I Cavalieri Neri

x Hina

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    Non potendo opporsi, Sae divenne facile preda di quelle mani scarlatte che iniziarono ad afferrarla: prima i polsi, poi le gambe, le spalle e le cosce. Adoravano quello che stavano toccando: la carne di Sae, anche se in forma di spirito, era deliziosa e la assaporavano avidamente facendole sentire qualcosa che non aveva mai assaporato prima. Le stavano facendo sentire cosa significava venire stimolati direttamente nello spirito... ed era inebriante. Era un piacere che solo il corpo non poteva sperimentare, era unico, e bastava anche solo quel tocco per risvegliarla. Certo forse non era dei più delicati, ma risultava vigoroso, impaziente, tipico di un amante eccitato che non vede l'ora di possedere la sua donna. Erano tanti tocchi diversi, in realtà: alcuni gentili che la accarezzavano, altri vigorosi che la strattonavano, altri invece possessivi che tenevano le dita ancorate al suo spirito per poterla assaporare. Poi si fecero più avidi, e mentre le mani e le braccia la avvolgevano, altre dita le risalirono il corpo, iniziando a sfiorarle il ventre, i seni, dapprima con rispetto, poi con desiderio crescente.
    La sua carne... deliziosa! ... scegli me! ... voglio questa carne per me! ... saremo una cosa sola!
    Più la toccavano, più la desideravano. Sae poteva sentire quelle dita sciogliersi nelle sue carni eccitate, masturbandola lentamente, con perizia e allo stesso tempo vigore. Affondavano in lei mentre il suo seno diventava preda di quelle attenzioni, massaggiato, sostenuto, levigato da carezze perverse. Le dita si avvicinarono anche alle sue labbra come se non bastasse più solo il sesso, come se volessero sentire anche i suoi gemiti, divorarne le vibrazioni direttamente dalla bocca. Fu a quel punto che Sae si rese conto che gli allenamenti erano finiti, e che i ragazzi stavano entrando nel bagno. Lo aveva forse dimenticato? Bangi unisex. Poteva distinguere le loro sagome e percepire la loro energia spirituale in maniera più chiara che mai. Artù e i ragazzi vicini a Thresh erano più definiti e sembravano quasi dei cavalieri spettrali, proprio come Mike. Gli altri, seppur più deboli, risultavano comunque carichi di energia. Parlavano e chiacchieravano come se nulla fosse, ignorando che a pochi metri da loro ci fosse il corpo di Sae, privo di sensi o quasi, intento a masturbarsi sempre più forte. Mentre lei se ne stava intrappolata lì, c'era il rischio che i suoi ragazzi la trovassero in preda all'estasi proprio come era stato con Mike al loro primo incontro. Ma che poteva fare?
    Non puoi batterli donna, e nessuno può aiutarti. Se non vuoi finire col perderti come loro, dovrai trovare la tua strada...
    In fondo, perché no? Perché non abbandonarsi a quelle sensazioni? Erano avidi e inquietanti, certo, ma quegli occhi, quelle mani, quei tocchi sapienti, la facevano stare bene. Era piacevole, osceno, perverso, e chissà quali piaceri poteva assaporare in quella forma astrale. E che importava se i ragazzi l'avessero vista? Non erano forse pazzi di lei? L'avrebbero piuttosto venerata proprio come facevano col oro perverso e inquietante professore, e anche di questo lei ne avrebbe goduto. Perché non abbandonarsi? Perché non lasciarsi andare? Mentre quei pensieri si impossessavano di lei, Sae vide di nuovo Mike guardarsi attorno, irrequieto... come se sapesse che qualcosa di strano stava succedendo, a differenza di tutti gli altri che sembravano ignari.
     
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    No! Perché non riuscì a sfuggirgli? Perché non riusciva a risvegliarsi? Le mani che la raggiunsero le fecero provare sensazioni uniche, mai provate prima di allora. Erano sensazioni così vivide, ed era assurdo pensare che lo erano benché non fosse il suo corpo a ricevere quelle informazioni. Quelle mani la volevano, erano avidi di lei, ma Sae non conosceva quelle sensazioni, erano intense e non riuscì a lasciarsi andare, a "godersi" quelle novità. Si sentiva violata, anche se il tocco era piacevole, non voleva che dei perfetti sconosciuti la facessero sentire in quel modo. Cercò di scacciarli via, di togliere quelle mani di dosso ma tornavano su di lei, ossessivi. Marcus le disse che non poteva batterli, che se non voleva perdersi come loro, doveva trovare la sua strada. Per un solo attimo pensò di chiedergli aiuto, ma qualcosa le fece pensare che forse lui non poteva, o lo avrebbe già fatto.
    No! Lasciatemi!
    Urlò con lo spirito, cercando di scacciarli ancora via, ed in suo soccorso arrivarono i ragazzi, che finirono i loro allenamenti. Una buona distrazione che stava agendo sui sensi del suo corpo. Allarmata guardò verso di esso che stava continuando ormai in trance, come drogata. Vide Mike, che si guardava attorno apprensivo, e ricordò il giorno in cui si erano conosciuti. Forse anche Mike era finito nello stesso identico modo, e lei era riuscita a riportarlo indietro. Ma come poteva chiamarlo? Se lo chiamava l'avrebbe vista ridotta in quel modo, lo avrebbe fatto preoccupare. Le venne in mente anche quando aveva intrappolato Mike nel suo materasso, e pensò che aveva un appiglio, aveva un arma. Il piercing poteva darle la forza di cui aveva bisogno. Cercò di attingere a quella forza, e cercò di ricordare lo stessa sensazione che provò quando aveva scacciato Mike credendolo uno spirito maligno. Le dita si strinsero al suo capezzolo strizzandolo come se avesse voluto mungere fuori da quell'oggetto energia magica, e poi con le mani astrali scacciò via le mani con dei schiaffi.

    Lasciatemi!
    Non voleva perdersi, non voleva che i ragazzi la trovassero in quelle condizioni. Lei non era come Thresh, lei doveva essere una guida, doveva essere la figura di appoggio morale. Come poteva esserlo se la trovavano persa in chissà quali vizi? Avrebbe perso il loro rispetto, avrebbe perso la loro fiducia e la loro ammirazione.

    No! NO! Aiuto! Aiutami!
     
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    Appena Sae iniziò a stimolare la sua energia, notò subito un cambiamento in ciò che la circondava: i contorni iniziarono a riprendere forma e la realtà divenne più coerente, mentre le mani diventavano più lente, come se qualcosa le stesse rallentando effettivamente. Lo sguardo di Mike si fece più attento ed iniziò a guardarsi attorno. Gli altri non ci prestarono molta attenzione, neanche quando si allontanò dal gruppo alla ricerca di qualcosa. Arrivò fin davanti alla porta dietro la quale si nascondeva Sae, e toccandola ebbe come un'intuizione. Si guardò attorno e quando fu sicuro che nessuno lo potesse vedere, si infilò lì dentro richiudendosi la porta alle spalle. A quel punto, per Sae e per Mike il tempo si fermò. Tutto ciò che aveva intorno divenne mellifluo e si concentrarono unicamente su loro stessi. Sae poteva vedere il suo corpo da fuori, in trance davanti a Mike che la fissava con gli occhi quasi sbarrati. Il ragazzo aveva un'aria... languida. Stava lottando contro sé stesso. Sae poteva vedere chiaramente le sue mani sudare, e il suo ventre gonfiarsi a causa di un'eccitazione incontrollabile. La fissò al ungo, soffermandosi su ogni dettaglio. Le sue labbra, i suoi seni, le sue mani. Sae si sarebbe sentita desiderata, ardentemente, e nello sguardo di Mike avrebbe visto tutta la sua frustrazione, tutto il cocente desiderio che provava nei suoi confronti. Era una battaglia disperata quella, e forse capì chiaramente cosa passava nella mente del ragazzo quando si afferrò la patta dei pantaloni, massaggiandoseli come se stesse cercando una valvola di sfogo. Poi lentamente allungò le mani verso di lei. Le dita della destra verso le labbra di Sae, la sinistra invece verso il suo seno. Tremava, non respirava, e per un secondo Sae sentì che le mani del ragazzo non erano diverse da quelle mani vermiglie che le stavano togliendo la libertà. Lo vide afferrarle le gambe e... con una discreta attenzione, le portò su di un sostegno che di solito veniva usato per gli asciugamani, abbastanza grande per tenere le gambe sollevate. In quel modo non sarebbero stati visibili da sotto. Allungò le mani verso di lei solo per poterle afferrare le sue, togliendole dai punti più vergognosi, e anche se esitò maledettamente, tremando come un drogato in astinenza, quando le dita piene di umori di Sae gli passarono vicino al volto, non cedette alla tentazione. La rivestì, assicurandosi che non ci fosse più nulla di scabroso in corso dentro quel bagno, per poi soffermarsi con la schiena sulla porta, piantandosi una mano davanti alla faccia ed iniziando a respirare affannosamente. Rosso in viso, con gli occhi lucidi, aveva lottato contro sé stesso in ogni sua forma, ma aveva resistito. Fece per uscire da lì ma prima di farlo accarezzò la guancia di Sae, fu l'unica cosa che si concesse, poi capì che non poteva restare oltre lì dentro senza sentirsi male, e uscì frettolosamente tornando dai ragazzi e facendo un gesto disgustato davanti alla faccia per far capire a tutti che ne aveva lasciata una puzzolente, e che avrebbero fatto meglio a starsene alla larga. Mentre Mike si prendeva cura di lei, Sae avrebbe visto quelle mani lentamente farsi indietro, lasciando la sua forma astrale e permettendole gradualmente di tornare nel suo corpo. Questo coincise nel momento in cui i ragazzi se ne andarono, lasciandola lì dentro da sola, inviolata seppur probabilmente traumatizzata. Anche se era tornata alla normalità, la sua mente non era ancora uscita da quello stato di estrema concentrazione, tanto che poteva percepire le "scie" delle persone che si erano allontanate. Avrebbe potuto notare che Mike non si era affatto allontanato dalla scuola, e che probabilmente era da qualche parte in giro. Poteva sentire la traccia lasciata da Tarabas, anche lui ancora nell'edificio. Poteva addirittura sentire Renekton e Dalamadur aggirarsi lì nei dintorni, e perfino... un'energia conosciuta avvicinarsi. Thresh stava venendo lì. L'unica forza che non riusciva a percepire era quella di Marcus, un pò come se il suo occhio avesse smesso del tutto di seguirla.
     
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    La sensazione di libertà di un corpo astrale, divenne una prigione quando non riusciva a scacciare via quelle mani che la volevano. Che razza di creature erano quelle? Volevano il suo corpo, volevano corrompere il suo animo, sostituirla? Non poteva permettere una cosa del genere. Era disperata perché sembrava che quasi nulla riuscisse ad aiutarla, poi gradualmente le cose iniziarono a tornare alla normalità, i suoi sensi si stavano risvegliando, e con il corpo astrale vide chiaramente Mike che si accorse di lei. Lo vide oltrepassare la porta e poi chiudersela alle spalle. La Sae Astrale si coprì la faccia per la vergogna, ancora una volta stava costringendo quel povero ragazzo ad assistere ad una cosa del genere. Lo vide chiaramente che lottava con se stesso, non doveva di certo essere facile per un ragazzo così giovane con gli ormoni che impazziscono con poco, dover resistere proprio ad una visione erotica della donna di cui era innamorato. Non lo biasimò per essersi eccitato, per essersi fermato a guardarla. Solo per un attimo temette che si sarebbe lasciato andare, fraintendendo ciò che stava facendo come una sorta di invito. Mike invece comprese cosa le stava succedendo, lui forse più di chiunque altro sapeva cosa le era accaduto.
    Oh Mike! Il mio piccolo angelo!
    Si commosse nel vedere che la stava aiutando, che le tolse la mani dal proprio corpo, così da aiutarla a rinsavire. Il suo corpo Astrale lo cinse, lo abbracciò, lo cullava anche se lui probabilmente non poteva sentirla. Si vergognava da morire, ma il suo affetto per quel ragazzino crebbe ancora più forte, soprattutto quando lo vide uscire da lì, con il cuore che gli galoppava nel petto. Se avesse trovato le forze, avrebbe sussurrato un grazie, ma probabilmente lui era già lontano. Quando finalmente riuscì a tornare nel suo corpo, annaspò aria come se fosse stata tutto quel tempo in apnea. Emise un lungo lamento frustrato ed imbarazzato, tirandosi i capelli furiosa con se stessa. Cosa doveva fare adesso? I suoi pantaloni erano fradici, sembrava che se la fosse fatta sotto, non poteva farsi vedere in quelle condizioni da qualcuno. Pensò di aspettare che si allontanassero ancora, così che quando la palestra si sarebbe svuotata sarebbe uscita da quel bagno, piena di vergogna e di domande. Doveva assolutamente fare un grosso regalo a Mike, con tutto quello che gli stava facendo passare si sarebbe meritato come minimo una ferrari. Voleva cambiarsi, darsi una ripulita. Ma fin quando Renekton e Dalamadur giravano lì non poteva uscire. In quanto a Thresh, sperava che non la andasse a cercare, ma probabilmente quella speranza sarebbe stata vana.
     
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    Se voleva evitare Thresh, aspettare fu la scelta sbagliata, ma forse non dipese tutto da Sae. In fondo quell'uomo era l'unico che poteva davvero dirle cosa era successo, e magari aiutarla ad evitare che capitasse ancora, quindi forse restare lì nonostante la diffidenza e il terrore che provava nei suoi confronti, fu la scelta istintiva più saggia di tutte. Anche perché, nonostante lo percepisse avvicinarsi, non lo sentì chiaramente fino a che non fu lui stesso a svelare la sua presenza, parlando subito dopo aver fatto i primi, lentissimi, passi dentro quel bagno.
    Fee! Fie! Foe! Fum! Ich rieche Menschenfleisch...
    Pronunciò lentamente, scandendo ogni singola sillaba con un passo. Più si avvicinava, più Sae poteva percepire una strana sensazione addosso. Il suo corpo era diventato più sensibile ed era fresca di un'esperienza astrale fuori controllo. Non si era sfogata a dovere, era quasi morta di paura e per di più il suo cuore batteva all'impazzata per troppe emozioni tutte assieme, dall'affetto per Mike al puro terrore per ciò che le era capitato. L'aggiunta di Thresh in quel turbinio di sensazioni non fu che il colpo di grazia: si sarebbe sentita debole, e anche se le fosse venuto in mente di alzarsi e scappare per poterlo evitare, non sarebbe riuscita a muoversi di un solo passo. Avrebbe visto l'ombra di quell'uomo farsi sempre più grande da sotto la porta del bagno, mentre un'essenza spettrale terrificante la invadeva completamente. Non era come quando la realtà aveva iniziato a sgretolarsi, piuttosto sembrava un lento e silenzioso incendio verde che man mano avvolgeva tutto ciò che incontrava, e anche la cosa più semplice, anche delle banali viti messe una di fianco all'altra, sembravano occhi inquietanti che la fissavano con desiderio. Sae sentì di nuovo quel piercing sul suo seno reagire, tremava e vibrava dandole scosse di puro piacere, e le permetteva di assorbire una piccola parte di quell'energia terrificante, tutt'altro che rassicurante, ma deliziosa. Forse poteva non piacerle, ma negare che ne aveva bisogno era tutto un altro discorso. La grossa mano dell'uomo afferrò la parte superiore della porta del bagno, era così alto che la sua testa era visibile da lassù: Sae avrebbe potuto vedere solamente gli occhi e la fronte di Thresh, dal naso in giù era coperto, ma sembrava davvero un mostro degli incubi che osservava dall'alto una povera creatura nascosta sotto le coperte per il puro terrore. Rimase a fissarla per lunghi istanti senza mostrare tutto il suo volto, in mancanza di un'espressione da associare a quegli occhi sembrava davvero un orco privo di umanità: la scintilla oscura nei suoi occhi pareva voler divorare Sae semplicemente con lo sguardo e forse, in circostanze diverse, lo avrebbe fatto sul serio.
    Ucci ucci...
    Le catene sui suoi capelli tintinnarono in maniera metallica e sinistra, dopodiché il professore spalancò la porta del bagno senza troppa grazia, così da poterla osservare meglio. Sul suo volto c'era stampato un ghigno compiaciuto, e più esaminava il corpo di Sae, più quelle cicatrici profonde sulle guance si allargavano, testimoni di una certa soddisfazione. Thresh aveva completamente eclissato il resto della stanza: era così alto e massiccio da poter occupare completamente lo spazio della porta, e neanche sgusciando tra le sue gambe e strisciando a terra Sae sarebbe riuscita a divincolarsi da quella situazione. La punta della lingua dello zombie scivolò fuori dalle sue labbra, leccandosele velocemente, ma ritirandosi frettolosamente, forse proprio per non cedere al richiamo che il suo bassoventre stava stimolando. Portò entrambe le mani sui lati della porta e il cappotto nero si aprì, rivelando non solo il suo terrificante fisico perfetto ed esagerato, ma anche l'estrema mole di cose che si celava nell'interno di quel cappotto: coltelli, uncini, aghi, molti altri strumenti. Sembravano quasi sigillati da un incantesimo dimensionale, pronti ad essere estratti in qualsiasi momento, ma presenti e visibilissimi. Prima non li vedeva, ulteriore prova di quanto stesse crescendo rapidamente con le sue abilità. Quel velo nero sancì completamente la caduta di Sae nelle tenebre, e Thresh fu sicuro di avere la sua massima attenzione.
    Non pensavo fossi un'esibizionista mia cara... avresti dovuto dirmelo: sono molto bravo a organizzare giochi come questi. E sei stata fortunata... dio solo sa cosa avrebbero potuto farti un mucchio di ragazzi sudati e in piena tempesta ormonale. Credo che tu sottovaluti il tuo fascino...
    Ironizzò sulla situazione, ridacchiando malefico a labbra socchiuse. I suoi occhi si fecero più attenti e analitici, non sembrò perdere la voglia di scherzare ma era evidente che stava cercando di capire cosa fosse successo.
    Ti sento addosso l'energia del Labirinto... dato che non hai voluto unirti a loro, loro sono venuti da te, eh? Quanta brama... quanta impazienza... e quanta imprudenza da parte tua.
    Sembrava pronto a farle una paternale ma in realtà si fermò, aspettando che fosse lei a dirgli cosa era successo, cosa sapeva e soprattutto cosa aveva visto. C'era qualcosa di diverso nel suo sguardo, forse non era esattamente altruismo ma dato che stavano collaborando Thresh sembrava intenzionato ad aiutarla e darle una valida spiegazione, lasciando a dopo le provocazioni.
     
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    Mentre era chiusa in bagno, con ancora addosso gli strascichii dell'energia del piercing, si ritrovò a pensare per un attimo che magari avrebbe potuto anche ringraziare Mike concedendosi a lui, così da soddisfare quella strana sensazione di voglia di piacere e renderlo felice. Subito dopo averlo pensato però, scosse la testa, dandosi un pugno sulla gamba per quel pensiero così egoista e folle. Si disse che non era un proprio pensiero, che era solo influenzata da ciò che il suo corpo sentiva e lo mischiava con l'immensa gratitudine che aveva provato per Mike. Sorrise nel pensare al ragazzo, poiché si sentiva immensamente fiera di lui, ed allo stesso tempo la preoccupava perché quello che aveva fatto era testimone di un amore sincero. Se fosse stato ossessionato da lei per colpa del cubo, avrebbe ceduto senz'altro. Da quell'incidente era quindi nato un sentimento puro, poiché Mike era un ragazzo puro, ma era ingiusto, poiché lei non poteva ricambiarlo come lui desiderava davvero. Però gli voleva bene, sentiva il bisogno di proteggerlo a tutti i costi, non avrebbe mai permesso che gli facessero del male. I suoi pensieri vennero interrotti dalla presenza di Thresh che divenne sempre più opprimente, e quando sentì la sua voce che parlava nella sua lingua natia, la rabbrividì. Pensò di scappare via, cercò una finestra vicina, ma quando si alzò si accorse che le gambe faticavano molto a reggerla in piedi, figurarsi arrampicarsi per una finestra. Si sentiva così stanca! Sconsolata si risedette sul water, con i gomiti poggiati sulle ginocchia e la testa sulle mani. Ogni passo che si avvicinava a lei, le sembrava che facesse tremare tutto il pavimento, facendola sussultare. Strizzava gli occhi per non vedere immagini inquietanti attorno a lei. Quando Thresh arrivò a guardarla oltre la porta l'avrebbe trovata lì sconsolata con le mani fra i capelli. Sae sollevò il viso solo quando lui spalancò la porta, facendosi piccola piccola su quel water, stringendo le cosce una all'altra nella vana speranza che lui non vedesse la chiazza umida ed ancora calda sui suoi pantaloni. Ancora una volta ebbe la sensazione che Thresh fosse più simile alla colonna di una mastodontica chiesa che le stava per precipitare addosso. Sussultò di nuovo quando riuscì a vedere che all'interno del cappotto ci conservava una marea di strumenti per la tortura. La sua mente spaventata cercava una giustificazione a quei oggetti, pensando che forse servivano per la manutenzione del suo stesso corpo da zombie. Era sicuramente più rassicurante che pensare che li usasse per farci chissà che cosa di terrificante. La prima frase di Thresh la fece accigliare e lo guardò torva, anche se aveva capito che scherzava non le piaceva sentirsi dire una cosa del genere da un tizio che andava in giro con i capezzoli al vento.
    Tzè, senti da che pulpito! Non sono in vena di scherzi al momento.
    Rispose frustrata da tutta quella situazione.

    Perché dici che ho l'energia del labirinto addosso? Stavo cercando di concentrarmi e affinare i miei sensi, perché avevo percepito qualcosa di strano, ma sono entrata fin troppo facilmente in un viaggio astrale. Il viaggio astrale permette di usare la propria anima fuori dal corpo, per viaggiare nel nostro mondo senza i vincoli del corpo, inizialmente pensavo di sfruttare l'occasione per cercare ciò che avevo sentito. Solo che questa volta non avevo proprio il controllo, non riuscivo a tornare nel mio corpo. C'erano delle mani di non so quali entità, è difficile capirlo, che mi afferravano, mi toccavano...
    Fece un piccolo verso disgustato e rabbrividito, mimando il gesto di scacciare via delle cose dal proprio corpo.

    Mi sentivo osservata da mille occhi diversi, mi bramavano, come se volessero immergersi dentro di me... non so come spiegarlo, e poi c'era una sola voce che mi diceva che non dovevo essere lì, che era pericoloso. Mi sentivo completamente disconnessa da me, il mio corpo agiva da solo... osceno, ed io per poco non sarei finita vittima di quelle entità! Come è possibile? Chi sono "loro"? Che diavolo mi è successo?
    Guardò verso Thresh con aria mista fra l'afflitta e la voglia di rimproverarlo. Si trattenne però, non voleva iniziare di nuovo ad accusarlo di averle messo un nuovo oggetto malefico che la gettava in situazioni strane ed incontrollate, quando invece le aveva solo detto che quel cacchio di piercing doveva alimentare la sua energia e che magari avrebbe perso il controllo dei suoi poteri. Lei però era sicura che non era capace di richiamare demoni ed entità maligne a sé. Cosa diavolo le stava nascondendo?
     
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    Nonostante quell'incrollabile faccia da schiaffi, Thresh rimase concentrato per tutta la durata del discorso di Sae, alzando lo sguardo oltre a lei, fissando le pareti e le luci di quel bagno come se stesse cercando indizi. Poteva vedere attraverso i suoi occhi la concentrazione tipica di un essere sovrumano che cerca di carpire elementi energetici, e Thresh sembrava molto bravo a riconoscerli, distinguerli e renderli più chiari. Era un pò come quando Banner e Tarabas si erano concentrati su di lei, ma Faust non stava cercando di leggerle dentro chissà cosa, anzi era concentrato su tutt'altro.
    Ti avevo detto che sarebbe stato difficile controllarti. Assumere una forma astrale non è stato più facile, solo... più incauto, ma non te ne sei resa conto. Hai attraversato un varco, ma hai dimenticato di richiudere la porta alle tue spalle. Se vuoi evitare simili incidenti dovrai essere più cauta.
    A quel punto tornò a guardarla, per una volta serio e tutt'altro che intenzionato a schernirla oltre. Rimase però con le mani appese alle estremità della porta, piegandosi verso di lei come se si stesse lanciando sul suo corpo, ma rimanendo perfettamente in equilibrio per evitarlo.
    Quello che hai assaggiato è il richiamo del Labirinto... in questo luogo il confine tra le dimensioni è molto sottile, è facile passare da un lato all'altro della realtà, non solo grazie al cubo... certo è che fino ad ora nessuno è riuscito a fare una cosa del genere senza una spinta, il tuo "viaggio astrale" è decisamente più interessante di quello che credi. Ad ogni modo... se non sei riuscita a tenere sotto controllo la situazione. è perché la tua forza spirituale è forte, ma il tuo corpo invece è debole, e lo sono anche i tuoi circuiti magici. Sei una preda facile, visto che più diventi luminosa, più è facile trovarti. Sei come un faro nella notte, cosa ti aspetti che facciano coloro che vivono nel buio? Ti vengono a prendere...
    Lo sguardo di Thresh finì inevitabilmente tra le sue gambe e non fu così discreto e galante da non farglielo notare, anzi allargò quelle grosse narici per inspirare il suo odore femminile soddisfatto, abbozzando poi un sorrisetto malizioso.
    Istintivamente il tuo corpo ha capito che più provi piacere, più è facile estendere i tuoi poteri, piuttosto logico se ci pensi, nulla di strano fin qui... in sostanza non ti è successo nulla che fosse fuori dalle aspettative, semplicemente non sei stata capace di controllarti, e hai commesso un errore a causa della fretta.
    Si ritrovò a pensare sul da farsi. Visto che dovevano parlare e Sae aveva bisogno di spiegazioni, Thresh decise che avrebbe unito l'utile al dilettevole, stavolta cercando di stare molto attento a non cedere alle sue pulsioni. Aveva ancora la promessa fatta con Nefertiti sulla coscienza, dopotutto, e non voleva deluderla per nessuna ragione al mondo. Era importante anche per lui.
    In piedi... abbassati i pantaloni.
    Lo disse in modo naturale, come se non stesse chiedendo qualcosa di assolutamente in appropriato. Anzi, lo fece con voce seria, tono grave, come se fosse un ordine, e la sua faccia non lasciava presagire che fosse in vena di rifiuti. Appena avrebbe eseguito quell'ordine, Thresh l'avrebbe afferrata per un braccio, usando la destra, tenendola ferma per un polso che piantò contro la parete alle sue spalle, bloccandola in una posizione non esattamente comoda. In contatto con la sua mano, il corpo di Sae reagì, rivelando sulla pelle del braccio dei segni chiarissimi, che quelle mani cremisi non avevano lasciato in maniera evidente, ma che grazie al potere del professore adesso risultavano visibili. Concentrandosi col suo potere, Sae avrebbe potuto notare che quei segni le erano rimasti su tutto il corpo.
    Le dita che scrivono la ballata del Re Impiccato... "loro" sono le mani di Allagadda, uno dei piani più profondi del Labirinto. Assurdo che tu abbia attirato qualcosa di così distante. Magari mi dirai che hai anche sentito le loro voci...
    Ridacchiò come se stesse dicendo qualcosa di assurdo. Nessuno sente le voci delle maschere di Allagadda.
     
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    Sae aggrottò la fronte in una espressione confusa, lui diceva che il suo viaggio non era stato più facile ma più incauto, cosa che invece Sae aveva percepito in modo diverso.
    No, no, ti assicuro che di solito non è così facile per me.
    Lo interruppe giusto per fargli capire che il suo orecchino aveva dato già dei frutti. Cosa positiva da un lato, ma negativa poiché non era riuscita a gestirsi. Non capì però cosa intendeva dire con il essere stata incauta. Come poteva essere cauta se il primo passo era quello di uscire dal suo corpo?

    Incauta? Sono solo uscita dal mio corpo! Non ho avuto il tempo di pensare a niente, come potevo valutare a cosa stavo andando incontro?
    Affermò confusa, prima che Thresh le spiegava che aveva una enorme differenza fra le sue capacità e la forza del suo corpo. Disse però un'altra cosa che la preoccupò tantissimo ovvero che in quel luogo era facile sconfinare nel labirinto. Come se la scuola fosse stata eretta proprio in uno snodo con quella dannata dimensione. Quindi era quello il motivo per cui Thresh si era installato in quella scuola? Oppure era stato lui a rendere quel luogo così pericoloso? Doveva chiedere informazioni a Tarabas, o a Banner o comunque documentarsi sulla costruzione e fondazione di quella scuola. Le sembrò però avere molto senso il fatto che sconfinando in quel luogo era praticamente come una luce in una oscurità perpetua. Sae rifletteva sulle informazioni che le aveva dato per cercare di capire che diamine ci facesse Marcus in quel luogo, quindi anche lui accedeva al labirinto? E suo padre glielo faceva fare come se niente fosse? Mica era in pericolo? Prima di farsi assalire dalle mille preoccupazioni, cercò di mettere assieme i pezzi nel suo cervello, o almeno ci provò fin quando Thresh non le ordinò di abbassarsi i pantaloni. Lo guardò stranita, accusatoria, poi però notò che era serio, e che probabilmente voleva farle notare qualcosa. Infondo non le aveva detto di mettersi nuda ma di abbassare i pantaloni. Aveva ancora le mutandine, così decise di obbedire anche se contro voglia. Dopo che li abbassò, però lui la afferrò per un polso, strappandole un verso dolente e confuso. Che diamine stava facendo? Voleva stuprarla? La mano libera si piazzò contro il petto del non morto, come a volerlo spingere via, e fu in quel momento che si accorse dei segni che aveva sul corpo e che attirarono la sua attenzione. Guardò per un attimo Thresh nel panico, con un espressione che sembrava proprio chiedere se non fosse in fase terminale di una orribile malattia.

    C-Cosa sono?
    Non riusciva a riconoscere i simboli, i segni in qualcosa che aveva già visto prima sugli spiriti che avevano chiesto il suo aiuto. Thresh parlò di un re impiccato, di Allagadda. Fece un piccolo verso frustrato, lei non aveva la più pallida idea di cosa stesse parlando, lui invece sembrava proprio avere una laurea su quel dannato posto che chiamava labirinto.

    C-certo che ho sentito le voci, erano tante, volevano che scegliessi fra di loro qualcuno. Dicevano che volevano la mia carne. P-perchè? Sentire le loro voci è grave? Oddio mica sto per morire vero?
    Era già pronta a colpirlo con calci e pugni e frignare e dirgli che era un bastardo assassino e che lo avrebbe tormentato con il suo spirito maledicendolo.
     
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    Avrebbe tanto voluto risponderle in maniera ironica sul fatto che tutti stanno morendo lentamente per via di quella cosa chiamata vita, e magari ironizzare sul fatto che per lui invece non valeva dato che era uno zombie immortale. Ma sentirle dire con quel fare ovvio e scontato che le voci le aveva sentite e anche molto chiaramente, lo colse totalmente alla sprovvista. Lo sguardo di Thresh si fece serio e quella mano di Sae piazzata sul suo petto percepì chiaramente un battito dal cuore del non morto. Uno spasmo timoroso, tanto emozionato quanto preoccupato, difficile capirlo, era un pò come una persona timorosa delle altezze che si preparava a salire su una montagna russa. La presa sul polso della donna si fece più ferma, non abbastanza da ferirla ma sufficiente ad impedirle di scappare.
    Morire? Dubito che Loro ti permetterebbero di morire mia cara...
    Lo disse con aria decisamente assorta. Spiegarle cosa volevano e come lo volevano simili creature era decisamente complicato, quindi decise che la cosa più importante era assicurarsi che non accadesse di nuovo qualcosa di così avventato. Approfittando della posizione della donna, Thresh allungò la mano sinistra verso di lei, e con una malizia ancora piuttosto scarsa le toccò il ventre, iniziando a scivolare verso il basso per arrivare alla sua intimità. Sollevò subito lo sguardo verso di lei per guardarla negli occhi, non aveva il suo tipico sorrisetto compiaciuto, anzi sembrava mortalmente serio. Il suo tocco, vigoroso e reso inquietante dalle sue dimensioni, l'avrebbe fatta sentire come quando Banner l'aveva stretta tra le braccia, forse in modo meno affettuoso, ma maledettamente possessivo. Le dita di quell'uomo sapevano come far capire ad una donna che la desiderava, e quando quelle grosse carni scivolarono sotto l'elastico delle sue mutandine, Sae sarebbe finalmente entrata in contatto col calore di quel non morto mostruoso. Il suo corpo, assai distante dall'essere gelido e rigido, era in realtà alimentato da un calore inebriante, saturo di quel potere oscuro e affascinante che accendeva la sua lanterna. Sae sentì chiaramente l'indice e il mignolo scivolare fuori dai lati del suo intimo, sfiorandole le cosce, il pollice adagiarsi contro il suo ventre mentre medio e anulare si beavano della morbidezza della sua intimità, massaggiandola con una discreta perizia priva di irruenza.
    Questa è una lezione extra alla quale non puoi sottrarti... è urgente. Devo insegnarti a tenere certe porte chiuse, altrimenti non sarai mai al sicuro... e cerca di non dimenarti troppo. Se mi eccito sarò difficile mantenere la calma, e per ora non posso ancora divertirmi con te...
    Anche se non stava tecnicamente facendo sesso con lei, Thresh sentiva il cuore pesante perché poteva comunque essere una violazione dei patti con Nefertiti. Ma se non le insegnava a controllarsi anche solo un minimo, il patto con Sae sarebbe giunto ad una prematura fine senza controllo. Già fradicia, la carne di Sae fu facile da spalancare per quelle possenti e vigorose dita, e Thresh non fece nulla per trattenersi, avvicinandole sempre di più e allargandole per poter divaricare le sue grandi labbra, così che farle scivolare dentro sarebbe diventato sempre più semplice. La stazza di quell'uomo, la sua irruenza, il suo vigore, l'avrebbero fatta sentire in balia degli eventi, del tutto impotente, vittima di un piacere che non poteva controllare. Eccola di nuovo, quella scarica di goduria oscena a metà tra il dolore e il piacere forsennato, avrebbe sentito di nuovo il suo corpo farsi leggero, come se fosse sul punto di separarsi ancora da esso, ma tenuta fermamente ancorata lì dal tocco deciso e possessivo del professore.
     
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    Sae pensò di essersi sbagliata, di non aver sentito un battito cardiaco dal petto morto di quell'uomo. La stupì sentirlo caldo, e non freddo come avrebbe dovuto essere un cadavere. No, Tarabas si sbagliava, quello non poteva essere una banale bambola che il vero Thresh guidava da chissà quale posto sicuro. Era lui che emanava quella strana energia che la faceva sentire strana, la sentiva chiaramente, sebbene non riuscisse a leggere l'uomo. Per la prima volta gli vide fare una faccia diversa dal solito ghigno compiaciuto. Il fatto che fosse serio la preoccupava anche di più. Aspettava una risposta chiara che ovviamente non arrivò, ma almeno le fece capire che non sarebbe morta, perché di sicuro non era ciò che volevano.
    Che vuoi dire? Vogliono prendere il possesso del mio corpo, come uno spettro?
    La rendeva nervosa, il fatto che continuava a tenerle il polso con forza, per non farla scappare via, sembrava il preludio per un altra umiliazione. Sperava che almeno parlasse e le spiegasse, o meglio che le facesse capire cosa stava accadendo, ma non fece nulla di tutto quello, aumentando così la sua ansia. Gli diede un piccolo pugno sul petto, come a voler attirare la sua attenzione, poiché gli sembrava perso in chissà quali riflessioni.

    Ma insomma? Mi vuoi dire... che... chee? Cosa stai facendo?!
    La mano di Thresh andò a carezzarla, e se inizialmente pensava che stesse analizzando il suo corpo poiché era sul ventre, quando scivolò nelle sue mutande, cercò di afferrargli il polso per fermarlo. Arrossì vistosamente fino alle orecchie, sia per l'agitazione che per l'imbarazzo dato che era ancora umida per ciò che aveva fatto prima. Quelle dita erano enormi, aveva dei dildi della stessa dimensione a casa. Non voleva che la toccasse in quei punti, se proprio doveva finire a fare sesso contro la sua volontà, avrebbe preferito di gran lunga Mike.

    Che razza di lezione è? Togli la mano da lì dannazione!
    Ci provava a tirarlo via, ma era come cercare di togliere una pressa idraulica che era in funzione. Le girava la testa, strinse i denti per non farsi sopraffare dalle sensazioni, ma il respiro si fece subito corto. Era già stanca per prima, come avrebbe mai potuto sottrarsi alla forza di quel bruto? Questa volta non ci sarebbe stato nessuno ad aiutarla. Thresh parlava di tenere le "porte chiuse" e le faceva rabbia che usasse delle metafore così strane e si approfittasse di lei per molestarla. Come se non bastasse glielo fece pesare come una specie di favore personale, perché non poteva divertirsi con lei?

    Ma che cazzo stai dicendo?
    Si sentiva violata, ma il suo corpo che andava contro ogni suo sentimento di repulsione la faceva arrabbiare anche con se stessa. Perché la sua vagina colava di umori al tocco di quelle disgustose dita? La clitoride pulsava e sentì il bisogno di sentirsi riempire, e detestò con tutta se stessa aver per un solo attimo desiderato sentirlo dentro di lei. Girò il volto, così da nascondersi da lui e mordere la giacca sul proprio braccio, frustrata e impotente.

    F-fermati, mi sento strana... stranhaaah...
    Ebbe di nuovo le vertigini, i sensi si offuscavano, le orecchie si tappavano, la prese sul polso di Thresh si fece debole, e per un attimo sembrava che stesse per perdere i sensi. Le sarebbe piaciuto in effetti perdere i sensi, così da non dover vivere quella umiliazione, in realtà sentiva i suoi sensi spiritici accendersi di nuovo come prima. Cercò di avvisarlo, ma biascicò qualcosa di incomprensibile, mentre i suoi occhi si rigiravano verso l'alto come se stesse di nuovo precipitando in trance.
     
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    Le iniziali proteste e balbettii di protesta vennero completamente ignorati dal professore, troppo concentrato su di lei, impegnato a compiere la sua missione. Inutile dire che quando Thresh prendeva sul serio quella che lui considerava una "lezione", il suo modo di fare cambiava completamente: niente risatine di scherno, niente sorrisi malefici, la soddisfazione che stava provando non era quella di un bulletto che metteva all'angolo la sua vittima, ma quella di uno studioso che condivideva il suo sapere. Quello che non poteva ignorare, però, era il richiamo di Sae: il suo corpo gridava, sussultava e supplicava di averne di più, lo percepiva chiaramente. Non era solo il piacere o il calore di un uomo a mancarle, ma anche quel potere oscuro di cui aveva avuto un assaggio più e più volte, ma mai un pasto completo, non come si deve, non come solo Thresh avrebbe potuto fare. Al tempo stesso però, cercava di non spingersi oltre, non tanto per lei quanto più per sé stesso: nulla aveva più importanza della promessa che aveva fatto a Nefertiti, e se si fosse lasciato influenzare e corrompere da quel perverso richiamo, cedendo alla carne di Sae, non se lo sarebbe mai perdonato. Lo sguardo di Sae era quello di una donna confusa, ma non c'era miglior modo di farle capire il concetto se non mostrandoglielo direttamente. Le spiegazioni e le chiacchiere inutili avevano fatto il loro tempo, adesso dovevano passare alla pratica. La sua carne iniziò a grondare e che goduria fu sentire l'odore di quella donna salire così repentino mentre le dita si riempivano di lei. Lo sguardo del non morto vacillò, e fu chiaro, resistere al richiamo era difficile ma per quanto ululasse la belva nei suoi pantaloni, non avrebbe sciolto il cappio. Mai. Appena sentì Sae perdere i sensi, come se stesse per tornare in trance, Thresh serrò le labbra e spinse con decisione il medio dentro di lei, affondandolo con fare irruento ma senza violenza, anzi mostrando una grande perizia visto il modo in cui quel dito le solcò le carni in profondità, non limitandosi ad entrare e basta ma solleticandole le pareti, alla ricerca dei suoi punti più sensibili. E mentre quello affondava, le altre dita continuavano a muoversi seguendo il movimento circolare del polso, che in parte le faceva affondare, in parte mescolava le carni della donna così da darle altro piacere. Fu così irruento però che la fece sicuramente rinsavire, e nel farlo si avvicinò a lei, piantando la fronte contro la parete vicino alla testa di Sae, così da parlarle con più fermezza, direttamente nelle orecchie.
    Non cadere! Maledizione! Devi restare vigile, se la tua anima si separa di nuovo bruscamente dal corpo non avrai modo di proteggerti!
    Per quanto somigliasse a un rimprovero, la voce del professore era calda, profonda, seducente, neanche lui era immune a ciò che stava sentendo e il potere di Sae gli colava letteralmente sulle dita, inebriandolo. Avrebbe volentieri smesso di masturbarla solo per potersi leccare le dita come un ragazzino goloso di patatine, ma rimase concentrato, obbligando la donna a fare lo stesso. Anche se non smise di darle piacere, la obbligò a concentrarsi su di sé, e mentre lo faceva Sae avrebbe visto di nuovo quella maschera di ossa coperta da fiamme verdi. Il cappotto di Thresh divenne più inquietante e il suo corpo risultò più spettro che uomo. Perfino le dita somigliavano quasi a un'armatura di ossa metalliche, ma non avevano proprio niente di freddo o di spigoloso. Era pura goduria, qualcosa che i suoi vibratori non potevano darle, e finalmente poteva percepire frammenti dell'anima di quell'uomo, ma solo perché stava accendendo ad un piano astrale che prima non poteva percepire. Non lo vide mentre rideva crudele e si prendeva gioco degli altri, ma ammirò ogni singolo muscolo del suo corpo che si contorceva per il piacere. Fu come se Sae fosse in grado di assaporare ogni momento di piacere che quel mostro colossale si era goduto nella sua vita, prendendo il posto delle sue amanti. Solo vaghi ricordi, frammenti di pensieri, sensazioni, un mosaico caotico senza ordine alla quale non sarebbe riuscita a dare un senso, se non un grande piacere. Riusciva solo a riconoscerle: quelle anime perverse, no anzi frammenti di anime perché non tutte erano complete, e tutte abitavano la sua lanterna. Le vedeva chiare: Thresh aveva collezionato molte vite, ma quasi nessuna era per intero. Molti non erano che echi, e capì che la lanterna non si nutriva solo di anime al completo, non doveva necessariamente ucciderla per poterle divorare del tutto. Potevano alimentarsi anche semplicemente con le emozioni, tanto che riconobbe quelle dei ragazzi all'interno del contesto che godevano e gridavano di piacere per aver ottenuto nuovo potere. Dunque Thresh non le aveva mentito: per lui uccidere qualcuno no aveva senso, se poteva assaporarlo più e più volte tenendolo in vita e coinvolgendolo nel suo mondo fatto di piaceri perversi. E grazie a quell'esempio così lampante, Sae riuscì a a concentrarsi sulla sua figura, e rendersi conto che lo stava stringendo a sé nella sua forma astrale. Si era staccata dal suo corpo, era avvinghiata a Thresh, ma la sua faccia non era in trance, anzi riusciva ancora a percepire ogni cosa, come se avesse due corpi.
    Brava, così... resta concentrata su di me, non sul tuo corpo, non sulla tua anima... su di me. Guarda pure quello che vuoi... non ho niente da nascondere io...
    Più si abbandonava al piacere, più riusciva a sentire distintamente le sensazioni che le anime di quella lanterna volevano suggerirle. Dolore e piacere unite in una cosa sola, provate sulla carne di Thresh e di tutte le sue vittime. Lacrime, sangue, dolore, troppo confusi e frettolosi per distinguerli perfettamente, ma un quadro enorme che Sae poteva vedere. E grazie a quell'esercizio, proprio perché si stava concentrando su di lui, poteva sentire il corpo e lo spirito ancora uniti, come se fossero legati da un torrente di energia, attraverso la quale la realtà restava consistente e nessun occhio poteva osservarla. Se si concentrava su un obbiettivo, se non si perdeva sul piano astrale, poteva tenere quella fantomatica "porta chiusa" di cui Thresh parlava, così che nessuno sarebbe riuscito a trascinarla verso il Labirinto. Senza mai fermarsi, Thresh continuò a stimolarla, e al culmine di quelle sensazioni affondò anche l'anulare dentro di lei, spingendo i polpastrelli sui suoi punti più sensibili e le dita sempre più a fondo.
     
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    Thresh sembrava quasi non sentirla, ma Sae sapeva benissimo che la stava ignorando di proposito. Trovò piuttosto strano che non la stesse denigrando, o non stesse ghignando soddisfatto perché le stava facendo quello che voleva. La sua faccia sembrava quello di un medico che stava operando. Poco credibile solo per via di dove stava mettendo le mani, ma non poteva negare che stava sentendo qualcosa di diverso, di strano. Se fosse stata solo una molestia sessuale, non avrebbe sentito lo spirito che abbandonava il suo corpo in quel modo. Anche quello le fece venire rabbia, perché aveva sviluppato un arte blasfema che si basava su certe cose oscene. Aveva sempre visto nella spiritualità qualcosa di puro che si allontanava dai bassi appetiti del corpo, e quel maledetto zombie le stava invece mostrando una via che aveva sempre tenuto lontano e rinnegato. Si sentiva scivolare via, ma grazie all'irruenza del dito di Thresh che la penetrò affondo, riuscì a rinsavire, guardandosi attorno frastornata, vide un enorme bozzo sui pantaloni di Thresh che la spaventò. Aveva iniziato a gemere, ancora a voce bassa, perché non voleva farsi sentire, come se avesse ancora paura che qualcuno potesse trovarla lì a fare quelle robe oscene con il professore. Non voleva essere l'ennesima conquista di quel farabutto! Lui cercò di guidarla, le disse di non "cadere" e si sforzò con tutta se stessa di rimanere vigile, usando proprio la frustrazione e la rabbia che aveva nei confronti dell'uomo. E fu allora che tornò a vedere la forma spettrale di Thresh, quella che aveva visto solo per qualche secondo, credendo che fosse stata una illusione ottica dovuta alla paura fottuta che le faceva. Lo osservò curiosa, intimorita ed iniziò a vedere immagini sparse, guizzi di ricordi confusi di lui che si lasciava andare al piacere, di sospiri, gemiti, urla di dolore. Che diamine era? Vide quei frammenti di anima e capì che era diverso dal tenere intrappolata un anima, le sembrò più plausibile il motivo per cui quei frammenti di anime volevano stare dentro la sua lanterna. Si accorse che era avvinghiata a lui, e per un attimo ebbe la tentazione di staccarsi bruscamente da lui, ma prima di farlo vide il suo corpo, e capì che se si allontanava troppo da Thresh si sarebbe persa, come le aveva detto Marcus. L'uomo la invitò a guardare ciò che voleva di lui, perché non voleva nasconderle nulla. Il suo corpo astrale provò a fissarlo, a concentrarsi su di lui per leggerlo, come faceva con gli altri, ma quando ci provava ancora altri ricordi frammenti di momenti colmi di piacere, o dolore, scorrevano veloci come un fiume in piena.
    Perché? Perché raccogli così tanti ricordi? Dolore... piacere....
    In qualcuno di quei ricordi scorse per pochissimo ma chiarissimo un sentimento, ma non riuscì a capire se era stato lui a provarlo o chi gli era stato vicino.

    Amore?
    Lo disse con una punta di sorpresa, non credeva che in mezzo a tutte quelle sensazioni ci avrebbe trovato un sentimento così puro. Intanto il piacere di Sae cresceva sempre di più, le dita di Thresh erano così grosse e quel dannato ci sapeva fare, si notava alla perfezione che aveva toccato numerose donne e sapeva cosa fare. Era quasi come se stesse facendo sesso, e sebbene odiasse ammetterlo anche a se stessa, era incredibile provarlo durante un viaggio astrale. Sentire il suo corpo e la sua anima come due entità diverse, sentire un controllo più naturale sulla sua anima, mentre il suo corpo cedeva al piacere incontrollato.

    Che cosa sei?
    Chiese con il corpo astrale, provando a toccare le fiamme verdi che scaturivano da quella maschera ossuta. Non sembrava un demone, ma nemmeno uno spettro, non riusciva a capire cosa fosse. Il corpo di Sae tremava, la cervice si contorceva attorno alle dita di Thresh, stava per giungere ad un orgasmo, e ciò la portò ad afflosciarsi contro il braccio enorme di Thresh che divenne una specie di appoggio per il suo corpo minuto. Lo morse, per le sensazioni sempre più forti dentro di lei, e per sfogare la frustrazione di provare piacere per mano di un uomo che disprezzava.
     
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    Per quanto Sae provasse ad opporsi, niente poteva staccarla da quel legame spirituale che avevano creato. Non solo per la mera forza di Thresh, ma per la stessa volontà dello zombie: le stava dando un assaggio di cosa significasse davvero desiderare qualcosa, che non fosse semplicemente gettare i propri sentimenti contro qualcuno, ma condividerli. Folli, perversi, blasfemi, certo chi mai poteva negarlo? Ma era forti, erano puri, e quella consapevolezza bastava ad un uomo del genere per dare il massimo in ogni cosa che faceva, soprattutto quando era così importane. Quello non era un cazzo di ditalino e basta, non un modo per umiliarla senza lasciarle niente. Era una lezione, e forse questo avrebbe aiutato Sae a capire perché Thresh si considerava a tutti gli effetti un insegnante. Si lasciò scrutare, che altro doveva fare? Non era un codardo, non aveva paura che Sae vedesse qualcosa di troppo. E quando percepì l'amore, sentì un vuoto immenso, vide chiaramente il volto sereno e cristallino di una fanciulla dai capelli corvini e gli occhi rossi che con un solo sguardo gli aveva rubato il cuore sotto il rosone di una cattedrale raffigurante un angelo nero. Il petto di Faust tornò a battere, ma non il suo cuore di carne circondato da sangue nero, bensì quello dello spirito che la forma astrale di Sae poteva sentire, anzi addirittura toccare. Perfino un mostro come lui aveva amato, ma aveva perduto... ed in un modo che Sae non riuscì neanche a concepire. Sentì solo dolore, una perdita straziante, una separazione più netta di uno arto perduto, più intensa di tutti i nervi che vengono recisi dal corpo, di tutti i capillari che esplodono assieme. Ma c'era il trucco, perché più lei soffriva... più quella lanterna le donava piacere. Non c'è sofferenza nel mondo di Thresh, se non come altra faccia di una perversa medaglia. E quello l'avrebbe portata sempre più vicina al culmine.
    La non morte ti lascia un vuoto dentro. Un vuoto che si riempie solo con le voci. Ne ho bisogno... così che anche loro mi aiutino a rispondere alla stessa domanda...
    La stessa domanda che aveva fatto anche lei: cosa era lui? In quel momento, la risposta era semplice: quello che la stava facendo godere, quello che la stava addestrando, quello che le stava illuminando la strada, e Sae le vide tutte quelle risposte perché l'anima oscura di quell'uomo non era un segreto, né un puzzle, era semplicemente un gigantesco mosaico inquietante e terrificante che poteva solo conoscere, sicuramente disprezzare, ma non interrogare come se fosse a caccia di una verità? Cosa era? L'essere che le aveva fatto una promessa, e che si leggeva dagli occhi vitrei di un non morto tanto quanto dalle fessure spettrali della sua VERA forma. Sae non era mai riuscito a vederlo non perché quel crogiolo di carne fosse una bambola, ma semplicemente perché il potere di Thresh era così vasto che conoscerlo con un paio di occhi umani era semplicemente impossibile. Ma ora che lo vedeva, sapeva che avrebbe sacrificato ogni singola gola dei nemici di Sae pur di soddisfare la sua richiesta, perché Faust Carnovash è un uomo di parola, e c'era solo una risposta per quella domanda a questo punto.
    Io sono Faust Carnovash... per gli amici Thresh...
    Disse senza ironia, ma con passione, spingendo più a fondo quelle dita per darle un piacere travolgente, conferendole l'ennesimo assaggio del potere di una Lanterna così che potesse giungere ad un orgasmo potente, il più intenso che aveva mai provato. Forse non il più bello o il più soddisfacente, ma di sicuro qualcosa che nessun altro uomo poteva concederle, non così, non come lui. Lasciò che si stringesse al suo e che si sfogasse con lui, non avrebbe abusato oltre di quella situazione lasciando che Sae riprendesse fiato, così che tornasse tranquillamente alla normalità, non prima di aver sfogato a dovere tutto il suo orgasmo. Mordendolo, Sae avrebbe sentito quanto sottile fosse la differenza tra carne e spirito sul corpo del non morto, non era semplicemente rianimato: la sua anima era ancorata a quella carne in maniera indissolubile, e da lì proveniva il legame con le sue macchine della tortura e con la sua lanterna. Anche solo mordere quella carne durissima e allenata era una sensazione di piacere inebriante che l'avrebbe ubriacata mentre veniva senza alcun ritegno tra le dita del non morto. A un certo punto la lasciò andare, e a Sae sarebbe bastato un misero movimento del bacino per liberarsi di lui e riottenere finalmente la tranquillità che voleva. Sempre che fosse sazia dopo quell'orgasmo, ovviamente. Se non altro sarebbe tornata nel suo corpo senza affanni, senza pericoli alle porte, più forte di prima, e con l'energia della lanterna che le scorreva dentro, nella giusta dose, non in maniera spropositata com'era successo con Banner. Non c'era paragone, non perché Thresh fosse un uomo migliore, o un amante perfetto, semplicemente era ciò di cui aveva bisogno... che le piacesse oppure no.
     
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    Sae sul momento si limitò ad osservare, ad assorbire le informazioni che stava ricevendo, erano tantissime, e come se non bastasse era in una situazione in cui le venne molto difficile trarre le sue conclusioni, al momento non poteva. Vide una donna, sentì il cuore di Thresh battere, facendole capire che quella ragazza lo aveva stregato. Non capì se il vuoto fosse dovuto alla sua morte, o ad un rifiuto, in ogni caso, Sae capiva benissimo quel senso di vuoto, perché era lo stesso che sentiva lei da quando aveva perso Jacob. Era un tipo di "spazio" nel su cuore che nessuno poteva colmare, nemmeno sua figlia che amava immensamente. Era qualcosa di diverso, qualcosa di unico che aveva i contorni di Jacob. Riconobbe perfettamente quel senso di sofferenza intensa che infliggeva la perdita di una persona che si ama. Non capiva però il senso del "piacere" che si sentiva, come se la magia di quella lanterna volesse trasformare una cosa così terribile in qualcosa di bello, come se volesse cancellare il dolore sostituendolo con del piacere. Sae però non poteva sentirsi soddisfatta, perché la sentiva sbagliata, corrotta, blasfema. Come poteva godere della morte di suo marito? Capì che quelle sensazioni non erano sue quando la voce di Thresh tornò a riempirle le orecchie, confessandole che sentiva un enorme vuoto dentro e che usava le forti emozioni che conservava in quella lanterna perché sentiva di averne bisogno. Perché anche lui infondo infondo cercava una risposta. Eppure le diede comunque una risposta, dicendole che lui semplicemente era lui, quello che vedeva, quello che la stava portando ad un intenso orgasmo. Sae non aveva mai provato nulla di simile, erano solo delle dita, ma era come se riuscisse a toccare ogni nervo sensibile del suo corpo e perfino della sua anima, visto come era ancorata a lui in quel momento. Ne venne travolta come un piccolo tsunami a cui non poteva sottrarsi. I suoi fluidi inzupparono le dita di Thresh, ed alla fine rimase lì ansante, con troppe informazioni da elaborare che le fecero sentire anche la stanchezza mentale oltre quella fisica. Le ci volle qualche momento in più prima di sentirsi di nuovo padrona del suo corpo, scivolando via dalle dita di Thresh. Sentiva il corpo che bolliva ancora di calore, di energia, ma non percepì la sensazione di voler rigettare quello che era in eccesso. Era come se lo zombie fosse riuscito a dosare alla perfezione tutto quanto. Si appiattì contro la parete, e con una espressione confusa si ritirò su i pantaloni. Non trovava qualcosa da dire, o da chiedere, il suo cervello stava ancora elaborando le informazioni e sentiva solo il bisogno di staccarsi da tutto. Sgusciò fuori da quello stretto stanzino, e non le importò più di avere i pantaloni zuppi, voleva solo tornare alla sua macchina, andare a casa, farsi una doccia e dormire nel lettone assieme a sua figlia. Si voltò a guardare Thresh, aggrottò la fronte perplessa, sembrava volesse dirgli qualcosa, poi tornò sui suoi passi e se lui non l'avesse fermata sarebbe andata via.
     
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    Anche se non sembrava, la cosa si rivelò intensa anche per Thresh che pur rimanendo stabile e pressoché inamovibile, si era lasciato leggere dentro. Era come se quella donna avesse morso, leccato e assaporato ogni parte di lui e adesso quell'odore intenso e penetrante avvolgeva completamente la sua mano. Gli umori di Sae erano come nettare delizioso sulle sue dita e si ritrovò a fissarlo con aria languida, come un uomo perso nel deserto che vedeva per la prima volta una fonte d'acqua dopo giorni. La verga nei suoi pantaloni pulsò così forte che per qualche istante sembrò poterli strappare, ma mentre il non morto apriva la bocca e tirava fuori la lingua lasciando che quell'aroma gli penetrasse il cervello, ripensò a Nefertiti e alla promessa che le aveva fatto. Se cedeva alla tentazione, non sarebbe riuscito a trattenersi. Altro che tornare a casa nel lettone con sua figlia, un solo assaggio di quel succo delizioso intriso del potere di medium e Thresh sarebbe letteralmente impazzito. No, non era la cosa giusta da fare. Frustrato, strinse il pugno e lo abbassò con sdegno, sbuffando mentre lasciava a Sae la strada libera per potersene andare. Ci fu un istante in cui entrambi si fermarono e si guardarono negli occhi, come se dovessero dirsi qualcosa, ma anche il non morto pensò bene che forse era il caso di rimandare a domani qualsiasi cosa avessero voluto dirsi. Quando Sae fu lontana, Thresh allungò il passo verso i lavandini e istintivamente portò le mani verso il getto d'acqua. Prima di potersele lavare però, esitò. Sembrava uno spreco, una blasfemia compiere un gesto del genere, ma se non voleva commettere un errore frivolo, doveva resistere. Si lavò le mani come un bambino frustrato che non era riuscito a finirei l barattolo della Nutella dopo averlo saccheggiato. Il viaggio di ritorno a casa di Sae sarebbe stato tranquillo, nessuno l'avrebbe notata, ebbe solo l'impressione che qualcuno la stesse guardando ma non fece niente per intercettarla. Sarebbe tornata a casa senza affanni, trovando per l'ennesima volta una foto di famiglia caduta a terra, rispetto al posto dove era stata lasciata. Stavolta i suoi sogni non furono tormentati, anzi dormì come un sasso quasi svenendo, passando dalla notte al mattino in un solo istante. Forse si stava abituando a quelle cose assurde che le capitavano, oppure molto più probabilmente no. Ma non poteva farci niente... quella era la strada che aveva scelto per salvare suo marito.
     
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