Afferra il tuo destino... a due mani.

Per Doom

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    Sua figlia non era pronta. Stava facendo progressi, certo, e in confronto alla mammoletta che aveva ritrovato dopo secoli all'Inferno si poteva dire fosse quasi degna di definirsi una "donna" (per quanto immatura), eppure aveva un nemico su tutti che si stava rivelando alquanto ostico da battere: se stessa. Era così ridicolmente debole, nei suoi balbettii, nel suo essere servile, nel suo essere innamorata senza speranze di un essere infinitamente più furbo e forte di lei, che ad Hazel sembrava di vedere il suo futuro distintamente: una schiava, esattamente come era stata in passato. Schiava della sua stessa lussuria e del suo ridicolo "amore", che grondava veleno da ogni singolo poro di quel cuoricino buonista. Quel meccanismo malsano che la vedeva sempre a perdere e subire doveva cessare. Hazel era del tutto decisa a porvi fine, e lo avrebbe fatto con ogni mezzo a propria disposizione. Tanto per iniziare, era ormai da settimane, forse mesi addirittura, che arrancava nel disperato tentativo di tenerla occupata e distante da Thresh. Il "suo" Thresh, così come lo chiamava la giovane ingenua, facendole sollevare gli occhi al cielo ogni, singola, volta. Hazel era scettica, decisamente incredula, nonostante i vari racconti di Lucia, riguardo al presunto sentimento che li legava. Ed era sicura che non ci fosse neppure un'unghia di quello zombie che appartenesse a sua figlia. Proprio per questo, anche senza conoscerlo di persona, era del tutto decisa a tenersene lontano anni luce, ritrovandosi a cedere alla curiosità nei suoi riguardi solamente in rari momenti in cui lo osservava da lontano (molto lontano), cercando di decifrarne il comportamento come poteva. Di recente aveva saputo che lo zombie era venuto più volte a cercare Lucia, per chissà quale arcano motivo, e puntualmente lei aveva fatto di tutto per tenergliela lontana, trascinandola in allenamenti a orari improbabili, nascondendola in cortile quando lui era all'interno e portandola a mangiare fuori ogni volta che poteva nonostante le sue innumerevoli richieste di restare da sola… Probabilmente per andare da lui. Persino Iris stessa, che era sempre in mezzo alle gonadi da quando si era stabilita nella loro piccola casa, aveva assistito in incognito a qualche discorso da lontano nel quale Thresh chiedeva della piccola Lucia a qualche inquilino dell'appartamento di Leben, e si era messa a parlare con lei di quanto fosse "ingiusto" e "spregevole" tenere lontani "due innamorati". Puah. Figurarsi! Se si scoprisse che quel mostro è capace di amare, mi mangerò il mio stesso cuore pulsante, parola di demone. Ogni volta che ciò avveniva, Hazel era costretta a sbuffare e trattenersi dal battere selvaggiamente la sorellam imprecando tra sé; non aveva mai conosciuto un essere più ingenuo, amorevole e patetico di lei. Così schifosamente altruista che l'aveva vista più di una volta cercare di familiarizzare addirittura con Leben, abbracciandola persino! Che razza di mente malata poteva simpatizzare con un mostro simile?!
    A volte le sembrava di essere l'unica con un minimo di sale in zucca in quella "famiglia" strampalata, composta ormai da ben 5 membri, se si contavano l'angelo scassa-gonadi e quei repellenti orchetti, figli del demonio. Ne andava fiera (di essere quella "sana", si intende), ma era anche terribilmente sfiancante. Nessuno dei mostri che vivevano e prosperavano in quella scuola, avrebbe potuto ingannarla con smancerie recitate, dopotutto era abituata alle torture infernali, niente poteva scalfirla… Ma le altre due? Tra Lucia e Iris non sapeva quale delle due fosse più sciocca, sinceramente. E se poteva forse ignorare la tendenza di Irithiel che la vedeva cacciarsi nei guai ogni due giorni come minimo, per gettarsi tra le braccia di qualche creatura orrendamente crudele, non era disposta a far sì che Lucia ne prendesse esempio. Anzi, doveva assolutamente evitarlo! La piccola stava maturando, a modo suo. L'esperienza con Gil l'aveva cambiata, quella con Adam le aveva addirittura insegnato a dire di NO, quando voleva, e questi erano di certo lunghi passi avanti che non poteva ignorare. Proprio per questo la demone era decisa a continuare col suo piano: tenere il più possibile Lucia lontano dal maledetto Faust Carnovash e approfittare di ogni singola occasione che potesse avvicinarla a portarla via da quella scuola di mostri pazzi e psicotici. Una volta lontana, Hazel era certa che avrebbe ben presto dimenticato quel "suo" zombie in favore di un harem di bellezze variegate come si doveva, diventando finalmente una figlia che l'avrebbe resa fiera di lei, una volta per tutte. Proprio con questo piano in testa, si era ritrovata tra le mani un'occasione talmente d'oro che non aveva pensato neppure un istante di ignorarla: aveva sentito alcune voci riguardo a un prezioso e potentissimo manufatto che proprio Thresh in persona custodiva al sicuro nel proprio ufficio, per conto dell'Imperatore in persona; un oggetto estremamente raro che si diceva in grado di donare incredibili poteri magici a chi riuscisse a risolvere l'enigma al suo interno… E Hazel era del tutto decisa a rubarlo. L'impresa si prospettava incredibilmente complicata, ma poteva forse rinunciare così facilmente alla splendida occasione di rendere Lucia almeno un minimo meno patetica? Semplicemente no! Per questo quella notte si era vestita di tutto punto, armata fino a denti con ogni pugnale, spada o kunai presente nello scarso arsenale di sua figlia, e dopo un'adeguata preparazione era uscita, più silenziosa che mai, per raggiungere l'ufficio di Thresh, lasciando l'ignara fanciulla a dormire nel proprio giaciglio caldo. Ovviamente si era premurata di "vestirsi" per l'occasione, celando la propria figura con un mantello nero e indossando una maschera che le copriva il collo e il viso, lasciando scoperti solamente gli occhi. Sotto al mantello la sua mise era, come di consueto, succinta, con numerose rifiniture d'oro ma null'altro a proteggerle la carne; odiava che i vestiti le impedissero i movimenti e per questo aveva scelto un reggiseno minimale in cuoio, estremamente contenitivo ma mai abbastanza da impedire al suo seno di ballonzolare in giro ad ogni passo, un drappeggio a coprire l'inguine e dei gambali che lasciassero i piedi mezzo scoperti, rinunciando ai suoi soliti tacchi aggressivi in favore di movimenti più fluidi. Vista la difficoltà della sfida che si apprestava a compiere, aveva rinchiuso il suo prezioso lato B in una cintura di castità di tutto rispetto, in ferro, con spuntoni acuminati che circondavano le fessure metalliche, lasciando a casa quasi tutti i suoi gioielli e piercing vari, a eccezione di quelli che non tintinnavano, intorno ai capezzoli, come due scudi a proteggerli dagli sguardi altrui e al clitoride, un anello d'oro che di rado toglieva. Come di consueto non si era preoccupata di depilarsi e un ciuffo di peli biondi faceva capolino dal pube fino al bordo del bassoventre scoperto, su cui spiccava il sigillo magico che impediva al suo membro di ostacolarla in combattimento. Si sentiva agguerrita e sicura mentre raggiungeva l'ufficio di Thresh come un ninja di tutto rispetto, eppure rimase all'erta per l'intero tragitto, quasi certa di trovare qualcuno a fare da guardia a un simile tesoro.
    Quando giunse a destinazione, attenta a non produrre alcun suono e sfruttare l'ombra per rimanere celata, si sorprese non poco di trovare l'ufficio completamente vuoto. Fu guardinga persino l'entrare e quasi si aspettava che un qualche tipo di meccanismo arcano e diavoleria moderna, le impedisse di compiere quel primo passo oltre alla soglia… ma nulla avvenne. Era tutto troppo facile, forse… ma non riuscì a organizzare un pensiero coerente dal momento in cui lo vide: al centro dell'ufficio, come circondato da una luce eterea e accompagnato da un coro d'angeli che la chiamasse, splendeva un oggetto incredibile. Si sentì trascinata verso esso come se un'entità superiore la stessa chiamando a sé, e non poté fare a meno di guardarsi intorno incerta prima di decidere di avvicinarsi. Anche stavolta, nulla accadde, e per quanto l'istinto l'avesse portata a sfoderare il pugnale con la mano sinistra mentre portava l'altra ad aprire la teca, si rese conto che semplicemente ce l'aveva fatta: il leggendario manufatto era tra le sue mani. A quel punto avrebbe dovuto andarsene senza voltarsi indietro, correndo più veloce che poteva, ma ancora una volta sentì l'irrefrenabile bisogno di stringere l'oggetto a sé e toccarlo, ammirarlo, quasi fosse una gazza ladra di fronte a monete scintillanti. Si ritrovò a posare il pugnale sulla teca vuota, afferrando l'oggetto a due mani per poi rigirandoselo tra le dita, completamente affascinata. Presto iniziò a giocarci, come guidata da una forza esterna e in men che non si dicesse si rese conto che stava risolvendo l'enigma tanto decantato con estrema facilità. Entusiasta, gli occhi ferini illuminati dall'euforia di fronte a quello spettacolo senza eguali, si ritrovò un sorriso che le tagliò il viso da un orecchio all'altro, scoprendo ognuno dei suoi denti affilati.
    Oh, figlia mia, non vedo l'ora di vedere la tua faccia quando lo avrai tra le mani! Non puoi immaginare quanto sia stato facile... raggiungere il tuo destino e stringerlo tra le dita!
    Già si figurava un destino glorioso, una vittoria schiacciante, un potere inimmaginabile che l'avrebbe investita in pieno, rendendo un vago ricordo tutte le angherie subite fino a quel preciso momento! Ecco, dunque, che finalmente il meccanismo scattava, proprio tra le sue dita tremanti e lei guardava eccitata la sua... vittoria?
     
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    C'è chi apprezza gli approcci diretti e semplici, e chi architetta un piano maligno, articolato e paradossalmente improbabile per assaporare il gusto di aver messo tutto al posto giusto e compiacersi del buon mix di intelletto e fortuna che piace tanto a chi scrive un sacco di cose inutili. Ma Thresh era un tipo semplice: lui non credeva né al caso né all'istinto di autodistruzione, lui sapeva per certo che per far muovere qualcosa in una direzione basta una spinta, e non c'è bisogno di tracciare tutto il percorso per vedere fin dove arrivava. Che senso avrebbe avuto spingerla in primo luogo, se poi il risultato era scontato? No il suo piano per mettere nel sacco Hazel era semplice: i suoi ragazzi avrebbero attirato l'attenzione della donna sull'unica cosa che non poteva controllare davvero: un passaggio verso il Labirinto che l'avrebbe intrappolata e messa in una situazione in cui sarebbe stato impossibile no... "scambiare quattro chiacchiere". Il resto sarebbe venuto da sé. L'idea era geniale ma in realtà nemmeno sua: era Nefertiti ad avergliela suggerita quando cedendo alla sua curiosità e frustrazione, guidata solo dai sentimenti, aveva aperto una configurazione del lamento per sbaglio, ritrovandosi nel Labirinto. Forse avrebbe funzionato anche con la premurosa mammina della sua Lucia? Ovviamente non lo sapeva, e questa era la parte migliore. Dato che Lancillotto non era un gran chiacchierone e Artù era in trasferta, non poteva contare su molte lingue a sua disposizione, ma se aveva capito qualcosa di Hazel era che quella donna sapeva ascoltare, quindi non sarebbe servito un grande impegno per spargere la voce. Era ironico che, dopotutto, nonostante le lanterne fossero tornate ad un antico e potente splendore, gli strumenti più utili e importanti restassero i Cubi. Divertente, no? La preparazione prevedeva solamente lasciare incustodito un cubo nel suo ufficio e spargere una voce falsa, quindi mentre aspettava Thresh poteva dedicarsi alle sue attività di manutenzione delle macchine che tanto adorava portare avanti nel tempo libero. Fremeva ogni volta all'idea che qualcuno lo trovasse di schiena, piegato sui suoi marchingegni, affascinato dalla perizia con cui si prodigava in quelle attività, con ogni muscolo contrito anche più di quanto combatteva, magari sperando di potersi unire a lui in quell'arte delicata, precisa e certosina, condividendolo col folle professore. Ma per quella casualità, ahimè, avrebbe dovuto aspettare ancora a lungo.
    Appena la parte finale del rompicapo venne risolta, lo scatto fece sollevare di colpo il capo di Thresh, e la sua lanterna lampeggiò improvvisamente, lasciandolo un attimo in trance. Aveva semplicemente collegato il cubo con la sua lanterna, così che il "viaggio" potesse iniziare all'unisono. Hazel ebbe solo il tempo di rendersi conto che non era effettivamente successo niente, e che forse doveva tornare in un luogo sicuro ad esaminarlo con calma, ma appena avrebbe distolto lo sguardo dal misterioso manufatto avrebbe dovuto fare i conti con una realtà assai amara: quello in cui si trovava non era più l'ufficio di Thresh. Se le pareti che si scioglievano come carne arsa sul rogo l'avessero messa in guardia spingendola ad impugnare il suo pugnale, si sarebbe resa conto che anche quest'ultimo si stava sciogliendo in una massa di carne grondante di sangue, che urlava spalancando una serie di piccole bocche intorno alle dita di Hazel che lo stringevano, e piangevano come infanti facendole fischiare le orecchie per il fastidio. Quel pugnale, o qualsiasi cosa fosse diventato, bruciava come l'inferno e appena Hazel lo avrebbe lasciato cadere, questo si sarebbe fuso col pavimento trasformandosi in un piccolo germoglio che pareva fatto di tanti piccoli corpi gonfi che formavano venature legnose e scarlatte. Più cresceva, più la crescita rallentava. Il terreno tremò e quelli che prima erano libri, decorazioni e documenti nella stanza crollarono a terra trasformandosi in altri piccoli alberelli di carne e legno rosso, il soffitto si aprì come se il ventre di una madre fosse stato aperto in maniera truculenta dal predatore impaziente di divorarle le viscere e il pargolo in un solo boccone, e subito un firmamento oscuro riempì gli occhi di Hazel. Se ci fosse stato un testimone in quel momento ad ammirarla, avrebbe visto chiaramente gli occhi della demone riempirsi di quelle galassie oscure, morenti e distanti, come se non ci fosse spazio per le sclere, le iridi o le pupille, come se le orbite dei suoi occhi fossero state riempite da un'immensità folle e priva di luce, che si illuminava non per una fonte di speranza, ma perché anche le tenebre venivano divorate lasciando nient'altro che un colore venuto dallo spazio che la mente non era capace di elaborare. Sarebbe bastato perdersi troppo in quel cielo folle per trovare la pazzia più totale ma per fortuna, o sfortuna, l'attenzione di Hazel sarebbe stata rubata da quei germogli sanguigni che crescendo l'avrebbero circondata, murata effettivamente viva all'interno di un albero rigato da sangue e volti sofferenti. I polsi vennero fermati all'altezza dei fianchi, le gambe vennero quasi del tutto assorbite dalle radici a terra lasciando libere solo le ginocchia, mentre il busto di Hazel sarebbe risultato leggermente spinto in avanti, come se fosse stata sul punto di cadere prima di finire completamente bloccata, immobile. Se la freddezza le avesse suggerito di non tornare a guardare il cielo per nessuna ragione al mondo, avrebbe notato che quello che prima era il normale pavimento di un ufficio ora somigliava più ad un selciato d'altri tempi, circondato da quella foresta senza foglie né germogli, fatta unicamente di alberi neri e rossi che grondavano sangue. Quel liquidi scarlatto veniva incanalato all'interno di piccoli corridoi formati dal selciato, e come dei piccoli fiumi circondavano il complesso roccioso, circondando delle statue che somigliavano a fontane. Tutte le statue erano contrite in una posizione di pura estasi e al tempo stesso sommo dolore. Uomini, donne, creature dal sesso confuso, razze ibride e non, mai viste e comuni, non c'era una preferenza, l'unica cosa che li accomunava era l'immenso dolore e il sommo piacere sui loro volti. I corpi erano rappresentati in posizioni estreme, attraversati da ogni genere di strumento di tortura. Se i corpi erano fatti di pietra però, le macchine che li circondavano e attraversavano erano invece di un metallo nero, tutt'altro che lucido ma estremamente rifinite, prive anche solo di una macchia di sangue o di ruggine. Le statue erano perlopiù rappresentate col ventre gonfio, e quelle poche che non lo vedevano pieno lo rappresentavano invece squarciato, come se qualcosa fosse uscito da dentro di loro. Il sangue che fluiva nelle statue fuoriusciva da tutti gli orifizi e concedeva a quelle rappresentazione un aspetto "vivo", quasi... pulsante. A meno che i sensi di Hazel non la stessero ingannando, i fiumi di sangue che scorrevano addosso sembravano pulsare come le vene di un corpo, non di certo come mere macchie scarlatte. L'immensa forza di Hazel non l'avrebbe assistita minimamente in quell'occasione, e a toglierle ulteriormente le forze sarebbe stata una voce sinistra, fin troppo riconoscibile, che sarebbe stata accompagnata dall'inconfondibile tintinnare dei ganci tra le sue lunghe trecce bianche e gli speroni dei suoi stivali, tutto accompagnato dalle ossa metalliche che circondavano il suo lungo cappotto nero intessuto a mano, che davano al professore l'inconfondibile entrata in scena che lo accomunava con i fantasmi della tradizione, intenti a trascinare le catene della loro punizione eterna. Ma la punizione, per Thresh, non poteva che assumere un ruolo decisamente diverso da quello di un banale supplizio.

    A volte mi sento chiedere... "Faust, ma non c'è niente che ti fa arrabbiare? Non c'è proprio niente che tu Odi con tutto te stesso?"
    Passi lenti ma inesorabili, Hazel non avrebbe mai avuto l'impressione che quell'uomo potesse fermarsi da un momento all'altro, anzi tutto l'opposto: era come se quell'incedere lento facesse parte della tortura stessa, un tocco inevitabile che però non sembrava arrivare mai, lasciandola col fiato sospeso a domandarsi se si sarebbe limitato a parlarle, se l'avesse pugnalata in pieno petto o se fosse stato capace di farle anche di peggio. Al tempo stesso però, come se non la considerasse una degna rivale, lo sguardo del professore non incrociava mai il suo, e sfiorava tutto ciò che lo circondava in maniera fugace, assorto nei suoi pensieri ad alta voce con le mani nascoste dietro la schiena, avanzando con passi pesanti e strascichi rumorosi. Circondava l'albero dentro la quale era intrappolata Hazel e condivideva con lei i suoi pensieri mantenendo però un tono di voce irrealmente calmo, in netto contrasto con la follia di quel luogo. Si aprì con lei, parlando col petto gonfio non di orgoglio ma di sentimenti, come se si stesse aprendo ad una cara, vecchia amica. Stringeva le mani al cuore e serrava i pugni con teatralità, deciso a esprimere i suoi sentimenti.
    Oh, se solo potessi... se solo fosse così facile! Riesci a immaginare una maledizione simile? Uno dei sentimenti più puri, pari se non secondo soltanto all'amore... l'odio... e io ne sono così maledettamente sprovvisto. E nessuno pare comprendere questa mia tragedia. Odiare qualcosa... qualcuno... ma cos'è l'odio? Per alcuni basta davvero poco innescarlo e farlo germogliare come l'albero del mondo delle leggende antiche, l'ho visto quel germoglio crescere... lo so per certo! Ma per me non è così semplice. Tutto quello che di solito gli altri identificano e fanno crescere come odio per me non sono altro che sfumature di sentimenti più complessi, e non riesco ad assaporarlo per la sua purezza. Allora mi chiedo davvero... ne sono sprovvisto del tutto?
    Si fermò davanti a lei, inizialmente offrendole il fianco, per poi voltarsi in direzione del suo volto e finalmente gli occhi si incrociarono. Lo sguardo del professore non aveva niente di umano, ma se Hazel fosse riuscita a staccarsi da quel bagliore tetro che usciva dal suo volto, identico al folle cosmo che attanagliava il cielo, lo avrebbe potuto ammirare in tutta la sua statuaria magnificenza: il corpo massiccio e pallido del professore era perfezionato da una forma pressoché divina, uno scultore non sarebbe stato capace di dipingere meglio la perfezione umana, rovinata unicamente da quell'incarnato ceruleo e le numerose cicatrici che lo attraversavano, prima tra tutte quella sul collo che pareva quasi volerlo decapitare, e ultime ma non in importanza quelle che segnavano le sue guance. Non aveva ancora sorriso, quindi sembravano ancora solo delle ferite, ma a giudicare dalla fatica con cui i piercing che le suturavano rimanevano assieme, quello poteva trasformarsi in un mostruoso sorriso degno del più mefistofelico abitante dell'abisso bruciate da cui Hazel proveniva. Oltre alla sua giacca oramai marchio di fabbrica inequivocabile del professore, l'uomo non aveva accompagnato nulla del suo vestiario per coprire il petto, tanto che l'enorme segno di una ferita che pareva avergli aperto la cassa toracica per estrargli il cuore era più evidente che mai. L'incarnato ceruleo era spezzato da una vascolarità a malapena evidente, ma presente se osservata da un occhio attento, dato che le vene che componevano il cuore di quell'essere erano nere come la pece, e sembravano dei tratti in trasparenza su un foglio altrimenti bianchissimo, più evidenti intorno alle fasce muscolari. Bello e perfetto da morire, e al tempo stesso così disumano. Somigliava decisamente ad un manichino plasmato attorno allo scheletro impuro di un demone sigillato dentro chissà quale dimenticata tomba. Una maledizione vivente. Dalla vita in giù, una pesante e larga cintura, ampia forse il doppio o il triplo rispetto ad una cinta normale, teneva su un paio di pantaloni neri piuttosto larghi, che ricordavano un pò la tradizione giapponese ma molto meno simili ad una gonnella, e caratterizzati da numerose borchie e anelli d'argento che scandivano un motivo caotico, come se fossero numerosi pezzi rattoppati assieme. Infine, dei proverbiali stivali neri in una pelle tutt'altro che lucida, resi quasi volgari dalla presenza dei tipici speroni usati dai cowboy per incoraggiare i loro destrieri. Forse però Hazel non era così debole al suo fascino, e invece di perdersi di fronte a quella statua di perfezione che la superava in altezza perfino di qualche spanna, sarebbe stata invece attratta da quello strumento oscuro che titillava dalla cintura del suo padrone: una mostruosa lanterna colma di energia spirituale, alimentata da anime sofferenti, legata intorno alla vita da una catena che pareva fatta di ossa e culminante in un piccolo falcetto affilato che molto somigliava ad un'arma e al tempo stesso ad un bisturi o uno strumento di altissima precisione. La fattura però non era la parte importante di quel complesso, quanto più l'energia malefica che emanava: simile, se non identica a quella emanata dal cubo.
    Forse per me è difficile odiare qualcosa o qualcuno... ma devo riconoscere, Hazel, che il tuo tentativo è stato davvero meritevole di attenzione. Credo che potrei iniziare a Odiare qualcuno che cerca disperatamente, con tutte le forze, di togliermi qualcosa che mi appartiene... e impedire a qualcuno importante per me di ottenere ciò che vuole.
    Lo sguardo che le lanciò in quel momento somigliava decisamente a una minaccia, ma pochi istanti dopo Thresh si piegò in avanti per raccogliere il cubo che giaceva ai piedi di Hazel, girandoselo tra le dita ed esaminandolo distrattamente mentre il suo tono cambiava, assumendo un'aria decisamente meno seria e minacciosa.
    O forse è solo il tuo modo per attirare la mia attenzione? Aaaaah lo sto facendo di nuovo... non è odio ma solo qualcosa di più complesso... sono senza speranza!
    Sbuffò, e dando poca importanza alla sua prigioniera iniziò a risolvere il cubo al contrario. Quella era una cosa che non faceva mai nessuno: una volta aperto il cubo ed entrati nel labirinto era decisamente una buona idea richiuderlo, per sicurezza! Ovviamente sperare che possa rimandarti indietro lasciandolo aperto era un'idea stupida, ma non significava che non poteva trascinare dentro altre vittime indesiderate. Lasciarlo aperto era un lavoro assolutamente maldestro e uno che adorava la precisione come Thresh non poteva assolutamente accettarlo come risultato. Appena il cubo si chiuse, Hazel venne immediatamente colta dalla sensazione di non trovarsi più sulla terra, e se anche quella consapevolezza l'avesse attanagliata già da prima, quel secondo "click" a poco di distanza dal primo sarebbe stato come l'interrompersi di un ciclo perfetto, dove Thresh sbuffò di nuovo abbandonando quell'aria arresa e sconfortata, tornando a guardarla con un mezzo sorriso sul volto. No, quale mezzo sorriso? Erano le sue labbra ad accennarne un mezzo... ma bastava guardare gli anelli larghi dei suoi piercing per notare che quelle enormi cicatrici si erano aperte, rivelando il mostruoso sorriso di chi ha in mente grandi cose per la sua vittima.
     
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    Ed ecco che... non accadde niente. Assolutamente niente. Osservò ancora un po' l'oggetto, facendolo girare tra le dita per guardarlo da più angolazioni ma non notò alcun cambiamento, almeno all'inizio. Il primo istinto fu quello di sollevare lo sguardo e controllare che non si fosse attivata nessuna trappola da maniaco, degna di quello zombie psicopatico... e fu proprio così che la verità la investì in pieno, terrificante più che amara. Sgranò gli occhi, sforzandosi di riprendersi velocemente dallo sgomento, con pochi risultati. Sentiva le membra pesanti e movimenti resi goffi dall'ansia. Istintivamente, riafferrò il pugnale al volo e si mise in una posizione combattiva di guardia, salvo poi essere costretta a lasciarlo cadere con un gridolino e svariate imprecazioni in dialetto demoniaco.
    *@*edes*** **hiscrat!?!, quanto brucia! Che poteva essere tradotto in un semplice "Porco sterco di Diomedes, quanto brucia".
    Era stata una stolta, aveva abbassato la guardia e ora ne pagava le conseguenze. Com'era potuto accadere? Se lo chiese mentre osservava i sogni di gloria fatti poco prima sgretolarsi tra le sue dita… o meglio, sciogliersi e trasformarsi in un orrore nauseabondo che cadde a terra con lo stesso peso del fallimento. Era denso, acre e le pesava sullo stomaco molto più dei banchetti in taverna di cui andava ghiotta un tempo. Tutto intorno a lei iniziò a collassare su se stesso, quasi le pareti stesse volessero imprigionarla in un tormento senza fine e lei si perse, inerme, a fissare il soffitto che prendeva il medesimo esempio. Gli occhi sgranati divennero due veri e propri specchi su ciò che stava accadendo e per ognuno degli interminabili secondi nel quale la demone fissò quello spettacolo terrificante senza sbattere le palpebre una sola volta, pensò di impazzire e potersi perdere completamente in esso. La cosa peggiore? Un istinto primordiale le diceva che in qualche modo le sarebbe piaciuto, perdersi fino a impazzire, e questa era la cosa che la spaventava più di tutte. Non girava con una cintura di castità per motivi futili: Hazel era spaventata dal piacere mille volte più che dal dolore e dall'amore infinite volte più che dall'odio. Per questo distolse lo sguardo da quella promessa di follia immediatamente e, guidata dall'istinto di fuggire da quel posto, mosse anche qualche passo voltandosi repentina, con la sicurezza di chi poteva ancora trovare una via d'uscita, che si infranse quando non trovò davanti al naso altro che radici. C'erano solo i germogli ad accoglierla, inquietanti come non mai, cosa che la riportò subito a tentare di voltarsi nella direzione opposta, e ancora, ancora, finché non dovette rassegnarsi all'evenienza: era circondata. In quel goffo tentativo di sottrarsi al destinò inciampò, trascinata dalle radici che lentamente le risalivano lungo le gambe muscolose e i germogli furono più che pronti ad accoglierne le caduta, imprigionandola in una posizione che la fece sentire terribilmente esposta. Si maledì per essere un demone privo di pudore alcuno, che prediligeva vestiti succinti e comodi ad ampie mantelle o complicati corsetti, perché mai come in quel momento avrebbe preferito essere coperta dalla testa ai piedi, fosse anche in biancheria costrittiva. Rabbrividì, cercando in ogni modo di divincolarsi, con tutte le forze che aveva, ma non c'era modo di smuovere nulla. La situazione era terribile e dato che per nessuna ragione al mondo sarebbe tornata a guardare il soffitto, ebbe modo di osservare che lì, intorno a lei, la situazione era persino peggiore. Da qualunque angolo la si guardasse, la scena che le si presentò davanti aveva tutta l'aria di essere terribilmente realistica, un'enorme distesa di povere vittime, probabilmente morte e/o pietrificate, più che un'esposizione artistica. La sola idea che quel timore potesse avere un minimo di fondamento le avrebbe fatto venire voglia di vomitare, se solo il suo animo non fosse stato temprato per secoli dai gironi infernali. Eppure, persino lei distolse lo sguardo, disgustata. Aveva osservato Thresh abbastanza a lungo da sapere quanto fosse malato, ma quel luogo... quello era tutt'altra storia. Era forse il Labirinto di cui aveva cercato di parlarle Lucia, pur conoscendolo dai solo racconti altrui? Se così fosse stato, persino la giovane non aveva idea di quanto i suoi più orrendi timori su un simile luogo corrispondessero solo a una minima parte della realtà. Più Hazel guardava, più scopriva dettagli in quei corpi, in quelle espressioni, che la costringevano a distogliere lo sguardo verso un nuovo punto, spesso ancor peggiore del primo, tanto che a un certo punto non seppe più dove volgere le pupille ferine e fu costretta a chiudere gli occhi, stringendo i denti e ringhiando come una belva appena catturata. Era sconvolta da quella visione e nauseata, ma non smise un solo istante di dimenarsi per tentare di sfuggire a quella presa e anzi, i suoi muscoli si gonfiarono sempre più per lo sforzo e sulle tempie iniziarono a scivolare perle salate.
    Pensava che non potesse andare peggio di così, finché non sentì la SUA voce avvicinarsi. Si irrigidì completamente. Non ci voleva un genio per sapere che fosse tutta opera sua, ma fu comunque destabilizzante ritrovarselo finalmente di fronte. Aveva cercato talmente a lungo di evitarlo che ora che lo sentiva così vicino, non sapeva come affrontarlo. Una cosa era certa, aveva smesso di dimenarsi perché poteva immaginare quanto un torturatore godesse nel vedere la propria vittima danzare per lui... e non aveva alcuna intenzione di dargli simili soddisfazioni. In fondo lei stessa era avvezza a pratiche più o meno costrittive, in quanto ex strega, sebbene le usasse per fini quasi sempre piacevoli. Con un sospiro, si sforzò di aprire gli occhi e osservarlo. Ogni passo equivaleva a un suo organo che prendeva a contorcersi nell'attesa dell'ignoto. Il brivido dell'ansia, il non sapere cosa sarebbe accaduto, cosa avrebbe subito... sapeva fin troppo bene che anche quello faceva parte del gioco, un preliminare essenziale che avrebbe preferito di gran lunga evitarsi. Iniziò a seguirne i movimenti, concentrandosi di tanto in tanto su quegli strani stivali, risalendo poi lungo il suo corpo, fino al viso... per poi pentirsene subito e tornare a guardargli i piedi, o il vestiario. Da una parte ringraziò che non le prestasse attenzione, dall'altra si sentiva furiosa. Non era solo la sua apparente indifferenza a infastidirla, ma il suo aspetto. Odiava il fatto che il suo corpo non fosse abbastanza furbo da smettere di trovarlo una creatura affascinante, come odiò rendersi conto che avevano gusti per piercing e cicatrici abbastanza affini. Mentre lui camminava, lei prese a digrignare i denti affilati così forte che rischiava seriamente di frantumarli, producendo uno stridio fastidioso e stonato, mentre l'aria si riempiva delle sue parole insensate. Da sole, sarebbero bastate a fargli guadagnare diversi pugni e un'asciata in testa, ma Hazel cercò di tenere per sé quei pensieri finché non avesse capito dove volesse andare a parare. Si concesse tuttavia un potente strattone delle braccia e un ennesimo ringhio, per sfogare in qualche modo la propria furia in quel gesto di frustrazione. Un solo strattone, che tuttavia fece ondeggiare le sue forme generose in modi che avrebbe decisamente preferito mascherare, facendola pentire di quella concessione a se stessa. Il suo modo di girarle intorno la faceva fremere dove non avrebbe dovuto, tendendo ogni singolo muscolo e riempendo la pelle di brividi... tanto che fu grata quando finalmente le si fermò davanti. Aprire la bocca dopo averla serrata così forte le richiese un certo sforzo ma ciò non le impedì di sputare una risposta, mentre fingeva un tono annoiato. Si rifiutò di guardarlo da così vicino, concentrandosi ancora una volta sui suoi stivali.
    Speravo che il nostro primo incontro si sarebbe tenuto in circostanze diverse, sai, uno scontro alla pari... ma in fondo è tipico di voi uomini temere un confronto. Risparmiati il copione, te ne prego. Parlare come un lord tormentato, dalla forte vena poetica, non ti aiuterà a impressionarmi, se è questo che stai tentando di fare. I tuoi mezzucci da seduttore o il tuo fare teatrale non funzionano con me, anzi... mi irritano alquanto, a essere sincera. Ti ho osservato a lungo, e so bene a quante e quali tipi di creature ti accompagni. I tuoi metodi sono chiari e il tuo aspetto ti aiuta di certo, ma vai in giro a millantare di "amarle" tutte, compresa la mia Lucia, e questo... questo basta a renderti repellente ai miei occhi. I bugiardi non piacciono a nessuno, tantomeno a- me.
    C'era forse una punta di incertezza nella sua voce? Hazel aveva fatto l'errore di sollevare lo sguardo lungo quei maledetti stivali, sulle gambe allenate, passando per tutte quelle borchie, finendo sulla spessa cintura e più su, lungo gli addominali scolpiti... e lì il tono battagliero aveva ceduto un istante, riprendendo incerto nell'osservare la lanterna che portava alla cintura. Era così potente... Quel tizio era una creatura totalmente fuori dalla sua portata, poteva sentirlo semplicemente dalla sua pressione energetica. L'aria pregna di sangue rendeva difficile respirare già di suo, ma con lui vicino era costretta a un fiatone vergognoso. Forzandosi a distogliere lo sguardo, Hazel sollevò gli occhi di scatto, da un'angolazione tutt'altro che casta vista la differenza tra le loro altezze, e lo fece esclusivamente per evitare di guardarlo in luoghi che non fossero il suo viso e recuperare così la propria fermezza. Non che non fosse bello... ma quel ghigno disumano e gli occhi simili all'universo di follia che aveva ammirato poco prima, erano un memento decisamente eloquente sulla disgrazia che si trovava davanti. Definirlo una "Maledizione vivente" sarebbe stato mero eufemismo... Era molto peggio, come trovarsi di fronte a Bael in persona. Fortunatamente per entrambi, invece che paralizzarla, realizzare quanto fosse fottuta la tranquillizzò, aprendole un ghigno di denti aguzzi sulla faccia: un ghigno che rivolse proprio a lui, quasi volesse ricambiare il suo. Quanto le sarebbe piaciuto abbassare la faccia di scatto e strappargli le interiora da quei dannati addominali... Sfortunatamente dubitava che sarebbe riuscita a compiere una simile impresa. Però la lingua lunga e affilata l'era rimasta, dunque se doveva crepare... tanto valeva togliersi qualche sassolino dalla scarpa prima, no?
    "Qualcosa che ti appartiene" ... o "qualcuno di importante per te", Thresh? Quando pronunciò per la prima volta quel nome davanti al suo proprietario, il suono fu così pieno di disprezzo da rendere fin troppo chiaro cosa pensasse di lui. Era un nome così indigesto tra le sue labbra che riusciva a percepirne l'amaro in bocca, rendendo persino il suono cattivo. Sono due cose ben distinte, sai. E credo di conoscere la triste risposta a questo quesito, ma voglio che sia tu a dirla. Che ammetta una volta per tutte la tua ipocrisia! Ho ripetuto allo sfinimento a mia figlia che per un mostro come te, "lei" è e sarà sempre un mero giocattolino con cui trastullarti quando gli altri, nella tua collezione, saranno occupati... ma non ne vuole sapere. Ti pensa anche quando non dovrebbe, che sia durante un allenamento o tra le braccia di qualcun altro. Pronunciò quelle parole con una certa soddisfazione, curiosa di vedere un qualche tipo di reazione da parte sua, qualcosa che ne tradisse l'ipocrisia, ma la sua espressione era destinata a cambiare presto e riempirsi di disprezzo, rivolto verso Lucia stavolta. Fece roteare gli occhi con fare teatrale quando aggiunse: Neppure trascinarla nelle orge più fantasiose pare poterla distogliere dal suo presunto e patetico amore verso di te. Quindi... quale delle due versioni è quella reale, "vostra" mostruosità? Non provò neppure a celare il proprio sarcasmo. Ci tieni davvero a lei, o vuoi solo possederla, impedendole TU stesso, di ottenere ciò che desidera? Cosa lo chiedo a fare, poi? Dopotutto sei in grado di imprigionare una madre che cerca solo di proteggere la sua bambina; una madre che vorrebbe solo elevarla, rendendola forte e degna come merita di essere e non malleabile come creta nelle tue mani! Ma tu la preferisci così, non è vero?! E osi incolpare ME di impedirle di ottenere ciò che vuole. Ma fammi il piacere!
    Per parlargli in quel modo aveva dovuto più volte vagare con lo sguardo oltre la sua figura, raccogliendo rabbia ogni volta che osservava una delle statue che li circondavano, come se la loro vista potesse nutrire la sua ira e renderla più coraggiosa. Hazel non era mai stata una codarda, non avrebbe iniziato proprio quella volta a tacere di fronte a un ennesimo omuncolo incapace di valorizzare la propria compagna... neppure quando quest'ultimo era fin troppo vicino a un dio.
    So io perché non conosci l'odio... Perché persino l'unico amore reale che provi a questo mondo è verso te stesso! E lo dimostra questo subdolo mezzuccio che hai utilizzato per catturarmi: farmi vedere una possibilità di rendere Lucia migliore, perché sapevi che l'avrei colta. Avevi e hai tanti mezzi per renderla speciale... eppure non ci hai mai nemmeno provato! Sono dovuta arrivare io a svegliare in lei la magia, perché a te spaventa troppo che possa diventare una tua pari, raggiungerti persino! E ora? Quale sarà la tua prossima mossa, adesso? Torturarmi, forse? Sono un demone e sono stata all'Inferno... Quanto pensi di potermi far male?! O magari... magari vuoi levarmi di mezzo una volta per tutte, perché ti ho rubato il giocattolo? Come a un bambino...
    Le sue parole erano talmente appassionate che dovette fermarsi a riprendere fiato. Le venne da ridere nel definirlo un bambino, ma più che un ghigno divertito si ritrovò a snudare i denti come un animale. Nell'impeto, le sue corna si erano incurvate verso di lui con fare minaccioso e ogni singolo pelo della sua coda era ritto, come quello di un gatto che soffia.
    Ebbene, vuoi conoscere l'odio? Guardami.
    Finalmente tirò indietro la testa quanto poteva per fissarlo negli occhi. I suoi erano ferini, socchiusi e frementi d'ira, accesi di una strana energia magica e mostravano qualcosa di molto vicino al sentimento che lui bramava tanto. Hazel si alzò più che poteva, strattonando i germogli con ogni forza pur di assumere il suo solito portamento fiero, indomabile, persino un po' rozzo... da vera guerriera. A quel punto non le importava di mettere in mostra il petto generoso, o di quanto fosse svestita, era troppo concentrata su di lui. E mentre lo fissava con un'intensità tale che in altre circostanze sarebbe parsa quasi come una dichiarazione d'amore, la sua lingua e la gola si muovevano impercettibilmente, per raccogliere quanta più saliva possibile. Ebbene sì, era decisa a sputargli dritto in faccia, così da fargli capire anche con i fatti cosa pensasse di preciso. Almeno si sarebbe liberata di un po' della bile che le aveva causato pronunciare il suo nome. - PUAH.

    Edited by MidoriNoBakeneko - 24/1/2023, 03:10
     
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    Hazel era lungimirante, conosceva molto bene l'archetipo dell'aguzzino, ma non poteva vincere contro Thresh: lui riusciva a sentire anche solo gli impercettibili vagiti e contorsioni dei suoi organi mentre cercava di evitare qualsiasi contrita reazione per non dare soddisfazione al suo macellaio. Anche quell'immane sforzo pur di rimanere distante e non compiacere l'artefice della sua disfatta era musica per le orecchie del professore, che rallentava e perfino smetteva di respirare pur di non perdersi neanche un sussulto. Che goduria avere a che fare con qualcuno che poteva resistere. Almeno per ora. Assaporò in silenzio i suoi futili tentativi, sia di liberarsi che di resistergli, ovviamente. Ma ciò che lo divertì di più fu la sua risposta: in poche frasi riuscì a colpire così tanti punti che Thresh parve quasi accusarli: si portò una mano sul petto, aprendo la bocca e mostrando un'aria ferita, spingendo le spalle all'indietro, prima una e poi l'altra, ad alternarsi, mentre Hazel insultava il suo genere, il suo stereotipo e soprattutto le sue amanti. Thresh crollò col capo in avanti, in un'interpretazione tragica degna dei migliori teatri di Londra, ma finta ad un livello così plateale da non somigliare neanche ad un modo per farsi scivolare addosso tutte quelle parole, forse sperava piuttosto di far arrabbiare Hazel ancora di più con la sua finta empatia.
    Sono così prevedibile? Il mio cuore è spezzato...
    La sua lingua non era affilata tanto quanto il suo coltello, agli occhi di Thresh, era evidente, e dopo quella prova attoriale discreta tornò a ghignare compiaciuto, lasciandole intendere che se voleva provare a prendersi almeno una vittoria morale, o concedersi uno sfogo che non fosse buttare fiato al vento, doveva impegnarsi di più. Quindi tornò in silenzio, ad osservarla con l'aria decisa di chi ha intenzione di sbatterle addosso il suo fisico perfetto, il suo sorriso sbruffone e quella lanterna oscura piena di un potere folle che difficilmente Hazel sarebbe riuscita a togliersi dalla testa. Quindi la lasciò fare, permettendole di portare avanti quel discorso ispirato, senza mai distogliere lo sguardo da lei. Faust trovò piuttosto ironico pensare che tutto il disprezzo di Hazel provenisse unicamente dal suo punto di vista, pazzesco considerando che lo stava accusando dello stesso, identico, crimine, come se ogni altra creatura sulla faccia di ogni terra di confine non desiderasse in fondo che tutto sia perfetto ma dal proprio punto di vista. Tanto che quel ghigno divertito si trasformò quasi in un sorriso intenerito verso di lei, e forse Hazel colse i sentimenti che Thresh stava iniziando a provare verso una creatura tanto semplice, visto che appesantì il discorso come poteva. Gradualmente il sorrisetto si Thresh si abbassò, non sparendo o trasformandosi in un'espressione aggressiva, piuttosto diventando semplicemente amareggiato, bloccandosi quando Hazel gli sputò in faccia e portandolo a tirare un sospiro di pura pazienza mentre con le dita raccoglieva la saliva che si era ritrovato in faccia.
    Tutto qui? Quello che vedo nei tuoi occhi non è di certo odio... ma solo gelosia. E non gelosia nei miei confronti... oh no, gelosia nei confronti di tua figlia.
    Le dita sporche della sua stessa saliva si avvicinarono alla faccia di Hazel, ma invece di ricambiarle il favore in maniera infantile, si limitò ad asciugarle sui drappi dei vestiti succinti di Hazel come se fossero degli asciugamani. Si asciugò a lei con un discreto disprezzo, riducendola ad un pezzo di fornitura senza neanche preoccuparsi di toccarle quel seno generoso o fare commenti fugaci sulle sue forme.
    Io l'ho visto l'odio nello sguardo di qualcuno, e tu non ci vai neanche vicino. Forse potresti riuscire a vederlo davanti a uno specchio, rendendoti conto che Lucia non ti ha deluso perché è pazza di me, ti ha deluso perché non si comporta come faresti tu. Perché tu vorresti essere lei. Vorresti dal profondo del tuo cuore una madre che ti getta nelle orge più insaziabili e funeste per farti crescere, vorresti un'amante focoso che ucciderebbe tua madre per te, a soprattutto vorresti il potenziale che solo lei ha, per superare me, te, e qualsiasi altra creatura sulla faccia dei confini conosciuti... il tuo non è odio, ma invidia. Ma se può riconsolarti... anche questo posso rispettarlo.
    Concluse l'accusa con un tono quasi complice, accondiscendente. Non la stava accusando dopotutto, né voleva psicanalizzarla. Stava semplicemente facendo il suo lavoro: la torturava. Chiuse le distanze all'improvviso, piantando le mani sulla corteccia dell'albero alle spalle di Hazel arrivandole in faccia come se fosse pronto a morderle la bocca e strapparle via le labbra, ma non si sfiorarono se non di qualche millimetro. Furono le grosse trecce del professore a scivolargli da un lato del capo, iniziando a ciondolare sotto di loro, titinnando in maniera flebile ed inquietante, sfiorando il seno di Hazel come se fosse un monito, o una previsione.
    Quello che non mi piace, Hazel, è che parli dell'inferno come un pescatore parla del mare. Un pescatore che tocca di nuovo la terra ferma quale tempesta mortale vuoi che abbia visto? Non sopravvalutarti, Hazel. Tu non sei Lucia... devi ancora incontrare la tua balena bianca...
    Mentre diceva quelle parole, i piercing sulle sue guance si dissolsero come se fossero stati di sabbia, e il sorriso maligno che ne scaturì di conseguenza fu a dir poco mostruoso: il pallore del suo volto così vicino, il sorriso strappato in maniera innaturale e quegli occhi piccoli, sottili e folli lo facevano sembrare davvero un mostruoso cetaceo pronto a rendere l'esistenza restante di Hazel un inferno che lei non aveva mai conosciuto. La liberò di quello sguardo, allontanandosi di colpo e dandole per la prima volta le spalle, avvicinandosi ad una delle statue che confinavano con Hazel per poter riprendere il discorso. Mentre parlava, accarezzava la statua di una donna gravida infilzata da parte a parte da quella che sembrava una mostruosa ancora vivente.
    Forse sarà banale a dirlo ma lo hai detto tu: sono prevedibile, quindi non fingerò che sia sorprendente. Quello che hai detto su di me è vero. Io sono geloso dei miei giocattoli, e li voglio tutti per me. Quello che non riesci a comprendere è che per me, "giocattolo" non è una definizione negativa. Anzi, trovo molto lusinghiero il fatto che tu riesca a vedere ancorai l bambino che è in me. Sai, io sono stato un fervido cattolico a suo tempo, e quella frase mi è rimasta sempre in mente: «Chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli»
    Mentre carezzava la statua, Thresh infilava le dita nella nuda pietra come se fosse uno specchio d'acqua, senza deformarla ama attraversandola come uno spettro evanescente.
    La differenza tra me e te è che io non fingo di agire per il bene degli altri. Io so per certo di farlo per il mio interesse, per la mia felicità, per le mie pulsioni. Tu invece vuoi solo che Lucia sia la Hazel che non è mai esistita. Io invece voglio essere me stesso, solo così so per certo che Lucia migliorerà. Come posso farla innamorare di me, se la amo e basta e non amo altri che lei, Hazel? Non riesci a capire quanto folle e stupido sia questo ragionamento?
    Thresh tirò fuori le braccia dalla statua, e assieme alle sue dita uscì una strana creatura di carne, filamenti rossi e occhi pulsanti. Sembrava il feto deforme di una mostruosità abissale, di un colorito blu particolarmente spento, alieno, un pallore lunare innaturale. Completamente avvolto da tentacoli biancastri che pulsando diventavano più violacei, quasi rossicci, e quando pulsavano si ingrandivano leggermente. Il nucleo carnoso centrale invece mostrava vistosi occhi che pur essendo grandi non ricoprivano tutta la sua struttura. Non erano "occhi" nel senso stretto del termine, probabilmente non servivano per vedere, si muovevano semplicemente come occhi imitando in modo inquietante quelli degli esseri umani, ma la cui iride risultava completamente saldata, come una macchia di colore schiacciata a terra e deformata in modo innaturale. Tra le dita di Thresh sembrava quasi una creatura normale ma, effettivamente: quell'uomo era enorme, quindi il diametro reale di una simile mostruosità doveva essere all'incirca quanto una testa umana. A quel punto si voltò verso Hazel e tornò a camminare verso di lei, tenendo quell'essere terrificante tra le mani come se fosse un offerta cerimoniale, solenne e molto attento a tenerlo nella giusta maniera.
    Il modo migliore per rendere Lucia perfetta non è rendermi suo... ma spingerla a prendersi quello che desidera. Perché dovrei giurarle fedeltà cieca e assoluta quando potrebbe essere lei a pretenderla una volta abbastanza forte? Capisci? nulla le è dovuto, così come nulla è dovuto a me. L'amore non si prova e basta: si dimostra. E io ho intenzione di provarlo. Quindi no, Hazel... non ho la minima intenzione di ucciderti. La punizione per il pescatore non è il mare... è la tempesta...
    Di nuovo quel sorriso mostruoso ed inquietante, che prese forma appena Thresh concluse quella frase, piegandosi verso Hazel mentre con una mano spiaccicava quella creatura sopra alla corteccia dell'albero. Hazel sentì quell'essere dimenarsi ed emettere un suono dolente simile ad un fischio, ma che ben presto si trasformò in un gorgoglio mostruoso. Percepì il sangue bluastro di quella creatura scivolare sull'albero e grondarle addosso inizialmente senza grandi risultati, poi però l'albero intorno a lei iniziò a muoversi, a pulsare come se stesse prendendo vita. Improvvisamente la parte del corpo di Hazel imprigionata iniziò a sentirsi stretta, come se qualcosa la stesse stritolando. Non era ancora abbastanza da danneggiarla ma avrebbe messo a dura prova le sue ossa.

    Edited by BOLSHAK VS DOOM - 24/1/2023, 08:29
     
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    Se c'era una cosa al mondo che Hazel detestava più dei saccenti che tentavano di ostentare con una parlantina colta i propri mezzi, era essere contraddetta. E se a farlo era un uomo il suo odio si moltiplicava se possibile di più. Il fatto che la creatura dinanzi a lei racchiudesse in un unico essere tutte queste caratteristiche, lo rendeva il suo peggior nemico. Da una parte sarebbe stata quasi contenta dunque, che Thresh non credesse nel suo odio: essere sottovalutata, si sa, rende l'occasione della vendetta ancora più ghiotta e a portata. Dall'altra parte, però -quella un po' più infantile e ben nascosta- l'idea le faceva venir voglia di incornarlo o strappargli la faccia nel modo più brutale possibile, così da ribadire la propria posizione di superiorità. Era un istinto primordiale quasi, molto più forte di lei e, per quanto infantile o sciocco, non poteva farci assolutamente nulla. Per questo non riuscì a nascondere i denti digrignati e un vero e proprio ringhio che sfuggì dalle profondità della sua gola mentre assisteva a quel ridicolo teatrino di lui che si fingeva colpito.
    Ottima interpretazione. Ora hai finito di metterti in ridicolo o continuerai per molto?
    Lo disse, ma lo sguardo diceva tutt'altro, qualcosa che purtroppo comunicò fin troppo bene quanto in realtà essere messa in ridicolo con quel suo spettacolino teatrale la irritasse fin nel profondo. La reazione al dito sporco della sua stessa saliva, invece, fu quasi comica: si limitò a sollevare un sopracciglio e il mento, guardandolo in faccia e quasi sfidandolo a farlo. Se l'avesse ripagata con la stessa moneta, infatti, avrebbe avuto una scusa per ridergli in faccia, per commentare il suo gesto infantile... ma proprio come se lui lo sapesse, si limitò a ripulirsi sui suoi vestiti, procurandole un'espressione di sdegno che la costrinse a distogliere lo sguardo e fingersi annoiata... perché mostrarsi delusa sarebbe stata un'ammissione di colpa e questo, in quella situazione, non poteva proprio permetterselo.
    La reazione iniziale all'aringa successiva invece, fu inizialmente quella di sgranare gli occhi... per poi concedersi una fragorosa risata. Ben poco femminile in effetti.
    Gelosa di Lucia? Io? Lo guardò con un'espressione che sembrava dire "Ma mi hai vista?", pregna di arroganza e sicurezza. Siamo tutti d'accordo che abbia potenziale e che chiunque vorrebbe una madre come me, ma da qui a parlare di invidia… Mi prendi in giro? Quanto al tuo rispetto, ficcatelo pure nel culo per quel che mi ri-
    Ciò che avvenne dopo fu così veloce che i suoi sensi non riuscirono a coglierlo pienamente: un istante prima lo zombie era a una distanza che la demone poteva quasi considerare "sicura", tranquillizzante, e l'istante dopo aveva la faccia praticamente spiaccicata contro la sua. Lo spavento la fece sussultare e la costrinse a tirare indietro la testa e il busto come poteva per cercare di allontanarsi da lui e riprendersi un attimo dalla sorpresa. Impiegò diversi secondi per farlo, il tempo necessario a lui per finire di sputarle in faccia le sue accuse. In un'altra occasione ne avrebbe approfittato per fare esattamente ciò che aveva desiderato in precedenza: strappargli la faccia. Ma in quella... non si mosse neppure. Doveva ammetterlo, almeno con se stessa: riusciva a capire perfettamente perché tutti in quella scuola lo temessero o perché LUI fosse così sicuro che LEI avrebbe ceduto alla disperazione tra le sue grinfie. Non c'era niente, a parte la sua stessa presunzione e autostima, che le permettesse di non considerarsi un insetto al cospetto di un mostro simile. Semplicemente, guardarlo era come osservare una creatura ultraterrena e quando i loro sguardi si incrociarono, così vicini, le sembrò di poter distinguere la sua stessa morte nella profondità di quelle pupille nere, perdendovisi esattamente come quei due, piccolissimi buchi, potessero assorbirla e consumarla per sempre. Ad ogni respiro, il suo petto si alzava e il lento tintinnare di quelle trecce veniva rallentato dalla sua stessa, morbida carne. Il contatto con gli anelli che formavano la sua acconciatura fu devastante. Sembrava quasi potesse ustionarla, tanto che smise di respirare completamente, in modo che il suo seno non potesse sollevarsi più. Fortunatamente, quel contatto non durò per sempre e, per quanto a lei fosse parsa un'eternità, poté tornare a respirare quando finalmente lui si voltò, allontanandosi da lei. Si ricompose, ma non poté fare a meno di mordersi il labbro con un canino, bucandolo per la rabbia di essersi lasciata cogliere di sorpresa ed essersi mostrata così vulnerabile. Le parole dello zombie continuarono a vorticarle nella testa ancora un po' e, proprio come se la sua mente le avesse registrate, riuscì a rifugiarsi in esse per recitare a propria volta una reazione "colpita", sarcastica e divertita... Tutto il contrario di ciò che sentiva realmente.
    E vorresti essere tu, magari... la mia balena bianca?
    Rise. Una risata che non raggiungeva affatto gli occhi ma forse, con lui di spalle, poteva suonare addirittura credibile... per cui cavalcò l'onda, tanto per stare in tema, e aggiunse una provocazione finale che si pentì immediatamente di aver sputato fuori. Pensi davvero che ciò che mi farai, potrà essere peggio delle torture infernali? Ci sei mai stato, almeno? Quanto puoi essere stolto? Vi-Ahcabra.
    Come suo solito, quando era molto agitata, concluse la frase con un insulto in demoniaco che significava qualcosa come "capra sacra", uno strano modo di dire dialettale che ironizzava sulla stupidità di qualcuno, paragonandolo a un animale sacrificale. Se c'era una cosa che le aveva insegnato la vita da demone all'Inferno, oltre ad accusare frustate con grazia, era una sfilza di imprecazioni che stavano così bene in bocca da rendere soddisfacente il solo pronunciarle. Fu quella sciocchezza, che la aiutò a recuperare totalmente la concentrazione, sperando di poter dimenticare anche la sensazione che l'aveva attraversata il semplice guardare negli occhi lo zombie. Provocarlo comunque, non le sembrava una scelta saggia, per questo sperò quasi di non venir udita e che fosse troppo impegnato nel proseguire il suo monologo per ascoltarla.
    Mentre lo ascoltava, Hazel si perse in espressioni disgustate nell'osservarlo mentre accarezzava una di quelle statue raccapriccianti. Nonostante la sua bellezza, Thresh le trasmetteva una sensazione di disprezzo viscerale, interna, quasi per lei fosse paragonabile a un vecchio bavoso panzuto... e non di quelli con corna e cazzi demoniaci a compensare il pessimo aspetto. Certo, quella sensazione svaniva facilmente se ci si concentrava sui dettagli che lo caratterizzavano, come il fisico statuario, e proprio per questo... Hazel non ci si soffermava. Mai. Anzi, sollevava gli occhi al cielo ogni volta che ne aveva occasione, facendoli roteare o vagare per l'ambiente, mentre sbuffava silenziosamente. Ostentava una noia e una serenità che purtroppo non la caratterizzavano poi molto. Non in quel momento di sicuro.
    Citi il vangelo, adesso? Vuoi vedermi bruciare sul posto o solo annoiarmi a morte?
    Doveva assolutamente evitare di guardare che cosa stesse facendo. Non solo perché il suo aspetto era quello che era, ma anche e soprattutto perché temeva di non riuscire a restare calma se avesse iniziato a vedere coltelli, bisturi o chissà quale aggeggio da tortura moderno, quindi preferì chiudere gli occhi e concentrarsi sulle sue parole... parole che risvegliarono tutta la sua indignazione, distraendola accuratamente. Che fortuna!
    Probabilmente è vero, non lo faccio solo per il mio buon cuore, e riverso in Lucia aspettative che... beh, un tempo riponevo su me stessa. Ma con ciò? Voglio comunque renderla una persona migliore e sono disposta a fare sacrifici in nome di questo obiettivo! Questo mi rendere sicuramente più sincera di te. Non provi neanche a seguire ciò che dico, lo dimostra il fatto che parli A ME, di fedeltà e di quanto sia stupido come discorso. Mi fa ridere che pensi che sia questo il mio problema! Sono un demone: le orge e i tradimenti sono il mio dolce preferito. Gioca con quanta gente ti pare! La fedeltà è un costrutto che appartiene al mondo terreno e io non ne faccio parte da tanto... troppo tempo. Ciò che odio di te, invece, mio caro Thresh: è l'ipocrisia! Vuoi tenere solo per te TUTTO il divertimento, privando Lucia dello stesso piacere, come se in fondo non fosse una tua pari, né tantomeno fosse degna -come dici- di diventarlo! Credi che non vi abbia osservati, in tutto questo tempo? Che non sappia come girano le cose in quella scuola infernale, per la creaturina che "ami" tanto? La tieni rinchiusa in una gabbia dorata senza porti il minimo scrupolo. Gabriel... Prendi quel poverino, ad esempio: non lo hai forse ridotto a una mera puttana perché era una chance per lei? Un modo per allontanarsi da te e vivere una vita felice altrove? Per cosa lo hai fatto, se non per privarla di questa possibilità? Una possibilità che non eri TU? Millanti "amore" verso qualcuno che un secondo prima definisci pieno di possibilità e potenziale, tanto da superare te in persona, e subito dopo chiami "giocattolo"! Capisci?! Ti rispetterei quasi, se solo ammettessi che sei un bastardo senza cuore e il tuo amore è artificiale tanto quanto quel tuo corpo da manichino che ti ritrovi… ma no, invece che ammettere questa tua bassezza, cerchi di infilarci in mezzo una morale del cazzo e rifilarla A ME, come se questo potesse aiutarmi a digerire meglio l'enorme menzogna che sono i tuoi sentimenti... BEH, caro mio: NON FUNZIONA. Conosco l'Amore! Quello vero, però. L'ho vissuto su questa pelle! E lasciati dire che il tuo... non è neanche l'ombra, di quell'immenso potere! Concluse quell'arringa, che sembrava fatto appositamente per far venire voglia all'interlocutore di cucirle la bocca pur di farla stare zitta, ansimante ma con un'espressione fiera e arrogante, di chi sa ciò che dice e non è disposto a cedere un singolo passo. Si era mossa tutto il tempo, dimenandosi per l'emozione, come se avesse dimenticato quanto questo avrebbe potuto far piacere a un torturatore come lui... e in effetti, così era stato. Non importava delle sue forme generose che sobbalzavano ad ogni parola sottolineata, del respiro ansante che le metteva in risaltò o della sua espressione accalorata dal sentimento. Sentiva tutto ciò che aveva detto e non sarebbe stata così ipocrita da negarlo. Non come lui. Quindi il sorriso non era forzato, quando concluse, ma lo diventò nel momento in cui vide il suo aguzzino avvicinarsi con in mano quel mostriciattolo terrificante recuperato da chissà dove. A quella vista, la sua espressione divenne ad ogni passo dello zombie un digrignare i denti, più che un sorridere, finché non gli lanciò un'occhiataccia irritata.
    C-che cazzo vuoi fare con quella cosa, adesso? Non sai neanche usare le tue fottute mani per procurare dolore alle tue vittime? Patetico...
    Avrebbe voluto davvero crederci lei stessa, a ciò che diceva, ma la realtà dei fatti è che si sentiva già stanca e provata dal suo stesso discorso. Si era lasciata andare troppo alle emozioni, dimenticando che non si trovava in una taverna a discutere "pacificamente" con qualcuno e che non poteva assestare una testata per sottolineare le proprie ragioni. Ora che invece vedeva lo "strumento" -certamente inaspettato- con il quale sarebbe stata probabilmente torturata, tornò completamente al presente. Sapeva di non aver giocato con furbizia. Un secondo errore della giornata. Non aveva fatto altro che provocare quello che aveva il coltello (o mostro, in questo caso= dalla parte del manico e ora... beh, ne avrebbe pagato sicuramente le conseguenze. Chi prendeva in giro, poi? In fondo, era stata portata lì per farlo divertire fin da principio... che fosse provocatoria come suo solito o facesse la brava per compiacerlo, poco importava. Tanto valeva sfogarsi, no? E mentre lo pensava, pronta a riversargli addosso qualche altro insulto sentito, avvenne una cosa assurda, impensabile. Proprio quando pensava che la situazione fosse irrecuperabile e di essersi appena aperta e sfogata contro un muro, Thresh disse qualcosa di condivisibile. Anzi, no, dire così sarebbe stato riduttivo. Disse ESATTAMENTE ciò che pensava lei riguardo al fatto che dovesse essere Lucia stessa, a diventare in grado di prendersi ciò che desiderava. Non era forse ciò che aveva provato a insegnarle fin dal loro primo incontro? Persino dopo Gil? E non era forse esattamente ciò che aveva ripetuto per l'intera durata della loro permanenza a casa di Adam? E che anzi, stava riuscendo, a piccoli passi a insegnarle? Certo, a piccolissimi passi visto che Lucia, per quel che la riguardava, era un caso difficilissimo, quasi perso... ma qualcosa stava nascendo in lei, una determinazione che lo zombie non aveva ancora avuto modo di conoscere. Colpa sua, in questo caso. Ad Hazel venne da ridere... una risata brevissima, che si spense nell'esatto istante in cui si scontrò con il sorriso malefico di Thresh. La sua espressione si sarebbe dovuta fare seria a quel punto, sconvolta, ma invece si bloccò esattamente così: a metà tra il sorriso mantenuto forzatamente e i denti stretti dalla fatica. In un primo momento non capì cosa avrebbe dovuto provare per il sangue di quel mostriciattolo. Disgustarla non era certo cosa facile da fare con mezzucci simili, ma poi arrivò: la pressione, il respiro mozzato, il petto enorme tirato forzatamente su da tutta la carne che, invece, veniva strizzata dentro a quell'albero infernale. Il sangue blu la sporcò proprio sul décolleté, formando delle macchie che sembravano più due grandi pennellate. Era caldo, bollente... persino piacevole, in effetti, almeno finché non arrivò il dolore. Respirare divenne difficile, parlare anche di più... ma ciò non le impedì di sforzarsi per mantenere la propria, irritante, parlantina. Lo guardò negli occhi, sfidandolo ancora una volta, mostrando quei denti affilati ma al tempo stesso candidi. La stretta delle radici era così forte che ormai ansimava, più che parlare.
    Se solo fosse davvero così... allora vorremmo la stessa cosa. Sarei la prima persona -argh! A essere felice di aiutarti a... insegnarglielo, a "spingerla"... verso un simile obiettivo... se solo... ti credessi. Il problema è che: non sei... affatto gh! Credibile.
    Prese un profondo respiro, cercando di abituarsi alla sensazione che, in effetti, messa così... era quasi piacevole. Si figurò rinchiusa nell'abbraccio accogliente di uno degli amanti mostruosi che piacevano tanto a lei e la cosa la fece ridere, tanto che mostrò un reale ghigno divertito al torturatore che le stava davanti. Poi pensò a ciò che aveva appena detto... e sembrò ancora più divertita, nel guardarlo in viso con aria di sfida. Era assurdo pensare che forse, per assurdo... si stavano azzannando per le cose sbagliate? Che in fondo, molto in fondo, probabilmente volevano per Lucia lo stesso quadro ottimistico? Lo aveva sicuramente immaginato ma diavolo, sarebbe stato fottutamente ironico scoprirlo solo alla fine...
    Quindi... anf, anf... vuoi spezzarmi qualche osso o più... perché ti ho sbattutoh, in facciah, la verità eh? T-tuttoh... quihh? Accomodati, zombieh. Ahah- anf. Fammih, vedereh...
     
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    Hazel non sembrava preoccupata del fatto che il suo dimenarsi e agitare quel corpo perfetto e formoso come un'ossessa divertisse e compiacesse Thresh, cosa che di certo non metteva in difficoltà il torturatore. Perché avrebbe dovuto? Era davvero così che rispondeva ai suoi torturatori? Dandogli esattamente quello che volevano facendo finta però di non volerli compiacere? Per essere una madre e demone immortale quella donna aveva un che di infantile... più che sufficiente per suscitare l'attenzione di Thresh. Quello si che la rendeva degna di pietà. Che senso avrebbe avuto uccidere una creatura del genere? Oh, si, forse per stuzzicare Lucia... ma magari non ora. A tempo debito. Se Hazel aveva anche solo una punta della furbizia che si illudeva di star sfoggiando, l'avrebbe visto quel pensiero maligno e oscuro negli occhi del professore mentre lei gli rispondeva a tono: lo aveva valutato davvero, quel pensiero di ucciderla nella maniera più brutale e dolorosa possibile proprio per innescare qualcosa. Avrebbe dovuto percepire che in quel momento, dalla sua, non c'era solo fermezza e determinazione ma anche... fortuna. Questo come l'avrebbe fatta sentire? Ancora così inossidabile? Quel pensiero riuscì a distrarlo quasi del tutto dai lunghi sproloqui della donna e rinsavì solo quando lo accusò di non saper utilizzare le sue mani, cosa che gli strappò un genuino verso divertito dal naso, seguito da una leggera quanto inquietante risatina mentre scuoteva il capo e continuava la sua opera. Se Hazel voleva pungerlo nell'orgoglio doveva imparare a conoscerlo molto, molto meglio di così. Quando poi finalmente Hazel iniziò a sanguinare ed accusare delle sue "attenzioni", Thresh poté finalmente godersi un sorriso vittorioso, mentre la sentiva accusarlo per l'ennesima volta mentre, per certi versi, quasi condivideva con lui il suo pensiero. Il professore allora le dimostrò chiaramente cosa avesse davanti in quel momento, voltandosi rispetto a lei in modo di rivolgerle solamente l'orecchio destro, indicandolo con le dita della mano allo stesso lato, facendole capire che non aveva capito bene il suo discorso.
    Scusa, ti ho interrotto? Ti ho forse dato l'impressione di essere uno psicologo? Mi lusinghi, ma non sono qui per risolvere i tuoi problemi... ma per i miei. E a me piace farlo a modo mio.
    Quel gesto significava che la posizione di Hazel valeva molto, molto poco. Lei non era un ingranaggio nel suo grande disegno, né una comoda pedina. Era alla stregua di un'erbaccia e non doveva vedere Thresh come un malefico esecutore, un dittatore pronto ad un'epurazione razziale. Era come un bambino che si preparava a bruciare una formica con la lente d'ingrandimento, e non stava facendo altro che scegliere la lente più bella, e il posto più figo per seppellire la sua vittima. Mentre Thresh si preparava a riprendere il discorso, l'albero tornò a stringerla e ci fu davvero poco di cui godere, perché non si limitò solo al busto ma passò anche alle gambe e alle braccia, così da rendere il respiro molto più difficile e concentrare il sangue sulla parte superiore del suo corpo. Gli occhi, le orecchie e le labbra avrebbero iniziato a pulsare, c'era troppo sangue nelle parti sbagliate e stava rendendo tutto molto, molto più difficile.
    Te l'ho già spiegato: no, non ho nessuna intenzione di dividere il mio divertimento con qualcuno... né con te, né con Lucia. Lo faccio per darle la possibilità di prenderselo con le sue mani... e così diventerà forte. Se glielo concedessi non sarei diverso da una vacca che finge di insegnarle a vivere mentre la allatta dalle sue grasse mammelle ricoprendola anche dalle gocce di pioggia. L'egoismo si insegna con l'egoismo, non con l'empatia...
    Stavolta fu lui a lanciarle una frecciatina tutt'altro che velata, non voleva di certo prestarle riguardi, non sarebbe stato una maniera degna per trattare con una preda. L'importante era assicurarsi che Hazel capisse la sua posizione, e che comprendesse a pieno quanto vuote fossero le sue parole davanti ad uno che aveva un compito tanto semplice e chiaro davanti agli occhi. Hazel non era riuscita a tentarlo, a stuzzicarlo, a impressionarlo, ad eccitarlo, a farlo esitare. Sembrava perfino che stessero parlando due lingue diverse ma la cosa non sarebbe durata a lungo. Thresh sarebbe infatti rimasto in silenzio, come se stesse aspettando che Hazel lo interrompesse di nuovo per poter dire la sua e vomitare sentenze ancora più risolute, ma appena avrebbe perso la sua fermezza per prendere fiato e parlare, la creatura sua aguzzina avrebbe approfittato del momento per entrare in gioco: un grosso tentacolo appuntito si sarebbe piantato senza troppi complimenti nel suo buchino posteriore. Improvviso, inatteso, aveva distrutto qualsiasi tipo di ostacolo sul suo cammino e non l'aveva neanche lubrificata troppo, era stata fortunata che qualche pezzo di albero l'aveva fatta sanguinare rendendo quel vermiglio liquido un buon modo per attutire il colpo. Ma probabilmente non sarebbe stato sufficiente: quel tentacolo infatti non aveva proprio niente da invidiare ad un grosso cazzo di quelli che di solito se ne stanno attaccati ad un enorme drago tenuto al guinzaglio di qualche signore della guerra diabolico. Era entrata solo la punta e Hazel poteva sentire chiaramente il suo sfintere gridare, non aiutato minimamente dalla pressione dell'albero che oltre a rendere il suo corpo più sensibile la stava anche stritolando, impedendo ai suoi muscoli di rilassarsi e alle sue carni di dilatarsi. Quella penetrazione non era unica perché estrema, ma perché Thresh la stava colpendo in un modo che probabilmente nessuno le aveva mai fatto provare. La cosa peggiore era che quel tentacolo non si stava comportando come un mero invasore, uno strumento di tortura: si comportava come una bestia da accoppiamento che, spingendo prima in avanti e poi indietro, stava cercando di farsi strada dentro di lei. E più spingeva, più entrava, più rendeva quello stretto buco un maledetto inferno di dolore e piacere per lei. Ben presto il lubrificante non sarebbe arrivato solo da fuori. Conscio di questa posizione di vantaggio, Thresh avrebbe scelto di non mettere fine a quel confronto, non perché la sua vittoria fosse scontata, ma perché sembrava qualcosa a cui Hazel si stava aggrappando disperatamente... e perché togliergliela così presto?
    Ma, ti prego: continua pure... sembra che tu abbia fatto molti compiti su di me. Dici che non posso provare amore? Eppure, dal mio punto di vista, l'amore è il sentimento che mi anima, il più forte che provo e che catalizza tutta la mia esistenza... dove sbaglio? Cosa dovrei fare? Promettere eterno amore a qualcuno e lasciarlo libero di fare ciò che vuole? Questo è amore... Hazel?
    Dammene ancora, o demone... fammi sentire il sapore della tua disperazione.
     
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    Non sapeva bene cosa si fosse aspettata da quella conversazione. Magari cercava un punto d'incontro con un mostro che non aveva assolutamente niente in comune con lei se non i piercing un po' ovunque, o ancora, più probabilmente, era lei stessa ad aver bisogno di sfogarsi e sapeva perfettamente che era l'unica cosa che le restava da fare. In fondo, che alternativa aveva? Se anche si era dimenata, esponendosi e donandogli lo spettacolo delle sue forme sussultanti, lo aveva fatto esclusivamente per sputargli in faccia la sua verità, ritrovandosi davanti un muro di gomma che non faceva altro che respingere le sue parole, rilanciandogliele addosso più taglienti che mai. Quando distinse con estrema precisione l'istante in cui lo zombie valutò di farla fuori mentre la osservava, la sua unica reazione fu sorridere, col sangue che ormai le usciva dal naso per la pressione che il suo corpo stava accumulando. Parlare diventava sempre più difficile, una vera e propria tortura, ma come detto... che altro le rimaneva?
    Dahi... non guardarmi così, zombie! Lucia ne sarebbe... distrutta. È tua abitudineh, cercare di disfarti della gente... per evitare il dialogo? Tipico direi...
    Proprio come se le stesse rispondendo prima ancora di sentirla parlare, ciò che disse le chiuse le labbra un singolo istante, prima di farle sollevare gli occhi al cielo con un chiaro atteggiamento da "ecco, appunto".
    Almeno... Lo ammetti. Dopotuttoh, avevo ragione io.
    Si riferiva al suo essere essenzialmente un bastardo egoista che pensava solo a se stesso: esattamente come pensava. Sentirlo mentre lo ammetteva fu davvero una magra consolazione, ma le diede una piccola scarica di soddisfazione che riaccese il suo ghigno malefico. Una soddisfazione destinata a esaurirsi fin troppo presto, a quanto pareva. La stretta nella quale era imprigionata cominciava a procurarle diversi tagli sulla pelle liscia, ma nessuno di essi era doloroso quanto ogni singolo respiro. Diventava sempre più complicato parlare, figurarsi pensare coerentemente.
    Oh, sì, ti prego... dimmi ancora come dovrei crescere mia figlia dall'alto della sua esperienzah, dai. È proprio il discorso che qualunque donna vorrebbe sentire prima di crepare brutalmente per mano di un dispotico bast-AH! GGH?!?
    La rapidità con la quale l'espressione spocchiosa e le parole pregne di sarcasmo abbandonarono il suo corpo fu decisamente comica: un istante prima se ne stava lì, sempre più stritolata ma comunque decisa a continuare a ostentare la propria arroganza sfruttandola quasi come uno scudo, e l'istante dopo i suoi occhi erano così sgranati da sembrare in procinto di abbandonare le orbite, mentre uno strato di umidità rendeva le sclere ferine dannatamente luccicanti. Poteva sembrare che stesse per piangere quando la sua testa cadde in avanti, così piegata su se stessa che persino la corta frangetta e la chioma bionda divennero capaci di porla in ombra. Anche le sue spalle crollarono, per quanto possibile vista la posizione, e se prima le sue corna erano ritte e dall'aspetto aggressivo, pronte a incorarlo se si fosse avvicinato troppo, dopo quell'attacco completamente inaspettato si afflosciarono d'improvviso, esattamente come un cazzo moscio in una situazione tutt'altro che sexy. Sentì distintamente la cintura di castità che aveva stupidamente indossato per proteggere proprio quel punto allargarsi e andare in pezzi con un forte rumore metallico in un istante, la perfetta metafora per ciò che subito dopo avvenne al suo culo. E infatti, fu costretta ben presto a gridare per il dolore mentre la corolla di carne nascosta tra quelle chiappe perfette si spalancava senza che il suo cervello avesse il tempo di elaborare minimamente la cosa. A quel punto tutto si spense, un po' come cliccare uno di quei stupidi tasti per riavviare quelle dannate macchine infernali che l'età moderna chiamava "dispositivi tecnologici". In un'altra situazione, magari senza che la sua vita fosse a repentaglio e con un amante vagamente meno ripugnante di uno stupido mostriciattolo messo dentro di lei da un mostro ancora più stronzo, di sicuro la demone sarebbe già stata ridotta a una bambola di carne ansimante e senza freni inibitori, capace solamente di chiedere più cazzo con più violenza. Non poteva farci niente, la maledizione che le aveva messo quella stronza a suo tempo comprendeva anche quel dannato punto debole che faceva ribrezzo persino a lei. Ma per "fortuna" in quella situazione, non sapeva bene come, riuscì a formare due o tre pensieri coerenti anche dopo la penetrazione. Per questo cercò di nascondere il più possibile il viso agli occhi dello zombie, rimanendo apparentemente k.o. con la testa ciondolante in avanti, in modo da guadagnare ancora un po' di tempo prima... beh, dell'inevitabile.
    Chihhh... Chi ti- hahhh... i-informat-gh? C-comeh loh s-s-sahh-pevi?
    Hazel era troppo arrogante e sicura per considerarsi alla stregua di un insetto e anzi, si rifiutava di farlo anche di fronte a una creatura come Thresh. Per questo fece quella domanda, perché credeva che l'unica spiegazione possibile a un attacco così sfrontato e inaspettato PROPRIO al suo punto debole, senza intermezzi, fosse una chiara dimostrazione del fatto che, nonostante l'aria di superiorità, lo zombie si fosse informato su di lei. Da una parte la cosa l'avrebbe persino lusingata, se fosse stata in grado di pensarci, ma in quel momento si chiese giusto, in modo incoerente e vago, chi mai avrebbe potuto sapere un segreto tanto intimo e ben custodito. Lucia l'aveva tradita? Iris, forse? Ma soprattutto... importava qualcosa oramai?
    Presto le sue spalle iniziarono a sussultare come se stesse singhiozzando per il dolore, la lei si sforzò con ogni fibra del suo essere di restare in quella posizione rannicchiata, per quanto quel dannato albero lo concedesse. Non voleva assolutamente mostrargli la sua faccia. Non poteva. Thresh era un torturatore, sicuramente aveva voluto infliggerle un dolore incommensurabile con quella mossa, perché certo da un'esperienza così traumatica ci si sarebbe aspettati una reazione disperata, dolorante... non importava cosa gli avessero riferito su di lei. In effetti, inizialmente era parso che persino Hazel accusasse il colpo, sconvolta... ma sarebbe bastato sollevarle la testa per leggerle negli occhi che la disperazione era davvero la terza, quarta... forse ultima posizione nella classifica delle sensazioni che stava provando. A testimonianza di questo, una copiosa quantità di saliva più simile a una cascata iniziò a colare dalle sue labbra appena le spalancò per tentare di parlare. O meglio: di farfugliare la sua risposta. Davvero cercava un dialogo con lei proprio adesso? Che cosa le aveva chiesto, poi? Ah, sì...
    S-sìhh... È... Nnfh. È esattahmente... Ciò... anf- Che... Dovresti fareh... S-seh la amassih, dahvvvveh-
    Forse finché rimaneva coperta potevano sembrare semplici lacrime quei liquidi che le scivolavano sul collo, sui seni e cadevano a terra, candidi come neve, tuttavia... il fluido che le bagnava l'interno coscia di certo erano troppo annacquato per essere semplicemente sangue. Inoltre, era vero: la linfa vitale che stillava dai numerosi tagli che si erano aperti lungo le sue forme giunoniche aveva aiutato la penetrazione parecchio e la cosa non poteva che peggiorare, visto che il suo retto non poteva reggere una simile mostruosità senza un minimo di preparazione o lubrificante. Quindi iniziò a sanguinare direttamente dall'interno, una scena raccapricciante a vedersi, dolorosa oltre ogni immaginazione per chiunque... Ma non per lei. Era una zona così ricca di capillari che bastava un minimo taglietto a perdere ingenti quantità di sangue e quello avvenne piuttosto velocemente, quasi subito, procurando ciò che serviva ad addolcire di moltissimo quella mostruosa intrusione. E, che fosse dannata, il dolore di un taglietto non era NIENTE in confronto al piacere che provava ogni singola volta che aveva la sfortuna di attingere alla sua droga preferita, non importava chi gliela procurasse. Se fossero stati in qualche assurdo racconto erotico probabilmente sarebbe stato persino divertente incappare in una come lei... Una creatura così arrogante e al tempo stesso con un punto debole così ridicolo che era fin troppo facile privarla di qualsiasi volontà, fosse anche il tempo di occuparsi del suo didietro. Sì, sarebbe stato davvero divertente... Se solo quella non fosse la realtà. E Thresh era decisamente l'ultima creatura al mondo, anzi, no, nell'intero universo.... a cui mai avrebbe voluto rivelare quella sua debolezza. Ciliegina sulla torta? Ci sarebbe voluto davvero il minimo sforzo da parte dello zombie per rompere il sigillo che già minacciava di spezzarsi, liberando così la seconda parte della maledizione cui la sua acerrima nemica l'aveva dotata a suo tempo. Si rifiutava di mostrargli quella parte di sé. Non che in secoli di vita non avesse imparato a convivere con la maledizione creata appositamente per umiliarla, di solito non era affatto pudica a riguardo, ma con quel mostro... Non poteva permettersi di offrire un'ennesima parte da torturare. La morte sarebbe stata una fine decisamente più dolce. Quindi, in un ultimo disperato tentativo di resistere agli eventi in modo così patetico e inutile (lei stessa lo avrebbe ammesso se il suo sangue non si stesse dirigendo da tutt'altra parte), si ostinò a tenere lo sguardo basso e la faccia nascosta e cercò di parlare il più chiaramente possibile. Chiaramente... certo.
    Nnnh... T-togli... Togliloh, Thresh. Fah-fallo uscire. N-nohn, non possoh... parlahre, cohsì! È... Da vigliacchih! Ssheih... un vigliahcco?
    Non sapeva neppure se fosse una domanda o un'affermazione... visto che conosceva benissimo la risposta a quello sciocco quesito.
     
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    Con l'aria di un meticoloso studioso che aspettava pazientemente la giusta reazione chimica alla soluzione che aveva preparato, Thresh se ne stava in silenzio davanti ad Hazel mentre lei si fregiava di chissà quale pallida vittoria mentre gli rinfacciava di aver ammesso che gli dava ragione. Il non morto alzò gli occhi al cielo, senza concederle nemmeno un sospiro, limitandosi a domandarsi tra sé e sé cosa mai avrebbe dovuto farsene della ragione in una situazione simile. Le donne come Hazel avevano proprio delle strane priorità. La reazione al suo piccolo esperimento però fu molto più interessante del previsto: Thresh sapeva molto bene cosa poteva risvegliarsi nel corpo di una persona quando un piacere estremo e inatteso viene toccato con le giuste corde, ma ciò che gli regalò Hazel fu molto al di sopra delle sue aspettative. Thresh ammirò quell'espressione e quella totale sensazione di sconfitta con trasporto, lasciandosi illuminare gli occhi da tanto piacere spontaneo e privo di imperfezioni, allargando gli occhi e aprendo leggermente la bocca. Si concesse un sospiro innaturale, quasi mostruoso, ma molto molto sentito, dava l'idea di un genitore che aveva sentito il primo vagito del suo pargoletto e ora non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Nel caso di Thresh però, l'eccitazione di Hazel era così pura e spontanea da accendere anche quella dello zombie, gonfiando la patta dei suoi pantaloni con un'erezione piegata su sé stessa che sembrava gridare disperatamente di essere liberata. Non era visibile a quel punto, ma Hazel sarebbe stata in grado di distinguerne i contorni, a partire dalla lunghezza dirompente fino al rigonfiamento di quei due testicoli alla base che avevano ben poco da invidiare al resto del complesso. Quell'uomo non era enorme solo nel fisico, e quella era una testimonianza più che chiara.
    Cosa? Dirmi cosa, Hazel?
    Chiese, chiaramente distratto. Thresh non sapeva proprio un bel niente del punto debole di quella demone, ma sapeva molto bene cosa piaceva a lui invece, e partire dal suo grosso culo invitante non era che un modo per accendere l'invidia del non morto nei confronti di quell'essere mutaforma, che di sicuro non stava sprecando il dono che lgi era stato conferito: esplorava il retto di Hazel con grande impazienza, pulsando e tremando dentro di lei come un verme che si fa strada nelle sue interiora alla ricerca di altri perversi spasmi capaci di rendere lucidi gli occhi di Hazel. Non gli importava davvero di sapere cosa stesse farfugliando in quel momento, ma il modo disperato con cui cercava di nascondere la sua espressione era decisamente irresistibile dal punto di vista di un torturatore che finalmente stava iniziando a divertirsi. Quindi si avvicinò a lei, curioso, afferrandole la testa non per il mento in maniera delicata, ma per una di quelle corna come se fosse un'animale da soma. Appena la tirò su e poté gustarsi quella faccia sbrodolata nella saliva e nel piacere più intenso, Thresh le mostrò un ghigno malefico e soddisfatto, mentre il suo cazzo tornava a pulsare in quella prigione di stoffa, così forte da sembrare una bestia che cercava di scappare. Era anche abbastanza vicino da permettere ad Hazel di sentirne l'odore pungete: virile, saturo di un'energia diabolica, potentissima, di quelle che i demoni come lei usano per banchettare nei giorni di festa. Il potere di Thresh non era qualcosa che un altro essere sensibile alla magia poteva ignorare. Nonostante quella faccia assolutamente patetica, Hazel riuscì comunque a rispondergli a tono e sebbene quella fosse una risposta capace di scoraggiare Thresh, accompagnata da quella espressione catalizzava molto l'attenzione del non morto su tutt'altro, che si limitò quindi a fare spallucce, concedendole nient'altro che un'espressione di sufficienza.
    Che concetto di amore noioso, senza passione... sicura di essere un demone?
    Non avevano ancora iniziato seriamente ma Thresh sapeva quali tasti toccare per umiliarla a dovere. Esattamente come non sapeva del punto debole di Hazel, Thresh non sapeva nemmeno delle altre "maledizioni" che affliggevano Hazel, ma non sarebbe stato un problema scoprirle: quel mostriciattolo che stava scavando nelle profondità del suo culo con tanta insistenza, perizia e vigore, non la feriva solo per il gusto di scivolare meglio e strapparle stille di dolore e piacere al tempo stesso, ma si nutriva del sangue che Hazel perdeva, succhiandole via energia preziosa e toglierle quindi altre forze. Ben presto, anche senza spezzare il sigillo, Hazel sarebbe stata troppo debole per mantenerlo, e il segreto sarebbe spuntato fuori da solo... con grande compiacimento di Thresh. La lasciò andare permettendole di nascondere quell'espressione patetica sulla sua faccia ed iniziò a camminare intorno all'albero per gustarsi la fase embrionale della sua nuova opera. Era impaziente di vederla germogliare, ma non aveva nessuna fretta, quindi si soffermò ad ammirare la parte superiore del corpo di Hazel completamente priva di forze e quella inferiore invece tesa come una corda di violino, intenta a farsi scopare letteralmente a sangue da un essere di infima levatura. Non contenta gli diede del vigliacco e lo invitò a smetterla, come se servisse a qualcosa, e quando si fermò di nuovo davanti a lei Thresh si concesse una leggera ma sentita risatina, come se quella fosse stata una richiesta a dir poco ridicola. E lo era infatti.
    Hazel... ammiro la tua ostinazione, ma non ti sei per niente resa conto della situazione? Voglio dire, se questo fosse stato un discorso tra persone adulte che cercano il dialogo non ti avrei attirata nel labirinto col preciso scopo di infilarti uno Shambler Dimensionale nel culo... cosa pensi che succederà ora?
    Scosse il capo, sollevando le spalle e rivolgendo le mani verso l'alto, ridacchiando ancora più rumorosamente mentre il suo tono diventava amichevole per una volta. Le rispose a tono riprendendo gradualmente l'espressione malefica che lo caratterizzava, accendendo quel bagliore tetro negli occhi che poco aveva da invidiare da quel folle cosmo perduto che faceva loro da sfondo in quel macabro scenario.
    E va bene... mi arrendo. La nostra distanza pedagogica è insormontabile, ma non sono di certo qui per insegnarti a fare il mio lavoro. Credo che sia giusto che tu abbia la tua opinione come io ho la mia. Quindi ecco cosa ti dico: se quando avrò finito sarai ancora in grado di camminare con le tue gambe allora potrai prendere Lucia e portarla quanto più lontano possibile... sempre se lei te lo permetterà, ovviamente. Io posso arrendermi sul cambiare la tua opinione... di certo non posso cambiare la mia...
    E nel dire ciò, vicinissimo a lei, afferrò le estremità dei suoi pantaloni per poterli finalmente aprire. Ciò che Hazel si ritrovò davanti non era assolutamente catalogabile come "umano": un'asta nodosa, che sembrava fatta di fasce muscolari, e forse proprio ad un braccio andava paragonata. Pallida nella sua lunghezza ma completamente riempita da enormi vene pulsanti piene di liquido nero così cupo da risultare evidente anche sotto la pelle. La cappella aveva un colorito vagamente più scuro, dall'aria quasi mostruosa, ed era così ampia e tozza da somigliare quasi alla testa di una creatura, più che al pene di un essere umano. A renderlo ancor meno riconoscibile c'erano delle escrescenze callose simili a delle vere e proprie corna sottopelle, che in maniera ordinata dividevano quella grossa asta in tre formando delle linee coerenti su tutta la sua lunghezza, ai lati della parte alta e una fila invece perfettamente nella parte inferiore. Un paio di grossi anelli d'argento decoravano la parte finale della sua virilità dalla parte bassa, vicinissima ai testicoli, e un altro anello identico ai primi due ma più grande se ne stava invece appeso proprio in quella sacca di carne virile. Che "sacca" in quel momento era un termine assolutamente inappropriato: i testicoli di quell'uomo erano turgidissimi, ingrigiti dalla pressione della carne, risultavano pulsanti alla vista non solo perché avvolti da grosse vene sanguigne ma perché parevano proprio dei mostri vivi pronti a pompare tutta la loro linfa dentro una carne fertile. La possanza di quella belva era tale da eclissare completamente qualsiasi cosa facesse da sfondo allo sguardo di Hazel, era un sesso colossale, che forse non reggeva il confronto con altri "virili arnesi" che facevano parte della collezione di Hazel, ma di sicuro aveva qualcosa di unico: la demone poteva percepire da quella mazza un'energia oscura intensa, rara, potentissima. Sembrava quasi che anche solo quella parte del corpo potesse esercitare una pressione energetica opprimente di quelle che i demoni di alto rango potevano infliggere con il mero sguardo. Di sicuro le sue dimensioni e la sua intensità non erano che la punta di un perverso e malvagio Iceberg che pareva deciso a testare la sua resistenza. Quale dei loro concetti di "amore" avrebbe avuto la meglio?
     
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    Thresh non capiva. Proprio perché Hazel CONOSCEVA la situazione, si stava appendendo ad ogni barlume di razionalità rimastale per non cedere all'umiliazione più cruda. Ma in fondo, lei stessa si rendeva conto secondo dopo secondo, spinta dopo spinta, di quanto non avessero il minimo senso i suoi sforzi. Perché si sforzava tanto di resistere? Aveva passato decenni, secoli anzi, intrappolata all'inferno a fare da concubina ai demoni più disparati, subendo umiliazioni tra le più disgustose senza batter ciglio e anzi divertendosi anche, tutto con l'obiettivo finale di fuggire e tornare da suo figlio... e ora non riusciva a gestire LUI? Solo perché era uno zombie con poteri quasi ultratterreni? Non era forse la prova che avesse ragione lui? Quando le chiese se fosse davvero un demone fu come incassare un pugno allo stomaco e il gorgoglio che le sfuggì dalle labbra colanti di saliva somigliò effettivamente a un mugolio di dolore soffocato. No, non c'entrava niente lo Shambler nel suo culo. Non totalmente perlomeno. Da quando... Aveva perso di vista la passione? Lei stessa non era forse terribilmente egoista con i suoi protetti? Non amava con egoismo a propria volta, volendo i propri amanti tutti per sé? Era solo perché si parlava di Lucia che non era riuscita a essere dalla parte di quel bastardo, no? Perché davanti a qualsiasi altra persona al mondo si sarebbe procurata birra demoniaca e carne di drago al sangue e avrebbe assistito con gioia allo spettacolo, dalle quinte, senza fare un bel niente. Ahhh, forse era l'influenza di quel dannato angelo che l'era piombato in casa di recente ad averla resa una simile pappamolle! Ma certo, se non fosse stato per Iris, non si sarebbe sicuramente ritrovata in una situazione tanto imbarazzante… o almeno le piaceva crederlo. Era sempre facile riversare la colpa su qualcun altro dopotutto. Soprattutto mentre uno "Shambler Dimensionale" cercava di trapanarle il culo... e il cazzo migliore che avesse mai visto le si parava davanti agli occhi senza preavviso. Aspetta- Cosa? Quando venne afferrata per le corna Hazel era ancora sconvolta da ciò che aveva intravisto per tirar su le difese in tempo, tanto che le sfuggì un mugolio entusiasta nel sentire le dita strette intorno al corno sensibile. Le si rizzò la coda, ogni singolo pelo in essa scattò sull'attenti come se fosse spaventata, ma subito dopo anche quella parte di lei iniziò a fremere quasi volesse mettersi a scodinzolare e solo per miracolo non iniziò a ondeggiare in modo indecente. Il ghigno malefico che si ritrovò davanti la riportò appena un momento alla realtà, facendola rabbrividire, e Thresh avrebbe potuto notare distintamente la sua pelle bronzea incresparsi in ogni centimetro del suo corpo, dai pori della fronte ormai ricoperta da goccioline di sudore, alle braccia muscolose tese per lo sforzo, fino e soprattutto sugli enormi e gonfissimi capezzoli che penzolavano dal suo seno sproporzionato, premendo sulla stoffa del suo inesistente abbigliamento come se potessero lacerarlo da un momento all'altro. Hazel stava perdendo ogni volontà di opporsi al suo triste destino e anzi, ogni pensiero coerente minacciava ogni secondo di abbandonarla e probabilmente erano solo le cosce strette in quella prigione a impedire al sigillo di rompersi e far uscire la sua più grossa vergogna. Se davvero si fosse arresa sarebbe stato noioso per lo zombie... ma fortunatamente un demone come lei non era così facile da distruggere. Lo stesso non si poteva dire purtroppo della sua strafottenza. Thresh avrebbe potuto vedere distintamente le sue narici fremere quando si avvicinò così tanto e quell'odore pungente iniziò fin da subito a darle alla testa. Quando la lasciò non poté neppure tirare un sospiro di sollievo, perché si ritrovò di nuovo davanti a quell'affare assurdo che premeva compulsivamente contro la patta dei suoi pantaloni per liberarsi. La sua espressione divenne un po' meno ebete, in qualche modo le parole del nemico riuscivano a tenerla ancorata alla ragione, ma non sapeva ancora per quanto. Ciò che disse la fece irritare ancora una volta, ma dalla sua posizione il massimo che poteva vedere lo zombie non era il suo sguardo che tentava, tra una colata di saliva e l'altra, di incenerirlo, quanto più il suo culo gonfio che ondeggiava ad ogni affondo perverso e frenetico, gridando praticamente di essere sculacciato. La sua pelle era ormai lucida e sbrilluccicante per lo sforzo di trattenersi che stava durando decisamente troppo, e quando ebbe finito di ascoltare quell'ultima arringa, nonostante l'irritazione, tutto ciò che riuscì a pensare fu che non poteva sprecare la possibilità che le veniva concessa.
    G-grazieh... della ngh... gentileh concessione. Ah-accettoh... l'offertah.
    Avrebbe voluto ostentare tutto il proprio sarcasmo ma le parole oramai le uscivano dalla bella bocca sottoforma di gorgoglii ansimanti, seguiti subito da un fiotto colante di saliva e umori, che ormai imbrattavano completamente anche l'inquietante piramide dov'era intrappolata. P-però... non puoi... romperle... o tagliarle. Sah-sarebbe come bah- Non sapeva esattamente cosa le avesse dato la spinta per aggiungere quella clausola non scontata, a cui probabilmente non sarebbe stata tenuta fede esattamente come quel "patto", ma qualsiasi cosa le avesse concesso quel barlume di ingenua furbizia, si sciolse come neve al sole insieme alla sua espressione che divenne semplicemente sorpresa; quasi imbambolata. Oh!
    Fu l'unica espressione che riuscì a fare. Per un attimo si sentì sul baratro dell'orgasmo solamente a quella vista, tanto che strinse le cosce ancora più forte della loro prigione, se possibile, rimandando così il piacere ancora una volta. Come poteva ragionare con un affare simile davanti alla faccia? Ma soprattutto... doveva? Si era dimenticata il motivo. L'unica cosa che riuscì a fare fu leccarsi le labbra. Di sicuro odiava l'individuo a cui quell'affare era attaccato ma quello... beh, rimaneva comunque uno spettacolo inaspettato e decisamente gradito. Sembrava quasi che fosse QUELLO l'artefatto magico a cui aveva dato la caccia e con la poca logica che le restava in quel momento le venne quasi da pensare che attraverso esso avrebbe avuto il potere che cercava. Probabilmente stava solo vaneggiando.
    Seh... adessoh... abbiamo finitoh... di chiacchierare. Ti andrebbe di sostituire quello stu-gh-pido mostricciatoloh, con un m-mostro più grosso? Sahi, mi sta... facendo... il solletico.
    Non era vero. Lo sapevano entrambi. Ma sollevò comunque lo sguardo a guardarlo, mordendosi il labbro per non perdere controllo sulla lingua che iniziava a penzolare fuori dalla sua bocca invitante ad ogni minima occasione.
    Se non potevano ragionare, non potevano venire a patti, capirsi, né tantomeno le avrebbe concesso la misericordia... tanto valeva divertirsi, proprio come aveva fatto all'Inferno. Si rifiutava di godere per un mostriciattolo da quattro soldi, senza contare che nascondere la rottura del sigillo allo sguardo dello zombie continuava a non dispiacerle come idea. Anche con il cervello (quasi) completamente fottuto, le rimaneva uno straccio di vergogna: che cosa buffa. Non che quella reticenza sarebbe durata molto: ormai iniziava a dimenticare con precisione perché si fosse ostinata tanto a impiegare le forze in quel battibecco inutile, quando per tutto quel tempo aveva avuto davanti agli occhi la soluzione a tutti i loro problemi.
     
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    Vederla così confusa e con lo sguardo immerso nei pensieri era davvero appagante: Thresh si accontentava di poco durante le sue torture ma quando riusciva a stordire le sue vittime al punto che non riuscivano più a parlare era sempre una soddisfazione. Shambler o meno, ovviamente. Uno come lui si sa prendere tutti i meriti anche quando non se li merita. Fu quasi un peccato vederle cambiare espressione quando Hazel si ritrovò davanti il grosso membro del professore, quasi scodinzolando di fronte ad una visione tanto intrigante per lei. Ma anche in quel caso, Thresh si concesse un piccolo sorriso di vittoria che fece tremare la sua verga come un braccio teso di fronte all'esposizione di una gara tra fisici scultorei. Hazel non poteva fare altro che accettare l'offerta del non morto, se così si poteva chiamare, un pò come se ci fosse la possibilità che quella donna non impazzisse per lui trasformandosi nell'ennesimo rivale per Lucia. Dover gestire madre e figlia poteva essere impegnativo per uno come lui ma... era inutile sospirare falsamente: Thresh amava FARSI le famiglie. In tutti i sensi. L'unica richiesta che avanzò la donna fu chiedergli di non tagliarle le gambe con cui avrebbe dovuto vincere la sfida, e il professore sospirò fingendosi deluso, scuotendo il capo e rispondendole annoiato.
    Un gran peccato... sono un mago col coltello. Ti farò ricredere, vedrai.
    E proprio a quel punto Hazel, cedendo completamente al fascino del non morto e dei suoi metodi, chiese in maniera fin troppo pacata per le orecchie musicanti di Thresh di scoparle il culo come quello Shambler non sarebbe mai riuscito a fare. Appena lo fece, il non morto girò la testa verso di lei, prestandole orecchio ed inspirando con le narici come se avesse appena assaporato la fragranza migliore del mondo. Non scansò però la sua verga da lei, facendola pulsare vigorosamente mentre il tentacolo dello Shambler affondava con maggiore decisione, e quasi facendo il verso al sesso di Thresh pulsava forte, stuzzicandola dall'interno e affamandola ancora di più.
    Non sono sicuro di aver capito bene, mia cara... mi stai forse chiedendo di privare il mio amico di un dolce piacere assieme a te... e donarti il mio grosso cazzo?
    Non usò mezzi termini e anzi, scandì quelli più scabroso con decisione, mostrandole la bocca mentre pronunciava quella frase con tono profondo, malefico ma anche seducente. Deciso a non ricevere un NO come risposta, Thresh afferrò con maggior forza quelle corna maliziose, spingendola contro la sua verga fino a che non sfiorò le sue labbra, e con la mano destra stretta sulla base mosse il suo cazzo per martellarle quella faccia scontrosa. Sulla guancia, sul naso, sulle labbra. Hazel avrebbe avuto la sensazione di venire schiaffeggiata perché quell'arnese era davvero esagerato, degno di un demone, di un drago o qualsiasi orrore potessero partorire quelle due cose messe assieme. Poi lasciò la presa dalla base, lasciandolo fermo ed eretto davanti a lei, puntandosi un dito sullo scroto turgido e gonfio, per poi risalire fino alla punta mentre scandiva sempre più lentamente le sue parole.
    Perché se davvero vuoi che questo cazzo ti fotta nel culo... dovresti chiederlo gentilmente, leccandolo dalle palle fino alla punta, e dopo aver dato un amorevole bacio proprio qui, dovresti supplicarmi di scoparti come la troia che sei diventata all'inferno...
    La fissò dritta con quegli occhi malevoli, inquietanti e seducenti mentre le lanciava quel monito perverso. La sua voce cavernosa rimbalzava come se quella cassa toracica fosse la spelonca di un mostro impaziente di divorarla in un sol boccone dopo aver abusato del suo corpo in maniera inconcepibili e blasfeme.
     
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    In un altro contesto Hazel avrebbe sollevato gli occhi al cielo rispondendo un secco "Ne dubito fortemente" al commento del non morto sulla propria abilità coi coltelli, ma in quella precisa situazione l'unico modo che aveva la demone per sollevare gli occhioni al cielo era ribaltarli per il piacere che cresceva, con tanto di folte ciglia tremolanti. Era davvero difficile starlo ad ascoltare e inseguire un qualche tipo di pensiero coerente quando l'unica cosa a cui riusciva a pensare era il cazzo di un mostriciattolo da quattro soldi che pompava con fin troppa foga dentro al suo anfratto più sensibile. Cercare di non sbavare le richiedeva tutto il proprio controllo dei muscoli facciali, ma non stava facendo un buon lavoro: la saliva le colava dagli angoli delle labbra gonfie fino al seno ancora severamente costretto dentro quella biancheria da combattimento che decisamente si stava rivelando inutile nel tenere ferme le forme generose di cui la natura l'aveva dotata, forme che ad ogni singolo sussulto o gemito si gonfiavano ancora di più, fremendo e ondeggiando oscenamente. Sentiva di aver completamente finito il tempo per le chiacchiere e per questo aveva fatto quella richiesta allo zombie, non solo perché desiderasse il suo cazzo (o qualsiasi cosa potesse porre fine alla sua agonia), ma anche e soprattutto per concedersi un ultimo moto di pudore e coprire un minimo l'imminente orgasmo. A quanto pareva però quel mostro maledetto non aveva intenzione di concederle neppure quella gioia: temporeggiò ancora, un tempo che lei decisamente stava esaurendo, chiedendole di essere più esplicita nella sua richiesta e di succhiargli il cazzo neanche dovesse sigillare con le labbra una dannata missiva da consegnarli. Era odioso... così odioso che avrebbe voluto spaccargli la faccia, se solo il suo corpo non si fosse trovato in uno stato tale di eccitazione che il fatto stesso di essere brutalizzata la eccitasse ulteriormente.
    M-mi chiedevo... gh-giusto se... ti portassi... la parlata da lord... anche a letto. Lietah... che non siah... così.
    La sua parlantina irritante sarebbe dovuta servire a qualcosa, in teoria, ma l'unico reale risultato sarebbe stato quello di rendere ancora più invitante l'idea di soffocarla e farla tacere, probabilmente. Il peggio? Nell'istante in cui la demone abbassò gli occhi ancora una volta per guardare il cazzo che avrebbe dovuto leccare le sue sopracciglia si aggrottarono e una leggera ruga si formò sulla sua fronte mentre le palpebre si abbassavano "inspiegabilmente". Sapeva fin troppo ben che nell'istante in cui l'avesse assaggiato sarebbe stata completamente persa... e probabilmente per questo, la sua "gentile richiesta" fu più un ordine biascicato con voce irritata.
    Scopami... il culo... dannato zombie.
    E poi fece esattamente ciò che lui aveva richiesto: avvolse quell'abominio con la lingua dalle palle fino al glande. Non aveva neppure bisogno di muovere la testa perché semplicemente la sua lingua demoniaca era abbastanza lunga da avvolgere completamente ogni singolo centimetro di quell'enormità, partendo dal strizzargli le palle in una specie di simbolo dell'infinito, leccandogli il perineo e premendovi contro per stimolarlo, arrivando al contempo per tutta la lunghezza fino a circondare il glande con le labbra carnose. Lo fece con immensa maestria e dedizione... almeno finché le sue labbra non si chiusero in un tocco finale proprio sulla punta, e lei fece l'enorme errore di succhiare sentendo dunque il sapore dello zombie. Fu la fine. L'espressione di Hazel si fece completamente patetica e la richiesta di essere scopata venne completamente dimenticata. Piuttosto, la demone soffocò un grido disperato provando a infilarsi il cazzo completamente in gola, perché semplicemente aveva bisogno di averne di più, dimentica che accogliere una simile abnormità l'avrebbe potuta facilmente soffocare fino alla morte. Nello stesso istante, la schiena si inarcò e Thresh avrebbe potuto osservare le sue natiche tremare e la sua coda sollevarsi rigida e con ogni singolo pelo ritto mentre il suo culo oscenamente spalancato da un cazzo che, ahilui, non era il suo, iniziava a pulsare entusiasta per un orgasmo che, già solo dalla visione e dalle grida soffocate, sembrava assolutamente intenso. Il sigillo che tanto aveva sperato di non spezzare si ruppe con un suono magico acuto, simile a vetri rotti e da esso un membro ridicolmente lungo per il corpo della donna schizzò in alto iniziando a ondeggiare oscenamente mentre eruttava, imbrattando totalmente non solo lei stessa, fino alla faccia e al seno, ma anche il terreno e le cosce stesse dello zombie. Cosce sulle quali per inciso si sarebbe sicuramente aggrappata fino a graffiarle, se solo avesse potuto.
    Nnngh... NNNNH....
    Avrebbe voluto dire "Non guardarmi", forse... ma era davvero possibile non guardarla mentre veniva in quel modo vergognoso, e al tempo stesso si strozzava volutamente col cazzo dell'uomo che "assolutamente" "odiava" e mai avrebbe voluto avvicinare?
     
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    Un ampio sorriso malefico si stampò sul volto del non morto mentre ancora, imperterrita, Hazel gli rispondeva a tono quando era oramai evidente che non desiderasse nient'altro se non farsi scopare come una vacca da monta dal suo enorme e impaziente cazzo. Ma era davvero divertente vederla sforzarsi tanto, non poteva negarlo, e per questo assecondò quel gioco di impazienti attese fino alla fine, pulsando dispettoso davanti ai suoi occhi per farle vedere quanto grosse e impazienti fossero le vene che circondavano quella virilità. Si poteva quasi sentire il sangue scorrerci dentro per quanto erano gonfie, e poteva essere tutto di Hazel... doveva solo cedere. E non ci mise molto a farlo. Più delle sue parole, fu importante il modo in cui divorò quella verga: la devozione verso quel cazzo imponente e durissimo testimoniava quanto in realtà quella diabolica donna avesse bisogno di sentirlo dentro di sé, e Thresh non fece assolutamente niente per nascondere il suo compiacimento: sollevò lo sguardo verso l'alto anche se solo per pochi istanti, mentre un verso di piacere osceno e profondo come il ruggito cavernoso di un mostro sfuggiva dalla sua gola facendolo tremare dal piacere. La bocca di una creatura diabolica era davvero sensazionale, una prigione oscura particolarmente pericolosa, soprattutto quando le zanne affilate di un demone sono rese più affamate dalla necessità di rigenerare le sue ferite. Ma Thresh non poteva fare a meno di quel brivido e si beava piuttosto di quel flusso magico sanguigno e perverso che tratteneva disperatamente il corpo della sua vittima in una forma ideale. Il non morto conosceva bene ogni punto debole di quella razza dannata, e non vedeva l'ora di scoprire quelli che celava anche Hazel. Quando tornò a guardarla si lasciò sfuggire una risatina, perché non era passato nemmeno un secondo e Hazel aveva già sacrificato la sua lingua per dare spazio invece alla sua gola.
    Ahahaha... ma come? Neanche il tempo di alzare lo sguardo e hai già quell'espressione? Pensavo potessi infilzarmi fino alla morte pur di togliermi di mezzo ma da quello che vedo... ciò che vuoi è solo farti infilzare...
    Commentò divertito, mentre col bacino si spingeva in avanti e assaporava la gola della sua vittima serrando i denti intorno al labbro inferiore, trattenendo i gemiti. Ma non riuscì a farlo con i suoi spasmi che presero a pulsare direttamente nella sua gola, e resero tutto ancora più piacevole. Cercò di trattenersi, e per quanto fu difficile non darlo troppo a vedere, Thresh si concentrò più sulla sua faccia che non sulla goduria che si stavano scambiando, ben conscio che presto quella disperazione l'avrebbe colta in maniera naturale, guizzando il giusto dentro di lei e facendole sentire contro la gola ogni singola escrescenza carnosa e tutte le vene bollenti che voleva farle assaporare. Con calma, senza fretta, anche se la voglia di farsi baciare il pube e lo scroto da quelle morbide e oscene labbra mentre la punta del suo cazzo le finiva direttamente nello stomaco era tanta. Ma prima che potesse cedere a quel richiamo osceno, Thresh venne totalmente distratto da qualcosa di imprevisto: un sigillo magico che esplodeva, e assieme ad esso anche l'eccitazione di Hazel, portata ad un orgasmo incontrollato. La cosa più eccitante per Thresh non fu scoprire che c'era un altro grosso cazzo di cui occuparsi, né tanto meno l'orgasmo osceno e privo di controllo di Hazel. Ancora una volta, la cosa migliore e che rese la verga del non morto dura come la roccia, fu lo sguardo di Hazel. La perversa e disperata supplica di non guardarla mentre perdeva totalmente la sua dignità e si arrendeva alla vergogna di aver perso su tutta la linea.
    Che vergogna... Diceva lui, afferrandole la frangetta per la fronte e tirandola a sé, eccitato come non mai e con i denti serrati dalla foga ... e dovresti essere una madre? Tu? Incapace di trattenersi, con la gola piena di cazzo mentre viene in maniera oscena e spreca questo calore meraviglioso per il terreno e le gambe... disgustosa...
    Spinse con il bacino in avanti facendo sparire quel cazzo enorme dentro la sua gola. Le labbra di Hazel si riempirono di saliva così densa che sembrava schiuma, la gola divenne gonfissima e pulsava al ritmo di quel fallo ridicolo, mentre la punta si abbatteva disperatamente contro l'entrata del suo stomaco pronto a farla esplodere. Il pube muscoloso e tutto il ventre d'acciaio del non morto faceva da rampa di lancio per lo sguardo di Hazel verso gli occhi folli di eccitazione e di soddisfazione di quel non morto, mentre le sue palle gonfie e turgide si dimenavano come bestie affamate pronte a darle la sua ricompensa.
    Tu non meriti di essere sua madre... ma so io cosa sei degna di meritarti, invece...
    Serrò la presa sui capelli e sembrò volerla strozzare con quella posizione, poi senza alcuna premessa iniziò a muoversi, tenendola stretta a sé come se quella frangia fosse l'impugnatura di una sella, e lui stesse cavalcando la bestia disperata che si era arresa a lui. Iniziò a fotterle la gola così forte che il tentacolo dall'altra parte iniziò a farsi indietro, gradualmente, così che non solo non avrebbe avuto ancora il cazzo di Thresh, ma anche quel poco di piacere che aveva assimilato fino a quel momento le sarebbe stato privato, sostituito in toto dal sapore osceno di quella verga e l’ineguagliabile oscurità che la attraversava. Il potere di quel mostro era immenso e glielo stava concedendo tutto nella maniera più perversa possibile. Cedette di sua iniziativa, rallentando gradualmente ma senza perdere vigore, non gli interessava dimostrarsi virile oppure invincibile, quello che voleva era vederla crollare, scendere verso un piacere che non poteva controllare e di cui avrebbe sentito sempre di più il bisogno. Hazel lo avrebbe sentito pulsare dentro la sua gola mentre gradualmente grumi densissimi e bollenti di seme attraversavano il suo cazzo e si riversavano dentro di lei. Era molto più denso del normale e veniva spinto direttamente nel suo stomaco. Non ci sarebbe stato dentro per molto, perché farlo traboccare era un gioco da ragazzi, e anche quando le narici e la gola di Hazel ne sarebbero stati pieni, allora l'avrebbe vista con la vera faccia del piacere.
    Bevilo... bevilo tutto... non sprecare neanche una goccia e ti darò esattamente ciò che mi hai chiesto... dimostrami quanto lo desideri...
    Non l'avrebbe forzata troppo, perché sapeva che esagerando avrebbe reso quel compito impossibile. Piuttosto si sarebbe fatto gradualmente sempre più indietro, venendole non solo nello stomaco ma anche in gola e direttamente sulla bocca una volta che se la sarebbe ritrovata davanti, schizzando in faccia e sulla frangia di Hazel gli ultimi fiotti che le colarono sulle corna trasformandosi in una maschera oscena. Gliene aveva dato abbastanza per riempirsi lo stomaco, ma non per vomitarlo tutto per l'eccesso. Poteva davvero berlo tutto, e Thresh si assicurò di impugnarla per una di quelle corna per assicurarsi che lo facesse mentre lo fissava dritto negli occhi, con davanti quella mazza mostruosa che turgida anche più di prima si preparava ad esaudire la sua richiesta.
     
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    Se solo non fosse stata impegnata a venire in quel modo patetico e godere come la folle che era, Hazel si sarebbe sicuramente impegnata per strappargli quel cazzo magnifico a morsi... o almeno era ciò che le piaceva pensare. La realtà dei fatti era che ormai aveva il cervello completamente in pappa e l'unica cosa su cui riusciva a concentrarsi per più di pochi secondi era quanto fosse bella la scena a cui stava assistendo e quanto fosse piacevole il cazzo del mostriciattolo che aveva così aspramente giudicato. Doveva dare atto almeno di una cosa a Lucia: Thresh era sexy. Una di quelle bellezze statuarie, più simile a una scultura partorita dalla mente malata di un artista dannato che a un David di Michelangelo forse, ma proprio per questo di suo gusto. Così "di suo gusto" che guardarlo mordersi le labbra con il suo cazzo completamente infilato in gola le regalò un ennesimo spasmo al sesso ridicolamente lungo, finendo per farlo ondeggiare ancora un po' in quell'orgasmo che sembrava non finire mai. Puntualmente, ogni singolo spasmo del suo sesso affamato, più simile ormai a un rubinetto rotto, si rifletteva su una stretta del suo anfratto alla verga del mostro che la fotteva, un processo che purtroppo Thresh non poteva godere sulla propria pelle ma a cui sicuramente, dalla sua posizione di vantaggio, poteva assistere senza perdere un singolo particolare. Hazel era di certo un essere irritante per lui, come lo zombie di rimando lo era per lei, ma aveva un corpo incredibile. Ogni singola spinta, ogni spasmo, si rifletteva sul suo culo marmoreo facendo ondeggiare le sue natiche in onde perfette che quasi imploravano di essere morse, e lo stesso facevano i suoi enormi seni, ancora stretti in quel corsetto che la faceva sentire oppressa quasi più dell'albero che minacciava di spezzarle la schiena. La sua pelle cioccolato era imperlata di sudore e risultava lucida e ancor più invitante, quasi fosse ricoperta di salsa come un piatto da divorare, percorsa in punti strategici da quei perversi rivoli di sangue in grado di risvegliare la fame di carne persino in un umano, figurarsi in un non-morto come lui. Anche Hazel, del resto, sentiva una gran fame, solo che l'unico modo che aveva per sfogarla non era mordere quella carne deliziosa, ma dimenticarsi della vergogna per succhiarla avidamente, strizzando le palle con la sua stessa lingua come se stesse non solo supplicando lo zombie di sborrarle in gola, ma costringendolo. La sua abilità era innegabile: per quanto ogni tanto un canino potesse sfuggire al suo controllo e farsi sentire durante il tragitto, era capace di accogliere il cazzo completamente dentro di sé, fino a gonfiarsi esofago e guance, e guardare Thresh con le lacrime agli occhi, facendo al contempo vorticare la lingua per la sua intera lunghezza. Non sembrava importarle che così facendo finiva per spingersela in gola da sola di rimando, anzi, sembrava quasi che Hazel volesse che lo zombie si godesse lo spettacolo della sua gola che si gonfiava ritmicamente, mentre lei tratteneva con maestria ogni singolo conato, riempendosi la faccia di lacrime e saliva, quasi contasse di più offrirgli una bella vista che non strozzarsi da sola. La verità più cruda, che mai avrebbe rivelato e che era ben lieta che il nemico non potesse sapere, era che se solitamente il suo punto debole era semplicemente anche solo un misero giocattolo nel culo, ora era stato quel cazzo pregno di energia a mandarla completamente fuori di testa e darle il colpo di grazia. E per quanto fosse pericoloso desiderarlo ne voleva ancora. La sua personalità del resto era terribile e ogni volta che le parlava, trattandola come una meretrice qualsiasi, aveva voglia di morderlo forte e i suoi denti provavano effettivamente a serrarsi... senza riuscire ad avanzare di mezzo millimetro. Si ritrovò con gli occhi ribaltati e la lingua quasi strappata dalla base mentre la cappella di quel mostro raggiungeva il suo stomaco, lo violava e provava a spingere via anche il mostriciattolo che la stava scopando. Non sapeva neppure se fosse uscito o meno, perché l'unica cosa che riuscì a sentire era il cazzo di Thresh che le scavava dentro promettendo di darle il seme che tanto aveva agognato e che ora, soffocata da quel groviglio di carne, non era più tanto sicura di volere davvero. Se solo fosse stata libera probabilmente lo avrebbe respinto, graffiato a morte fino a farsi il bagno nelle sue stesse interiora, se solo avesse potuto... ma l'unica cosa che testimoniò il suo desiderio improvviso di fuggire furono le braccia strattonate fin dove poteva e il petto che sobbalzava ad ogni tentativo. Ottenne solo di prenderlo di più, di sentirlo di più, finché non le parve che le invadesse anche il cervello, come un fungo o una muffa infestante. E nonostante il dolore della lingua ormai intrappolata dalle sue stesse membra e il senso di perdita per lo Shambler dimensionale che si faceva da parte, finì per mugolare e assumere un'espressione degna del modo in cui la stava trattando. Una lurida meretrice che aveva bisogno di una cosa che solo lui poteva darle. Dapprima fu la sensazione di calore allo stomaco che si gonfiò immediatamente, mozzandole il fiato, un po' come un palloncino alla sua prima dose d'ossigeno, poi fu la volta dell'esofago che si allargava per il seme che risaliva e della lingua che di rimando ne assaggiava per la prima volta il sapore. Le sue pupille iniziarono a tremolare insieme alle ciglia, i suoi occhi erano ormai ribaltati per la totale perdita di senno e se anche la sua erezione aveva smesso di traboccare ormai da tempo, ebbe più di un sussulto durante quel processo. Se la corolla di carne tra le sue natiche fosse stata ormai libera, per quanto gonfia e leggermente schiusa, l'avrebbe potuta vedere contrarsi per il bisogno di subire la stessa fine. E solo quando finalmente il seme traboccò dalle sue labbra schizzandole dal naso con un rumore imbarazzante, Hazel riuscì a guardare lo zombie mentre il suo bacino si faceva indietro e gli addominali scolpiti si contraevano per lo sforzo. Qualcosa nella sua mente si ruppe. Era quasi possibile sentire il rumore degli ingranaggi che si fermavano bruscamente, o forse era semplicemente lei a essere impazzita. Fatto stava che improvvisamente le sembrava un enorme perdita che il suo cazzo la stesse abbandonando e voleva solo averne di più e prima che lo zombie potesse ritrarre del tutto il bacino, un cerchio magico si spalancò dal centro del suo petto e diversi rampicanti, simili a liane, lo afferrarono per le cosce marmoree, impedendogli di allontanarsi di più e stringendolo forzatamente, collimando in un bulbo pulsante contro il perineo, quasi ci fosse bisogno di stimolargli maggiormente il punto L e ciò che le stava dando non fosse abbastanza. Avrebbe gridato "Ridammelo, è mio!" se solo Thresh non le avesse afferrato le corna stordendola quanto bastava per fissarlo inebetita. Con la sborra che le colava dal naso e dalla bocca schiusa, le lacrime agli occhi e pennellate biancastre su tutta la pelle cioccolato, era una maschera oscena senza precedenti, grondante di quel meraviglioso nettare che però non venne affatto sprecato: no, perché l'urgenza di raccoglierlo tutto era ben visibile oltre l'espressione intontita e subito la demone chiuse le labbra in un perverso bacio finale prima di lasciarlo andare, ingoiando visibilmente e rumorosamente, tanto che la sua intera testa sobbalzò. Appena ingoiato, sentendo i fiotti colpirle la bocca, tirò subito fuori la lingua per averne ancora e ogni volta che lo faceva ingoiava di nuovo, sonoramente, fissando lo zombie senza vederlo davvero, un po' come se fosse in trance. Sapeva solo che doveva ubbidire e non doveva lasciarne cadere una singola goccia e il suo corpo si mosse esattamente a quello scopo: ingoiava, leccava; ingoiava, leccava. Se anche malauguratamente qualche goccia minacciava di raggiungere il terreno, dalle piante si schiudevano perversi fiori con tanto di lingua, che ingoiavano per lei. Quando finalmente i fiotti bollenti si fermarono, aveva un'occhio chiuso per uno schizzo finito proprio lì e l'occhio rosso che bruciava, ma anche questo non le impedì di leccarsi l'intera faccia in un unico, osceno, movimento circolare, degno di uno di quegli aggeggi che pulivano i vetri di quelle macchine infernali che infestavano quel nuovo mondo. Dopo l'ultimo sforzo, la lingua scivolò fuori dalle labbra schiuse, floscia e priva di forze, donandole un'espressione ancora più oscena. Rimase lì, ansimante, la bocca aperta e la lingua fuori a fissare Thresh smaniosa, mentre le sue piante lo stringevano maggiormente quasi volessero finalmente prendersi la propria rivincita e strappargli la carne dalle ossa, risalendo il suo corpo fino a creare un intricato e perverso disegno sul suo busto, sui pettorali e anche sulle natiche, avvicinandosi pericolosamente al loro fulcro se lui non le avesse fermate. Sembrava quasi volesse riprendersi una rivincita... Ma era davvero così? Quando provò a parlare, inizialmente, tutto ciò che si sentì fu un gorgoglio. Rischiò quasi di vomitare per un piccolo conato, che però ricacciò indietro ingoiando di nuovo.
    Ah-ancora... zombie. Dammene ancorah.
    Se solo Lucia avesse potuto guardarla in quel momento... Oh, che botta d'autostima sarebbe stata!
     
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    Nessuna bocca è come quella che vuole strapparti il cazzo: ci sono molti modi per fare un lavoro del genere ma Hazel stava sicuramente scegliendo il migliore. Tanto odio quanto sentimento, e Thresh non poteva chiedere niente di meglio, per questo il suo orgasmo fu appagante anche per lei. Forse però la arte migliore di quell'antipasto non erano i sentimenti di Hazel, né l'orgasmo stesso, ma il modo in cui quella pervertita si abbandonò totalmente al dono del non morto. Thresh si perse nei suoi occhi languidi e gonfi, venne del tutto assorbito dalla bocca di Hazel quasi mimandone i movimenti con la propria tanto era preso da quella visione. Il corpo della demone sembrava fatto apposta per compiacere i suoi amanti, e Thresh di sicuro non faceva fatica a immaginare quanti altri prima di lui erano impazziti di fronte a quella visione. E lui si sarebbe abbandonato volentieri ad un simile pensiero, senza pensarci due volte, ma Hazel gli aveva proposto una sfida e per Thresh il dovere viene prima del piacere, sempre, anche mentre riempiva la bocca e la lingua di quella stronza con il suo seme. Era come un perverso cagnolino che si abbeverava dal suo padrone, ne prendeva quanto più possibile in bocca e ingoiava rumorosamente, muovendo a steso la testa bloccata dalla presa salda del non morto che la teneva per il corno, oramai diventato il suo guinzaglio diletto. Le concedeva giusto lo spazio per potergli leccare la punta e prendersi le gocce di sperma che colavano, nulla di più, poco gli importava dei suoi diabolici rampicanti che lo tiravano verso di lei: era Thresh a fare le regole, quindi si limitò ad assaporare i suoi poteri come ulteriore stimolo, visto che sembravano sapere dove toccare in quanto ogni stimolo del perineo faceva guizzare verso l'alto quella colonna di carne perversa. Si sfiancò per soddisfare la richiesta di Thresh, tanto che quando l'orgasmo si concluse e lei si ripulì la faccia in quella maniera oscena, la lingua di Hazel crollò verso il basso mentre lei ansimava, forse stremata. Abbastanza da strappare una risatina compiaciuta dal vittorioso non morto.
    Finalmente un pò di onestà... la madre della mia ragazza inizia a piacermi...
    A quel punto Hazel avrebbe visto il corpo di Thresh riempirsi di una tetra fiamma verde, lentissima in realtà tanto da somigliare ad un denso fumo, che bloccò la crescita delle sue piante e le staccò da lei, ma non le distrusse, anzi sembrò quasi "corromperle" e trasformandole in un pezzo del vestiario di Thresh. Attraverso di esse Hazel avrebbe potuto sentire il fisico statuario del non morto mentre si muoveva, come se le sue mani fossero state sulle natiche, il ventre e il pube di quell'uomo terrificante, ma non più in grado di controllarle a suo piacimento. Thresh non le aveva distrutte né aveva reciso il legame tra di loro, anzi: lo aveva rafforzato. Fino a quel momento aveva stuzzicato solo il corpo di Hazel, ma adesso lo avrebbe fatto anche con i suoi poteri.
    Interessante... questo è il paio di mutande più comodo che io abbia mai provato. Dovrò decidere se mi piacciono di più le tue piante... o la tua faccia.
    Mentre un sorriso malefico si allargava sul suo volto, la fiamma verde ricoprì completamente la sua faccia, lasciandogli solo i tratti somatici e due inquietanti occhi accesi di una luce tetra, mentre una "maschera" di ossa metallica e scura si chiudeva intorno a lui come se un mostro scheletrico stesse per divorargli il capo. La maschera copriva solo la parte superiore del viso e quella inferiore, lasciando scoperta la bocca ma senza tratti umanoidi, dandogli un'aria semplicemente terrificante, degna di uno spettro maligno. A quel punto Thresh sollevò la mano destra verso Hazel e l'albero iniziò a contorcersi: anche i suoi arti erano stati ricoperti da fiamme verdi e adesso si stavano rivestendo di una corazza ossea che non sembrava neanche reale, forse più simile ad una trasformazione, segno che Thresh aveva deciso di sfruttare al massimo i suoi poteri. L'albero che avvolgeva Hazel, infatti, perse la sua consistenza nodosa e simile alla corteccia, per trasformarsi in qualcosa di completamente diverso e metallico: una terrificante mano metallica dall'aspetto alieno, grande abbastanza da poter afferrare una persona per intero, e con un volto inquietante stampato sul suo palmo. Lo Shambler dimensionale, oramai fuori dal corpo di Hazel, si infilò nella bocca del volto sul palmo, accendendo il suo sguardo e animando la macchina di Thresh. La mano emergeva da terra come una sorta di tagliola per Hazel, l'albero l'aveva lasciata praticamente libera ma una grossa catena spuntò dal volto sul palmo della mano, afferrandola per la gola e tirandola verso il basso, costringendola ad inginocchiarsi. Anche se la catena era di un metallo nero e lucido, non sembrava affatto un oggetto inanimato: a guardarla bene sembrava quasi lo scheletro di un tentacolo spettrale appena visibile, e anche intorno alla gola di Hazel stringeva come un forte braccia, e non come un freddo strumento di tortura. Mentre la macchina cambiava forma, Thresh fece il giro intorno a lei, osservandola attentamente e con una certa curiosità, ammirando il bel corpo di quella donna mentre si preparava a riceverlo.
    Mi è piaciuto il tono che hai usato prima Hazel, quindi vediamo se funziona ancora... mi ha detto che ne vuoi di più, non è così? E dimmi... dove lo vuoi?
    Rimaneva ancora piegato su di lei per parlare il più vicino possibile mentre la circondava con la sua presenza. In quella forma la voce del non morto sembrava sdoppiata, distorta, come se più entità si fossero sommate su un corpo solo. Perfino il suo cazzo appariva mostruoso rispetto a prima, avvolto da un'aura verde che dava l'idea di potersi trasformare in qualsiasi momento, o almeno questo avrebbe carpito Hazel visto che la catena intorno al suo collo sembrava volerla obbligare a tutti i costi a guardare l'occhio mostruoso dello Shambler Dimensionale che la stava fissando impaziente. Quell'affarino non aveva ancora finito con lei.
    Ah e temo che in questa forma il mio udito sia peggiorato... quindi se fossi così gentile da mostrarmi anche cosa devo riempire, oltre che dirmelo... sarebbe davvero dolcissimo da parte tua.
    Ridacchiò malefico per poi approfittare della posizione di Hazel per darle un violento schiaffo sulla natica destra, un colpo preciso e bruciante, dato con la giusta forza per non spingerla da nessuna parte ma sfiorandole il giusto la carne per mandarla letteralmente a fuoco. Anche il corpo di Thresh era uno strumento della tortura, e quel colpo di mano fu degno di una frustata per Hazel. Thresh la stava gentilmente invitando ad aprirsi il culo e supplicarlo di riempirglielo col suo cazzo, e il non morto non avrebbe accettato nulla di meno per soddisfare quella richiesta...
     
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    Dietro di te OwO

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    Se c'era un motivo per il quale Hazel indossava una cintura di castità e cercava in OGNI MODO di nascondere il più possibile quella sua patetica debolezza, non era certo perché disprezzasse il piacere. No. Quella era la parte bella, la parte che avrebbe forse potuto accettare... Ma il fatto che si trasformasse in una creatura insaziabile vogliosa solo di essere maltratta di più; abusata di più... Rotta, di più... Quello non lo avrebbe mai accettato. Il fatto che si comportasse come una cagnetta ubbidiente davanti allo stronzo che voleva schiavizzare la figlia e avere tutti ai propri piedi la faceva impazzire, eppure non poteva farci assolutamente niente. Peggio: quando disse che la mamma della "sua ragazza" iniziava a piacerle, dalla gola di Hazel uscì un mugolio entusiasta neanche la stesse accarezzando sulla testa dicendole "brava cagnolina". In un luogo recondito della sua mente si vide con la sua tenuta da strega a legarlo e bullizzarlo LEI stessa, a parti invertite, e in risposta la sua mandibola ebbe uno spasmo, pronta a mordere il cazzo che stava così golosamente spremendo. Forse Thresh avrebbe potuto notare un lampo di quell'odio che aveva tanto decantato sfrecciare in quegli occhi dorati colmi di piacere, ma durò ben poco, presto sostituito dalla delusione. Mentre immaginava di legarlo le piante si erano infatti strette a lui, una ad una, similmente a tante serpi che volessero stritolargli il corpo fino a soffocarlo... un sogno destinato a non avverarsi mai, visto che Hazel le sentì distintamente staccarsi dal suo corpo e, di rimando, percepì il suo potere perdere presa su esse, ma rimanere attivo il tanto che bastava a farle sentire la sua presenza, come se lo stesse ancora toccando. Lo sguardo si fece ancora più deluso e irritato, almeno finché non venne letteralmente afferrata per la gola e sentì distintamente il mostriciattolo allontanarsi da lei, rendendo la sua espressione solamente delusa. Quel contatto meramente energetico equivaleva a toccare l'oggetto del proprio desiderio senza poterlo avere davvero, proprio come il potere che aveva avuto per pochi istanti tra le mani e si era invece rivelato un'ennesima occasione sfumata. Se solo fosse stata un pochino meno persa avrebbe anche potuto riprendersi durante quella breve tregua concessa al suo povero culo... invece percepì pienamente il vuoto lasciato da quello stupido mostro. E il freddo glaciale avvolgerle le membra spalancate, mentre ancora pulsavano di desiderio.
    Assistere alla trasformazione di Thresh fu la cosa meno sconvolgente di tutte. Il suo reale aspetto gli si addiceva molto più della bellezza di una forma umana: era grottesco e inquietante, proprio come ci si aspettava da un bastardo senz'anima come lui.
    La tua, di faccia... ti si addice.
    Doveva essere un insulto, ma la voce roca e il volto languido mentre si posizionava a quattro zampe trascinata da un collare di catene, non aiutarono di certo a renderlo vero. Sembrò più una constatazione sospirata al vento. Nonché una vile bugia, dal momento che una demone come lei aveva ampia conoscenza dei mostri più disparati, Infernali e non, e alcuni li venerava persino. Nonostante questo ci fu un momento, un singolo momento di pochi secondi, in cui provò a liberarsi: tentò di far forza con i palmi sul terreno, i muscoli delle braccia toniche stesi, mentre tentava (invano) di tirarsi su e sottrarsi alla presa. Il risultato fu ovviamente ridicolo: non fece altro che mettere in mostra il corpo già oscenamente scoperto, tendendo i muscoli, piegando la schiena, mostrando il culo in una specie di perverso stretching e spingendolo ancor più verso la visuale dello zombie, quando questi si fece alle sue spalle. Solo a quel potente schiaffo sussultò, bloccandosi sul posto subito dopo. La natica color caramello ballonzolò per diversi istanti prima di tornare perfettamente immobile, con la grossa manata stampata sopra, più simile a un perverso marchio a fuoco che via via si fece sempre più rosso. Il bruciore non si quietò affatto, ma il suo cazzo sussultò in risposta, tradendo qualsiasi tentativo di mordersi il labbro inferiore per non gridare o mostrare quanto in verità fosse entusiasta del dolore ricevuto. Strinse le gambe, quasi volesse trattenere il piacere e nascondere, ancora una volta, la propria vergogna. E lì, con la faccia costretta a fissare l'occhio di quel mostriciattolo odioso, il culo esposto e le lacrime agli occhi per il dolore appena subito, si chiese se non fosse un buon momento per mordersi la lingua a sangue fino a morire, piuttosto che cedere a quell'oscena richiesta e umiliarsi ancor più di quanto non avesse già fatto finora. Quanto in basso poteva spingersi? Una stilla di umori che scivolò tra le sue labbra rispose per lei, portandola a gemere e sospirare. In fondo, non si era già arresa poco prima? Guardando di sbieco Thresh e leccandosi le labbra già secche, si voltò con le palpebre pesanti, afferrandosi non le natiche, ma quello stesso anfratto ancora leggermente spalancato e fradicio che il mostro davanti a lei aveva abusato fino a poco prima, lasciandolo aperto e bisognoso; tutt'altro che soddisfatto. Ebbene, lo aprì con i medi, schiudendolo appena.
    Nh-non c'è bisogno di fare questi stupidi giochetti, ᑢ ᖶᘿ᙭ᖶ! Se Thresh avesse capito il demoniaco, avrebbe riconosciuto distintamente un epiteto impronunciabile. Rendendosi conto che così non avrebbe mai ottenuto ciò che voleva e anzi, lo avrebbe solo fatto arrabbiare di nuovo, subito dopo quel piccolo sfogo sentito quanto incontrollato, Hazel spalancò di più il suo povero culo, già pulsante e umido di sangue e bava di mostro, sforzandosi di addolcire sia lo sguardo che il tono della voce. Scopami... Scopami il culo. Digrignò i denti, temendo che non sarebbe bastato. Ti... supplico. È tuo.
    Quell'ultima frase le richiese decisamente tutto la volontà che le rimaneva... E ciò la rese talmente patetica ai suoi stessi occhi, che temeva che sarebbe morta per la vergogna, se solo lo zombie non l'avesse scopata subito, così da farle dimenticare nuovamente ogni cosa, compreso come si chiamasse. Aggiunse quell'assurdità come se volesse offrirgli tutto, compresa se stessa... una mera menzogna per mascherare il fatto che, quando non aveva qualcosa infilato nel culo per farla comportare come una tossica in cerca della prossima dose, l'odio riaffiorava più forte di prima, rendendola pronta a sputargli in faccia alla prima occasione.
    Il dilemma a quel punto era solo uno: Cosa conta di più per un torturatore? Obbedienza o... Sincerità?
     
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17 replies since 28/12/2022, 19:58   359 views
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