni secondi uno dei ragazzi li presenti avrebbe dato un calcio alla palla più forte del previsto, che mirava proprio nella direzione della creatura fatata, la quale, per poterla evitare, avrebbe fermato il battito delle proprie ali, condannandosi ad una disperata caduta verso il suolo, proprio nel bel mezzo del campo, rovinando quella che probabilmente era una azione d'attacco di una delle due squadre. Con un sorriso imbarazzato ed un po' dolente, visto l'atterraggio avvenuto di pieno sedere, Willow avrebbe guardato i volti degli atleti, squadrandoli, sperando di non venire fulminato con gli occhi.
    S-Salve a tutti! Vi stavo guardando e per schivare la palla sono caduto proprio qui in mezzo. Eheheh...spero di non aver rovinato nulla!
    Avrebbe atteso un attimo a muoversi, dalla sua posizione, e vista la propria statura, gli atleti lì presenti gli sarebbero apparsi più grandi del normale, incutendo anche un certo timore. Ma non aveva fatto nulla di male, quindi avrebbe cercato di mantenere la calma, tentando di rialzarsi e potersi massaggiare il sederino ancora dolente.
     
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    Scusa se ti ho fatto aspettare, questi due giorni sono stato in viaggio.

    Quando i ragazzi che giocavano a calcio si resero conto che la loro partita era stata interrotta da una pioggia improvvisa di fate, fermarono tutto e circondarono il piccoletto caduto dal cielo con aria decisamente curiosa. Alcuni avevano uno sguardo scocciato, mentre altri si scambiavano sguardi come se stessero valutando qualche idea che era venuta in mente un pò a tutti. Da quella posizione sarebbe stato difficile spiccare di nuovo il volo visto che le ali di Willow non avrebbero avuto spazio per dispiegarsi adeguatamente, e probabilmente la cosa gli avrebbe dato una brutta sensazione, come se fosse in trappola. Nonostante ciò, però, uno dei ragazzi allungò amichevolmente la mano verso di lui per aiutarlo ad alzarsi.
    Non ti preoccupare, piccoletto. Sono cose ce capitano. Ti sei fatto male?
    I ragazzi erano tutti molto atletici: degni studenti della sapienza, dove la forma fisica e mentale erano uno standard da non perdere mai di vista per non finire nel dimenticatoio o peggio ancora, in fondo alle classifiche dei studenti più meritevoli. Nonostante lo avessero aiutato a rialzarsi, i ragazzi non avevano fatto spazio, formando quella gabbia di corpi che da un lato ispirava protezione, ma dall'altro lo opprimeva e non poco.
    Dovremmo portarlo in infermeria, ha fatto una brutta caduta!
    La cosa ispirò immediatamente i compagni di squadra che iniziarono ad incoraggiare l'idea, portando le loro mani forti e imponenti sul corpo di Willow: lo stavano sostenendo, volevano aiutarlo, ma lo facevano in maniera piuttosto irruenta, immatura. Era un pò come se le loro intenzioni fossero buone, ma l'esecuzione lasciasse molto a desiderare. La fata però non ebbe modo di opporsi, perché qualsiasi tentativo di sgattaiolare o prendere il volo sarebbe stato interrotto dall'accompagno di quei forzuti ragazzi, neanche tutti umani per di più, e quelli ibridi vantavano una forza che il piccoletto poteva solo sognare. Lo "scortarono", volente o nolente verso l'infermeria della scuola, tempestandolo di domande forse più per confonderlo che per capire cos'era successo.
    Come ti chiami? Riesci a ricordarlo o hai battuto la testa troppo forte? Questo è il tuo colorito naturale? Sembri pallido? Hey ho un'idea... forse quello di cui hai bisogno è una bella carica di energia? Potremmo condividere la nostra con te, non siamo stanchi dall'allenamento. So che le fate sono molto sensibili... sei una fata giusto? Con la nostra energia starai sicuramente meglio...
    Si stavano davvero dedicando molto all'idea di aiutarlo, un tipo timido e imbarazzato come Willow sarebbe riuscito a declinare tanta gentilezza?
     
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2 replies since 16/8/2023, 18:23   29 views
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