La donna, il sogno, il grande incubo

x Poison

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    Dicono che le storie migliori inizino sempre con un bicchiere di latte. Quelle peggiori, invece, iniziano con un bel avviso di sfratto. Perché un bicchiere di latte è evocativo, sembra voglia comunicarti qualcosa. Un avviso di sfratto invece è esattamente come una pugnalata alle spalle, uno scippo avvenuto per strada o un incidente sulla tangenziale che avresti preferito evitare con tutto te stesso. Solo che non ti hanno rubato la borsetta, non ti hanno rovinato la colazione, né ti costringeranno a preoccuparti della macchina quando ti si saranno aggiustate le ossa. No lo sfratto è più subdolo, secco, infame: devi staccare tutto e andare via. A Kurayami non aspettano di certo che arrivi il prossimo mese, né ti danno un preavviso. Quel palazzo si trasformerà probabilmente in un altra arena, un magazzino, o dio solo sa cosa, e le persone che pagano per ottenere quei risultati non vogliono aspettare. Sicuramente alcune cose te le scordi dentro e diventano parte della poltiglia che fungerà da base per il nuovo edificio, e tu lì sarà come se non ci fossi mai stato. Una perdita della memoria, un ricordo cancellato, qualcosa che smette di esistere e basta, peggio della morte per certi versi. E poi? Visto che non hai avuto neanche il tempo di pensare o di capire, sei per strada con tutta la tua vita in mano, sotto la pioggia a cercare un altro posto dove stare. Adesso si che lo scippo ti fa paura, perché non perderesti più i documenti e qualche spicciolo, no no: c'è tutta la tua vita in mano. Come può andarti peggio? Ecco, questo è l'inizio di una buona storia, quando hai la sensazione di aver perso tutto e... non c'è paura, non solo almeno. E' quella fretta disperata di trovare un posto dove sedersi perché finché hai tutta la tua vita in mano, ed è facile perderla, non vuoi altro che trovare un posto dove sederti e riprendere fiato. Perché ogni istante sotto la pioggia, anche se non è scrosciante e intensa, ti tiene in apnea e non ti fa respirare.
    Benvenuta al Dream Motel, signorina.
    Le gocce di pioggia cadono sulla moquette rossa come il sangue, il luogo è bello ma odora di vecchio. Perché proprio lì? Perché proprio davanti alle ossute dita del receptionist che pare aver da poco avuto un ictus ed è tornato troppo presto sul luogo di lavoro. Gli occhi sono sgranati e leggermente ingrigiti, sembra uno di quei cadaveri che potresti trovare appeso ad un masso nel fondo di un lago troppo profondo. Sei tu quella bagnata eppure lui pare più zuppo di te, quasi oleoso, una sensazione strana ma non di disagio, né di pericolo. Anzi forse quel tipo era la persona più innocua del mondo. Ma perché proprio lì? Perché l'insegna non era né troppo nuova né troppo vecchia, il palazzo contava forse due o tre piani, non era né grande né sfarzoso, quindi forse il prezzo poteva essere abbordabile, anche solo per poco, solo per aggrapparsi a quella normalità che tanto disperatamente sfuggiva dalle dita in un battibaleno.
    Nei giorni di pioggia, la prima notte è offerta dall'albergo, ma purtroppo ci rimane una stanza sola...
    Disse mentre le dita quasi rinsecchite titillavano insieme alla catenina delle chiavi che stava offrendo alla ragazza. Quattro zero quattro, una stanza difficile da dimenticare. La chiave è... normale. Troppo normale, dava quasi l'idea che non ci fosse davvero differenza tra le serrature, e che una chiave valesse l'altra per aprire una stanza. Cos'era, una chiave giocattolo o qualcosa del genere? Mentre pensieri così stupidi attraversano la mente di una persona, la porta scorrevole alle spalle della ragazza si apriva di nuovo, lasciando entrare un altro ospite: è un uomo alto, immenso, grande quanto tutto il corridoio se non di più, oscurità su gambe, privo di espressione perché il cappotto nero e un grosso sacco sulle spalle occultano completamente la sua figura. Non sembrava neanche umano. Appena il receptionist incrociò il suo sguardo lo salutò con un cenno e lo lasciò entrare, aveva già la sua chiave. I pesanti passi di quella figura sparirono verso le scale che davano al piano superiore, e attirarono l'attenzione della ragazza verso la fine del corridoio, dove giaceva un vecchio ascensore dalle ante giallastre.
    Ah, non entri nell'ascensore cara signorina... purtroppo è ancora rotto, dobbiamo farlo riparare.
    Meglio, forse. Dopotutto la parte peggiore del trasferimento è avere a che fare con i nuovi vicini, e niente ammazza una buona giornata come il silenzio imbarazzante di due persone che non si conoscono chiuse dentro un'ascensore per secondi interminabili. Il piccolo nido si sarebbe presentato intimo, minimale ma ben messo, abbastanza spazioso per una persona ma non così grande da poter ospitare un party. L'essenziale c'era, ma mancava un tocco personale. Moquette rossa, pareti gialle, soffitti neri, tende scarlatte. La stanza di Barghest era al terzo piano, incastrata tra altre due e piazzata davanti ad una porta identica alla sua, dalla quale si vedeva una lunghissima scia bagnata che arrivava dall'interno, come se qualcuno avesse strascicato fino all'entrata un grosso sacco bagnato...
     
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    La pioggia e le nubi scure erano un ottima rappresentazione del suo stato d' animo, fosco, nero ed arrabbiato come il cielo. Camminava senza sapere dove stava andando, mettendo semplicemente un piede di fronte all' altro, un espressione tremenda in viso che fendeva la gente e la faceva girare al largo. Le sue poche cose erano tutte racchiuse in una sacca che teneva per il laccio e lasciava penzolare con noncuranza dalla spalla. Quasi sperava che provassero a scipparla, sentiva il gran bisogno di sfogarsi, colpire rapidamente qualcuno fino a ridurlo ad una massa sanguinolenta, gridargli in faccia tutta la sua frustrazione.
    Che cazzo Alice, potevi avvisarmi prima.
    Parlava da sola, fregandosene completamente se appariva pazza. Aveva appreso dello sfratto dal suo Diario, poche pagine incoerenti di mille scuse, bagnate da gocce che sapeva non essere di pioggia, scritte in una calligrafia incerta, probabilmente rotta da una serie di singhiozzi. Le sembrava di sentire il pianto di Alice provenire da quelle pagine, ma ormai era troppo tardi per poterci fare qualcosa, poteva prendersela solo con se stessa per non essere stata abbastanza attenta. Il pensiero le sarebbe andato a Kulvia ed alla ciocca d' oro che le aveva donato, e d' istinto la mano le si sarebbe mossa verso i capelli, rassicurandosi nel sentirne la presenza tra le dita. Quell' oro era abbastanza puro e prezioso che se lo sarebbe potuto comprare quel fottuto palazzo. Ma non sarebbe stata la cosa giusta da fare, ne per lei, ne per la sua Socia. Kulvia era sparita all' improvviso così come era arrivata, probabilmente era andata ad occuparsi delle sue "faccende da Drago" e quella singola ciocca di capelli era l' unico collegamento che aveva con lei, se sperava di incontrarla di nuovo in un prossimo futuro. Per adesso doveva occuparsi del presente, ed il presente le diceva che doveva trovare un nuovo posto dove stare, lei poteva anche stare all' addiaccio ma lo stesso non valeva per Alice, non si fidava ad abbandonarla in uno di quei brutti quartieri di periferia. In più la pioggia non accennava ad arrestarsi, indossava solamente un paio di jeans strappati al ginocchio, degli scarponi di taglio militare ai piedi ed una camicia bianca che doveva tenere slacciata sino al terzo bottone, se non voleva che esplodesse per le sue forme. Sulle spalle una giacca scura e sottile, tutt' altro che impermeabile, infatti si stava infradiciando sempre di più. Un insegna luminosa avrebbe improvvisamente attirato la sua attenzione, e leggendola pensò di avere le traveggole : un motel. Conosceva quel quartiere come le sue tasche, ma non aveva mai notato, nemmeno per una volta quel palazzo, era come se fosse apparso dal nulla, piovuto anch' esso dal cielo. Forse era davvero un apparizione, un regalo del karma per compensarla di tutte le sue sfighe, in ogni caso non poteva fare troppo la sospettosa, perciç decise di varcarne le porte.
    E' permesso ?
    L' interno del motel sembrava decisamente migliore di quanto apparisse all' esterno, forse un po' datato ma comunque ben tenuto. Decisamente il contrario di chi l' accolse. Il receptionist sembrava uno morto da decenni, eppure ancora costretto a presentarsi al lavoro, invece che riposarsi sottoterra. Membra magre e nodose, dita rattrappite che parevano gli artigli di un avvoltoio. Nulla lasciava presagire gentilezza, eppure Barghest ne sarebbe stata presto smentita. L' uomo si sarebbe rivelato più accogliente e caloroso del previsto, nonostante le cataratte ingrigite dei suoi occhi, gli sarebbe bastato uno sguardo per capire che aveva di fronte una ragazza in difficoltà, con pochi soldi ed a cui era meglio non fare troppe domande.
    Grazie per la sua offerta. Non mi faccio problemi, neanche speravo di trovare una stanza libera.
    Avrebbe preso la chiave che le veniva offerta, stanza 404, facile da ricordare persino per una sbadata come Alice, ma l' aspetto di quella chiave l' avrebbe fatta tentennare per un secondo. Sembrava anonima, quasi finta, molto diversa dallo sfarzo pacchiano di cui di solito erano fatte le chiavi d' albergo. Le venne quasi da dubitare che le stanze lì avessero delle serrature effettivamente funzionanti. I suoi pensieri sarebbero stati interrotti da un nuovo arrivo nella hall, probabilmente un altro ospite, ma la sua figura era abbastanza particolare da attirare la sua attenzione. Sembrava tutt' altro che umano, e questo poteva anche essere abbastanza comune, ma c' era altro celato nel suo aspetto. Sembrava che una nuvola temporalesca avesse assunto un aspetto antropomorfo e deciso di trascorrere una nottata in città, talmente grosso che sembrava occupare l' intera stanza con la sua sola presenza, causandole un brivido lungo tutta la spina dorsale, non erano in molti a poterla mettere in soggezione con la semplice stazza e quell' essere era uno di quelli. Fu parzialmente rassicurata dalla tranquillità con cui il receptionist lo accolse, come se fosse un cliente abituale del Dream Motel. Non sapeva perché, ma si fidava di quel vecchietto innocuo e della sua capacità di giudizio. Comunque, avrebbe ringraziato mentalmente all' annuncio che l' ascensore fosse rotto, non ci teneva affatto a condividere la salita con lui, e dal suono pesante dei passi, dubitava che avrebbe potuto reggere il peso di entrambi. Fingendo di ignorarlo e di firmare il registro d' ingresso, avrebbe lasciato scorrere parecchi secondi, sperando che salisse in fretta le scale. Alle sue spalle portava un sacco enorme, sufficiente per contenere un cadavere o qualcosa di simile, probabilmente pesante anche se appariva incredibilmente leggero sulle sue spalle. Dopo che fu svanito alla sua vista, si sarebbe incamminata anche lei per i piani superiori, ringraziando mentalmente ad ogni rampa per non averlo incrociato, sino ad arrivare alla sua stanza al terzo piano.
    La camera era come il resto dell' albergo, la porta stretta tra altre due non lasciava presagire niente di buono, eppure si sarebbe rivelata decisamente più accogliente del previsto, forse l' unico appunto che avrebbe potuto fare era per la scelta dei colori, che sembravano usciti da un vecchio film noir. Avrebbe lasciato semplicemente cadere, sia la sua sacca che la giacca fradicia, sulla moquette del pavimento, sedendosi sul bordo del letto per poter finalmente tirare un sospiro di sollievo e riposare le gambe, non era dello stato d' animo giusto per essere troppo ordinata. Senza neanche alzarsi, avrebbe iniziato a frugare nel suo misero bagaglio, per vedere cosa aveva impacchettato Alice : pochi effetti personali come lo spazzolino da denti ed un pettine, un ricambio di biancheria intima e qualche altra cianfrusaglia priva di significato per lei, sfortunatamente la sua Socia non aveva preso nessuno dei suoi libri, quella testa di rapa si scordava sempre di tutto. Fortunatamente almeno il Diario se l' era ricordato. L' avrebbe tirato fuori dalla sacca e poggiato sulle gambe, iniziando a scribacchiarci intensamente, raccontando ad Alice dove si trovava e quel che aveva fatto intanto che lei "dormiva". Qualche minuscolo spiritello fatato sarebbe emerso dalle pagine, ma non era aria per loro e Barghest li avrebbe semplicemente scacciati con un gesto della mano, come se fossero dei moscerini fastidiosi. Concluso il suo racconto, si sarebbe lasciata cadere all' indietro nel letto, emettendo un lungo sospiro sconsolato. Non aveva sonno, la stanza non offriva particolari svaghi e per colpa della sua Socia non aveva niente per coltivare l' hobby della lettura. Poteva rimanere a fissare il soffitto o la moquette per ore, oppure provare a chiedere ai suoi vicini di stanza se avessero qualche libro da prestarle. A quel punto sarebbe uscita dalla sua stanza, indecisa se provare prima a destra, a sinistra o di fronte. Solo allora avrebbe notato quella scia umida sulla moquette che portava alla stanza di fronte, come se qualcuno avesse trascinato qualcosa di grosso e bagnato. Le venne un groppo in gola al pensiero del tipo di prima, ma riflettendo a mente fredda, aveva già visto cose decisamente più paurose quando era un Cavaliere per la sua matrigna. Non poteva farsi spaventare solo da una cattiva impressione. Decise di bussare, ma la sua mano si sarebbe bloccata a mezz'aria, quasi fosse titubante a disturbarlo per una sciocchezza del genere. Magari era occupato, magari era in compagnia di qualcuno. Perciò avrebbe prima rivolto un rapido sguardo verso le due direzioni del corridoio, accertandosi che non stesse sopraggiungendo qualche altro ospite, dopodichè avrebbe appoggiato l' orecchio alla porta per poter origliare all' interno, la noia e la curiosità avevano parzialmente vinto sulla sua normale prudenza.
     
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    Il posto era una favola, in realtà, di quelle che iniziano malissimo ma che dovrebbero finire bene. In teoria. Solo che Alice non era alla fine, all'inizio, e a dimostrarglielo c'erano i suoi vicini. Dalla stanza che avrebbe trovato uscendo dalla sua e rivolgendosi a destra, Barghest poteva sentire chiaramente delle forti grida. Non disperate, né sofferenti, quelle sarebbero state rassicuranti. No, erano le grida di un santone, o di un predicatore, qualcosa del genere insomma. Poteva sentire il suono di un rosario, e di un libro pesante sbattuto in giro su tavoli e pareti probabilmente. Le grida non erano così chiare da poter sentire cosa stava dicendo in maniera chiara, ma poteva distinguere svariate invocazioni al signore, comandi verso il male e alla sua dipartita, e altre forti invocazioni che servivano probabilmente a non impazzire, o impazzire ancora di più in funzione dei punti di vista. Ma se quelle grida sembravano inquietanti, il suono dalla stanza opposta era probabilmente ancora più misterioso: non una voce né dei colpi particolari, bensì un suono costante e ripetitivo, intermittente ma discontinuo che ricordava molto dell'acqua che bolle, ma in maniera molto più lenta. Veniva anche uno strano odore da lì, quello tipico degli edifici vecchi dove di solito non si trova anima viva, ma era flebile e potenzialmente fallibile. Barghest non era un cane, no? Magari lo era nell'istinto però, e come un segugio si mise a cercare delle tracce. Si fermò davanti alla porta di fronte alla sua, pronta a bussare, ma esitante. Da lì invece proveniva un silenzio anomalo, insolito. Neanche nella notte più buia o nelle stanze più vuote si sente un silenzio del genere, era perfino contagioso come se fissando quella porta potesse espandersi intorno a lei, inglobandola in quel vuoto silenzio che annullava ogni rumore che non fosse prodotto dal suo corpo. Si guardò a destra e poi a sinistra, senza vedere nessuno, e nel farlo sentì chiaramente la pelle piegarsi e le vene pompare sangue per colpa di quel silenzio. Poi posò l'orecchio sulla porta. Silenzio. Poi un battito. Uno soltanto, chiaramente di un cuore, un cuore enorme, possente, il più grosso che Barghest aveva mai sentito. Ma un solo battito.
    Non è carino.
    La voce le penetrò un orecchio all'improvviso, senza darle il tempo di reagire. Si era voltata a destra e a sinistra un secondo fa, non c'era nessuno, come aveva fatto quel tipo a coglierla di sorpresa? Era lei ad aver perso colpi... oppure era il battito di quel cuore ad essere durato tanto al ungo?
    Origliare le stanze degli altri, intendo...
    Chiaramente un ragazzino con non più di 17 anni, più basso di lei anche se non di molto, vestito abbastanza bene ma non in maniera elegante. Aveva i capelli di un cenere spento come se il colore gli fosse stato strappato via, e gli occhi avevano un colorito rosa opaco che somigliava al risultato di un paio di lenti a contatto correttive andato molto male. Una piccola treccia gli scendeva da dietro la nuca e circondava un pezzo di collo arrivandogli poco più sopra del petto, anche quella ben tenuta e legata all'estremità da una serie di piccoli anelli sempre più stretti. Aveva un incarnato pallido messo in evidenza dalle unghie nere, non tinte ma di un nero viscerale, sembrava quasi si fossero tinte dopo aver spolpato una seppia. Fissava Barghest con aria delusa e annoiata, la accusava di qualcosa non c'erano dubbi.
    Se però hai una scusa, la ascolterò... le bugie mi piacciono.
    Solo a quel punto mostrò un mezzo sorrisetto, a dir poco diabolico, e quegli occhietti si accesero di un bagliore tetro profondo come l'abisso.
     
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    Forse per una volta aveva fatto la scelta giusta, scegliendo la stanza di fronte a sè. I suoni che provenivano dalle stanze di fianco alla sua erano tutt' altro che rassicuranti ed invitanti. Da quella alla sua destra sentiva un berciare continuo, fatto di rosari sgranati, colpi alle pareti dati con un oggetto e grida che sembravano bestemmie ma in realtà erano preghiere, come se li dentro fosse in corso un esorcismo. Probabilmente chi l' occupava possedeva qualche libro, ma non ci teneva affatto a leggerne il contenuto, ne ad entrare nel litigio. Quella alla sua sinistra sembrava più tranquilla, da essa proveniva un suono continuo, simile ad una teiera in surriscaldamento, ma quel che non le piaceva era il suo odore, sapeva di vecchio e di stantio, come se in realtà fosse stata abbandonata da tempo. Il suo olfatto non era più lo stesso da quando si era unita ad Alice, non riusciva più a distinguere con precisione i vari aromi o l' odore del pericolo, e di quel che non si conosce è meglio non fidarsi. Per cui si era ritrovata ad origliare in quella di fronte a sè, cercando di penetrare quella coltre di silenzio innaturale, come se a dispetto dei vari indizi, in quella stanza non ci fosse anima viva. Ma qualcosa di vivo effettivamente c' era. Percepì un singolo battito, profondo come il suono di un enorme tamburo, ma che a tutti gli effetti doveva essere di un cuore. Quello che era di difficile comprensione erano le dimensioni. Sembrava appartenere a qualcosa di enorme, gargantuesco, come una gigantesca creatura delle profondità che aspettava che le prede cadessero naturalmente nei suoi abissi, pronta a divorarle. Voleva distaccare l' orecchio, ignorare quel suono, ma non ci sarebbe riuscita, come se stesse anche lei sprofondando lentamente in quella trappola.
    Eh ?!
    La voce che l' avrebbe apostrofata sembrava provenire da molto lontano, come se si trovasse ad una distanza siderale da lei, mentre in realtà chi aveva parlato si trovava alle sue spalle. Si sarebbe voltata di scatto, tesa, maledicendosi per aver abbassato la guardia e sentendosi vagamente stordita e distorta. Le era sembrato solo un istante, ma effettivamente, per quanto tempo era rimasta lì con l' orecchio incollato alla porta ? Quanto era durato quel battito ? Minuti ? Ore ? Giorni ? Non sapeva proprio dirlo. D' istinto avrebbe attaccato qualunque cosa avesse provato a sorprenderla, i suoi bicipiti si sarebbero tesi e le vene gonfiate, ma riuscì a trattenersi quando si rese conto che si trovava davanti solo un ragazzo. Sembrava vagamente più giovane di lei nell' aspetto, alto ma dall' aria elegante e fragile, in quello le ricordava tremendamente una delle sue sorellastre, un ricordo che la spingeva a non sottovalutarlo troppo. Ciononostante, sembrava più normale della media del Dream Motel, il che contribuì un po' a rassicurarle e farla riguadagnare un minimo di arroganza. Sapeva di essere stata colta in fallo, ma non le piaceva per nulla il tono accusatorio di quel ragazzo. La sua presenza le tagliava la via per rientrare nella sua stanza, non poteva semplicemente ignorarlo e dileguarsi.
    Hai ragione.
    Da lui non proveniva l' odore o la pressione tipica degli altri Fae, quindi non si sentiva particolarmente in pericolo, anche se quel sorrisetto da stronzetto non sembrava promettere niente di buono. In risposta avrebbe incrociato le braccia davanti a sè, senza preoccuparsi che con quel gesto avrebbe teso ancor di più la camicetta bagnata e spinto in fuori i seni, quando in realtà stava cercando di apparire più imponente ed intimidirlo, piantando il suo occhio rosso nei suoi rosa spento. Voleva una bugia ? Beh lei le avrebbe offerto la verità, la sua verità, certa che sarebbe stata più inverosimile di qualunque menzogna.
    Sono un mastino spettrale, intrappolato nel corpo di una bambina troppo cresciuta. Per un po' ho fatto il Cavaliere di un Regno che non esiste, al servizio di una pazza sanguinaria, quindi ho preferito darmela a gambe quando tutto è andato naturalmente in malora. Avevo deciso di trasferirmi in questo schifo di città, ma qualcuno ai piani alti ha deciso di trasformare casa mia in un supermercato o in un megaparcheggio e mi sono ritrovata senza un tetto sopra la testa. Quindi eccomi quì, ad affittare una stanza del più strambo Motel che abbia mai visto, aggirandomi per i suoi corridoi in cerca di qualcosa da leggere o di una faccia da spaccare. Ti piace come bugia ?
    I muscoli di Barghest, avrebbero generato un suono ben distinto mentre stringeva con ancora più forza di prima le braccia, evidenziando un altra domanda sottointesa. Tu ragazzino, quali opzioni mi offri ? La faccia o la cultura ?
     
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    Il modo in cui Barghest mise in evidenza il seno nel vano tentativo di sembrare più minacciosa fece inarcare le sopracciglia del ragazzo, sembrava compiaciuto di quella visione ma non voleva darle l'impressione di essere debole al suo fascino di donna giunonica e muscolosa. Gli raccontò in sintesi la sua storia e quando ebbe finito, il giovane piegò il capo di lato in maniera vistosa, come se si stesse sforzando di crederle, o fosse rimasto deluso di un simile risultato.
    Hmmm... fai schifo a raccontare le bugie, non mi sono divertito...
    Commentò, mentre teneva la testa piegata in quel modo ma distoglieva lo sguardo da lei. Non arrossì né cambiò tono di voce, ma sembrava sul punto di chiedere qualcosa che lo metteva in imbarazzo, o che non era facile da dire.
    Da quando mia madre mi ha abbandonato, ho sempre vissuto qui. Il portiere mi fa stare dentro le stanze vuote ma l'ultima l'hai presa tu. Questo posto è pieno di gente strana, non voglio dormire per i corridoi o in uno dei bagni in comune delle stanze inferiori...
    Stava raccontando anche lui una bugia? Oppure anche lui voleva condividere una verità tanto assurda da non sembrare affidabile? Barghest aveva notato i bagni in comune ai piani inferiori, mentre nelle stanze di sopra come la sua c'era un bagno privato, forse non troppo grande ma abbastanza spazioso per una vasca e i sanitari, quindi una bella comodità. Il ragazzo si portò entrambe le mani dietro la nuca tornando a incrociare lo sguardo con lei, ancora una volta non era imbarazzato e concluse quel discorso con una naturalezza disarmante.
    Posso dormire con te, stanotte? Non possiedo molte cose ma anche a me piace leggere, quindi ne ho lette tante. Posso raccontarti qualcosa io, e magari insegnarti a raccontare le bugie.
    Sembrava alla ricerca di un accordo, forse un pò troppo sconveniente ma in fondo Barghest aveva ottenuto la stanza gratis per quella notte, quindi forse poteva concedersi un pò di altruismo. E poi, nonostante l'aspetto insolito e quello sguardo furbetto, il ragazzo non sembrava avere cattive intenzioni, né le aveva mentito. Altrimenti avrebbe sentito il suo corpo sudare come facevano i predatori che si fingono agnelli ma sanno di avere davanti un mostro peggiore di loro. Lui invece era tranquillo, un pò come se fosse a casa e dovesse semplicemente confessare qualche guaio che aveva combinato.
     
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    Una grossa vena prese a pulsare sulla tempia di Barghest, mentre la sua espressione si faceva infastidita alla reazione del ragazzo. "Che sono il tuo pagliaccio ?" Avrebbe pensato. Forse sarebbe stato meglio prenderlo direttamente a pugni prima ancora di presentarsi. Si calmò un poco quando ricambiò, raccontandogli qualcosina di sè, e si arrese definitivamente quando le fece quella richiesta imbarazzata. La tensione si sciolse definitivamente e si concesse un lungo sbuffo piuttosto teatrale e forzato, lasciando cadere le braccia ai fianchi, come se stesse per farli chissà quale concessione. Com' era magnanima lei. Si era reso conto che stava chiedendo di condividere la stanza con una ragazza appena conosciuta ?
    Va bene, va bene. Ti concedo che la gente di questo posto è parecchio strana, mentre tu mi sembri un pochino più normale degli altri.
    Non avvertiva alcun pericolo provenire da lui, e se era un bugiardo patentato lo stava nascondendo bene, il suo corpo non emanava i tipici segnali contradditori o la tensione di uno che sta mentendo.
    Però ti avverto, se le tue storie sono noiose ti butto fuori. Se provi ad allungare le mani ti butto fuori. E se...divento improvvisamente affettuosa e provo io ad allungare le mani non farci caso. Sono sonnambula.
    Le venne in mente che avrebbe dovuto avvertire Alice del suo ospite, ma il Diario era rimasto nella sua stanza. Prese la chiave dalla tasca, e per un breve istante rimase a fissarla, lanciando uno sguardo all' altra porta, uguale alla sua. Si chiese se quella chiave poteva aprire anche quella stanza, e per un attimo fu tentata di provarci. Ma forse era meglio non farlo, aveva già avuto troppi casini quella notte e non voleva farsi buttare fuori. Decise quindi di tornare nella sua camera, con il ragazzo al seguito, sperando che avesse ben compreso le sue regole.
    Io mi chiamo Barghest comunque, tu ?
     
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    Abbozzò un sorrisetto entusiasta nel vederla cedere alla sua richiesta, non volle sembrare troppo espansivo anche perché forse inquadrando bene la persona che aveva davanti non avrebbe dovuto spingersi troppo oltre, ma era comunque soddisfatto e questo non si poteva nascondere. Aspettò che aprisse la porta ed entrò dopo di lei, tenendo le mani dietro la nuca anche per dimostrarle che non voleva allungarle. Almeno per ora.
    Io sono Nemo, e non prometto niente.
    Commentò furbetto mentre sgusciava dentro la stanza con una certa naturalezza. Non si guardò attorno perché non le aveva mentito evidentemente: quella stanza non era nuova per lui. Ad attirare la sua attenzione furono le pochissime cose di Barghest. Realizzare che non avesse quasi nulla gli fece aggrottare la fronte mentre realizzava che forse la tipa che aveva incontrato era più interessante del previsto.
    Sei in viaggio per caso? So che chi si porta dietro poca roba non resta per molto nello stesso luogo... ma non mi sembri una pronta a scalare le montagne domani. Io non ho mai voluto viaggiare ma penso che in compagnia di una bella ragazza come te andrei un pò ovunque in giro.
    Il suo ultimo commento venne accompagnato dallo spontaneo gesto di togliersi le scarpe per poi lasciarsi cadere sul letto con un grosso e profondo sospiro soddisfatto. Barghest avrebbe notato che pure avendo aperto la porta ed essendo entrata nella stanza la chiave le era rimasta in mano in maniera insolita. Non l'aveva lasciata andare né aveva richiuso la sua porta in maniera quasi automatica, come se il suo istinto le stesse suggerendo di perpetrare la losca mossa che le aveva attraversato la testa un attimo prima: le chiavi sembravano tutte uguali, perché non provare ad aprire le altre e soddisfare la sua curiosità? Strani pensieri quelli, le appartenevano davvero? Steso sul letto, Nemo non sembrava poi così giovane come appariva messo in rapporto con Barghest, di sicuro era lei a farlo sembrare più piccolo vista la differenza di stazza.
    Mi hai fatto pensare a una storia, sai? L'ho sentita una volta sola e mi è rimasta impressa. Forse me la raccontò mia madre prima di sparire, o una sua conoscenza, non ne sono sicuro. E' strano... ricordo meglio la storia di chi l'ha raccontata. Ti capita mai?
    Mugugnò tra sé qualcosa, poi si mise dritto con la schiena, incrociando le gambe sul letto e rivolgendosi verso di lei per iniziare a raccontare.
    Parlava di un uomo che cercava la fonte della rinascita, così da riportare in vita il figlio morto alla nascita. Raggiunse un posto proibito per trovarla ed era disposto a condividere la sua grande conoscenza pur di ottenerla, ma la regina di quel posto rifiutò il suo aiuto e lo scacciò via, condannandolo all'esilio. L'uomo aveva provato a convincerla con un cubo, ma la regina aveva visto in quello strumento il male...
    Divenne pensieroso, come se qualcosa gli stesse passando per la testa in quel momento, distraendolo dalla storia che raccontava.
     
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    La vena tornò a pulsarle sulla tempia, quel maledetto ragazzino sembrava divertirsi a prenderla in giro, e si stava prendendo un po' troppe confidenze, come se fosse un bimbo molto più piccolo della sua reale età.
    Ehi ! Guarda che il letto è mio, tu dormirai sul paviment...
    Venne bellamente ignorata, e per qualche momento pensò di aver commesso un errore a concedergli fiducia. Ma per ora decise di lasciar perdere e dargli corda, dopotutto era sensibile ai complimenti. Parlare con lui l' avrebbe aiutata a passare il tempo, riordinare le idee e decidere le sue mosse future, non programmava di restare in quel motel troppo a lungo, anzi, forse era meglio cercare un altro posto l' indomani mattina.
    Si, diciamo che sono in viaggio. Anche se la parola più corretta sarebbe stata fuga. Ogni tanto, ma non spesso quanto vorrei. Ci sono molte persone che vorrei dimenticare, ma sia le loro facce, che le loro storie, riaffiorano sempre all' ultimo quando stanno per perdersi nell' oblio.
    Non avrebbe aggiunto altro per il momento, incuriosita dalla storia che stava raccontando. Era la prima volta che la sentiva, sembrava pura fantasia o inventata su due piedi. Fonti della vita, cubi maledetti, un luogo proibito, non riusciva a ricollegare. Eppure era strano, perché le sembrava quasi di conoscere i protagonisti di quella storia, non ne era del tutto certa ma era una sensazione importante. Qualcosa aveva distratto il ragazzo, come se gli fosse venuto in mente qualcosa da dirle o su cui riflettere. Aprofittando di quella pausa, Barghest si sarebbe resa conto di due cose che aveva trascurato. In primo luogo che non si era affatto messa comoda, anzi era rimasta in piedi all' ingresso della stanza dopo aver fatto appena due passi. Secondariamente che non si era neanche richiusa la porta alle spalle, lasciandola semiaperta, e che la chiave era ancora nelle sue mani. Con la coda dell' occhio avrebbe lanciato uno sguardo verso le altre porte del corridoio, sembravano davvero avere tutte la stessa serratura. Si quella chiave avrebbe potuto aprire tutte le stanze, ne era praticamente certa. Doveva provare, magari poteva raccontare agli altri ospiti di aver semplicemente sbagliato stanza e...perché diavolo stava cercando di inventarsi scuse per irrompere nella camera di qualcun' altro ? Scosse la testa, cercando di scacciare quelle idee che le ronzavano nel cervello come piccole Fae. A proposito, dove erano finiti i suoi spiritelli ? Era strano che sparissero così a lungo o si allontanassero troppo, forse si erano semplicemente nascosti perché era in compagnia.
    Come...come si chiamava quella Regina ?
    Avrebbe chiesto, quasi distrattamente, cercando di non pensare a quella malsana idea che le dava la chiave.
     
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    Nemo non si preoccupò troppo dell'aria pensierosa della sua interlocutrice, anche se preferiva essere ascoltato quando parlava con qualcuno non era poi così importante. di certo non poteva lamentarsi lei di essersi annoiata con le sue favole se poi si distraeva in quel modo! Una bella garanzia per restare ancorato lì in quella stanza.
    Non me lo ricordo. Non sono bravo coi nomi, anzi sono quasi certo che potrei scordarmi anche il tuo...
    Commentò pensieroso, iniziando a guardarsi intorno. I suoi occhi caddero sul diario di Barghest e Alice, sulla quale si trovava la penna che la ragazza usava per scriverci dentro. Si piegò da un lato allungando rapidamente le mani verso quel prezioso oggetto, approfittando della distrazione di Barghest per fare di nuovo come se fosse a casa sua.
    Credo proprio che me lo scriverò, così da non scordarmelo...
    Prese la penna e si infilò il tappo in bocca, mentre con la mano libera si sollevava una delle maniche scoprendo la sua pelle bianca e pallida. Scoprì il braccio sinistro rivelando un aspetto decisamente insolito per un ragazzo, forse non il più strano che Barghest avesse mai visto ma di sicuro peculiare. La sua pelle aveva un'aria strana, sembrava quasi trasparente, tanto che se si concentrava bene poteva vedere addirittura la sua vene. Piene di liquido nero come la pece. Usando la penna di Barghest iniziò a scrivere il nome della ragazza, titubando un pochino sull'esatto spelling ma completando l'opera con una certa soddisfazione. L'inchiostro nero della penna sembrava perdersi in mezzo a quel mosaico di vene nere inquietanti, ma lui non ci fece troppo caso, fissandolo un pochino per assicurarsi di aver scritto bene.
    Ecco qui, adesso non me lo dimenticherò stanne certa...
    Prima che potesse finire la frase, proprio mentre rimetteva a posto la penna, si soffermò a guardare il diario notando che era scritto a mano, e che si trattava di qualcosa di molto personale. Non lo aprì, non era così invadente, ma sollevò comunque lo sguardo verso di lei, curioso da morire. Gliela si leggeva in faccia la voglia che aveva di aprirlo e curiosare, ma ancora una volta dimostrò di non essere banalmente un bimbo pestifero.
    Questo è tuo...? Avevo capito che ti piacesse leggere, non anche scrivere...
     
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    Probabilmente il pavimento sotto la moquette era costituito da un parquet di legno, si sarebbe sentito uno scricchiolio tremendo, legno torturato sotto un passo pesantissimo, praticamente un balzo. Nemo avrebbe dapprima visto un piccolo proiettile arrivargli addosso, minacciando di colpirlo alla radice del naso o in mezzo agli occhi, poco al di sotto del centro della sua fronte. Si trattava del quarto bottone della camicia di Barghest, saltato via in seguito alla brusca reazione della ragazza, che si sarebbe letteralmente avventata su di lui come un gigantesco mastino che prima ti azzanna, poi ti ringhia contro.
    Che cazzo stai facendo ?
    Se c' era un modo per far momentaneamente scordare a Barghest le fantasie sulla chiave ed ottenere la sua attenzione, era avvicinarsi troppo al suo Diario senza permesso. Nemo si sarebbe ritrovato sdraiato sul letto, schiacciato dalla mole della ragazza, entrambi i polsi stretti nella presa ferrea della sua mano enorme che lo costringeva a tenere le braccia alte sopra la testa, in una posizione scomoda, dolorosa, che l' avrebbe reso totalmente inerme. Una delle ginocchia della ragazza premeva contro i suoi testicoli, mentre le sue enormi tette, liberate da quella debole barriera della sua camicia, gli avrebbero completamente schiacciato la faccia contro il materasso, occludendogli la bocca ed il naso, minacciando di soffocarlo. C' era gente che era morta in maniere decisamente peggiori, ma probabilmente mai per un semplice libricino di poca apparente importanza. Per Barghest però, quel Diario era decisamente importante, praticamente racchiudeva la sua vita in esso, ed a differenza di Alice, non solo le dava fastidio che qualcuno ci potesse sbirciare dentro senza il suo permesso, aveva tutta la forza e la volontà per impedirlo.
    Non-toccare-le-mie-cose.
    Il punto posto alla fine di quelle cinque semplici parole, sarebbe stato pesante quanto il reggipetto nero farcito del seno della ragazza, solo gli occhi di Nemo sarebbero stati ancora liberi, anche se non avrebbero visto altro che il viso vicinissimo di Barghest ed il suo occhio rosso, che bruciava come un carbone ardente. Mentre continuava a trattenerlo, con la mano libera avrebbe ripreso sotto la sua presa sicura il libricino, non ci sarebbe stato nulla di strano se avesse usato un semplice jutsu di richiamo per metterlo al sicuro, ma la sua reazione istintiva e molto poco ragionevole, stava a dimostrare quanto fosse facile all' ira.
    Ho le mani sporche di sangue per motivi più stupidi.
    E quella, oltre ad essere poco divertente, non era decisamente una bugia.
     
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    Il bottone lo colse di sorpresa, la sua espressione non cambiò moltissimo ma tirò il collo leggermente all'indietro come se qualcuno lo avesse davvero colpito forte sulla fronte. Dubitare della potenza delle tette di una donna enorme come lei era follia. Non ebbe paura neanche quando gli saltò letteralmente addosso, anzi dallo sguardo fisso su di lei si vedeva che c'era un misto di timore ed ammirazione, quasi riverenziale nei suoi confronti. Una più romantica poteva vederci sicuramente un complimento. L'unico momento in cui quello sguardo quasi innamorato si incrinò fu quando si rese conto che non stava solo soffocando nella maniera più bella possibile, ma il suo povero sesso si stava trasformando in una specie di hamburger brutalizzato e la cosa non era assolutamente piacevole, neanche se a farlo era una ragazza così bella: purtroppo in quei gesti non c'era solo aggressività o voglia di dominare, ma un istinto omicida che Nemo riuscì a leggere chiaramente, tant'è che non si oppose neanche quando le mani iniziarono a formicolare quasi spente, per timore che potesse fargli del male. Non pensò un solo istante che Barghest potesse esagerare solo per intimorirlo e anzi, in quell'occhio rosso bruciante ci vide tutta la sua sete di sangue, e per quanto non diede l'idea di essere profondamente terrorizzato, colse il messaggio alla perfezione. Si sforzò di risalire con la testa quel tanto che bastava da liberare anche la bocca, poi iniziò ad annuire. Da un lato voleva restarsene lì tra quelle montagne di perfezione, dall'altra però sapeva che quello non era un favore, né un piacere, e che rischiava sul serio di farla arrabbiare. E questo lui non lo voleva.
    Scusami, davvero, ho solo ceduto alla curiosità. Non volevo farti arrabbiare. Ho solo pensato che se leggi tanto allora avrai scritto cose interessanti, ma non lo leggerò contro la tua volontà, lo giuro.
    Se avesse prestato attenzione al braccio scoperto che stava tenendo fermo, Barghest avrebbe visto che l'inchiostro nero con la quale aveva scritto il suo nome si stava lentamente macchiando di rosso, aggiungendo una piccola croce alla fine della scritta "Barghest" come se qualcuno gli avesse marchiato a fuoco sulla pelle un errore che aveva commesso. Dal suo sguardo si capiva che lo aveva fatto da solo, socchiudendo un minimo gli occhi per il dolore che si era autoinflitto, ma lo fece per farle capire che aveva imparato la lezione e quel marchio lo avrebbe sempre ammonito in futuro per non fare altri simili sbagli. Nei suoi occhi c'era davvero senso di colpa, più che paura, a spaventarlo non era l'idea che Barghest potesse fargli del male quanto più che potesse scacciarlo, mandarlo via e allontanarlo da sé.
    Se mi lasci andare, per farmi perdonare, ti farò un massaggio. Ne ho fatti molti in cambio di un posto dove dormire, e tu ne hai bisogno si vede: hai un ritardo nei muscoli del collo come se qualcosa di pesante ti fosse caduto in testa, e ha rallentato la spalla sinistra: infatti l'altra mano che mi stringi fa più male...
    Era un attento osservatore, poco ma sicuro, forse non ricordava bene i nomi ma di sicuro sapeva come si comporta un corpo messo alla prova.
     
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    Barghest era come uno di quei cani da guardia che ti costringe ad arrampicarti su un albero, e rimane a girare intorno al tronco per giorni, paziente e feroce, sino a prenderti per sfinimento. Una volta che ti azzannava non lasciava facilmente la presa, non c' erano distrazioni che l' avrebbero fatta desistere sinché non fosse pienamente soddisfatta. In quel caso lo era, anche se Nemo non sembrava eccessivamente spaventato, era abbastanza sicura di avergli fatto capire appieno la lezione. Il bagliore del suo occhio si sarebbe affievolito, anche se non spento del tutto, anche la sua presa si sarebbe fatta più lasca, sino a lasciarlo andare e rialzarsi.
    Questo avrebbe detto agitando il libricino davanti ai suoi occhi, come una maestrina che ti sgrida Non è solo mio, lo condivido con un altra persona. Non sarebbe corretto nei suoi confronti fartelo leggere senza permesso. Sperava che il concetto fosse chiaro, avrebbe riposto il Diario in una tasca dei jeans ed a quel punto lo sguardo le sarebbe caduto sull' ennesima camicia rovinata dalla propria irruenza. Sembrava più infastidita che preoccupata, pensò di sistemarla momentaneamente facendovi un bel nodo sotto le tette, ma prima di farlo le tornò in mente l' offerta di Nemo, iniziando a considerarla seriamente : un massaggio ? Perché no dopotutto.
    Sei più bravo ad osservare che a renderti simpatico. D' accordo, vediamo se anche le mani le sai usare bene come racconti.
    Il ragazzo non aveva tutti i torti, si sentiva il collo, le spalle e la schiena un fascio di nodi e contratture, colpa dello stress certo, ma probabilmente centrava di più il combattimento serrato che aveva avuto con Kiba ed il mattone che si era presa in testa. Avere avuto un rapporto decisamente intenso subito dopo con un enorme drago ancestrale, non era stato salutare quanto piacevole, il suo corpo non aveva avuto il tempo di guarire del tutto. Senza esitazione si sarebbe sfilata le scarpe robuste, dopodichè sarebbe venuto il turno della camicia, che sarebbe stata abbandonata sulla moquette. Rimase per un istante in jeans e reggiseno, fissando Nemo con un espressione indefinita ma tutt' altro che imbarazzata, sembrava avere meno problemi a mostrare a nudo il suo corpo, piuttosto che la sua mente. In ogni caso non si sarebbe spogliata oltre, sdraiandosi completamente prona sul letto, le braccia ripiegate sotto la fronte, facendo sfoggio della sua schiena fatta di nervi e muscoli scolpiti, eppure non meno sensuale di una normale donna. La sua pelle aveva una tonalità stupenda, bastava uno sguardo per immaginare quanto potesse essere morbida al tatto, ed in tutta quella massa muscolare vi si poteva leggere una certa armonia ed eleganza, come se fosse stata allevata alla perfezione sin dalla più tenera età.
    Forza, datti da fare.
    Lo avrebbe spronato per rompere eventuali indugi, non considerava quel gesto con mire sessuali o altro, ma con la normalità del suo mondo e del "branco" di cui aveva fatto parte : i più forti comandano, i più deboli devono servire.
    Permettimi una domanda. Che cosa è successo al tuo corpo ? Hai subito una maledizione ?
    Diede una particolare enfasi alla prima parola, come a voler dimostrare al ragazzo come si facessero le domande in maniera educata, e secondariamente, visto che stava vedendo e toccando il suo corpo, trovava naturale poter fare qualche domanda sul suo.
     
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    Nemo accennò un mezzo sorrisetto appena Barghest accettò la sua offerta, ma non era un sorrisetto compiaciuto, quanto più nervoso: l'aria neutrale nascondeva solo in parte la paura che aveva avuto. Quel ragazzino non era un codardo, ma si era chiaramente reso conto dei suoi limiti, e della pericolosità di quella ragazza. Annuì di nuovo con fermezza quando il diario sventolò davanti alla sua faccia: non avrebbe osato più, i suoi occhi erano sinceri. Poi appena fu libero riprese fiato, ma aspettò prima di rialzarsi perché si era reso conto che poter respirare ma non avere più quel soffice letto sulla faccia non era uno scambio così vantaggioso, e si maledì mentalmente per la scelta che aveva fatto. Il cavallo dei suoi pantaloni però ringraziò, e appena tornò a scorrere il sangue si passò una mano tra i gioielli massaggiandoseli cercando di non rendere troppo rumoroso quel "ahia" che borbottò tra sé. Si tirò giù dal letto per un momento restando imbambolato a guardare Barghest mentre si spogliava. Non era imbarazzato, né mosso da chissà quale turba adolescenziale: dava più l'idea di essere affascinato e incuriosito da lei, dai suoi muscoli, dalla sua fisionomia e dalla sua energia. La stava chiaramente studiando, ma non era lo sguardo analitico di uno scienziato o di un avversario, quanto più lo spontaneo istinto di chi cerca genuine risposte. Si diede una scossa solo quando Barghest gli disse di darsi da fare e lui subito tornò sul letto sedendosi a cavalcioni sopra di lei all'altezza dei fianchi, più su rispetto alle sue natiche in modo che non ci fossero contatti troppo intimi. Lo fece in maniera così spontanea che se stavolta lo avesse sbattuto al muro tenendolo per il collo sarebbe stato sinceramente sorpreso, ma molto probabilmente Barghest non avrebbe avuto il tempo per farlo.
    Che intendi? Ho qualcosa di strano?
    Appena le dita del ragazzo iniziarono a toccarle il collo, subito una forte sensazione di benessere e rilassamento iniziò ad impossessarsi del corpo di Barghest. Niente magia, solo un grandissimo talento... no anzi, niente talento: quello sapeva esattamente dove toccare, come farlo e con che attenzione. Sembrava ben più che esperto, conoscitore non soltanto delle tecniche giuste per massaggiare un corpo ma anche un grande esperto di anatomia e della fisionomia del corpo. Anche quando sembrava non aver colto il segno, correggeva il tiro con i movimenti successivi, li perfezionava e li migliorava e scioglieva ogni singolo muscolo di Barghest. Il tutto senza essere invadente, senza ambiare la sua respirazione o lasciarsi imbarazzare in maniera stupida. C'era tecnica, dedizione in quello che faceva, non un secondo fine o la voglia di impressionarla.
    Ah, ho capito... è il tuo modo per dirmi che sono brutto? Non è molto carino farlo così... ho anche dei pregi sai?
    Anche se il tono non sembrava molto deluso, c'era comunque una traccia di tristezza nella sua voce. Sembrava proprio che per lui fosse normale quella condizione, e se aveva subito una maledizione o chissà cosa, non lo sapeva. A quel punto le sue dita sfiorarono il reggiseno della ragazza e, memore della precedente esperienza, esito: decise di formulare la frase come Barghest gli aveva appena insegnato, così da non attirare la sue ire.
    Vorrei farti una richiesta: posso slacciare il reggiseno? Mi ostacola e non posso completare l'opera come si deve. Te lo riaggancerò subito appena avrò finito e non toccherò niente che non siano i muscoli della tua schiena... anche perché non posso distrarmi: sei un disastro, da quanto tempo non ti riposi come si deve...?
    Nell'ultima frase, una nota di rimprovero e di apprensione. Non proseguì con la sua opera, tenendo le mani alzate per farle capire di nuovo che non avrebbe agito contro la sua volontà, e che avrebbe aspettato una sua risposta prima di andare avanti o farsi da parte.
     
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    Il tocco del ragazzo l' avrebbe sorpresa, era incredibilmente più bravo di quanto si aspettasse. Mani esperte sembravano carezzarle la pelle, percorrerne i solchi con la giuste dose di forza per scioglierne la tensione, senza mai rivelarsi doloroso o fastidioso, anzi generando subito una sensazione di totale relax. Come diamine ci riusciva ? Era davvero un esperto o era tutto frutto della pratica ? Forse non era affatto una bugia che in passato, avesse già offerto massaggi in cambio di ospitalità.
    Non intendevo offenderti. Mi chiedevo perché il tuo corpo fosse così diverso dal mio. Sembra che ti sia successo qualcosa di brutto.
    Si sarebbe immediatamente morsa la lingua per l' infelice scelta di parole, se non voleva che si indagasse troppo nei dettagli nel suo passato, non aveva alcun diritto per chiedere ad uno appena conosciuto di rivelarle il suo, anche se la stava servendo meglio che in una Spa.
    No cioè...non intendevo che fossi brutto, ecco...oh diamine !
    Avrebbe affondato ancora di più il volto tra le braccia e le coperte, per nascondere la sua espressione vagamente imbarazzata. Perché diamine si stava preoccupando così tanto di non offendere un semplice servo ? Provava forse pena per lui ?
    Fa pure. Avrebbe concesso senza rivolgergli uno sguardo, quasi per scusarsi dei suoi modi bruschi. Le piaceva il suo modo di fare professionale, nel suo tocco e nel suo odore non avvertiva alcuna traccia di lussuria, agiva in maniera precisa, quasi clinica, mentre a lei piaceva mettere in mostra il suo corpo splendido. Slacciarle il reggiseno avrebbe allentato la tensione sul suo petto e le sue spalle, facendola rilassare ulteriormente, al punto che avrebbe quasi socchiuso gli occhi. Doveva stare attenta a non addormentarsi, non voleva far risvegliare Alice in una situazione del genere.
    Sai Nemo, conosco solo due generi di persone così abili nel maneggiare un corpo. Chi sa lenire il dolore...e chi ama infliggerlo.
     
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    L'espressione di Nemo mentre Barghest finiva così tanto in difficoltà si fece curiosa: fino a un attimo prima avrebbe potuto strappargli palle e gola in un solo colpo nello stesso istante solo per aver provato a leggere le sue cose intime, mentre adesso sembrava pronta ad arrossire per aver detto qualcosa di troppo ad un ragazzo che aveva appena conosciuto. Forse in qualche modo era riuscito a rendersi abbastanza interessante da farle importare cosa diceva così da non indispettirselo? Dopotutto erano simili in quella situazione... anche lei non aveva nessuno con cui stare, e senza Nemo poteva solo abbandonarsi alla solitudine nell'attesa che Alice prendesse il suo posto. Questo il ragazzo non lo poteva sapere, per questo si domandava perché quella ragazza fosse tanto scontrosa, e al tempo stesso così premurosa. Per lui però, che era sempre stato così, non avevano molto senso quelle parole e le interpretò solo come un goffo tentativo di scusarsi, quindi non volle accusarla oltre e per rimetterla a suo agio rimase zitto, continuando il suo lavoro e restando concentrato su ciò che doveva fare. Avevano stipulato un patto, dopotutto, il resto aveva poca priorità. Slacciò il reggiseno di Barghest con una certa perizia, facendo attenzione a non farlo saltare via per la pressione esercitata dal suo prosperoso seno. Prima le scoprì la schiena e poi abbassò le bretelle sulle spalle, senza scansarlo come promesso, per poi riprendere il suo lavoro con altrettanta dedizione. Le sue mani erano diventate più calde, segno che quello che faceva non gli era del tutto indifferente, ma mantenne il respiro costante, l'attenzione alta e nessun pensiero malizioso gli attraversò la mente, solo una più che comprensibile ammirazione per il fascino unico della bionda. Ancora una volta Barghest gli fece una domanda che sembrava volerlo interrogare mentre insinuava qualcosa, ma anche in questo caso Nemo fu genuino, interpretandolo come un modo per conoscerlo meglio. Accompagnò la sua risposta con movimenti più accorti e decisi, come a dirle che non aveva niente da nascondere e che quello che faceva, lo faceva con piacere.
    Ho un talento naturale per la fisionomia delle persone... ma non so se mi piace sempre. Ho dovuto fare massaggi anche a energumeni molto poco affascinanti, e a quelli piace quando sciogli i piedi che... brrrr.
    Un brivido gli attraversò la schiena come se stesse rievocando un ricordo tragicomico. Poi iniziò a spingere i pollici verso la parte bassa della colonna vertebrale, la stava davvero rimettendo al mondo e dava quasi l'idea che le stesse ricostruendo la schiena pezzo per pezzo.
    Però con te è piacevole, si vede che hai cura del tuo corpo, lo tratti come se fosse un amico prezioso e pochi lo fanno. Purtroppo non ho unguenti per completare l'opera come si deve ma se vorrai di nuovo il mio aiuto sarò felice di barattarlo con una notte di sonno al caldo.
    Quando ebbe finito, rimase con le mani sollevate per qualche secondo: primo per dare il tempo a Barghest di abituarsi al toccasana ricevuto, secondo per notare altri movimenti sospetti che avrebbe dovuto correggere. Come promesso, le afferrò di nuovo con grande attenzione il reggiseno per poterglielo riagganciare senza perdere troppo tempo. Dopodiché si sarebbe tolto dalla posizione sopra a Barghest per sedersi a gambe conserte di fianco a lei, fissandola con impazienza come se stesse aspettando il suo giudizio su quell'operato meticoloso.
     
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