Il Valzer dei morti

x Hina

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    Sae cercò di seguire quel flusso di voci meno caotiche, non diceva nulla, affinava i sensi e continuava a camminare per avvicinarsi alla fonte di tale richiamo. Era così concentrata che sussultò sul posto nel sentire di nuovo la voce del non morto che le diceva che percepiva un potere oscuro, lo stesso che si era liberato in Spagna. Sae aggrottò la fronte un pochino perplessa, chiedendosi come diamine facesse a sapere che era legato a quel paese, ma lo vide prodigarsi in qualcosa che le permise di mettere maggiormente a fuoco ciò che percepiva. Li vide apparire come delle fiaccole che si accendevano, non sembravano comuni spiriti, non avevano niente di "umano" era come se quelle anime non riuscissero più a capire cosa fossero, chi fossero.
    Vedo qualcosa... di anomalo. Confessò a Thresh, assottigliando lo sguardo come se avesse voluto mettere meglio a fuoco ciò che vedeva, e fu allora che le loro parole le sembrarono strane, dicevano più o meno la stessa cosa ripetendola varie volte, eppure non sembrava niente di naturale, anche quelle preghiere sembravano distorte.
    Pregano in spagnolo, ma è come se non conoscessero quella lingua, è come quando uno straniero chiede aiuto usando le parole che hanno imparato, io non so come spiegarmi. Soffrono, e sono confusi...
    Dopo quelle parole le sembrò di sentire la voce di Jacob, e quel nomignolo così familiare le fece perdere un battito.

    Jacob? Sussurrò e fu tentata di allungare la mano verso quella capsula da cui provenivano quelle voci, ma ancora una volta Thresh la tirò di nuovo al presente, facendola fermare sul posto.
    No, non può essere, cosa diamine gli è successo? Chi giace qui dentro? Si avvicinò alla capsula cercando una targhetta o qualcosa che potesse darle un indizio, provò a poggiare una mano sulla capsula, chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi per poter percepire i loro ricordi, i loro pensieri, e per verificare che quella voce che sembrava Jacob fosse realmente lui.
     
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    Lo sguardo del non morto era fisso su di lei, cercava di capire cosa le attraversasse la mente, soppesando ogni sillaba che Sae pronunciava per esaminarla a dovere. Il fatto che non riuscisse a comprendere la loro lingua era un indizio molto chiaro che lo aiutò a giungere a una conclusione.
    Anime artificiali... solo l'ombra di ciò che quei corpi ospitavano un tempo. Non mi sorprende che a stento riescano a parlare.
    Thresh aveva capito con cosa avevano a che fare, ma prima che potesse spiegarsi Sae era già stata rapita dalle parole pronunciate da quella voce così familiare, arrivando perfino a toccare la bara dalla quale provenivano, cercando un indizio o anche solo qualcosa che potesse aiutarla a capire.
    Non essere precipitosa, aspetta!
    Non fece in tempo a frenarla: appena le mani della donna toccarono il sarcofago di metallo subito si creò un legame netto con il suo contenuto, che iniziò a penetrarle il cervello come se volesse condividere con lei dei ricordi. Erano troppo ovattati, coperti da una nube oscura e malevola. Forse fu un bene, visto che le grida che sentiva in lontananza suggerivano una grande sofferenza, ma per sua fortuna non sentì nulla dei dolori provati da quelle persone. Era un pò come guardare il servizio di un telegiornale da casa: un orrore vero, ma distante dalle proprie corde. Questo però non le impedì di venire contaminata da quella forza: il richiamo divenne sempre più forte, e le sue mani si mossero senza controllo, attivando il congegno che apriva la capsula. Prima che Thresh potesse fermarla, Sae aveva scoperchiato quel vaso di pandora pieno di orrori, e ciò che si presentò davanti al suo volto fu più terrificante di qualsiasi incubo potesse partorire la sua mente: era un corpo, o per meglio dire un mosaico di corpi fusi assieme, con ossa affilate e sporgenti che uscivano dalle estremità del corpo come armi, e organi in bella vista che ancora pulsavano flebilmente. C'erano ossa, muscoli e organi in più, in posizioni innaturali, arti non necessari che facevano capolino da articolazioni improvvisate, il tutto condito da una sorta di sistema circolatorio extra dal colorito nero come la pece, attraversato da sottili macchie biancastre visibili attraverso la pelle. Anche quello, apparentemente immobile ma capace di emettere qualche impercettibile pulsione. La cosa più terrificante di quell'essere però, era la sua faccia: che per quanto mostruosamente deformata, e per quanto non sembrasse appartenere ad una persona sola, fissava Sae dritta negli occhi. Era come congelata, una maschera umana immersa in una serie di callosità ossee e carnose intrappolate in una creatura mostruosa, ma la fissava dritta negli occhi, e fissandolo abbastanza a lungo la donna sarebbe stata capace di giurare che quegli occhi la stessero seguendo. Appena si creò quel legame visivo, le visioni lasciarono spazio alle sensazioni: fu come se qualcosa le stesse entrando sotto la pelle per poi svanire, un brivido incredibile che tuttavia era limitato dalla stessa natura umana di Sae. Era riuscita a intravedere qualcosa, ma non era abbastanza potente da attraversare quella nube oscura di malvagità e magia occulta che aveva partorito quella mostruosità. L'ultima cosa che riuscì a sentire fu di nuovo quel nomignolo affettuoso e quella caotica richiesta di aiuto, pronunciata mentre i numerosi occhi di quel mostro la fissavano, immobile, congelato e intrappolato in quella capsula gelida. Ci pensò di nuovo Thresh a riportarla alla realtà, costringendola ad allontanarsi e mettendosi di fronte a lei, tra il suo sguardo e quella creatura, fissandola dritta negli occhi per esaminarla di nuovo.
    Non giungere a conclusioni affrettate... quello che hai davanti non ha niente di umano. La magia nera che hanno utilizzato è di quella spietata... strappa via le anime dai corpi così da poterli modellare a proprio piacimento, sostituendole con anime artificiali che "apprendono" il minimo indispensabile dalla memoria celebrale che occupano, pronti a trasformarsi in mostri che seguono i comandi del loro padrone. Se ti sembra familiare, sappi che quelle sono solo sangue ed ossa...
    Nonostante fosse evidente che quel mostro fosse fatto con ciò che restava del corpo di suo marito, Thresh stava cercando di farle capire che quello che stava cercando non si trovava lì, e che doveva mantenere la calma. D'altro canto però, quello era senza ombra di dubbio l'indizio migliore che avevano a disposizione, quindi come trattenere l'entusiasmo? Forse solo con la consapevolezza di quanto orribile fosse ciò che era successo a tutti quelli che si trovavano in Spagna in quel periodo...
     
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    Il concetto di Anime artificiali per Sae era una cosa molto difficile da capire, era assurdo per lei, ma non voleva escludere la possibilità che potesse esistere una cosa del genere. Quando toccò il feretro in cui giaceva il corpo, venne invasa da immagini ovattate, simili a quelle di un ricordo vago di un sogno, distante ma terribile. Non si rese nemmeno conto che la sua mano agì da sola aprendo la capsula. Dopo quel gesto involuto, Sae ritirò la mano tenendosela stretta al petto preoccupata: non poteva farsi possedere il corpo da qualche fantasma. Non successe, ma ciò che vide la inorridì. Quei corpi fusi insieme erano mostruosi e innaturali, i suoi occhi spalancati e inorriditi non riuscirono a staccarsi da quella figura, poiché il suo cervello cercava di capire cosa fosse, non riuscendo a trovare una risposta. Sussultò quando si accorse che degli occhi la stavano fissando, le tremarono le gambe nel sentire di nuovo quel nomignolo così familiare e affettuoso. Fece un passo indietro, mentre il suo cuore accelerò i battiti furiosamente. No, non voleva credere che poteva esserci Jacob in mezzo a quel ammasso di ossa e carne, eppure sentiva che chiedevano aiuto.
    Come? Chiese a quelle voci, come poteva alleviare la loro sofferenza da ciò che gli era successo? Ma poteva anche sembrare che avesse chiesto come era possibile che potessero creare un'anima artificiale. Sentiva la voce di Jacob e per non impazzire cercò in tutti i modi di non immaginarsi la fine orribile che aveva fatto. Le si strinse un groppo in gola, i suoi occhi si agitavano su quella figura dissacrata, ma per fortuna ci fu Thresh a mettersi in mezzo per farla rinsavire. Lui cercò di avvertirla che ciò che aveva davanti era solo un ammasso di corpi, e che quell'ammasso di corpi attingevano dai ricordi del loro cervello per esprimere ciò che venivano a sapere. Sae si portò una mano sulla bocca per frenare un conato, i suoi occhi si riempirono di lacrime mentre una consapevolezza chiara e terribile le si marchiava nel cervello: lì in quel ammasso di carne c'erano parti di suo marito. Ed a giudicare dalle parole di Thresh, probabilmente la sua testa perché ripeteva quel nomignolo così intimo e famigliare che nessuno conosceva a parte la figlia. Alla fine non riuscì a trattenersi e corse verso un lavello vicino per rigettare. Le tremavano le gambe e le braccia, e nel lavello cascarono anche altre lacrime calde.
    Dio mio, cosa gli hanno fatto? Ho sentito la sua voce, mi chiama come quando era in vita. Se ciò che dici è vero, in quell'ammasso ci sono parti di Jacob.
    Singhiozzò, ma cercò di darsi un contegno riportandosi la mano sulla bocca e sul naso per frenare l'ossigeno che altrimenti alimentavano l'immensa voglia di urlare e disperarsi. Anche se spiegarlo a Thresh poteva sembrargli una follia, sapeva che Jacob era in pericolo che aveva bisogno di aiuto, quel nomignolo detto con affetto poteva essere benissimo un eco lontano di lui che cerca aiuto. Dov'era? Come poteva raggiungerlo? Cosa poteva fare per salvarlo? Iniziava a mancarle l'aria, sbiancò, sembrava sull'orlo di uno svenimento. Si sentiva impotente, aveva sperato che Jacob fosse stata una vittima di un incidente, non di un rito blasfemo e mostruoso, quello che gli era successo aveva raggiunto nuovi picchi di dolore. Thresh forse non poteva capire, ma Sae era comunque un normale essere umano.
     
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    Le impedì di incrociare di nuovo lo sguardo con quella "cosa", ma non la frenò quando sentì il bisogno di rigettare. Di sicuro un buon modo per permetterle al corpo di ottenebrare la confusione col dolore. A volte serve anche a questo. La lasciò sfogarsi in silenzio su quel lavello, senza darle altre spietate istruzioni, perché anche il ragionamento più lucido e ponderato in quel momento sarebbe stato fin troppo crudele, quanto inutile. Thresh sapeva che non poteva parlare con lei in maniera lucida, quindi sempre dando la schiena verso il feretro tornò a guardarla con le braccia dietro la schiena, ponendosi come unico filtro tra lei e la follia. Rimase in silenzio, ascoltando il fiato corto di Sae. C'era qualcosa di perverso in quel suo modo di respirare ma il non morto capì che doveva trattenersi: anche se Sae non poteva capirlo, lui comprendeva perfettamente i sentimenti delle persone comuni. Dopotutto, lo era stato in passato... "normale", o che dir si voglia. La differenza era che, per lui, quelle cose erano diventate la normalità, se non addirittura oggetto di studio, quindi le coglieva con un entusiasmo del tutto diverso, ma sapeva benissimo che quello non era il momento per fare lusinghieri commenti sulla perfetta esecuzione di un rituale così oscuro e blasfemo. Quando realizzò che Sae stava perdendo il controllo, il non morto alzò lo sguardo e contravvenne a quel tacito patto di non avvicinarsi troppo a lei per metterla in soggezione, afferrandola per le spalle e tirandola verso di sé, costringendola poi a rivolgere lo sguardo verso l'alto mentre le afferrava il capo con la mano destra, da sotto il mento. la spinse sul suo ventre, non un gesto troppo affettuoso ma possessivo, dandole però un tiepido rifugio, mentre tenendola con la testa rivolta verso l'alto la faceva sfregare col capo sul suo petto, e la obbligava a fissarlo negli occhi mentre con quello sguardo quasi la rimproverava. Come al solito era tanto forte da risultare impossibile opporsi, ma stavolta non agiva con lo scopo di terrorizzarla o metterla a disagio, voleva semplicemente aiutarla a respirare, anche se questo significava stirarsi i polmoni e le corde vocali, oltre che ritrovare il senno con ogni mezzo necessario.
    Quello che senti non è tuo marito... è un diabolico pappagallo che ha imparato dal suo cervello modi per attirarti a sé così che tu possa unirti a quella mostruosità di carne, e così come tutti i tuoi cari, ancora e ancora... non farti ingannare.
    Prima di abbandonarla a quei pensieri funesti, continuò la frase, in modo che gli prestasse più attenzione.
    ... ma forse questo è un bene.
    Esitò. La stava... consolando? No, era semplicemente la verità, la sua deduzione pragmatica, se stava cercando di tenerla ancorata alla realtà era perché il talento di Sae risiedeva in un corpo fin troppo debole e instabile, se non poteva neanche contare sulla sua sanità mentale rischiavano di non concludere un bel niente. Le diede il tempo di riprendersi, poi la lasciò andare, continuando il discorso con volto serio e tono pacato.
    Un'anima artificiale scaccia quella che c'era prima, la allontana. Se avessimo a che fare con un furto di anima, o un suo assorbimento, saremmo nei guai. Recuperare un'anima dall'inferno o strapparla da una fucina dimensionale come un Tartarus... beh quello sarebbe complicato anche per me. Ma considerato quello che abbiamo davanti, è facile dedurre che l'anima di tuo marito si sia semplicemente persa... per questo riesci ancora a sentirlo.
    Le diede il tempo di rimuginarci sopra, di capire che nell'orrore di quegli eventi erano stati "fortunati", da un certo punto di vista, e che forse potevano lavorare su qualcosa. Sollevò uno di quei grossi pollici rivolgendolo verso il feretro, ancora oscurandolo con la sua presenza ma facendole capire che era una risorsa che non potevano ignorare.
    Quella cosa non è più niente, è solo una trappola per i tuoi sentimenti. Ma ha avuto comunque origine da un cuore, da un'anima vera, quindi forse se il tuo potere è particolare come credo, ci farà fiutare una pista. Ma io questo non posso farlo. Devi farlo tu... e devi superare i tuoi limiti. Quindi cerca di trovare il giusto equilibrio, e di capire quanto in fondo sei disposta ad andare.
    A quel punto Thresh sollevò il mento, fissandola dall'alto in basso, assumendo un'aria sinistra, quasi inquisitoria. La stava giudicando con quegli occhi, e le disse qualcosa di spietato, tagliente, ma che rifletteva molto cosa pensasse il non morto al momento.
    ... tuo marito non tornerà da solo.
     
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    Sae iniziava a sentire le ginocchia deboli, non riusciva a trovare le parole per esprimersi, era come se il suo cervello non riuscisse ad elaborare il pensiero per tradurlo in parole. Stava per svenire esattamente come era successo quando le avevano detto che suo marito era morto. Nemmeno riusciva più a vedere Thresh, la vista le si annebbiò e se non fosse stato per lui sarebbe caduta e svenuta. Invece dopo quel momento di assenza totale si sentì come afferrata e poggiata contro una parete. Battè le palpebre più volte confusa, accorgendosi dopo che il muro era stranamente caldo e comodo, ed infine capì che era stato Thresh a sorreggerla ed aiutarla a non cedere. Sollevò le mani poggiandole contro di lui come se avesse voluto spingerlo via, ma rimasero lì ferme mentre lui cercava di tenerla ancorata lì al presente con le parole. Sae aveva capito cosa significava quell'essere dentro la capsula, ma non poteva fare a meno di pensare alla persona che amava così profondamente venire ridotta in quel modo, sicuramente nel modo più atroce possibile. Doveva aver sofferto terribilmente e quello forse le faceva più male del sapere che era morto. Sembrò impossibile per i preconcetti di Sae verso Thresh, ma la aiutò a rinsavire, a recuperare lucidità. Non poteva dire che aveva torto, e sentirgli dire che quell'essere non era suo marito un pochino la riconsolava perché significava che non stava soffrendo ancora, o per lo meno non per quella condizione. Non capì se le stesse solo dando delle vane speranze, ma Sae si ci aggrappò, se Jacob era perso, se non era stato distrutto, c'era una grande speranza di poterlo trovare e riportarlo a casa. Lo lasciò parlare, accendendo lo sguardo curioso quando parlò del tartarus, rivelando una grande verità che i comuni cittadini non sapevano. Ecco perché quelle spaventose costruzioni mietevano così tante vittime, perché rubava le loro anime? Forse era più complicato. In ogni caso anche se detestava ammetterlo, Thresh aveva ragione, quindi non lo guardò male quando le disse lapidario che suo marito non sarebbe tornato da solo. Prese un grande respiro e poi annuì, sfregando involontariamente la faccia contro di lui per farlo.
    Sì, posso farcela. Affermò dandogli piccole pacche con le mani per fargli capire che stava bene, che poteva lasciarla andare. Una volta che l'avrebbe mollata cercò di tornare al corpo martoriato, pensando che anche se erano artificiali quelle anime, sembravano soffrire. Avvicinò cautamente le dita verso quello che poteva somigliare a delle dita, le sfiorò sospirando un "mi dispiace".
     
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    Forse farla avvicinare così tanto a qualcosa che non apparteneva a quella dimensione era pericoloso, ma Thresh era uno che lasciava la configurazione del Lamento ai suoi alunni, quindi forse non era molto sensato parlare di precauzioni con lui. La lasciò andare e le permise di avvicinarsi dunque, così che potesse entrare in contatto con quel corpo, o qualsiasi cosa fosse. A mente più lucida, era facile immaginare che se quella massa di corpi deforme e terribilmente mutilato, non si muoveva, era solo perché si trovava in uno stato alterato di rianimazione, simile al congelamento. Si trattava sicuramente di una magia raffinata da Mobius, una grande dimostrazione di ingegno alchemico e conoscenza magica, reso possibile dalle apparecchiature in Tetranite che l'impero aveva a disposizione. Conscia di ciò, Sae non avrebbe dovuto temere nulla quindi, se non il freddo intenso che teneva quelle membra bloccate.
    Ricorda com'è stato per Mike... non lasciare che ti mostrino qualcosa... cercala tu.
    Le diede quell'indicazione che, per quanto vaga potesse sembrare, celava in realtà un consiglio preziosissimo. Doveva lei pescare qualcosa che stava cercando, non gettare una rete nella speranza che qualche mostro marino non si mescolasse al suo pescato. Appena le sue dita entrarono in contatto con la carne, sentì chiaramente quelle presenze oscure cercare un legame con lei, aggrappandosi al suo corpo, o almeno solo apparentemente. Era come se dei mendicanti l'avessero assalita, tirandola verso la loro posizione genuflessa mentre lei si tirava indietro, lasciandosi tirare via le maniche. Solo che quelle creature non la stavano spogliando, ma la allontanavano dal suo corpo, come se le stessero forzando un viaggio astrale. Thresh non le disse nulla, ma la fissava come se le stesse dicendo di restare concentrata e non lasciarsi trascinare.
    Fu un viaggio molto, molto particolare, era come vedere diverse storie scollegate tra di loro di cui però le mancavano i pezzi per capire esattamente di cosa si parlava, era unicamente il suo istinto a suggerirle che un certo filo rosso le teneva cucite da una trama più grande. Poteva sentire le grida delle persone colpite da quella terrificante maledizione, poteva vedere le anime strappate dai loro corpi che si disperdevano, finendo in flussi che attraversavano il loro mondo come correnti oceaniche. Poteva sentire l’istinto di quelle creature, che portavano in petto nuclei di energia pronti a esplodere, e li proteggevano come infanti, invocando l'angelo del paradiso e seguendo la volontà di un uomo asiatico pallido vestito di verde e con una mano brillante che utilizzava per poterli controllare. Poteva sentire i marchi sulla loro carne che li trasformava, la nenia oscura di una strega che li malediva e li trasformava nei suoi pupazzi, trascinandoli con sé come un macabro esercito per invadere molti luoghi, tra cui anche le metropolitane di Roma e di grandi città. Riuscì addirittura a sentire il ruggito di dolore di un drago che spezzava la sua volontà pur di disobbedire alla sua oscura padrona, e il rumore di un crogiolo simile ad un pentolone che bolliva, ma non di deliziosa zuppa bensì di anime, sangue e carne.

    Il tuo sguardo si perde... concentrati!
    La voce del non morto le risuonò in testa, si era reso conto che si stava lasciando contaminare e l'aveva scossa. Sae avrebbe visto chiaramente ciò che restava delle dita di quella creatura e altre misteriose mani dalla forma assurda allungarsi verso di lei. Era come se si muovesse a rallentatore, capace di spostarsi solo quando lei batteva gli occhi, e ogni volta che lo faceva, quel corpo appariva sempre più vicino. Le stava dando la caccia, ma ad un livello percettivo che lei non poteva comprendere. Doveva concentrarsi solo su ciò che le interessava, solo su quel che rimaneva dei ricordi di suo marito, un ultimo punto d'incontro, il saluto tra lui e quell'anima oscura che lo aveva sostituito trasformandolo in un mostro. Solo allora, vide chiaramente la sua visione farsi rossa come il sangue. Inizialmente sembrava quasi che le avessero immerso il capo in una pozza di sangue denso, poi man mano che affilava i suoi sensi spirituali, prendeva forma. Le orecchie iniziarono a fischiarle mentre il rosso si squarciava in un occhio sottile, accompagnato poi da molti altri. Per un istante ebbe la sensazione di non essere più quella che osservava, ma quella che veniva osservata. L'occhio venne soffiato via, rivelando che quello non era un corpo ma la superficie di un deserto rosso, all'orizzonte della quale si vedevano specchi grandi come montagne che riflettevano il profilo di un'oscura città galleggiante, vista da lontano. Ora non erano più solo le orecchie a stridere, ma Sae poteva sentire chiaramente la sua pelle accapponarsi. Il corpo si stava ribellando. Qualsiasi connessione avesse creato in quell'istante era troppo per lei, e come se le avesse dato la scossa, quel corpo tornò al suo posto originario, respingendola e riportandola alla realtà. Il gelo di quel luogo sembrava adesso ancora più intenso. Si stava stancando, non era abituata una simile esperienza. Se continuava in quel modo, con il suo debole corpo, avrebbe ceduto inevitabilmente prima ancora di svenire dalla paura.
    Ho visto qualcosa riflesso nei tuoi occhi... hai trovato un'ancora, la porta. E forse hai la chiave... ma non sei forte abbastanza per raggiungerla.
    Nonostante quella frase apparisse disinteressata e pragmatica, Sae avrebbe notato che Thresh stava stringendo con forza i pugni in quel momento. Invidia, forse? No. Una strana emozione lo stava attanagliando. Si diceva frustrato per il fatto che un simile dono fosse toccato a qualcuno che non poteva sfruttarlo al meglio, eppure in cuor suo sapeva che non poteva essere solo un caso sfortunato. Il caso non esiste. Eppure non riusciva a trovare una spiegazione convincente. A quel punto, nella fatica, nella disperazione, e nella paura, qualcosa di più chiaro e palese avvenne: una figura umanoide, completamente bianca, comparve al fianco del professore. Lui non sembrava poterla percepire, ed era minuta rispetto a Thresh, abbastanza da sembrare una persona normale. Sae non riuscì a distinguere né i tratti né il suo aspetto, lo riconobbe solo come uno spettro familiare, ma nulla di chiaro come il sole. Mosse la bocca, e nonostante non uscisse neanche un fiato, né fossero palesi le labbra, Sae percepì il messaggio: "torna indietro finché puoi". Due facce della stessa medaglia, uno di fianco all'altra, davanti a lei. Ma Sae poteva davvero fermarsi, proprio ora che si trovava ad un passo dall'avere almeno una risposta?
     
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    Nel momento in cui Sae entrò in contatto con il corpo si rese conto che c'era una sorta di incantesimo, o forse qualcosa di diverso che teneva il corpo in stasi come bloccato nel tempo o qualcosa del genere. Non aveva mai sentito nulla di simile e ciò le fece capire quanto in realtà fossero grandi le risorse dell'impero. La raccomandazione di Thresh la fece di nuovo annuire, aveva ragione, doveva concentrarsi e cercare Jacob, cercare delle tracce, dei messaggi. Si sentì subito trascinare da quelle presenze, avevano un tocco così disperato, ma cercò di rimanere forte, e cercò di rimanere in sè, lasciando che solo i sensi le permettessero di vedere. Li ignorò, ignorò la loro richiesta di aiuto e si concentrò sul sentimento che era ancora così vivo in lei per Jacob. Vide delle scene che la fecero inspirare aria avidamente, non ne era sicura, ma intuiva che quello che era successo in Spagna era colpa di quelle persone che stava vedendo, un uomo asiatico a capo di un esercito di creature deformi e pericolose, una strega, un drago, sembrava una orribile favola dell'orrore. Era molto confusa, era come se molte cose si fossero intrecciate in quel luogo, in quell'evento. Chi erano? Perché avevano fatto tutto quel male? La voce di Thresh che le diceva di rimanere concentrata si unì alla sua rabbia verso quelle persone. Ed in tutto quel caos, dove era Jacob? Si era messo al sicuro?
    Jacob... lo chiamò, lo cercava intensamente, cercando la sensazione che aveva sempre provato stando insieme a lui quando era in vita. Eppure non riusciva a trovarlo, era ancora troppo lontano. Vide una moltitudine di occhi inquietanti, si sentiva osservata fin dentro l'anima. Strinse i denti, cercò di non farsi intimorire, poiché cercava qualcosa di più importante della sua paura. Improvvisamente un deserto, un occhio rosso che la fissava, le ricordò molto lo stesso occhio che aveva visto quando aveva percepito lo spirito di Marcus che la avvisava di non andare. Vide una città lontana ma capì che non era una città terrena, non era un luogo che conosceva o aveva visto in passato, nemmeno quando aveva aiutato molti spiriti a darsi pace. Era lì? Il suo amato era intrappolato in quel luogo infernale? Allungò una mano verso quel luogo, ma qualcosa le impedì di avanzare, di continuare, forse il suo istinto di conservazione, non riusciva a capirlo perché poco dopo ritornò al presente ed era di nuovo in quella stanza di obitorio davanti a quel corpo martoriato. Batté gli occhi più volte mentre Thresh la incalzava dicendole che aveva notato che Sae aveva visto qualcosa, che aveva percepito ma non era forte abbastanza. Si voltò a guardarlo, con la fronte aggrottata per il nervosismo, pronta a prendersela con lui, ma la visione di qualcuno vicino a Thresh la blocco sul nascere di una imprecazione. Ne fu così sorpresa che anche Thresh avrebbe notato che stava guardando qualcosa vicino a lui, una presenza forse, un ricordo... in ogni caso qualcosa che lui non poteva vedere. Di nuovo quella voce che la avvisava di tornare indietro, era Marcus? Perché si nascondeva a lei se ormai lo aveva capito? Forse non era lui? Forse era una sorta di angelo custode? Strinse i pugni e guardò il gigantesco non morto lì vicino.
    Perché? Chi sei? Non capisci? Io devo farlo! Devo salvarlo!
    Si rivolse alla misteriosa entità che si era palesata, ignorando totalmente Thresh in quel momento. La cosa curiosa era che Thresh avrebbe visto Sae che muoveva la bocca ma non usciva nessun suono, poiché stava parlando ancora con il suo spirito e non con il suo fisico, per poterla sentire avrebbe dovuto affinare i suoi sensi, come quando usava la lanterna.

    Tu sai dov'è? Aiutami invece di fare la bella statuina dannazione!
    Alla fine la frustrazione la portò a sfogarsi con la misteriosa entità, forse non gli aveva portato rispetto, ma non poteva farci nulla, non le aveva fatto capire chi o cosa fosse, non poteva biasimarla.
     
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    Sae fu testimone di qualcosa che non capitava poi così spesso, e che di sicuro conoscendolo meglio l'avrebbe dovuta cogliere di sorpresa: era... confuso. Capì subito che stava guardando un punto vicino a lui, forse interagendo con uno spirito o qualcosa del genere, ma il fatto che lui non fosse in grado né di percepirlo, né tanto meno di vederlo, lo lasciò spiazzato. Che stava vedendo? Cosa stava succedendo? Sae parlava, ma non usciva nessun suono, questo perché non si era resa conto di essere ancora nella sua forma astrale, segno che il sogno si stava mescolando alla realtà. Mentre Thresh cercava di capire, però, Sae rimase ancorata a quella visione, interrogandola piuttosto che accogliere il suo consiglio. Avrebbe ben presto realizzato qualcosa di molto particolare, difficile da comprendere per i sensi e per i concetti umani, ma che aveva maledettamente senso se vista da un lato puramente teorico: quella figura luminosa non aveva forma perché, banalmente, Sae stava cercando di immaginarsi qualcuno con cui interagire. Ma più ci parlava, restando ancorata a quella visione, più si distorceva, somigliando sempre di meno ad una figura umana, e sempre di più a uno strappo. Un buco nero forse? No, niente di così astratto. Era come se qualcuno stesse cercando di entrare... non nella stanza, ma nel suo "occhio". Nel suo "sguardo". Vide la figura luminosa scurirsi fino a che delle punte vermiglie simili a sottili dita acuminate non si piazzarono al suo centro, iniziando ad allargarle. Quell'occhio rosso fece capolino dal suo interno.

    Vieni. Vieni da noi. Vieni a trovarlo. Vieni... Ad Allagadda...


    A quel punto la visione si interruppe bruscamente: Sae sentì chiaramente dei grossi spuntoni di energia conficcarsi nella sua schiena, come due enormi chiodi all'altezza delle spalle che le attraversavano il corpo osceno dal suo petto, rivolti verso il basso. Non subì nessuna ferita, perché ad essere colpito fu il suo spirito, non il suo corpo, ma fu come se qualcosa l'avesse pugnalata alle spalle e il dolore fu reale. Intenso, profondo, un dolore come mai lo aveva provato prima, tale da farle vibrare ogni singolo nervo del corpo e la parte più profonda del suo cuore. Era come se qualcuno stesse cercando di esplorare la sua essenza, stimolando le parti più dolorose non per farle del male, ma piuttosto per rendere più sensibili quelle del piacere. Un contrasto diretto, intenso, assurdo e privo di logica, che di sicuro sul momento non ebbe modo di esaminare a dovere, ma che era reale più che mai. Quell'intenso dolore la costrinse a tornare alla realtà, e altri colpi la spinsero verso il suo corpo. Era come se una forza maligna e perversa stesse cercando di inchiodare la sua anima al suo corpo con la forza, e ci stava riuscendo. Quando i corpo astrale tornò al suo posto, Sae cadde in ginocchio per lo sforzo ritrovandosi davanti a Thresh, che stavolta non appariva più disarmato: il palmo della mano destra era spalancato e rivolto verso il basso, dove la sua oscura e inquietante lanterna dalle fiamme verdi pendeva come trattenuta da una forza misteriosa. Nonostante non ci fossero segni sul suo corpo, Sae poteva sentire ancora le spalle dolenti da un lato, e quel perverso piercing sul suo seno che invece le mandava delle sensazioni di piacere fortissime, come se stesse rievocando quella notte chiusi nel bagno degli spogliatoi intenti a sfogare quella perversione insormontabile. La voce del professore arrivò imponente e lapidaria, come un monito che non potevano ignorare.
    Non sei pronta... rischi di sbirciare nella porta sbagliata. Andiamo via.
    E detto questo usò la mancina per afferrarle il polso, e costringerla ad allontanarsi da quel feretro d'acciaio. Se Sae non voleva perdere quell'occasione d'oro, doveva insistere, perché Thresh era chiaramente intenzionato a non spingersi oltre. O almeno così voleva farle credere. Il non morto in realtà sapeva benissimo che, oltre a quel pericoloso spiraglio che si era aperto, di sicuro Sae aveva anche intravisto una via possibile da percorrere, ma non era forte abbastanza da poterci arrivare. Per spronarla a fare di più però, non doveva limitarsi a fare il maestrino... doveva stuzzicare emozioni forti, le più forti possibile, e se tra queste c'era anche la disperazione oltre all'odio, allora non c'era che da guadagnarci.
     
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    Quando Sae si accorse che la figura si stava distorcendo rimase ammutolita, osservando quello che vedeva senza riuscire a capirla del tutto. Quella voce non parlò più, ed anzi sembrò quasi che qualcuno o qualcosa lo avesse interrotto per intrufolarsi nella loro conversazione, divenendo anche figurativamente così: delle mani che aprirono quello strano squarcio e poi di nuovo quell'occhio rosso che la fissava ed infine delle voci, o forse era una sola che la invitavano ad andare ad Allagadda. Sae aggrottò la fronte ancora più perplessa ripetendo quella parola per impararla. Non aveva idea di che posto fosse, era sicura che nessuna città al mondo si chiamasse in quel modo.
    Allagadda
    Dopo aver pronunciato quella parole, la visione si interruppe e successe qualcosa che la travolse improvvisamente. Dei grossi spuntoni che le attraversarono il corpo, facendo strillare la sua anima ed il suo corpo. Sae non riusciva a capire, le sembrava di vivere qualcosa di opposto allo stesso tempo, dolore e piacere che si mescolavano, che le impedirono di rimanere concentrata. Sentì chiaramente l'anima che venne trascinata di nuovo dentro il corpo con violenza, procurandole uno scombussolamento totale. Boccheggiò e cercò di voltarsi per capire cosa l'aveva infilzata, ma non appena lo fece, crollò a terra in ginocchio con l'anima di nuovo nel corpo. Si portò una mano sul seno dove c'era il piercing per premerlo con forza. Stringeva i denti ma continuò a lamentarsi, cercando sul corpo delle ferite che non trovò. Si sentiva totalmente scombussolata, il piacere le faceva tremare le gambe, ne era spaventata perché di solito tornare nel corpo non era mai una sensazione piacevole. Quando Thresh la afferrò per il polso per allontanarla dalla capsula non oppose resistenta perché si sentiva pesante ed indebolita. Una volta in piedi però si accorse che sentirsi toccare le stava piacendo, ma lo stava facendo Thresh. Sae strattonò via la mano ancora ansante, stordita come se si sentisse ubriaca. Si disse che era fortunata ad indossare un abito poiché non si sarebbe visto che aveva inzuppato le mutandine. Perché il suo corpo reagiva in quel modo?

    Che cosa è successo? Sei stato tu? Hai interrotto tu la mia visione? Non usò un tono di rimprovero perché stava diventando tutto molto spaventoso, ma allo stesso tempo non si sentì affatto soddisfatta. Voleva dargli il beneficio del dubbio, forse aveva visto qualcosa, o forse lei stava per passare un limite che non poteva ancora passare?
    Perché lo hai fatto? Non ho ancora trovato niente, solo il nome di una città, o di un luogo.
    Si passò una man sul capo, ed una sulle cosce per calmare quel maledetto tremore che non l'aveva ancora abbandonata.

    Non possiamo andare via, non ho trovato niente su Jacob! Questa volta il tono fu più duro.
    Questo corpo non mi ha aiutato, cerchiamo ancora... si voltò verso le altre capsule, alla ricerca di nuove sensazioni, ma quel dannato brivido e quel dannato piercing la stavano distraendo, facendola sentire sempre più frustrata.
     
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    Quando Sae si divincolò dalla presa di Thresh, il non morto rimase fermo sul posto, intento a fissare la mano semiaperta che si era lasciata sfuggire Sae. L'aveva... mollata? Come? Non c'era modo che quella spilungona avesse la forza di potersi sottrarre a lui. Era scivolata come una vipera, senza dargli la possibilità di trattenerla. Era come se non riuscisse a tenerla sotto controllo se non usando i suoi poteri, ma doveva farne un uso parsimonioso altrimenti rischiava di far scattare qualche allarme, e questo non potevano permetterselo. Ma perché era così sfuggente? Poi ripensò all'unica parola che aveva detto prima di tornare alla realtà. Allagadda. Era talmente concentrato sulla situazione che non si accorse subito di come il corpo di Sae stava reagendo, altrimenti di sicuro si sarebbe immediatamente preoccupato di risolvere quel problemino a modo suo. Ma la situazione richiedeva un Faust Carnovash molto più concentrato, perché per quanto inspiegabile e spaventosa fosse la situazione, Sae non dava idea di volersi fermare proprio adesso.
    Non essere ingenua e frettolosa, ricordati cosa ti ho detto: non lasciarti guidare, devi essere tu a cercare! Se lo fai alla rinfusa, rischi di perderti!
    Tentò di nuovo di afferrarla e tirarla a sé ma si rese conto che non poteva riuscirci, e Sae invece poté facilmente allungare le mani verso altri feretri. Il non morto sgranò gli occhi, più che preoccupato era sorpreso: qualcosa... stava interferendo. Lo capì quando affinò i suoi sensi per annusare l'aria, percependo il pungente odore femminile che il corpo di Sae, a caccia di nuovi stimoli, potere e piacere, stava emettendo. Non si stava allontanando... era ancora lì. Qualcosa si stava mettendo tra loro due come un terzo incomodo, forse consapevole che Thresh l'avrebbe aiutata a seguire un percorso più ponderato. Quando invece, quell'entità, aveva intenzione di trascinarla verso una serie di pensieri assai meno lucidi.
    Mentre Thresh capiva come agire, Sae riuscì ad entrare in contatto con altri corpi: era come se quelle bare si stessero aprendo da sole, e tutti la attirassero per farsi toccare. Erano spaventosi, sì, ma invocavano il suo aiuto, e la accoglievano per poterla aiutare a loro volta. Di nuovo fu colta dalle visioni, e anche se vide di nuovo eventi terrificanti alla quale aveva assistito, iniziò a vedere in maniera sempre più chiara e meno confusa una visione più limpida. Una processione, composta prima di frammenti di ricordi, poi di un unico pensiero che si amalgamava in una cosa sola. Era come se quelle anime perse, strappate dai loro corpi fossero state richiamate da qualcosa, un faro nelle tenebre, una guida per non smarrirsi, un salvatore. Il faro aveva guidato quella processione verso la salvezza, e le grida di dolore si trasformarono gradualmente in gemiti di piacere. Man mano che il dolore spariva, Sae sentiva quei chiodi magici uscirle dal corpo, liberandola dalla sua prigionia. Il piacere crebbe, e non fu solo una sensazione. Era come se un lungo pellegrinaggio all'inferno si fosse risolto in un arrivo prodigioso ad un'oasi meravigliosa. La sete venne saziata, la fame colmata, le lacrime sanate e le ferite curate. E mentre il corpo e lo spirito si affrancavano, il dolore lasciava spazio al piacere, ma non sostituendolo completamente. Era come se quelle anime in pena si stessero leccando le ferite a vicenda, e la consapevolezza di aver superato quel dolore si fosse trasformata in un piacere ancora più intenso, impossibile da provare con una carne che mai aveva provato il dolore, e lo stesso valeva per lo spirito. La processione perversa la guidò all'interno di quella visione, accogliendola tra di loro, sfiorandola, baciandola e stringendola senza furia, senza foga, solo con amore. Ogni cadavere che toccava la trascinava sempre più in fondo in quella visione, e se da fuori il corpo di Sae sembrava semplicemente che stesse camminando a braccia larghe verso ogni corpo che poteva, dentro di lei si stava invece aprendo uno squarcio nella realtà, visibile solo al suo potere, che la stava portando verso la madre di tutte le oasi: un fiore meraviglioso, perverso, peccaminoso, capace di esaudire ogni desiderio, Pieno di altri occhi, labbra e voci che la invitavano a farsi avanti. Il fiore non aveva nessuna forma conoscibile, di colori cangianti che non esistono sulla terra, di odori meravigliosi impossibile da comprendere e da riconoscere. Il suo crescere era una melodia perversa e meravigliosa, e ogni seme che da esso fuoriusciva alla ricerca di stelle in cui trasportare i suoi germogli era come una festa, la più grande di tutto il mondo capace di illuminare il firmamento. Era lì che suo marito era stato portato? Le anime di quelle persone allora non erano perdute, semplicemente avevano trovato un luogo dove riposare, in attesa di tornare alla vita. Ecco cosa le aveva suggerito quella visione: un pellegrinaggio lungo e doloroso, fatto di pene e piaceri, ma con una promessa al termine. Thresh aveva provato ad invocare il suo nome a quel punto, più volte, ma sapeva che non lo stava ascoltando. Non riusciva a vedere ciò che vedeva lei, ma poteva intuirlo, per questo decise di aspettare, per vedere cosa sarebbe successo. La visione di Sae si sarebbe interrotta bruscamente. Il suo ventre sarebbe stato fradicio, come se si fosse interrotta proprio mentre stava per raggiungere l'orgasmo. Tra le sue mani, messe una sull'altra come in gesto di preghiera, avrebbe trovato il cubo di Le Marchand, insolitamente silenzioso. Infatti, anche se avesse deciso di utilizzarlo, non si sarebbe mosso, un pò come se fosse bloccato in qualche modo. Le dita avrebbero iniziato a tremarle, perché il suo corpo stava chiaramente raggiungendo il limite. Non poteva continuare ad avere quelle visioni in quello stato, di sicuro un altro tentativo e sarebbe svenuta. L'unico modo era trovare altro potere da utilizzare, proprio come quando avevano salvato Mike. Thresh aspettò che si voltasse a guardarlo: si erano allontanati e lui non si era mosso, per evitare di influenzarla, o di bloccarla ancora, ma aveva la sensazione che se avesse provato lui ad avvicinarsi non ci sarebbe riuscito. Forse doveva essere lei a fare la prima mossa.

    Quello che cerchi non lo troverai ad Allagadda. Lascia che ti aiuti. Abbandona il cubo... vieni da me.
    A quel punto il cubo iniziò a tremare, e Sae avrebbe sentito chiaramente il metallico suono di qualcosa che si sblocca. Adesso poteva utilizzarlo. Era messa di fronte ad una scelta a quel punto: poteva attingere potere da Thresh, e fidarsi di lui, oppure accogliere quel mostruoso invito. Dopotutto, perché avrebbe dovuto fidarsi ancora di quell'energumeno spaventoso? La risposta era proprio davanti a lei, la visione aveva rivelato la via, forse non in maniera chiarissima ma sapeva in che direzione andare. Stavolta il cubo non avrebbe fatto danni, doveva solo aprirle la strada, e poteva farlo senza assecondare i desideri perversi del professor Carnovash.
     
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    Sae ci stava provando con tutta se stessa a cercare ciò che voleva con i suoi sensi, attingeva ai propri ricordi, al loro primo bacio, al matrimonio, alla loro prima notte, la gioia di quando avevano concepito Aurora, eppure non riusciva a trovare niente di lui. Perché? Vedeva così tante cose, spaventose e inspiegabili. Venne catturata da una fiumana di sensazioni ed inizialmente la seguì in cerca del suo adorato, ma trovava solo anime che si rinfrancavano che tentavano di condividere con lei il benessere che le riempiva di piacere. La carezzavano, la baciavano, ma nessuno era violento, erano perverse coccole che le ricordavano quanto fosse bello unirsi nell'amore, nel piacere. Sembrava un piccolo paradiso, dove non avrebbe avuto più preoccupazioni, poteva crogiolarsi in quella culla di piacere, eppure c'era qualcosa che stonava. Non conosceva nessuno di loro, non sentiva nessun legame. Arrivò verso quello che sembrava un fiore che prometteva l'esaudirsi di qualsiasi desiderio. Sae provò dapprima gioia poi esitò, si interrogò se fosse reale ciò che vedeva, poi pronunciò una parola soltanto "Jacob". Lo desiderava, voleva avere con sé almeno il suo spirito, sentirlo vicino come lo era stato per moltissimi anni. Poteva quella cosa esaudire il suo desiderio? Prima che potesse ricevere una risposta, la visione si interruppe bruscamente, facendola ripiombare nella orribile realtà dove era sola, dove l'eco di suo marito era muto e lontano. Sussurrò un "no" frustrato. Si accorse che fra le mani aveva di nuovo quel dannato cubo. Sentiva il corpo debole, quell'oggetto le sembrava pesantissimo, capì che era al suo limite fisico, ma si sentiva ancora in alto mare, non aveva trovato nessun indizio che portasse a lui. Perché era così debole? Venne invasa dallo sconforto, aveva viaggiato a lungo con il suo spirito e non riuscì a nascondere le sue emozioni, una lacrima rigò il suo viso, sporcandole la guancia del mascara. In quel momento le arrivò il richiamo di Thresh alle orecchie, si voltò a guardarlo solo per un attimo, poi tornò a guardare il cubo. Perché aveva quell'oggetto nelle mani? Voleva essere di nuovo usato da lei? Fu una tentazione, ma prima che potesse infondere la sua volontà in esso, si ricordò che aveva osato usare sua figlia, si ricordò di come aveva fatto soffrire Mike privandolo della parola. Odiò quell'oggetto e lo lanciò via da lei in un punto vuoto della stanza, nemmeno tanto lontano visto che si sentiva esausta. Thresh aveva ragione, ciò che cercava non c'era ad Allagadda, altrimenti lo avrebbe trovato, perché era sicura che anche Jacob la stava cercando. Non aveva altra scelta che farsi aiutare da Thresh, sul momento non pensò a cosa dovessero fare sul lato pratico. Lo aveva totalmente scordato sopraffatta dallo sconforto. Ricordò solo la forza che le aveva dato la sua energia, e sentiva che forse poteva riuscirci, se si sacrificava un poco pagando il pegno dovuto al fato, poteva fare un passo in più verso la sua destinazione.
    Non riesco a trovarlo. Lo disse con una infinita tristezza mentre sollevava la mano verso il professore e si avvicinava a lui. Non sentiva quasi nemmeno i piedi che si spostavano sul terreno, le sembrava quasi di levitare verso il non morto. Afferrò la sua mano, quasi fosse stato il bordo piscina quando era troppo stanca per nuotare ancora.
    Sono troppo debole, se ci provo ancora il mio corpo non reggerà. Le scappò una nuova lacrima, abbassando lo sguardo verso il basso frustrata, umiliata dalla debolezza del suo fisico. Aveva un così gran talento eppure era limitata dalla sua debolezza, perché Dio le aveva fatto un tale dono se non poteva sfruttarlo come si deve?
    Aiutami...
     
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    Dio non elargisce doni. Solo maledizioni. E man mano che Sae abbandonava quel cubo, votandosi a Thresh, dimenticava quanto oscuro fosse in realtà il cuore di quell'uomo. Lui non si mosse, né le andò incontro, facendole assaporare ogni singolo passo come se facesse parte di un tormento, un calvario alla quale non poteva sottrarsi. Allungò solo una mano verso di lei così che Sae potesse aggrapparsi ed evitare di cadere. A quella distanza, Thresh poteva sentire perfino le sule lacrime, e inspirò a pieni polmoni come a volerle saggiare. Finalmente l'aveva portata a rendersi conto di quali fossero i suoi limiti. Aveva chiesto il suo aiuto, non si era limitata a riceverlo in cambio delle sue lusinghe. La afferrò con forza, non per farle male ma per costringerla a sollevarsi, mentre lui invece si piegava verso di lei. Con al destra le stringeva il polso, ma la sinistra si portava invece delicatamente sotto il suo mento, carezzando quel morbido e delicato collo come se fosse una pietra preziosa da trattare col massimo riguardo.
    Prendi la mia forza... è tutto ciò di cui hai bisogno...
    Stavolta non le diede il tempo di metabolizzare, né di accettare. Per lui il contratto era già sigillato da tempo, semplicemente Sae doveva ancora rendersene conto. E chissà quante cose doveva ancora capire su di lui. La delicata carezza sotto il mento si trasformò in una presa della sua mandibola, non così forte da farle male ma così vigorosa da sembrare un gesto di egoismo, possessivo, un pò come se volesse dirle che adesso, anche se per poco, era sua. Con quella stretta che la intrappolava nella sua morsa, Sae si sarebbe sentita trascinare verso di lui, neanche per un istante i loro sguardi si separarono, perché gli occhi di Thresh erano chiaramente ancorati alle guance nere rigate di Sae, nulla poteva renderla più affascinante se non quel trucco sfatto, ed era sua totale intenzione renderlo ancora più vistoso. Quando non ci fu nemmeno più il respiro a separare le loro carni, Sae avrebbe finalmente avuto un assaggio delle labbra di quell'uomo: labbra vigorose, possenti, affamate, caldissime. Sembrava quasi le stessero bruciando i volto ma non era assolutamente come una tortura, era come rinascere. Immediatamente la lingua saettò verso la bocca di Sae come una serpe che lambisce la preda, ma la donna non ebbe il tempo di sentirsi violata dalle dimensioni del suo aguzzino, perché proprio come una cannuccia troppo grossa quella lingua le avrebbe dato un ampio sorso dell'essenza di Thresh. Bastò quel singolo bacio per farle provare di nuovo quella sensazione di potere intenso, di forte benessere che Banner e l'intruglio di Thresh le avevano concesso. Fu come se la fatica svanisse del tutto dal suo corpo, mentre i sensi tornavano ad accendersi più vispi che mai, solo per permetterle di sentire meglio quelle meravigliose sensazioni. Thresh non si limitò a dissetarla, ma si prese un bacio vivo, colmo di passione. Danzò con la sua lingua in un valzer che Sae non poteva rifiutare in nessun modo, e massaggiò le sue labbra con tale foga che dava quasi l'idea di poterla trattenere a sé solo con la bocca, tanto che a un certo punto lasciò la presa vigorosa sulla donna, delegando le sue braccia ad un compito molto più importante: la tirarono a sé con forza, costringendola a sollevarsi da terra mentre le mani tiravano quelle cosce meravigliose ai lati del corpo del professore, attirandola suo sul petto vigoroso e gonfio, ma coperto dai vestiti, mentre il bacio diventava sempre più travolgente. Anche lui non fu immune al fascino di Sae, tant'è che appena entrarono in contatto fu palese quanto i suoi muscoli fossero tesi, e non solo quello: il ventre della donna si schiacciò contro una verga massiccia, incapace di andare completamente in erezione perché intrappolata dai pantaloni, ma già in quell'istante pulsava forte come nient'altro. di sicuro Sae non aveva mai sentito una cosa del genere, e anche messo in proporzioni con le dimensioni del non morto quel talento era tutt'altro che naturale, a dir poco mostruoso. Eppure, forte di quel piacere sentito al termine di una sofferenza così intensa, Sae non poté far altro che associarlo al momento in cui aveva sentito vivi i suoi poteri come non mai, come se li avesse accesi per la prima volta in vita sua. E proprio come prima, come la visione l'aveva lasciata insoddisfatta, Thresh si sarebbe staccato improvvisamente dalle sue labbra, affamandola di quell'energia intensa senza però lasciarla andare, come se volesse invitarla a ricambiare quel gesto, ora che aveva capito di cosa aveva bisogno.
     
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    Sae non dimenticò affatto che si stava affidando ad un uomo repellente e malvagio. Non poteva però fare altrimenti, il cubo era impossibile da controllare, non voleva rischiare di coinvolgere di nuovo qualche innocente, doveva essere solo lei a pagare il prezzo di ciò che stava facendo. Anche se il suo cuore si ribellava a quell'idea, sapeva che in quel momento era Thresh a poterla aiutare davvero nel suo cammino. Banner era troppo gentile e si sarebbe preoccupato per lei, non le avrebbe mai permesso di mettersi in pericolo. Mike si sarebbe immolato al posto suo pur di renderla felice. Non poteva lasciare che soffrissero a causa sua. Thresh invece era egoista, blasfemo al punto da permetterle di fare quei passi proibiti, e l'unica che avrebbe dovuto soffrirne sarebbe stata lei. Quando lui la afferrò con forza, le sembrò di essere rinchiusa in una gabbia di metallo, e il suono di quei gingilli di acciaio, sui capelli di Thresh, che si sfregavano sulla stoffa glielo ricordavano. Era sempre stato Jacob a proteggerla da tutto, a mostrarle il lato bello del mondo, ad averle insegnato che il mondo non era così nero come lo aveva sempre dipinto lei. Gli doveva molto di più del legame che avevano condiviso quando era in vita, per lui era disposta a tutto.
    Accolse freddamente le labbra di Thresh contro le sue, strizzando gli occhi come se stesse per prendere una medicina amarissima. Per Sae non fu un bacio passionale, anzi, vista la differenza di stazza ed il fatto che Thresh fosse un uomo davvero molto grosso, non aveva mai provato nulla di simile, le sembrava quasi che fosse capace di coprirle tutto il viso con quelle labbra, e poi quando arrivò la lingua le sembrò un bisteccone. Quel bacio aveva un boccone troppo abbondante per lei, che si ritrovò a mugugnare infastidita come se avesse voluto avvisare Thresh di andarci piano. Quel mugugno infastidito di protesta, venne seguito da uno sorpreso mentre percepiva le forze tornarle in corpo. Le mani che dapprima premevano contro il petto di Thresh per spingerlo via, o comunque dargli un freno si ammorbidirono, ed anche il suo volto abbandonò gradualmente l'espressione contrita e sotto sforzo. Non riusciva a capire se fosse sempre così, o se era perché i suoi sensi spiritici si accesero di nuovo al massimo ma le sembrò di sentire la forza di quell'uomo scenderle nella gola assieme alla sua saliva. Sentiva le gambe leggere, le braccia più forti. Le mani che prima spingevano via si aggrapparono alla camicia dell'uomo. Capì che era ciò di cui aveva bisogno e la infastidiva profondamente che era proprio lui ad avere la chiave per poter superare i suoi limiti. Era stato come quando aveva giaciuto con Banner, quella volta in cui l'aveva fatta sentire forte, l'aveva fatta sentire come se avesse potuto sollevare il mondo intero. Bastò quel momento di debolezza per spingere l'uomo ad afferrarle le cosce per sollevarla di peso e farle agganciare le cosce attorno ai suoi fianchi. Il pube si posò contro l'erezione, ne percepì la forza, ed ebbe un minimo di sollievo per le sue fradice membra. No, non era sollievo, sentiva invece la brama crescere e si faceva schifo da sola per aver per un solo momento desiderato sfregarsi contro di lui. Si limitò solo a premersi contro di essa, fingendo che le servisse per tenersi in equilibrio, ma non osò muoversi con i fianchi. Le labbra invece divennero più collaborative, e gradualmente si ritrovò a ricambiare quel bacio, succhiando nella propria bocca quella lingua mastodontica. Con gli occhi chiusi, forse poteva resistere all'impulso di spingerlo via. Infondo quell'energia era inebriante al punto da averle reso piacevole quell'abbraccio odioso, quel bacio odioso. Con quella forza poteva arrivare più lontano, così iniziò a lasciarsi andare, inarcò leggermente la schiena e sentì la vulva poggiarsi contro l'erezione e lottò ferocemente contro se stessa per non espirare pesantemente, soffocando in gola quel bisogno, rimanendo in apnea. Proprio quando pensò di averci preso la mano, Thresh si staccò da lei bruscamente. Sae aveva il rossetto totalmente sbavato, i capezzoli turgidi e ben visibili sotto il sottile strato di stoffa. Le mutandine erano fradice e probabilmente aveva inumidito anche i vestiti del non morto. Una volta separati, Sae aggrottò la fronte fra il perplesso e l'infastidito.

    Troppa lingua! lo rimproverò. Sae però non cercò di ripetere il gesto e baciarlo di nuovo, ingenuamente pensò che forse sarebbe bastato, così si voltò verso un lato della stanza, per capire se i suoi sensi fossero migliorati, senza fare niente per chiedergli di lasciarla scendere o per staccarsi da lui.
    Cosa sai di Allagadda? Dove si trova questo posto? glielo chiese mentre socchiuse di nuovo gli occhi per affinare i suoi sensi spiritici.
     
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    Nonostante il rimprovero finale, e tutti quei versi con cui aveva provato a frenarlo o resistergli, Sae si ritrovò comunque il volto malizioso e soddisfatto di Thresh davanti agli occhi, con un sorrisetto compiaciuto stampato sul volto mentre il suo sguardo si soffermava palesemente sul rossetto sbavato della donna, come se fosse un marchio evidente, un testimone innegabile di cosa era appena successo. Sae aveva avuto in passato un mero assaggio di cosa significasse avere un combattente dentro di sé che le forniva energia, ma niente era comparabile ad un mostro come Thresh. Non disse nulla però, non voleva premere nessun pulsante, sapeva per certo di aver già fatto il grosso e non restava che permettere a Sae di fare i suoi conti. Quel bacio, per quanto intenso fosse, non aveva fatto altro che rimetterla in sesto e ridarle quelle energie che le erano state prosciugate così velocemente. I suoi sensi dunque non riuscirono a percepire altro che non avesse già sentito, e perfino quegli esseri mutanti che facevano capolino dalle tombe come spiriti artificiali dentro i corpi mostruosi delle persone non echeggiavano troppo, come se avessero capito che Sae non poteva aiutarli. D'altro canto però, Sae poteva vedere meglio l'uomo che aveva davanti, e che per nessuna ragione l'aveva lasciata andare. le sue mani vigorose la tenevano saldamente ancorata a sé, per le cosce. Era una presa forte, decisa, non dolorosa ma che faceva scorrere lentamente quei polpastrelli vogliosi sulla sua carne, facendola sentire desiderata. Forse era un mostro viscido dal suo punto di vista, ma la passione che Thresh metteva nei suoi gesti era innegabile. Sae poteva vedere quelle mani coperte da una fiamma verde densa, testimonianza chiara di come Thresh avesse imbevuto il corpo della donna del suo potere proprio per aiutarla. Nulla di quello che stava facendo era casuale, men che meno la grossa erezione che pulsava precisamente contro la sua vulva, e che non faceva altro che assottigliare le distanze ora che i loro vestiti erano entrambi zuppi dei suoi umori. Prima di risponderle, Thresh inspirò a pieni polmoni la sua fragranza di donna, lasciandosi inebriare dal potere spiritico che emanava. Sae riuscì quasi a vederlo mentre quell'odore gli carezzava il naso, e fu ancora più chiaro il bagliore tetro che si accese nei suoi occhi, come se gli avessero messo davanti un tesoro prezioso. Ma non si sbilanciò, e anzi anche se il suo corpo sembrava pronto a perdere il controllo, la sua voce apparve calma, profonda ma flebile, come se le stesse sussurrando un segreto a portata di labbra, e anche se Sae non voleva baciarlo lui si avvicinò comunque alla sua bocca, così che non perdesse mai l'attenzione concentrandosi su di lui.
    Il Labirinto è un luogo immenso, è una dimensione a sé stante, ed è diviso in tanti caotici livelli dominati da una divinità malevola... più si va in fondo, più ci si avvicina a queste entità. Allagadda è uno dei punti più profondi, uno di quelli dove l'unica cosa che troveresti è la tua anima ridotta in pezzi... non resisteresti un secondo lì dentro nelle tue condizioni, né in forma fisica né in forma astrale.
    A quel punto sollevò lo sguardo, prima verso il cielo con aria pensierosa, poi rivolgendolo verso il cubo che Sae aveva lanciato con disprezzo a terra. Prestando attenzione, avrebbero potuto notare entrambi che il cubo era rivolto "verso l'alto", con la sezione circolare faccia in su, come Sae lo aveva trovato tra le sue mani. Non impossibile ma... una strana casualità, visto che di facce ne aveva sei. Era come se stesse cercando di attirare l'attenzione.
    Mi sembra però che tu abbia ricevuto una sorta di... "invito". Qualcuno dall'altra parte sta cercando di mettersi in contatto con te, attraverso il cubo. Forse anche "lui", o "loro", vogliono aiutarti. Ma non so se avranno le risposte, né come saranno disposti a concedertele. Ammetto che neanche io ho molte certezze ma, sembra che tu sia davanti ad un bivio... no anzi, non un bivio... una scappatoia.
    La presa della mano sinistra di Thresh si fece più forte, e scivolò sulla gamba di Sae macchiando i polpastrelli dei suoi umori, iniziando a risalirle la natica come se volesse infilarsi sotto le sue mutandine, limitandosi però a stringerla forte a sé, in maniera più intima, abbastanza forte da poterla sorreggere con una mano sola mentre con la destra le afferrava di nuovo il mento, ma in maniera più pacata, tra l'indice e il pollice solo per la punta, avvicinandola a sé come se volesse costringerla a baciarlo, ma senza concretizzare quella minaccia.
    Forse hanno capito che non ti fidi di me, e pur di liberarti dalla mia stretta saresti disposta anche a risolvere quel cubo... mi fanno tenerezza, è evidente che hanno sottovalutato il mio fascino. E poi perché dovresti fiondarti in una ricerca solitaria quando io posso aiutarti... guidarti... e anche coccolarti quando ne hai bisogno?
    Thresh non aveva neanche lontanamente tolto dall'equazione i vantaggi della sua posizione, e non sentiva nessun bisogno di essere ambiguo. Di nuovo, tornò a fissarla con malizia, con l'aria di chi ha cose perverse in mente, e nessuna ragione di tenerle per se.
    Non preoccuparti... ti ho fatto una promessa. E qui giuro anche che quando riavrai tuo marito... non gli dirò mai nulla di cosa hai fatto per poterlo salvare. Sarà il nostro segreto...
    Mentre completava quella frase, vicinissima a lei, lasciò andare il mento di Sae, portandosi quell'indice sul petto, disegnandosi una croce sul cuore.
    ...quindi ora rilassati... e lasciati andare...
     
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    Il volto malizioso di quel maledetto zombie le fece capire subito che Thresh sapeva più che perfettamente cosa le stava accadendo, e che era sicuro che non l'avrebbe lasciata indifferente. Le diede di nuovo ai nervi: quel fare così prepotente anche in questioni di seduzioni glielo faceva diventare sempre più odioso. Come se non bastasse notò che il bacio era stato sufficiente per farle riprendere le forze, non potenziò i suoi sensi, e se viaggiava di nuovo come prima sarebbe tornata punto e a capo. Quindi smise di guardarsi attorno per tornare a guardare lui, ma aveva lo sguardo assottigliato, accusatorio. Non glielo disse direttamente, ma si poteva intuire perfettamente che stesse pensando a quanto fosse un mascalzone, e sospettava che in realtà quel maniaco di uno zombie centellinava ciò che le dava proprio perché voleva altro da lei. Che meschino giocare così con il suo cuore! Come facevano le altre donne a non accorgersi di che razza di figlio di puttana fosse Thresh. O forse piaceva proprio per quel motivo? Orrore! Vide però le fiamme spettrali che emanava dal suo corpo, dalle sue mani, e non riuscì di certo a non accorgersi di come la stringeva, colmo di desiderio. Strano che non l'avesse appoggiata contro una parete violentandola. No! Da come ghignava si stava godendo la sua umiliazione nel cedere a qualcuno che detestava unicamente per amore. Stuprarla non gli avrebbe dato la stessa soddisfazione ne era sicura. Intanto le spiegò che il labirinto fosse un luogo immenso, e non faticava a credere che l'avesse visitato in passato. Allagadda era quindi un luogo pericoloso, misterioso e colmo di orrori. In effetti da come la invitavano ad andarci, intuiva che per lei non sarebbe finita bene, e da quel luogo non aveva udito alcun eco di suo marito. Non era quello il posto dove andare a cercarlo, ma quindi dove? Dove poteva trovare una traccia? Thresh guardò il cubo a terra, portando anche lei a guardare verso quell'oggetto, mentre lui le rivelava che aveva ricevuto un invito con quell'affare e che quel qualcuno probabilmente voleva aiutarla. Sae aggrottò la fronte e fece un verso di stizza.
    Ho già visto i guai in cui mi caccia quell'affare, non voglio avere un altro studente sulla coscienza, o peggio mia figlia coinvolta.
    Il cuore di Sae era in subbuglio, perché se da un lato pensava che tramite il cubo in effetti aveva visto Jacob, dandole una traccia, dall'altra aveva pagato un carissimo prezzo mettendo a rischio ben due anime innocenti. Era vero, forse lui poteva darle una scappatoia. Serrò la mascella mentre lui si pavoneggiava del fatto che il cubo lo aveva sottovalutato. Poi però disse una cosa che fece esplodere l'ira di Sae: non dire niente al marito di ciò che avrebbero fatto. Quindi era questo quello che voleva? Costringerla a concedersi a lui, prendendosi la donna di un altro, chissà magari avrebbe goduto il doppio se avessero trovato Jacob proprio mentre la profanava. Oppure se fosse tornato Jacob, avrebbe giocato con i suoi sensi di colpa continuamente, facendo battute del cavolo, turbandola continuamente, tenendola sulle spine fino alla fine. Godendosi della lordura verso cui l'aveva corrotta. Le mani che poco prima erano ancorate alla camicia strinsero con più forza e poi strappò i vari bottoni della camicia per denudare il petto, ma unicamente per rovinare quel vestito perfetto, così che uscendo da lì potevano prendersela con lui per la sua mancanza di ordine. Avrebbe così tanto desiderato una forza smisurata, per spingere a terra Thresh, per urlargli addosso che non aveva proprio conquistato un bel niente. Perché riusciva a tirare fuori così tanta rabbia da lei? Aveva imparato a controllare i suoi sentimenti contro i bulli, ma lui, riusciva a cancellare anni e anni di esercizi di autocontrollo.

    Se sai cosa fare allora fallo! Non perdiamo tempo inutile!
    Si faceva schifo mentre portava la mano sotto la sua gonna e spostava le mutandine per denudare la sua femminilità. Lo fece con un gesto rabbioso, ma quando quel velo sottile e umido si tolse e le fece sentire il calore dell'uomo sotto la stoffa, l'energia inebriante, serrò di nuovo la mascella arrossendo e vergognandosi per il senso di sollievo che aveva sentito.
     
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