Una nuova vita

Giulio, un giovane universitario, si trova a condividere l'appartamento con una ragazza molto particolare

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    Non mi piace lasciare le cose a metà. Purtroppo, per motivi di tempo ed eventi esterni, dovetti lasciare un po' sospeso il finale di questa storia. Un finale che non mi piaceva, ma che ho scritto per dare una conclusione. Per questo motivo ho deciso di ampliare la storia e portarla a una fine un po' più decorosa, con il crescendo che, a parer mio, merita. I prossimi capitoli, volendo, potete vederli come una "route" alternativa. Il primo nuovo capitolo si innesta, e sostituisce, il precedente decimo capitolo.

    Sperando possa cogliere la vostra attenzione vi auguro una buona (spero) lettura.

    Capitolo 10 - Alternative

    “È troppo stretto…”

    Sbuffò, amareggiata, mentre si osservava, con severità, attraverso lo specchio. Alessia tentò invano di riposizionare la lingerie, la sua arma segreta, per accomodare ogni parte del suo corpo. Il tulle, però, tanto sensuale quanto severo, non le donava la pace sperata. I capezzoli le premevano sul tessuto, posti in punizione dietro un sottile velo di pizzo nero. Le apnee a cui si sottoponeva erano interrotte dal suo continuo sbuffare e lamentarsi sottovoce. In nessun caso sarebbe riuscita ad indossare per più di qualche minuto quel body.

    “Colpa sua…”

    Mentre il broncio riempiva il suo dolce viso, la mente tornava al giorno prima e alla sua fugace, ma intensa, interazione con Silvia. Per Alessia, era lei la colpevole di questo disastro. D’altronde, come avrebbe potuto scegliere in tranquillità la taglia giusta, subendo continue e indesiderate attenzioni? Per un attimo le sembrò di risentire le mani di Silvia cingerle il corpo, facendola, in un istante, trasalire e, inconsciamente, ritirare su se stessa. Un profondo e lungo sospiro segnalò la sua sconfitta. Continuava a guardarsi allo specchio, adagiando la sua attenzione sulle sue vacue forme. Le parole di Silvia avevano minato la sua già fragile sicurezza. Scostando il lembo di tulle che proteggeva la sua intimità, le velenose osservazioni raccolte la sera prima le parvero più reali che mai.

    “Più corti, più curati”

    I suoi pensieri correvano verso il futuro, mentre con le mani accarezzava l’inguine celato da una scura peluria. Fin dove era necessario spingersi? Una misera spuntatina o un look moderno, Alessia tentava di immaginare il proprio corpo e la reazione di Giulio a tale vista. Si sentiva come un pesce fuor d’acqua, costretta ad affrontare una sfida per la quale nessuno l’aveva mai preparata. Scostò più volte il tulle, rigirandolo e tirandone i lembi, così da avere una visione più chiara. Un movimento di troppo, però, pose fine a qualsiasi elucubrazione.

    Un sordo e improvviso rumore annientò tutte le speranze di Alessia.

    “No, no, no, no, no…”

    Le esili mani della ragazza, freneticamente, tentavano di riunire le parti del body che si erano strappate. Un lungo taglio era disegnato sul fianco del suo ultimo acquisto. Pateticamente, Alessia tentò in tutti i modi di rimediare al danno commesso, aspettandosi che, come per magia, il tessuto si ricucisse da solo. La disperazione, ormai, la stava portando a piangere e, con un accenno di lacrime, si lasciò sprofondare sul letto.

    Abbracciando il soffice cuscino, lasciò che il silenzio le rubasse la scena. Poteva ancora vedere uno scorcio di sé riflesso allo specchio affisso alla parete. Vedendosi in quello stato non poté fare altro che indulgere nello sconforto, senza speranza alcuna. Pur non volendo, rimuginò più volte sulle parole di Silvia.

    “Agli uomini piace quello, agli uomini piace questo…”

    Il passionale bacio scambiato con Giulio albergava ancora sulle sue labbra, non poteva credere che non avesse alcun significato. Il battito del suo cuore si faceva sempre più incostante, quel dolce ricordo la rendeva solo più triste. Si ritrovò ben presto ad avvinghiarsi completamente al cuscino, intrappolato così come lo erano le sue paure. Alessia non riusciva a darsi pace, le preoccupazioni annebbiavano la sua capacità di giudizio, paranoie sul suo corpo e sui suoi comportamenti rimbalzavano nella sua stanca mente. Il terrore di perdere Giulio per via di un qualsiasi errore, inoltre, demoliva qualsivoglia piano e strategia riuscisse a ponderare. Si chiese, quasi sbigottita, se quello che stava provando non fosse altro che amore. Era la prima volta che si sentiva così, nessuno era mai riuscito a far breccia in quel modo nel suo cuore.

    Affondò il viso e le unghie nel cuscino, suo compagno di sventure, immaginando fosse il suo amato. Ripercorse nuovamente tutte le tappe di quel giorno, il primo bacio, il lento scivolare delle sue mani fino al suo sedere, l’emozione di Giulio premuta con forza contro il suo ventre. Il cuore era sul punto si esplodere, una vampata di calore la pervase da capo a piedi.

    “Giulio…”

    Mormorò il suo nome più e più volte, desiderando ardentemente che i suoi sogni potessero realizzarsi. Chiuse gli occhi per aiutare la fantasia a immergerla nel mondo che desiderava, felice insieme a Giulio. Scostò leggermente il tulle, ormai umido, che celava il suo focoso fiore. Non era solita procurarsi piacere, non aveva mai sentito tale necessità. Sapeva di essere un po’ particolare sotto quel punto di vista, quasi una rarità, ma la sessualità non era connaturata in lei. Eppure, l’arrivo di Giulio nella sua vita aveva mosso qualcosa nel profondo del suo essere.
    Rapidi e focalizzati movimenti presero quasi immediatamente il posto del lascivo e lento massaggio che stava praticando. Il timido clitoride fremeva al tocco, irradiando il corpo di intenso piacere. I suoi muscoli tremavano a ogni movimento, il suo ansimare era sempre più irregolare e il suo corpo si contorceva in una danza lussuriosa. Il cuscino era, ormai, rimpiazzo momentaneo del suo desiderio, mordendone un angolo per sopprimere il rumoroso ansimare.

    Si osservava allo specchio gemere e sussultare, come a voler imprimere per sempre questo fugace atto di coraggio. Ciò a cui stava assistendo sarebbe stato lo spettacolo che avrebbe donato a Giulio. Anche nel pieno della tempesta di piacere, non resistette al porsi domande sulla qualità della sua performance. Si interrogò sulle preferenze di Giulio, preoccupandosi che la lasciva visione offerta non avrebbe incontrato i suoi gusti.

    Pur fronteggiando questi pensieri, il suono ritmico di un bagnato stantuffare riempiva la stanza, accompagnato da un crescente e preoccupato ansimare. In quel preciso istante si sentiva sporca, immorale e imbarazzata, si sentiva sullo stesso livello di una prostituta che si vendeva senza remore.

    “La tua puttana…”

    Mormorò prima di irrigidirsi completamente, perdendo il controllo delle gambe, che si dimenavano come se avessero vita propria. Il potente orgasmo sconquasso i suoi pensieri, donandole, per qualche minuto, una quanto mai meritata pace interiore. Era da diverso tempo che non si donava piacere e non era più abituata a quella scarica di adrenalina. Per la tenera ragazza, la sessualità era un concetto quasi avulso alla sua quotidianità. Non era una campionessa di castità, sapeva come esplorare il suo corpo quando più ne aveva bisogno, ma le occasioni era sparute e frettolose. Una resa senza condizioni alla sua carne, che, a più riprese, pretendeva di avere voce in capitolo.

    Né soppressione né timidezza, a guidarla era la volontà di raggiungere un approccio equilibrato al suo desiderio. Per farlo, però, si erano rese necessarie delle regole, talvolta disattese, ma per lo più adottate e inconsciamente attuate. La masturbazione era uno di quegli aspetti, forse tra i più critici, del suo codice autoimposto. Dedicava attenzioni al suo corpo solo poche volte al mese, solo nei frangenti in cui la sua forza di volontà risultava più fragile. L’arrivo di Giulio nella sua vita, però, l’aveva, in parte scombussolata. Non le ci volle molte per capire che la ribellione attuata dal proprio corpo si faceva tanto più violenta tanto più tempo passava insieme al suo amico. Per levarselo dalla mente e calmarsi arrivò anche a guardare qualche video porno, goffo tentativo che fece solo esplodere il suo desiderio.

    Si sentiva come una mina, pronta a esplodere da un momento all’altro. La sua miccia era sempre più corta e temeva che questo potesse essere un deterrente nei confronti di Giulio, convinta che mai l’avrebbe amata se avesse dato sfogo alla sua lussuria.

    -Per gli uomini è così semplice-

    Pensò, constatando la propria difficoltà a esprimere ciò che provava. Temeva di perdere Giulio, temeva di allontanarlo o, peggio, di farsi sfruttare. Finalmente mollò la presa sul cuscino, donandogli una rinnovata libertà. Sedendosi sul letto, notò come lo strappo al vestito fosse peggiorato. I movimenti inconsulti avevano infierito sul disastro poc’anzi causato, rendendo, molto probabilmente, irreparabile il danno.

    La mano scorreva sullo strappo, quasi sollevata dall’inaspettata opportunità. Non avrebbe più potuto utilizzare quel body, risparmiandosi, molto probabilmente, un giudizio critico della sua fiamma. La momentanea calma, però, lasciò spazio al disperato grido di aiuto del desiderio. Lei voleva farsi ammirare da Giulio, lei voleva indossare quel vestito per lui. Complice una gran confusione in testa, pensò che l’unica persona in grado di risolvere il pasticcio che aveva creato fosse solo una. Pur non andandole troppo a genio, chi meglio di lei almeno per sostituire il body?

    Attese quasi fino a sera prima di uscire di casa. Tra le sue mani stringeva il suo borsone in juta, al cui interno era riposto con cura, per quanto fosse possibile, il completino intimo reduce dell’avventura pomeridiana. Con circospezione, muovendosi come un gatto tra la folle, si appostò fuori dal negozio dove stava lavorando Silvia. Doveva solo attendere l’orario di chiusura e sgattaiolare all’interno. Secondo la sua logica, Silvia le avrebbe fornito una rapida alternativa pur di non attardarsi più del dovuto. In questo modo sarebbe anche riuscita ad evitare qualsiasi confronto indiscreto, un piano perfetto per evitare di esporsi più del dovuto.

    Alessia percorse più volte il viale sul quale si affacciava la boutique, muoversi la aiutava a rimanere concentrata e a calmarsi. Si sentiva come un soldato pronto ad affrontare una missione speciale senza garanzia di rientro. I lampioni iniziarono ad accendersi in sequenza e, poco dopo, la saracinesca del negozio iniziò ad abbassarsi fino a mezza altezza. Le luci interne diventarono più soffuse e il via vai della folla sul marciapiede divenne sempre più esiguo.

    Stava sudando, si sentiva come una preda che stupidamente aveva deciso di immolarsi al cospetto del suo cacciatore. Doveva farlo, doveva dimostrare a se stessa che era in grado di riuscirci. Scivolò agilmente sotto la saracinesca e, immersa nella penombra, raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo.

    Nel buio, il negozio aveva assunto un aspetto quasi spettrale. Da sola, immersa nella fioca luce emessa da una lampada posta sul bancone, attendeva il suo turno in una fila immaginaria. L’assenza prolungata di Silvia, però, stava diventando più snervante della sua stessa presenza. Per un attimo si ritrovò a ripercorre il tragitto verso l’uscita. Ma il suo corpo era di diversa opinione e la tratteneva in quel luogo dove il tempo era sospeso.

    “P-permesso!”
     
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    In cauda venenum

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    Grazie per la prosecuzione e l'alternativa. :oml:
     
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    Capitolo 11 - Alt.

    L’andirivieni delle curiose clienti andava sempre più scemando, i caldi raggi del tramonto coloravano i capi esposti e le lancette del piccolo orologio affisso nel negozio erano in procinto di dichiarare la meritata libertà. Solo il loro lento e metodico rintoccare era rimasto a far compagnia a Silvia, dedita a riassettare i diversi indumenti esposti prima di terminare la sua giornata lavorativa. Gli attimi prima della chiusura erano i suoi preferiti, non solo perché da lì a poco sarebbe rientrata a casa per riposarsi, ma anche per l’opportunità di passare del tempo da sola con la sua amata lingerie.

    Ciò che più le piaceva di quel lavoro era, infatti, era la possibilità di donare la giusta e ricercata femminilità a tutte le clienti con il capo giusto. Ogni corpo poteva diventare un capolavoro col giusto tessuto, ogni desiderio poteva essere espresso con la scelta della lingerie più adatta. Una estenuante ricerca della perfezione che, purtroppo, non riusciva a raggiungere personalmente. Seppur sempre soddisfatta dei consigli elargiti alle diverse donne che entravano nel negozio, non riusciva a ottenere da se stessa il medesimo appagamento. Ogni indumento fallato, rovinato o, semplicemente, troppo vecchio per essere destinato alla vendita diventava un nuovo tentativo per la sua fantasia.

    Anche quella sera, colta la nuova opportunità che si era presentata, aveva deciso di rendere il corpo nuovamente una tela da far vivere con nuove sfumature. Prima di entrare nel camerino, fece scivolare la saracinesca fino a metà altezza e spense gran parte delle luci. Un ottimo modo per tenere lontani curiosi e clienti fuoriorario. Il babydoll su cui aveva messo le mani si sarebbe rivelato un valido tentativo per illuminare il suo corpo.

    Avrebbe donato a quel completino nuova vita, malgrado le irregolari e rovinate cuciture delle spalline. La rete a pois violacea donava eleganza e grazia alle curve di Silvia, le quali risaltavano grazie allo strategico cut-out sotto il prosperoso seno. Il pizzo era tanto sottile da lasciar intravedere chiaramente la sue curata e vellutata pelle e gli slip abbinati, anch’essi di deciso ed elegante color viola. Fece un giro su se stessa, lasciando che la veste si alzasse e adagiasse leggiadramente nuovamente sul suo corpo da amazzone.

    Gli slip, anch’essi tanto trasparenti quanto graziosi, contenevano a fatica il suo membro dormiente. Nonostante la sua ingombrante presenza, nulla poteva contro l’eccezionale femminilità che rappresentava Silvia. Il raffinato portamento rendeva il pizzo un mantello degno di una regina. Non le dispiaceva affatto quel babydoll, non era perfetto, ma la faceva sentire sicura di sé.

    La sua piccola sfilata privata venne interrotta inaspettatamente da una inattesa richiesta.

    “P-permesso!”

    Scostò la tenda del camerino, lasciando fuoruscire leggermente solo il capo, per scoprire chi avesse avuto l’ardore di entrare nel negozio a quell’ora. Alessia, tesa in una rigida e timorosa posa, si trovava proprio al centro della sala, abbracciata dalla penombra e dal silenzio serale. Stringeva al petto con entrambe le mani la sua sciatta borsa di juta, cingendola a sé come volesse celarla alla vista di chiunque, anche la propria. Cosa ci facesse lì la ragazza, per Silvia, era un mistero degno di essere approfondito. In realtà, dopo il loro ultimo incontro, era più che convinta che non vi sarebbero state ulteriori occasioni di incontrare la dolce metà di Giulio.

    Le tornò, come un lampo, alla mente il comportamento che, inspiegabilmente, aveva tenuto con lei. Non era fiera per il suo comportamento, tutt’altro. Si sentiva in colpa per aver fatto vivere ad Alessia quegli interminabili minuti di perfido giudizio.

    Silvia uscì dal camerino coprendo, per quanto ne fosse in grado, con le mani le parti più esposte del suo corpo. Alessia non si aspettava di certo di incontrare Silvia in quello stato, le fu naturale, quasi istintivo, distogliere lo sguardo, lasciando che giacesse ai suoi piedi.

    “Alessia, non ti aspettavo a quest’ora. A dirla tutta, non aspettavo nessuno.”

    “No… Io… Non volevo disturbare, è che…”

    Il coraggio della ragazza svanì di colpo, lasciandola inerme alla mercé di Silvia. I muscoli delle gambe, da tesi come una corda di violino, divennero immediatamente molli e deboli. Ora il suo piano le sembrava senza senso, interrogandosi sul perché si fosse sottoposta nuovamente a quell’estenuante esperienza.

    “Non disturbi, tranquilla. Come posso aiutarti?”

    Un sorriso forzato atto a mascherare il medesimo smarrimento non riuscì a rassicurare Alessia, che, annaspando tra le parole, aveva già iniziato ad evadere dalla situazione nella quale si era posta.

    “Niente. Io… tornerò domani.”

    “Non mi disturbi, davvero. Stavo… solo provando alcuni nuovi arrivi. Hai già avuto modo mettere alla prova il tuo ultimo acquisto?”

    Le mani di Alessia affondarono ancora con più forza nella borsa, con che coraggio le avrebbe potuto dire quanto era successo. In fondo, si trattava di un suo regalo. Inoltre, chissà a quali pensieri avrebbe dato adito. Non ci aveva fatto nulla di male con quel body, o, almeno, non era stato quello il motivo della rottura. Non decidendosi su quale scusa utilizzare, il tempo continuava a scorrere, lasciando Silvia in una snervante attesa.

    “Sì… cioè, no. L’ho provato, ma… non… cioè…”

    Con le parole non sarebbe mai riuscita a esporre il problema, la sua mente non collaborava. La sua parte più razionale gridava di scappare, di abbandonare quel luogo, ma la flebile speranza di un epilogo positivo, un aiuto per la sua condizione, riscaldava il suo animo impaurito. Con riluttanza, estrasse dalla borsa il body, mettendone in risalto il danno causato dalla sua imprudenza.

    “Oh…”

    Silvia si avvicinò e facendo scivolare il tessuto tra le sue esili dita cominciò a valutare le possibili soluzioni.

    “Mi dispiace, ma non penso si possa far niente. Il taglio è troppo largo, è da buttare.”

    La tagliente constatazione spiazzò Alessia, non si aspettava un esito tanto deludente. Era convinta che una soluzione si potesse trovare, che lo sforzo di arrivare fin lì venisse, in qualche modo, ripagato. La realtà delle cose, però, era ben diversa. Poteva trattarsi solo di un body, ma per lei era una sconfitta. Un pessimo inizio per la sua voglia di diventare una donna perfetta per Giulio. Lasciò il body nelle mani di Silvia, mentre, mestamente, si girava verso l’uscita.

    “G-grazie. Fa niente.”

    “Se vuoi posso dartene un altro. Uno più… resistente.”

    L’offerta l’allettava, ma era altrettanto spaventata da quanto avrebbe dovuto sopportare. Non fece in tempo a vagliare le opzioni a sua disposizione che Silvia, agilmente, era già nei pressi della porta. Un rapido click venne seguito da un assordante clangore metallico. La saracinesca iniziò a scendere, non lasciando alcuna via di fuga ad Alessia.

    “Ti aiuto io a sceglierlo, tranquilla.”

    Nei successivi minuti, Silvia trascinò con sé l’impaurita ragazza in ogni angolo del negozio. Il suo sguardo balzava tra i vari capi esposti e il corpo di Alessia, sommessi commenti di insoddisfazione anticipavano una nuova valutazione.

    “Il problema è che… non c’è molto da mettere in risalto”

    Una nuova stilettata infilzò il cuore di Alessia, ancora una volta le venivano ricordate le sue indelebili mancanze. Non voleva crederci, non voleva diventare nuovamente bersaglio di quelle frecciatine.

    “N-non è vero!”

    Con un inaspettato rigurgito di temerarietà, Alessia tentò di controbattere la spietatezza di Silvia, solo per ricevere come risposta una beffarda e sommessa risata.

    “Davvero? Allora dai, dimostralo… Spogliati”

    L’ultima parola, carica di malizia e sfida, pietrificò Alessia. Silvia sbuffò, sapendo di aver affondato qualsivoglia velleità di ribellione della povera ragazza.

    “Speriamo Giulio abbia una buona immaginazione…”

    Il beffardo commento, anziché demoralizzarla e piegarlo, la fece ardere di risentimento. A uno a uno, sotto lo sguardo impassibile di Silvia, i vestiti di Alessia scivolarono sul pavimento, mostrandone il corpo in ogni sua angolatura. Con i pugni e le palpebre serrati era pronta a dimostrare a Silvia ogni sua errata congettura.

    “Sarà più facile prendere le misure così…”

    Le dita di Silvia tornarono, come l’ultima volta, a scivolare sulla candida pelle di Alessia. Poteva percepire la voluttuosità dei suoi movimenti, lasciando che fosse il tatto a permetterle di fare esperienza di quanto stava accadendo intorno a lei. Come se stesse armeggiando con un manichino, Silvia spostava gli arti della ragazza, sollevandoli secondo necessità. Il tentativo di mantenere la professionalità che la contraddistingueva fu ben presto reso vano dall’occasione che le si parava davanti. Il suo membro esprimeva i suoi pensieri più lascivi, ergendosi entro il ristretto spazio donato dagli slip e marcando la sua presenza con un umido alone di piacere.

    Allontanò le mani dalla tela su cui stava lavorando, proibendosi di continuare nell’esplorazione dei suoi più bassi istinti. Non poteva, non voleva, far vivere questa esperienza ad Alessia, insudiciare con i suoi desideri la persona amata da Giulio. Osservò il suo pene eretto pulsare, affamato e deliziato dallo spettacolo a cui stava assistendo.

    “Ho… ho capito quale lingerie potrebbe essere adatta per te. Vado a prendertela subito, aspettami qui.”

    Prima di allontanarsi, con un malizioso gesto di solidarietà femminile, schiaffeggiò una natica di Alessia. Un gemito improvviso colse di sorpresa entrambe. Alessia portò le proprie mani al volto, sigillando la fonte di quel disdicevole suono. Non riusciva a credere fosse stata lei a emettere quella nota di piacere, non voleva accettare che il suo corpo potesse rispondere in quel modo. Anche Silvia era altrettanto senza parole, la sua attenzione era sulla propria mano, indagando sulla fonte di quell’inaspettata reazione.

    Il silenzio della sala si fece sempre più pesante. Attimi di esitazione riempivano la mente di entrambe, calate in una scena in cui loro ruoli erano sempre più enigmatici. Una sonora pacca ruppe il silenzio. Un altro gemito, più forte del precedente, seppur soffocato, seguì il movimento della mano di Silvia. Con accuratezza scientifica, Silvia aveva compreso il nesso di causa ed effetto che legava lei ad Alessia.

    “Meglio prendere altre misure…”

    Alessia, con gli occhi ora sbarrati, seguiva la torreggiante figura di Silvia avvilupparla quasi totalmente. Incapace di reagire, di proporre alcuna linea di difesa credibile, si donò alle peculiari attenzioni della sadica amica. Non aveva la forza per combattere su due fronti, ma non avrebbe dato alcun ulteriore spunto a Silvia, sperando che, come una predatrice annoiata, perdesse presto interesse.

    Le mani di Silvia inclinarono, con delicatezza il busto di Alessia in avanti. I muscoli delle gambe si stirarono con grazia, mentre le ginocchia si piegavano leggermente. Poi, con la schiena dritta e la testa leggermente sollevata, fece scivolare le braccia fino alle dita dei piedi.

    In questa posizione, Alessia aveva, suo malgrado, una limpida visione dell’eccitamento di Silvia. Per quanto tentasse di defletterne la presenza, la sua preponderante massa lo poneva sempre al centro del suo campo visivo. Dall’alto, Silvia, poteva osservare con più facilità l’intimità, ora esposta, di Alessia. I ciuffi di pelo a fatica coprivano l’origine del suo piacere in quella posizione.

    “Mi raccomando, non devi muoverti ora”

    Facendo scivolare un dito dalla base del collo fino ai glutei, l’attenzione di Silvia si spostò sul fondoschiena della ragazza. Quando giunse nei pressi dell’ano si interruppe. Dentro di lei due voci gridavano ordini contrastanti.

    -Fallo-

    -Fermati-

    Ritrasse la mano, abbandonando il contatto con la pelle di Alessia, per poi, subito dopo, schiaffeggiarne i glutei. Una serie di schiaffi a cui seguì una ininterrotta sinfonia di gemiti di piacere. Poteva chiaramente vedere la sua intimità contrarsi a ogni colpo, inumidendosi di dolci umori lussuriosi. Il contatto con la pelle riecheggiava nel silenzio della sala, accompagnato solo dalle vocalizzazioni di Alessia.

    L’intensità si inasprì a poco a poco, impendendo così ad Alessia di riprendersi tra un colpo e l’altro. Con scarso preavviso, le gambe della ragazza cedettero, facendola scivolare ansimante e supina sul pavimento.

    “Ti avevo detto di non muoverti…”

    Quel flebile sussurro riempì il cuore di Alessia di una perversa gioia, la voce di Silvia pareva il pericoloso richiamo di una sirena. Chinata al suo fianco, Silvia continuò imperterrita a colpirne i glutei ormai paonazzi. Un sommesso urlo fu il breve preludio al culmine del piacere. Un lieve zampillo di nettare sgorgò tra le gambe di Alessia, bagnandole le cosce già abbondantemente umide.

    Silvia la osservava con un misto di orgoglio e pietà. Un sommesso singhiozzare, però, interruppe il suo trionfo di piacere.

    “Ti prego non…”

    Un po’ tardi per chiedere di fermarsi, ormai l’irrefrenabile desiderio aveva consumato entrambe. Silvia lasciò che la ragazza finisse la sua supplica, con un senso di colpevolezza a persuaderla.

    “Non… dirlo a Giulio”

    Quella inaspettata richiesta cozzava col lascivo spettacolo che si prospettava agli occhi di Silvia. L’umida reazione, il fremere di piacere, la rapida contrattura dei suoi muscoli, Alessia stava ancora combattendo contro se stessa. Come se fosse un tanto atteso dessert, Silvia affondò un dito tra le gambe di Alessia, facendola sussultare, raccogliendone il nettare. Un gusto caldo dalle note aspre riempì la bocca di Silvia, che curiosa si deliziò di quel boccone tanto raro quanto saporito.

    “Lo ami davvero così tanto?”

    Un timido cenno di assenso bastò per trasmettere la sua più totale devozione. Un amore dalle radici perverse, che avviluppavano l’anima di Alessia non lasciandole scampo alcuno. Silvia si sedette vicino a lei, accarezzandone i soffici e scompigliati capelli, evitando di rendere ancora più visibile l’incontenibile erezione che covava negli slip. Si sentiva in dovere di aiutarla, ma, al tempo stesso, un profondo senso contrastante di invidia pervadeva la sua buona volontà.

    “Tranquilla, ci sono io qui con te. Ti aiuterò io con… Giulio.”
     
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    Capitolo 12 - Alt.

    La tensione nell’abitacolo era palpabile, il silenzio era accompagnato solamente dal rombare del motore e il debole e annoiato canticchiare dell’autista. Quando il sipario calò sul disdicevole spettacolo di cui le due ragazze si erano rese protagoniste, l’orologio già segnava un orario poco consono per avventurarsi da sole tra le viuzze della città illuminate a malapena dal pallore lunare.

    Sul perché avesse accettato quell’offerta Alessia non sapeva darsi una risposta. Si sentiva in debito nei confronti di Silvia, anche se, una valutazione più razionale, la portava a identificarsi come una vittima incompresa. Eppure, nonostante tutto, la razionalità dovette chinarsi dinnanzi al confuso turbinio di sentimenti che animavano le sue scelte.

    Il suo sguardo si faceva pesante quando si voltava in direzione di Silvia, scadendo nell’impotenza di poterla confrontare su quanto fosse successo. Il susseguirsi dei lampioni illuminavano periodicamente le sue pallide e minute dita, affusolate e racchiuse sulle ginocchia. La sua silhouette era accartocciata sulla portiera, discostata dal mondo esterno, distanziandosi per quanto possibile dall’altra passeggera. Quest’ultima, contrariamente, era tranquillamente stravaccata sul sedile, occupando più spazio del necessario. La sua spontanea spavalderia, però, era solo un’apparenza che celava un’altrettanta profonda insicurezza.

    -Che cazzo ho fatto…-

    Sospirò, come a voler far defluire all’esterno del suo corpo quegli indecifrabili pensieri. Nella sua bocca ristagnava ancora il dolce sapore di Alessia, di quel piacere intenso e peccaminoso. Dopo quanto era successo non poteva farla tornare a casa da sola, oltretutto di notte, quel fiore indifeso, sarebbe stato preda sicura di qualche malintenzionato. Una volontà a proteggerla che non seppe spiegarsi, non dopo le sue azioni.

    Alessia aveva già avvertito le sue coinquiline che non sarebbe rientrata a casa quella sera, sprigionando una serie di messaggi carichi di curiosità e malizia. Non solo aveva accettato che Silvia le pagasse il viaggio in taxi, ma anche che la ospitasse a casa sua per quella notte. Continuava ad arrovellarsi sul perché avesse accettato, decidendo che il cogliere l’opportunità di passare del tempo in più con Giulio potesse essere la motivazione più logica. Sapeva bene, però, che quella risposta di cortesia, in realtà, era una lurida bugia che continuava a ripetersi, terrorizzata dal voler scavare più a fondo e comprendere la reale ragione delle sue scelte.

    Il taxi, talvolta, sobbalzava sulle buche, donando così un po’ di movimento ai due manichini che stava trasportando. I fugaci sguardi di Silvia erano gli unici contatti in grado di superare l’impenetrabile barriera invisibile che si era erta tra le due. Non sapeva come avrebbe dovuto commentare il loro scambio di piacere o se tacere sarebbe stata la strada migliore da intraprendere per entrambe.

    Avrebbe voluto sondare l’opinione di Alessia, conoscerne i pensieri, nella speranza che detenesse la risposta ai suoi interrogativi. Temeva il suo giudizio, temeva il giudizio che avrebbe potuto avere Giulio se fosse venuto a sapere della loro piccola avventura. Non voleva essere la causa di una rottura tra i suoi amici. Inoltre, con che faccia avrebbe potuto affrontare Giulio dopo quanto successo? Inutile piangere sul latte versato, aveva fatto godere la spasimante del suo amico senza porsi alcun freno, avrebbe dovuto imparare a convivere con quel rimorso.

    Il tamburellare delle unghie di Silvia sulla pelle del sedile distraeva Alessia, che, nel frattempo, era altrettanto immersa in un violento conflitto interiore. I suoi glutei le dolevano ancora, caldi e malconci, trofei immeritati della follia del piacere. Un gusto acquisito che l’aveva portata a sciogliersi davanti agli occhi di Silvia, regalandole uno spettacolo vergognoso. Ripensando a quanto era successo, le gote si tingevano di rosso e il suo ventre tornava a ribollire. Arrivò quasi a raggomitolarsi nel vano tentativo di difendersi anche da se stessa.

    Una brusca frenata segnò la fine della corsa e delle elucubrazioni delle due anime in pena. Lo stanco guidatore si voltò verso i sedili posteriori, allungò una mano e, perentoriamente, annunciò il prezzo del servizio.

    “Ah, il pos è rotto”

    Silvia si fece carico, come promesso, della spesa, anticipando qualsivoglia mossa di Alessia. Una volta uscite dalla vettura, nella calma della notte, Silvia fece strada ad Alessia, guidandola lungo le anguste scale dell’edificio fino alla porta dell’appartamento. Con sé, l’inattesa ospite, aveva solo la borsa con cui era uscita e poco altro. Nessun pigiama, nessun vestito pulito. Non era tra i suoi piani quell’evasione notturna.

    Così come l’esterno, anche all’interno della casa il silenzio avvolgeva ogni cosa. Con dei scaltri passi, Silvia apriva la strada alla sua ospite d’onore, invitandola a non generare alcun rumore. Giulio, a quell’ora, stava già dormendo profondamente. Aveva atteso, gironzolando per casa annoiato, la sua coinquilina fino a poc’anzi, interpellandosi sul suo ritardo senza, però, preoccuparsene più di tanto.

    Varcando la soglia della cucina, un piattino con sopra un semplice panino accompagnato da un biglietto balzò immediatamente all’occhio di Silvia.

    -Per quando torni-

    Una faccina sorridente e un cuoricino scarabocchiato adornavano le premurose parole di Giulio. Agilmente, Silvia trafugò il messaggio, stropicciandolo e nascondendolo in una tasca dei pantaloni. Prese quel sobrio panino e, voltandosi verso Alessia, lo spezzò a metà.

    “Avrai fame anche tu immagino”

    La vista della generosa offerta fece brontolare lo stomaco di Alessia che, malgrado l’imbarazzo, accettò sommessamente. Tralasciando ogni buona maniera e decoro, entrambe divorarono un tanto banale quanto prelibato piatto in pochi bocconi. La tensione e l’intenso esercizio fisico avevano lasciato una voragine da colmare nella loro pancia.

    Quel gustoso piacere si esaurì in fretta, lasciandole ancora in balia dell’imbarazzo e del silenzio. Silvia si assentò solo per un secondo, riapparendo con un pigiama di qualche taglia più grande rispetto a quella di Alessia.

    “Per la notte”

    Alessia accettò con un sommesso ringraziamento quell’inaspettato atto di gentilezza. Si ritrovò, nel giro di pochi minuti, nella stanza di Silvia, la quale aveva gentilmente concesso alla sua ospite. Avrebbe voluto controbattere, ma non ne aveva né la forza fisica né psicologica.

    In quella rinnovata privacy e solitudine, finalmente, Alessia poteva tirare un momentaneo sospiro di sollievo. Silvia non era più lì con lei, poteva far calare le proprie difese che strenuamente aveva eretto. Il pigiama le stava decisamente largo, sul petto una scritta a caratteri cubitali riportava le parole “BAD BITCH”. Si sentiva in imbarazzo solo a indossare qualcosa del genere.
    Alessia si rigirò per molto tempo nell’ampio letto di Silvia, tormentata ancora dai pensieri. Prima o poi avrebbe dovuto affrontare quella discussione, non poteva rifuggire per sempre dal confronto. Quanto era successo doveva avere una spiegazione, una motivazione, qualsiasi cosa che le potesse donare tranquillità. Istintivamente si colpì il ventre, volendosi punire di quelle sue reazioni istintive e carnali. Avrebbe voluto tornare in quel negozio, stesa sul pavimento, e urlare con tutto il fiato a Silvia di non fermarsi, di continuare a colpirla lasciando la sua mano ben impressa sulla sua pelle. Un altro pugnetto colpì il suo ventre, non poteva permettersi di indugiare in certi pensieri. L’opinione che Giulio conservava di lei doveva essere cristallina, estranea a qualsivoglia macchia disdicevole.

    Ogni tentativo di reprimere quei pensieri era vano, la sua mente correva a qualche ora prima, quando era vittima della sua passione. La sua intimità fremeva nuovamente, carica di desiderio pronto a colare nuovamente tra le sue cosce.

    -Non qui, non qui, non qui… -

    Il suo corpo, oramai, non rispondeva più alla mente e sguazzando nei ricordi più lussuriosi aveva innescato una reazione a catena impossibile da fermare. Per disinnescare quella bomba a orologeria che custodiva nel ventre impiegò ogni fibra della sua volontà. Miracolosamente, con molta fatica, riacquistò la calma a cui tanto anelava, sufficiente per farla sprofondare in un sonno quantomai agitato.

    Silvia, invece, era meno prona a queste problematiche. Stesa sul divano, anche lei non poté fare a meno di rivivere quei momenti, ma, al contrario di Alessia, assecondò con gusto il proprio corpo. Pur non ritenendola una cosa giusta da fare, lasciò che la sua mano guidasse un energico massaggio. Il membro eretto, umido e pulsante, scivolava nella sua mano, finalmente libero di esprimersi all’aria aperta.

    Un po’ per pigrizia e un po’ per perversione, lasciò che gli schizzi si accumulassero nell’altra mano che, leggermente piegata, fungeva da piccolo recipiente. Una volta terminata l’ondata di piacere, portò alla bocca la sua fatica, dissetandosi con gusto, facendo attenzione a raccogliere ogni goccia con la sua calda lingua.

    Permise al suo membro di adagiarsi sui pantaloni lievemente discostati, osservandolo ritirarsi, stanco e compiaciuto. Una volta calmo lo riaccompagnò al sicuro negli slip, felice del lavoro appena compiuto.

    La prima a svegliarsi, con il sole che iniziava a filtrare dolcemente attraverso le persiane, fu Alessia. Non voleva trattenersi oltre e abusare oltremodo della pazienza di Silvia, né, tantomeno, doversi confrontare con lei in presenza di Giulio. Di soppiatto, sgusciò nel bagno, invadendo controvoglia lo spazio personale dei due inquilini.

    Finalmente poteva purificarsi e mondare da se stessa ogni ricordo della notte precedente. L’acqua scorreva sull’esile e minuto corpo, ripulendo i rimasugli dei suoi umori celati dalle sue cosce. Alessia iniziava a sentirsi meglio, un rito purificatore che la stava aiutando a ricongiungersi con la sua parte più pacata e tranquilla. Così come lavava la sua candida pelle, depurava la sua mente da qualsiasi velleità sessuale.

    Si asciugò alla ben e meglio, prendendo in prestito il phon di Silvia e utilizzando gli asciugamani presenti. Non era sicuramente elegante, ma bastava per tornare al proprio appartamento e finire di prepararsi. I vestiti sgualciti della sera prima cadevano con grazia sulle sue forme, meglio di quanto avesse fatto il pigiama gentilmente concesso da Silvia. Ripose ogni asciugamano e il pigiama con cura su un mobiletto del bagno e, come un fantasma, si affrettò ad uscire.

    Spalancò la porta del bagno e, dall’altra parte, incontrò un assonnato e spaesato Giulio. Ancora in procinto di stropicciarsi gli occhi, tra uno sbadiglio e l’altro, non appena vide la porta del bagno aprirsi scattò quasi sull’attenti. Come suo solito, da qualche tempo, non indossava più i pantaloni, lasciando, quindi, alla piacevole vista di chiunque fosse presente la sua erezione mattutina.

    “Buongiorno S-“

    Il mattiniero saluto venne presto stroncato dall’apparizione angelica e inaspettata di Alessia. La ragazza lo guardò prima negli occhi, poi lo sguardo seguì i suoi lineamenti fino a scendere sull’erezione in bella vista. Il volto si tinse di un rosso accesso e, prima ancora che Giulio potesse reagire, balzò verso la porta di uscita, abbandonando la scena del crimine.

    Silvia si svegliò di soprassalto al rumore del portone sbattuto contro l'intercapedine del muro, rischiando quasi di scivolare dal divano. Si trascinò fino al corridoio, dove ad attenderla vi era un balbettante Giulio che stava ancora processando quanto era appena successo.

    “Lunga storia… lunga storia…”

    Mormorò, massaggiandosi il collo indolenzito, mentre continuava la sua stanca marcia verso la cucina. Giulio, senza parole, con gli occhi sbarrati, entrò in bagno, tentando di riprendere come se niente fosse la sua routine mattutina. Si diede un pizzicotto, sperando che stesse vivendo solo un incubo, ma il dolore lo convinse di star vivendo solo la sua vita da incubo.
    Si sciacquò il volto più e più volte, riflettendo su quanto fosse accaduto nei pochi e fugaci secondi.

    -Oh no…-

    La realizzazione improvvisa della sua condizione lo fulminò istantaneamente, afferrò con una mano il suo pisello ancora barzotto, maledicendo il momento in cui aveva deciso di non indossare più le mutande. Sbuffò, sconsolato, mentre si dirigeva verso la doccia. I vetri erano ancora leggermente appannati e un delicato profumo di vaniglia permeava l’aria.

    Poco fuori la doccia, nascosto dalla porcellana del bidet, gli occhi di Giulio colsero qualcosa. Incuriosito, la sua attenzione si precipitò su quella visione fuori dall’ordinario. Uno stretto paio di slip bianchi era adagiato sul pavimento. Li raccolse, soppesandoli, la dimensione e lo stile non li rendevano certamente parte del guardaroba di Silvia. Impiegò poco per connettere la presenza di Alessia e la comparsa di quei misteriosi slip. Nella fretta, la ragazza li aveva dimenticati e abbandonati nel bagno. L’idea di sapere Alessia fuori casa senza mutandine e di poterne stringere un paio usato diede una nuova vita al membro di Giulio.

    Li annusò curioso, l’odore di cui erano pregni riempì il naso di Giulio, i feromoni sprigionati dall’intendo piacere di Alessia investirono senza remore il giudizio del ragazzo. Ghiotto di quell’occasione, non badando alle conseguenze, avvolse il slip attorno alla sua umida cappella. Quell’atto dissacrante nei confronti di Alessia lo portò a una subitanea eruzione, riempiendo il bianco tessuto di denso liquido caldo.

    “Non hai fatto una cosa carina…”

    Giulio sussultò e, con ancora le mutandine avvolte sul membro, si girò di scatto verso la fonte dell’inaspettato giudizio. Silvia, con le braccia incrociate e il volto crucciato, aveva osservato la depravazione di Giulio ed era pronta a fargliene pagare le conseguenze.

    “Ti sembra giusto rubare la biancheria delle tue amiche?”

    Silvia sbatteva nervosa il piede in attesa di una risposta che tardava ad arrivare. Giulio annaspò, mentre l’eccitazione lasciava spazio alla vergogna.

    “Guarda come le hai ridotte”

    Silvia sfilò gli slip sporchi, ancora impalati sul membro di Giulio, e li distese in aria tenendoli con le dita. Una umida macchia copriva larga parte degli slip, non lasciando alcun dubbio sull’intento di Giulio.

    “Mi… mi dispiace, non volevo farl-“

    “Adesso pulisci!”

    Il giudice aveva già deciso la pena da infliggere, non lasciando modo a Giulio di difendersi. Riluttante e imbarazzato, il ragazzo prese tra le mani le mutandine, trofeo della sua perversione, e fece per metterle nel cesto della biancheria sporca.

    “Ho detto che devi pulirle”

    Giulio si fermò, non comprendendo pienamente la logica dell’ordine della sua coinquilina. Anziché gettarle nel cesto, quindi, le portò verso il lavandino, ma, anche in questo caso, alla sua azione corrispose uno sbuffo annoiato di Silvia.

    “Pu-li-re”

    Scandendo la parola, Silvia strappò gli slip dalle mani Giulio e glieli porse a pochi centimetri dalla bocca.

    “Avanti”

    Giulio osservò prima Silvia e poi la chiazza umida sulle mutandine. Era confuso, imbarazzato e intimorito da quella richiesta. Non poteva sottrarsi a Silvia, non glielo avrebbe consentito. Lentamente, fece scivolare la lingua tra le sue labbra serrate e, con fare indeciso, diede qualche leccata. La punta della lingua raccolse alcune delle gocce ancora fresche della sua densa esplosione di piacere. Finalmente, un’espressione soddisfatta si dipinse sul volto di Silvia.

    “Bravo… e non farlo più, altrimenti le prossime che pulirai saranno le mie”
     
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    Questa storia potrebbe essere un tipico hentai corruption/netorare/mind break ecc ecc. :cvc:
    O rivelarsi un vanilla con quella perversione che spesso manca. :zizi:
     
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    CITAZIONE (Penthotal Fiabeschi @ 11/2/2024, 18:22) 
    Questa storia potrebbe essere un tipico hentai corruption/netorare/mind break ecc ecc. :cvc:
    O rivelarsi un vanilla con quella perversione che spesso manca. :zizi:

    Il tema della corruption è tra i miei preferiti, ma su come si evolverà la storia non mi espongo :?
     
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    Capitolo 13 - Alt

    Lo schermo del cellulare si illuminò brevemente e il tremore inaspettato richiamò l’attenzione di Alessia, ancora assorta tra i sogni. La frescura mattutina rendeva gelidi gli appigli del bus, costringendola ad appoggiarsi, meglio che poteva, alle paratie del mezzo. Ogni benché minima vibrazione la sballottava avanti e indietro, impedendole di prolungare il suo stato di dormiveglia. L’usuale folla la spintonava e stringeva contro lo scomodo metallo, anche volendo, considerando la sua esile stazza, non sarebbe riuscita a ritagliarsi un angolo tranquillo.
    Facendo strisciare la mano lungo il corpo, sgomitando contro l’ammasso di corpi che la imprigionavano, raggiunse finalmente la tasca dove era custodito lo smartphone. Lo schermo opaco rifletté lo stupore negli occhi di Alessia, un singolo messaggio, criptico e inatteso, capeggiava tra le ultime notifiche. Un indirizzo, nessun’altra spiegazione, senza alcun saluto o preliminare sociale. La mittente era la perfida tentatrice che l’aveva fatta inabissare in un baratro di carnalità e immoralità, il suo angelo custode del piacere: Silvia.

    Rifletté qualche secondo sul significato di quel messaggio, sforzandosi di ricordare la propria adesione a qualche impegno. Erano passati parecchi giorni dall’ultimo contatto con lei, da quella notte il cui ricordo aleggiava ancora nella sua memoria. Un episodio di cui non fece parola con nessuno, tantomeno con Giulio, il quale, al pari di lei, evitò di citare il fortuito incontro sulla soglia del bagno.

    Quell’insperato messaggio la portò a vorticare tra fantasie che preferiva rimanessero sepolte. Abbasso le palpebre regolando il proprio respiro, diventando tutt’uno con la carcassa di ferro su cui viaggiava. Un isolamento forzato, per celarsi da se stessa e dalla sua mente. Il cellulare vibrò nuovamente e, con rinnovata avidità, tornò immediatamente a scrutarne lo schermo. Un altro messaggio di Silvia, così diretto da non lasciare spazio ad alcun dubbio, trafisse la fragile volontà di Alessia.

    -Ti aspetto-

    Stava andando a lezione, non poteva raggiungerla in quel momento. Non sapeva nemmeno dove fosse ubicato il luogo di quell’incontro clandestino. Inoltre, non aveva alcun motivo per reincontrarla, soprattutto dopo quanto era successo. Si scrollò di dosso la curiosità che la rosicchiava dall’interno, non poteva piegare i suoi impegni e perdere una giornata di lezione solo per soddisfare quell’interesse indiscreto. Avvinghiò con le dita la parete del mezzo, un salvagente tangibile nel mare dei suoi pensieri.

    Uno sbuffò accompagno il clangore delle porte che si richiudevano dietro Alessia, non si rese nemmeno conto di aver messo il piede sull’asfalto fino a quando non avvertì l’assenza di qualsivoglia vibrazione. Aveva fallito, ceduto alla tentazione, preda della sua curiosità. Scese alla prima fermata disponibile, ma solo quando fu sola sul marciapiede comprese quanto aveva fatto.

    Ormai il bus aveva ripreso la sua corsa e non avrebbe potuto compiere il tragitto fino all’università a piedi. Si diede qualche pacca sulla testa, punendosi per la sua stupida, sotto gli sguardi divertiti e stupiti dei passanti. Mentre sospirava sconsolata, controllava online la posizione del fantomatico punto di incontro. Non era dietro l’angolo, anzi, si trattava di un posto quasi in periferia. Sospirò sconsolata, si era cacciata in una bella avventura.

    Coordinò con grande precisione le diverse coincidenze, salendo e scendendo da un bus all’altro, al fine di raggiungere l’origine di quel richiamo. Non fu facile raggiungere Silvia, né veloce. Arrivò trafelata, con il fiatone e sudaticcia, alla via indicata nel messaggio. Era passata quasi un’ora da quando aveva ricevuto il primo messaggio e temeva che avrebbe perso la sua unica occasione di gettare un po’ di luce su quel mistero.

    Silvia era all’angolo della via mentre, a braccia conserte, osservava il transitare dei pochi veicoli sulla strada. I tacchi che stava indossando facevano svettare la sua figura longilinea, facendola diventare un punto di riferimento visivo per chiunque stesse passando di lì. Silvia, con il suo nero tailleur elegante e sensuale, emanava un'aura di raffinatezza e fiducia. La giacca aderente metteva in risalto la sua silhouette snodandosi dolcemente sui fianchi, mentre la gonna, dalla lunghezza perfetta, svelava con grazia le sue gambe slanciate. Il colore del tailleur, un nero profondo, conferiva un tocco di mistero e sofisticatezza al suo look. Lo sguardo, intensamente concentrato mentre osservava il mondo intorno a lei, tradiva una combinazione di determinazione e charme.

    Il semplice e sportivo outfit di Alessia sfigurava a confronto con tale ricercatezza. La ricchezza di dettagli dell’aspetto di Silvia eclissava la sciatta femminilità della ragazza che, tramortita da quella visione, assunse una posizione ricurva e sottomessa. Un colpo basso alla sua vacillante autostima, impossibilità a primeggiare con quella perfezione.

    A piccoli e cauti passi si avvicinò alla statuaria protagonista della scena, chinando il capo con rispetto e timore. Non appena fu abbastanza vicina per essere riconosciuta, Silvia, sorridente e gioiosa, si lanciò verso la ragazza, abbracciandola calorosamente. Un intenso profumo di vaniglia penetrò nella mente di Alessia, dolci note che raccoglievano la bellezza incorporea di Silvia. Il largo e poderoso abbraccio la fece affondare nel corpo dell’altra, intrappolata in quella inconsueta dimostrazione d’affetto.

    Quando fu finalmente libera dalla presa venne, in breve tempo, tempestata di domande. Silvia si interessò subito sulle condizioni di Alessia, lasciandole spazio solo per brevi risposte monosillabiche. Terminata la salva di punti interrogativi, la palla passò ad Alessia, dandole l’opportunità di svelare il mistero della sua presenza.

    “… Perché siamo… siamo qui?”

    “Ti ho promesso che ti avrei aiutato con Giulio, no? È quello che intendo fare.”

    Alessia si guardò intorno, non riuscendo a cogliere l’attinenza di quanto stesse dicendo con il luogo in cui si trovavano.

    “E…”

    “E quindi eccoci qui”

    Silvia alzò l’indice della mano destra e puntò un piccolo e anonimo negozietto dall’altro lato della strada. L’inequivocabile nome e gli articoli parzialmente esposti non lasciavano dubbi su che posto fosse. Un piccolo e anonimo sexy shop rapì l’attenzione di entrambe. Le vetrine, parzialmente oscurate e ricoperte di tessuto simile al velluto, celavano alla vista dei passanti la dissacrante mercanzia. Lo sguardo di Alessia rimbalzò più volte tra le vetrine e il volto di Silvia, aspettandosi, da un momento all’altro, una qualche battuta.

    “Perc-“

    Tirandola per mano, Silvia declinò qualsiasi tentativo di fuga o ripensamenti dell’amica, che, controvoglia, si faceva trascinare verso l’entrata dell’esercizio commerciale. Le possibili domande vennero, così, messe a tacere sul nascere, rendendo Alessia una mera spettatrice della volontà di Silvia. Ad ogni passo, il volto della povera ragazza si tingeva di una diversa gradazione rossastra. Una moltitudine di interrogativi affollavano i pensieri di Alessia, la situazione surreale nella quale si era cacciata superava la sua fervida immaginazione.

    Silvia spalancò la cigolante porta a vetri, un flebile tintinnio accolse la sua esuberante entrata mentre Alessia, al seguito, aveva affondato il volto nella felpa, lasciando visibili solo i suoi sopresi e innocenti vispi occhi. Con un leggero cenno del capo, l’anziano negoziante, diede il benvenuto alle due nuove clienti. Appena varcata la soglia di ingresso, Alessia sgranò gli occhi, catturata dai mille colori e forme presenti all’interno. Le ampie e alte scansie erano ricolme di perversi strumenti di piacere che sfidavano la pubblica decenza. Quegli oggetti, che aveva sempre e solo visto di sfuggita e conosceva grazie alla pornografia, erano, in quel, a sua portata.

    Accorciò la distanza con Silvia aggrappandosi alla giacca che indossava, seguiva i suoi sicuri ed esperti passi all’interno del negozio, tanto imbarazzata quanto incuriosita. La visita guidata si interruppe davanti uno scaffale ricolmo di dildo e vibratori di vario genere e forme. Alcuni di questi avevano forme inconsuete, altri dimensioni tali da rendere dubbia la loro effettiva fruibilità. Un arcobaleno di colori di lattice si rifletteva negli sguardi assorti delle due ragazze.

    “Beh, scegline uno, che aspetti?”

    Incalzò Silvia, infrangendo il voto del silenzio a cui aveva sottoposto Alessia fino a quel momento.

    “Io…?”

    “Ma sì, scegli quello che preferisci, consideralo un regalo da parte mia”

    “Ma… ma… io non voglio nessun…”

    “Vuoi o non vuoi piacere a Giulio?”

    Ammutolita, Alessia fissò negli occhi Silvia, provando a scrutarne le intenzioni. Non aveva chiaro il motivo per cui acquistare un sex toy l’avesse aiutata a conquistare il suo amore desiderato. Rimuginò su quella domanda, ricadendo nel silenzio contemplativo che l’aveva accompagnata nel breve tour del negozio.

    “Se una verginella, vero?”

    L’imbarazzo divampò sul volto della ragazza, che coprì ancora di più il volto con il tessuto della larga e soffice felpa. Il gentile sorriso e tono di Silvia mal si sposavano con quelle parole maliziose.

    “Tranquilla…”

    La suadente e calda voce di Silvia, unita ad alcune delicate carezze sul capo, infusero la calma sufficiente ad Alessia per rispondere a quella domanda posta a bruciapelo. Un breve e frenetico accenno con la testa fu l’unica risposta che riuscì a concedere. La fiera amazzone si chinò verso quell’esile fuscello imbarazzato, l’avvolse e con un braccio stringendola a sé per poi rivolgersi verso la sfilza di giocattoli esposti sotto i loro occhi.

    “Ti serve un po’ di allenamento allora, non puoi farti trovare impreparata.”

    L’altra mano di Silvia si appoggiò sul ventre della ragazza, non lasciando dubbi sul tipo di allenamento a cui stesse facendo riferimento. Per concedersi piacere, Alessia aveva sempre e solo usato le proprie mani, più che sufficienti a farle raggiungere il culmine tanto agognato. Non avrebbe mai immaginato si sarebbe resa necessaria una vera e propria preparazione fisica per fare il grande passo. Maledì la sua lacunosa competenza sull’argomento, ma se a dirlo fosse stata Silvia avrebbe sentito di poterci credere. In fondo, le aveva già dimostrato di avere un’ampia conoscenza dell’argomento.

    Alessia iniziò a scandagliare la variegata collezione, la vicinanza di Silvia, la sua presenza e il suo calore le infondevano una tranquillità fuori dal normale. Pur trovandosi in quell’ambiente così distante dalla sua quotidianità, si sentiva protetta, al sicuro. Non vi erano basi razionali per quella peculiare predisposizione, memore di cosa dovette subire qualche giorno prima. Però, con la complicità dell’affabilità e dolcezza di Silvia, era disposta a dimenticare, a lasciarsi alle spalle quell’episodio, a cancellarlo dalla sua memoria.

    Le opzioni disponibili erano decisamente troppe, paralizzando la capacità decisionale di Alessia. Stava affogando in un mondo che conosceva a malapena, sotto scrutinio di una maestra del piacere. Quasi tremando prese in mano il dildo a lei più vicino. Pur tenendolo tra le mani, le estremità sbordavano dalla sua presa, rivelandone l’eccessiva grandezza. La rosea tintura artificiale e l’anatomica conformazione non lasciavano alcun dubbio sul suo utilizzo.

    “Ottima scelta, non è quello che avrei scelto io, ma… a ognuno il suo”

    Alessia continuò a fissare il suo premio, ponderandone i possibili utilizzi. Spinta da una malsana e imbarazzante curiosità, portò il dildo fino al ventre, spingendolo per la sua lunghezza sopra l’addome. Come a misurarne la calzabilità, quella replica gommosa collegava la sua intimità e l’ombelico con incredibile facilità. A quella scena, Silvia rispose con una sincera e profonda risata. Con una pacca sulla schiena cercò di tranquillizzare la dubitante amica.

    “Tranquilla, non sono tutti così.”

    -Purtroppo-

    Aggiunse, mentalmente, Silvia, mentre continuava a massaggiare la schiena della sua timorosa protetta.

    “Vieni dai, prendo alcune cose per me e poi possiamo andare”

    Alessia, come un cagnolino, la seguì, silenziosa osservatrice di ogni suo movimento. Silvia non si fece problemi nella scelta dei numerosi oggetti presenti. Trasmettendo una notevole competenza, riempì le mani con strumenti dallo scopo palese e altri dagli usi più misteriosi. Ogni commento, anche la più tenue inclinazione vocale, veniva captata con interesse da Alessia, più interessata di quanto le sarebbe piaciuto ammettere alla materia.

    Una volta terminata la frenesia dello shopping, tenendo tra le mani le chiavi di una pluralità di fantasie peccaminose, Silvia si diresse finalmente verso il bancone, dove, il proprietario, espletava le formalità di rito. Alessia ringraziò, dentro di sé, la compostezza e discrezione dell’uomo, che evitò qualsivoglia commento o smorfia alla vista degli acquisti effettuati. In pochi secondi, due sacchettini anonimi si materializzarono davanti a loro, pronti per essere raccolti e aperti una volta giunte nelle proprie abitazioni.

    Tastando il suo sacchetto, Alessia percepiva la forma dell’ultimo regalo di Silvia. Esplorandolo con più attenzione poteva riconoscere le varie zigrinature e venature, una replica pressoché perfetta della controparte reale. Ne aveva visti di simili in qualche video e foto, ma non avrebbe mai pensato di stringerne uno tra le mani. Non poteva dire, però, che le ricordasse la dotazione di Giulio. Seppur l’avesse scrutato di sfuggita, aveva notato le dimensioni più contenute. Non che le importasse, non sono i centimetri che fanno l’amore, ma la perentorietà del dildo che stringeva saldamente al petto, celandolo ancora di più alla vista di chiunque, la portava a indugiare in perversi desideri.

    Scosse il capo, scrollandosi di dosso quelle fantasie più adatte all’intimità della sua stanza. Senza essersene resa conto, stava ancora seguendo Silvia, tallonandola come se fosse la sua ombra.

    “Prendi il bus anche tu?”

    Alessia annuì, non sapeva spiegarne il motivo, ma stava iniziando ad ammirare Silvia. Il suo modo di fare disinvolto e la sicurezza ostentata in ogni movimento la portavano a sottomettersi naturalmente al suo volere. Non dovettero attendere molto e, pochi minuti dopo, il mezzo verso le loro personali destinazioni era già davanti a loro. Straripante di gente, come sempre d’altronde, costrinse le due a ritagliarsi uno spazio addossate a un finestrino. Solo grazie all’energica imposizione di Silvia riuscirono ad affermare la propria presenza tra la tumultuosa ondata di persone.

    Silvia utilizzò Alessia come ancoraggio, appoggiando le mani sulle sue spalle, mentre, quest’ultima, era saldamente aggrappata alla paratia del mezzo. Ad ogni curva, lo spazio tra le due diminuiva, costringendo Alessia ad accostarsi sempre di più al vetro, finendovi quasi schiacciata. I loro corpi erano ormai tutt’uno, fusi in una contorta posizione instabile. Il calore di Silvia irradiava ogni estremità di Alessia, che godeva di quella protezione.

    Dopo una interminabile serie di buche, Alessia iniziò ad avvertire qualcosa di strano. Una turgida presenza si muoveva sui suoi glutei, come uno squalo in attesa di una preda. Non le ci volle molto per comprendere cosa stava accadendo. I movimenti di Silvia, prima mascherati da involontari sballottamenti, si facevano via via più audaci. La sua erezione scavava il solco dei suoi glutei, imponendosi come protagonista tra i due spettatori.

    “Silvia ma…”

    Alessia provò a girarsi, ma la presa di Silvia le impediva qualsivoglia movimento. Violentemente, una mano le coprì la bocca, impedendole di continuare la sua obiezione. Il suo caratteristico profumo di vaniglia tornò a invadere la sua mente, mentre il dito medio si faceva strada tra le sue labbra. La gioia di Silvia danzava da una coscia all’altra, adagiandosi sui sodi glutei di Alessia. Ancora una volta, si trovava completamente alla mercé della sua sadica e vogliosa amica.

    Quel dito invadente esplorava l’umido cavo orale, ricercandone le attenzioni. Interesse che non tardò a manifestarsi, lasciando che la lingua concedesse un morboso ballo perverso. Ogni sobbalzò spingeva il turgore di Silvia sempre in più profondità, incuneandosi sull’esile corpo della ragazza. Dopo il primo attimo di smarrimento, il corpo di Silvia iniziò ad assecondare l’interesse del marmoreo membro, stuzzicandolo con movimenti delicati e sensuali.

    Una frenata improvvisa fece distaccare i due corpi assetati, lasciando così il tempo ad Alessia di riprendere fiato. Sospirò, pulendosi la saliva che, nel frattempo, era colata sul mento. Con rinnovata libertà si voltò, pronta, questa volta, ad affrontare Silvia. Ma la sua torturatrice era svanita nel nulla. La coda dell’occhio catturò il sorriso soddisfatto di Silvia scendere dal mezzo, non curante delle condizioni in cui aveva abbandonato la sua amica.

    Il mezzo riprese la sua incessante marcia, facendo sprofondare Alessia nuovamente nella sua quotidianità.

    -Che cosa è successo?-

    Alessia si interrogò su quel concitato attimo, non trovando una spiegazione al comportamento di entrambe. Passò nuovamente la manica della felpa sulle labbra, asciugandole meglio. Il sapore della pelle di Silvia era ancora ben presente nella sua bocca. Ad essere, umida, però, non era solo la sua bocca, ma per il resto avrebbe dovuto attendere di essere a casa per asciugarsi.
     
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    CITAZIONE (Penthotal Fiabeschi @ 11/2/2024, 19:22) 
    Questa storia potrebbe essere un tipico hentai corruption/netorare/mind break ecc ecc. :cvc:
    O rivelarsi un vanilla con quella perversione che spesso manca. :zizi:

    Si, anche io ho fatto le stesse osservazioni, per i miei gusti un evoluzione vanilla ben narrata da queste premesse spesso diventa il top.
    Per quanto riguarda "corruption" e "mind break" anche per questi generi dipende tutto dall'esecuzione.
    Dell'NTR invece non sono affatto un fan, ma nel caso di questa storia potrei accettarlo in un accezione che alcuni considerano NTR ma io o no (o meglio dipende sempre come viene reso), ovvero il semplice comprendere meglio che il proprio interesse romantico iniziale non era quello giusto e quindi cambiarlo.

    Però sottolineo che l'autore non si deve fare influenzare dalle richieste della piccola fandom che sta seguendo le sue opere e quindi dovrà seguire la sua vena creativa! Comunque si evolva la storia rimango un fan :bongo:

    Complimento Aurora Borealis perché sei bravo a costruire i climax, invece di fare tutto esplicito fin dalla prima riga ma senza tessere un bel crescendo. Quelli spesso risultano noiosi e piatti già dalla prima riga, il tuo si legge che è un piacere ed anche in capitoli dove non accade quasi nulla di esplicito ma che sono fondamentali per creare il contesto. Ottimo ottimo.

    Edited by Rauf89 - 31/3/2024, 21:56
     
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    Cap. 14

    “Ti prego!”

    Il cantilenare di Giulio invadeva prepotentemente la quiete di Silvia, intenta a smangiucchiare annoiata una croccante barretta di cereali. Pigramente seduta al tavolo della cucina, con le lunghe gambe nude e distese sulla seduta immediatamente di fronte a lei, Silvia combatteva l’insistenza del suo coinquilino con stanchi monosillabi e loquaci espressioni di noia.

    “Ti prego, ti prego, ti prego…”

    Il supplichevole martellare aveva, oramai, consumato la già fragile pazienza dell’oziosa donna. Odiava doversi ripetere e, soprattutto, non sopportava essere disturbata mentre mangiava.

    “Ho detto di no!”

    Tuonò, ricomponendosi sulla sedia e descrivendo con la propria figura una posizione austera e minacciosa. Slanciata verso Giulio, con lo sguardo che puntellava il suo coinquilino, pareva pronta a balzare su una preda indifesa. Istintivamente, Giulio arretrò di un passo, senza abbandonare, però, la sua causa.

    “Ma perché…?”

    Con entusiasmo smorzato, lasciò cadere nel vuoto la sua domanda riguardo all’inamovibile comportamento della sua amica.

    “Perché è giusto che andiate solo voi due. Non voglio fare la ruota di scorta, né tenerti la mano come un bambino.”

    “Ma così sarebbe un appuntamento vero. Io, lei, saremmo soli. Senza nessuno. Insieme…”

    “Sì, solitamente è così che funzionano gli appuntamenti”

    Un velo di ironia si distendeva sulla risposta di Silvia, quasi scocciata dall’eccessiva premura del novello Dongiovanni. Era fin dalla colazione che Giulio, non curante di altri punti di vista, implorava Silvia di aiutarlo a organizzare un appuntamento con la sua amata. Dopo aver sciorinato le diverse possibilità, le attività e gli orari e ogni qualsivoglia scenario giunse alla conclusione che le luci soffuse del cinema lo avrebbero aiutato a creare l’atmosfera giusta.

    Il suo piano perfetto, però, come quasi ogni volta, era carente di un ingrediente fondamentale: il coraggio. Ecco spiegato, quindi, come Silvia avrebbe giocato un ruolo da protagonista, una utile burattinaia che si sarebbe prodigata nel creare le condizioni giuste per la buona riuscita dell’appuntamento. Lo si sarebbe potuto definire quasi un appuntamento per interposta persona; infatti, sarebbe stata lei a invitare Alessia al cinema e “casualmente” farsi accompagnare da Giulio.

    Oltre a trovarla un’idea banale, Silvia non gradiva fungere da mero strumento per gli obiettivi altrui. La sua reticenza, però, era ben più radicata del solito. Qualche tempo addietro, probabilmente, si sarebbe prestata volentieri per aiutare il suo coinquilino partecipando a quel piano bislacco. I recenti eventi, però, avevano scavato un solco emotivo nel quale la sua mente scivolava costantemente. Per quanto odiasse ammetterlo, stava attraversando un periodo di profonda confusione. Si sentiva in balia di correnti che non aveva mai navigato, alla deriva verso l’ignoto.

    La crescente insicurezza aveva una precisa causa, anzi due: Giulio e Alessia. Si sentiva quasi madrina di quel legame innocente e puro, ma solo ora stava iniziando a comprendere come la sua presenza intorbidiva il candore genuino di quei due piccioncini. Faceva fatica ad ammetterlo a se stessa, ma il suo prodigarsi per quei due aveva solamente corrotto la loro morale.
    Doveva e voleva allontanarsi da loro, centellinare la sua presenza e lasciare che il loro amore sbocciasse alla luce del sole, anche se ciò avesse voluto dire soffrire in silenzio.

    “Silvia?”

    Giulio riuscì a riappropriarsi dell’attenzione di Silvia, che, nel frattempo, si era persa nei suoi pensieri, lasciando che le richieste del suo amico diventassero un rilassante rumore bianco.

    “No”

    Inaspettatamente, il ragazzo si gettò ai piedi di Silvia, prostrandosi a lei con fare supplichevole. Il suo volto era a pochi centimetri dai suoi piedi nudi, il flebile respiro che spirava dalle labbra riscaldava la sua pelle. Una moltitudine di brividi intermittenti iniziò a propagarsi salendo lungo le gambe, destando dal torpore le affamate zone erogene del suo corpo. Il desiderio di sospingere il proprio piede contro le labbra del ragazzo, lasciando che la sua lingua ne esplorasse con gusto le dita, si faceva strada dentro di lei. Dovette duellare con la sua parte più perversa, pronta ad ottenebrare anche quel momento, per muovere i suoi muscoli in direzione contrario.

    Si ricompose, sospirò e, osservando Giulio ancora chino intento a pronunciare una supplica sottovoce, decise di agire, per un’ultima volta, da Cupido.
    “Allungami il mio cellulare…”

    Giulio balzò in piedi e con scatto fulmineo si lanciò verso la stanza di Silvia, non volendo farsi scappare questa unica occasione.

    Giulio si agitava nervosamente fuori dal cinema, il suo sguardo fisso sull'orologio che sembrava muoversi inesorabilmente più lentamente del solito.

    "Le hai detto l’orario giusto, vero?”

    Chiese ansioso Giulio, passandosi una mano nervosa tra i capelli.

    Silvia, con il suo sorriso fiducioso e gli occhi scintillanti di complicità, gli diede una leggera pacca sulla spalla.

    "Stai tranquillo. Andrà tutto bene, fidati di me."

    Mentre attendevano, i minuti sembravano trascorrere come ore, l'impazienza cresceva dentro di lui come una fiamma ardente. Ogni suono, ogni movimento nell'aria sembrava essere un indizio del suo arrivo imminente.

    Poi, finalmente, vide un'ombra familiare emergere dall'angolo della strada e Silvia poté, finalmente, emettere un piccolo sospiro di soddisfazione. Era Alessia, con il suo passo incerto e il sorriso timido, avvolta nella luce dorata del tramonto.

    Una espressione di sorpresa e imbarazzo sfiorò il viso di Alessia quando li vide entrambi, non si aspettava la presenza di Giulio. Alessia rimase immobile per un attimo, colta alla sprovvista, e cercò di raddrizzare la schiena, come a volersi dare un tono. Si aspettava di trovare solo Silvia e quindi non aveva certo pronta a sfoggiare chissà quale gran abito da sera.

    Alessia, visibilmente imbarazzata ma con un sorriso teso sulle labbra, salutò entrambi, lanciando qualche occhiata piena di interrogativi a Silvia, domandandosi se questa non fosse una qualche specie di sadica punizione.

    Silvia prese la mano di Alessia e la condusse verso l'ingresso del cinema, mentre Giulio seguiva con il passo un po' incerto, ma con un sorriso sul volto più luminoso che mai.

    Dopo un breve scambio di battute, Silvia, Alessia e Giulio entrarono nella sala. Le luci soffuse e il profumo di popcorn appena fatto riempirono l’aria. Giulio, con la sua solita impazienza, si affrettò verso le poltroncine più centrali, seguito da Silvia e Alessia. Si abbandonò sulla poltrona, afferrando con entusiasmo una grande porzione di popcorn, iniziando a divorarla con fervore.

    Accanto a lui si sedette Alessia e, accanto a quest’ultima, Silvia. Il trio dovette attendere poco prima dell’inizio del film scelto da Giulio, il calare delle luci segnò l’iniziò dello spettacolo.
    Il film era tutt’altro che interessante, la solita storia di azione dove una trama scialba condiva una serie ininterrotta di esplosioni. Silvia e Alessia si trovarono ben presto a sbadigliare dalla noia, sforzandosi di non cedere alle chiacchiere.

    Nel mentre, una imbarazzante danza si tenne tra i due piccioncini. Con indifferenza, la mano di Giulio scivolava sempre di più verso la gamba di Alessia, mentre quest’ultima si contorceva per allontanare il suo ginocchio.

    Silvia osservava l’impietoso spettacolo, riuscendo addirittura a notare le gote rosse di Alessia tra un bagliore e l’altro. Sospirò sconsolata, non sapendo cosa fosse peggio tra il film e quell’impacciato approccio.

    Quando il corpo di Alessia raggiunse il massimo della torsione sostenibile, questa annunciò la sua necessità di andare un attimo alla toilette.

    “Vengo con te”

    Aggiunse sottovoce Silvia, cogliendo l’occasione di allontanarsi dalla sequela di effetti speciali. Alessia si alzò dal suo posto, lasciando che il sedile reclinabile si richiudesse lentamente per evitare di dare fastidio agli altri spettatori. Pochi secondi dopo fu il turno di Silvia che, con la medesima attenzione, provò ad abbassarsi il più possibile per non intralciare la visione del film. L’aria più fresca del corridoio destò entrambe le ragazze dal torpore accumulato nell’ultima ora. Mantenendo il medesimo religioso silenzio tenuto durante la proiezione si diressero verso il bagno delle donne, Alessia in testa e Silvia a pochi passi di distanza.

    “Ti aspetto qui”

    Silvia si appoggiò allo stipite della porta che divideva il corridoio dalla toilette, godendosi la tranquillità del momento. In lontananza si poteva sentire il rimbombare soffocato delle musiche e degli effetti speciali delle varie sale. Alessia sfruttò questo momento di solitudine per rinfrescarsi leggermente il viso e ritoccare il trucco. Osservava la sua immagine riflessa nel vetro, profondamente delusa dal suo comportamento.

    Aveva catturato l’interesse di Giulio, ne aveva imbrigliato il desiderio, ma l’unica cosa che era riuscita a fare era ritrarsi.

    “Stupida, stupida, stupida, stupida…”

    Ripeté sottovoce, sfogandosi verso la sua sosia. Avrebbe lasciato volentieri che la mano di Giulio la sfiorasse, accarezzasse, massaggiasse, toccasse… ma qualcosa la frenava. Il solo pensiero della mano salire lungo le sue cosce l’aveva resa paonazza. Quel conflitto interiore la stava logorando.

    “Quando sarà il momento…”

    Forse era quello il motivo, non era il momento giusto. Sapeva dentro di sé che Giulio non avrebbe apprezzato la sua lasciva predisposizione, ne sarebbe scaturito un giudizio vergognoso. Eppure, non poté fare a meno di ripensare alle sue brevi e improvvise avventure con Silvia, lì non aveva avuto molti problemi a lasciarsi andare. Quanto era successo con Silvia, però, aveva tutt’altra natura. Era stata rapita dal suo charme, dominata dalla sua presa, sottomessa al suo volere. Un fremito attraversò il corpo di Alessia, il suo basso ventre si era dolcemente risvegliato lasciando che qualche goccia di piacere fluisse nei suoi slip.

    Scacciò con violenza quei pensieri, vergognandosi delle tortuose strade percorse dalla sua fantasia. Uscendo dal bagno trovò Silvia intenta a gingillarsi sulla porta con il cellulare tra le mani. Non le servì proferire alcuna parola, si diresse nuovamente verso la sala lasciando che l’altra la seguisse in silenzio.

    “Ma guarda guarda se non è il culo di Silvia”

    Una divertita voce maschile irruppe nel silenzio. Entrambe le ragazze si voltarono verso la fonte dell’inaspettato commento. Alle loro spalle, poco vicino alla porta del bagno degli uomini, era emerso uno sgraziato energumeno. Silvia irrigidì ogni fibra del suo corpo non appena il suo sguardo incrociò quello della misteriosa figura.

    “Di tutti i posti, non mi aspettavo di trovarti qui. Quasi non ti riconoscevo con tutti quei vestiti addosso…”

    “Sparisci”

    Ruggì Silvia, digrignando i denti a contenere una rabbia esplosiva. Il suo respiro si faceva più irregolare ad ogni falcata dell’uomo, che procedeva con passo deciso verso le due ragazze. Solo quando furono uno davanti all’altra Alessia ebbe idea della sua stazza, seppur solo di qualche centimetro riusciva a sovrastare Silvia, che da imponente amazzone si era trasformata in preda.

    “Eddai, non fare così. Pensavo mi saresti saltata al collo rivedendomi o su qualcos’altro…”

    La rozza risata non fece altro che far infuriare ancora di più Silvia, la cui pazienza stava ormai giungendo al limite.

    “Ti ho detto di sparire”

    Alessia osservò la scena dipanarsi sotto i suoi occhi, incapace di prendere alcuna decisione. Sia l’uomo sia Silvia, in quel momento, le incutevano timore. Non poteva fare altro che guardare ammutolita.

    “Adesso mi dici di sparire, ma una volta mi supplicavi di venire…”

    Un’altra risata seguì la infelice battuta dell’uomo.

    “S-smettila!”

    Alessia urlò con tutta la voce che aveva in corpo, interrompendo quella squallida esibizione. L’uomo si girò verso la minuta ragazza, quasi divertito per quell’inconsueto sprazzo di coraggio.
    Lo schiaffo ben assestato di Silvia, però, fece retrocedere la presenza maschile che, come un animale ferito, si ritirò leccandosi le ferite, lasciandosi andare in una serie di lamenti e insulti.
    Sfruttando la ritirata strategica dell’uomo, Silvia prese per un braccio Alessia e si diresse ad ampi passi, quasi trascinandola, fino alla sala.

    “Dove eravate finit-“

    “Andiamo a casa!”

    Silvia strattonò Giulio verso l’uscita, collezionando una serie di occhiatacce e improperi provenienti dagli altri spettatori.

    “Ma… ma… il film!”

    “Te lo compro in streaming”

    Lasciando dietro di sé una scia di popcorn, che ancora teneva saldamente tra le mani, Giulio dovette cedere al repentino cambio di programma deciso da Silvia. Catapultatisi tutti e tre fuori dal cinema, si infilarono nel primo taxi che trovarono disponibile.

    Il viaggio di ritorno fu caratterizzato da un innaturale silenzio, interrotto solamente da alcuni commenti fugaci di Giulio, speranzoso di donare un po’ di vita alle due ragazze. Non indagò molto sulla fuga improvvisa dal cinema, sapeva che qualsiasi domanda si sarebbe scontrata contro un muro di gomma. Si accontentò di rimanere seduto vicino ad Alessia durante il viaggio, godendosi la sua presenza.

    La prima tappa fu l’appartamento di Alessia. Oltre all’inquilina, a scendere fu anche Silvia, desiderava accompagnarla fino alla porta di casa.

    Dopo qualche scalino, le due si fermarono davanti a una spessa porta di legno scuro. A rompere il silenzio fu Silvia che, sentendosi in debito, ringraziò Alessia.

    “No, no, figurati…”

    Alessia evitava lo sguardo di Silvia tenendo un braccio davanti il proprio corpo e usando l’altro come appiglio. Silvia la squadrò per qualche istante, percepiva l’irrequietezza della ragazza. Si sentiva in colpa di averla costretta a vivere un’esperienza del genere.

    “Non preoccuparti, era solo un coglione. Non devi avere paura di nulla.”

    Rassicurò Silvia, mostrando un sorriso spavaldo.

    “Non mi preoccupo per me… ma per te.”

    Quelle parole presero alla sprovvista Silvia. Non era abituata a quella premura verso i suoi confronti. Un leggero rossore dipinse le sue guance mentre Alessia la guardava in silenzio. Non sapeva cos’altro aggiungere, ogni parola, qualsiasi sillaba avrebbe stonato con l’esternazione della ragazza.

    “Buonanotte…”

    Alessia cedette la guardia e si ritirò dentro l’appartamento fugacemente, lasciando Silvia ancora imbambolata davanti la porta.

    “B-buonanotte…”
     
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    Capitolo 15

    “Cinema?”

    Ormai Alessia si era quasi abituata ai laconici e misteriosi messaggi di Silvia. Distolse momentaneamente la propria attenzione dal libro che stava leggendo per dedicarsi alla risposta, distendendosi pigramente sulla sedia della camera. La vibrazione del cellulare l’aveva strappata con violenza dal fiume di inchiostro in cui era solita rifugiarsi. Non gradiva essere disturbata mentre si dedicava alla lettura dei suoi romanzi preferiti. Quei mondi immaginifici era il quotidiano rifugio del suo animo, un luogo intangibile dove poteva lasciare esplodere la sua fantasia.

    Nascondeva i suoi libri preferiti al di sotto dei manuali universitari, talvolta anche sotto lo stretto letto sul quale dormiva. Era un’avida lettrice e, più spesso di quanto fosse suo agio ammettere, si concedeva romanzi dalle tematiche più adulte. Quando i suoi occhi incontravano i passaggi più imbarazzanti, aveva la tendenza a mordersi il labbro inferiore e a serrare le cosce. Ogni singola lettera era un gradino verso un reame profano, contraddistinto dalle sue più profonde e inconfessabili fantasie. Un modo come un altro per permettere alla sua mente di liberarsi, in modo sicuro, di quei pensieri che attanagliavano il suo cuore.

    Era insolito per lei interrompere quel privato atto d’amore immaginario, ma la curiosità di leggere il messaggio di Silvia comparso sullo schermo del cellulare prese il sopravvento. Ancora non sapeva come interpretare le sporadiche interazioni con quella ragazza. Dietro una domanda, ogni messaggio, movimento o parole proveniente da lei, temeva vi fosse celata una trappola, pronta a scattare al suo primo segno di debolezza. Come una farfalla nella tela di un ragno, anche lei si lasciò avviluppare dalla curiosità.

    Ogni volta che si incontravano, nel bene o nel male, il suo cuore finiva col rimbombarle nel petto. Una reazione che provava solo quando passava del tempo con Giulio. Un rapporto influenzato fin troppo dalla presenza di Silvia. Il suo sguardo scivolò per un istante sull’anonimo sacchetto riposto con cura sulla scrivania. Ancora non aveva fatto uso del piccante acquisto caldamente consigliato e la sua presenza, sempre a portata di mano, le ricordava costantemente l’esperienza con la sua personal shopper.

    Scartò, per la prima volta da quel giorno, l’acquisto, rigirandolo tra le mani. Lo osservava incuriosita, facendo scivolare il dito dalla punta, lungo le protuberanze e fino alla base. Rimase in adorazione dell’oggetto per qualche minuto prima di sentire le proprie gambe dolere. Senza accorgersene aveva iniziato a stringere le gambe fin da quando lo aveva preso in mano e ora i muscoli chiedevano del meritato riposo. Ripose il dildo nuovamente nel sacchetto, nascondendolo alla sua vista nuovamente, spaventata dall’effetto che le provocasse.

    Prese in mano il cellulare e tornò a guardare il messaggio lasciato in sospeso. Probabilmente era un nuovo tentativo, una seconda chance a quell’appuntamento interrottosi troppo presto. Rispose entusiasta e responso da parte di Silvia non tardò ad arrivare. L’indirizzo, questa volta, era diverso. Una scelta saggia dato lo spiacevole incontro dell’ultima volta.

    Questa volta, però, Alessia non voleva farsi trovare impreparata. Voleva splendere agli occhi di Giulio, far sì che fosse più interessato a lei che al film proiettato. Rovistò nell’armadio e, dopo una estenuante ricerca, estrasse il perfetto vestito per l’appuntamento. Un tubino elegante, color porpora, il cui tessuto abbracciava delicatamente le curve del corpo di Alessia. Riusciva ad esaltarne le curve senza essere eccessivamente aderente, mantenendo così uno stile sobrio ma provocante. L’abito terminava fin poco sopra le ginocchia, lasciando che la sua candida pelle risaltasse agli occhi dei possibili spettatori. Il discreto décolleté a V metteva in evidenza il collo, valorizzando l’esile collo e busto di Alessia.

    Rigirandosi davanti allo specchio si domandò spesso se non fosse eccessivo, ma non voleva nuovamente sfigurare agli occhi di Giulio. Inoltre, la competizione non dichiarata con Silvia la portava a voler apparire più elegante e seducente della controparte. Lungo la strada attirò più sguardi di quanto avesse desiderato. Camminava a piccoli passi, tenendo il lembo finale del vestito ben disteso, così da impedire che un’occhiata troppo attenta potesse risalire lungo le sue gambe.

    Arrivò con marcato ritardo all’appuntamento, tra attesa di troppo e un passeggiare rallentato, ma, fortunatamente, riuscì a scorgere Silvia ancora in vigile attesa a un angolo della strada. La corta gonna a tubino nera, elegante e seducente abbracciava ogni curva con sicurezza, esaltando la femminilità di Silvia in modo audace. Un top aderente in un sofisticato color blu notte conferiva un'eleganza misteriosa al suo look. Il tessuto morbido e setoso scivolava dolcemente sul suo corpo, svelando appena abbastanza pelle per lasciare un'impressione indelebile. Il suo seno era ingabbiato dietro il sottile tessuto che pareva, ad ogni respiro sul punto di esplodere.

    A differenza di Alessia, Silvia non si faceva problema degli sguardi ammiccanti dei passanti. Come su una passerella, permetteva, orgogliosamente, di divenire la fantasia notturna dei fortunati spettatori. Alessia si avvicinò sfoggiando il suo sorriso più sincero, consapevole di poter, questa volta, giocare ad armi pari.

    “Scusa il ritardo!”

    Le due si abbracciarono, Alessia quasi sprofondò tra le braccia di Silvia. Il permeante e dolce profumo di vaniglia l’avvolse in un sol attimo, rendendole difficile distaccarsene. Silvia allungò la mano dentro la borsetta, ma venne interrotta da una inaspettata domanda.

    “Giulio?”

    Silvia aggrottò le sopracciglia non riuscendo a spiegarsi quella strana domanda.

    “In che senso?”

    “Dov’è Giulio? È già entrato?”

    “No… non ho pensato di invitarlo”

    Il sorriso di Alessia si spense leggermente, abbastanza da trasmettere alla sua interlocutrice la sorpresa e la delusione derivante dall’assenza del ragazzo. Silvia non sapeva bene cosa dire, una nota di tristezza aveva iniziato a descrivere quell’incontro, rendendosi conto di non essere la persona che la sua amica desiderava in realtà incontrare. Strinse ancora qualche secondo un piccolo pacchettino che teneva nella borsetta, solo per farlo ricadere sul fondo.

    “Pensavo sarebbe stato bello organizzare un’uscita solo tra noi ragazze.”

    Aggiunse Silvia, mascherando la sua delusione dietro un ampio sorriso. Alessia acconsentì a quella idea, anche se i suoi piani erano appena stati stravolti. Si guardò attorno fino a individuare il piccolo cinema. Era diverso dalle usuali multisale, dall’aspetto spartano, quasi trasandato, e meno affollato.

    “Non conoscevo questo posto, non sapevo nemmeno vi fosse un cinema qui”

    “Beh… sì, non lo conoscono molti. L’ho scelto perché può aiutarti.”

    “Aiutarmi?”

    Alessia fissò l’altra ragazza con aria perplessa, non riuscendo capire come potesse esserle d’aiuto la visione di un film.

    “Sì, sai per… Giulio. Ti aiuterà ad affrontare il tuo imbarazzo, fidati. Dai, entriamo.”

    Alessia avrebbe voluto controbattere, porre qualche altra domanda prima di lanciarsi nuovamente a capofitto in una delle idee di Silvia, ma ormai quest’ultima si era già allontanata non lasciandole alternative se non seguirla per fare luce sul mistero.

    All’entrata dell’anonimo cinema vi era un’anziana signora. Staccò due biglietti senza porre domande né alzare gli occhi dalla rivista che stava sfogliando. L’unico movimento fu quello dell’indice che indicò il corridoio d’entrata. L’oscurità dello stretto e angusto tunnel terminò in una saletta. Una cinquantina di sedute erano rivolte verso la superficie adibita alla proiezione. Dietro di esse, uno spazio più ampio permetteva di attendere in piedi, per chi volesse, l’inizio del film.

    Le locandine affisse sul muro gettarono nel più profondo imbarazzo Alessia. Una rassegna di immagini pornografiche con titoli ben più che espliciti catturarono la sua attenzione. Silvia l’aveva portata in un cinema porno. In quel momento notò che la totalità degli spettatori, pur essendo molto pochi, presenti erano tutti uomini e gli sguardi che lanciavano alle due ragazze valevano più di mille parole.

    Alessia si trovò a stringersi sempre di più contro Silvia che, con estrema naturalezza, invece, controllava quale fila potesse essere la più adatta.

    Le luci della sala calarono e, con attenzione, tutti i presenti si dispersero sulla moltitudine di poltroncine. Fortunatamente, Silvia e Alessia erano sole in fondo alla sala. La timida ragazza tirò un sospiro di sollievo, avendo evitato la vicinanza di qualche pervertito.

    Affondò nella seduta, quasi raggomitolandosi, cercando di farsi il più piccola possibile con la speranza di scomparire. Silvia, invece, era a suo agio, seduta occupando entrambi i braccioli, con un sorriso beffardo dipinto sul volto mentre attendeva l’inizio della proiezione. Dalla borsetta estrasse una bevanda, ne bevve un sorso e la mise tra lei e Alessia.

    “Nel caso in cui abbia sete…”

    Alessia non rispose, troppo imbarazzata dalla situazione che stava vivendo. Silvia si lasciò andare in una risata sommessa.

    “Considerala una terapia d’urto”

    Quando anche le luci soffuse ai lati della scalinata si spensero, sullo schermo davanti a loro apparve il classico inizio di un film a luci rosse. L’accenno di trama lasciò ben presto spazio a vivide scene di piacere alle quali Alessia provò a non concedere attenzione. Il silenzio della sala era interrotto da sporadici gemiti e movimenti furtivi. Il buio riusciva a celare la provenienza e la natura di questi rumori, ma non era difficile immaginarne l’origine.

    Silvia guardava divertita lo spettacolo, mordicchiandosi un’unghia nel mentre. Aveva, fin dall’inizio, conservato il medesimo ghigno, tagliato solo dalla lingua che, talvolta, usciva per bagnare le sue carnose labbra. Osservare la sua amica le donava una strana tranquillità, un’ancora della sua quotidianità in quel luogo di perdizione.

    Lo sguardò ben presto si posò sulle gambe di Silvia e Alessia si pentì di aver assecondato la sua curiosità. Appena comprese quanto stava osservando i suoi occhi scattarono davanti a sé, impietrita e incredula. Ricontrollò, per sicurezza, sperando che fosse stato solo uno scherzo delle luci, ma la sua teoria venne smentita.

    Tra le gambe di Silvia, da sotto il tubino nero, stropicciato e leggermente alzato a causa delle scomode sedute, si intravedeva l’umida punta del suo membro eretto.

    La curiosità si impadronì della mente di Alessia, desiderava vederlo, averne la certezza. Si sporse verso la sua amica, tentando di celare il suo interesse. Mentre Alessia scrutava lo scabroso dettaglio tra le gambe di Silvia, affascinata da quella insolita visione, si chinò leggermente in avanti dalla sua poltroncina nel buio del cinema. Un attimo di distrazione fu sufficiente per farle perdere l'equilibrio, e prima che potesse reagire, la bottiglia di bevanda si rovesciò sulle ginocchia di Silvia, creando una macchia scura sul tessuto del vestito.

    Silvia emise un piccolo grido di sorpresa mentre la bevanda colava lungo la stoffa, e poi sollevò uno sguardo sorpreso verso Alessia. Quest’ultimo si affrettò a scusarsi, estraendo copiose quantità di fazzoletti dallo zainetto che portava con sé. Alessia abbassò lo sguardo, colpita dalla propria goffaggine, e iniziò a tamponare l’area bagnata, evitando, con estrema cautela, di avvicinarsi al gonfiore tra le gambe di Silvia.

    "Oh, sembra che tu abbia combinato un piccolo disastro" disse Silvia, il sorriso malizioso danzava tra le sue labbra mentre guardava Alessia prodigarsi per rimediare al danno causato. Alessia continuò ad asciugare, sussurrando solo scuse e nient’altro.

    “Anche qui, guarda.” Silvia indicò una zona non meglio precisata sull’altra sua gamba. Alessia fu un attimo sorpresa di come potesse essersi bagnata anche dall’altro lato, ma non era nella posizione per dissentire. Si sporse, senza porre alcuna domanda, sulle gambe della sua amica per soddisfarne la richiesta. Improvvisamente, sentì calare sulla sua schiena entrambe le braccia di Silvia, che la bloccarono supina su di lei.

    "Non hai scelta, cara. Devi affrontare la tua punizione."

    Alessia rimase interdetta, sentendosi immobilizzata dalle braccia di Silvia che la tenevano prigioniera. La luce del film proiettato sullo schermo creava un'atmosfera surreale intorno a loro, mentre il cuore di Alessia batteva accelerato.

    "Ma... cosa stai facendo?" balbettò Alessia la cui voce tremante tradiva la sua confusione.

    Silvia sorrise maliziosamente, mantenendo la presa salda su Alessia. "Sto solo pensando a quale punizione sarebbe più appropriata per te, dopo questo piccolo incidente" disse con tono giocoso.

    Alessia cercò di muoversi, ma le braccia di Silvia la tenevano saldamente, rendendola incapace di liberarsi.

    Le mani di Silvia iniziarono a sollevare la gonna di Alessia, fino a farla scivolare sopra le natiche. La medesima sorte toccò anche ai suoi esili e innocenti slip bianchi che, con un unico movimento, vennero trascinati all’altezza delle ginocchia. Non poteva vedere quello che Silvia le stava facendo, ma poteva tranquillamente immaginarsi lo spettacolo che le stava concedendo. I glutei e l’intimità di Alessia, in quella posizione, erano ben esposti. Tentò, per l’ultima volta, di rialzarsi, ma la presa di Silvia non le consentì di fare altro.

    “Cerca di non disturbare i presenti…”

    Il lascivo sussurro di Silvia riempì di terrore il cuore di Alessia, distesa inerme alla sua mercè. Un sordo schiocco precedette un sommesso urlo, l’impatto della mano sui glutei di Alessia lasciò quest’ultima senza fiato. Portò appena in tempo le mani alla bocca per impedire che un nuovo urlo potesse attirare attenzioni indesiderate. Colpo dopo colpo, Silvia schiaffeggiò il sedere della sua colpevole amica fino a renderlo rosso e pulsante. Ad ogni pacca, il corpo di Alessia strusciava contro il membro di Silvia, ricordando la perentoria presenza. L’erezione, in quella posizione, puntava proprio contro il ventre di Alessia. Poteva sentire il tessuto del suo abito inumidirsi sempre di più ad ogni movimento.

    L’intensità dei colpi era un crescendo di emozioni e, ben presto, i lamenti di Alessia non potevano più essere trattenuti dalle sue esili dita.

    “Shhhh…”

    La calma con cui Silvia stava dirigendo il gioco stonava con la foga delle sue azioni. La mano destra di Silvia scivolò sulle labbra di Alessia e si sostituì alla sua presa. Ben salda contro la sua bocca, ora le sue urla, ormai veri e propri gemiti di piacere, erano attenuati completamente. All’ennesimo schiaffo, il corpo di Alessia iniziò a contorcersi, rendendo difficile per Silvia mantenere la presa sulla sua bocca. Una scarica di adrenalina si irradiò da capo a piedi e Alessia tremò di piacere sulle gambe di Silvia.

    Con due dita, Silvia si introdusse all’interno dell’intimità di Alessia, allargandone le labbra umide e polpose. La luce emessa dallo grande schermo si rifrangeva sulle striature umide del piacere di Alessia. Giochicchiò distrattamente con il fiore di Alessia, penetrandola e massaggiandola a intervalli regolari. Poi, quando ormai la sua mano era completamente inumidita, solleticò divertita il timido clitoride, facendo saltellare Alessia ad ogni tocco. Le attenzioni di Silvia produssero ancora una volta un tremore incontrollato nelle gambe della sua preda, che terminò con una serie di lunghi e affannosi sospiri.

    Le gambe le parevano due blocchi di cemento, la schiena le doleva in ogni punto e i glutei andavano in fiamme, Alessia si sentiva sfinita e senza alcuna forza di rialzarsi. Continuò a rimanere distesa, inerme e indifesa, pur di non doversi confrontare con Silvia. Pur essendo stata vittima di quelle azioni, si vergognava del depravato piacere di cui aveva goduto.
    Nonostante le percosse e quelle attenzioni non richieste, si sentiva perfettamente al sicuro tra le grinfie della sua amica. Se avesse potuto, sarebbe rimasta per delle ore riversa in quella posizione. A farsi strada nel suo cuore vi era un crescente senso di vergogna, questa volta, però, slegato dalla mera sessualità. La vergogna di aver goduto, lasciandosi andare in una sequela di orgasmi, per mano di un’altra persona e non di Giulio. Provando quell’intenso piacere, permettendo alla parte più oscura della sua anima di emergere, aveva tradito mentalmente e fisicamente il suo amore.

    Una lacrima le scivolò lungo la guancia, poi un’altra. Alcune di queste caddero sulla borsetta di Silvia, appoggiata sul pavimento e proprio sotto il suo viso. Solo in quel momento ne notò il contenuto: un piccolo pacchettino avvolto da un fiocco rosa di velluto con sopra una etichetta riportante “Alessia”.

    Con un movimento furtivo, raccolse il pacco e lo fece scivolare nel décolleté. Attese ancora qualche minuto poi, raccogliendo tutte le energie rimaste, scivolò nuovamente al suo posto, tirandosi su le mutandine e riassestando il vestito.

    Silvia si girò verso la sua prediletta, ma il ghigno di soddisfazione si infranse alla vista delle lacrime che le rigavano il volto.

    “Scusami.. Io… Io…”

    Le parole si bloccavano in gola, incapace di formulare una scusa da porgere ad Alessia. Quest’ultima accennò subito un sorriso.

    “Non è niente…”

    Alessia posò il capo sulla spalla di Silvia, che era visibilmente preoccupata. Si sentiva protetta accanto a lei, come se nulla potesse ferirla mentre era lì. Persino in quel luogo, non provava più alcuna paura. Le due amiche rimasero in silenzio fino alla fine del film, aspettando che tutti gli altri spettatori uscissero prima di alzarsi e dirigerci verso l'uscita.

    Mentre uscivano dal cinema, il fresco della sera avvolse le due amiche in un abbraccio gentile. Il vento leggero carezzava delicatamente i loro volti, mentre il suono delle strade animate dalla vita notturna riempiva l'aria. Silvia non disse nulla, non fece nessun gesto di addio. Si limitò a guardare Alessia allontanarsi da sola, stringendo i pugni con forza mentre si malediceva per aver permesso ancora una volta alla sua bramosia di minare quella preziosa amicizia.
     
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    In cauda venenum

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    Non sono riuscito a non immaginare che il film fosse Le Casalingue di Fantozzi va in pensione. :asd:

    Grazie per gli ultimi capitoli. :riot:
     
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    Il personaggio di Alessia mi piace sempre di più, ci voleva un capitolo fortemente erotico dopo tanti narrativi e di sviluppo di trama. Fortunate le ragazze, vista la location, a non aver attirato gente non gradita.
     
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    Capitolo 16

    La mano di Silvia continuava a insinuarsi tra le cosce di Alessia, alla spasmodica ricerca dell’origine del suo piacere. Le labbra premevano sui timidi capezzoli rosei, frementi e solleticati dalla cura maniacale profusa dalla lingua dell’amica. Avvolta dal calore della lussuriosa, ad Alessia sembrava di essere sospesa nel vuoto, ancorata unicamente alla volontà di Silvia. #La fissava#, il suo sguardo riusciva a penetrare fin nei suoi pensieri, riuscendo a dare origine a peccaminosi e indicibili desideri.

    La sveglia impostata sul suo smartphone fece sobbalzare Alessia tra le lenzuola, restituendo la sua coscienza al mondo reale. Preda ancora del torpore dell’improvviso risveglio, un’invadente sensazione di vergogna la pervadeva nel profondo. Madida di sudore, attese che la sua mente potesse ritrovare l’ordine ceduto al reame dei sogni. La rugiada del piacere si era fatta largo tra le sue gambe, a monito dei suoi perversi bisogni.

    Quel sogno, oramai ammantato dalla nebbia della veglia, continuava a infervorare i suoi desideri. Le immagini lasciavano spazio alle sensazioni e quest’ultime sfociavano in imbarazzanti reazioni. Pur volendo dimenticare, la sua parte più razionale annaspava nella burrasca di emozioni nella quale la mente di Alessia stava navigando. Il mondo dei sogni ha le sue regole, ricercarvi una logica o profondi significati erano un più un esercizio artistico o divinatorio. Ciò non fece demordere Alessia, che, con ineluttabile asetticità, sezionò quelle emozioni.
    Si convinse che non era Silvia l’oggetto del suo desiderio, ma una semplice personificazione di un suo bisogno inconscio. Gli atti perversi a cui si era lasciata fantasiosamente andare, inoltre, dovevano trattarsi di banali reazioni del suo corpo. Nemmeno lei, pur essendone l’ideatrice, fu convinta di quell’analisi sommaria prodotta nella penombra della camera. Tanto le bastò, però, per ricacciare nuovamente nei meandri della sua fantasia quegli sprazzi ribelli.

    Allungò nuovamente la mano verso il comodino, afferrando lo smartphone che, poco prima, l’aveva salvata dalla sua degenerata depravazione. Sullo schermo, oltre all’orario mattutino, cappeggiava ancora la notifica dei messaggi di Silvia. Dal loro ultimo incontro era passa quasi una dozzina di giorni. I messaggi si erano fatti sempre più sporadici, abbandonati a loro stessi nell’oblio del silenzio digitale. Non provava odio nei suoi confronti né astio, non le recriminava le azioni che aveva compiuto. L’unica cosa di cui la incolpava, un delitto senza perdono ai suoi occhi, era quello di aver scardinato la serratura della prigione nel quale era rinchiusa la sua lacerante fame di passione.

    Il regalo agilmente sottratto a Silvia era in bella vista sulla piccola scrivania, accanto al dildo inutilizzato. Un choker in velluto rosa, chiuso da un elegante fiocco, con una targhetta argentata recante la lettera S. Prima di dirigersi in bagno, Alessia lo raccolse tra le sue mani. Non aveva idea del reale significato di quel regalo, né riusciva ad azzardare alcuna ipotesi. Le sue domande giacevano senza risposta nella sua mente, impossibilitata a sodare i suoi dubbi direttamente dalla fonte.

    Il piccolo bagno era un piccolo tempio di pace, un luogo lontano dai pensieri che la stavano pervadendo. Appoggiò lo smartphone sul lato del lavabo e si concentrò sulla la sua metodica routine igienica. L’acqua fresca puliva la frenesia notturna dal suo viso e, fungendo da rito purificatore, ripulì il suo sguardo dalle visioni peccaminose di cui si era resa partecipe.
    Con lo spazzolino raggiunse ogni angolo della sua bocca, sfregando con cura. Il manico si muoveva tra le sue labbra chiuse proprio come il dito di Silvia, invadendo e stuzzicando i suoi pensieri. Il sistematico movimento della testina si tramutò in un inconscio giocherellare della sua lingua con l’esile asta di plastica. Estrasse lo spazzolino dalle labbra permettendo, così, che un copioso filo di saliva lo accompagnasse fino al rubinetto.

    Riflesse nello specchio, vide le sue guance colorarsi di un rosa acceso non appena comprese il significato delle sue azioni. Ripose velocemente lo spazzolino nel bicchiere, allontanandosi cautamente da quell’immaginifico strumento.

    Seduta sulla toilette, poteva osservare alone umido impresso nei suoi slip. Mentre un rigagnolo caldo e dolce colava dal suo fiore, lo sguardo giaceva sul simbolo della sua immoralità. Anche il semplice tamponarsi con la carta igienica si trasformò in pochi secondi in una danza delle dita tra le cosce.

    Si alzò di scatto e afferrò lo smartphone che, innocentemente, era ancora appoggiato sulla porcellana del lavabo. Il dito sospeso immobile sulla notifica dei messaggi di Silvia tradiva la guerra interiore che stava affrontando.

    “Ne hai ancora per molto?”

    Una voce femminile, inframmezzata da un frenetico bussare, riportò alla realtà Alessia, che ripose nuovamente il cellulare evitando di cedere alla tentazione.

    “N-no, ho quasi finito. Faccio una doccia veloce e poi libero il bagno.”

    “Va bene, ma sbrigati!”

    Una doccia fredda non le sarebbe bastata a sopire i bollenti spiriti che ardevano nel suo ventre. Decise di combattere il fuoco con il fuoco, esprimendo il suo desiderio in maniera controllata e consona.

    Fece cadere il pigiama disordinatamente sul pavimento ed entrò nel box doccia. Lo scrosciare tiepido dell’acqua l’avvolse completamente, facendola scivolare nuovamente nei suoi pensieri perversi. Aiutandosi con il soffione della doccia, direzionandolo con saggezza, iniziò a solleticare la sua bramosa intimità.

    Con precisione chirurgica raggiunse immediatamente le sue labbra più calde, esplorandone le dolci curve con i polpastrelli bagnati. Il violento getto della doccia investiva il suo clitoride, che fremeva insieme alle sue gambe.

    Il frenetico ansimare cresceva a ogni movimento. Nello sprofondare nella bramosia del suo io più dissacrante, l’esile corpo si trasformò nel megafono del suo piacere. I suoi muscoli suonavano con una corda tesa, ogni gemito una nota della sua personale ode al perverso piacere.

    La schiena disegnava una sinuosa curva che terminava con un impercettibile avvallamento prima di lasciare il posto ai vergini e candidi glutei di Alessia. L’eleganza di quella composizione mal si sposava con la guancia premuta con foga contro una delle ante dell’instabile box doccia. Così disposta, Alessia poteva agilmente premere il soffione verso la fonte del piacere e al contempo, con l’altra mano, schiaffeggiare il proprio sedere.

    Ogni schiaffo era seguito da un piccolo sobbalzo, condito da un sussulto di piacere. I colpi ritmici inferti al suo corpo accompagnavano la lussuriosa sinfonia. In un crescendo di intensità, la sua voce richiamava Silvia e la sua presenza.

    La porta tornò a tremare sotto i colpi insistenti di chi attendeva all’esterno il proprio turno.

    “Alessia! Dai che tra un po’ ho lezione. Fra quanto esci?”

    “V-vengo… Vengo adesso…”

    Nel culmine del piacere, una breve e intermittente fontana di piacere colò lungo le sue stanche e pesanti gambe. Alessia ricadde su se stessa, ansimante e affaticata, ma finalmente libera dal demone che albergava in sé.

    L’acqua continuava a scorrere, portando via con sé il sudore e gli umori dell’impresa di Alessia. Osservò la sua mano, il palmo arrossato mimava il colore del suo sedere martoriato dalla sua foga. L’emozione generata da quella punizione autoinflitta non era paragonabile a quella provata con Silvia. Vi era qualcosa che mancava, un elemento indecifrabile che rendeva insapore quel flagellamento.

    Era riuscita a ottenere ciò che desiderava, i brividi dell’orgasmo percorrevano ancora le sue estremità. Il corpo e, soprattutto, la mente, però, anelavano altro. La fugace digressione non la soddisfò come ipotizzato, anzi contribuì ad avvicinarla alla voragine che si stava formando nel suo cuore. Percepiva il ribollire della sua mente. Un incendio indomabile continuava ad ardere dentro di lei e nulla sembrava essere in grado di donarle un sollievo duraturo.

    Ancora grondante, uscì dalla doccia più stanca e spossata di prima. Ignorò completamente l'idea di indossare il pigiama, avvolgendosi invece in un piccolo asciugamano che a stento garantiva un minimo di copertura. All'uscita dal bagno, incontrò lo sguardo inquisitore della sua coinquilina, ma non ebbe la forza di reagire, accettando tacitamente quella sfilata imbarazzante.

    Una volta in camera, si lasciò cadere sul letto, bagnando le lenzuola e i cuscini ancora in disordine sul materasso con le gocce d'acqua che si spargevano come piccole macchie. Terminò di asciugarsi in silenzio, fissando un punto indefinito davanti a sé, mentre le pareti sembravano rimpicciolirsi attorno a lei, abbracciandola in un senso di claustrofobia emotiva.
    Dopo un rapido tour dell’armadio alla ricerca di qualcosa che potesse darle almeno una scintilla di conforto, si trovò di fronte allo specchio, osservando il riflesso di uno sguardo stanco ma determinato. Con un sospiro, infilò l'abito più comodo che trovò e infilò nella borsa il dildo inutilizzato e il regalo sottratto a Silvia.

    L’appartamento era avvolto da una tranquillità inusuale. Il frenetico piroettare di Silvia e il pigolare di Giulio erano assopiti nelle tazzine di caffè che racchiudevano tra le loro mani. Un sommesso bussare risvegliò entrambi da quella magica catarsi. Aperto il portone, Giulio sgranò gli occhi quando mise a fuoco il volto di Alessia.

    I capelli le ricadevano sul viso spettinati, il fiatone tradiva la corsa appena fatta per giungere lì.

    “Alessia! Ma cosa-“

    “Volevo vederti. Mi mancavi, mi mancavi da morire.”

    Con un piccolo balzo in avanti, Alessia abbracciò Giulio, lasciando che quest’ultimo contraccambiasse timidamente il gesto inaspettato. Il vociare inaspettato attirò l’attenzione di Silvia che si sporse dal cucinotto lì vicino, sobbalzando leggermente non appena vide l’ospite inattesa.

    Notando la sua presenza, Alessia raccolse tutto il coraggio che albergava in sé e baciò Giulio, abbandonandosi in lungo e appassionato scambio di sentimenti. Mentre il ragazzo si godeva l’improvviso calore della lingua della sua dolce metà, quest’ultima lanciava sguardi di sfida verso l’incuriosita coinquilina. Silvia fissò Alessia a lungo, come se volesse penetrare il suo animo, ma alla fine distolse lo sguardo, evitando di elargire le classiche frecciatine ironiche e facendo cadere il proprio sguardo verso il pavimento.

    Giulio si fece sempre più spavaldo, le mani calarono lungo fianchi di Alessia fino al suo sedere, mentre la timida erezione premeva sempre con maggiore forza sulle gambe. Un turbine di passione li avvolgeva, facendo perdere loro il senso del tempo e dello spazio, fino a quando non si separarono con un sussulto per riprendere fiato.

    Alessia, a quel punto, estrasse dalla borsa la piccola scatola contenente il dildo e il colorato choker. Con gesto deciso, li porse a Silvia, che ricevette gli oggetti con una calma apparente, senza lasciare trasparire alcuna emozione.

    Alessia, proseguendo nel suo enigmatico silenzio, si dileguò evitando qualsiasi altra interazione con i presenti, lasciando Giulio a confrontarsi con i turbamenti e i dubbi che la sua presenza aveva suscitato. Immerso in una confusione crescente, Giulio si ritrovò solo a raccogliere i frammenti di quel momento di passione.

    Guardò prima la porta e poi Silvia, ancora ammutolita, intenta a rimuginare sul significato delle azioni della ragazza. La visibile erezione contratta dai suoi pantaloni lasciava intendere i pensieri che vorticavano nella mente di Giulio. Mantenendo un inusuale riserbo, decise di non aggiungere alcuna parola al già denso silenzio che pervadeva l'ambiente. Senza fare rumore, si diresse verso la sua camera, stringendo tra le mani gli oggetti restituiti da Alessia.

    Mentre camminava lungo il corridoio, i pensieri di Silvia erano turbolenti. Tuttavia, preferì trattenere le sue domande e i suoi dubbi, lasciando che il tempo svelasse le risposte.
    Rilesse più volte le poche parole che componevano il breve messaggio. Ogni frase pareva superflua e inutile, ma non poteva non dar seguito a quanto era appena accaduto.
    Poco dopo aver premuto invio, lanciò gli oggetti consegnati da Alessia sul letto, sfogando così le tumultuose emozioni che premevano sul suo cuore.

    Una solitaria lacrima si fece strada lungo la sua guancia, mentre sullo schermo illuminato continuava a permanere l’ultimo messaggio inviato: “Mi dispiace”.
     
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