Paradiso Condiviso

Storia di un successo condiviso controvoglia

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    In questo racconto ho voluto esplorare alcune tematiche più "spinte", spero possa incontrare i gusti di qualcuna/o. Grazie in anticipo a chi leggerà questo e i successivi capitoli.
    Sono sempre aperto a critiche e suggerimenti.


    Capitolo 1: Uno di Troppo (Giorno 1)

    Le assistenti di bordo gesticolavano, indicando, con lenti e chiari movimenti, le spie luminose che comunicavano ai passeggeri di prepararsi all’atterraggio. L’iniziale vociare sommesso si trasformò, ben presto, in un brusio in grado di sovrastare anche il rumore delle turbine dell’aereo. Le file dei passeggeri si apprestavano ad allacciare le cinture e, per quanto possibile, a sporsi verso il corridoio centrale al fine di ottenere un vantaggio all’uscita dell’aeromobile. Il contatto tra il carrello d’atterraggio e il duro asfalto della pista dell’aeroporto fece sobbalzare bagagli e persone, riportando per pochi e brevi attimi il silenzio all’interno dell’aereo.

    Matteo e Vanessa si stiracchiarono entrambi, felici di poter presto lasciare alle proprie spalle la scomodità delle sedute che li aveva accompagnati per tutta la durata del viaggio.

    “Iniziamo a metterci in fila”

    La totale mancanza di comunicazioni, che aveva descritto il volo d’andata, fu interrotta dall’esortazione della ragazza, la quale già spingeva Matteo, ancora pigramente seduto e affacciato sul corridoio di passaggio. Matteo non rispose, ma, semplicemente si alzò, sgomitando leggermente, per recuperare i pochi bagagli che aveva con cura stipato nella cappelliera sopra di sé. Anche Vanessa fece lo stesso, aspettando, quasi spazientita, che il suo compagno di viaggio si prodigasse a farsi da parte.

    Come raggi di sole, i biondi e lunghi capelli di Vanessa raccoglievano il suo dolce e stanco viso color latte. Si destreggiò tra le persone in fila, lasciando che Matteo facesse da inconsapevole apripista. Così, come per lui, anche per Vanessa era la sua prima all’estero, lontana centinaia di chilometri da casa. Non era mai stata una gran viaggiatrice, né le interessava conoscere posti lontani ed esotici. La sua idea di vacanza era una serata di relax, avvolta tra le coperte sorseggiando una bevanda calda. Quel viaggio, però, non rappresentava per lei un’occasione di svago: era il coronamento del suo duro lavoro. Un premio per essere la migliore, per avere raggiunto l’impossibile, il degno risultato per una persona del suo calibro. Un premio che, purtroppo, era costretta a condividere con Matteo, suo collega.

    L’azienda per la quale entrambi lavoravano aveva deciso di indire un concorso interno, un modo come un altro per stimolare la produttività del personale. Il premio? due settimane completamente spesata in una località da sogno. Già dall’annuncio, Vanessa sapeva già che sarebbe stata lei a conquistare la corona. A soli ventitré anni aveva conseguito due lauree con lode ed era riconosciuta per essere un’esperta del suo settore. Lavorò giorno e notte, incessantemente, superando ampiamente il traguardo prefissato, così da poter essere applaudita e complimentata da tutti i colleghi. Il suo bagno di gloria, però, fu costretta a condividerlo inaspettatamente con Matteo, un suo collega di poco più grande di lei, che, come lei, era riuscito a raggiungere l’obiettivo aziendale.

    Come fosse riuscito a compiere un’impresa del genere, per Vanessa, era un mistero. Non le pareva avesse doti superiori alla norma, né possedesse un background tale da conferirgli un qualche vantaggio. Certo, non l’aveva eguagliata, lei era la migliore tra tutte e tutti, lei aveva creato un nuovo standard all’interno dell’azienda, lei era diventata il modello da seguire: non lui. Cercò di ribellarsi alla decisione della direzione di premiare due dipendenti. Le sue rimostranze, però, caddero nel vuoto.

    “Sarà un’ottima occasione di Team Building e condivisione dei valori aziendali”

    Le parole del suo diretto superiore le rimbombarono nella testa per tutta la durata del viaggio. Non si sentiva di certo parte di nessuna squadra, tantomeno ne voleva formare una con un anonimo parassita del suo successo.

    Seguì Matteo in silenzio, sforzandosi di non guardarlo per evitare di provare un profondo senso di irritazione. La sola presenza del ragazzo, lì con lei, era motivo di nervosismo. Si adeguò alla sua andatura, troppo lenta per i suoi gusti, mentre si dirigevano entrambi al trasportatore a nastro dove recuperare il resto dei bagagli. Attesero le rispettive valige, pazientemente, tra il caldo soffocante e il marasma di gente che si riversava sul nastro. Matteo prese i suoi borsoni nuotando tra la folla di turisti, forte delle sue spalle larghe e del suo fisico ben piantato da assiduo frequentatore di palestra. Vanessa, invece, non permettendole, e non volendo, il suo agile e longilineo fisico snello di mischiarsi nella folla accalcata, attese furbescamente al termine del nastro, sapendo che, prima o dopo, i suoi bagagli sarebbero giunti tra le sue mani.

    Afferrò saldamente, lanciandovi sopra come un predatore, la prima borsa e aspettò, pazientemente, la seconda valigia, così come una tigre attende il momento migliore per azzannare la sua preda. Attese un giro, due giri, tre giri completi del nastro. Solo quando sul rullo non rimase più nulla constatò, furibonda, che della sua valigia non vi era traccia. Socchiuse gli occhi, provando a regolare il respiro, così da evitare una poco elegante scenata in mezzo all’aeroporto.

    “Stai ancora aspettando la tua valigia?“

    Chiese, incuriosito e preoccupato, Matteo vedendola in piedi, rigida e tesa, col viso crucciato, da diversi minuti.

    “No, assolutamente. Ho tutto qui.”

    Vanessa alzò l’unica borsa da viaggio che era riuscita a recuperare, mostrandola come un trofeo al suo collega.

    “Ma quando siamo partiti non avevi con te un’altra valig-“

    “Ho detto che ho tutto qui!”

    Sottolineò, alzando la voce, Vanessa, infastidita dell’interessamento di Matteo e dal fatto che, fin dal primo momento, l’aveva già colta in fallo. Stizzita per quanto successo e non volendo ammettere una sconfitta davanti al suo avversario, roteò prontamente su se stessa e iniziò ad allontanarsi dall’area di ritiro dei bagagli facendo, mentalmente, la lista di quanto le era venuto a mancare. La sua marcia rallentò solo in prossimità dell’uscita dell’aeroporto, dove un andirivieni di taxi e persone le soverchiò i sensi e la costrinsero a fermarsi. Matteo, poco dietro, la rincorreva, legando al corpo i suoi borsoni, così da potersi muovere meglio.

    “Allora… dobbiamo andare verso quella direzione. Qualche chilometro e dovremmo essere al villaggio”

    Constatò Vanessa, riparando con una mano gli occhi dai raggi del sole, mentre indicava con lo sguardo un punto non ben precisato all’orizzonte.

    “Guarda, in realtà dovremm-“

    Matteo fu, nuovamente, interrotto rapidamente da Vanessa che, con un rapido gesto dell’unica mano libera che aveva, richiamo il silenzio.

    “Andiamo a piedi eh. Sai, io sono abituata a certe distanze, mi alleno sempre. Però se pensi di non riuscirci possiamo chiamare un taxi.”

    “In realtà… il mare è dall’altra parte, mi sono orientato mentre stavamo atterrando. E poi i cartelli…”

    Vanessa serrò i denti, infastidita dalla presunzione di Matteo. Era certa della direzione e non voleva farsi rovinare la vacanza da uno sprovveduto come lui.

    “Mi sono studiata la piantina della zona fin da prima della partenza, credimi: dobbiamo andare di là!”

    Matteo alzò le spalle e lasciò il passo a Vanessa che, soddisfatta della nuova autorità acquisita, lo precedette dirigendosi nella direzione prima indicata. Il sole era alto nel cielo e l’afa avvolgeva i due novelli turisti. Imperterrita, Vanessa continuò a camminare rassicurando Matteo, mentre il paesaggio si faceva via via più brullo. Dopo un’ora e mezza di camminata, prima sull’asfalto rovente, poi su piccole e tortuose strade sterrate, Vanessa vacillò fisicamente. Passava l’unico bagaglio da una mano all’altra, bilanciandosi con fatica. Per un momento le parve di essere inghiottita dal terreno, ogni passo si faceva più difficile, come se la sabbia abbracciasse i suoi stanchi piedi.

    Un flebile sussurro abbandonò il suo corpo un istante prima che il suo corpo si rovesciasse a terra esanime.

    “Siamo arriv-”

    Matteo la soccorse immediatamente lanciandosi al suo fianco, senza pensare un minuto di troppo al da farsi e prendendo, con coraggio, le redini della situazione.

    Vanessa riaprì gli occhi in un ambiente totalmente diverso, distesa su un letto appena rifatto, madida di sudore e con la pelle scottata. La gola arsa e un forte cerchio alla testa le impedivano di ragionare. Si guardò intorno e vide, a un palmo di mano da sé, una bottiglietta d’acqua che scolò in pochi secondi. Ansimò per l’apnea, soddisfatta dal potersi essere dissetata.

    “Ah, sei sveglia! Ero quasi preoccupato…”

    Matteo, che nel mentre stava disfacendo le valige, si rivolse a Vanessa, ancora confusa e distesa sulle lenzuola.

    “Dove… quando…”

    “Alla fine, avevi sbagliato strada, non di molto… circa dieci chilometri. Ti ho dovuta trascinare fino a qui, tutto da solo!”

    Disse con un pizzico di ironia, battendosi il pugno sul petto, orgoglioso della sua operazione di salvataggio. Mostrò la schiena, parodiando un culturista, mentre fissava la ragazza con un sorriso ebete. Vanessa fece ricadere la testa sul cuscino, lasciandosi scappare un lungo e sommesso lamento. Rimase così per qualche ora, il tempo necessario affinché il sole iniziasse a tramontare, accompagnata solo dal frusciare degli abiti di Matteo, dal suo canticchiare sottovoce e dalle sue informazioni sul soggiorno che aveva raccolto mentre era fuori gioco.
    La vacanza non era iniziata nel migliore dei modi per Vanessa, non solo aveva smarrito gran parte dei suoi bagagli ma aveva quasi esalato il suo ultimo respiro. E il destino, beffandosi di lei, ha fatto sì che proprio Matteo fosse il suo salvatore. Raccolse le poche forze che aveva in corpo e, tentennando tra un giramento di testa e l’altro, si sedette a bordo del letto. Non era sua intenzione essere ancora bersaglio dell’ironia del suo collega.

    “È il caso che io vada nel mio bungalow, a domani.”

    Esclamò Vanessa, senza nemmeno ringraziare il suo salvatore, allungandosi per recuperare i pochi effetti personali che aveva con sé.

    “Ma non ti reggi ancora in piedi! E poi…”

    Matteo deglutì, distogliendo lo sguardo dai freddi e assopiti occhi della ragazza.

    “Ecco… non c’è né il mio né il tuo bungalow…”

    Rivelò tutto d’un fiato, quasi sentendosi in colpa per la notizia che stava dando a Vanessa.

    “Cosa intendi dire? La prenotazione c’è, altrimenti non avremmo nemmeno i biglietti”

    “Quello che voglio dire è che c’è il… nostro bungalow. Si aspettavano solo una persona.”

    Sottolineò, scandendone bene le poche sillabe, la parola “nostro”. Vanessa sgranò gli occhi, a poco a poco prese coscienza di quanto avesse appena ascoltato. Le parole di Matteo sembravano prive di significato, come se la sua psiche volesse proteggerla dall’amara realtà che le si stava prospettando. Si lasciò cadere sul materasso, affondando il suo piccolo viso in un cuscino.

    “Tranquilla, non russo!”

    Rassicurò Matteo, prima che un urlo soffocato dalle piume e dal tessuto riempisse la stanza.

    Edited by AuroraBorealis95 - 31/3/2024, 12:14
     
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    Vedremo se sarà interessante come i racconti di Silvia & co.....
     
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    Capitolo 2: Un incidente imbarazzante (Giorno 1)

    Vanessa ebbe giusto il tempo di terminare di organizzare le proprie cose all’interno della stanza prima che il suo stomaco iniziasse a brontolare. Si era ritagliata uno spazio tutto per sé all’interno dello stretto, ma ospitale, bungalow nel quale alloggiava. Aveva suddiviso con estrema precisione gli spazi comuni, utilizzando cuscini, tovaglie e strofinacci presenti nel salottino, unico altro spazio della struttura, che fungeva anche da piccolo cucinotto. L’armadio, i cassetti e anche il grande letto matrimoniale avevano specifiche parti adibite esclusivamente al suo utilizzo. Il bagno, invece, era stato colonizzato dalle decine di prodotti ed effetti personali di Vanessa, relegando a un misero angolino del lavabo i pochi oggetti di Matteo. Quest’ultimo non poteva dirsi disturbato dal comportamento della sua collega, anzi trovò curiosa e quasi divertente l’attenzione maniacale profusa in quell’opera di isolamento.

    Ancora non era del tutto convinta della soluzione alla quale era giunta. Spostava continuamente le proprie cose, costringendo Matteo ad adattarsi alle nuove disposizioni. Poteva accettare la condivisione del guardaroba e del bagno, purché il suo inatteso coinquilino adottasse le sue prescrizioni igieniche, ma quando il suo pensiero volgeva al letto le venivano i brividi. Non aveva mai condiviso la stanza con nessuno, tantomeno con un uomo. Ora era costretta ad accogliere un insopportabile collega nel suo giaciglio. Rimestò più volta i cuscini e le lenzuola, aspettandosi che Matteo si offrisse di dormire nell’altra stanza o anche all’aperto, non che le interessasse più di tanto il suo benessere.

    L’insofferenza per quel ragazzo e l’imbarazzo del dover dormire con lui attanagliavano il suo petto. Non voleva concedergli nessuna vittoria, non voleva essere lei quella a dover cambiare camera. Immaginarsi nel letto con un uomo la imbarazzava. Era sempre stata la prima in tutto, ma quando si trattava di stringere legami e rapportarsi con gli altri non sapevo che pesci pigliare. Una vita da solista costellata di successi, dagli studi accademici alla carriera lavorativa, senza una spalla su cui appoggiarsi. Non che mancassero gli audaci sguardi di potenziali dolci metà, ma il carattere così spigoloso e l’eccessiva attenzione rivolta verso di sé facevano desistere anche i più pazienti. Così come una rosa bianca dall’indole carnivora, Vanessa era un fiore nato e cresciuto sotto una campana di vetro.

    I brontolii continuati e sempre più persistenti catturarono anche l’attenzione di Matteo, il quale oziosamente, seduto su una sedia poco distante, tentava di aggiornare i suoi social, combattendo con l’altalenante connessione wi-fi. Ogni brontolio colorava le ormai rosee gote di Vanessa, che, premendo i palmi delle mani sul ventre, tentava inutilmente di celarne il rumore. Matteo, dopo essersi stiracchiato lentamente, esibendo uno sgraziato e rumoroso sbadiglio, si diresse stropicciandosi gli occhi verso la porta d’ingresso del bungalow.
    “Io andrei a mangiare qualcosa, riesci a venire anche tu o sei troppo debole? Se vuoi posso portarti qualcosa io.”

    Chiese Matteo, stringendo saldamente con una mano il pomello della porta, voltandosi leggermente verso Vanessa.

    “Non sono molto affamata, ma vengo volentieri a provare la cucina locale…”

    Balzando sull’attenti, con agile scatto, Vanessa finì quasi con lo spingere il ragazzo fuori dal bungalow, barcollando ancora lievemente, pur di essere la prima a uscire da lì. Si ritrovò con i sandali immersi nella tiepida sabbia, circondata da una bianca distesa di granelli dorati irradiati dagli stanchi e rossastri raggi del sole adagiato sull’orizzonte blu del mare cristallino. La brezza marina la fece trasalire, presentandosi inaspettata ad accarezzarle il volto. Dall’uscio si notavano gli altri bungalow, sistematicamente disposti lungo la riva del mare, abbastanza lontani l’uno dall’altro per donare a ciascuno di essi un piccolo e personale angolo di paradiso. Dietro di loro, ad alcuni metri di distanza, una florida e colorata vegetazione tropicale racchiudeva quella idilliaca mezzaluna turistica.

    I due si incamminarono, Vanessa in testa e Matteo al seguito, verso la zona ristoro del villaggio. Il ragazzo si fermò più volte a scattare qualche foto al paesaggio da sogno, raccogliendo un pugno di sabbia con la mano e lasciandola filtrare tra le dita, godendosi quella spettacolare nuova esperienza. I tentativi di iniziare una conversazione, seppur superficiale, con la sua collega caddero tutti nel vuoto. Vanessa rispondeva costantemente a monosillabi, quando non sbuffava, infastidita dall’eccessiva cordialità. Non era sua intenzione stringere amicizia con chi le aveva rubato il centro dell’attenzione, tantomeno desiderava mostrarsi amichevole con la persona con cui era costretta a dividere la sua stanza.

    Camminando osservò i propri sandali, gli unici che era riuscita a portarsi dietro, o meglio gli unici che erano giunti a destinazione insieme a lei. Sospirò desolata meditando sulla situazione in cui si era andata a cacciare, prendendo coscienza, solo in quel momento, del proprio comportamento sopra le righe. Quando il suo collega era troppo distratto da ciò che aveva intorno a sé, gli lanciava alcune fugaci occhiate. Non si era mai soffermata troppo sulla persona con cui stava viaggiando. Se ne aveva la possibilità, infatti, evitava addirittura di considerarne l’esistenza. Si stupì di come, una persona ingenua come Matteo, potesse essere quasi al suo stesso livello. All’apparenza, infatti, le sembrava solo un malato di fitness, semplice e fin troppo gentile. Dietro quei vispi occhi castani e sotto quei corti capelli corvini non sembrava nascondersi un genio della finanza.

    - L’apparenza inganna sempre -

    Si ripeté mentalmente, cercando di costruire una motivazione abbastanza razionale con cui sedare i propri pensieri. Un modo come un altro per darsi pace e provare ad accettare la condizione nella quale versava.

    La breve passeggiata terminò nei pressi di un piccolo chiosco, attorniato da altri turisti, da cui proveniva un invitante profumo. Piccoli sgabelli di legno puntellavano il lungo bancone che cingeva la piccola cucina, dove ogni sorta di delizia culinaria poteva essere preparata al momento sotto i loro occhi. Lo staff faceva saltare pentole e rosolare le gustose pietanze previste per la cena, mentre i commensali si ristoravano tra chiacchiere e risate. Vanessa scelse con cura il suo posto, né troppo vicina alle altre persone da esserne disturbata, né troppo distante da non essere servita velocemente. Nel sedersi lasciò una debita distanza da Matteo, un confine non dichiarato e demarcato da un paio di sgabelli vuoti. Il collega, imperterrito, tentò di scivolare verso di lei più volte, ma, istantaneamente, Vanessa si spostava nel primo posto libero disponibile a fianco. Non riusciva a spiegarsi l’animosità della sua collega, ripercorse mentalmente ogni precedente interazione, fin dal primo giorno in cui la conobbe in ufficio. Non gli sembrò, almeno dal suo punto di vista, di averle mai mancato di rispetto. Scoraggiato da quell’inspiegabile scontrosità, Matteo si decise ad ordinare, concentrandosi così sul prelibato e ricco piatto di carne che avrebbe presto gustato.

    Dopo qualche minuto, anche Vanessa ordinò, cercando di sfoggiare il suo miglior inglese, elencando attentamente gli ingredienti a lei poco graditi, solo per trovarsi a mangiare il medesimo piatto del suo compagno di viaggio e a sorseggiare una pinta di birra fin troppo colma.

    Il caldo eccessivo aveva reclamato una nuova vittima quel giorno, il cellulare di Vanessa deciso di ribellarsi, impedendole di comunicare con il mondo esterno e costringendola a immergersi nel mondo esterno. L’unica cosa che poteva osservare era i suoi occhioni verdi riflessi sulla superficie dello schermo, stanchi e annoiati. Si guardò attorno, osservando e ascoltando gli altri turisti. Il suo orecchio allenato aveva riconosciuto diverse lingue. Aggiustò la sua postura, impettita e orgogliosa di potersi trovare in quel luogo. La sua azienda le aveva davvero regalato un’esperienza di lusso, degna dei suoi risultati.

    Sorseggiò la birra annacquata e sbocconcellò il piatto che le avevano preparato, un po’ troppo speziato per i suoi gusti, assorta nei suoi pensieri e proiettata già al suo rientro a casa. Quando sarebbe rientrata in ufficio avrebbe sicuramente ricevuto mille domande sulla sua vacanza. Il dover condividere le future attenzioni con Matteo non le andava a genio, ma era certa che avrebbe eclissato con facilità la sua imprevista presenza. Ragionò, poi, che non poter comunicare con nessuno si sarebbe rivelata una coincidenza fortuita, avrebbe aggiunto un certo mistero alla sua vacanza, facendo montare l’invidia dei colleghi e delle colleghe costrette a rimanere a casa.

    Dopo essersi crogiolata nella sua immaginazione, con la luna che iniziava a far capolino sopra le teste dei presenti, ringraziò frettolosamente gli inservienti e si diresse verso il suo alloggio condiviso, abbandonando al suo destino il povero collega ancora intento a mangiare con gusto l’abbondante porzione. Matteo si precipitò al suo seguito, accorgendosi solo con la coda dell’occhio della silenziosa fuga della sua collega. Entrambi, in silenzio, ripercorsero il tragitto fatto poco prima. Vanessa, ad ogni passo, allungava leggermente la falcata, dirigendosi spedita verso il bungalow.

    A spingerla verso quella rapida ritirata non fu tanto l’insopportabile compagnia di Matteo, ma gli effetti nefasti della birra sul suo corpo. Percepiva la sua vescica straripante, sul punto di esplodere. Il suo obiettivo era raggiungere il bagno e di farlo il prima possibile. Anche Matteo, a un certo punto, faticò nel seguire la ragazza, ritrovandosi quasi a correrle dietro. Arrivati al bungalow Vanessa si tastò le tasche degli short in jeans che stava indossando alla ricerca della chiave, esibendosi in un balletto divertente e scoordinato. Controllò ogni tasca senza successo prima di ricordarsi che ad averle in custodia era proprio Matteo, il quale era impegnato a fare un suo stupido video a pochi passi da lei.

    “…ed ecco la luna sull’orizzonte.”

    Ripeteva Matteo, mentre muoveva dal basso verso l’alto il suo cellulare, cercando di donare un tocco cinematografico alla sua ripresa. Cancellando e ripetendo la stessa frase all’infinito, insoddisfatto del risultato finale, come un regista veterano alla ricerca dell’inquadratura perfetta. Vanessa, spazientita, si diresse verso di lui, cercando di sbattere, per quanto possibile, i piedi nudi sulla sabbia.

    “Le chiavi!”

    Esclamò, porgendo il palmo della mano davanti agli occhi del suo collega.

    “…ed ecco… la luna! All’orizzonte!”

    Matteo continuò a registrare brevi clip, non curandosi dell’impellente richiesta della ragazza, la quale iniziava già a contorcersi serrando le cosce.

    “Ho detto le chiavi!”

    Vanessa schiaffeggiò il telefono di Matteo facendolo cadere rovinosamente sulla sabbia. Solo in quel momento il suo collega si accorse del carattere di urgenza espresso dalla ragazza. Iniziò a tastarsi le tasche dei suoi pantaloni, cercando il luogo dove avesse nascosto le chiavi per la porta d’ingresso.

    “Veloce!”

    Ordinò Vanessa, sofferente e arrabbiata, mentre premeva con una mano il suo basso ventre, come a voler impedire un’involontaria perdita. Matteo cercò a lungo le chiavi senza trovarle, ma poi, come un lampo, si ricordò del nascondiglio perfetto da lui ideato.

    “Giusto! Sono sotto il tappetino fuori dalla porta”

    Così dicendo indicò lo striminzito tappetino su cui Vanessa si trovava. La ragazza fece subito un salto indietro, ormai arrivata al limite, e si chinò a raccogliere le chiavi. Non appena sentì il freddo metallo nelle sue mani, un caldo getto irruppe tra le sue cosce. Sgorgando finalmente libero, un ruscello dorato inzuppò completamente i corti shorts e poi iniziò a colare lungo le sue gambe. A Matteo non servì il pungente odore che si era levato da Vanessa per capire cosa fosse appena successo. La fissava, stringendo il cellulare nella mano, senza parole. La ragazza, tremante, inserì la chiave nella toppa e sbloccandone la serratura.

    “Tutto bene?”

    Chiese, quasi con tono preoccupato, Matteo, che, ancora, la osservava di spalle in completo silenzio. Vanessa si girò, con gli occhi carichi di lacrime, incrociando lo sguardo del suo collega.

    “Ma vaffanculo!”

    Urlò prima di rifugiarsi in bagno, lasciando Matteo a dover ripulire, prima di potersi coricare, le orme bagnate impresse sul pavimento del salottino.

    “Che colpa ne avrò io…”

    Edited by AuroraBorealis95 - 31/3/2024, 12:16
     
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    Capitolo 3: Un accordo immorale (Giorno 2)

    Vanessa sgattaiolò fuori dal bagno solo a notte inoltrata, ben oltre il tempo necessario affinché Matteo riuscisse ad addormentarsi, decidendo di rendere una delle scomode sedie del salottino il proprio letto. La vergogna dell’umido incidente aveva incrinato irrimediabilmente il suo orgoglio, rendendo difficile il sopraggiungere del sonno che, anche per via del giaciglio scelto, fu agitato e spiacevole. Al posto degli short, che aveva direttamente deciso di gettare nella spazzatura, come a voler nascondere le prove di un delitto, indossava un asciugamano ripiegato con cura attorno alla sua vita. Una serie di pratici nodi aveva trasformato un banale telo in un paio di pantaloncini di fortunata, puliti e asciutti.

    A risvegliarla fu il lento e insistente gorgogliare della caffettiera. Il profumo del caffè le riempì le narici mentre, massaggiandosi il collo tra un sommesso lamento e l’altro, tendeva ogni singolo muscolo del proprio corpo facendo un rapido check-up delle sue stanche articolazioni. Matteo, nel frattempo, era intento a preparare il caffè, lasciandosi andare in qualche buffo passo di danza nell’attesa.

    “Ah sei sveglia… Buongiorno!”

    Il sorriso e il saluto di Matteo riportarono alla realtà la ragazza, che ancora faticava a tenere gli occhi aperti. I suoi piccoli zaffiri incastonati nel viso misero rapidamente a fuoco la stanza, illuminata dai raggi del sole ormai alto nel cielo. Si tastò le gambe alla ricerca del telefono per scoprire quanto fosse riuscita a dormire e l’orario del suo risveglio, ma si ricordò ben presto di aver lasciato tutto nel bagno, riaprendo così l’imbarazzante ferita della sera precedente che l’oblio del sonno aveva celato.

    “Buon… Buongiorno…”

    Contraccambiò il saluto, stropicciandosi gli occhi ancora assonnati.

    Matteo fece qualche passo verso di lei, le si pose di fronte, torreggiando con il suo metro e novanta di muscoli sull’esile ragazza.

    “Mettiamo in chiaro alcune cose…”

    Con tono serio, Matteo si rivolse a Vanessa, la quale, ancora imbarazzata, faticava a mantenere il contatto visivo.

    “Numero uno: il caffè qui fa schifo e non hai idea della fatica che ho fatto per trovare una caffettiera; Numero due: erano rimaste solo i cornetti con la crema… mi sono svegliato troppo tardi.”

    Elencò, alzando di volta in volta un diverso dito della mano destra, mantenendo una intonazione eccessivamente severa per quanto stava comunicando. Vanessa rimase a fissarlo in silenzio, incapace di comprendere come una persona potesse raggiungere tali livelli di assurdità. Sospirò socchiudendo gli occhi per un attimo, sperando di poter ritornare tra le braccia di Orfeo per sottrarsi, così, da quella realtà. Quando li riaprì Matteo era ancora lì davanti a lei, nella medesima posizione di prima, ma, questa volta, con un sorriso stampato in faccia.

    “Capisco…”

    Lo sguardo di Vanessa si posò involontariamente sul piattino contenente il gustoso cornetto che il suo compagno di viaggio era riuscito a recuperare. Per non regalargli alcuna soddisfazione ne mangiò solo qualche piccolo morso, degustandone ogni singolo boccone e lasciando che la crema si sciogliesse sulla lingua.

    Matteo, nel frattempo, si stava prodigando nel versare il caffè caldo in due piccole tazzine di carta. Entrambi si ritrovarono a sorseggiare una pallida imitazione di un espresso, seduti attorno al piccolo tavolo al centro della stanza con solo il garrito dei gabbiani a inframmezzare il silenzio.

    “Ma… quanto straordinario hai fatto per raggiungere l’obiettivo?”

    Chiese, di punto in bianco, Vanessa, iniziando la sua personale indagine volta a carpire i segreti dell’inaspettato successo lavorativo di Matteo.

    “Mah… in realtà ho fatto alcuni giorni di ferie…”

    Vanessa stringeva la tazzina tra le mani, deformandone gli spessi bordi con le sue lunghe e curate unghie per il nervoso.

    “Ah, capisco. Effettivamente fa sempre bene riposare per poter rendere meglio sul lavoro, soprattutto se si è speso tanto tempo, chessò, nel partecipare a corsi di formazione, workshop…”

    “No no, io non sono mai stato uno che perdeva molto tempo sui libri”

    Rispose subito Matteo, scuotendo le mani davanti a sé, mettendo ben in chiaro la sua estraneità a qualsiasi tipo di sforzo prettamente cognitivo. Vanessa fece ricorso a tutta la sua calma interiore per non urlargli contro, infastidita dal suo comportamento disattento e superficiale. A torturarla era, soprattutto, il ricordo dell’impegno profuso al raggiungimento dei risultati. La superficialità espressa dal suo collega la tormentava. Ormai stanca e seccata dalle vaghe risposte fornite dal suo interlocutore, decise di gettare la propria maschera e di confrontarlo direttamente.

    “Senti, ma tu come hai fatto a vincere come me?”

    “Beh… è stato semplice, Simona delle Risorse Umane lascia sempre il computer acceso in pausa pranzo. Ho solamente modificato il mio punteggio nell’ultimo giorno disponibile.”
    Vanessa lo fissò con la bocca appena spalancata, senza parole per la facilità con cui ero riuscita ad ottenere quella confessione. Si sfogò in una risata liberatoria, finalmente aveva compreso il mistero. Lei era sempre stata la migliore, inarrivabile, Matteo aveva semplicemente barato. Si considerò una stupida per poter aver solo pensato che una persona del genere potesse essere al suo livello. Matteo si aggregò lasciandosi andare in una fragorosa risata, pur non avendo ben compreso cosa avesse detto di così divertente. Il ragazzo si stese leggermente sulla sedia, incrociò mani dietro la nuca e sospirò soddisfatto.

    “Avevo davvero voglia di una vacanza…”

    “Tu non dovresti essere qui! Appena torneremo riferirò tutto quanto all’ufficio delle Risorse Umane, hai truffato tutti!”

    Attaccò, interrompendo innaturalmente la sua risata, Vanessa, puntando il dito verso il suo collega fin troppo rilassato per quanto aveva appena confessato.

    “No, non penso che lo farai…”

    “E invece sì, a costo di andare fino in Direzione!”

    Vanessa batté il pugno sul tavolo, facendolo sobbalzare, ma Matteo fece spallucce, estrasse il cellulare dalla tasca e mise in riproduzione un video volgendo il display verso Vanessa.

    “…ed ecco… la luna! All’orizzonte!”

    Gli altoparlanti del dispositivo ripetevano il vano tentativo di donare poeticità alla ripresa da parte di Matteo, poi, dopo alcuni momenti di concitazione, la visuale si spostò su Vanessa chinata davanti alla porta d’ingresso nel momento esatto in cui la funesta pioggia dorata iniziò a sgorgarle lungo le gambe.

    Vanessa osservò sbigottita la ripresa, la rabbia e l’imbarazzo tinsero le sue guance rosso fuoco. Un respirare sempre più veloce e rumoroso anticipò il suo slancio verso lo smartphone di Matteo che, però, riuscì a ritrarre nascondendolo nuovamente nella tasca. Il poco caffè rimasto nella tazzina si rovesciò addosso alla ragazza, andando a tingerle anche quel misero asciugamano che stava utilizzando.

    “Cancellalo immediatamente!”

    Ordinò, dando pieno sfogo alla sua rabbia, Vanessa, ricevendo, però, dall’interlocutore solo un calmo e indolente scuotere della nuca.

    “Dopo quello che mi hai detto non lo cancello di sicuro…”

    Vanessa batté più volte i piedi a terra, incapace di rendere a parole la frustrazione e l’ira che stava sperimentando in quel momento. Matteo non aveva nulla contro Vanessa, la trovava certamente strana, ma, in fondo, il suo obiettivo era solo quello di godersi la vacanza che, in un modo o nell’altro, si era guadagnato.

    “Facciamo così, questo video sparisce e io sono un ottimo collega che si sta godendo una meritata vacanza. Cosa ne dici?”

    Propose Matteo, protendendo verso la mano destra verso la furibonda ragazza. Vanessa osservò per qualche secondo il suo palmo della mano, simbolo di quella proposta immorale e ingiusta verso i suoi confronti. Non voleva essere complice del suo collega, né tantomeno condonare il suo comportamento. L’alternativa, d’altronde, era ben peggiore, se qualcuno avesse visto quel video la sua reputazione sarebbe stata rovinata. Con che coraggio si sarebbe potuta sedere nuovamente alla sua scrivania? Ripudiando i suoi principi, pur di evitare che tale video potesse trapelare, si affrettò a ricambiare la stretta di mano. L’accordo era stato siglato. Sulle labbra di Matteo un ghigno appena accennato cozzava con gli occhi iniettati di sangue di Vanessa. Quest’ultima, avendone avuto abbastanza della presenza del ragazzo, si lanciò verso la camera da letto, avendo cura di sbattere con forza la porta dietro di sé.

    Vanessa iniziò a camminare avanti e indietro tra il letto e l’armadio, ancora furente, incapace di scaricare l’irritazione. Sbuffava mentre, talvolta, le parole di astio nei confronti di Matteo le sfuggivano sconnesse tra le labbra serrate. Marciò per quasi un’ora, instancabilmente, scavando quasi un solco all’interno della stanza. Non riusciva a calmarsi, la rabbia pervadeva ogni angolo del suo corpo. Per sbollire decise di concedersi una nuotata; l’afosa giornata e il mare cristallino che intravvedeva dalla finestra la invitavano a lasciarsi, per quanto fosse possibile, la faccenda alle spalle.

    Rimestò nel suo borsone da viaggio e riuscì, fortunatamente, a trovare almeno un costume da indossare; i restanti erano finiti in qualche angolo di mondo lontano da lei. Il bikini rosso a triangolo riusciva, non con poca fatica, a contenere il suo prosperoso seno. Solitamente era abituata a celarlo agli sguardi dei più curiosi con spesse maglie o pesanti giacche. Odiava con tutto il cuore l’abbondanza di cui era portatrice, considerandola una distrazione per gli altri, che non sarebbero stati in grado, così, di notare la sua capacità e il suo intuito. Dato il luogo abbastanza isolato e il contesto, però, decise di fare uno strappo alla regola e di concedere alla sua pelle l’agognata libertà e le carezze del sole. Si sistemò meticolosamente il bikini, coprendo le larghe e scure areole che descrivevano le punte dei suoi seni, e i lacci laterali degli slip, anch’essi rosso porpora, che aveva abbinato.

    Si congedò senza troppe spiegazioni, avvisando solamente, quando fu sull’uscio del bungalow, la sua intenzione di fare un tuffo nell’invitante e incontaminato profondo blu. Matteo la guardò di sfuggita, intento ancora a pulire il disastro causato dalla sua furia di poc’anzi, salutandola con un semplice suono gutturale.

    La sabbia scottava sotto i piedi bianchi e affusolati di Vanessa. La sua caotica corsa si interruppe alla riva, dove l’acqua baciava la finissima sabbia dorata. L’acqua, leggermente fredda, le fece venire la pelle d’oca, ma, dopo qualche passo, riuscì ad acclimatarsi e a godersi il placido cullare delle onde. Fece qualche tuffo, nuotando a stile libero, scaricando l’energia intrappolata dentro di sé con l’esercizio fisico. Dopo il tour de force a cui si era sottoposta, lasciò che le onde la riportassero a riva, galleggiando a filo dell’acqua. Il sole la riscaldava, mentre il costante moto del mare la cullava, accarezzandole la pelle. Si sentiva tutt’uno con l’acqua, con la natura intorno a sé. Le onde si infrangevano tra le sue gambe, scivolando sul suo ventre piatto. Si sentiva una sirena, legata al suo elemento naturale.

    Un’onda improvvisa la fece trasalire. Un turbinio di schiuma la travolse, ma, fortunatamente, da brava nuotatrice, riuscì subito a tornare a galla. Il moto ondoso, però, non l’aveva derubata solo della tranquillità. Rabbrividì mentre si tastava le cosce: gli slip si erano inavvertitamente slacciati, abbandonandola agli sguardi di possibili passanti. Iniziò a guardarsi attorno, impanicata, alla ricerca di qualsiasi cosa che potesse condividerne il medesimo colore. Cercò anche sott’acqua, ma il pezzo sotto del suo costume era introvabile, la corrente doveva averlo già sospinto al largo.

    Si avvicinò quanto possibile a riva, piegando sempre più le gambe con il diminuire dell’altezza del fondale per evitare che qualcuno potesse vedere in quale condizione si trovava. Quasi piegata su se stessa, con solo mezzo busto fuori dall’acqua, tentò il tutto per tutto, mettendo da parte, ancora una volta, la sua dignità per salvare la sua immagine.

    “Matteo! Aiuto! Matteo!”

    Il collega si precipitò all’esterno lasciando spalancata la porta dietro di sé, cercando di capire da dove provenisse quel grido di aiuto. Vanessa iniziò a sbracciarsi, continuando a gridare in direzione della riva. Il ragazzo, con una corsa disperata, incespicando più volte nella sabbia, si diresse velocemente verso la ragazza. Si tolse la maglietta di dosso, pronto a tuffarsi in suo aiuto. Non era un gran nuotatore, ma non aveva tempo per rimuginarci sopra. La sua collega era in pericolo, probabilmente stava annegando. Non poteva permetterlo. A pochi passi dalla riva venne fermato dalle perentorie grida di Vanessa.

    “Fermo! Fermo! Fermo! Che cazzo fai, Fermo!”

    Matteo, col cuore ancora in gola, arrestò la sua corsa e fissò negli occhi Vanessa, la quale, con molta più calma iniziò a spiegare la situazione.

    “Ho perso il… costume. Trovalo.”

    “Ah…”

    Matteo impiegò più di qualche secondo per calmarsi. La corsa, le grida, i mille pensieri che avevano invaso la sua mente si stavano abbattendo sul suo fisico. Il ragazzo, con più calma e senza la medesima scarica di adrenalina, riprese a camminare verso l’acqua, ma venne nuovamente bruscamente bloccato da Vanessa.

    “Non provare a entrare in acqua! Cercalo da fuori. E non guardarmi!”

    Matteo iniziò a scandagliare la superficie del mare, aprendo e chiudendo gli occhi a intermittenza quando il suo sguardo incrociava quello di Vanessa, senza successo alcuno. Era chiaro che il costume era ormai stato inghiottito dalle onde mare.

    “Aspetta, ho un’idea!”

    Il volto di Matteo si illuminò, orgoglioso di aver escogitato la soluzione ideale. Le sue mani si mossero più velocemente della lingua di Vanessa. Con innaturale agilità, fece scivolare i suoi boxer fino alle caviglie, li raccolse e li lanciò in testa a Vanessa, che guardava scioccata le azioni del suo collega.

    “Copriti con questi!”

    Consigliò, sorridendo, Matteo, mentre esponeva il suo largo, seppur moscio, membro alla luce del sole. Vanessa raccolse da sopra di sé il costume a boxer di Matteo, tenendolo tra l’indice e il pollice e guardandolo disgustata. Evitò di guardare in direzione del ragazzo che, ancora, non curante della sua condizione continuava a esibirsi senza remora alcuna. Ponderò per qualche secondo le sue opzioni: in quanti l’avrebbero vista uscire dall’acqua mezza nuda? Quanti secondi avrebbe impiegato, correndo, a raggiungere la sicurezza e l’intimità del bungalow? Diversi scenari si addensavano nella mente di Vanessa, mentre Matteo continuava a gesticolare lasciando ondeggiare le sue grazie con non curanza. Alla fine, quasi costretta, si decise a indossare il dono lanciatole dal collega. Il costume le era scomodo, la rete contenitiva sfregava sulla sua pelle e la sua intimità ad ogni passo, con notevole disagio e prurito.

    Arrivata a riva si diresse, velocemente, verso il bungalow, esibendosi in uno scatto olimpionico. Venne sopraggiunta da Matteo che, estatico per il suo piano ben riuscito, era pronto a ricevere un ringraziamento. L’unica cosa che ricevette, però, fu uno schiaffo e un ordine diretto.

    “Copriti!”

    Edited by AuroraBorealis95 - 31/3/2024, 12:18
     
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    Tosta la tipa!

    Sa il fatto suo, per ora :zizi:
     
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    Capitolo 4: Piacere non richiesto (Giorno 3)

    Fu la sua prima notte, da quando erano partiti, su un letto morbido. Prima sulle poltrone dell’aereo, poi sulla scomoda sedia della cucina, ora Vanessa, o meglio il suo corpo, anelava una superficie morbida su cui riposare. Il letto venne diviso a metà da una serie di cuscini, lasciando, così, libertà a entrambi di dormire indisturbati.

    Quella mattina fu Vanessa a svegliarsi per prima, il sole ancora non filtrava tra le persiane, relegando la stanza a una soffusa oscurità. Il rumore dei gabbiani, però, fece capire alla ragazza che doveva già essere prima mattina. Anche in vacanza si sentiva in dovere di alzarsi presto, così da non sprecare nessun prezioso secondo della giornata. Si mosse con delicatezza, escogitando un modo per scendere dal letto senza svegliare il suo compagno di stanza. Non lo faceva di certo per gentilezza, ma solo per evitare di doverlo sopportare il più possibile.

    Tastò gli oggetti e il materasso attorno a sé al fine di orientarsi, sopperendo la mancanza della luce con il tatto. Passò in rassegna i cuscini, le lenzuola, tutto era in ordine. A un certo punto, si ritrovò a maneggiare una superficie più dura. Non capendo di cosa potesse trattarsi, indagò più a fondo, facendo scivolare le dita lungo tutta la superficie. Le sembrò una parte di arredo, forse della testata del letto, ma non capiva come potesse essere finita in mezzo al materasso. La lunga e marmorea superficie che si protendeva verso l’alto attirò a lungo la sua curiosità. Solo quando ne studiò l’estremità, calda e umida, capì, con rammarico, di cosa si trattasse. Era l’erezione mattutina di Matteo, che con superbia svettava tra le sue gambe.

    Vanessa ritrasse lentamente le mani, sperando che il proprietario del membro così attivò non fosse anch’esso sveglio. Lentamente sgusciò verso la porta e, poi, verso il bagno, dove iniziò freneticamente a sciacquarsi le mani. Riflessa nel vetro vide una ragazza imbarazzata, paonazza e dallo sguardo allibito. A furia di lavarsi le mani, come se si fosse dovuta purificare da un peccato mortale, terminò il sapone dato in dotazione.

    Si mise ad aspettare il risveglio seduta nel salottino, con aria colpevole, indossando ancora il suo pigiama a fiori. Rimase in quello stato per un paio di ore, il tempo che il sole si appropriasse della stanza e Matteo si risvegliasse con un lungo sbadiglio. Vedendolo alzarsi, non poté fare a meno di notare la sua erezione, ancora presente dopo tutto quel tempo.
    “Buongiorno, tutto bene?”

    “Sì”

    Rispose immediatamente Vanessa, concentrando il proprio sguardo sul pavimento.

    “Qualcosa non va?”

    “No”

    Ancora una volta, Vanessa diede una risposta priva di emozioni, sperando che quella conversazione finisse il prima possibile.

    “Mi sa che è finito il sapone in bagno…”

    Fece notare Matteo, mentre una goccia di sudore solcava la fronte della ragazza.

    “… dopo vado a recuperarne dell’altro!”

    Disse scocciato, prima di rientrare nel bagno, lasciando Vanessa sola con i suoi pensieri. Matteo, da uomo di parole quale era, onorò la sua promessa, apprestandosi, dopo essersi preparato, ad uscire dal bungalow alla ricerca di una nuova fornitura del detergente.

    Vanessa tornò in camera, lieta di essere finalmente sola e senza il suo collega tra i piedi per un po’ di tempo. Non era avvezza all’oziare, sempre di corsa tra un impegno e l’altro. Si sentiva inutile a bighellonare nella stanza, impossibilità dalla sua stessa indole ad accettare un momento di relax. Vagava senza meta, annoiata e privata di uno scopo preciso. La mente, senza volerlo, ritornava a poche ore prima, quando, accidentalmente, si trovò a stringere tra le mani il membro eretto di Matteo. Il viso si tinse leggermente di rosso, il solo pensiero la imbarazzava. Richiudendo le mani a pugno e impilandole una sopra all’altra provò, per mera curiosità, a visualizzare l’effettiva lunghezza dell’asta che il suo collega nascondeva tra le gambe.

    “Uno… due… tre…”

    Contò sottovoce, mentre, ad ogni pugnetto, i suoi occhi erano sempre più sgranati. L’aveva, involontariamente, già visto nudo il giorno prima, ma non pensava potesse crescere così tanto. Scosse la testa, ricacciando quei pensieri nel perverso oblio della sua mente dal quale erano venuti.

    “E comunque ho le mani piccole…”

    Aggiunse, parlando tra sé e sé, volendo trovare una giustificazione a quella lussuria fuori formato. Un tuffo nel mare le sembrò il compromesso ideale tra la sua necessità di fare movimento e il rilassarsi in vacanza. Indossò nuovamente il suo bikini, dovendo accontentarsi dei boxer di Matteo come sostituti degli slip dispersi. Insoddisfatta, tuttavia, dell’outfit improvvisato e della sua scomodità, caparbiamente tornò a rimestare all’interno del borsone per assicurarsi di non avere nessun’altra alternativa.

    Tra le mani si materializzò, come per magia, una piccola scatolina di plastica che ripose immediatamente, lanciando sguardi furtivi intorno a sé. Non pensava si potesse essere salvata, non era certamente la prima cosa che aveva cercato una volta arrivata. Dopo essersi assicurata, nuovamente, di essere sola, in quei pochi metri quadrati di stanza, la aprì rivelandone il contenuto. Un piccolo ovetto rosa con un laccetto collegato e un altrettanto piccolo telecomando del medesimo colore videro finalmente la luce del sole. Si trattava del minuto vibratore di Vanessa, un oggetto che la ragazza custodiva gelosamente, la cui esistenza era nota solo a lei. Quando lo ordinò online, per la vergogna e la paranoia che qualcuno potesse scoprirla eccedere nel piacere carnale, lo fece consegnare addirittura in un’altra città.

    Prese l’ovetto tra le dita, stringendolo e osservandolo a lungo. Il suo sguardo balzava dalla finestra che si stagliava sul blu marino al personalissimo sex toys. Il progetto della nuotata liberatoria fu presto accantonato, lasciando spazio a un piano ben più lussurioso. Non era usa intenzione esagerare, solo qualche minuto d’utilizzo per distendere i muscoli e chetare i suoi nervi. Si sedette sul materasso, calando leggermente i fastidiosi boxer, e fece scivolare l’ovetto all’interno della sua intimità. Le bastò solamente inserirlo dolcemente per stimolare il suo corpo, facendo così inumidire le labbra più nascoste.

    Era pronta a lasciarsi andare, con il telecomando in mano, a cinque minuti di puro piacere solitario. Pochi attimi prima che potesse premere il pulsante, dalla porta rimbombò un incessante bussare. Si alzò velocemente, tirandosi i boxer fino ai fianchi e correndo verso l’entrata. Matteo, posando orgoglioso con una saponetta in mano, era già di ritorno, costringendo Vanessa a cancellare i suoi perversi piani.

    “Trovato!”

    Disse Matteo, mentre si faceva strada all’interno del bungalow, ringraziando la collega che gentilmente gli stava tenendo aperta la porta. La ragazza lo fissò seccata; ancora una volta, a causa del suo compagno di viaggio, si trovava a dover cambiare i suoi programmi.

    “Ma… non dovresti andarne a prendere di più? Siamo in due. Una saponetta sola potrebbe non bastare.”

    Vanessa provò a instillare il dubbio nella mente di Matteo, sperando, così, di riottenere la privacy di cui era appena stata privata. Matteo guardò nuovamente la saponetta che stringeva nella mano, rigirandola su se stessa.

    “Nah. Penso che possa bastare, poi fuori fa troppo caldo… la sabbia scotta… Anzi, meglio rifrescare un po’ con l’aria condizionata. Ah… brava, dammi qua”
    Matteo, agilmente, strappò dalla mano di Vanessa il minuscolo telecomando che ancora aveva con sé. La ragazza non fece tempo a dire nulla che Matteo era già girato verso il condizionatore intento a dilettarsi con i minuscoli tasti.

    Vanessa si irrigidì, il sex toy entrò in funzione non appena venne sfiorato il comando dell’accensione. Non solo ne percepiva distintamente il ronzio, ma anche l’intensificarsi del massaggio all’interno della sua intimità. Le gambe incominciarono a tremare, mimando il costante sussultare dell’ovetto del piacere. Mentre Matteo continuava ad armeggiare con il telecomando, Vanessa si appoggiò prima a una parete e poi si lasciò scivolare su una sedia, cercando di contenere il suo ansimare.

    Il collega, all’oscuro delle sensazioni che stava provocando alla sua compagna di viaggio, si alterava per la poca responsività dell’impianto di condizionamento, premendo con maggiore celerità i pulsanti. Il repentino cambiamento di velocità della vibrazione portò Vanessa allo stremo, abbandonata sulla sedia con le cosce madide di piacere.

    “Tutto bene?”

    Chiese Matteo preoccupato, avendo solo in quel momento notato l’affanno di Vanessa e la sua seduta scomposta.

    “Ho… solo… caldo…”

    Rispose, quasi ansimando, continuamente martellata da brividi e scosse di piacere.

    “Tranquilla, ci penso io!”

    Matteo iniziò a colpire lateralmente il condizionatore impiantato nel muro testando, contemporaneamente, nuove combinazioni di tasti. Vanessa riuscì a resistere ancora per poco prima di lanciare un acuto urlo liberatorio, mentre il suo corpo fremeva da capo a piedi attraversato da una scossa di puro piacere.
    Matteo si girò, spaventato dalla reazione incontrollata di Vanessa. Quest’ultima, ancora barcollante e completamente sudata, si avvicinò al ragazzo sbigottito, prese il telecomando dalle sue mani e gli diede un unico ordine.

    “Oggi stiamo al caldo!”

    “Ma guarda che sono quasi riusc-“

    “Stiamo al caldo!”

    Urlò Vanessa, imponendosi sulla volontà del ragazzo pur osservandolo dal basso.

    “Vai a prendere il sapone! Ora!”

    “Ma…”

    “Ora!”

    Matteo non se lo fece ripetere due volte e sconsolato tornò ad affrontare la torrida afa tropicale, una sorte che ritenne migliore del confrontarsi con l’ira di Vanessa.

    Una volta sola, Vanessa poté finalmente scostare i boxer e sfilare l’ovetto che, ancora acceso, continuava imperterrito nella sua missione. Il tessuto era bagnato e appiccicoso in corrispondenza dell’inguine della ragazza, risultato del suo orgasmo quasi forzato, ma estremamente gradito.

    Il ritmo del suo respiro si normalizzò, il suo corpo perse di colore e i suoi muscoli iniziarono a rilassarsi. Era da diverso tempo che non provava un orgasmo così intenso. Non che non gradisse masturbarsi tra le mura domestiche, ma, forse per il contesto forse per l’insieme di emozioni a cui venne sottoposta, quella sessione di piacere intimo la colpì positivamente, facendole affrontare la giornata in maniera più tranquilla e serena.
     
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    Capitolo 5: Occupato! (Giorno 4)

    Le nocche di Vanessa impattarono più e più volte sulla porta di legno del bagno, segnalando al lento occupante di sbrigarsi.

    “Matteo! Devi uscire, ora!”

    Le urla della ragazza erano ritmate dal costante e frenetico bussare sulla porta, che tremava sempre di più ad ogni colpo.

    “Adesso non posso, scusa!”

    Una flebile e pentita esclamazione provenne dal bagno, Matteo si era svegliato per primo quella mattina lasciando Vanessa in attesa del suo turno. La ragazza sbuffò, tamburellando il pavimento con le dita dei piedi. L’impellente necessità di usare il bagno si fece sempre più esplicita quando Vanessa iniziò a premere con entrambe le mani il suo basso ventre, temendo di ripetere l’indelebile incidente del primo giorno.

    A nulla valsero le sue continue proteste, Matteo non ne voleva sapere di uscire dal bagno per concederle l’armonia così fortemente ricercata. Il corpo di Vanessa si piegava sempre di più, cercando di contrarre ogni singolo muscolo tra le sue gambe per evitare l’ennesima figuraccia. Una idea le balenò nella mente, una soluzione non molto elegante, ma sicuramente efficace. Se avesse raggiunto il mare avrebbe potuto liberarsi tra le onde senza provocare ulteriori danni.

    Abbandonò il suo posto di guardia e corse in camera per recuperare i boxer, ancora leggermente sporchi, prestati dal suo collega. Lanciò a terrà i pantaloni del pigiama e i candidi slip indossati durante la notte per potersi coprire con lo scomodo e sporco costume. Senza attendere ulteriormente si lanciò fuori dalla porta del bungalow, ma appena i suoi piedi toccarono la sabbia le fu fin troppo chiaro che la riva del mare era una metà irraggiungibile. Provò a fare qualche passo verso le onde, ma ogni movimento metteva a dura prova la sua resistenza.
    Si guardò intorno, cercando una via di fuga, la salvezza da quella tremenda situazione.

    - Là dietro… -

    Si mosse velocemente dietro il bungalow e, tra la struttura e la fitta vegetazione, trovò, finalmente, il luogo ideale dove espletare le sue funzioni fisiologiche. Appoggiò la schiena contro il muro del bungalow, facendo giusto in tempo a scostare leggermente la camicetta del pigiama e ad abbassare un poco i boxer che un getto caldo e dorato fuoriuscì dal suo basso ventre.

    Tirò un sospiro di sollievo osservando che, questa volta, era riuscita ad evitare il peggio. Le gocce dorate si infrangevano sulla sabbia, erodendo un piccolo avvallamento dove si andava ad incanalare la calda urina. Non le era mai capitato di svuotarsi in piedi, capendo solo in quel momento la grande fortuna e comodità di cui erano dotati gli uomini. Il rumore di una finestra scorrevole la colse di sorpresa: a suo fianco, a pochi centimetri, sbucò il volto di Matteo che, incuriosito dai rumori, aveva deciso di aprire la finestra.

    Senza accorgersene, Vanessa aveva scelto di urinare proprio a fianco del loro bagno.

    “Ah…”

    Una sillabica constatazione di Matteo bastò per mandare nel panico Vanessa, che cercò in tutti i modi di coprirsi. Il gettito copioso non accennava a diminuire, ormai il suo corpo aveva deciso che doveva svuotarsi fino all’ultima goccia e, pur volendo, non poteva interrompere quel lento processo. Pose istintivamente le mani davanti alle sue parti intime, producendo, così, schizzi dorati in ogni direzione, che finirono per sporcarla ovunque. Matteo continuava a fissarla, in parte divertito dallo spettacolo a cui stava assistendo, concentrandosi più del dovuto sull’inguine completamente depilato e umido della ragazza.

    Vanessa, volendo sfuggire al silenzioso sguardo penetrante del suo collega, cercò di defilarsi, allontanandosi verso la rigogliosa vegetazione, non curandosi dei bisogni del suo corpo. I boxer leggermente scostati e abbassati, però, le impedirono a tal punto i movimenti che, dopo un paio di passi, inciampò, finendo con la faccia nella sabbia.

    Vedendola in difficoltà, Matteo scavalcò prontamente la finestra, cercando di evitare la pozza di urina che si era formata, correndo in suo aiuto. Per un uomo della sua stazza fu semplice tirare su una ragazza esile come Vanessa. Prendendola sotto entrambe le braccia, in un unico movimento, la rimise in piedi. Completamente sporca di sabbia e bagnata in ogni dove, ancora gocciolante, Vanessa stava singhiozzando, incapace di ritrovare la disinvoltura che la contraddistingueva.

    Matteo, tenendola sottobraccio, la riaccompagnò dentro il bungalow, facendola accomodare su una sedia del salottino. Con molta delicatezza e tatto le sfilò i boxer e, con un fazzolettino inumidito, iniziò a ripulire le sue cosce. Cercando di non dare troppo nell’occhio, sfruttò l’occasione per osservare da vicino l’intimità della sua affranta collega. Le due pallide labbra, piccole e serrate, erano gonfie come una pesca matura. Osservandola bene, era possibile vedere la rosea e dolce polpa di quel frutto proibito, che Matteo avrebbe volentieri assaggiato.

    Si sbrigò, senza tentare troppo la sorte, a terminare la pulizia delle gambe, lasciando le parti più private alle cure della proprietaria. Si spostò sul viso, dal quale levò la sabbia e la miriade di lacrime che intristivano la dolce espressione di Vanessa. Quest’ultima aveva solo la forza di piangere, incapacitata a reagire alle eccessive attenzioni di Matteo. Avrebbe voluto dargli un calcio, spingerlo via e fargliela pagare per quello che le stava facendo, ma non riusciva a trovare le forze per farlo.

    “Finito…”

    Disse Matteo, soddisfatto del risultato ottenuto. Vanessa aveva sicuramente bisogno di una doccia, ma, almeno, ora era leggermente più presentabile di prima. La ragazza si alzò, ancora singhiozzando leggermente, e si avvicinò a ragazzo. Alzò entrambe le mani, serrò le dita a formare due pugni e iniziò a colpire con forza il petto dell’innocente collega.

    “Sei uno stronzo! Cosa cazzo hai fatto?! Io ti ammazzo!”

    Le ingiurie e le percosse continuarono per diversi minuti sotto lo sguardo attonito di Matteo. Il ragazzo non rispose ai colpi inferti, comprendendo lo stato d’animo nel quale versava Vanessa, la quale, una volta sfogatasi, corse in camera sbattendo dietro di sé la porta.

    “Mah…”

    Esclamò, ancora esterrefatto, Matteo, mentre si massaggiava i pettorali indolenziti dai colpi mirati di Vanessa. Compiuta la sua missione, decise di tornare in bagno raccogliendo, però, prima i suoi boxer lasciati sul pavimento dalla collerica collega. Al tatto erano umidi e caldi, un poco viscidi e pieni di sabbia. Si trovò quasi a disagio nello stringere tra le mani quei boxer, come se stesse violando la privacy della sua collega.

    Li rigirò tra le mani, osservandoli incuriosito. Stringendoli in una mano li portò con sé in bagno, per un’analisi più approfondita.

    Una volta seduto sul wc non poté fare a meno di indugiare in una lasciva curiosità: iniziò ad annusarli, concentrandosi sulla parte più a contatto con la succosa e sensuale pesca di Vanessa. Il suo membro, già parzialmente in erezione per via della vista di cui era stato spettatore, si erse marmoreo. Inebriato dagli odori dell’urina e degli umori di Vanessa, Matteo si masturbò, massaggiandosi la lunga asta di carne. Si godette quel profumo estatico e, quando ne fu sazio, avvolse i boxer sull’estremità del suo membro, battezzandoli con ripetuti schizzi di caldo e denso godimento.

    Sospirò mentre teneva davanti a sé il risultato della sua lussuria. Non accontentava le sue voglie da qualche giorno e la quantità di denso seme che aveva espulso lo compiaceva. Ora il suo odore si mischiava a quello di Vanessa, rendendo quell’indumento un inno alla perversione. Gettò i boxer in un angolo del bagno, dimenticandosene, e riprese a lavarsi i denti, ripensando, di tanto in tanto a Vanessa e alle sue succulente labbra.

    Vanessa non rivolse la parola a Matteo per tutto il resto della giornata, evitando di condividere con lui il momento del pranzo e della cena. Non aveva più intenzione di rapportarsi con il suo collega, non desiderava ricevere una ramanzina, un giudizio o sentire nuovamente il suo sguardo sopra il suo corpo. Passò, per quanto le era possibile, tutta la giornata chiusa in camera, uscendo solo per fruire della calda doccia messa a disposizione.

    Quando Matteo si aggirava nel bungalow, invece, Vanessa usciva, cogliendo l’occasione di esplorare i dintorni del villaggio. L’unica e ulteriore parola che si scambiarono quel giorno fu la buonanotte di Matteo, che non trovò alcuna risposta e cadde nel silenzio e nel buio della camera.
     
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    Capitolo 6: Regalo Non Gradito (Giorno 5)

    La caffettiera gorgogliò, riportando Matteo alla realtà. Seppur senza l’incombenza del lavoro, svegliarsi continuava a costituire un ostacolo insormontabile per lui. Avrebbe volentieri passato qualche altra oretta disteso sul morbido e accogliente materasso, ma, investito da un sussulto di galanteria, decise di donare un po’ di spazio a Vanessa. Riempì la piccola tazzina di plastica asettica quasi fino all’orlo, lasciando che il caffè si raffreddasse per qualche secondo. Non era mai stato tra le sue intenzioni mettere a disagio la sua collega. Non si trattava, questo era palese, di una persona amichevole, ma, in fondo, trovava gradevole passare del tempo insieme lei. In quel gioco del cane e del gatto vedeva una certa ironia. Dopo quanto era successo il giorno prima, dopo la sua reazione, si sentiva in seria difficoltà. Non gli importava individuare il colpevole, né ripartire la colpa equamente tra i due, voleva semplicemente rimediare a qualsiasi errore potesse aver commesso.

    Non ravvedeva alcuna colpa nelle sue azioni, oltretutto quando Vanessa si trovò in difficoltà era lì per aiutarla, senza chiedere alcunché in cambio. Quando si sentì male la trasportò in spalla, quando rimase nuda in acqua si prodigò per fornirle una soluzione a sue spese e quando il giorno prima inciampò nella sabbia… Matteo chiuse gli occhi espirando rumorosamente, l’idea di essere stato troppo invadente si faceva strada nella sua testa e batteva sulla sua tranquillità come un martello incessante.

    Non avrebbe potuto lasciarla lì, a terra e in lacrime, non sarebbe stato educato, aiutarla a rialzarsi e abbandonarla all’esterno, sporca, mezza nuda e singhiozzante forse sarebbe stato anche peggio. L’aiutarla a pulirsi, invece, se lo sarebbe potuto risparmiare. Conoscendo Vanessa, fiera come una leonessa, averla portata a mostrarsi così vulnerabile deve essere stato un indelebile affronto. Il desiderio di prendersi cura di lei, accudirla, però, continuava ad ardere nel cuore di Matteo.

    Pensare a quell’esile ragazza, scorbutica ma col dolce sorriso, per Matteo era motivo di gioia. Un accennato sorriso comparve sulle sue labbra mentre i vispi occhioni verdi che, spesso e volentieri, lo fissavano riaffioravano nei suoi ricordi. Non poteva, inoltre, nascondere a se stesso l’attrazione fisica che provava nei confronti di Vanessa. La pelle liscia e setosa, il candore del suo corpo, le sue forme prosperose catturavano i suoi desideri insinuandosi nelle fantasie più perverse.

    Matteo smise di preparare la colazione, fulminato da una cocente realizzazione.

    - Sono innamorato? –

    Un interrogativo che avrebbe spiegato il chiodo fisso che rappresentava Vanessa. Era leggermente spaventato da quella idea, l’amore può essere foriero di indicibili sofferenze e nessun allenamento può preparare ai colpi inferti da un amore non corrisposto. L’indelebile dolore che provò ieri, quando Vanessa lo insultò, trovava ora una spiegazione. Sospirò, ben sapendo che si desidera ciò che non si può avere, riponendo le speranze nella transitorietà di quella infatuazione.

    Finito di sorseggiare il suo caffè ne lasciò una tazza fumante sul tavolo, insieme ad alcuni zuccherosi biscotti. Un pensiero per la sua compagna di viaggio, speranzoso potesse apprezzare il gesto. Matteo uscì di scena, lasciandosi il bungalow alle spalle, concedendo così a Vanessa l’opportunità di far colazione in sua assenza.

    Con i piedi coperti dalla sabbia cocente si interrogò su come passare la mattina. Una rilassante passeggiata, uno stimolante allenamento o una breve nuotata rinfrescante, le opzioni non mancavano di certo in quel paradiso tropicale. Fece qualche passo in direzione della riva del mare, dove le onde rimestavano la sabbia bagnata ancora e ancora, ma un’idea impulsiva lo fece tornare sui suoi passi. Svoltò l’angolo dietro l’alloggio e si ritrovò nel luogo dove Vanessa era caduta in preda al panico.

    Il solco creatosi dal getto della ragazza era ormai asciutto, lasciando solo un umido avvallamento nella sabbia. Rivide la scena dipanarsi davanti a suoi occhi, l’espressione di Vanessa terrorizzata e poi il suo fondoschiena in bella vista, con la sua intimità ancora traboccante. Il suo desiderio era proteggerla, ma ripensarla in quella situazione di difficoltà animava i suoi ormoni e alimentava le sue fantasie. Pian piano il suo membro iniziò a gonfiarsi, lasciando intendere le strade percorse dalla fervida immaginazione.

    Estrasse dalla tasca dei boxer il cellulare e scorse nella galleria fino al fatidico video, quello che mostrava Vanessa bagnarsi involontariamente. Lo continuò a guardare, in loop, facendo così accrescere sempre di più la sua erezione. Lo smartphone, però, non custodiva solo quel video, ma anche altri scatti che Matteo aveva raccolto di nascosto negli ultimi giorni. Non ne andava fiero, ma, inizialmente nato come scherzo, divenne ben presto una consuetudine. La protagonista era sempre Vanessa, intenta a vivere la sua quotidianità e ad affrontare le difficoltà del giorno. Si dilettava a scattarle foto ogni volta che poteva, soprattutto quando il suo corpo era a favore di camera. Una foto in particolare catturò la sua attenzione, Vanessa era ritratta distratta, mentre le sue forme traboccavano dal suo bikini rosso.

    Un desiderio incontenibile spinse Matteo a far scivolare fuori dai boxer il suo membro ormai eretto. Con notevole perizia, dando sfoggio una routine ben rodata, iniziò a massaggiarsi l’estremità umida e pulsante. Con pochi movimenti del suo polso riuscì a raggiungere un breve ma intenso orgasmo, che sfociò in un rapido gettito di schizzi diretti proprio dove il giorno prima Vanessa aveva urinato.

    “Ora possiamo iniziare la giornata…”

    Compiaciuto, ripose il membro ancora parzialmente eretto e gocciolante all’interno dei boxer. La lucidità susseguente quel breve e intenso piacere gli donò una nuova idea. Avrebbe ottenuto un simbolico ramoscello di ulivo utile a riconquistare la fiducia di Vanessa.

    Si incamminò verso il centro del villaggio, perseguendo il suo obiettivo con la medesima determinazione di un soldato in missione speciale. Spese tutta la mattinata a vagare per la spiaggia e fuori dal villaggio turistico, chiedendo informazioni con una pronuncia elementare che creava non poche incomprensioni. Alla fine, però, riuscì a trovare ciò che cercava. In una piccola bancarella, appesi in bella vista, vi erano dozzine di costumi da bagno adatti a Vanessa. Li passò tra le mani, a uno a uno, come se stesse sfogliando un catalogo, indispettendo la proprietaria del negozietto che avrebbe, poi, dovuto rimetterli al loro posto.

    Solo in quel momento, Matteo prese atto che non conosceva né le misure né la taglia di Vanessa. In realtà, non ne conosceva neanche i gusti in fatto di abbigliamento. Si sforzò parecchio nel cercare di immaginare la sua collega indossare ogni singolo costume, ma, alla fine, optò per una soluzione molto più semplice e diretta: raccolse un costume a caso dal mucchio e decise di comprarlo senza porsi ulteriori domande.

    Matteo fu soddisfatto dell’acquisto, convinto che Vanessa, ricevendo un regalo del genere, avrebbe di certo perdonato la sua invasività. Immaginava già i ringraziamenti della collega, auspicando un abbraccio da parte sua e, perché no, anche un bacio. Con un sorriso ebete stampato sul volto, si avviò nuovamente verso il bungalow stringendo tra le mani orgoglioso il suo bottino.

    La ragazza, nel frattempo, si era finalmente svegliata e, dopo aver appurato di essere sola, aveva consumato la colazione gentilmente preparata da Matteo. Ancora ribolliva di rabbia, era tanto infuriata con se stessa quanto con Matteo. Non poteva perdonare né la propria goffaggine né la sfrontatezza del suo compagno di viaggio. Non solo l’aveva spiata, ma si era anche permesso di toccarla. Non si fidava degli uomini, tantomeno di Matteo e della sua, a detta sua, falsa gentilezza.

    - Che porco schifoso… -

    Rimuginò, mentre finiva di sorseggiare il caffè ormai freddo. Di tanto in tanto si massaggiava le mani, ancora indolenzite per via dei pugni sferrati a Matteo. Ripudiava la violenza e si sorprese per la reazione che aveva avuto, sentendosi quasi in colpa per quell’attacco fisico senza freni. Il rimorso iniziò a crescere in lei, rosicchiando le sue convinzioni un biscotto dopo l’altro. Vanessa non fece tempo a finire di formulare le sue ipotesi che già, dalla porta d’ingresso, emergeva il protagonista dei suoi pensieri.

    Matteo varcò la soglia e si diresse a passi lenti nel salottino, evitando di fare gesti inconsueti o rapidi movimenti, come se si stesse approcciando a un animale feroce.

    “Buongiorno…”

    Salutò Matteo, tentando un tiepido e cordiale approccio, sperando di uscirne, questa volta, senza ulteriori lividi.

    “Giorno…”

    Sottovoce, Vanessa ricambiò la cortesia senza mostrare alcun entusiasmo nel rivedere il suo collega. Non volendo, per il momento, condividere il suo tempo con lui, si alzò e si diresse velocemente verso la camera.

    “Aspetta… ho un regalo, per te.”

    Così dicendo, Matteo mostrò a Vanessa il risultato del suo peregrinare, sperando di far breccia nella corazza di cui si era vestita. Sorpresa, la ragazza si fermò per accettare il dono inatteso, strappando dalle mani di Matteo lo stropicciato sacchettino semitrasparente in cui era contenuto.

    “È un costume… così ne hai uno nuovo.”

    Vanessa guardò il ragazzo dritto negli occhi, cercando di decifrare il motivo di tanta premura.

    Un mugugno fu l’unico segno di ringraziamento che Matteo riuscì a ricevere poco prima che Vanessa, così come aveva iniziato poc’anzi, terminò la sua marcia verso la camera da letto. Matteo fu molto soddisfatto del risultato ottenuto, non solo aveva quasi ricevuto un ringraziamento, ma era uscito incolume dal confronto. Si sedette, felice e appagato, sperando che la collega tornasse presto a parlare con lui.

    Bastarono pochi minuti perché Matteo vedesse la porta della camera da letto spalancarsi con violenza.

    “Matteo…”

    Ringhiando, Vanessa avanzò lentamente uscendo dalla penombra e mostrando il nuovo costume che stava indossando, ostentando la terribile scelta effettuata dal ragazzo. Non solo il costume era di un paio di taglie più piccolo, ma era fin troppo intraprendente per i gusti di Vanessa.

    La striminzita mutandina premeva contro l’intimità di Vanessa lasciandone intravedere i contorni, il piccolo triangolino di tessuto traforato veniva, in parte, risucchiato dalle rigonfie e sporgenti grandi labbra, lasciando, così, intravvedere più del necessario. Un misero e solitario filo di tessuto era inghiottito dai glutei sodi, coprendo a malapena l’ano. Il reggiseno, poi, faticava a contenere il suo seno prosperoso, lasciando, quasi comicamente, intravvedere le rosee e scure areole; il tessuto traspirante, inoltre, permetteva di vedere senza troppa fatica i suoi appuntiti capezzoli.

    A Matteo sembrò che il terreno tremasse ad ogni passo della ragazza che, lentamente, si stava avvicinando a lui. Non poté fare a meno di gustarsi quella allettante visione, soffermandosi con gli occhi sul seno intrappolato in quel velo di tessuto.

    Vanessa fece esplodere tutta la sua ira sul povero ragazzo, riempiendolo di pugni.

    “Sei davvero solo un porco!”

    Ringhiò Vanessa, mentre cercava di far breccia nelle difese di Matteo che, nel frattempo si era chiuso su se stesso come un riccio. Ad ogni movimento il seno ondeggiava bruscamente, rendendo sempre più evidente la scarsa tenuta del nuovo costume, elargendo a Matteo sprazzi di una visione celestiale.

    - Almeno è tornata a parlarmi -

    Pensò Matteo, sopportando l’ennesima salva di colpi provenienti dalla furente collega.
     
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    Capitolo 7: Problemi Idrici (Giorno 6 - Mattina)

    “Uh?...”

    Vanessa appoggiò lo spazzolino sul lavandino, mentre con entrambe le mani tentava di svitare e riavvitare il rubinetto dell’acqua. La fauce cromata aveva improvvisamente smesso di dispensare il pregiato oro blu, elargendo solo qualche fresca goccia solitaria. Con la concentrazione di una scassinatrice, armeggiò sgraziatamente con il rubinetto, cercando la combinazione necessaria a donarle la dissetante refurtiva. Le misere sue conoscenze idrauliche, però, non furono sufficienti, lasciandola sconsolata china sul lavabo. Provò, per sicurezza, a controllare anche la doccia e tutti i sanitari, ma una inspiegabile siccità sembrava avesse colpito il suo angolo di paradiso.

    Corse in camera, tenendo lo spazzolino ben saldo in una mano, spalancò le persiane lasciando che il sole illuminasse la stanza e saltò sul letto dove Matteo stava ancora sonnecchiando.

    “Svegliati! Non c’è più acqua!”

    Ancora imbambolato, stropicciandosi gli occhi, Matteo tentò di mettere a fuoco le sue vicinanze, richiamando a sé la forza necessaria per comprendere e metabolizzare le parole di Vanessa.

    “Cosa sta suc-“

    “L’acqua! Non esce più!”

    Ripeté Vanessa, scocciata che il suo collega non avesse ancora colto la gravità della situazione. Senza acqua non avrebbe potuto lavarsi i capelli, farsi una doccia, non sarebbe stata più presentabile per il resto di tutta la vacanza. Per non parlare, poi, della convivenza forzata che avrebbe dovuto sopportare con un altro individuo la cui igiene non era tra le proprie priorità.
    “Avanti, muoviti! Risolvi il problema, subito!”

    Matteo fu costretto ad abbandonare il suo accogliente giaciglio, smosso dallo sbraitare incontrollato di Vanessa. Ripentendo quasi le medesime azioni, anche lui si prodigò nel controllare ogni singolo rubinetto. La fortuna non gli arrideva e l’acqua era ancora assente.

    “Forse è un problema del vil-“

    “Vai a informarti allora, cosa aspetti?”

    Il nervoso sbattere del piede di Vanessa dava il ritmo al passo di Matteo, il quale, senza farselo ripetere nuovamente, si lanciò fuori dall’alloggio. Con ancora indosso il pigiama, faticando ad orientarsi nel dormiveglia che continuava a perdurare, raggiunse, dopo qualche dietrofront, al punto informazioni del villaggio.

    Nel frattempo, senza farsi alcun problema, Vanessa espropriò buona parte delle bottiglie d’acqua di Matteo, utilizzandole per continuare a lavarsi e terminare la propria routine mattiniera.
    Dopo un’ora abbondante, con la sconfitta dipinta sul volto, Matteo rientrò mogio nel bungalow, portando con sé diversi bottiglioni. Sottobraccio, uno per parte, stringeva due boccioni stracolmi d’acqua, mentre, legate alla schiena, una moltitudine di bottiglie più piccole pendevano dalle sue spalle come tanti trofei di guerra. Appoggiò il carico sul pavimento, lasciandolo cadere con un tonfo seguito da un lungo sospiro. Si asciugò con un lembo della maglietta la fronte madida di sudore, sorseggiando un po’ d’acqua da una delle bottiglie che ancora erano assicurate al suo corpo.

    “Niente acqua… Solo bottiglie…”

    Disse affannato, intento a riprendersi dal faticoso viaggio sotto il sole cocente. Vanessa lo fissò sconvolta, non volendo accettare il destino che già aveva intuito.

    “Come niente acqua?”

    Incalzò Vanessa, ricevendo da Matteo solo uno sconsolato scuotimento di testa, purtroppo non sarebbe stato possibile riparare il guasto all’impianto idrico in giornata e, molto probabilmente, nemmeno nei giorni successivi. La direzione del villaggio, non avendo alternative al momento, consigliò a Matteo di arrangiarsi come potevano, consegnandogli un’ampia scorta di acqua e promettendogli presto una ulteriore fornitura.

    “Tutto rotto…”

    “Ma non si può vivere così. Devono riparare il guasto, subito!”

    Vanessa inveì sia contro lo staff sia contro Matteo, l’unico che, nonostante tutto, si era prodigato nel fornire una soluzione temporanea facendosi carico del trasporto fino al bungalow.
    “Domani ci hanno garantito una soluzione, ma per ora dobbiamo arrangiarci così. Come in campeggio!”

    Diede una pacca su uno dei boccioni, provando, così, a sedare sul nascere la sfuriata di Vanessa. Non aveva le forze, né fisiche né mentali, per sopportare la strapazzata a cui veniva solitamente sottoposto. Matteo sapeva adattarsi a quel genere di imprevisti, anzi trovava fosse una piacevole distrazione dalla monotonia della vacanza. Avrebbe voluto trasmettere la medesima calma alla sua collega, che, ormai, come una pentola a pressione era sul punto di esplodere.

    “Una soluzione la troviamo, non ti preoccupare. Fidati di me.”

    Appoggiò la mano sudaticcia sulla spalla di Vanessa, auspicando così di placarla. La ragazza incrociò le braccia davanti a sé, sbuffando e borbottando qualche parola incomprensibile. Permise, però, il contatto ricercato dal suo collega. Non le dava eccessivamente fastidio la libertà che si era concessa Matteo, anche se trovava inadatto che si fosse permesso di toccarla senza prima chiederlo. I giorni che avevano passato insieme, tuttavia, l’avevano in parte ammorbidita. Il confine che aveva eretto continuava ad esistere solo per non essere tacciata di ipocrisia. L’astio nei confronti del ragazzo si era, col passare delle ore, assopito.

    Temeva che, concedendo troppa attenzione a Matteo o accordandogli la richiesta gentilezza, si potesse instaurare un forte legame di amicizia. Non era solita circondarsi di amici e confidenti, infatti gran parte dei rapporti che stringeva erano per lo più superficiali, nati più per necessità che per piacere. Era sempre riuscita a convincersi che la propria compagnia fosse sufficiente ad affrontare qualsiasi problema, non necessitando, quindi, di una spalla amica su cui appoggiarsi in caso di difficoltà. Solo col tempo, crescendo, aveva compreso che l’indipendenza non è antitetica all’amicizia o addirittura all’amore. Una epifania che tardò ad arrivare nella sua vita, lasciandola sola ad affrontare la quotidianità e le sfide ad essa connesse. La pesante e impenetrabile corazza di cui si era vestita era fusa col suo essere più profondo, rendendole impossibile affrontare diversamente, pur volendo, le persone. L’amicizia con quell’ingenuo ragazzo, però, avrebbe potuto scalfire il suo cuore, esponendo la sua parte più vulnerabile.

    Ora, lontana da casa, in un luogo seppur idilliaco così estraneo, si sentiva, per la prima volta, veramente sola. La presenza di Matteo era la sua unica ancora di salvezza. Lontana dagli occhi giudicanti delle persone, poteva mettere in dubbio la necessità di ritrarsi ferocemente da qualsiasi legame più profondo di una conoscenza, evitando, per una volta, di mordere la mano protesa verso di lei. Ecco perché, in quel momento, lasciò che Matteo la toccasse. In fondo, godeva del calore trasmesso dal suo tocco amichevole, un calore diverso dall’afa che l’attanagliava, che riusciva a scaldarle il suo animo più spaventato.

    Vanessa tornò alla realtà, abbandonando i pensieri fin troppo profondi per la situazione che stava vivendo, rivolgendosi, imbronciata, verso Matteo.

    “E la doccia? E il lavandino? E il bagno? Come possono immaginare che con qualche bottiglietta riusciremo a sopravvivere in una condizione del genere?”

    “Beh… io ho pensato…”

    “Ed ecco il primo errore.”

    Fece notare Vanessa, con velenosa ironia, interrompendo sul nascere il discorso di Matteo, il quale accusò il colpo facendo finta di nulla.

    “Dicevo… Una parte delle bottiglie le conserviamo per dissetarci, un’altra parte per sciacquarsi il viso, le mani, i denti… insomma, per una pulizia veloce. I boccioni, invece, vanno bene per farci la doccia.”

    L’organizzazione di Matteo non faceva una piega, lo riconobbe anche Vanessa avendo cura, però, di non concederli questa vittoria ad alta voce. Non poté fare a meno di notare una falla nel suo piano perfetto, una stoccata logica che già si pregustava.

    “E per…”

    “Per?”

    Chiese Matteo, affrontando l’enigmatica posa che aveva assunto Vanessa.

    “Per… fare pipì e altro?”

    “Ah… semplice, posso andare tra le foglie qua dietro a fare un buco. Lì, poi, possiamo…”

    “No! No e No!”

    Vanessa urlò, riaffermandosi sul collega che, nel frattempo, aveva ritratto la sua mano.

    “Allora bisogna raggiungere i bagni pubblici… ma sono un po’ lontani”

    “Non mi interessa!”

    Vanessa chiuse gli occhi e alzò leggermente il mento, segnalando in quel modo infantile la sua avversione a qualsiasi altra proposta. Matteo fece spallucce, consapevole che non le avrebbe fatto cambiare idea con niente.

    “Va bene… vado in bagno a lavarmi allora.”

    Sconsolato, Matteo raccolse un boccione e qualche bottiglia, avviandosi verso il bagno.

    “No, vado prima io!”

    Vanessa lo superò, facendolo quasi cadere, trascinandosi dietro il pesante boccione e trasportando un paio di bottiglie sottobraccio. Il suo compagno di viaggio lasciò correre, non era sua intenzione intavolare una discussione per così poco, augurandosi che, concedendole quel piccolo trionfo, potesse ritrovare il buon umore. La ragazza iniziò a rinfrescarsi, ma, quando fu il momento di farsi una doccia incontrò un ostacolo insormontabile: il boccione pieno d’acqua era troppo pesante e non sarebbe mai riuscita a rovesciarlo sopra di sé. Tentò in qualsiasi modo, ma non aveva la forza necessaria nemmeno per sollevarlo di pochi centimetri. Arresasi all’evidenza, chiamò a rapporto il suo collega, che non tardò a precipitarsi nel bagno.

    “Tu sollevi, io mi lavo. E se provi solo un secondo ad aprire gli occhi…”

    Matteo capì immediatamente l’antifona, prendendo tra le mani il boccione e attendendo che Vanessa si accomodasse nello stretto box.

    “Da adesso tu non apri gli occhi fin quando non lo dico io!”

    Matteo si posizionò in modo tale da poter agilmente inclinare il boccione, regolandone il getto d’acqua secondo le indicazioni che Vanessa mormorava. Le palpebre gli dolevano da quanto le serrava saldamente, non era sua intenzione, seppur lo desiderasse fortemente, osservare il corpo nudo di Vanessa. Il solo sapere di averla lì a pochi centimetri completamente nuda, tuttavia, lo stimolò fisicamente e una timida erezione fece capolino tra le sue gambe.

    Uscendo dalla doccia, avvolta nell’accappatoio, Vanessa notò subito la reazione del suo collega, chiaramente visibile attraverso i pantaloncini.

    “Sei un porco! Hai guardato!”

    Sbraitò, cercando di colpire Matteo, che provava a schivare i suoi pugni ancora con gli occhi chiusi.

    “Non è vero! Credimi!”

    “E questo allora?”

    Col volto paonazzo, Vanessa allungò il suo esile indice in direzione del membro di Matteo, indicandone la parziale erezione. Matteo aprì un attimo gli occhi al fine di comprendere a cosa si stesse riferendo la ragazza, per poi richiederli subito dopo.

    “È… una reazione fisiologica… naturale! È il caldo! Lo sforzo fisico!”

    Vanessa continuava ad arrossire, non sapendo perché avesse sollevato quell’obiezione. Avrebbe potuto stare in silenzio ed evitare quel discorso, ma avrebbe perso l’occasione di sottolineare la sfrontatezza del suo collega. Cambiando discorso e divagando, distratto dal colpo basso subito, Matteo riuscì a contenere l’erezione, raffreddando i suoi bollenti spiriti. Recuperò il secondo boccione e sfruttando ancora la presenza di Vanessa nel bagno le propose di contraccambiare il favore.

    “Non è che mi insaponeresti la schiena? Se reggo il boccione poi non riesco a pulirmi…”

    “Assolutamente no!”

    La risposta netta di Vanessa smorzò l’entusiasmo del suo collega.

    “Ma… ti ho aiutata…”

    Vanessa sbuffò rumorosamente incrociando le braccia, a costo di apparire maleducata non avrebbe di certo aiutato il suo collega in quella mansione, poteva benissimo lavarsi da solo. Lo sguardo infelice e il tono di voce scoraggiato, però, mossero la ragazza. Provava del dispiacere. Fu strano per lei provare quella emozione, era dispiaciuta per aver tiranneggiato su un’altra persona, per aver deluso Matteo.

    “Ok, ma facciamo veloce. E i pantaloncini restano!”

    “Ma…”

    “Niente ma!”

    Sempre con sguardo scocciato, attese che Matteo inumidisse il suo corpo per poi iniziare a cospargere un velo di bagnoschiuma. Iniziò a insaponarlo dal collo, facendo scorrere le mani sul trapezio muscoloso e sviluppato. Si ritrovò a indugiare più del dovuto nel massaggio, era la prima volta che riusciva a toccare un uomo così definito. Passò le dita lungo ogni curva della schiena, esplorandone ogni anfratto, ogni fibra muscolare. Voleva distaccarsene, uscire da quel bagno, ma il suo libero arbitrio cedeva davanti al suo recondito desiderio.

    Sulla punta dei piedi, avanzando poco a poco, si posizionò quasi a contatto con la schiena definita di Matteo. Voleva vederla meglio, sentirla più vicina, toccarla completamente, morderla… Fece immediatamente un passo indietro, spaventata dai pensieri che stavano percorrendo la propria mente.

    “Finito…”

    Quasi a malincuore, Vanessa confermò a Matteo il lavoro svolto, donando riposo alle stanche dita.

    “Ora posso terminare io, grazie mille”

    “Ok…”

    Vanessa uscì dal bagno guardandosi le mani. Avrebbe voluto continuare quel massaggio, esplorando altre parti del corpo di Matteo. Quell’effimero momento, però, era destinato a terminare così, nelle sue fantasie più recondite.

    - Un altro po’ ed esplodevo –

    Pensò tra sé e sé Matteo, rimasto solo nel bagno, mentre faceva scivolare fuori dai pantaloncini bagnati l’imponente erezione. Le dolci e invasive carezze di Vanessa l’avevano fatto sognare e volare con la fantasia. Il timore di essere scoperto, che Vanessa potesse notare l’effetto che le sue attenzioni generavano sul suo corpo, lo aveva solo eccitato di più. Un solitario e silenzioso massaggio condito da deboli gemiti di piacere anticiparono l’esplosione tanto rimandata. Un unico e cremoso fiotto di caldo nettare di piacere ricoprì gli umidi addominali di Matteo, ponendo un freno alla sua lussuria sfrenata.
     
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    Nonostante i momenti un po' feticisti, sullo sfondo si sta sviluppando una storia dai tratti romantici.
     
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    Capitolo 8: In trappola (Giorno 6 - Pomeriggio)

    Un costante scrosciare catturò l’attenzione di Vanessa, che, pigramente, era seduta nel salottino cullata dalla frescura del condizionatore. Si affrettò verso il bagno, trepidante per la notizia che Matteo le avrebbe sicuramente dato. La poteva sentire, uno scroscio d’acqua stava sgorgando, ponendo fine a quella artificiale siccità. Spalancò la porta con aria soddisfatta, ponendosi sull’uscio tutta impettita. Il sorriso fece presto a scomparire dalle sue labbra, lasciandole un disgustato stupore stampato sul viso. Matteo, leggermente inclinato sul boccione vuoto, con gli slip leggermente scostati e il membro infilato all’interno del collo del bottiglione, stava urinando senza troppe preoccupazioni.

    “Non… non avevo voglia di andare fino al bagno pubblico”

    Si giustificò, lasciandosi scappare una risata nervosa, cercando di coprire, per quanto possibile, con il palmo della mano la sua asta ancora sgocciolante. Le gote di Vanessa si tinsero in breve tempo di rosso fuoco, sbalordita da quanto aveva interrotto. Avrebbe voluto arrabbiarsi, ma la colpa ricadeva tutta su di lei. Se non fosse entrata con tanta superficialità nel bagno non avrebbe fatto irruzione nell’intimità di Matteo. Questo, però, non rendeva meno inopportuno e oltremodo rivoltante, almeno dal suo punto di vista, quanto stava facendo Matteo.

    “E ti sembra normale? Fare… questo?! E poi il boccione non lo avremmo dovuto restituire?”

    “Ma poi lo svuoto nel mare…”

    “Ti senti quando parli? Tu berresti da un boccione se sapessi che poco prima ci ho fatto pipì dentro?”

    L’immagine di Vanessa chinata, con la fessura del recipiente ben premuta sulla sua intimità, e mezza nuda fece capolino tra i pensieri di Matteo. Il suo membro umido, lentamente, durante lo sterile battibeccare iniziò a ingrossarsi. Il sogno a occhi aperti che stava vivendo e la presenza della protagonista a così breve distanza fecero irrorare le sue parti intime di perversione e calore.

    “Non è igienico. Non penso debba dirtelo io, dovrest-“

    Vanessa si interruppe prontamente quando notò l’ingombrante reazione di Matteo. Oramai l’anello di plastica cingeva l’asta di carne eretta, in parte ancora all’interno della toilette improvvisata.

    “Matteo! Ti… ti… ti.. sembra il momento?!”

    “Non è colpa mia! Sei tu che continui a guardarmi.”

    Vanessa arrossì violentemente, ogni centimetro della sua pelle era purpureo dalla vergogna. Piroettò su se stessa, donando a Matteo la privacy che gli aveva poco prima sottratto.
    “Sbrigati! Toglilo e rivestiti. Poi penserai a come pulire tutto e a scusarti con lo staff.”

    Matteo sospiro, afferrò il boccione con le mani e iniziò a sfilarlo. L’anello di plastica che descriveva l’apertura scivolò lungo l’erezione a fatica fino a bloccarsi poco sotto l’ampia e pulsante cappella.

    “Uh”

    Matteo provo a sfilarlo applicando leggermente più forza, roteandolo in varie posizioni per agevolarne la fuoriuscita.

    “Allora? Hai fatto?”

    “C’è un problema… È… bloccato”

    Vanessa si voltò non appena udì la parola “problema”. Matteo sembrava impegnato in una piccante sessione di yoga, gesticolando e rigirandosi sopra il grosso recipiente di plastica.

    “Fallo uscire”

    “Non ci riesco!”

    Il panico prese il sopravvento e il ragazzo provò, preoccupato, a divincolarsi da quella trappola in tutti i modi possibili.

    “Vado a chiamare qualcuno che possa aiutarti.”

    Vanessa si voltò verso l’uscita, ma venne prontamente bloccata dalle suppliche di Matteo.

    “No! Cosa vuoi che pensino se mi vedono così?”

    “È colpa tua, non mi interessa.”

    “Non ti interessa nemmeno quello che penserebbero i nostri colleghi se vedessero quel video…?”

    Il volto della ragazza sbiancò udendo quelle parole. Con un unico movimento si diresse nuovamente verso Matteo. Alzò un pugno all’altezza del viso, ma le sue palesi intenzioni vennero nuovamente interrotte dalle parole del ragazzo.

    “Aiutami e… cancello il video. Promesso!”

    Le dita della mano di Vanessa si rilassarono e tutto il corpo riacquisto una postura più naturale, abbandonando le velleità combattive e accettando, implicitamente, l’accordo proposto.
    “E come?”
    “Vai a prendere il mio cellulare, è da qualche parte in camera”

    Vanessa, confusa dall’insolita richiesta, si diresse nella camera da letto. Tra i cuscini giaceva solitario lo smartphone di Matteo. L’idea di cancellare il video incriminato in quel momento, disattendendo quanto promesso, le balenò tra i pensieri, ma una schermata di blocco le impedì di mettere in atto il tradimento. Se ne avesse avuto l’opportunità lo avrebbe fatto senza alcun problema, era lei la vittima di questo scherzo dopotutto.

    Non appena la vide riemergere dalla camera, Matteo gesticolò impaziente, ancora intrappolato e in piena erezione. Vanessa si avvicinò a lui sospirando, in attesa di ricevere ulteriori istruzioni.

    “Ecco, adesso cerca qualcosa di eccitante. Un video porno sarebbe perfetto!”

    “Scusami?!”

    “Prima lo fai e prima riesco a liberarmi”

    Matteo sbloccò il cellulare con la sua impronta digitale, lo riconsegnò a Vanessa e prese tra le mani il boccione. Vanessa iniziò a digitare sullo schermo, una pletora infinita di siti porno comparve davanti ai suoi occhi. Scelse il primo della lista e, successivamente, premette su uno dei video comparsi a schermo. Una serie di gemiti femminili riecheggiò nel piccolo bagno.

    “Questo… va bene?”

    Vanessa voltò il cellulare verso Matteo, il quale, nel frattempo, aveva già iniziato a mimare una penetrazione in piena regola. Muovendo il boccione avanti e indietro, la speranza di Matteo era di riuscire a sopire il suo desiderio e poter, così, sfilare il proprio membro.

    “Più vicina”

    Vanessa fece qualche passo in direzione del ragazzo, brandendo il cellulare come unico mezzo di difesa tra sé e la depravazione di quella scena. Con gli occhi incollati sul filmato, Matteo non poteva notare il broncio formatosi sul volto della ragazza.

    Costretta a fungere da mero piedistallo di carne, Vanessa stava seriamente considerando l’idea di abbandonare Matteo in quello stato e gettare il cellulare tra le onde cristalline del mare. Nonostante l’allettante idea, continuò imperterrita a rimanere immobile, subendo quell’ennesima umiliazione. In un primo momento provò a tenere gli occhi chiusi, ma ascoltare i suoni del video e i gemiti sommessi di Matteo nell’oscurità rendeva la situazione ancora più assurda e imbarazzante.

    Col passare del tempo si trovò a fissare il boccione, l’apertura aveva completamente immobilizzato il membro di Matteo. Riusciva solamente a far scivolare lo spesso anello di plastica dalla base fino a poco sotto la punta. Il ritmico ondulare del corpo del ragazzo l’aveva quasi ipnotizzata, l’erezione era un pendolo il cui movimento rapiva l’attenzione di Vanessa.
    Potendo osservarlo più attentamente e senza dare troppo nell’occhio, Vanessa si stupì delle dimensioni effettive che Matteo nascondeva tra le gambe.

    “No, questo non va bene. Un altro”

    Le parole del ragazzo ruppero l’incantesimo e Vanessa piombò nuovamente nella realtà.

    “Non… non va bene?”

    “No, cercano un altro più… più… eccitante!”

    Stupefatta per la richiesta, diresse un solo e significativo sguardo di disgusto verso Matteo prima di mettersi a cercare un altro video. Controllò nuovamente il sito, provando a sceglierne uno diverso.

    “No no no, anche questo non va bene”

    Vanessa sbuffò sonoramente prima di rimettersi alla ricerca di un nuovo video che potesse soddisfare le fantasie del ragazzo. Una illuminazione la colse improvvisamente e, infastidita per l’idea che ella stessa aveva partorito, digitò alcune parole ben precise.

    Un video intitolato “pissing compilation” divenne il nuovo centro dell’attenzione per Matteo. I gemiti si fecero più frequenti e il membro iniziò a pulsare con maggiore intensità. Vanessa si sentì quasi violata per quella perversa reazione, era stata osservata da Matteo in due occasioni fare pipì e il pensiero che potesse trovarlo minimamente eccitante la nauseava e seccava.

    “Quasi… quasi…”

    Il respiro di Matteo si faceva sempre più incostante, ma il culmine della sua fatica ancora pareva non essere all’orizzonte. Vanessa ritrasse il cellulare lasciando lo sguardo di Matteo annaspare nel vuoto alla ricerca di una nuova fonte di eccitazione. Nella galleria, nascosto tra le diverse cartelle, c’era il video che la ritraeva come inconsapevole protagonista. Scorse fino al punto più imbarazzante e pose nuovamente lo schermo davanti al muso del ragazzo.

    Alla vista del video, in pochi secondi Matteo eruttò in una serie di densi e caldi fiotti di piacere. Il membro, compiuta la sua missione, in poco tempo si sfilò dall’apertura, donando la tanto agognata libertà al suo padrone.

    “Finalmen-“

    Vanessa, furibonda, fissava il ragazzo appena liberato.

    “Tu… Porco!”

    La ragazza si scagliò contro Matteo, riempiendolo di schiaffi senza trattenersi.

    “Porco, porco, porco, porco!”

    Le urla e la violenza di Vanessa fecero ben presto indietreggiare Matteo che, in silenzio e a tratti spaventato dalla reazione della sua compagna di viaggio, fuggì nella camera. Rimasta sola, Vanessa, finalmente, poté eliminare il video, riottenendo anche lei la sua libertà. Tirò un sospiro di sollievo, vedendo finalmente un termine a quel ricatto a cui era dovuta sottostare.
    Prima di uscire dal bagno, però, decise di soddisfare una sua personale curiosità. Chiuse ad anello l’indice e il pollice della mano destra attorno all’apertura del boccione, ma, per quanto si sforzasse, le dita non riuscivano a toccarsi.

    “Wow…”
     
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