La donna, il sogno, il grande incubo

x Poison

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    Un umana ?! Che carina! Che carina!Che carina!Che carina!Che carina!Che carina!Che carina!Che carina!Che carina!Che carina!
    La piccola Fae continuava a svolazzarle intorno, rapida come un colibrì, toccandola in vari punti del corpo,sfiorandole i lunghi capelli biondi come una folata di brezza leggera, appena percettibile quanto la sua voce. Sembrava un sussurro proveniente da molte direzioni o da nessuna, come il ronzio delle ali di un colibrì perlappunto, o uno sciame di moscerini.
    L' ho vista prima io. E' mia. Mia, mia, solo mia !
    Un altra fae sarebbe apparsa, sembrava vagamente più distinta e meno selvaggia della precedente, elegante come la fiammella di una candela che danza nel vento senza spegnersi. Poi apparve una terza, una quarta, una decima, una centesima Fae. Erano tante, troppe. Così minuscole, eppure una presenza soverchiante. Avrebbero iniziato a toccarla ovunque, commentando con interesse il suo corpo molto più sviluppato di una preadolescente, desiderandolo, contendendolo, sino al punto da litigarselo con animosità. Non poteva fare altro che assistere, inerme , impotente.
    SPLORCH!
    Un rumore disgustoso ed osceno di ali strappate via, brutalmente, senza alcuna traccia di pietà. Uno schizzo di sangue semitrasparente sul volto, simile a linfa. Sangue così simile al suo.
    No!No!Noooooo! Non voglio morire ! Non voglio morire ! Non voglio ricominciare di nuovo !
    Aveva paura. Tanta, troppa paura. Non avrebbe mai potuto affrontare tutto questo. Non da sola.
    Ho bisogno di te. Devi diventare la più forte. La più forte di tutti.
    Ora si trovava davanti al trono, indecisa se inginocchiarsi o rimanere in piedi con la testa bassa, a tormentarsi le mani. Non capiva quella richiesta. Non sapeva ancora che non lo era affatto, si trattava di un ordine, e gli ordini di sua madre erano assoluti. Ma quella non era sua madre. La sua vera madre era morta da tempo e per lei non ci sarebbe stato ritorno.
    Io diventerò la più forte di tutti. Per Alice.

    A volte, quando "dormiva", ossia lasciava a Barghest il controllo, le capitava di sognare. Era un vero e proprio delirio onirico distaccato dal tempo, come ogni sogno che si rispetti, quasi un paradosso. Ricordava quella situazione, solo che l' aveva affrontata in modo diverso. O forse no ? Aveva avuto successo o aveva fallito ? A volte nei sogni moriva, eppure successivamente era sempre lì, più viva che mai. Perché ? Spesso i suoi sogni si mischiavano con i ricordi della sua Socia. Poteva vedere se stessa reagire, interagire, sbagliare. Eppure non poteva mai intervenire, come se qualunque fosse stata la sua scelta, il suo destino fosse già stabilito ed indirizzato in binari inderagliabili.
    Il tocco di Nemo era stato abile, sapiente, ma decisamente troppo rilassante, Barghest avrebbe riposato gli occhi per qualche secondo di troppo, stanca, stressata dalla sua situazione in bilico, come se non vedesse l' ora di concedersi un po' di pace. Ancora una volta era stata imprudente, aveva commesso un altro errore, anche se sapeva che stavolta non ci sarebbe stata alcuna possibilità di "correggerli" e riprovare.
    Finito il massaggio, la ragazza avrebbe emesso un lunghissimo sbadiglio, stiracchiandosi senza pudore, come faceva nella sua vecchia casa. Solo che si trovava in una stanza sconosciuta, in un letto che non era il suo ed in compagnia di un ragazzo che non aveva mai visto prima seduto vicino a lei. Due enormi occhi da bambina avrebbero squadrato Nemo da capo a piedi, uno di un azzurro puro come il cielo terso, mentre quello rosso, che sino a poco prima sembrava brillare di una fiamma fiera, ora appariva completamente spento e sopito. Abbassando lo sguardo, si sarebbe presto resa conto di essere seminuda, era in effetti scalza ed indossava solo jeans e reggiseno.

    KYAAAAAAAAAAAAAHHHHHHH!
    Alice sarebbe immediatamente arrossita come un peperone, manifestando imbarazzo con un isteria impensabile sino a poco prima. Si sarebbe immediatamente fatta indietro, tirando le lenzuola con una forza ed una foga sufficiente a sbalzare via il ragazzo, nel tentativo di usarle per coprirsi. Non l' avrebbe fatto con l' intento di fargli del male, sembrava non rendersi conto della sua stessa potenza.
    C-chi sei ? C-cosa mi stavi f-facendo ? Guarda che ho un cuscino e non ho paura di usarlo !
    In effetti, era stata abbastanza pronta da afferrare il primo oggetto capitatole tra le mani, per quanto soffice potesse essere, e l' avrebbe tirato senza alcuna pietà verso il bersaglio. Mancandolo.
     
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    L'improvviso cambio di personalità di Barghest lasciò Nemo sorpreso e con gli occhi sbarrati: non capì subito cosa stava succedendo e il grido della ragazza per un istante lo fece nascondere dietro le sue braccia alte, pronto a supplicare pietà, timoroso di aver sbagliato qualcosa che stava per costargli di nuovo la vita o le palle. O entrambe. Si preparò ad invocare il suo nome e rispondere frettolosamente col proprio, forse pensando ad una scusa per fargli del male, ma Nemo era davvero un attentissimo osservatore e non gli sfuggì neanche un dettaglio: gli occhi lo guardavano in modo diverso, i muscoli erano contriti ma nella maniera sbagliata, le dita di quella ragazza non si muovevano con l'efficienza e la perizia con la quale lo aveva sottomesso prima, e anche quando si ritrovò a cadere giù dal letto per via delle coperte tirate, queste ultime non sparirono per una chissà quale deliziosa tecnica ma per un uso smodato e improprio di una forza che non sapeva controllare. Si ritrovò a terra minacciato da un cuscino che lo mancò clamorosamente, un errore che di sicuro Barghest non avrebbe mai fatto, non rifugiandosi spaventata tra le coperte di quel letto come se fosse vittima di uno stupratore malintenzionato. Questo spiegava molte cose, e Nemo capì cosa la ragazza aveva cercato di fargli capire fino a quel momento, oltre che comprendere finalmente il ruolo che poteva avere il diario che non doveva aprire. Si calmò ma sollevò le mani restando immobile per non spaventarla oltre.
    Aspetta! Per favore, non voglio farti del male! Guarda...
    Si sollevò la manica sulla quale aveva scritto il nome della donna con cui aveva scritto un patto e glielo mostrò, facendole capire che conosceva "l'altra lei".
    Il mio nome è Nemo e vivo in questo Motel da quando sono piccolo. Tu sei... "voi" siete arrivate perché vi hanno sfrattate dalla vostra casa, e visto che piove ed è tardi vi hanno dato questa stanza. Di solito io dormo nelle stanze vuote, ma adesso il Motel è pieno e io non ho un posto dove stare... allora ti ho chiesto di farmi dormire qui in cambio della mia compagnia, e visto che il tuo corpo sembrava provato mi sono offerto di fare un massaggio... giuro non ho toccato nessuna parte del corpo sconveniente, sono uno che mantiene le promesse io!
    Ammesso e non concesso che Alice avesse avuto di troppe prove per fidarsi di lui, il fatto che si fosse dedicato ad un massaggio ricostituente e divino sarebbe stato percettibile anche da lei, che di sicuro aveva spesso a che fare con i postumi delle battaglie di Barghest e magari neanche sapeva perché le spalle non funzionavano più bene per un certo periodo. Nemo era stato così bravo da far addormentare Barghest e adesso Alice poteva godere dei frutti di quel capolavoro che era il suo massaggio. Il ragazzo sarebbe rimasto immobile fino a che Alice non si sarebbe fidato di lui, limitandosi a fissare di quando in quando il suo diario, un pò come se volesse invitarla a leggerlo. Non sapeva quanto avrebbe aiutato, ma se era così importante forse era una buona idea leggerlo.
     
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    Un-un massaggio ?
    Alice ci mise qualche istante per assorbire le parole del ragazzo, più un altro paio per comprenderne il significato, il tutto mentre se ne stava totalmente avvolta dalla testa ai piedi nelle coperte come se fossero una barriera inviolabile, lasciando un singolo occhio azzurro a sbirciare terrorizzato. Era tremendamente diversa dalla sua Socia, mentre Barghest pareva un mastino che diventava molto feroce quando si entrava nel suo territorio, Alice era come se fosse stata maltrattata da cucciola, diventando schiva e diffidente verso ogni contatto sconosciuto. Ci voleva un po' per guadagnarsi la sua fiducia, ma perlomeno Nemo non avrebbe rischiato nel farlo. Forse. Dopotutto c' era un altro cuscino. Sembrò agitarsi sotto le lenzuola, si poteva avvertire chiaramente il suono di pagine sfogliate velocemente sino ad arrivare alla situazione attuale. Parte del racconto del ragazzo coincideva con quello scritto sul Diario, anche se il resoconto si interrompeva a poco prima del loro incontro, dato che Barghest non aveva avuto ancora il tempo di aggiornarlo. Un piede nudo sarebbe sfuggito dalle coperte, lo avrebbe usato quasi come una mano per recuperare la penna caduta su un punto del materasso e portarla a sè nella protezione del lenzuolo, dopodichè avrebbe iniziato a scribacchiare anche lei qualcosa sulle pagine.
    Non...non sei il gigante con il sacco nero ? Uuuh forse no, sembri piccolino.
    Iniziava a sentirsi più rassicurata, anche se probabilmente non avrebbe concesso a Nemo di avvicinarsi troppo. Sembrava averle detto la verità comunque, sentiva il suo corpo più leggero e meno dolorante, in perfetta forma dopo tanti giorni. Non aveva più torcicollo e sentiva nuovamente le spalle a posto, perfettamente allineate. In più quel ragazzo si era appuntato il nome della sua Socia sul braccio, e quello le fece sorgere qualche domanda. Era forse uno smemorato ?
    Gli amici della mia Socia sono i miei amici. Io mi chiamo Alice. E' corto, più facile da ricordare.
    Finalmente sarebbe tornata a scoprire il viso, anche se col lenzuolo che la circondava continuava a sembrare una pellegrina dispersa in un viaggio senza meta, che cerca di proteggersi dalle intemperie. Avrebbe comunque lanciato la penna ai piedi di Nemo, un piccolo gesto di ingenua cortesia, nel caso il ragazzo si fosse voluto appuntare anche il suo.
    Non...non avresti qualcosa per coprirmi ?
     
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    Nemo rimase a fissarla con le mani alzate, senza dirle nulla né metterle fretta, ma fissandola curioso per cercare di capire DAVVERO cosa stava succedendo, e con cosa aveva a che fare. Sentirsi chiamare "gigante col sacco" lo confuse abbastanza da fargli piegare le palpebre: forse oltre a non essere minacciosa come Barghest la sua "socia" era anche un pò tonta...? Se non altro riuscì a fare breccia in quel fortino di lenzuola e diffidenza, spingendola a dire il suo nome che Alice ebbe la premura di sottolineare quanto fosse corto e facile da ricordare. La cosa strappò un sorriso divertito al ragazzo, che rispose quasi rispondendo tra sé e sé.
    Sì questo è facile, mi ricorda una delle storie che conosco...
    Si senti abbastanza tranquillo da poter abbassare le braccia mentre la bionda sbucava fuori dalle coperte con l'aria di chi aveva ancora una discreta diffidenza da dissipare, ma se non altro aveva capito che Nemo non aveva brutte intenzioni. gli chiese se non avesse qualcosa da metterle addosso visto che probabilmente si sentiva a disagio a starsene solo col reggiseno, ma dopo una rapida occhiata alla stanza Nemo constatò che lui di certo non aveva portato niente e Barghest aveva viaggiato decisamente leggero. Forse poteva frugare in giro ma l'ultima volta che aveva allungato le mani non era finita benissimo quindi non se la sentì di rischiare. Non sapeva se era una buona idea ma, dopo aver fatto spallucce, il ragazzo si tolse la giacchetta bianca che portava e la avvicinò ad Alice rimanendo a distanza. Se avesse voluto accettarla, le sarebbe bastato allungare una mano per prenderla, Nemo però non si avvicinò non perché avesse paura ma perché non voleva metterla a disagio, dal suo sguardo si capiva che era tranquillo: sotto la giacca indossava una di quelle magliette leggere che spesso venivano usate per gli allenamenti: spalle scoperte ma strette intorno alle braccia, colletto rialzato che nascondeva metà della sua gola, tinta scura e finitura aderente che metteva in mostra un fisico piuttosto discreto per uno che somigliava ad un ragazzino. Le braccia pallide anche uscivano da quelle maniche strette mantenevano la sua aria inquietante ma come aveva adocchiato Barghest sembravano più una maledizione che non una scelta felice del loro proprietario.
    Mi va leggermente larga sulle spalle, quindi forse calzerà larga anche a te, probabilmente ti stringerà sul petto ma non ho nient'altro qui...
    Se l'avesse accettata, Alice avrebbe effettivamente sentito le spalle di quella giacca starle leggermente più larghe, ovviamente avrebbe contenuto con difficoltà il suo prosperoso seno ma se non altro sarebbe stata molto più coperta. Inoltre al posto di fragili bottoni c'era una zip in metallo parecchio resistente, che forse non sarebbe arrivata fino al collo ma di sicuro avrebbe retto anche i suoi guizzi più vigorosi. Un offerta di pace da parte di Nemo, non un granché ma senz'altro la dimostrazione che era un bravo ragazzo.
    Scusami... se non ho capito male tu e Barghest non siete la stessa persona, e io ho stretto un accordo con lei. Forse non è giusto che io rimanga qui...
    L'idea di dormire dentro a uno dei bagni comuni non era esaltante ma non poteva di certo obbligare una ragazza che sembrava tanto in difficoltà a stare in sua compagnia, dopotutto anche Barghest aveva sottolineato un paio di volte quanto fosse strano il povero Nemo, quindi era sua intenzione non creare problemi.
     
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    Anche se avesse avuto qualche osservazione da fare sul suo aspetto, Alice era troppo timida per esternarla e rischiare di offendere il ragazzo. Guardò comunque con una certa curiosità le braccia pallide del ragazzo ed il contrasto scuro delle sue vene, il poverino aveva decisamente bisogno di un po' di sole. Probabilmente non usciva mai da dentro il motel, non sapeva se per scelta o perché non se lo potesse permettere. Avrebbe voluto chiederglielo, ma non voleva toccare i tasti sbagliati o sottolineare quanto fosse povero, dopotutto anche lei stava li dentro gratis, ed aveva appena accettato un dono del ragazzo. Sempre avvolta dalle coperte si sarebbe seduta sul lato opposto del letto, dandogli momentaneamente le spalle.
    Ne-Nemo giusto ? Anche il tuo è facile e mi ricorda una storia. Avrebbe detto mentre armeggiava con la sua giacchetta sotto le lenzuola. Proabilmente si riferiva a qualche favoletta per bambini, non era molto brava a leggere. Nemo comunque aveva ragione, la giacchetta le calzava a pennello sulle spalle e sulle braccia, decisamente meno sul seno, infatti ebbe non poche difficoltà e ci mise svariati tentativi a tirare su la zip, rinunciando definitivamente a chiuderla sino al colletto e lasciando scoperta una piccola scollatura, non era vergognosa come prima e poteva accettarla senza imbarazzo.
    Barghest dice che abbiamo una società e che le scelte di una, influiscano sull' altra credo. Siamo soci al 50 % qualunque cosa voglia dire. Con la matematica faccio schifo...
    Si sarebbe interrotta, improvvisamente allarmata. Passi frettolosi e pesanti di piedi nudi sulla moquette, e Nemo si sarebbe improvvisamente visto afferrare per il braccio da Alice, non con forza, non in maniera minacciosa. Bastava uno sguardo al suo volto per capire che era spaventata.
    N-no ! Non voglio stare da sola quì ! Questo posto non mi piace.
    Ad un attento osservatore come lui, non sarebbe sfuggito che la ragazza aveva la pelle d' oca, non sapeva dire il perché ma quel motel le dava una sensazione negativa, il suo istinto di sopravvivenza non era granché ma a volte le dava segnali che era meglio ascoltare.
    Puoi...puoi fare un accordo anche con me. Se mi fai compagnia io in cambio, ecco...so fare i pancakes ! Solo quelli però, il resto lo brucio.
    E probabilmente ne stava mangiando troppi ultimamente. Le sembrava quasi di vedere le truppe cammellate della sua adipe, schierarsi sui suoi fianchi e le sue cosce, pronte alla reconquista.
    'Mo ce ripigliamm' tutt' chell che è 'o nuost'. Si, ultimamente era ingrassata.
     
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    Le stava bene, la sua giacca, forse non calzava benissimo ma di sicuro era un bel modo per nascondere e al tempo stesso mettere in evidenza le sue forme. Quel pensiero non uscì mai dalla bocca di Nemo però, perché capì quanto Alice fosse imbarazzata in confronto a Barghest, e di sicuro anche spaventata: mentre lo stringeva, le sue mani quasi tremavano. Era certo di aver sentito le pagine del diario mentre se ne stava nascosta tra le lenzuola, quindi era così che comunicavano lei e Barghest? Non si incontravano mai, erano semplicemente due persone diverse intrappolate nello stesso corpo, e avevano trovato un modo per convivere. Era una storia affascinante e... al tempo stesso molto inquietante. Altro pensiero che Nemo non si lasciò sfuggire. Cercò di contenere la sua felicità quando Alice gli chiese di stringere un accordo anche con lui e per un istante pensò che forse avrebbe anche potuto approfittarsene. Ma il suo istinto prese il sopravvento e dopo aver portato una mano su quella di Alice per tranquillizzarla, le sorrise facendole capire che aveva intenzione di restare.
    Mi piacerebbe assaggiare i tuoi pancakes ma temo che non abbiamo gli ingredienti qui... però non serve, ti farò compagnia. Neanche a me piace stare da solo. Se posso chiederti qualcosa in cambio però...
    No, non ne stava approfittando, semplicemente voleva cogliere il meglio da quella situazione, quindi abbassò il capo e si grattò la nuca per dare l'idea di averci pensato un pò su, ma sapeva esattamente cosa dire.
    Vorrei solo dormire nel letto, se ti imbarazza posso stare anche sopra alle coperte così non ci tocchiamo. Il pavimento diventa molto... molto freddo durante la notte, e quando sogno ho la sensazione di poterci sprofondare dentro. Un letto morbido è meglio e poi... non ho ancora mantenuto la mia parte del patto con Barghest. Vorrei essere qui quando tornerà.
    Era sicuramente un ragazzo onesto dopotutto, inquietante, misterioso e certamente con tanti segreti sulle spalle, ma non aveva cattive intenzioni e sembrava essersi spontaneamente affezionato a quelle due, forse perché in fondo erano simili: abbandonati, soli, confinati in un luogo buio, spaventoso e probabilmente con poche vie d'uscita. Non perché non potessero scappare ma perché semplicemente... dove altro sarebbero andati? Con quelle parole, Nemo sembrava volerle far capire che l'ora tarda stava provando la sua stanchezza e nonostante il massaggio forse valeva lo stesso anche per Alice. Magari non avrebbe preso sonno ma di sicuro aveva bisogno di riposare, e se quello che diceva Nemo aveva un fondo di verità, Dio solo sa cosa succede in quel posto quando il pavimento diventa così molle da poterci sprofondare dentro. Quella sarebbe stata una notte interessante, sia per Alice che per Barghest. Forse la cosa migliore che potevano fare entrambe era lasciarsi fare compagnia da una persona che nulla voleva se non un rifugio.
     
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    Alice avrebbe annuito convinta, estremamente contenta di averlo così facilmente convinto a non lasciarla sola. In lui non avvertiva pericolo, anzi iniziava a starle simpatico con quei modi gentili e cortesi. Con ogni probabilità anche Barghest pensava la stessa cosa di lui e come già detto, gli amici della sua Socia erano anche amici suoi. Decise comunque di chiederglielo, ricominciando a scribacchiare sul Diario, notando solo ora quanto Nemo ne sembrasse incuriosito. Forse c' era un modo per ricambiare la sua gentilezza a parte il cibo ed un posto per dormire.
    Io e Barghest non ci possiamo incontrare, quindi usiamo questo Diario. Mi piace molto poter parlare con lei, è un sacco intelligente sai ?
    Gli occhi di Alice, brillavano sempre di sincera ammirazione quando parlava della sua Socia. Nel mentre avrebbe voltato il Diario, mostrando a Nemo il contenuto delle pagine. Sembrava a tutti gli effetti un normale Diario, solo che era scritto a due mani. La grafia di Barghest era elegante, netta, decisa, così come i suoi resoconti degli ultimi avvenimenti. Sembrava una che non amava menare il can per l' aia, andava spesso dritta al punto senza fronzoli. Alice invece scriveva decisamente in maniera pessima, divagava, aggiungeva parecchie impressioni personali e spesso scriveva le prime cose che le passavano per la testa. Le ultime righe spiegavano con larghi giri di parole l' incontro e l' accordo che Alice aveva preso con Nemo, oltre ad alcuni commenti su quanto gli avrebbe fatto bene stare di più all' aria aperta e mangiare di più.
    Il letto era abbastanza grande per accoglierli entrambi, senza che stessero troppo vicini, il lato occupato da Alice sarebbe sprofondato decisamente più di quello di Nemo, dato il suo peso massiccio, ma il ragazzo non aveva mentito, era decisamente un materasso comodo. Non sembrava farsi troppi problemi a dividerlo con lui ora che non lo considerava una minaccia, era una ragazza decisamente priva di malizia, e probabilmente molti sfruttavano la sua ingenuità per aprofittarsi di lei. Poi toccava sempre a Barghest rompere le eventuali ossa, e questo in parte giustificava la sua natura, diffidente e scontrosa. Si sentiva stanca, ma non riusciva mai a prendere sonno troppo in fretta, non c' era la tv e trovava maleducato isolarsi al telefono in presenza di un ospite, decise quindi di raccontare qualcosa di sè, a luci spente per sentirsi di più a suo agio.

    Mia madre mi ha chiamato Alice, perché sperava che visitassi un sacco di posti fantastici e mi facessi tantissimi amici. Purtroppo, come nella fiaba, i miei amici erano tutti immaginari, ed i posti che ho visto...non erano belli come speravo. Un velo di tristezza la copriva sempre, quando ripensava a quell' inferno in terra che era stato per lei il Regno dei Fae. Cercò di non pensarci, non voleva rovinare l' umore anche a Nemo. Le cose però sono cambiate da quando sono arrivata quì. Ho iniziato a visitare posti bellissimi come le gelaterie, ho iniziato a farmi qualche amico vero, tutto grazie alla mia Socia.
    Alice era loquace quanto una montagna, nel senso che quando iniziava a franare era molto difficile arrestarla. Avrebbe continuato a parlare e parlare, dei suoi hobby, di quel che le piaceva e la terrorizzava, discorsi talmente ameni, noiosi e privi d' importanza che non facevano altro che conciliare il sonno. Probabilmente Nemo si sarebbe presto addormentato, e lo stesso stava succedendo a lei. Le palpebre erano sempre più pesanti, ed il buio ed il silenzio di quel motel avrebbero immediatamente fatto il resto.


    Come in precedenza, il cambio sarebbe stato praticamente immediato. Un attimo prima era Alice, il secondo dopo l' occhio rosso di Barghest avrebbe ripreso a fiammeggiare nel buio.
    Ma cos...
    I suoi sensi attenti avrebbero subito riconosciuto la figura di Nemo nell' oscurità, steso nel letto di fianco a lei. La prima tentazione sarebbe stata di dargli una spinta e buttarlo giù, ma si rese conto che stava indossando la sua felpa. Aveva incontrato Alice ? Cosa era successo fra loro ? Avrebbe immediatamente consultato il Diario, un gesto abituale quando era in cerca di risposte. Non aveva bisogno di accendere la luce, le parole scritte su quelle pagine sembravano brillare di un bagliore tenue, non sufficiente a rischiarare il buio, ma abbastanza da permetterne la lettura. Non sembrava un effetto legato all' inchiosto usato o ad una penna particolare, era una capacità del Diario stesso.
    Bah, che scema.
    Avrebbe borbottato tra se e se. Non aveva il cuore per infrangere una promessa di Alice, e dopotutto anche lei aveva stretto un accordo con quel ragazzo ed il massaggio era stato fenomenale. Decise di lasciarlo stare e farlo dormire in pace. Sarebbe quindi scesa dal letto, cercando di farlo il più silenziosamente possibile, con l' intenzione di andare in bagno a darsi una rinfrescata.
     
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    Nemo non rifiutò l'invito di Alice e anche se temeva di non resistere alla tentazione di stringersi al suo bel corpo per dormire, si sdraiò di fianco a lei restando in silenzio per sentire le sue chiacchiere. Ne fu abbastanza trasportato ma durò poco, forse perché stanco, forse perché annoiato, si unì ben presto al sonno con la ragazza. Appena Barghest riprese il controllo ed ebbe controllato il diario, una strana sensazione s'impadronì di lei: il buio di quel posto sembrava irreale, artificiale, e per quanto Nemo dormisse tranquillo con le mani che si piegavano sul cuscino come se stesse palpando un paio di morbide tette, il suo corpo rimaneva piegato in una posizione quasi fetale, e ogni tanto le sue spalle tremavano. Camminando, avrebbe avuto la sensazione di non trovarsi più sulla moquette, ma sul terreno bagnato. No, non bagnato come quando piove d'estate e infili le dita dei piedi umide nei ciuffi d'erba. Bagnato come quando in un campo di battaglia hai versato così tanto sangue che perfino gli alberi sembrano nutrirsene, e i piedi quasi rimangono incollati al terreno neanche ci fosse qualche anima all'inferno che prova a trascinarti giù. Cercò di andare verso il bagno ma appena passò davanti all'uscio della sua stanza, lo vide. Nonostante il buio, il pallore della pelle di quell'uomo sembrava quasi emettere una leggera fluorescenza. Per Barghest non doveva essere così facile trovare qualcuno più alto e massiccio di lei, che fosse capace di farla sentire una persona minuta, o anche solo piccola. Eppure di sicuro quella figura, che a stento entrava negli stipiti della porta, ci sarebbe riuscito facilmente. La porta non sembrava forzata, ma per essere precisi non sembrava neanche esserci una porta, come se tra di loro non ci fosse neanche un singolo passaggio, un ostacolo, un velo. Non c'era niente, poteva vederla al naturale, e la fissava con quegli occhi mostruosi. Erano mossi da una luce tetra, come un cosmo solitario con stelle così distanti e morenti che a malapena risultano visibili, vivide, numerosissime, ma destinate ad essere divorate da qualcosa di perverso e folle. Le lunghe ciocche di capelli bianche organizzate in trecce simili a corde culminavano in ganci che ricordavano la caricatura di un macellaio e ricadevano lentamente sulla giacca nera inquietante che indossava come la divisa di un alto ufficiale delle SS.
    Ahn... che piacere trovarti sveglia.
    Quando aprì la bocca per parlare, il sospiro intrigato che uscì fuori somigliò ad una nube di fumo, una fiamma lentissima, verde, pesante come una ciminiera, che per un istante avvolse la sua faccia completamente dandogli un'aria spettrale. Il fumo filtrò dai tagli sulle sue guance, tenuti assieme solo da dei piercing argentati che poco servivano a quello scopo. Il sorriso che allargò a quel punto fu forse più inquietante dei suoi stessi occhi, ma se ancora nulla di quello che si era palesato davanti a lei l'aveva inquietata, di sicuro Barghest non sarebbe rimasta indifferente alle mani di quell'uomo mostruoso e gigantesco: nella destra un falcetto, affilato come un rasoio, strumento di morte e di tortura, mentre nell'altra c'era qualcosa di assai peggiore. Una lanterna, accesa di quel fumo verde e inquietante che non somigliava affatto a qualcosa nato per illuminare. Le fiamme al suo interno si muovevano come cadaveri contorti, e si agitavano come corpi intrappolati in un'orgia perversa fatta di dolore e piacere. Per un istante, Barghest avrebbe potuto sentire i suoni delle loro grida, che le avrebbero lacerato i pensieri come grida uscite direttamente dall'inferno. le mani dell'uomo si strinsero sulle sue armi e il corpo perfetto ed enorme si tese, mettendo in mostra i suoi muscoli. Stava per attaccare, e Barghest si sarebbe presto resa conto che le sue gambe si muovevano come nella melassa, mentre i suoi pensieri si lasciavano disturbare fin troppo facilmente dalle grida di quella lanterna.
    Vengo a prendervi...
     
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    Quando finalmente iniziava a sentirsi al sicuro, quando finalmente poteva rilassarsi un pochino, il mondo le sarebbe crollato sotto i piedi, assieme ad ogni sua certezza. Per esempio la certezza che quel posto fosse solo un po' strano e non un antro infernale vomitato dal suo passato, eppure stavolta era pure peggio. Pensava di aver già visto abbastanza cose orribili, di averne fatto il pieno per un paio di esistenze, ma la vita riesce sempre a sorprenderti nel peggiore dei modi. Quel buio non era normale, quel pavimento non era normale, tutto sembrava essere diventato privo di senso, riplasmato, in maniera contorta, differente, crudele.
    Ma cosa ?
    Ogni domanda sembrava morirle in gola, mentre tutti i suoi sensi gridavano all' unisono la parola "pericolo". Aveva affrontato tanti campi di battaglia, era stata immersa nel sangue sino alle caviglie, eppure aveva sempre avuto la sicurezza di farlo con uno scopo a guidarla, un altra certezza che ora stava scemando rapidamente. Sembrava un luogo preposto alla strage fine a se stessa, alla pura crudeltà, all' agonia ed alla sofferenza, come un labirinto progettato senza alcuna via d' uscita ed un filo d' Arianna che ti avrebbe unicamente guidato verso altro dolore. Poi lo vide.
    Sembrava uno spettro vomitato dai peggiori incubi, così alto e grosso da far sentire persino lei inerme e debole, la pelle che brillava ad una fluorescenza che non era dovuta alla luce, sembrava anzi riflettere l' oscurità. Avrebbe voluto urlargli contro, chiederli chi era, ma dalla bocca non le sarebbe uscito alcun fiato, come se temesse che quell' uomo potesse rubarglielo. Era armato e lei no, ma non era tanto il falcetto a preoccuparla, quanto quello che stringeva nell' altra mano : una Lanterna che sembrava emanare dei vapori mefitici, emessi da quelle che solo all' apparenza sembravano fiamme. Guardandola troppo a lungo ebbe la sensazione che ci sarebbe potuta cadere dentro. Si sarebbe fatta indietro istintivamente, ma le sue gambe non sembravano risponderle come sempre. Provava una sensazione mai percepita prima percorrerle la spina dorsale, inizialmente non riusciva a capirla, non sembrava frutto del suo cervello, ma qualcosa insito nelle sue membra e nel suo istinto : Paura. Non per Nemo, non per Alice, ma per se stessa, per Barghest. Non voleva combattere, non voleva difendersi, voleva solo fuggire.
    Il suo corpo l' avrebbe tradita, provando a voltarsi sarebbe inevitabilmente caduta sul pavimento bagnato, ma avrebbe comunque provato ad allontanarsi da quella figura, muovendosi a gattoni, come un neonato ancora troppo debole per camminare. Nel sorriso di quell' essere c' era gioia, ma nella maniera più sbagliata possibile. Un altra certezza spazzata via, pensava che non avrebbe mai potuto provare terrore in vita sua.
    La sua fuga avrebbe avuto vita breve, le sarebbe sembrato di urtare contro una parete o qualcosa di simile, non sapeva dire se reale o no. Aveva perso ogni senso dell' orientamento, non sapeva più dove si trovava il letto, il bagno o la porta d' uscita da quella stanza. Sapeva solo dove si trovava Lui. Si sarebbe ritrovata seduta in terra, incapace di arretrare o avanzare, poteva solo guardarlo avvicinarsi, mentre le urla di quella Lanterna si facevano sempre più forti, le entravano nella testa e sembravano volerla invitare ad unirsi al coro. Non riusciva a concentrarsi su altro, anche se provava a richiamare i suoi poteri, le schegge dell' armatura sembravano non volersi mai unire tra loro, rimanendo perlappunto briciole, come se farlo si fosse rivelato inutile, come se non fosse altro che una protezione di cartapesta di fronte a quello che stava per affrontare.
    "Muoviti muoviti muoviti muoviti muoviti muoviti muoviti muoviti muoviti muoviti muoviti muoviti muoviti !" Poteva solo implorare mentalmente il suo corpo di risponderle e reagire, il suo respiro era troppo rapido ed affannato dall' iperventilazione per produrre qualunque suono diverso da un urlo.
     
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    Più lei si allontanava, più quell'inquietante risata diventava vicina. I suoi passi, la sua mole, i suoni prodotti dalle catene che portava addosso, non erano niente in confronto al rumore di quella risata che pareva averla già afferrata, avvolta in una spira, intrappolata dentro le fauci di un mostro perverso che la assaporava bene con la lingua prima di schiacciarla tra i denti e mandarla giù in un sol boccone. Quando fu a terra e inerme, Barghest sentì chiaramente delle grosse catene metalliche nere come la pece fiondarsi su di lei, afferrandola un arto alla volta, uno per uno. Quando la stringevano, quelle catene non sembravano affatto dei meri strumenti di tortura: poteva a malapena percepire un vago bagliore verdastro che ricordava l'aspetto di un tentacolo, come se le catene non fossero altro che lo scheletro di una creatura invisibile che si stava avvolgendo a lei. Le braccia si innalzarono mentre le gambe si strinsero tra di loro, ricordava una figura crocefissa ma perfino il padre eterno sarebbe apparso meno sofferente di lei in quel momento. L'uomo inquietante si avvicinò a lei mentre Barghest saliva, restando inerme di fronte a lui, provando ad attivare il suo potere e in parte riuscendoci, ma con un risultato che sfiorava il patetico, tanto che non riuscì nemmeno a strapparsi di dosso la giacca di Nemo.
    Ti ringrazio, di solito le mie entrate in scena sono molto più deludenti, ma tu sei un pubblico eccezionale, sono quasi commosso...
    La sua voce profonda, cavernosa, gutturale, dava l'idea di voler assumere un aspetto più sciocco e frivolo, ma quella caverna oscura sembrava la tana di un mostro più che materiale da cabaret, chiunque avrebbe sentito il suo sangue raggelarsi di fronte ad un suono tanto sinistro. Il potere di Barghest riuscì soltanto a rendere la sua pelle fibrosa, come se la figura della bionda fosse stata incisa in un albero. Nel vedere quel tentativo, L'uomo picchiettò la punta della sua falce sul petto di Barghest tentando di penetrarla, fallendo miseramente e restando in parte deluso. Non che si fosse impegnato molto, ma una pelle candida come quella di Barghest andava affettata con delizia e pazienza, non di certo tranciata con una motosega.
    Capisco, forse non ti va di parlare? Allora farò due chiacchiere con l'altra, se per te va bene...
    Dove la falce dell'uomo fallì, la sua lanterna ottenne un risultato spaventosamente diverso: la innalzò verso il petto di Barghest e appena il volto della giovane si riempì di quella luce tetra, subito il suo petto iniziò a spaccarsi come se fosse la delicata statua di un giardino preso sotto mira dai colpi di un servitore infelice. Sentì il petto dilaniarsi come s emani spettrali lo stessero spalancando con la forza, ma non versò una sola goccia di sangue. Una esperta della battaglia come lei avrebbe dovuto capire che quel dolore era psicologico, e non stava venendo inflitto direttamente a lei, ma alla sua anima. Il corpo legnoso si spalancò in due, e da Barghest uscì un cuore carnoso e pulsante, illuminato di un rosso vermiglio. Quel cuore però non aveva l'aspetto di un organo, ma le fattezze di Alice. Ovvio, il corpo era identico a quello di Barghest, ma lei era più minuta, delicata, dal volto dolce e innocente. I suoi occhi erano chiusi però, ancora del tutto in trance, sulla sua espressione era possibile leggere la sofferenza che stava condividendo con la sua socia, ma non si era svegliata, e finché quell'uomo inquietante la teneva in pugno, non lo avrebbe fatto. Ma ciò che attirava di più l'attenzione non era l'inquietante rappresentazione del cuore e dell'anima di Barghest... piuttosto, qualcosa di molto più diretto e vistoso.
    Oh... eccola qui. E' molto più bella di quanto immaginassi...
    No, non parlava di Alice, ma di quella zanna bestiale che se ne stava infilata nel suo petto, come un monito. Ritrovandosela davanti, l'uomo inquietante ebbe l'istinto di sfiorarla con le dita, ma si trattenne, mordendosi il labbro mentre con lo sguardo tornava su Barghest per vedere la sua reazione. Bloccata, messa a nudo in una maniera che nessuno aveva mai osato fare fino a quel momento, minacciata in una maniera che neanche riusciva a immaginare.
    Ti va di parlare adesso...?
     
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    Barghest stava imparando molte cose in poco tempo sul terrore, la prima era che non c'è via di fuga dalla paura, è un qualcosa che ti porti dentro, ti segue nei tuoi reconditi più intimi, e ti salta addosso quando meno te l' aspetti, proprio come quelle che sembravano catene. Avevano un qualcosa di vivo, non solo le davano un senso di prigionia, ma di rancore, come se fossero i servi condannati al giudizio da quella figura, costretti a cercare, trovare ed incatenare nel buio, nuove vittime per il suo piacere perverso. Come numerose mani, l' avrebbero afferrata, costretta ad alzarsi e piegarsi nella scomoda posizione della vittima sacrificale, quasi sperassero che offrire un nuovo obbiettivo al loro carceriere, avrebbe alleviato un poco la loro pena.
    Si ritrovò faccia a faccia con lui e non poteva fare altro che fissarlo, temeva che se avesse chiuso gli occhi anche solo per un istante, nuovi ganci e catene le avrebbero strappato via le palpebre. Giocava con lei, col suo potere, con la sua armatura, come se l' avesse potuta spezzare da un istante all' altro usando solo il mignolo. Ma non era quello che voleva, mirava ad altro. Qualche pensiero riuscì a farsi strada nella sua mente, attraverso la foschia delle numerose urla. L' altra ? Come sapeva di Alice ? Era stata spiata sino a quel momento ? Era finita in trappola dal momento che aveva messo piede in quel motel ? La vicinanza di quella mostruosa Lanterna spazzò via ogni sua pensiero, assieme ad ogni sua residua resistenza. Sentì un dolore tremendo, come se stesse venendo squarciata in due, ma non era una sensazione che proveniva dalle sue membra, il dolore sembrava provenirle proprio da dentro, dalla sua anima. Era incredibile quel che le stava succedendo, poteva vedere chiaramente la sua armatura spaccarsi, aprirsi, senza alcun bisogno che quell' essere muovesse un dito, ed il suo cuore uscire dall' incavo, quasi si stesse offrendo spontaneamente a lui.
    Il suo cuore, e quello di Alice.

    NO !
    Come il coraggio tende a risplendere nell' ora più buia, così sarebbero riemerse le parole, seguite da un letterale sputo in faccia a quell' essere orribile. Avrebbe voluto che tutta la sua bile e la sua saliva risultassero disgustosi, offensivi, ma in realtà erano dolci e profumavano dell' essenza stessa della natura.
    Non Alice, lei lasciala stare ! E' me che vuoi, prendi me !
    Non sapeva come uscire da quella situazione, ma il desiderio di proteggere Alice era riuscito a prevalere su tutto, facendole ritrovare le parole, il coraggio, l' odio. Eppure, ancora una volta si sarebbe sbagliata. Quell' essere non puntava a lei, non puntava alla sua compagna, ma a qualcosa di diverso e più profondo, quel che non avrebbe mai immaginato. Lui sapeva.
    Ma come ?
    Non c' era alcuna spiegazione razionale a quella domanda. Nessuno spionaggio, nessuna reazione profonda. Neanche Alice sapeva della Zanna, era qualcosa che teneva totalmente nascosto, sepolto, dimenticato, e sperava morto per sempre. Per qualche istante si sentì come paralizzata, impotente di fronte a quella parte di sè messa a nudo, neanche il suo corpo tremava più mentre quell' essere sfiorava la Zanna piantata nel suo cuore.
    GROWL !
    Sarebbe accaduto tutto in un attimo. I muscoli di Barghest sembravano essersi immediatamente gonfiati oltre il limite, le catene sarebbero state tese allo spasimo, emettendo lamenti metallici come se stessero per spezzarsi da un momento all' altro. Tutta la figura di Barghest avrebbe cercato di protendersi verso quell' uomo, entrambi i suoi occhi luminosi come carboni ardenti, feroci, pervasi di una furia indistinta verso la vita stessa. Nella bocca spalancata in un ringhio profondo, enorme, ferale, i denti sarebbero diventati enormi, appuntiti, ed avrebbero cercato di azzannare quell' essere alla gola.
     
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    L'uomo inquietante decise di lasciarla cuocere nel suo brodo, limitandosi a fissarla ghignante mentre lei annegava nel terrore, nella rabbia e nell'odio, e si rendeva conto di cosa aveva davanti. Una risatina malefica risaliva quella tana oscura che era la gola dell'uomo, e solo quando la sentì sbraitare decise che l'aveva lasciata abbastanza da sola col suo silenzio, e che forse meritava qualche risposta.
    Sai già che è te che voglio? Sei sveglia allora...
    Sfiorò troppo vicino quella zanna, perché per poco le sue catene non cedettero e le zanne di Barghest andarono vicinissime ad affondare nella gola di quell'uomo, come se volessero allargare quel solco pallido che la divideva perfettamente in due, come se fosse stato decapitato e riattaccato in malo modo da qualche pazzo scultore di cadaveri. Le catene però avevano retto, o meglio non avevano ceduto: Barghest non le stava davvero forzando, non ci sarebbe mai riuscita, semplicemente per un istante quell'istinto perverso di provare il dolore che solo un sentimento tanto puro poteva infliggergli aveva fatto vacillare quell'uomo inquietante, e aveva soppesato l'idea di darle una possibilità. Ma era prematuro, troppo presto, troppo in fretta. Doveva assaporare quel momento.
    Mi dispiace, ma non posso accettare i tuoi guaiti come una risposta... ho bisogno del cavaliere che indossa questa scintillante armatura... ho la sensazione che sia distratto al momento... devo forse liberarmi di questa distrazione...?
    Per dare forma alla minaccia, Thresh allungò la mano destra verso il cuore pulsante di Barghest, verso quella Alice infilzata dalla sua stessa zanna che, inerme, non aveva idea di cosa stava succedendo. L'indice del non morto si allungò come se stesse per premere un pulsante, ma quando fu abbastanza vicino quella mano perse le sue fattezze umanoidi, trasformandosi in una corazza spettrale, come se avesse attraversato un velo di illusione, lo stesso che aveva rivelato anche il cuore del cavaliere, e che permise a Barghest di vedere com'era fatto davvero quel mostro che aveva davanti. L'indice toccò la zanna e la sfiorò appena, ma bastò quello per provocare un dolore lancinante in Alice come se qualcuno la stesse uccidendo. No, non qualcuno... come se Barghest la stesse uccidendo. L'uomo spaventoso la minacciò così: non si sarebbe limitato ad uccidere Alice se non lo ascoltava, ma avrebbe costretto la sua amata socia a farlo nella maniera più orribile concepibile. Mentre le lanciava quel monito crudele e meschino, l'uomo la fissava dritta negli occhi intenzionato a mettere a cuccia la belva e costringere quel poco di umanità che restava a Barghest ad uscire fuori. Non avrebbe accettato un altro grugnito come risposta.
     
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    Nemmeno la sua furia più profonda sarebbe riuscita a scalfirlo, nemmeno far riemergere la sua parte più bestiale. Quelle catene avevano tenuto, non era abbastanza forte neanche per contenere se stessa, figurarsi spezzare il giogo altrui. Tornare a sentirsi come una belva feroce le diede quasi gioia per un attimo, ma conosceva le conseguenze di quel gesto. Avrebbe visto chiaramente Alice, come in uno dei loro sogni, provare a sfuggirle, ma venire atterrata, ridotta a brani e completamente divorata. Da se stessa. Era quanto di più orribile si sarebbe potuta immaginare, peggiore di qualunque tortura. Quell' uomo era riuscita a fare peggio che terrorizzarla, era riuscito a farla vergognare di se stessa. Aveva messo a nudo quel che era veramente, una sanguinaria, una che provava piacere nello schiacciare i più deboli, spazzarli via e dominare su quel che restava. La sopravvivenza del più forte. Ma non era lei la più forte in quel momento.
    Smettila ! SMETTILA !
    Il suo grido sembrava più volerlo implorare che minacciare, eppure la sua paura aveva la forza che le mancava, quella di calmare la belva, e farla tornare indietro alla pietosa bugia che raccontava agli altri come Kulvia ed ad Alice. Quella del Cavaliere in scintillante armatura, senza macchia e senza paura. Una menzogna che raccontava persino a se stessa, al punto di crederci veramente e difenderla con le unghie ed i denti, nel timore che il suo castello di carte potesse crollare.
    Non toccare Alice. Non toccare la mia Zanna. Chi cazzo sei ?! Che cosa vuoi da me ?!
     
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    La voce spezzata di quella supplica disperata fu musica per le orecchie di quell'uomo: Barghest vide le sue labbra tremare e le palpebre quasi socchiudersi come se il più profondo spasmo di piacere fosse stato a stento trattenuto da quella figura inquietante. Non la stava sottomettendo solo per divertimento o per necessità di imporsi su di lei, lo faceva perché gli dava piacere e in un maniera semplicemente sublime. Accolse comunque la sua preghiera, abbassando il dito e lasciando in pace la povera Alice, per poi portare entrambe le mani dietro la schiena rivolgere lo sguardo verso di lei, avvicinandola a sé con quelle catene che oramai avevano preso totalmente il controllo del corpo di Barghest.
    Io sono Faust Carnovash... ma i miei amici mi chiamano Thresh. Spero che lo farai anche tu...
    Si concesse il sorriso malizioso di chi conosce molto bene la risposta a quella domanda. Barghest non era la prima, quel tizio era qualcosa di superiore anche ad un professionista. Se fosse stata capace di definirlo forse avrebbe ritrovato anche solo un grammo di fortitudine, ma le era probabilmente impossibile.
    Come puoi immaginare so molte cose sul suo conto, alcune che non puoi neanche immaginare. Ma questo non importa, importa cosa voglio io... e io voglio il tuo aiuto. O meglio... mi serve l'aiuto di ciò che puoi diventare.
    Sollevò la mano sinistra e sotto il suo palmo si innalzò anche la lanterna, che come attratta da una forza magnetica prese ad illuminarsi in maniera tenue e controllata seguendo il movimento delle dita del non morto. Mentre le muoveva, la fiamma informe al suo interno prese a plasmarsi, assumendo le fattezze di un mostruoso mastino dalla furia incontrollabile che gradualmente, e dolorosamente, si trasformava in un'armatura possente e inquietante, un monito per qualsiasi nemico.
    Al momento sei... una massa informe, puro caos. Una zavorra per la povera ragazza che ti porti dentro, che come te è più simile ad un cadavere che ti ostini a trascinare con te invece di seppellirlo, piuttosto che non una vera compagna di viaggio...
    Thresh chiuse il palmo e la lanterna si spense, si piegò verso di lei come se le stesse facendo una confidenza, assumendo anche un tono più scherzoso.
    Ma io non sono un terapeuta, tranquilla, non sono qui per toglierti i tuoi giocattoli... dopotutto anche a me piace molto giocare con le bambole... eheheheheh...
    La lasciva risata che seguì venne accompagnata da un movimento della lingua sulle sue labbra così viscido e innaturale che non poteva neanche essere paragonato a qualcuno che semplicemente era impaziente di godersi un buon spuntino. Non l'aveva ancora sfiorata eppure Barghest avrebbe sentito chiaramente quella lingua disgustosa su tutto il corpo come se la stesse consumando gradualmente pari pari ad una caramellina. Ma forse c'era speranza: aveva detto che non era lì per portarle via Alice, giusto?
    Ammesso che tu sia disposta a collaborare...
     
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    Una singola lacrima sarebbe sfuggita dall' occhio rosso di Barghest, un occhio che non aveva mai pianto in vita sua. Non era dovuta a dispiacere o paura, era una goccia di pura rabbia, di frustrazione versata per le verità che le stava sbattendo in faccia quell' essere. Nemo aveva ragione, faceva schifo a mentire, eppure continuava a farlo. Faust, Carnovash, Thresh, qualunque fosse il suo nome, per lei non significava nulla, non l' aveva mai sentito prima, ma di una cosa era certa : da quella notte, non se lo sarebbe mai dimenticato. Avrebbe voluto chiedergli come faceva a sapere così tante cose sul suo conto, come se l' avesse spiata sin dalla nascita, ma sapeva che non le avrebbe dato alcuna risposta. Si sarebbe limitata ad ascoltarlo, sopportando a malapena la sua voce graffiante, fastidiosa, venendo costatemente manipolata da quelle catene che sembravano un estensione dei suoi intenti più neri. Le sue parole la ferivano nell' animo, un tipo di dolore molto superiore a quello che poteva provare nella carne. Forse perché aveva avuto ragione su tutta la linea. Lei non era più un Cavaliere, non aveva più voluto esserlo. Aveva deciso di trasformarsi nel mastino guardiano di Alice, difendere la sua purezza in maniera stupida, irrazionale, ma alla fine non era diventata che un inutile pezzo di carne maleodorante, che invece che far fuggire i nemici, li attirava. La stessa presenza di quell' essere, sembrava un evidente conferma delle sue parole. Se fosse stata davvero se stessa, non si sarebbe mai cacciata in quella situazione, non avrebbe mai trascinato Alice a fondo con se. Si trovava in una posizione caotica, paradossale e senza via d' uscita. Nel suo stato attuale non poteva difendere nessuno, ed Alice sarebbe per sempre stata una bambolina in balia degli eventi e del suo stupido egoismo. Sarebbe diventata lei la debole da schiacciare. Si era illusa che rinunciando al titolo che le aveva dato la sua matrigna, sarebbe potuta sfuggire a quel destino, ma ancora una volta si era sbagliata clamorosamente. Scosse la testa, più e più volte.
    Dimmi che cosa devo fare.
    La sua voce suonava rassegnata, come se anch' essa fosse stata avvolta da catene. I suoi occhi però sembravano esprimere sentimenti diametralmente opposti, mentre sosteneva coraggiosamente il suo sguardo. Uno sembrava guardarlo con aria di supplica, ma l' altro bruciava di un odio intenso, come se si stesse imprimendo a fuoco nella retina l' immagine di Thresh.
    Ma tieni fuori Alice da tutto questo. Lei non deve...non dovrà mai sapere nulla !
     
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