La donna, il sogno, il grande incubo

x Poison

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    Quella lacrima valeva più delle bottiglie di vino nascoste della cantina personale di Zeus in persona, o qualcosa del genere. Eppure Thresh non riuscì a coglierla, ne fu talmente inebriato da restare pressoché imbambolato, e si ripromise che l'avrebbe colta quando sarebbe stato un frutto maturo, non un seme prezioso. Barghest sembrò capire molto bene la sua posizione, e di sicuro non poteva ribellarsi se il suo aguzzino la minacciava di un destino assai peggiore della morte. E Thresh condivideva quel pensiero, perché sapeva per certo che ciò che la attendeva al di fuori di tanta sofferenza era un destino così radioso da non poterlo neanche descrivere. Ma avrebbe capito. Lo avrebbe fatto da sola. A tempo debito.
    Nonostante la situazione pensi di poter avanzare qualche richiesta...? Questo si che è l'atteggiamento giusto.
    Con un movimento della mano, Thresh spinse le catene a lasciare andare Barghest, ma non fu un movimento improvviso né poco graduale. Fu piuttosto lento, durante la quale Barghest toccò i piedi a terra ma le catene rimasero intorno alle sue caviglie, così come anche se le braccia furono libere le catene rimasero intorno alle sue spalle, non più bloccandola completamente ma limitandosi a frenare i suoi movimenti. Non per tenerla ferma, ma per impedirle di toccare Alice, come se fosse una cosa troppo fragile per lei, anche solo da sfiorare. Thresh si portò una mano sul petto, e come se stesse facendo un imperiale giuramento, le rispose con aria quasi formale.
    Ma d'accordo... onorerò la tua volontà, se questo ti ammansirà quanto basta per firmare il contratto...
    Con la stessa mano che aveva messo sul cuore, Thresh schioccò le dita, e subito una sottile catena nera scivolò via dalla sua manica andando ad avvolgere il cuore pulsante di Barghest, che aveva ancora l'aspetto di Alice fragile e tormentata dagli incubi. La catena la avvinghiò quasi completamente intrecciandosi intorno al petto, in particolare sulla zanna di Barghest, come se stesse cercando di bloccarla lì. Poi una catena partì anche dal petto di Alice e fece lo stesso identico percorso. La catena di Thresh era nera, mentre la sua era bianca, e incrociandosi su Alice formarono una sorta di gabbia a due colori che la avvolsero intorno al petto. La catena nera era legata a Thresh non solo per la manica, ma anche dal suo petto: Barghest poteva vedere quello strumento uscire direttamente dal suo cuore. Le due catene si incrociarono in prossimità del capo di Alice formando quello che sembrava un gancio, ma vedendo Alice e il suo corpo come una serratura, quel laccio arcuato poteva somigliare più che altro ad un lucchetto. Thresh allungò quindi una mano verso Barghest afferrandola per un polso, obbligandola ad afferrare assieme a lui quel gancio come se dovessero chiuderlo insieme. Finché Barghest non premeva con il pollice, il lucchetto non si sarebbe chiuso.
    Questo sarà il simbolo del nostro contratto. Tu diventerai il cavaliere di cui ho bisogno... e io prometto che Alice non saprà mai nulla da me. Sarà compito tuo gestire la verità, e con essa anche la sua salvezza. Io ho bisogno di te, e tu hai bisogno di lei, quindi assieme a questo contratto ti guadagnerai la mia protezione... con tutto ciò che questo comporta.
    Adesso stava a lei, formare quel patto col diavolo. Non doveva fare altro che sigillare il lucchetto, chiudendo simbolicamente Alice in una gabbia splendente, terrificante forse, ma al sicuro. Il suo sacrificio non sarebbe stato invano, quello era certo, ed era altrettanto sicuro che non ci fossero molte altre strade.
     
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    Quel maledetto non sembrava agire per semplice crudeltà, o pazzia, quel che spaventava tremendamente Barghest, era l' esatto opposto : lo trovava perfettamente lucido, metodico, come se la sua fosse un arte affinata da anni ed anni di pratica. Il dolore era il suo mestiere, e sembrava amare dannatamente il suo lavoro. Quando allentò la presa delle catene, tutto il suo corpo si sarebbe contratto, i denti serrati così forte da iniziare a sanguinare, gli occhi che sembravano volerle esplodere dalle orbite. Stava compiendo uno sforzo immane, ma non per liberarsi del tutto, bensì per trattenersi dal saltargli addosso. Lo scenario era chiaro, se l' avesse attaccato, non solo sarebbe stata sconfitta, ma avrebbe perso Alice per sempre. Pensava che solo la sua matrigna l' avrebbe potuta ricattare così bene, invece continuava a sbagliare, quel figlio di puttana sembrava conoscere ogni suo punto debole, stuzzicarlo ed infine affondarvi senza pietà.
    Il rito a cui la stava sottoponendo era quanto di più diabolico avesse mai visto, i poteri di quella Lanterna erano assurdi anche per una della sua esperienza. Osservò impotente le catene uscire dal suo corpo e da quello di Thresh, unirsi attorno al feticcio che rappresentava il suo cuore e l' anima di Alice come un orrido lucchetto. Quando quel demonio le prese la mano, un ondata di disgusto avrebbe percorso tutto il suo corpo, le veniva da vomitare per colpa di quel tocco. Avrebbe voluto sputargli ancora in faccia la sua bile, perforarsi i timpani pur di non sentire più la sua voce, ma non poteva. Doveva solo eseguire gli ordini. La mano di Barghest era livida, il palmo lacerato e sanguinante dato che si era stretta lei stessa a quelle catene per contenere il suo impeto.
    Sembrava sentire nell' anima quello che avrebbe comportato il rituale, come un sogno premonitore. "Mi dispiace Kulvia." pensava " Ho tradito la promessa prima ancora di iniziare. Non sarò mai un Cavaliere che protegge i deboli. Non riesco a proteggere nemmeno la più debole di tutti, me stessa." Come Alice, neanche il Drago avrebbe mai dovuto sapere nulla, lei poteva accettare la sua furia ed il suo disprezzo, ma non voleva che odiasse anche Alice. Posò la mano sul lucchetto, prendendo un profondo respiro, prima di procedere a chiudere Alice in quella gabbia diabolica. Quasì le sembrò vedere il suo sguardo implorarla di fermarsi, ma oramai era troppo tardi. Avrebbe preso tutto quel potere disgustoso dentro di sè, neanche una goccia avrebbe dovuto sporcare la purezza di Alice.

    Io giuro di servirti Faust "Thresh" Carnovash. Sarò il Cavaliere che cerchi o morirò nell' intento.
    E senza distogliere per un solo istante lo sguardo, dal volto beato di Alice, chiuse il lucchetto, sigillando per sempre tutti i suoi sogni di valore.
     
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    Appena il lucchetto si chiuse, il malefico sorriso del non morto si impresse a fuoco nella mente di Barghest, e subito venne respinta all'indietro mentre il cuore pulsante a forma di Alice le tornava nel petto. Improvvisamente il buio scomparve, l'aria tornò respirabile e quella terrificante sensazione di impotenza venne meno. Piombarono di nuovo nella realtà, e furono praticamente davanti all'entrata della stanza di Barghest. L'uomo oscuro però non era svanito, forse semplicemente appariva più... "naturale", non meno inquietante, ma privo di quell'aura terrificante che lo aveva permeato fino a quel momento. Ammesso e non concesso che Barghest potesse smettere di temere un simile mostro. Anche il suo corpo era tornato alla normalità, anzi sentiva ancora gli effetti benefici del massaggio di Nemo, e la giacca del ragazzo era ancora tutta intera. Il suo corpo non aveva subito danni, mentre la sua mente invece era come una frittata che veniva sbattuta per terra come uno straccio vecchio. La calma le suggerì che Alice stava bene, era ancora viva e probabilmente risvegliandosi quella storia le sarebbe sembrata poco più che un brutto sogno, quindi il patto del non morto era chiaramente rispettato, ma ovviamente quello non era che l'inizio. L'uomo iniziò a camminare lentamente verso di lei, chiudendo le distanze mentre impugnava ancora quel falcetto inquietante e affilato nella mano destra.
    Ti ho vincolata a me, e a questo posto. Se ti allontanerai troppo oppure per troppo tempo non tornerai qui, la gabbia intorno alla tua socia si stringerà così forte da infilzarle il cuore con la tua zanna. A quel punto puoi immaginare cosa succederà...
    Non un paio di manette, né un guinzaglio. Thresh aveva stipulato un contratto assai più crudele con la sua disgraziata vittima, mettendole nelle mani la responsabilità di ogni possibile fallimento, obbligandola a tornare nel suo personale inferno ogni volta che avrebbe pensato di respirare serenamente aria pulita. Fu molto lungimirante: Thresh sapeva di non essere invincibile, quindi qualsiasi paio di manette o sigillo avrebbe rischiato di rompersi fuori dal suo controllo. Ma una spada di Damocle su Alice invece? per di più suggellata direttamente da Barghest in persona. Anche solo trovando un modo, il cavaliere avrebbe davvero rischiato di uccidere la sua socia solo per liberarsi? No, non lo avrebbe fatto, ecco perché il piano di Thresh era così crudelmente perfetto. Quando le fu davanti, piantò la punta del falcetto sotto il suo mento per costringerla ad alzare lo sguardo verso di lui. I loro occhi i incrociarono e Barghest poté intravedere ogni singola terrificante idea che passava nella mente di quel mostro, così da lasciarsi terrorizzare da ognuna di esse.
    Per stasera però ti lascerò riposare... è stata una giornata lunga e difficile, se sono certo. Inizieremo con i miei giochi da domani, e dovrò ovviamente conoscere Alice. Non temere... sarò gentile con lei, manterrò fede alla nostra promessa fino alla fine, la proteggerò fino a che non arriverai tu, e inizieremo a darci da fare. Tu nel mentre...
    A quel punto si sentirono dei mugugni infastiditi dalla camera da letto. Il sonno di Nemo si stava facendo più leggero, forse era sul punto di svegliarsi. La voce del ragazzo fece nascere un'idea malvagia nella mente del professore, e voltandosi di nuovo verso Barghest allargò un ghigno che dire crudele non rendeva bene l'idea.
    Oh, ti stai già facendo degli amici? Non lo avrei mai detto... ma non so se posso permetterlo, sai?
    Portò le mani dietro la schiena, nascondendo le sue armi e tornando in posizione eretta. Girò lo sguardo verso la stanza col letto e le diede istruzioni molto chiare.
    Vai di là... stupra quel ragazzino. E no, non intendo "dagli la sua prima notte da favola"... intendo stupralo sul serio. Infilagli le dita in bocca e nel culo mentre ti supplica di smetterla, masturbalo fino a che non gli viene moscio, bacialo col suo stesso sperma, umilialo come faresti con me se solo riuscissi a mettermi in ginocchio. Tu non mi vedrai... ma io ti spierò...
    Concluse il discorso iniziando ad indietreggiare silenziosamente, richiudendosi la porta d'entrata alle spalle come se fosse stata mossa da una forza misteriosa. Quello significava che non avrebbe accettato un "no" come risposta. Barghest non poteva permettersi nessun "no" con lui.
    Barghest? Alice? Chi c'è? Sto morendo di sonno...
     
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    La trappola di Thresh era perfetta per lei, nessun collare o guinzaglio avrebbe potuto tenerla troppo a lungo, prima o poi le avrebbe spezzate o trovato un modo per sfuggirgli. Ma non così, quel ricatto era talmente ben studiato che sarebbe stata lei stessa ad assicurarsi che la catena fosse ben stretta al suo collo. Lentamente, il mondo sembrò tornare normale, erano di nuovo nella stanza di motel dove tutto era iniziato, e Barghest sapeva che era ben lungi dalla fine. Quel malato aveva appena iniziato a divertirsi con lei. Anche il suo aspetto mostruoso sembrò ridursi, calmarsi, ma Barghest sapeva che quella era solo una facciata, si era impressa nella mente quel che si nascondeva dietro e non l' avrebbe mai dimenticato. Il falcetto sarebbe scattato, ebbe quasi la tentazione di andargli incontro e farla finita lì, subito, togliendogli il giocattolo dalle mani. Era sicura che l' avrebbe odiato, l' avrebbe maledetta e si sarebbe infuriato, ma a che prezzo ? Lui poteva tranquillamente trovarsi una nuova vittima, ma Alice non avrebbe mai avuto un altra vita. Lasciò che quella lama le sollevasse il mento, costringendolo a guardarlo. Quanto avrebbe voluto strapparsi gli occhi da sola.
    Puoi abbellirti quanto vuoi, ma la puzza di morte non ti abbandona mai.
    Eseguire i suoi ordini non premetteva provare piacere nel farlo, nè adularlo. Quello non l' avrebbe mai fatto. Fortunatamente sembrava troppo di buon umore per farsi tediare da parole ribelli o insulti, doveva esserci abituato. Probabilmente gli piaceva quando le sue vittime lo maledivano. Ebbe un solo sussulto quando nomino Alice, promettendo di prendersene cura, ma se lo lasciò morire dentro. Il patto che avevano stretto riguardava anche lui, ed era sicura che lo vincolava. Si serviva dei poteri tremendi di quella Lanterna, ma non ne era lui il creatore, non ne era lui l' origine. Era qualcosa di troppo grande per un semplice non morto, ne era certa. Per la notte sembrava soddisfatto, Barghest non vedeva l' ora di vederlo sparire, ma una voce improvvisa avrebbe attirato l' attenzione di entrambi. Nemo. Si era persino dimenticata della sua esistenza.
    Cosa ?
    La richiesta di Thresh, l' avrebbe colta totalmente di sorpresa. Per un attimo aveva creduto, aveva sperato, che quell' aguzzino volesse solo la sua forza per ammazzare qualcuno in sua voce, servirlo, alleggerirgli il lavoro. Si sbagliava totalmente. Riflettendoci a mente fredda, era più che naturale, uno con i suoi poteri non aveva alcun bisogno di un semplice servitore che sbrigasse il lavoro sporco. Lui amava il lavoro sporco. Quello che voleva da lei, era un Cavaliere corrotto, un perfetto negativo di tutto ciò che era stata sino a quel momento, un essere disgustoso quanto lui. Si sarebbe immediatamente morsa il labbro dopo aver posto quell' interrogativo, annuendo con più foga del necessario. Niente domande, niente esitazioni, ed ad Alice non sarebbe accaduto nulla.
    Sono io Nemo, sono Barghest.
    Si sarebbe sdraiata di fianco al ragazzo, avvicinandosi a lui molto più di quanto aveva fatto prima. Con una mano inizio a carezzarli il viso, scendendo dalla guancia sino al collo.
    Caro, piccolo Nemo. Senza un amico, senza una storia. Così gentile da non farsi odiare. Il perfetto signor nessuno.
    Barghest sarebbe lentamente scivolata sopra di lui, in maniera sinuosa, sensuale. Al buio non poteva vedere quanto i loro visi fossero vicini, sentiva solo il respiro di Barghest sfiorargli l' orecchio, gli occhi, la bocca.
    Per ringraziarti, ho deciso di donarti qualcosa di piacevole.
    Sembrava sul punto di abbracciarlo, baciarlo, fargli sentire il calore del suo corpo. Invece ciò che arrivò, sarebbe stato un violento pugno al plesso solare, dato con tutta la forza che Barghest aveva in corpo. Uno di quei colpi che ti torcono le viscere e ti fanno sputare via tutta l' aria che trattieni nei polmoni. Dopodichè, senza dargli neanche un istante per riprendersi, senza neanche dargli il tempo per tossire, entrambe le mani si sarebbero strette al suo collo in una morsa micidiale, i pollici premuti su quell' esile trachea, quasi al punto da spezzargliela.
    Ti piacevano le bugie, no ? Sto migliorando.
    Sarebbe rimasta così per un tempo che sembrava un infinità, tutto il suo peso ad impedirgli di sgusciare via, la sua morsa ad impedire alla bocca ed al naso di riguadagnare l' agognata aria. Poteva dimenarsi, poteva graffiarla, colpirla un infinità di volte, ma non avrebbe mai lasciato la presa. Avrebbe continuato sinchè i suoi spasmi si sarebbero fatti sempre più deboli, la luce avrebbe iniziato a spegnersi nei suoi occhi, la vita sfuggirgli via come il fiato. Solo allora avrebbe allentato la stretta, quando il ragazzo si sarebbe trovato ad un passo dalla morte.
    Sarà breve. Sarà bello per te. Altre bugie, sempre più bugie, non sapeva neanche lei come facevano a nascerle dentro con una tale facilità.
    Avrebbe preso il viso del ragazzo e l' avrebbe sbattuto con forza alla testiera del letto, tenendocelo schiacciato contro, lasciandolo in uno stato di perenne stordimento. Nel mentre con l' altra mano avrebbe iniziato a frugare il corpo del ragazzo, raggiungendo la patta dei pantaloni ed afferrandola, per aprirla con uno strappo, facendo saltare braghetta, bottoni e tessuto, in cerca del suo membro. Sapeva come il corpo umano reagiva ad un soffocamento, sapeva che l' avrebbe trovato teso allo spasimo nell' erezione più grossa della sua vita. L' avrebbe afferrato ed iniziato a masturbarlo con violenza, facendogli del male, tendendo la pelle così forte che il suo prepuzio avrebbe iniziato a lacerarsi e sanguinare.

    Puoi mordermi se vuoi. Ti aiuterà.
     
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    Quando Barghest tornò a letto, Nemo la guardò stranito: era assonnato, sì, ma pareva essersi reso conto che qualcosa non andava. Dopotutto quella tipa cambiava personalità ogni volta che si "addormentava", finendo probabilmente col non dormire mai. Uno strano destino il suo, forse era normale che risultasse strana in certi contesti quindi non si fece indietro. A spaventarlo sul serio fu l'effusione che gli concesse la bionda: aveva riconosciuto lo sguardo di Barghest, era davvero un ottimo osservatore, e quando iniziò ad accarezzarlo temette che volesse rimproverarlo per aver convinto Alice a dormire con lui. Era pronto a giustificarsi, a dire la verità e accampare mille scuse se necessario, non voleva ritrovarsi di nuovo il suo ginocchio tra le gonadi, e per di più... quel comportamento non era da lei. Si conoscevano da pochissimo, ma aveva capito subito che non era tipa da effusioni e da parole dolci. Ma nonostante il suo sguardo esprimesse chiaramente la paura, Nemo rivelò alla bionda un altro dei suoi punti deboli: a quelle effusioni non sapeva resistere. Ne aveva bisogno e anche di fronte ad un terribile presagio, non avrebbe fatto nulla per privarsene. Era come un piccolo pulcino tra le mani di un allevatore, destinato al macello ma obbligato a seguirlo perché di altre guide non ne aveva. Debole, fragile, indifeso, Nemo si lasciò completamente sopraffare da Barghest che gli salì addosso bloccandolo contro il materasso. Il respiro del ragazzo si fermò e il suo cuore iniziò a battere all'impazzata. Non sapeva se quello era il momento peggiore della sua vita, o il più bello, sapeva solo che le gote erano rosse anche col pallore e il suo corpo si stava scaldando neanche avesse acceso un fornello dentro di sé.
    C-che... sta succedendo...?
    Era confuso, lo era sinceramente, e perfino la sua voce tremante non lasciava spazio a dubbi. Il contatto col corpo della ragazza lo stava accendendo, riusciva a sentire il suo profumo, il suo calore. C?era qualcosa di profondamente sbagliato eppure non riusciva a diffidare, non riusciva ad allontanarsi. Prima di risponderla ancora, cercò di allungare le mani verso di lei... se doveva baciarla, voleva farlo infilandole le mani tra i capelli, sentire la sua pelle, stringerla a sé per donarle affetto, non solo un modo per farsi ringraziare. Ma proprio mentre stava per riprendere fiato, un colpo violentissimo piegò il letto sotto di lui, strappandogli un verso così doloroso che non uscì neanche del tutto dalla sua gola. Ciò che uscì fu saliva, tanta saliva, e anche qualche goccia di sangue che non abbandonò il suo colorito nero neanche quando fu fuori dal corpo del ragazzo. Gli occhi completamente sgranati di lui fissarono con disperazione e dolore Barghest alla ricerca di una risposta, ma senza dargli il tempo di riprendere fiato iniziò a strangolarlo, senza pietà. Il ragazzo allungò le mani verso quelle di Barghest, cercando di fermarla e afferrarle i polsi, ma era così stordito e terrorizzato che a stento riusciva a grattarle la pelle. Il suo collo non era esattamente esile, tuttavia non aveva nessuna speranza contro di lei, proprio come qualche istante prima Barghest aveva avuto a che fare con Thresh. Uno splendido modo per sfogarsi forse, dal punto di vista della bionda. Nemo cercò di riprendere fiato ma più ci provava più la sua gola produceva rumori gorgoglianti e dolorosi, aveva i polmoni completamente svuotati e quel poco che era rimasto vuoto si riempì molto presto di lacrime. Tentò di agitare braccia e gambe per sottrarsi ma fu tutto inutile, pensò sul serio di essere morto e quando finalmente Barghest lo lasciò andare, più che riprendere aria nei polmoni sembrava quasi che il suo corpo la stesse assorbendo dagli occhi, visto che lui iniziò a tossire così forte da fargli male al petto. Poche gocce di ossigeno, poi di nuovo contro il letto, stordito e massacrato, incapace di trovare una spiegazione o un pensiero sensato. C'era solo dolore, paura, tristezza. Aveva cercato rifugio in lei e adesso invece si rendeva conto di essersi nascosto nella tana peggiore del mondo.
    P-perché...
    Non lo chiese a cazzo, non per follia, sembrava quasi aver capito che ci fosse qualcosa dietro, non si stava dando la colpa perché non poteva aver fatto qualcosa di così grave. Nei colpi di Barghest, nelle sue mani... non c'era rabbia, c'era odio. Odio verso qualcosa che non riusciva a colpire. Provò di nuovo a dimenarsi ma ancora una volta Barghest ebbe la meglio su di lui, tenendolo schiacciato lì sul posto mentre lo spogliava e tirava fuori il suo membro. Non aveva torto: tra il loro breve incontro e il soffocamento quel cazzo era diventato duro come il marmo, di sicuro ne aveva visti di più grossi ma il ragazzino era ben dotato per la sua età, solo che la violenza di Barghest non gli stava dando piacere, e quando quelle dita tirarono così forte da farlo sanguinare Nemo riprese a squittire dolorosamente agitandosi sotto le sue dita e scuotendo il capo come poteva.
    N-no... no! No! Perché? Basta! Mi dispiace! Non volevo! Mi dispiace! Basta! Ti prego!
    Perché si stava scusando? Perché... perché non gli restava altro. Sperava davvero che supplicandola si sarebbe fermata, ma Barghest avrebbe percepito chiaramente lo sguardo compiaciuto di Thresh su di lei, poteva quasi sentirlo complimentarsi... per salvare un'innocente, era più che disposta a sacrificarne un altro. E questo aveva grande valore per quel mostro.
     
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    Non è carino.
    Barghest non avrebbe ascoltato le suppliche del ragazzo, continuando a masturbarlo sempre più forte, sempre più violentemente. Era come se avesse alzato un muro di crudeltà per proteggere il suo cuore, soffocando con la furia ogni remora, ogni esitazione. Sentiva la presenza di Thresh, la osservava con evidente compiacimento, quasi le sembrava di sentirlo ridere. Represse un conato di vomito.
    Non è carino dire basta ad una ragazza che ti desidera. Non ti piaccio forse ? Il tuo sporco cazzo mi dice altre cose.
    Avrebbe improvvisamente lasciato la presa sulla sua testa, cambiando posizione, montandogli sopra con tutto il corpo ma stavolta dandogli spalle, ossia protendendo il sedere verso la faccia del povero ragazzo. Senza esitazioni, e continuando a stringerlo nella morsa della sua mano, avrebbe completamente preso quell' erezione in bocca, unendo lo stimolo delle sue labbra a quello delle dita serrate, facendogli sentire anche la presenza dei denti appuntiti. Sapore di liquido pre eiaculatorio, sangue ed anche un po' di urina, il tutto finiva giù per la sua gola. Poteva iniziare a sentirlo pulsare. Quel che gli stava facendo era orribile. Era violento, disgustoso. Quel ragazzo non aveva fatto nulla per meritarsi tutto questo, era solo una vittima degli eventi, un danno collaterale. Questo provava a pensare. Mentire stava diventando sempre più facile, aveva iniziato anche a farlo a se stessa. In realtà stava provando a trasformare tutta la sua disperazione in odio, era l' unico modo per Barghest per non impazzire. Su una cosa Thresh però si sbagliava, non stava immaginando di sfogare la sua rabbia su di lui, usando un intermediario. Quella che immaginava stuprata e seviziata era lei stessa. Voleva colpirsi la faccia sino a renderla una poltiglia sanguinolenta, provare un dolore immenso, umiliarsi completamente. Se lo meritava per la trappola in cui aveva cacciato Alice con la sua stupidità.
    Forza, toglimeli. Non hai sognato questo momento ?
    Con la mano libera avrebbe slacciato i bottoni dei jeans, nel mentre gli sfregava e li sbatteva il culo sulla faccia, invitandolo inequivocabilmente ad un perverso 69.
    Toglimeli sbrigati ! Sai cosa devi fare no ? Sbrigati o te lo strappo via a morsi !
    E per dare credibilità alla minaccia, gli avrebbe nuovamente preso il membro in bocca, stavolta facendole sentire ancora più chiaramente e dolorosamente il morso dei suoi denti, mentre con la mano gli stringeva le palle, quasi spremendole come frutti maturi. Per quanto cercasse di essere impenetrabile, le sue suppliche, i suoi perché, erano come stilettate al cuore, non voleva più sentirle, doveva chiudergli quella maledetta bocca e tenerla occupata.
     
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    A nulla servirono le sue scuse, Barghest continuò con quell'aggressione violenta e imperativa, tenendo il povero Nemo sotto scacco perché ancora non era riuscito a riprendere fiato in tutto questo. Neanche si rese conto che Barghest aveva cambiato posizione, tanto era stordito, e quando si ritrovò le sue natiche in faccia riprese a boccheggiare disperato, timoroso che fosse un modo per evitare di ascoltarlo e continuare a maltrattarlo in maniera imperterrita. E in fondo non c'era andato così lontano. Sembrò voler provare ad articolare una nuova frase ma risultò impossibile appena la bionda iniziò a succhiargli il cazzo in quella maniera violenta: dolore e piacere si mescolarono, e solo l'umiliazione fece pendere l'ago della bilancia in una certa direzione, mentre Nemo perdeva il controllo del suo corpo. La verga iniziava a pulsare spasmodica, sia per gli stimoli dolorosi che per quelli piacevoli, diventando fin troppo consistente tra le fauci di Barghest, e guizzando verso la sua gola come se stesse cercando di penetrarla. Nemo però voleva tenere le distanze, avrebbe voluto sottrarsi a tutto questo ma Barghest era troppo forte, e appena slacciò i suoi pantaloni sbattendogli il culo in faccia, l'odore della sua femminilità gli entrò nel cervello come la lama di un boia. Gli occhi del ragazzo si spalancarono e timorosamente afferrò le estremità dei suoi fianchi con le dita. Poi Barghest gli fece sentire i denti intorno alla cappella e le dita strette intorno alle palle, strappandogli l'ennesimo grido di dolore e soggezione, che lo costrinsero ad agire senza pensare. Le afferrò i pantaloni e li strappò insieme alle mutande con una forza inattesa, mossa dalla disperazione, per poi affondare con la faccia tra quelle montagne di piacere senza nessun entusiasmo, ma solo disperazione. la sua faccia era abbastanza bagnata e sanguinolenta da poter sostituire eventuali fluidi mancanti della sua violenta amante, e decise di non provare nessuna pietà o riguardo, come se stesse cercando di compiacerla nella speranza che lo liberasse. Mentre teneva la bocca spalancata, leccando tutto ciò che vedeva, Nemo gridava di pura disperazione, un grido strozzato e poco convincente ma che sapeva di un tacito pianto. La sua bocca non era esperta, ma mossa dalla foga del momento riuscì a rendere quantomeno un minimo piacevole quell'opera terrificante: le labbra si mischiavano con quelle di Alice, e la lingua si allungava quanto più possibile prima tra le sue grandi labbra e poi tra le sue natiche. Non gli importava di arrivare fino al buco del culo, non c'era nessuna vergogna o traccia di esitazione in lui non stava pensando né all'umiliazione né a cosa stava facendo, c'era solo dolore e disperazione. Infilò la lingua in entrambi gli orifizi, più e più volte, muovendo il corpo in maniera spasmodica per darsi la carica e al tempo stesso di conseguenza muovere anche il bacino verso di lei. Se lo avesse lasciato entrare fino in gola Barghest avrebbe sentito le spinte di un ragazzo disperato, impotente sì, ma alla folle ricerca di una via d'uscita. L'avrebbe assecondata, qualsiasi cosa gli avrebbe chiesto... che altro poteva fare? La cosa peggiore era che più continuavano, più quella sensazione di disgusto e repulsione veniva inibita. Era un pò come se il potere di Thresh al stesse in parte contagiando, rendendola affamata di quella fioca scintilla nel petto di Nemo. Dopotutto anche lui era unico, seppur in maniera misteriosa, e man mano che lo stuprava Barghest avrebbe scoperto quanto deliziosamente affine il potere di quel ragazzo fosse alle sue corde, e di quanto affamata poteva renderla.
     
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    Le stava accadendo qualcosa, quello era certo, ma non era riuscita a capirlo finché non era troppo tardi per tirarsi indietro. Iniziava a provare piacere in quella prevaricazione, nell' infliggere dolore, nell' umiliare Nemo. Era come un veleno a cui stava diventando pian piano sempre più assuefatta, ma questo non significava che fosse meno tossico. Avrebbe voluto fermarsi, avrebbe dovuto fermarsi, ma non l' avrebbe mai fatto. Il semplice pensiero che una sola goccia di quella corruzione potesse sfiorare Alice, era terrorizzante, non sarebbe mai dovuto accadere. Doveva berselo lei quell' amaro calice, sino in fondo. La fiamma rossa del suo occhio sembrava contorcersi, somigliava quasi ad un anima urlante, in agonia, mentre uccideva ogni traccia di pietà in lei. Il suo stesso potere stava come impazzendo, parti dell' armatura lignea iniziavano a formarsi in varie parti del suo corpo, sulle coscie e sulle gambe, strappando via gli ultimi residui di pantaloni, sulle braccia, sullo stomaco, lasciando scoperte unicamente le sue zone erogene. Lo sfregare dell' armatura sul corpo di Nemo sarebbe stato un ulteriore strazio per il ragazzo, l' avrebbe graffiato in più punti, lacerato la pelle. Iniziò ad infilare una delle dita ingrandite ed appuntite dentro l' ano del ragazzo, usandola per penetrarlo con forza rigirarglielo nelle viscere. Provava piacere, un piacere malato non dovuto alle leccate senza senso del ragazzo, o alla sua verga bollente che le riempiva la bocca. La sua fica pulsava e si contraeva, come se tutto quell' odio le si stesse diffondendo nel corpo, sentiva i capezzoli farle male, inturgidirsi allo spasimo come se mani invisibili li stessero tirando con tanta forza sin quasi strapparli. Non le bastava, doveva sentirsi punita, era un essere meschino che non meritava alcun piacere. Dopo istanti che sembravano interminabili, si sarebbe finalmente staccata da lui, abbandonando quella verga sanguinolenta con un risucchio osceno, non dopo aver dato un ultimo morso alla pelle della cappella, per poi liberare anche la sua di bocca, alzandosi in piedi e torreggiando su di lui. Dalla sua fica sarebbero colate goccie di sudore, saliva e sangue di Nemo, direttamente sulla faccia del ragazzo.
    Quella lingua la usi meglio a supplicare.
    Sembrava volergli concedere un attimo di tregua, ma non era affatto così. Con un calcio della gamba corazzata sul suo fianco, l' avrebbe fatto rotolare giù dal letto, facendolo cadere faccia a terra sul pavimento di moquette. Neanche un istante dopo, gli sarebbe letteralmente saltata sopra, piovendogli con tutto il suo peso con un ginocchio sulla spina dorsale, una botta che avrebbe potuto spezzare tranquillamente la schiena o le costole ad un ragazzo meno robusto di lui, aprofittando di quel nuovo stordimento e dolore per afferrarlo per entrambi i polsi ed iniziare a tirare.
    Se non le usi, queste braccia del cazzo sono inutili. Non ti servono.
    Con il ginocchio premuto contro le sue scapole, sfruttando tutta la sua forza, avrebbe continuato a tirargli le braccia indietro, tirare, tirare, costringendole ad un movimento dolorosissimo innaturale. Avrebbe potuto sentire i legamenti della cuffia rotatoria stirarsi, strapparsi, avrebbe continuato sinché l' articolazione non fosse uscita dalla sua sede naturale, sinché non gli avrebbe lussato entrambe le spalle producendo un rumore orribile, sino a renderle due appendici inutili, penzolanti come quelle di una marionetta dai fili strappati.
    Raaaaaaahh!
    Concluse quella manovra con un urlo febbrile, delirante. Non ci stava più capendo nulla, non ricordava dove finiva la crudeltà di Thresh ed iniziava la sua, era come se fossero una cosa sola, come se avesse sempre avuto dentro tutto quel veleno. Cos' era quello, rancore ? Non si era sempre pienamente vendicata di tutti i torti che aveva subito Alice ? Non aveva sempre ripagato con violenza quando si prendevano gioco della sua ingenuità ? Non le era bastato ?
    Con un altro calcio allo stomaco avrebbe rigirato il povero Nemo, costringendolo a restare sdraiato supino, senza neanche potersi portare le mani allo stomaco per provare a lenire il dolore. Il suo cazzo era teso come un palo, rivolto verso l' alto, pronto a prenderselo dentro. Lo voleva, voleva quel che c' era dentro di lui, come una belva che ha fiutato il sangue della sua preda preferita. Lo prese con la mano, inginocchiandosi sul suo bacino e portardolo contemporaneamente verso la bocca spalancata della sua fica. Nessun altro preliminare, niente bussare all' ingresso, non era lubrificata bene manco per il cazzo. Voleva che fosse doloroso, tanto per lei, quanto per lui. Senza alcuna esitazione se lo sarebbe sbattuto dentro, sfruttando tutto il suo peso e la forza delle sue gambe per farsi penetrare completamente, totalmente, sin quasi a sbattersi persino le palle del ragazzo dentro. Faceva male, faceva male tantissimo, e più provava dolore, più avrebbe mosso il bacino su e giù con violenza, unendosi alle contrazioni naturali del ragazzo. Non ci sarebbe stato alcun amore in quel coito, solo un desiderio malato di risucchiare ogni goccia di vita e di seme da quel ragazzo, sentirsela esplodere dentro in maniera violenta e devastante.
     
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    Il corpo morbido e squisito di quella ragazza non gli stava dando più nessun piacere, diventava grezzo, affilato, fatto per fargli male, e più le cose positive diminuivano, più la frustrazione e la disperazione crescevano. Aveva iniziato anche ad avere paura di respirare, perché ogni volta che interrompeva quel banchetto perverso tra le natiche di Barghest, l'ossigeno gli dava la lucidità necessaria per capire cosa gli stava succedendo, gettandolo ancora di più nella disperazione. Serrava le labbra ogni volta che quelle dita affondavano nel suo ano e sentiva la sensazione di sentirsi violato. Forse avrebbe fatto meglio a lasciarsi annegare in quelle carni, ma Barghest decise che neanche quello sarebbe stato un modo per liberarsi dal tormento. Spalancò la bocca appena venne lasciato libero e in un istante tentò di prendere quanta più aria possibile. Non riusciva ancora a respirare bene e il suo corpo era intorpidito dalle percosse e soprattutto da quell'aggressione priva di senso. Il calcio gli strappò un altro verso di dolore e l'ennesimo "perché", ma stavolta uscì così strozzato che a stento si poteva considerare una vera domanda. Cadde faccia a terra e prima ancora di poter grugnire per il colpo alla testa Barghest lo assediò con una ginocchiata, strappandogli l'ennesimo verso strozzato di puro dolore mentre un lampo lancinante gli attraversava la schiena e il etto. Le dita del ragazzo si ancorarono a terra e se non fosse stato per la moquette avrebbe di sicuro lasciato segni di unghie vistosi sul terreno. Tentò di cercare qualsiasi cosa a cui aggrapparsi ma i suoi polsi vennero afferrati da Barghest e tirati così forte che le spalle iniziarono a cedergli. Nemo inarcò la schiena e spalancò la bocca lanciando un grido addolorato che spezzò anche l'assenza di ossigeno, sentì la gola e il petto bruciare mentre le braccia perdevano sensibilità e con un strappo terrificante perdevano la sensibilità. Crollò con la testa a terra con un verso disperato, iniziando a piangere dolorosamente mentre il resto del corpo non faceva altro che tremare. Il dolore aveva preso così tanto il sopravvento che non emise neanche un suono quando Barghest lo rigirò con un calcio, si ritrovò semplicemente a terra con gli occhi sgranati, tremolante e quel cazzo in tiro in maniera naturale. Era livido, coperto di saliva e sangue, nello sguardo le chiedeva il perché ma sentiva nel profondo del suo cuore di temere la risposta. Neanche si chiese cosa sarebbe successo, non lo voleva sapere, si limitò a chiudere gli occhi lasciandosi sfuggire l'ennesimo spasmo a metà tra dolore e piacere appena la fica di Barghest lo ingurgitò in un solo boccone, e poi riprese il tormento. I colpi del bacino erano così forti da far tremare il terreno, le labbra del ragazzo si piegavano e la testa sbatteva a terra in ogni direzione ad ogni affondo. Soffriva, provava piacere, ma soprattutto sentiva umiliazione man mano che quel sesso andava avanti. Non era accoppiamento, non era amore, non era divertimento, i loro corpi stavano semplicemente venendo macellati da quella violenza disgustosa, senza senso, ma non potevano reprimere i loro bisogni. Divorato da quella carne, il membro di Nemo le guizzò dentro, pulsando fortissimo, stimolato da come l'irruenza di Barghest gli comprimeva i testicoli. Lui non poteva fare niente, era un burattino morto praticamente, ma quello che aveva dentro bastava e avanzava. Era come un lento pasto, un lentissimo risalire di quel liquido delizioso che vuoi portarti alla bocca riempiendo la cannuccia. Era come se Barghest lo stesse divorando da fuori, assaporando la sua essenza. Facendolo in quel modo violento non si stava prendendo la sua passione né il suo amore, gli stava strappando l'anima e aveva un sapore semplicemente ineguagliabile. Migliore di qualsiasi nettare, più travolgente di qualsiasi pressione energetica. Anche contro il suo volere, resa sensibile dal potere di Thresh, Barghest avrebbe assaporato un orgasmo intenso, forse non perfetto, ma che le avrebbe fatto domandare cosa si provava a fare una cosa del genere con il giusto sentimento. Quando ebbe finito, sentì il seme del ragazzo scorrergli dentro, riempiendole il ventre fino a farlo traboccare. Grondava disperato, un misto di bianco, trasparente e rosso che poco aveva di promettente. Era caldo da morire, delizioso, ma cozzava completamente con il volto di Nemo contrito dal dolore, tremolante e con gli occhi e le labbra serrate, timoroso che anche solo il più piccolo spasmo potesse far rincominciare quel tormento.
     
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    L' orgasmo nato da quel tormento era qualcosa di unico, Barghest si sentì totalmente riempita dal seme di Nemo, una sensazione calda, bruciante e disperata, come se il ragazzo stesse riversando dentro di lei la sua stessa vita. Non potè fare a meno di venire assieme a lui, tutto il suo corpo fu scosso da uno spasmo fortissimo, ogni sua membra tremava, si contorceva, provava dolore ed al contempo godeva. Era come se tanti piccoli ganci le stessero strappando la carne pezzo per pezzo, dandole in cambio una stilla di piacere oltre al dolore atroce, si sentiva smontata e riformata, moriva e rinasceva allo stesso tempo. Perché, perché, perché provava tanto piacere ? Cosa stava diventando ?
    Basta...bugie.
    Quando quella sensazione fortissima si esaurì, si sentiva svuotata, sviscerata e tremendamente sola. Non percepiva più la purezza di Alice in lei, l' energia che le scorreva dentro era sì potente, ma sporca, corrotta. Ansimava fortissimo, aggrappandosi ad ogni respiro come se potesse essere l' ultimo. Nemo era stato ridotto ad una poltiglia sanguinolenta, sembrava più la vittima di un pestaggio che della passione. Non c' era stato nulla di bello in quel che avevano fatto, nè gioia, nè amore. Lui stava lì, tremante ed uggiolante come un cucciolo abusato, mentre lei la sua aguzzina continuava a stare sopra, il suo membro del ragazzo ancora ben piantato dentro di lei mentre emetteva gli ultimi fiotti di vita, pulsando ad un ritmo lento, in contrasto col battito accellerato del suo cuore.
    Perché...ha scelto te. Poteva scegliere una delle innumerevoli persone che odio, poteva scegliere uno che non conoscevo, uno per cui non provavo nulla. Ma non era la mia forza ad essere messa alla prova.
    A tradimento, le erano tornate in mente le poche righe scritte da Alice sul ragazzo. Solo poche parole, eppure la sua alter ego esprimeva gioia nel parlare di lui, per la chiacchierata che avevano avuto, per le confidenze che le aveva fatto. Ecco perché.
    Una quantità di fluidi colava fuori dalla sua vagina, sperma, saliva, lacrime e sangue, ricoprendo il ventre di Nemo, unendo i loro corpi come una ragnatela di peccati capitali. Ne raccolse il più possibile con una mano, racchiudendola a coppa cercando di non lasciarselo sfuggire. Con l' altra mano avrebbe afferrato il ragazzo per quel che rimaneva dei suoi vestiti, era inerte come una bambola di pezza, terrorizzato che tutto quel dolore ricominciasse. Non sarebbe successo. Lo avrebbe tirato su, in modo che i loro bacini fossero ancora incrociati, ma i loro volti fossero alla stessa altezza. Cercava il suo sguardo, il suo volto, la sua bocca.

    E' perché sei mio amico Nemo. Mio e di Alice. Ti ha scelto perché era la cosa più meschina e dolorosa da fare. Ed io l' ho fatta. Mi sono piegata, perché sono debole e codarda. Ma questa tortura può infliggermela una volta sola.
    Senza pensare, avrebbe riversato tutto quel liquido dentro la propria bocca, ancora caldo e consistente. Era amaro come fiele, tutta la sua dolcezza di Fae sembrava ormai svanita per sempre, voleva vomitarlo o mandarlo completamente giù, eppure si sforzò di trattenerlo per qualche momento. Dopodiché si sarebbe stretta a Nemo, appoggiando le labbra alle sue in un bacio non violento, non dominante, ma finalmente dolce, mentre col suo abbraccio voleva donargli un ultima volta il contatto con la sua pelle, la morbidezza dei suoi seni, il suo calore, il tutto mentre il suo membro ancora le pulsava flebilmente dentro. Voleva piangere disperatamente, eppure non aveva più lacrime da versare, come se avesse perso anche quelle.
    Col bacio, avrebbe riversato buona parte di quel seme dentro Nemo e parte dentro di lei, come se stessero condividendo la vita stessa. Contemporaneamente la sua armatura si sarebbe indurita, iniziando a premere sempre più forte contro il petto del ragazzo. Nel mentre le sue braccia l' avrebbero stretto di più, sempre più forte, sempre più forte, sempre di più...fino a stritolarlo completamente, infrangerli le costole e spezzargli la schiena.
     
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    Spezzato, come lo sguardo rivolto verso di lei. Il corpo di Nemo si affievolì in una scintilla intensa. Non un fuoco d'artificio, ma l'istante in cui condivisero quel bacio, quell'orgasmo, fu prezioso oltre ogni immaginazione, la cosa più pura che probabilmente Barghest e Nemo avessero mai provato nella loro intera esistenza. Poi nulla. Lo sguardo si affievolì molto velocemente, non ci fu il tempo né di chiederle di nuovo perché, né ringraziarla se anche avesse desiderato farlo. Il corpo del ragazzo si afflosciò a terra e per puro impulso primordiale la sua verga lanciò qualche altro schizzo dentro di lei prima di perdere completamente vigore. Era strano... di solito un cadavere puzza dopo molto tempo, prima ti da qualche minuto per stare in compagnia del suo sangue, o della sua anima che sparisce. Invece Barghest lo sentì addosso come se lo avesse ucciso da settimane e ancora non si fosse alzata da lui. L'odore della morte le avrebbe impregnato anche le ossa. Un paio di grosse e inquietanti mani si piazzarono sulle sue spalle, accompagnate da una risatina flebile, simile ad un sussurro, ma così affilato da stridere nelle membra di quella ragazza come se la stesse sventrando.
    La morte è l'unica liberazione... ma a te non spetta questo lusso, sappilo. Mettitelo bene in testa, mi raccomando...
    Avvicinò le labbra al volto della bionda, allargando le narici ed inspirando a pieni polmoni l'odore di morte, dolore e sofferenza che usciva da quello spettacolo nauseabondo. Anche da spenti, gli occhi di Nemo fissavano Barghest come a volerle chiedere per l'ennesima volta scusa.
    Non vedo l'ora di scoprire cosa scriverai sul diario...
    E con un'altra malefica risata, scomparve proprio com'era apparso. L'avrebbe lasciata da sola con i suoi pensieri, con le sue colpe, e con quel monumento ai suoi peccati. Non sarebbe tornato in scena fino all'indomani, come se volesse aspettare che tornasse Alice. Barghest non poteva rimanere per sempre, la catena di Thresh bastava e avanzava, la sua socia non aveva bisogno di un'altra prigione. Il come gestire quel cadavere, cosa lasciare scritto ad Alice, ben consapevole che Thresh non sarebbe rimasto in disparte, spettava unicamente a lei. L'incubo era iniziato.
     
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    Barghest avrebbe continuato a stringersi a Nemo per un tempo lunghissimo, abbracciandolo e baciandolo come un peluche da cui non ci si vuole separare, perché ancora ci si sente troppo piccoli. Non voleva lasciare andare quella purezza, anche se puzzava di morto, anche se penzolava inerte tra i suoi arti come una marionetta a cui hanno tagliato i fili. Assieme a Nemo, sembrava persino essere morta la sua rabbia, normalmente la sua sola presenza l' avrebbe fatta impazzire, eppure Barghest avrebbe reagito quasi con indifferenza al ritorno di Thresh, sobbalzando impercettibilmente solo quando sentì le sue mani sulle spalle. Al momento, nei suoi occhi non c'era paura, nè rabbia, ma piuttosto una tetra consapevolezza. Non avrebbe risposto alle minacce del suo aguzzino, non per arroganza, si limitava a fissarlo con un espressione indecifrabile ed annuire, come se i suoi pensieri fossero rivolti a ben altro che a scontate provocazioni. Sapeva benissimo che non poteva morire. Non voleva morire. Non come Nemo che si stava sgonfiando dentro di lei, come sgravato dal peso dell' anima che spira. Fissava Thresh come se fosse qualcosa di irreale, un incubo partorito dalla sua mente, e proprio come uno spettro o una fantasia, lo vide scomparire improvvisamente ai suoi occhi, avvolto dalla nebbia di quella lanterna. Le veniva quasi da chiedersi se non fosse altro che un prodotto della sua mente, una sorta di senso di colpa per qualcosa, o coscienza, ma tra lei ed Alice non c' era spazio nella sua testa per terze parti. Ed il cadavere sotto di lei era una prova più che lampante che quella era la realtà, brutale, fredda, ineluttabile. Non era un videogioco, non poteva ricominciare dall' ultimo salvataggio e cambiare le sue scelte.
    Mi hai fatto uccidere qualcosa di bello.
    Sarebbe riuscita a pronunciare quella frase solo dopo che Thresh era scomparso da parecchi minuti, quasi come un rantolo soffocato di chi ha trattenuto il respiro sino a quel momento. Nemo non era stato cattivo con lei, Alice ne scriveva entusiasta, e sotto sotto si era sentita lusingata delle sue attenzioni. Ecco cosa le aveva fatto uccidere. Ecco perché il suo sguardo era consapevole. Sapeva che quello era solo l' inizio, la punta dell' iceberg di quello che avrebbe dovuto affrontare. Sapeva che Thresh l' avrebbe potuta umiliare, torturare, avrebbe cercato di farla impazzire sino a spingerla al suicidio, violando lei stessa il contratto. Altrimenti, avrebbe semplicemente continuato a godersi il suo nuovo giocattolo. Una situazione di totale vittoria per lui. Per questo doveva vivere.


    Uff...quanto pesi.
    Barghest avrebbe infilato il cadavere di Nemo in un sacco fatto con le lenzuola, trascinandolo per i corridoi del Dream Motel. Il ragazzo le aveva parlato di bagni pubblici tra i vari piani, e li ce lo avrebbe scaricato. Non provava alcuna pietà per la direzione del motel, nessun rispetto per se stessa. Quando vide la sua immagine riflessa dagli specchi del bagno, non potè fare a meno di sputarci sopra. Dopo aver scaricato il suo amico, Barghest sarebbe tornata nella sua stanza, per concedersi una lunga doccia. Continuava ad insaponarsi e sfregarsi febbrilmente, cercando ossessivamente di lavare via qualcosa di invisibile che sentiva sulla pelle, inutilmente. Più stanca che soddisfatta, si sarebbe quindi sdraiata sul letto, o per meglio dire il nudo materasso, restando ad osservare il soffitto per parecchi minuti, vestita solo del suo ricambio di mutandine e reggiseno. Solo allora avrebbe iniziato a scrivere sul Diario, una menzogna semplice, Alice non aveva motivi di dubitare della sua Socia. "E' come quando eravamo bambine. Nemo ha allungato le mani, così l' ho buttato fuori a calci." Non avrebbe scritto altro, solo chiuso di scatto il Diario per poi portarselo al petto, stringendolo con forza, quasi col timore di perderlo. Lasciò la stanchezza fare il suo corso, si sentiva spossata fisicamente, ma sapeva che era il semplice frutto del suo stress mentale. Avrebbe cercato di resistere il più possibile, quasi tutta la notte, prima di cedere il controllo ad Alice. Il cambio sarebbe comunque avvenuto, solo che Alice era piuttosto pigra, e poteva rimanere in stato di dormiveglia per ore prima di svegliarsi del tutto, solitamente per andare al bagno o mangiare qualcosa.
     
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    Una volta in piedi, Alice avrebbe visto un piccolo foglio fare capolino dalla sua porta, una punta delle sue estremità era ancora dall'altra parte, segno che qualcuno aveva voluto mandare un messaggio senza bussare né disturbarla. Si trattava di un cartoncino prestampato, quindi veniva probabilmente usato spesso dalla direzione dell'Hotel per mandare messaggi ai suoi ospiti in maniera discreta. "Sarà servita una colazione buffet a tutti gli ospiti dell'Hotel, recarsi alla sala comune vicino alla hall". Un messaggio semplice e diretto che forse avrebbe acceso un pizzico di fame alla povera Alice che non aveva messo niente sotto i denti da quando erano state buttate fuori dal loro precedente appartamento. Come c'era da aspettarselo, nella sala comune non era rimasto granché: quel posto era sicuramente molto popolato visto che altra gente era già arrivata, aveva fatto colazione ed era uscita per andare al lavoro o fare i propri affari. Una fila di piccoli tavoli modesti ma ordinati ospitava una grande quantità di ceste dentro la quale c'erano molti alimenti preconfezionati. Alcuni thermos con dentro bevande assortite e tutto il necessario per allestire un angolo di tavolino per poter mangiare in santa pace. Nonostante il grosso fosse stato saccheggiato, c'era ancora abbastanza roba da far mangiare una famiglia intera, e per di più c'erano anche dei distributori automatici in caso servisse altro ancora. I vari tavolini imbastiti per ospitare gli ospiti erano tutti vuoti, tranne uno. L'unica persona che, come Alice, si era svegliata tardi, era un distinto omone dalla pelle pallida che alzò lo sguardo solo quando vide la biondina entrare. Stava sorseggiando un caffè al cioccolato dall'odore buonissimo e da sotto un paio di occhialetti da vista si apprestava a leggere il giornale di Kurayami. Indossava una camicia bianca molto elegante dal colletto ampio e qualche bottone in meno sul petto, dietro lo schienale della sedia c'era la giacca di un completo grigio scuro che si accompagnava ai pantaloni che indossava. L'abito elegante e ordinato lo faceva sembrare ancora più massiccio, un pò come se i suoi muscoli entrassero con difficoltà in quei tessuti preziosi. I suoi lunghi capelli bianchi erano ordinati in tre lunghe trecce, una delle quali gli ricadeva sul petto, e sulle estremità erano tenute assieme da dei ganci d'argento. Una grossa cicatrice divideva in due la sua gola in orizzontale, mentre un'altra ferita che sembrava quasi fresca gli strappava in due le guance, tenute però assieme da degli anelli d'argento. Nonostante l'aria inquietante, il suo sguardo era genuinamente curioso e quasi inoffensivo, e fissava Alice con un discreto interesse, senza però diventare inopportuno. Infatti sorseggiò la sua bevanda e tornò a guardare il giornale come se non volesse disturbarla, ma dopo essersi guardato un attimo attorno e aver realizzato che non c'era nessun altro in giro decise di prendere l'iniziativa.
    Buongiorno... temevo di essere l'unico ad aver fatto tardi stamattina. Sono contento di non dover fare colazione da solo.
    Allargò un sorriso amichevole a quel punto, ma non fece nulla per metterla a disagio, lasciandole decidere con cosa fare colazione, e se sedersi o meno vicina a lui. Thresh aveva tutta l'intenzione di tenere fede alla sua parola data, ma se doveva proteggere Alice anche da sé stesso lo avrebbe fatto a modo suo.
     
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    Alice sarebbe rimasta stesa sul letto sinché il suo stomaco non avesse iniziato a lamentarsi rumorosamente, così rumorosamente da farla schizzare a sedere quasi di soprassalto, ancora mezza addormentata.
    Che c'è, la guerra ?
    Le ci volle qualche momento per ricordarsi che si trovava in un motel, in una stanza sconosciuta appena rischiarata da un sole tenue che filtrava dalle finestre. Aveva smesso di piovere e la giornata si prospettava ancora uggiosa, ma non così tetra da intaccare il suo solito buonumore, gli unici tuoni erano emessi dalla sua pancia. Un altra cosa che si sarebbe ricordata con un po' di ritardo, era che aveva un compagno di stanza, ma guardandosi intorno si rese conto di essere sola. Dov' era Nemo ? Non aveva chiesto ed ottenuto ospitalità ? Forse l' aveva annoiato troppo con le sue chiacchiere ed era scappato. Mettendosi a sedere sul bordo del letto e toccando con i piedi nudi la moquette, sentì che era leggermente umida. Appariva macchiata e schizzata di vari fluidi in più punti. Anche il resto della stanza aveva qualcosa di strano e diverso da prima, era più disordinata, segni di colluttazione, al letto mancavano le lenzuola, mentre a lei mancavano i vestiti.
    Oh gioia...
    Le stava per venire un attacco di panico, ma per fortuna il suo Diario c' era, semplicemente poggiato vicino a dove prima era stesa. Aveva già una mezza idea su quel che poteva essere successo, ma doveva leggerlo raccontato dalla sua Socia per confermarla. L' ultima frase lapidaria scritta su quelle pagine, fu come un pugno nello stomaco per Alice, leggendola si contrasse leggermente, incassando le spalle, come se si stesse sgonfiando e volesse ranicchiarsi in posizione fetale. La lesse e la rilesse più volte, come se il significato potesse cambiare col tempo. Nulla.
    Uffaaaaa! Mi ascoltava ! Mi stava simpatico !
    Ormai arresa all' evidenza di aver perso un possibile amico, Alice si sarebbe avviata verso il bagno, prima di andare alla ricerca di qualcosa da mettersi. Percepiva ancora con rimpianto l' effetto benefico del massaggio di Nemo, inoltre si sentiva pulita e profumata, come se la sua Socia avesse fatto una lunghissima doccia prima di darle il cambio, doveva solo fare le sue cose e darsi una rinfrescata. Fresco non era comunque il termine giusto, se c' era una cosa che odiavano entrambe era l' acqua fredda, ad entrambe piaceva bollente ed infatti quando sarebbe ucita dal bagno, una nuvola di vapore sarebbe sfuggita fuori anch' essa. Ritrovò i suoi vestiti, sparsi per la stanza. I jeans non erano più in condizioni di essere indossati, ma la camicia ancora le andava bene, anche se forse era un po' troppo scollata e non era propriamente lunga quanto un vestito, arrivando a coprirla appena sotto il sedere, sarebbe bastato meno di un colpo d' aria a sollevarla. Fortunatamente nel bagno, aveva trovato una vestaglia per ospiti in raso, da poter indossare sopra, chiusa sul davanti con una cintura a nastro che la rendeva comoda e simile ad un kimono. Sembrava tarata per una taglia normale, in teoria avrebbe dovuto scendere sino alle caviglie ma le arrivava a malapena alle ginocchia, le maniche lasciavano buona parte dei polsi scoperti, e se stringeva troppo il nastro, il tessuto sottile avrebbe esaltato un po' troppo le sue forme, quindi lo tenne piuttosto lasco. Avrebbe potuto mettersi anche la giacca sopra, ma decise di lasciare sia quella che gli scarponi nella stanza per ora, non si abbinavano bene all' abbigliamento da finta cliente abituale snob e pretenziosa, con cui aveva deciso di esplorare il motel in cerca della colazione. Solo quando stava per varcare la porta avrebbe trovato il biglietto con l' invito al buffet, ed immediatamente i suoi occhi sarebbero brillati di gioia. Senza perdere altro tempo in considerazioni sul suo aspetto, si sarebbe immediatamente precipitata fuori dalla stanza, solo le calze ai piedi ad attutire il rumore della sua corsa. Non le ci volle molto per trovare la sala comune, le sarebbe bastato seguire il profumo di cose buonissime, e ben presto l' avrebbe trovata, illuminandosi come di fronte all' Eldorado. Aveva fatto tardi, per cui buona parte del tesoro era già stata saccheggiata, ma l' ampia scelta e l' abbondanza rimasta era più che sufficiente a soddisfarla. Colazione americana, europea, orientale, Alice era decisamente orientata verso le cose dolci, per cui avrebbe riempito il suo vassoio con bomboloni alla crema, latte, frutta ed una pila decisamente alta di pancakes. Il tutto mentre canticchiava una canzoncina.
    Era talmente concentrata sulla conquista del tesoro, da non essersi minimamente accorta che in quella sala non era da sola, finché quell' uomo le rivolse la parola. Alice sarebbe immediatamente arrossita, imbarazzata per la scenetta a cui lo aveva fatto assistere, sembrava più preoccupata di quello che del suo aspetto singolare. Anzi, nonostante le cicatrici e le strane decorazioni, appariva distinto ed elegante ai suoi occhi, in particolare avrebbe osservato i lunghi capelli bianchi dell' uomo con una certa meraviglia.

    B-buongiorno, mi scusi se ho fatto troppo rumore.
    Trovando un inaspettato coraggio, Alice si sarebbe avvicinata a lui, sino a posare il vassoio carico e sedersi con un fruscio di raso, al suo stesso tavolo. L' uomo aveva l' aria gioviale, e lei sentiva la mancanza di un amico, o semplicemente qualcuno con cui poter parlare.
    Anche io odio mangiare da sola, mi piace avere compagnia ! Cosa sta bevendo ? Sniff sniff Dal profumo sembra buonissimo ! Oh ma mi scusi, stava leggendo e l' ho interrotta.
    La valanga di parole avrebbe ricominciato a scorrere, Alice non sembrava avere pregiudizi per l' aspetto inquietante dell' uomo, anzi era decisamente più a proprio agio con persone di una certa taglia, che la facevano apparire meno goffa ed ingombrante.
     
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    Il comportamento infantile ma gioviale della bionda mise il professore di buonumore che le sorrise, e per darle prova di non essere una persona che si prende troppo sul serio afferrò dal suo tavolino quello che sembrava un kinder bueno per poterlo inzuppare nel caffè, lasciando che quest'ultimo sciogliesse in parte il cioccolato della merendina rendendosi ancora più gustoso. Lasciò quindi che Alice si unisse a lui, fissandola con interesse ma nascondendo molto bene l'aria lasciva che gli suscitava vederla conciata in quel modo. Il corpo di quella ragazza era... semplicemente un'opera d'arte, inutile girarci attorno.
    Molti amano il caffè amaro, c'è chi considera sacrilego metterci anche un solo cucchiaino di zucchero... io invece ci sciolgo dentro la cioccolata perché sono un goloso patologico...
    Commentò, agitando quel kinder bueno mezzo sciolto in aria mentre il suo tono assumeva sfumature di colpevolezza a dir poco false e teatrali, ma se lo portò alla bocca con fierezza, gustandoselo senza vergogna. Fatto ciò sorseggiò di nuovo il caffè fino a svuotarlo per metà, poi lo lasciò sul tavolo e con una mano allontanò da sé il giornale, per farle capire che non gli importava più di tanto. La cosa, ovviamente, avvicinò i fogli alla ragazza che poté scorgere assai poco. Sembrava uno di quei giornali satirici pieni di notizie false, gonfiate o comunque scritte in maniera tendenziosa, da prendere poco sul serio. Tra le varie notizie c'era una che non si poteva leggere perché piegata nella direzione sbagliata, quindi l'unica cosa visibile era un titolo "Ecco le foto della donna-orso che spezza la schiena ad un bambino, scioccante!". Davvero una roba da prendere poco sul serio. Sorridendole, l'uomo si tolse gli occhiali e riprese a parlare.
    Non scusarti, io odio mangiare da solo, preferisco la compagnia di una bella ragazza ad un giornale scritto per ridere...
    Solo a quel punto dissimulò un momento di smarrimento, portandosi il medio sulla fronte per darsi un veloce colpetto poco rumoroso.
    Che bruto, mi sto già concedendo troppe confidenze e non mi sono ancora presentato: mi chiamo Faust, sono un'insegnante europeo, mi sono preso qualche giorno di licenza per fare dei lavoretti qui a Kurayami ma non ho avuto molta fortuna con gli hotel. Avrei detto che questo posto fosse una topaia poco interessante... almeno fino a ora.
    E detto questo riprese la sua tazzina, pronto a sorseggiarla di nuovo ma non prima di averle lanciato un occhiolino malizioso, per farle capire che se quel posto era diventato più piacevole era grazie a lei.
     
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