Echi sordi

x Doomchan

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    Sbuffò e borbottò a braccia conserte nel sentirsi dire che l'assenza di figli nella sua vita aveva lasciato evidenti lacune nel suo stile di educazione. Non lo faceva di certo con malizia o cattiveria, semplicemente non sapeva davvero come trattare realmente quella situazione. E probabilmente, in realtà non lo sapeva neanche Sae.
    Che fai, mi rimbalzi la domanda?
    Sembravano due che cercavano di addossarsi eventuali responsabilità a vicenda per il prossimo futuro, piuttosto che degli insegnanti preoccupati, quindi ancora una volta Banner sospirò arreso, facendo un passo indietro nella speranza che Mike non tornasse da loro proprio mentre stavano parlando.
    Non posso riassumere il discorso come si deve nel tempo di un caffè, quindi dovrai decidere che fare di Mike con quel poco che ti dirò, sappi solo che secondo me non sarà facile tenerlo alla giusta distanza, non possiamo mica metterci a parlare in codice...
    Concluse frettolosamente, scuotendo il capo con una mano davanti alla faccia per farle capire che si era reso conto di essersi distratto, e voleva tornare sull'argomento. Lo cementificò simbolicamente con un gesto di quella stessa mano come se volesse tirare una karate chop sulla testa di un fantomatico ragazzino davanti a lui, e materializzando mentalmente Mike non fu difficile da mimare.
    Quello che ho scoperto io non riguarda tanto le torbide origini del cubo, dalla quale non si riesce a cavare un ragno dal buco... quello che penso sia importante è che sono riuscito a risalire al committente del giocattolo. O meglio... non so di preciso chi sia questa persona, ma i documenti che riguardano quell'arco temporale si riferiscono ad un certo "Prelato di Sonneburg"...
    Appena Banner pronunciò quelle parole, un lampo si accese nella mente di Sae, come un ricordo netto che le risaliva il cervello in maniera a dir poco irruenta. Dove aveva già sentito quel luogo? Perché le suonava così familiare? Anche più del necessario, in effetti. Non fu semplicemente un'intuizione, ma venne accompagnata anche da una sensazione di malessere che la colpì come se un forte mal di stomaco le stesse torcendo le budella. Non abbastanza da piegarla in due, ma sufficiente per spezzarle il respiro. Banner non parve rendersene conto, quindi continuò a parlare mentre adocchiava i documenti sulla scrivania.
    ...visto che le informazioni su Le Marchand sono così contraddittorie e vaghe, ho pensato che forse dovremmo indagare su questo personaggio misterioso, ma da quel poco che ho trovato sommariamente non mi sembra esattamente una brava persona... potremmo scoprire qualcosa di molto, molto losco, e temo che dovremo farlo attraverso le tue abilità. Quindi... Sae?
    Solo a quel punto si rese conto del malessere della donna e le portò preoccupato una mano sulla spalla per sincerarsi che stesse bene. Dopodiché la maniglia della porta iniziò a muoversi, evidentemente Mike stava maldestramente portando un sacco di caffè e aprire la porta gli risultava difficile. Per indagare a fondo sulla questione dovevano mettersi in gioco, e quella sensazione di pericolo e malessere che l'aveva colta doveva somigliare ad un avvertimento. Adesso toccava a Sae decidere fin quanto poteva coinvolgere Mike. Dopodiché, la caccia sarebbe iniziata.
     
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    Sae non voleva "rimbalzare la domanda", ma gli stava chiedendo di darle degli indizi per capire se fosse il caso di coinvolgere Mike oppure no. Se lui riteneva che fosse troppo pericoloso, allora avrebbe evitato, cercava un suo parere più diretto, ma evidentemente non voleva assumersi delle responsabilità, visto che il caso riguardava lei personalmente.
    Te l'ho già detto, no, non voglio coinvolgerlo troppo se è una cosa pericolosa. Ti sto dicendo che dobbiamo tenerlo d'occhio. E poi perché no? Sembra divertente parlare in codice.
    Intervenne prima che lui rivelasse ciò che aveva scoperto, o meglio l'anteprima di ciò che aveva scoperto. Tornò quindi seria e prestò la sua massima attenzione. Banner parlò di un possibile committente rivelando il nome di una città che Sae ricordò molto molto bene. L'aveva nominata proprio Thresh, e se lo ricordava proprio perché aveva parlato in tedesco usando il suo nome, facendole venire un brivido di terrore. Il nome di quella città si era cementificato nel suo cervello. Stava per rivelarglielo, ma chissà perché fare quel collegamento le diede un senso terribile di mal essere. Lo stomaco si rigirò, le venne una terribile nausea e divenne improvvisamente pallida. Sae iniziò a collegare i pezzi, il nome di quella città non le sembrava così conosciuto, e Thresh aveva parlato di malinconici ricordi. Quindi non era un caso che quel cubo fosse nelle mani di Thresh? Quanto era vecchio? Possibile che potesse essere proprio lui il committente di cui aveva parlato Banner? Se fosse stato lui, allora lei era caduta nella sua trappola? Le aveva lasciato il cubo per studiarlo, ma perché? Mille domande le riempirono il cervello. Le si asciugò il palato così tanto che il senso di nausea si fece molto più forte. Ma sembrava in grado di resistere, infatti posò una mano sul braccio di Banner come a volergli dire che stava bene con un cenno della testa.

    Io ho sentito già "Sonnenburg"...
    Subito dopo quella frase Mike entrò in stanza con i caffè, il profumo le trapassò le narici, ma invece di provare sollievo, le risalì tutto ciò che aveva nello stomaco. Si lanciò verso il primo secchio nelle vicinanze e vomitò dentro di esso. La scena avrebbe sicuramente fatto preoccupare Mike, ma Banner? Ci avrebbe pensato al fatto che erano passate poche settimane da quando avevano fatto sesso, e quei sintomi potevano anche far pensare ad una possibile gravidanza. Dopotutto lo avevano fatto senza prendere precauzioni. Dopo aver liberato lo stomaco, per fortuna non aveva molto in esso o la scena sarebbe stata a dir poco schifosa. Sae prese un fazzoletto e si ripulì la bocca, sollevando una mano verso i due ragazzi.

    Sto bene, è passato.
    Avvertì per poi alzarsi di nuovo in piedi. Guardò Mike, sorridendogli grata e decise che doveva dare anche lei una occhiata al ragazzo. Gli afferrò le mani stringendole dolcemente guardandolo negli occhi, cercando di attingere al proprio potere e riuscire a vedere la sua anima, i suoi ricordi. Alla ricerca di ricordi di prima che fosse entrato in contatto con il cubo.

    Scusami, credo che per oggi non riuscirò a concentrarmi sulla nostra ricerca.
    Gli disse per non fargli destare troppi sospetti in ciò che stava facendo, così da aprirsi anche una possibilità per congedare il ragazzo e poter parlare con Banner senza filtri.
     
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    Un pò come se fosse riuscito a cogliere il malessere di Sae, Banner iniziò a guardarla con occhio analitico cercando di capire cosa le passasse per la testa... e anche per lo stomaco, visto che sembrava improvvisamente colta da una terribile nausea. La sentì chiaramente a disagio ma prima ancora che potesse chiederle se si sentiva bene, Sae crollò vicino al secchio più vicino rivoltandosi lo stomaco proprio mentre Mike le si avvicinava per darle il caffè. Entrambi invocarono il suo nome: Lyman si avvicinò per primo perché Mike volle assicurarsi di non lasciar cadere il caffè a terra, posandolo sì distrattamente sulla scrivania ma anche in modo da non rovesciarlo. Nonostante ciò, non fu il professore a toccare la donna: lui esitò, come se un pensiero maligno lo avesse colto: avevano fatto sesso non protetto e per quanto assurdo fosse stato era avvenuto. Che il suo seme fosse riuscito a cogliere il ventre fertile di Sae? Non era un buon inizio per quella storia, proprio no. Mike invece non si fece nessun problema e si fiondò subito su di lei, tenendola per le spalle con aria molto preoccupata.
    Sae... ng... professoressa, si sente bene?
    In quel modo, non fu difficile per Sae riuscire a toccare il giovane senza essere invadente: lui la fissava sinceramente impaurito, come un cucciolo che si preoccupa della madre malata. Il suo sguardo era cristallino, davvero puro, avrebbe ispirato tenerezza di fronte a chiunque. D'altro canto però, più Sae si concentrava su di lui, più riusciva a percepire bene quella sinistra sensazione. Toccandolo, standogli così vicino, era maledettamente chiara, forse ancora distante, ma familiare. Visto che la sua mente era già concentrata sul ricordo traumatico del professor Carnovash, le venne spontaneo associare quello spirito che circondava Mike con l'energia che scivolava dalla lanterna di quel titano inquietante. Ora che lo toccava, sembrava quasi che quello spirito verde potesse sciogliersi sulla pelle del ragazzo e andarla a toccare, con la timida spontaneità del giovane, ma il sinistro timore di qualcosa di inspiegabile che si avvicina, impossibile da comprendere profondamente. Quando la donna gli disse che non poteva concentrarsi sulla loro ricerca in quello stato, Mike abbassò il capo con aria delusa, mentre Banner annuiva silenziosamente facendole capire che condivideva la sua scelta.
    Io... capisco professoressa, non ho fretta di trovare risposte. La prego però non si affatichi, se ha bisogno di riposare lo faccia. Spero che ci rivedremo domani.
    In quel momento, l'umore e l'espressione di Mike erano diametralmente opposte a quelle di poco prima: l'idea di stare insieme a lei e poterla aiutare lo aveva riempito di gioia, speranza e vigore, lo spirito di un'innamorato puro. Ora invece, l'idea di non poterle essere utile e di stare lontano da lei lo faceva star male, sembrava quasi che Sae avesse scaricato su di lui tutto il suo malessere. Non ebbe nemmeno la forza di guardare con diffidenza Banner, si limitò a capire di essere di troppo e scivolò via dalla stanza lasciando lì i caffè. Quando Mike fu uscito, Banner si avvicinò a Sae convinto che da un momento all'altro l'avrebbe vista crollare di nuovo a terra.
    Ti senti bene? Cos'hai sentito?
     
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    Sae cercò di dissimulare il suo malessere per non far preoccupare troppo i due ragazzi vicino a lei. Dopotutto sapeva che era un malessere dovuto alla percezione che aveva avuto, come se l'avesse colpita una sorta di maledizione. Difatti dopo aver vomitato si sentì decisamente meglio. Non si spiegò perché ricevette un allarma così fisico. Preferiva di gran lunga quando gli spiriti le si palesavano davanti in modo diretto usando la loro voce. Si convinse che era stato uno spirito a comunicarle in quel modo orribile che doveva indagare più affondo su Sonnenburg, e forse anche un consiglio sul non far intervenire Mike in tutta quella faccenda. Si fece aiutare volentieri dal ragazzo, così che potesse toccarlo e cercare di leggerlo. Ciò che percepì le diede qualche indizio, non fu chiaro come si aspettava, ma nonostante fosse confuso, le ricordò la sensazione che aveva avuto stando al cospetto della lanterna del professore Thresh. Le venne la pelle d'oca ed un brivido gelido la attraversò da capo a piedi. Fortuna che aveva appena vomitato e quindi la sua ansia ed il respiro corto poteva essere frainteso facilmente per la sua condizione fisica.
    Grazie. Credo che seguirò il tuo consiglio.
    Affermò, per poi sorridere con dolcezza al ragazzo, dandogli una piccola pacca affettuosa sulla spalla.

    Ma certo che ci vediamo domani, non posso prendermi dei giorni di malattia proprio adesso. Vedrai che con una pasticca torno nuova.
    Voleva rassicurarlo, ma il suo sguardo triste le fece intuire che forse aveva capito qualcosa sul non volerlo coinvolgere troppo nella situazione: che avesse sentito qualcosa? Sperava vivamente di no. Lo salutò, per poi andarsi a sedere su una sedia portandosi una mano sullo stomaco. Odiava vomitare la faceva sentire sempre indebolita e di mal umore.
    Sono stata meglio. Non preoccuparti è passato.
    Ammise massaggiandosi lo stomaco. Prese qualche momento prima di rispondere a Banner, sbirciando verso la porta e vedere se si vedeva qualche ombra dietro di essa. Voleva essere sicura che Mike fosse andato via davvero. Quando si sarebbe sentita sicura che fossero rimasti da soli allora avrebbe cercato di spiegarsi.

    Quando ho parlato con Carnovash, aveva detto che il mio nome gli ricordava con nostalgia una città della sua infanzia Sonnenburg. Pensi che sia una coincidenza? Inoltre, prima quando Mike mi ha aiutato ad alzarmi, ho percepito qualcosa di sinistro, qualcosa che mi ha ricordato la stessa energia che ho percepito dalla lanterna che possiede il gigante metallaro... il professore Carnovash.
    Guardò Lyman, sperando che le informazioni che gli stava dando avessero senso per lui e potesse fare luce su ciò che stavano cercando di scoprire.

    Non è che avresti una mentina?
     
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    Mike non provò a fare scherzi: era strano, ma ancora un bravo ed ubbidiente studente, quindi li lasciò da soli come Sae aveva lasciato intendere. Banner rimase in un misto tra confusione e preoccupazione, specialmente mentre vedeva Sae massaggiarsi lo stomaco. La fissava con una certa ansia, timoroso di aver compiuto qualche sbaglio madornale per colpa di quel cubo. Ma Sae sembrava relativamente tranquilla e forse era lui che si stava preoccupando troppo. Il professore afferrò un'altra sedia e si portò davanti a lei, accomodandosi con le gambe larghe e i gomiti piazzati vicini alle sue stesse ginocchia. Scosse il capo alla domanda di Sae.
    Solo liquirizie, ma occhio: sono extra forti.
    Non gliele avrebbe di certo tolte di mano se fossero andate bene lo stesso, ma visto che aveva lo stomaco sottosopra era meglio non abusare della sua condizione fisica, quindi volle avvertirla. Il resto del discorso lo aveva reso pragmatico: ovviamente non poteva pensare che fosse solo una coincidenza, e dato che il professor Carnovash era quello che ne sapeva di più sulla questione del cubo, di sicuro poteva rispondere alle loro domande.
    In queste situazioni il caso non esiste... ma dati i trascorsi e le tue condizioni attuali non mi sembra una buona idea andarci a parlare ora. Ci penserò io, e tu nel mentre potrai approfondire quello che ho scoperto qui, c'è ancora parecchio altro da apprendere. Adesso che non c'è Mike, posso dirti di più...
    Fece una piccola pausa, allungando le mani verso un grosso libro piuttosto nuovo, che nonostante le dimensioni si rivelò essere in realtà un consistente blocco per gli appunti, una specie di diario per quella ricerca. Diverse pagine erano inspessite da fogli attaccati sopra di esse, e alcuni lembi di fogli di altri colori facevano capolino dalle altre pagine, lasciando intendere che c'erano molti appunti lì dentro. Sae avrebbe capito molto facilmente da quegli indizi che il professore stava indagando sulla faccenda già molto prima che arrivasse lei, e forse non solo sul cubo. Sfogliate un paio di pagine, girò il libro degli appunti verso di lei, mostrandole uno schizzo fatto a matita che sembrava molto raffazzonato, ma chiaro: uno mostrava una lanterna simile a quella del professor Carnovash, ma diversa, dentro la quale era disegnato un nucleo energetico rotondo che si muoveva in senso orario. Di fianco, c'erano invece diversi schizzi del cubo che le sembrarono molto familiari, perché alcune di quelle "posizioni" o "aperture" le aveva provocate lei stessa cercando di risolvere il rompicapo. Uno dei disegni mostrava il cubo sezionato, con all'interno un nucleo energetico disegnato in maniera simile a quello della lanterna, ma con un ciclo antiorario. Mentre fissava quei disegni inanimati, Sae avrebbe avuto la sensazione che si stessero muovendo.
    Le Marchand non ha progettato un giocattolo normale: nonostante fosse per bambini, era chiaramente indirizzato ad un pubblico in particolare. Per essere generici e imprecisi, direi un "pubblico con del potenziale", capace effettivamente non solo di risolvere il rompicapo, ma anche di giovare di ciò che avrebbe trovato al suo interno. Questo in realtà non è un meccanismo molto strano... tantissimi clan, gruppi, insegnanti magici e asceti, usano trucchi molto simili per spingere le persone a sbloccare e sviluppare le loro abilità. La maggior parte delle volte però, questi sono finalizzati a liberare energia dall'interno della persona interessata, il cubo invece fa... qualcos'altro. Non sono ancora riuscito a capire bene cosa, ma ho la sensazione che riesca a liberare un'energia conservata al suo interno in maniera misteriosa. Per fare un esempio pratico: mettiamo che una persona si rompa una mano, e deve imparare ad articolare di nuovo le dita una volta guarito. La mano sono le proprie abilità, e la cura è l'allenamento... di solito gli allenamenti permettono di imparare a usare di nuovo la mano gradualmente... il cubo invece è un pò come se accompagnasse la mano a muoversi, come se qualcuno la "Indossasse" come un guanto per farla muovere meglio di prima, e più facilmente. Non so se mi spiego. Una specie di imposizione, più che un esercizio. E' strano, ma in fondo l'abbiamo provato sulla nostra pelle... forse il cubo vuole insegnarti a comunicare con tuo marito anche se non dovresti riuscirci?
    Banner non voleva sembrare strano o allarmista con quella lunga spiegazione, voleva essere chiaro e pragmatico perché la soluzione non era semplice e ogni possibilità era valida. Sae doveva comprendere i pericoli ma anche il potenziale dello strumento che avevano a disposizione. Quel genere di discorsi di sicuro avrebbero creato non poca confusione nella giovane mente di Mike...
     
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    Sae non aveva minimamente pensato alla possibilità di una possibile gravidanza, era stata troppo occupata ad ambientarsi e tenere al sicuro il cubo. Inoltre aveva percepito quella sensazione in un momento ben preciso e riusciva ancora a distinguere i malesseri dovuti a "messaggi" da quelli di una sua condizione fisica. Sae quindi in poche parole non ci aveva pensato minimamente a quella possibilità. Accettò le liquirizie, non erano ciò che sperava ma almeno l'aiutavano a non sentire l'odore e rinfrescarle la bocca. Banner le fece notare che nel loro caso non poteva solo essere un caso che Thresh avesse parlato di Sonnenburg. Proprio ciò che temeva, non aveva nessuna voglia di andare di nuovo a chiedergli qualche spiegazione, non solo per via del fatto che aveva una fifa matta di lui, ma anche perché era una sconfitta al suo orgoglio dato che l'aveva sfidata apertamente a capire da sola cosa fosse e a cosa servisse esattamente il cubo. Annuì con entusiasmo all'offerta del professore di andare lui a parlare con il diretto interessato, meno vedeva Thresh e meglio era per lei. Si concentrò piuttosto sugli appunti che le stava mostrando l'uomo, dovette strofinarsi più volte gli occhi poiché le sembrava di vedere dei movimenti che non c'erano, come una sorta di illusione ottica, più che qualcosa di magico. Ascoltò però la spiegazione riguardo all'uso che si faceva con il cubo, e ciò sembrò coincidere con ciò che diceva Mike e Thresh, ovvero che il cubo mostravano una via e facevano chiarezza. Passò una mano sui disegni, quasi avesse voluto fermare in quel modo le sue illusioni ottiche, ma nel frattempo si sentiva sempre più frustrata.
    Sia Mike che Carnovash dicevano che il cubo mostrava una via, che era una guida, ma se devo essere sincera, fa schifo! Non è per niente chiara, e se mai voleva "insegnarmi" a comunicare con mio marito, non è riuscito a farmelo capire, brancolo nel buio. Inoltre non mi spiego nemmeno perché mai Mike ha questo strascico di ricordi di Jacob. Non riesco a vederci nessun tipo di "via illuminata" mi sento presa in giro! Perché sei apparso proprio tu a casa mia? Perché ha scelto te come tramite fisico? Non lo capisco!
    Si grattò la testa frustrata, sfogliando avanti e indietro quelle pagine per vedere se aveva perso qualche appunto importante.

    Se dovessi usarlo di nuovo, questa volta con intenzione, appariresti di nuovo tu? Jacob userebbe di nuovo te come tramite? Devo usare le altre persone per poter comunicare con lui? Mi sembra così ingiusto! Se invece stesse solo sfruttando il mio inconscio? Dopotutto tu e Mike siete le uniche persone che hanno avuto a che fare con il cubo. No, a quel punto sarebbe successo qualcosa anche con Lancilotto e Morgana no?
    Si stava arrovellando inutilmente su degli indizi che non riusciva a capire.

    Adesso che ci penso, non ho mai avuto comunicazioni con un possibile spirito morto alla catastrofe della Spagna. Potrebbe significare qualcosa? Ciò che è successo lì, ha danneggiato le anime di tutta quella povera gente? Potrebbe essere il motivo per cui non riesco a connettermi con Jacob?
    Dirlo ad alta voce portò sconforto nel cuore di Sae, se così fosse stato vero, significava che Jacob non stava bene, che aveva bisogno di aiuto, e lei che era l'unica ad avere la possibilità di comunicare con i defunti, non poteva farlo? Non poteva aiutarlo? Sfogliò sempre più nervosamente quelle pagine, mentre gli occhi le divennero lucidi: perché non poteva aiutare l'unico spirito di cui le importava davvero?
     
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    Più che fare chiarezza, tutto quel discorso sembrava gettare ulteriore caos all'interno della storia. Sae non era solo confusa ma anche frustrata, e alle sue prime battute Banner non la aiutò granché, uscendosene con uno spiegone piuttosto trascurabile...
    Beh Sae, forse non sei pratica con l'uso della magia ma non è esattamente come un libretto delle istruzioni... non funziona come "tocca una bacchetta 3 volte con l'indice e lancia una palla di fuoco", che si proceda per sentimenti in maniera enigmatica è piuttosto normale...
    Si ammutolì immediatamente però, rendendosi conto che stava dando una risposta tanto vera quanto saputella e antipatica, e non era ciò che serviva in quel momento. Forse avrebbe dovuto chiarire meglio la situazione in cui si trovavano, piuttosto: Sae stava dando per scontato che Mike fosse del tutto nel torto mentre invece Banner era diventato il tramite inequivocabile per suo marito. Per quanto ne sapevano quella poteva essere tutta una gigantesca allucinazione ma era troppo impegnata a sfogliare nervosamente gli appunti di Banner per capirlo. Al loro interno, Sae iniziò a vedere qualcosina riguardo il professore, e non solo lui: c'erano disegni di altre lanterne, uno in particolare era molto dettagliato e mostrava quattro lanterne più piccole, quasi cilindriche, fatte di un metallo scuro, unite da una catena che le rendeva simili ad una cintura ed alimentate da una forte energia violacea, simile al fumo verde di quella di Thresh ma di un'intensità molto più pericolosa. Quel fumo somigliava decisamente ad un grido disperato, un grido di aiuto, che le ricordò maledettamente suo marito che cercava disperatamente di uscire dalla sua prigione. Notando che Sae si stava lasciando travolgere troppo, Banner afferrò le sue mani e la obbligò a chiudere il diario, avvicinandosi a lei con lo sguardo. Aveva ancora i fogli stretti tra le mani, ma le sue dita erano chiuse su quelle di Lyman che nel frattempo la stringeva e la fissava dritta negli occhi.
    Sae... calmati, ti prego. Non lasciarti sopraffare. Sappiamo davvero molto poco su tutta questa storia, ed è tanto vero che non devi preoccuparti quanto è vero anche che non devi illuderti...
    Le carezzò le dita con affetto, senza secondi fini, cercando solo di farla respirare. Quando l'avrebbe sentita più tranquilla le avrebbe tolto il diario dalle mani, senza forza, facendole capire che non era lì che avrebbe trovato le risposte. Dopodiché si sistemò gli occhiali e tornò a guardarla con tono pacato.
    Purtroppo quello che è successo in Spagna è una tragedia senza precedenti... potrebbe essere che tuo marito e le persone morte lì siano in uno stato di dannazione molto peggiore della naturale morte. E io spero che tu abbia il potenziale dentro di te per aiutarli. Ma non penso che il cubo abbia questo potere, o se ce l'ha, probabilmente ha un costo elevato. Non puoi usarlo pensando che ti mostrerà come aiutare tuo marito, sarebbe una decisione affrettata. Non usarlo, mai più, d'accordo? Ti prego...
    A quel punto il palmare dell'uomo iniziò a vibrare e Banner lo afferrò frettolosamente. Il riflesso luminoso sui suoi occhiali scurì vistosamente il suo volto.
    Zaborg chiama... non posso farlo aspettare...
    Mentre parlava, Banner si sollevò rapidamente, iniziando a muoversi in maniera piuttosto frettolosa. Cercò di dare un minimo di ordine alla scrivania per non lasciare troppi fogli in giro, e nel frattempo infilò il suo diario all'interno di uno dei cassetti. Dopo averlo fatto, quello stesso cassetto lo chiuse a chiave, usando una piccola chiave che teneva all'interno delle grosse tasche del suo camice.
    Dividiamoci il lavoro, per adesso. Quando avrò finito con Zaborg andrò subito a parlare con Carnovash per fargli qualche domanda. Sarò discreto e cercherò di non attirare l'attenzione su di te. Tu invece porta a casa questi documenti e vedi se riesci a unire qualche pezzo, fai delle ricerche sulle persone che nomina e speriamo di trovare una buona pista. Mi raccomando: niente cubo.
    Mentre sistemava i documenti, Banner non si rese conto che tra un paio di fogli scivolò dalla sua grossa tasca quella famosa chiave che aveva prima utilizzato per nascondere il suo diario. Per puro caso, ma in maniera quasi predestinata, stava affidando i segreti di quel diario a Sae. Sempre che lei non avesse deciso di non curiosare, ovviamente. Si capiva che quell'uomo stava andando di fretta e per quanto in maniera ordinata avesse sistemato quei documenti in modo che Sae potesse trasportarli comodamente, era ovvio che doveva mettere fine a quella conversazione il prima possibile. Quello era inevitabilmente un saluto, e Sae si sarebbe presto ritrovata da sola con molte possibilità dalla sua. Poteva trattenerlo, oppure seguire il consiglio e andare a casa. Poteva continuare le sue ricerche... o poteva toccare di nuovo il cubo. E dato che Banner stava andando da Zaborg, volendo anche lei poteva prendere l'iniziativa, superare il terrore di Thresh e parlare con lui prima del professore. Ma per quello serviva molto più coraggio...
     
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    Sae guardò male Banner quando commentò in quel modo il fatto che non era pratica di magia. Forse non lo era, ma di sicuro lo era di spiriti e affini. Si sentiva frustrata perché tutto ciò che stava succedendo con Jacob non sembrava avere a che fare realmente con il mondo degli spiriti. Le faceva paura e non riusciva a non pensare al suo adorato marito che probabilmente era in difficoltà e la cercava. Notò che c'erano molte altre nozioni che sembravano importanti in quel diario, ma Banner non gliene aveva fatto parola, parlando unicamente del cubo. Non ebbe modo di leggere qualcosa perché il professore cercò di farla calmare, di richiamare la sua attenzione. Si morse l'interno delle guance: di solito era molto controllata sulle proprie emozioni, ma quando si trattava di Jacob le cose prendevano il sopravvento e perdeva il controllo, rendendosi fin troppo leggibile al prossimo. Ciò che le disse l'uomo provando a consolarla non la aiutarono per niente, anzi sentirsi dire che Jacob fosse finito in una situazione peggiore della morte non fece che crescere di più la sua ansia. Prima che potesse rispondergli o chiedergli qualcosa, il suo telefono squillò e dalla faccia che assunse l'uomo, sembrava qualcosa di importante. Aggrottò la fronte quando sentì il nome di Zaborg, non aspettandosi che Lyman avesse conoscenze così in alto. Doveva essere successo qualcosa di grave, quindi Sae si limitò ad annuire, per fargli capire che comprendeva perfettamente l'urgenza di andare.
    Sì certo, se trovo qualcosa ti mando un messaggio.
    Affermò prendendo i documenti, dandoci una occhiata veloce per contare i fogli ed essere sicura che poi non si sarebbe persa niente.

    Sì, tranquillo, vai, sembra qualcosa di importante no? Quando chiama un monarca è sempre meglio non farlo aspettare.
    Affermò iniziando a raccogliere le sue cose, mentre lui andava via, accorgendosi solo dopo qualche momento che sul pavimento c'era la chiave con cui aveva chiuso il cassetto. Sae la raccolse, e provò ad affacciarsi per avvertire Banner che l'aveva persa, ma era già lontano. Fece spallucce e tornò nella stanza, pensando che glie l’avrebbe ridata appena si sarebbero rivisti. Banner non sembrava volerle nascondere qualcosa, le aveva lasciato sfogliare tranquillamente il diario, se lo aveva messo nel cassetto era per non farlo trovare alle altre persone. Si ricordò delle lanterne più piccole che aveva viste, pensando che fossero molto diverse da quella che aveva Thresh. Così decise di dare una nuova occhiata al diario, e leggerne di più sull'argomento. Ciò che le interessava era scoprire che informazioni aveva raccolto su Thresh e sulle lanterne. Sperando magari di trovarci la motivazione per cui l'aveva sempre messa in guardia dal professore gigante. Era sicura che Banner non si sarebbe arrabbiato se avesse letto qualcosa del diario.
     
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    Banner la lasciò da sola andando via molto in fretta, era palese che i suoi incontri con Zaborg fossero molto, molto importanti. C'erano davvero molti documenti su cui lavorare ma Sae si lasciò prendere dalla curiosità e andò ad aprire il cassetto che Banner aveva così frettolosamente sigillato. Potendolo guardare meglio, Sae scoprì che non c'era solo quel voluminoso diario al suo interno, ma anche altri oggetti misteriosi. Il primo era una foto: era maledettamente di bassa qualità, sembrava la foto di una foto basata su un ricordo, tanto che le facce erano praticamente irriconoscibili. Sembrava ritrarre tre ragazzi intenti ad abbracciarsi amichevolmente per le spalle. Avevano tutti e tre i capelli lunghi e per quanto la foto fosse sbiadita, erano visibili un paio di teste dai capelli rossi, uno dei quali potava delle trecce particolarmente familiari, mentre quello al centro sfoggiava una chioma particolarmente candida, innaturale per un ragazzo di quell'età. Il ragazzo con le trecce rosse era più alto e massiccio degli altri due che tuttavia non avevano l'aria di essere dei mingherlini. Nonostante altri dettagli fossero indistinguibili, sulla foto c'erano delle scritte fatte a mano: "Trecce rosse = il bugiardo, Riccioli bronzei = lo specchio, Biancaneve = il caduto". Dopo la foto, un ciondolo d'argento di quelli particolarmente preziosi, sembrava fosse possibile aprirlo ma non attraverso un meccanismo: aveva un'impronta energetica dannatamente simile a quella di Banner, no anzi era la stessa, e c'era un forte legame spirituale con quell'oggetto. Forse si apriva con la magia? Appena incrociò lo sguardo con quell'oggetto Sae sentì come un sussurro, ma era distante. Non lo toccò subito, perché la sua attenzione venne catalizzata dal diario il cui contenuto era decisamente più vasto e variegato di quanto Banner avesse ammesso: c'erano molte informazioni praticamente su tutti i professori della Sapienza, soprattutto le figure più losche: appunti su Karthus, il legale della scuola che pareva avere legami con il governo Romano dato che aveva partecipato a loro esperimenti. Appunti sulla misteriosa preside Meyer, mai incontrata di persona a detta degli appunti di Lyman, ma che più volte gli aveva dato incarichi personali con ragazzi in particolare. C'erano molti appunti anche sugli studenti: Morgana, Lancillotto, un certo Artù che sembrava avere un potenziale immenso e addirittura una ragazza dalla pelle scura chiamata Nefertiti, tutti pupilli sotto l'ala di Thresh che erano stati visti spesso in possesso di piccoli cilindri verdi simili a lanterne che avevano donato loro grandi poteri. E poi informazioni sul cubo e sulle lanterne, i cui poteri non si limitavano di certo al mero allenamento: erano fonti di energia molto, molto potenti, e gli appunti di Banner andavano con grande decisione verso conclusioni allettanti: contatto con altri mondi, presenze spiritiche potenti, reincarnazione... rinascita. Sia Faust che altri studenti e persone legate a lui erano non morti o persone rinate grazie al potere del cubo e delle lanterne. In quel momento, vivido come non mai, Sae avrebbe visto il volto di suo marito che invocava aiuto, e pregava che qualcuno trovasse il modo per liberarlo dalla sua prigione. Se davvero gli era toccato un destino peggiore della morte... forse c'era un modo per farlo tornare davvero, e non solo come spirito. Quelle scoperte le avrebbero ricordato il momento in cui il cubo aveva iniziato ad esercitare il suo potere: quanto curiosa si era sentita, e quanto felice era stata in quel breve, misterioso istante in cui si era ricongiunta con suo marito, anche se per poco. I segreti del cubo si infittivano.
     
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    Sae curiosò sia sulla foto che aveva trovato che sul diario, sfogliando gli appunti che riguardavano varie cose, fra cui anche notizie di altri professori e studenti. Non riuscì a capire cosa stesse rappresentando la foto con quei tre ragazzi, sembravano più la stampa di un sogno vago. Dava l'idea che l'immagine fosse stata generata con la magia. Che significavano poi quelle parole? Forse erano importanti, così cercò di memorizzarli. Sfogliò altri indizi che aveva scritto Banner sui studenti, su Thresh, erano indizi abbastanza generici, ma era evidente che Lyman stesse cercando di capire cosa stiano tramando. Si concentrò maggiormente sugli appunti del cubo, ed a quanto pare il professore inquietante aveva detto la verità sul fatto che il cubo riusciva a metterla in contatto con entità e dimensioni diverse dalla loro. Se suo marito era intrappolato o stesse soffrendo in qualche modo, forse avrebbe potuto davvero ottenere aiuto da quello strumento? Come avrebbe però fatto ad usarlo nel modo giusto? Quella volta che il cubo aveva risposto al suo inconscio aveva creato un disastro. Mentre ci pensava le sembrò di vedere per un attimo il volto di Jacob che le chiedeva aiuto. Quell'immagine la scosse e fece cadere il diario sul tavolino. Si guardò attorno, nella vaga speranza che potesse percepire di nuovo il richiamo di Jacob, ma non accadde. Era davvero lui quello che stava chiedendo aiuto? Rimise il diario nel cassetto, con ancora il cuore in subbuglio e fu allora che rivide il ciondolo che afferrò curiosa. Le sembrò di sentire una voce, ma fu qualcosa di lontano e incerto. Notò che l'oggetto aveva una sorta di sigillo magico su di esso e dava l'idea che si potesse aprire, ma percepiva anche un legame spiritico forte. Sae tenne nel palmo della mano l'oggetto, chiuse gli occhi e si concentrò, per potersi connettere a quel richiamo spiritico, per permettere allo spirito che aveva sentito di mettersi in contatto con lei, se ovviamente non avesse avuto le traveggole. Non voleva portarsi a casa il diario o quell'oggetto, sapeva che non poteva rimanere lì a lungo, dato che aveva un compito da svolgere. Se non avesse ottenuto nessuna risposta, avrebbe rimesso tutto apposto, avrebbe chiuso il cassetto a chiave e poi si sarebbe diretta a casa, dove avrebbe pensato a sua figlia, e poi la sera avrebbe esaminato attentamente i documenti che le aveva dato il collega.
     
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    Nulla, nemmeno il diario, il cubo o la lanterna stessa del professore, le avrebbero dato una sensazione nitida come cercare di mettersi in contatto con quel ciondolo. Sembrava quasi che qualcuno avesse lasciato un messaggio appositamente per chiunque fosse capace di entrare in sintonia spiritica con le anime di qualcuno. Fu come un sogno, ma non di quelli confusi e caotici: era come ricordarne uno talmente nitido da sembrare reale. Sae vide chiaramente una figura a lei molto familiare: l'aveva vista attraverso lo specchio, quando poco dopo essersi sposata stringeva tra le braccia la sua bambina e la coccolava allattandola al seno. Un ricordo vividissimo, romantico, pieno di calore affettivo. Ma più metteva a fuoco quella figura, più capiva che non era lei. Sotto il velo bianco di sposa, c'erano infatti dita scagliose con artigli acuminati, delicati ma ferini, dall'aspetto femmineo ma bestiale. Le scaglie erano di un azzurro così limpido da sembrare pallide come perle, brillanti come un tesoro. Il muso allungato di quella creatura tanto dragonica quanto umanoide scivolava canticchiando una nenia verso il fagottino che portava tra le braccia. Era avvolto da un drappo bianchissimo sulla quale erano incise delle iniziali: LM, con una cucitura magica che ricordava molto un processo alchemico. Quel drappo elegante avvolgeva un uovo di drago dall'aspetto malforme. Nei libri di biologia le uova di drago avevano delle fattezze molto coerenti ed eleganti quando i draghi si accoppiavano tra di loro, simili malformazioni invece avvenivano quando si accoppiavano con razze diverse dalla loro. Nonostante ciò, quella visione stimolava una grandissima tranquillità.
    *Prometti che non mi lascerai?
    Pronunciò quelle parole in un dragonico molto antico e complesso, ma Sae le percepì come se qualcuno le avesse tradotte per lei nello stesso istante, oppure le venne naturale comprenderle come se venissero direttamente dal suo cuore. Appena la creatura aprì gli occhi però, la visione di pace e di assoluta tenerezza venne spezzata da una visione oscura: gli occhi vuoti come l'oscurità dell'universo rivelarono una natura consumata, distrutta fino al midollo. Le scaglie annerirono come consumate dall'interno e il corpo di quell'elegante figura femminile dragonica si trasformò in uno scheletro o una mummia. Il vestito bianco da sposa si macchiò gradualmente come se avesse appena subito un aborto, e l'uovo invece si spaccava, rivelando al suo interno solamente cenere. Da quelle ceneri oscure uscirono uccelli deformi che si erano cibati del suo contenuto, privi di piume, a metà tra rettili e volatili, senza occhi, ancora con i becchi grondanti di sangue, affamati che gridavano verso l'oramai scheletrica figura femminile. Un grido agghiacciante simile ad una richiesta d'aiuto, poi lo scatto del ciondolo riportò Sae alla realtà. Si era aperto di colpo, rivelando il suo contenuto: una scaglia perlacea lucidissima, meravigliosa, identiche a quella della visione che Sae aveva appena avuto. Sotto di essa un nome inciso: Saffira. Subito dopo quella visione, il malessere allo stomaco sarebbe tornato, ma meno intenso di prima, e visto che era così poco intenso, Sae riuscì a distinguerlo meglio. Non era malessere... era un bisogno fisiologico. Come una fame intensa, talmente forte da provocarle i crampi. Era una voglia da soddisfare, non necessariamente negativa, simile ad un vizio come quando dici di no ad una barretta di cioccolata propria quando hai fame e sei golosa di qualcosa di buono. Sbagliato... ma non così tanto. Che il cubo la stesse chiamando?
     
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    Era da tempo che non le capitava più di avere un esperienza del genere. Fu trasportata in un ricordo, o meglio sembrò più un sogno che conteneva un messaggio difficile da interpretare. L'essere femminile dragonico aveva chiesto una promessa, e non riuscì a fare a meno di pensare che fosse stata chiesta proprio a Banner. Però le immagini successive le fecero capire che quella creatura non esisteva più, probabilmente era morta, in modo violento, portandosi all'altro mondo anche l'esserino che doveva nascere da quell'uovo. Non riuscì a capire se fosse dovuto ad un incidente o se le fosse successo qualcosa di terribile. Le immagini angoscianti non promettevano niente di pacifico e naturale, e i draghi di solito erano parecchio longevi. Banner aveva detto di non essere vedovo, e che non aveva avuto dei partner in passato che sono passati all'altro mondo. Chi era dunque quella donna? Aveva interpretato male il messaggio? Forse non era rivolto a Banner? Eppure l'energia che avvolgeva quell'oggetto sembrava proprio il suo. Forse stava ficcando il naso in faccende troppo personali, e per un lungo momento fu tentata di fingere che non fosse mai successo nulla. Osservò la scaglia, provò a carezzarla per concentrarsi e poter ricevere altre informazioni ma non successe nulla. Lesse il nome, ed alla fine notando che non riusciva ad avere altri contatti, richiuse il ciondolo e lo mise al suo posto. Quando avrebbe rivisto Banner gliene avrebbe parlato. Chiuse tutto a chiave, portandosela per non lasciarla incustodita. Alla fine si fece tardissimo, doveva tornare a casa, pagare la babysitter ed occuparsi di Aurora. Si portò i documenti, così da poterli esaminare con calma a casa. Lo avrebbe fatto sul letto, dopo che aveva messo a letto la piccola. Con il portatile vicino per fare delle ricerche se fossero servite.
    Che tipo di documenti le aveva affidato Banner? Perché ogni tanto buttava l'occhio sulla borsa abbandonata sulla sedia vicino al letto dove c'era il cubo? Aveva voglia di usarlo, ma decise prima di tutto di sbrigare i suoi doveri, voleva capirci di più, voleva capire "come" usare il cubo, che le sembrava la cosa meno banale ed ovvia al momento. Provò anche a fare una ricerca sul web cercando Sonnenburg, per capire dove si trovasse e se esistesse ancora quella città.
     
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    La giornata era stata lunga, e nonostante tutto fosse filato liscio dopo il suo rientro a casa, Sae sentiva gli effetti di quella fatica mentre faceva ricerche sul cubo. Grazie ai documenti di Banner riuscì ad avere un quadro generale di ciò che si sapeva sul cubo: era un oggetto molto misterioso, legato spesso ma non così di frequente a persone scomparse nel nulla. In realtà niente di così allarmante, anche perché molte di quelle storie somigliavano più a delle creepypasta che non dei fatti di cronaca. Il professore non aveva mentito quando aveva parlato di origini poco chiare: le storie rendevano confuse la figura di Le Marchand, alcune lo dipingevano come l'ideatore oscuro, altre invece come qualcuno che aveva scoperto il cubo a sua volta, altre invece lo dipingevano come qualcuno che aveva stretto un patto faustiano. La natura misteriosa del cubo lo aveva messo al centro di numerosi dibattiti sulla natura stessa dello strumento, forse si trattava di qualcosa di diabolico, certo non diverso da altre armi maledette già ampiamente usate e messe sotto controllo, ma con un alone di mistero in più. L'unica solida informazione, unica nel suo genere, era proprio quella garantita da Banner: molto probabilmente l'oggetto era stato commissionato da qualcuno, ma di notizie sull'Alto Prelato di Sonneburg non c'era praticamente niente. Sae incappò in vecchi ritagli di giornale che erano stati scannerizzati, e parlavano di un incendio nella cattedrale della cittadina in seguito alla quale intervenne un "Alto Prelato" a presidiare i lavori di ristrutturazione, ma erano eventi riguardanti poco meno di un secolo prima, impossibile che fossero legati dato che la storia del cubo e di Le Marchand risaliva al diciottesimo secolo o giù di lì. Troppa confusione, troppi pezzi che non andavano al loro posto, e mentre la lancetta delle ore saliva sempre di più verso l'alto gli occhi di Sae diventavano sempre più stanchi. A farle risalire l'attenzione però, sarebbe stata una chiarissima visione attraverso la sua finestra: un paio di inquietanti occhi rossi, luminosi e privi di umanità, la stavano fissando. Li incrociò solo per un istante prima che sparissero nel nulla, come se qualsiasi cosa la stesse fissando si fosse spaventata all'idea che potesse essere notato, ma bastò quel breve istante per leggere qualcosa di profondo. Era esattamente come se uno spirito le fosse appena apparso davanti agli occhi, ed era uno spirito possessivo, impaziente, aveva un che di familiare ma difficile da identificare dato che quel sentimento era davvero forte e preponderante. Inoltre, vista l'ora tarda, fu impossibile distinguere i tratti di quella figura che, a giudicare dagli occhi, non poteva essere umana. Lo spirito di una creatura forse? A quel punto, il richiamo del cubo di sarebbe fatto molto, molto più intenso, quasi chiaro. Non parlava, questo no, ma Sae avrebbe sentito la sua mente pizzicare come se qualcuno stesse pronunciando il suo nome sottovoce, nella notte. Era così intenso e chiaro che poteva sentirne le intenzioni: il cubo voleva illuminarla, mostrarle la via, concederle il potere che tanto desiderava. Ma non poteva farlo da solo, non senza la sua volontà. In un certo qual modo, quella consapevolezza avrebbe dovuto far sentire Sae in una posizione di potere. Certo, era misterioso, forse pericoloso, ma alla fine dei conti era lei ad avere il controllo della situazione, e quella era una realtà insindacabile. Ma cosa l'avrebbe spinta in quel momento? La paura di essere osservata, il terrore di cedere al richiamo del mistero, o la consapevolezza di poter trovare tutte le risposte che voleva? A conferma che c'era qualcosa di strano in prossimità di casa sua, Sae sentì chiaramente un suono provenire da fuori, che forse non era chiaro ma a giudicare dal tonfo probabilmente era qualcuno che.... si stava arrampicando sulla parete? Ma come, non era uno spirito? Presa dalla giornata, solo a quel punto la donna si sarebbe resa conto di non aver mai messo sotto carica il suo telefono, e adesso risultava completamente scarico.
     
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    Le notizie incerte su quel dannato cubo non avevano fatto altro che gettare ancora più mistero su di esso. Sembrava che niente fosse certo, ed allo stesso tempo tutto plausibile. Ciò la rendeva sempre più frustrata perché cercava delle certezze che nessuno sembrava in grado di darle. Sembrava quasi fatto apposto aver gettato tutto quel fumo attorno a quell'oggetto misterioso. L'unico che sembrava saper come usarlo era quel inquietantissimo insegnante. Poteva accorciare ogni sofferenza e andare a chiedergli di mostrarle come si usasse. Ci pensò un attimo, poi iniziò a scalciare capricciosa sul letto: non voleva parlarci ancora, non voleva tremare come una femminuccia e soprattutto non voleva dargliela vinta! Aveva dichiarato che avrebbe capito da sola come si usava, tornare da lui in cerca di aiuto era una sconfitta su tutti i fronti.
    Sbadigliò e si massaggiò gli occhi, pensando che fosse troppo stanca per notare qualcosa di importante, stava pensando di mettersi a dormire, ma proprio in quel momento notò degli occhi rossi che la fissavano da oltre la finestra. Fu un attimo e dovette strofinarsi gli occhi per essere sicura di non aver preso un abbaglio, scambiando magari i riflessi di luce dei fari di un auto per degli occhi. Ci aveva sperato vivamente, ma delle stranissime sensazioni presero possesso di Sae. Da un lato la voglia di afferrare il cubo e usarlo, infischiandosi di tutti quanti, e dall'altro la paura di essere osservata da qualcuno. Alle fine, i rumori esterni fecero prevalere la paura della presenza di qualcuno che volesse far loro del male. Come poteva prendere il cubo se doveva pensare a difendere se stessa e sua figlia? Afferrò subito il telefono pronta a chiamare la polizia, ma con orrore si accorse che era scarico e spento.

    Maledizione! Maledizione!
    Chi diamine era? Se avesse voluto farle del male perché non aveva rotto la finestra per entrare? Oddio ed Aurora? No doveva impedirgli di arrivare alla sua stanza. Con il cuore in gola aprì la finestra, per affacciarsi e cercare l'intruso.

    Hey! Brutto stronzo, guarda che ho già chiamato la polizia! Che diamine ci fai sul mio palazzo?!
    Bleffò ovviamente, non aveva chiamato proprio nessuno. Urlò appositamente per risvegliare il vicinato e quindi avere manforte a cacciare il mal intenzionato. Allungò una mano sulla propria borsa per tenersela vicina, non poteva sapere se in realtà fosse qualcuno che cercava il cubo. O se addirittura glielo avevano già rubato con poteri particolari. Infilò la mano in borsa per afferrare il cubo e accertarsi che fosse ancora lì.
     
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    Appena Sae gridò fuori dalla finestra, il vicinato le ricordò di trovarsi a Roma invitandola al silenzio a quell'ora della notte, constatando che altre persone abitavano lì e dovevano andare al lavoro l'indomani. Ovviamente sia l'inizio della frase che la sua conclusione vennero accompagnate da invettive poco galanti al padre eterno, i suoi collaboratori e la figura che faceva da santa vergine per la religione cattolica. L'empatia del vicinato di Sae era piuttosto limitata. Mentre cercava con lo sguardo il misterioso guardone, cercava nella borsa il prezioso cubo che, effettivamente, si trovava ancora lì. A lei stabilire quanto fosse preoccupante constatare che si sarebbe sentita sollevata della sua presenza, o eventualmente preoccuparsi del morboso legame che quello strumento stava stabilendo con lei. Continuando a cercare non trovò niente, e se avesse provato ad alzare ancora la voce di sicuro una nuova variegata pletora di incoraggiamenti celestiali sarebbe stata rivelata alla novella insegnante. D'altro canto però, dell'inquietante guardone non c'era traccia, men che meno altri rumori molesti che dessero qualche indizio. Almeno, fino a che Sae non sentì un rumore più chiaro, vicinissimo: la finestra della stanza di sua figlia che, lentamente, veniva richiusa con cautela. Non poteva sfuggirle quel suono per quanto pacato fosse, perché nella notte e nel silenzio di quell'appartamento Sae lo avrebbe riconosciuto fin troppo bene. Se il terrore non si fosse impossessato di lei e l'istinto materno avesse avuto la meglio, spalancando la porta della stanza di sua figlia si sarebbe ritrovata davanti uno spettacolo inquietante, ma decisamente inusuale. Una pallida figura umanoide ammantata di scaglie nere si trovava in ginocchio ai piedi del letto della piccola. Le mani e i piedi avevano artigli ma conservavano tutte e cinque le dita, nonostante il suo aspetto era chiaramente umano. E anche se il fisico sembrava definito e ben allenato, aveva un aspetto decisamente giovanile. Il volto aveva perso quasi del tutto i suoi lineamenti e due ombre nere sostituivano i normali occhi. Sul petto e sulla fronte invece c'erano altri due grossi occhi molto inquietanti, dalla quale fuoriuscivano delle spaccature nere di energia simili a venature sottopelle. Le iridi rosse di quegli occhi non avevano niente di umano. Da dietro la schiena, una lunga coda affusolata si allungava dalla colonna vertebrale e si stava avvicinando alle guance morbide della bambina. Le dita e la coda di quella creatura la stavano carezzando delicatamente e perfino la bimba non reagiva in malo modo, come se ne riconoscesse il tocco e fosse a suo agio. La creatura, indipendentemente da quanto irruenta sarebbe stata l'entrata di Sae, non si sarebbe mossa da quella posizione. Il suo aspetto mostruoso non riusciva ad esprimere sentimenti, ma non sembrava avere cattive intenzioni. Sae riusciva a percepire una forza spirituale al suo interno che tuttavia non riusciva ad uscire. Era come intrappolata all'interno di un involucro mostruoso, ma non aveva sentimenti malevoli. Mentre l'occhio sul suo petto rimase fisso sulla bambina, intento a carezzarla anche con lo sguardo, l'occhio sulla fronte si sarebbe invece spostato verso Sae, per la precisione verso la borsa che conteneva il cubo. Che situazione terrificante e mostruosa era quella?
     
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