Illuminerà il cammino

x Hina

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    Nefertiti aveva una concezione di Thresh che superava sicuramente il realismo, dava per scontato che fosse più forte di Scorn e Fortinbras, perché dava per scontato che lui sarebbe stato in grado di proteggerla da loro. Aggrottò le sopracciglia però nel non ricevere una risposta chiara e concisa da parte sua. Quel sorrisetto soddisfatto che gli si dipinse in volto però le fece capire che forse proprio perché lo facevano tremare, era fonte di piacere. Ce lo vedeva ad adorare le cose che lo spaventavano e lo facevano sentire vivo. Non riusciva ancora a comprendere un sentimento del genere, ma con la logica ci poteva arrivare. Gli zombie dopotutto non temevano la morte come i comuni esseri mortali e trovare qualcosa di più spaventoso doveva averlo eccitato non poco. Seguì il professore, sebbene sempre con un innato timore per ciò che vedeva: molte volte si era chiesta se stesse sognando quando vedeva lo spazio attorno a lei cambiare e chissà perché era sempre successo fra le mura della scuola. Era sicura che quello non era un caso, ma sapeva che prima o poi avrebbe avuto modo di scoprirne di più, e soprattutto un giorno essere in grado come lui di manipolare il luogo come faceva lui. Nefertiti si fece molto attenta alla sua spiegazione, a quanto pare i "cacciastreghe" erano i nemici naturali proprio perché recidevano il loro legame con il labirinto, e quindi erano in grado di togliere il loro potere. A quel pensiero un brivido percorse tutto il suo essere ed istintivamente si cinse con le proprie braccia, come se avesse voluto proteggersi da quella amara verità: erano molto temibili se le potevano togliere ciò che aveva guadagnato da poco, se l'avrebbero condannata a tornare alla Nefertiti impotente e ridicola di una volta. Non lo avrebbe mai permesso, avrebbe sicuramente preferito morire piuttosto che tornare ad essere debole. I discorsi si fecero troppo interessanti per ricordare a Nefertiti che era ancora a piedi nudi, aveva bisogno di saperne di più, e lo poteva capire benissimo anche Thresh nel vederle quei grandi occhi spalancarsi attenti verso di lui. Distratti solo di tanto in tanto quando incrociavano le inquietanti statue che decoravano il posto: sembrava di vedere dal vivo uno di quei dipinti osannati dai metallari.
    Se recidono i legami con il labirinto, alle streghe invece cosa fanno? Recidono i flussi magici o robe del genere, impediscono di far loro usare la magia? le interessava molto l'argomento, e le interessava ovviamente anche la parte che riguardava le streghe dato che lei in parte lo era.
    Perché odiano le lanterne? Che intendi con "sopravvissuti"? Cosa è successo in passato per arrivare ad averli come nemici giurati? chiese sentendosi sempre più coinvolta dalla faccenda. Non sapeva ancora quanto potessero essere pericolosi, ed in parte non le andava giù che ci fossero dei nemici ancora più temibili a cui stare attenti. Si era liberata da Torben da poco, ma in confronto non sembrava che un gioco da bambino da come ne stava parlando Thresh. Arrivarono al cospetto di una curiosa bara, e Nefertiti osservò quello strano fenomeno sulle incisioni che sembravano cambiare in base alla luce a come lo vedeva. Le dava una sensazione onirica ad osservarlo e la curiosità iniziò a divorarle l'animo. In quella bara c'era quindi uno dei loro nemici naturali? Voleva vederlo, voleva sapere a cosa andavano incontro. Si avvicinò alla bara, mentre Thresh le chiedeva se si sentisse pronta, annuendo nella sua direzione. Fu totalmente concentrata sulla bara, il suo cuore batteva fortissimo nel petto e nemmeno si rese conto che Thresh stesse prendendo tempo. Allungò una mano sulle incisioni, curiosa si scoprire se cambiavano davvero o se era solo una illusione ottica. Allo stesso tempo però voleva sentire con il tocco l'energia che trapelava da quell'oggetto. Chi erano i cacciastreghe? Perché erano così furiosi con loro? Che aspetto avevano? Se fosse passato troppo tempo, Nefertiti avrebbe sollevato lo sguardo verso Thresh fulminandolo con uno sguardo su cui era molto bene leggibile un "Che aspetti?". Lei dopotutto non aveva idea di cosa doveva fare, avrebbe scoperchiato la bara con la forza bruta senza manco pensarci ma la premessa del professore lasciava intendere che dovesse fare qualcosa lui prima di procedere e lei stava iniziando a diventare impaziente.
     
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    Visto il mondo da cui proveniva Nefertiti era normale che un nome così eclatante potesse attirare la sua attenzione nella direzione sbagliata, probabilmente non aveva idea di quante cose erano state etichettate come "stregoneria" durante il passare del tempo e il susseguirsi delle epoche, inutile soffermarsi su racconti di clan, razza o genere, il discorso era molto più semplice.
    Non pensare al nome come a qualcosa di generico, dal loro punto di vista siamo noi Lanterne le "streghe" a cui danno la caccia. Non sono sicuro che sarebbero capaci di fare lo stesso anche con generici fattucchieri, ma a loro non importerà di certo. Siamo noi le prede, il resto non conta.
    Una spiegazione semplice e priva di dettagli inutili che poteva solamente confonderla. Tutto ciò che le interessava sapere era perché quei particolari guerrieri davano la caccia proprio a loro, e con così tanta forza di volontà tra l'altro. La ragazza era ovviamente curiosa ma Thresh poteva darle solo nozioni, risposte poco interessanti: perché toglierle il piacere di scoprirlo da sola? Dopotutto è anche per questo che le stava mettendo davanti uno di "loro". Alzò un paio di volta le sopracciglia quindi, una tacita risposta per farle capire che quelle domande non doveva necessariamente farle a lui. La sua apprendista però, nell'essere impaziente, non diede prova di voler aprire quello strumento di costrizione con le sue sole forze. Forse si aspettava di non riuscire nell'impresa? Lusinghiero per Thresh, ma deludente dal punto di vista del professore. Non le avrebbe permesso di rinunciare a quella possibilità, così portò un dito dentro uno degli anelli di quella catena, tirandola con forza per farle vedere quanto forte e resistente fosse il metallo che la costituiva. Serviva una forza ben più che sovrumana per spezzarle, una forza che neanche Thresh possedeva.
    Odiano le lanterne perché non comprendono cosa rappresentiamo. Credono che gli abbiamo portato via qualcosa, ignorando il dono che invece gli abbiamo conferito. E loro, piuttosto che accettarlo, hanno stipulato un patto faustiano pur di ottenere vendetta. Un gesto davvero interessante per noi, degno del nostro cammino verso il piacere, ma la veemenza con cui ci danno la caccia è davvero temibile, impossibile da ignorare. Bisogna essere cauti ma... non così tanto.
    La fiamma verde che avvolgeva il suo corpo, la forma che prendeva l'energia della sua lanterna, scivolò come una serpe tra le sue dita e dopo aver influenzato le catene le spezzò facilmente, come se fossero state in gesso o anche meno. Un suggerimento per farle capire che usando i suoi poteri quella bara era facile da aprire anche per lei, ma vista l'influenza energetica appena utilizzata, il contenuto della bara iniziò ad agitarsi. Scossoni, flebili segni di resistenza, come qualcun oche scalcia nel disperato tentativo di uscire. Thresh reagì sorridendo a quello stimolo, lanciando un occhiata a Nefertiti che sembrava volerle lasciar intendere che era tutto nelle sue mani, e non doveva esitare. Le sarebbe bastato poco per provocare una reazione, e probabilmente liberandolo avrebbe sprigionato abbastanza energia da renderlo aggressivo. Ma davvero bastava così poco per scoraggiare la sua allieva diletta?
     
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    Nefertiti fece un "oooh" di realizzazione quando Thresh le fece notare che non era il concetto di streghe o lanterne a fare la differenza, per quegli esseri tutto ciò che non era "naturale" poteva essere creduto una stregoneria. Pensava che fossero ormai passati personaggi che etichettano le cose che non comprendono e non piacciono come stregonerie, cose proibite. Eppure ormai nelle scuole molte arte occulte venivano insegnate, quindi qualcosa le suggeriva che non era così semplice come sembrava, e che in realtà c'era altro da scoprire e dalla faccia che fece Thresh era evidente che voleva che imparasse con la pratica e non solo con la teoria. C'era stato un fraintendimento fra lei ed il professore, lei pensava ingenuamente che lui doveva prima fare qualcosa, magari una specie di rito, o tirare fuori qualche aggeggio infernale per poter "quietare" la rabbia spropositata dell'essere che aveva indicato. Invece a quanto pare dai suoi gesti che le mostrò come aprire quella cassa, e da come la guardava e aspettava, capì che doveva essere lei a farlo. Si guardò un attimo alle spalle, giusto per essere sicura di non aver frainteso ancora e che si stesse rivolgendo davvero a lei.
    Se cercano vendetta significa che ci incolpano di qualcosa che è successo, e loro credono che sia colpa delle lanterne no? chiese Nefertiti prima di venire catturata dall'esempio che le mostrò il professore. Subito dopo notò che il prigioniero di quella bara si agitò e per un attimo le sembrò di percepire quel sentimento fortissimo che lo aveva scosso. Più che una persona, aveva l'impressione che ci fosse una belva rintanata in quel posto. La curiosità ebbe la meglio, doveva vedere, doveva capire e magari chiedere direttamente a quell'essere perché mai li odiavano così tanto. Così fece scorrere le mani lungo i bordi, sussultando appena quando essa si agitò. Provò a seguire l'esempio di Thresh, chiuse gli occhi e si concentrò per accumulare energia, sentendo quel fumo energetico verde avvolgerla e farle venire piccoli brividi lungo tutto il corpo. Le sue dita di ricoprirono di una scura carapace, affilandosi fino a farli diventare sottili e affilatissimi artigli. Toccò le catente con esse, e quella carapace sembrò propagarsi lungo di essi rendendoli neri, come se stessero marcendo, poi con un piccolo strattone provò a rompere una di quelle catene avendo successo. Si voltò verso Thresh con un sorriso entusiasta, di chi sembrava mostrargli che ce l'aveva fatta. Continuò ancora ed ancora e quando la bara sarebbe stata libera, provò ad aprirla così da poter vedere chi era stato custodito al suo interno.
     
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    Ora che lo sguardo della ragazza sembrava più concentrato, Thresh sapeva per certo di averla portata verso il giusto pensiero. Forse l'emozione le aveva giocato brutti scherzi, oppure inconsciamente c'era ancora una parte di lei che le suggeriva quanto fosse rischiosa quella mossa. Ma doveva superare le sue stesse pulsioni, altrimenti non avrebbe mai ottenuto niente. Sembrava intenzionata a psicanalizzare quei "predatori" naturali di cui stavano parlando, forse pensava che comprendendoli avrebbe avuto meno paura di loro, un modo per esorcizzare quel timore che l'aveva colta da quando Thresh le aveva spiegato in cosa consisteva l'abilità principale di quei cacciatori. Non voleva tornare indietro, la piccola... un pensiero dolce ed estremamente prezioso per Thresh, ma adesso che era davvero una Lanterna non c'era più modo per perdere quella cosa che la rendeva speciale. Tuttavia il suo professore non l'avrebbe mai rassicurata così tanto, non era quello il suo mestiere, anzi semmai l'esatto opposto.
    La vendetta è un sentimento potente, ma praticamente mai germoglia qualcosa da una spada coperta di sangue... un occasione, forse, ma mai una soluzione. Quando ti ho liberata da Torben non l'ho fatta né per orgoglio né per vendetta, l'ho fatto perché lui non ti meritava, mentre io invece potevo condurti a grandi cose. I Cacciastreghe invece uccidono le Lanterne e ne divorano il potere solo per poter dare la caccia ad altre Lanterne. Forse in questo ci somigliamo ma... mancano completamente il senso del viaggio. Per loro c'è solo la vendetta, non c'è sentimento. O almeno questo gli piace pensare...
    Non volle perdersi in commenti inutili, sarebbe stato meglio semplicemente provarlo con mano e una volta compreso che poteva spezzare quei sigilli con i suoi poteri Nefertiti non esitò a metterli in pratica. La bara si agitò ancora mentre lei si dava da fare per aprirla, e quando fu sul punto di spalancarla fu la bara stessa ad aprirsi di colpo, travolgendola in pieno e quasi respingendola a terra. Sarebbe caduta, se solo una mano grossa e possente non fosse finita sulla sua gola, avvolgendola e stringendola col preciso scopo di strangolarla. A quel punto davanti agli occhi di Nefertiti sarebbe comparsa una figura non del tutto nuova, ma che in quel momento possedeva un'espressione che non aveva mai visto: Dalamadur, il fedele guardiano di Thresh, la sua guardia del corpo, la stringeva tenendola sollevata due spanne da terra per il collo, con i denti digrignati e gli occhi colmi di rabbia. La grossa coda che scioccava a destra e a manca facendo schizzare il sangue che copriva il terreno, sembrava voler scandire i secondi che le restavano prima di perdere i sensi. Non solo lo sguardo, non solo i gesti, non solo quell'aura omicida che animava il corpo di quel colosso di metallo e scaglie, avvenne anche qualcosa che Nefertiti non aveva mai visto prima: lo sentì parlare.
    RI - DAAH - MMEE - LLAAAHH!!!
    O meglio... grugnire. La sua voce sembrava come impossibilitata, dava l'idea che le corde vocali fossero atrofizzate e non riuscisse né a muovere la lingua né tanto meno le fauci come avrebbe dovuto. Era completamente bloccato, incapace non solo di articolare frasi ma anche di pensarle in maniera compiuta. Poteva solo esprimere la sua rabbia con i gesti, ma Nefertiti si sarebbe presto resa conto che quella presa non era abbastanza forte per impedirle di usare i suoi poteri, e avrebbe facilmente potuto rimetterlo al suo posto anche solo provandoci. Ecco perché Thresh la fissava con aria tranquilla, aspettando che fosse lei a fare la prossima mossa.
     
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    Nefertiti voleva sapere quanto più su di loro, non solo perché inconsciamente sperava di comprenderli così da farle meno paura, ma allo stesso tempo, avrebbe potuto anche avere armi contro di loro con cui proteggersi. Dopotutto era una lezione che aveva imparato amaramente, quella di usare i punti deboli dei suoi carnefici per proteggersi con ricatti o con ammonizioni. Thresh cercò di darle il suo punto di vista, ma c'era qualcosa che lei non riusciva a condividere appieno. Sapeva per certo che la vendetta proveniva da sentimenti molto forti, da un dolore molto profondo. E se quell'odio era così potente da voler uccidere una lanterna, doveva esserci qualcosa di importante sotto, qualcosa di importante anche per le lanterne. Cos'era però? Forse nemmeno Thresh sapeva dare una risposta. Quindi l'unico modo per avere un indizio in più era vedere un cacciastreghe. La bara si aprì in modo fin troppo brusco dandole una spinta che la fece barcollare all'indietro, ma prima che potesse cadere, una mano possente e violenta la afferrò per la gola. Il primo gesto di Nefertiti fu quello di portare le mani contro le dita che le stringevano la gola, e se non aveva reagito subito, fu perché lo stupore fu più forte della sua paura. Quello era Dalamadur! Lo aveva visto combattere al fianco di Thresh, lo aveva visto obbedirgli come un cagnolino a Thresh quando l'aveva salvata il suo primo giorno di scuola. Quello sguardo che la stava odiando con tutto il suo animo era diverso, non era il Dalamadur che aveva visto, era come se si fosse acceso, come se quello che aveva visto lei fino ad allora era stato solo la sua versione spenta. Per la prima volta sentì perfino la sua voce, un rantolo soffocato di chi aveva la gola rovinata. Perché quell'essere che aveva aiutato Thresh, che lo aveva "servito" adesso la stava attaccando? In una situazione diversa avrebbe chiesto che razza di scherzo sarebbe stato. Se non lo stava facendo era perché riusciva a percepire a pelle che non stava affatto fingendo, che l'odio con cui la guardava era puro era vero. Ebbe paura, ed il suo potere rispose per lei, dal suo corpo si allungarono varie punte affilate, come una sorta di porco spino, che trafissero Dalamadur, e se non l'avesse lasciata andare, avrebbe sollevato i piedi puntandoli contro il suo petto per poi darsi una spinta, così da liberarsi di lui ed allo stesso tempo allontanarlo da sé. Come un gatto cercò di atterrare sui piedi, finendo per avere una posa simil eroistica ma un pochino più goffa.
    Che cazzo significa? COUGH! la gola le bruciava tantissimo, forse più per la sorpresa che per un vero e proprio dolore.
    L'ho visto fare il compare con te... che diamine sta succedendo? chiese rivolgendosi a Tresh, ma era pronta a combattere pur di non farsi afferrare di nuovo da Dalamadur. Non riusciva a capire sul momento, aveva ancora l'adrenalina altissima che le impediva di pensare lucidamente. Il primissimo istinto infatti era quello di stare in guardia anche su Thresh. Dopotutto già in passato era stata ingannata da Torben in un modo simile, e quel ricordo le pompava nelle tempie paura. Però la ragione le stava dicendo che non poteva essere, che Thresh non avrebbe potuto farle una cosa del genere. Così nella confusione aveva iniziato a fare collegamenti di idee: Dalamadur era un cacciastreghe ma era prigioniero di Thresh. Prima di aprire la bara il maestro le aveva fatto capire che ne aveva catturato uno di cacciastreghe, che lo teneva al sicuro al guinzaglio, e che non poteva farle vedere la sua VERA ira. Come se lui avesse trovato un modo per sedarlo. Quindi sedandolo riusciva a renderlo un suo servitore? A quel punto le venne da pensare che dopotutto il suo aspetto esteriore mostruoso non era poi così lontano dall'aspetto della sua anima. Lo aveva idealizzato fino a quel momento come un padre amorevole, ma la verità era che Thresh poteva essere anche molto peggiore di Torben, e la cosa strana era che in parte riusciva a comprendere i suoi ragionamenti malati. Dalamadur era quindi un nemico, ma non lo aveva ucciso, lo teneva stretto a sé... perché? Sembrava la versione horror e hardcore di ciò che lei aveva fatto con Claudia. Solo a quel punto le venne da ridere, tossendo però fra una risata e l'altra.
    Sei il maestro di tutti gli stronzi ... l'ho sempre detto... cercò di sdrammatizzare, ma le tremavano ancora le gambe ed il cuore batteva all'impazzata nel petto.
     
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    Le punte che uscirono dal corpo di Nefertiti furono peggio del fuoco per quell'essere, era evidente che il potere della ragazza aveva un effetto nefasto su di lui, tanto che le ferite inflitte a Dalamadur non si limitarono a sanguinare copiosamente, ma i brandelli di carne che pendevano dalle ferite si riempivano di bolle marcescenti che sfrigolavano come carne sulla griglia, neanche un vampiro immerso nell'acqua santa avrebbe ricevuto un trattamento del genere. Tuttavia, fu altrettanto importante notare che, per quanto dolenti fossero le carni del guerrieri, non smise mai di stringere con forza le mani sulla gola di Nefertiti. Perse vigore, fermezza, iniziò a tremare, ma fino a che non fu lei a strapparsi via con forza ed agilità, lui non mollò mai la presa. Tale era la sua determinazione e dedizione. Tale era la sua RABBIA. Nefertiti aveva visto giusto: quello non era lo stesso fedele cagnolino che aveva accompagnato Thresh. La sorpresa e il disappunto della ragazza strapparono grasse risate al professore che, lentamente camminò verso il ferito Dalamadur che teneva le braccia dolenti, sanguinanti e penzoloni sui fianchi, e respirava affannosamente come a cercare di riprendere le forze. Il non morto gli toccò la spalla con un paio di pacche, per poi far scivolare tutto il braccio sulla sua schiena, abbracciandoselo come un vecchio amicone. Quei due, essendo enormi, formavano proprio un bel muro in una simile posizione.
    Ahahahaha! Ma certo che siamo amiconi! Al massimo... TU non lo sei.
    Lo sguardo di Nefertiti cambiò rapidamente: da paura e tensione a qualcosa di diverso. Lo aveva capito? Forse stava associando anche lei quello che era successo con Claudia ad un evento simile, e il sorriso di Thresh si allargò ancora di più, diventando quasi mostruoso oltre che compiaciuto. La sua allieva, ancora una volta, non lo stava deludendo.
    Vedi... essere una Lanterna non è sinonimo di far parte di un culto. Ognuno lo è a modo suo. Ci sono Lanterne come mio fratello che spadroneggiano e trattano le loro vittime come delle batterie, delle risorse. Divorano anime solo per il gusto di ottenere potere e gettare la carne nel labirinto a marcire. Io non sono così. Io spezzo ciò che considero ingiusto, che ritengo possa diventare prezioso. A volte l'unica soluzione è rompere qualcosa... e io sono molto bravo a ripararla.
    Mentre parlava, l'altro braccio di Thresh ciondolò sul petto di Dalamadur, carezzandolo per poi risalire la sua gola, toccandogli il mento e poi afferrandolo per la base del volto, dandogli altri affettuosi gesti. Thresh non lo trattava come un giocatolo, non era un cagnolino. Era affezionato a quell'essere e Dalamadur si faceva coccolare da lui, non di certo come un animaletto domestico, ma era ovvio che se davanti alla sua bocca ci fossero state le dita di chiunque altro le avrebbe strappate fino all'osso. Ma con Thresh no.
    Io penso che la vita di questo essere sia preziosa... e che la sua ira sia altrettanto unica. Vederla canalizzata contro dei fantasmi, nemici già scomparsi, votato unicamente all'annichilimento suo e di chiunque gli stia davanti... è triste. Un vero spreco. Io ho deciso di canalizzarlo. Con le mie macchine, il piacere, il dolore... il mio potere. Dalamadur mi ha... compreso. Non lo ha fatto in una notte, ma lui sa che io non sono un nemico. Io non ho rotto qualcosa che gli apparteneva... io l'ho aggiustato. E anche tu puoi fare altrettanto.
    Gli occhi di Dalamadur rilucevano di un bagliore tetro, identico a quello delle loro lanterne. Era evidente che una quantità immane del potere di Thresh scorresse in lui, era corretto paragonare quel mostro ad una macchina della tortura vivente, un Frankenstein che solo lui poteva costruire.
    La sento, amico mio... la tua frustrazione. Normalmente queste ferite non sarebbero niente per te, le salteresti addosso comunque. Ma Nefertiti non è come le altre... il suo potere distrugge completamente il tuo. Non puoi farle niente... sei impotente... non ti resta che inginocchiarti.
    Man mano che il professore gli parlava, e che il sangue di Dalamadur grondava a terra, la massiccia coda di quel mostro schioccava a terra sempre più frenetica e nervosa, e le sue fauci si digrignavano in una smorfia adirata, difficilissima da descrivere ma semplice da decifrare: non voleva arrendersi, né sottomettersi. Non voleva lasciar correre. Quindi si dimenò ruggendo furioso, uscendo dalla presa di Thresh e fiondandosi di nuovo verso Nefertiti. Le braccia penzoloni perdevano ancora sangue ed erano prive di forza, ma a giudicare da come avanzava a testa bassa e spalancava le fauci ruggendo era ovvio che volesse saltarle di nuovo alla gola per poterla azzannare e dissanguare. Era disposto a tutto per ucciderla.
    RI - DAAH - MMEE - LLAAAHH!!!
    Il grido che usciva dalla gola di Dalamadur era qualcosa di oscuro, bramoso e maledettamente... sincero. Ogni singola goccia della sua anima era andata verso quel desiderio, qualcosa che aveva cercato così disperatamente e che qualcuno gli aveva portato via. Ma non era come Nefertiti. Non era qualcosa che aveva conquistato di suo, lo aveva strappato ben consapevole di non poterne ricevere ancora. Dalamadur aveva probabilmente consumato un patto faustiano per poter ambire a ciò che desiderava, qualcosa di unico e irripetibile. Nefertiti e Thresh invece, no. Loro non avevano sacrificato la loro vita per qualcosa... avevano sacrificato qualcosa in nome della vita, per viverne cento di vite diverse e prendersi tutto ciò che volevano. Una differenza immensa, sostanziale, importante per comprendere che la disperazione di quel grido non richiedeva pietà. Richiedeva... disciplina.
     
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    Nefertiti vide chiaramente la carne di Dalamadur sfrigolare, e rimase scioccata nel vederlo impassibile, o meglio imperterrito. Aveva visto altri colpiti dal suo potere soffrire terribilmente, esserne terrorizzati. Lui invece non fece una piega, continuò a stringere quella maledetta mano attorno alla sua gola, ignorando i danni che stava subendo, percepiva che stava soffrendo, ma era quasi come se la sua rabbia fosse nettamente superiore al dolore. Quell'essere era sicuramente abituato a soffrire ed anche tanto, che diamine gli aveva fatto Thresh per renderlo così? A quali indicibili torture lo aveva sottoposto? La indispettì molto sentire la risata di Thresh: si divertiva a spaventarla, mentre lei non si divertiva affatto. Nefertiti era intenzionata a vendicarsi prima o poi, gli avrebbe fatto prendere un accidente allo stesso modo, così imparava a metterla sempre alla prova in modo così barbaro. Che bisogno c'era di scatenarglielo contro? Quando lui le rispose che ovvio che fosse amicone con lui ma non con lei, gli rispose con una indispettita e infantile linguaccia. Respirava in modo affannato, ancora scossa per quella aggressione spietata, ma ascoltò ciò che le disse. Aggrottò la fronte perplessa mentre osservava quei ambigui gesti di affetto su Dalamadur. Le stava dicendo la verità nuda e cruda: ovvero che aveva catturato Dalamadur, lo aveva spezzato, rotto e poi lo aveva plasmato a qualcosa di nuovo, facendolo diventare il proprio mastino personale. Avrebbe voluto ribadire che non era molto diverso dall'ucciderlo, ma Thresh continuò la sua spiegazione dicendole che aveva considerato preziosa la sua vita e la sua rabbia, mettendo a tacere quel pensiero superficiale. Se ci rifletteva bene, in effetti anche se in modo molto più leggero e innocente, anche lei aveva pensato che era uno spreco uccidere Claudia anche se aveva tentato di farle del male, e che valeva la pena coltivare il suo talento. In parte aveva capito le ragioni di Thresh ma le sembravano ancora davvero estremi i risultati. Una cosa del tutto naturale dato che era alle prime armi. Le amorevoli parole che Thresh rivolse a Dalamadur, per metterlo in guardia del potere di Nefertiti, le sembrarono viscide perché intuì perfettamente che glielo stava dicendo proprio per scatenare la sua furia, la sua voglia di rivalsa. Non gli stava dicendo di arrendersi, ma tutto l'esatto opposto, mostrandole quanto fosse un subdolo manipolatore. Il nuovo grido di Dalamadur mentre si lanciava contro di lei, le fece stringere il cuore.
    Cosa esattamente hai aggiustato? E' ancora folle di rabbia, mi odia a prescindere anche se magari io non ero manco nata quando lui ha deciso di vendicarsi. Guardalo... lo schivò saltando in aria, dato che aveva l'uso delle braccia compromesse le venne piuttosto facile. Facendo una sorta di cavallina e quando fu quasi oltre Dalamadur creo delle fruste che sferzò verso le sue caviglie, in modo che si attorcigliassero attorno. Tirò mentre lei stese le gambe all'indietro per colpirlo sulle spalle e così farlo cadere.
    COSA? Cos'è che vuoi? Cosa devo ridarti?! sbottò Nefertiti rivolgendosi a Dalamadur confusa, per poi sollevare le mani in direzione di Thresh scuotendo la testa come a volergli comunicare che non capiva.
    Sembra ritardato! lo disse con una disarmante e cristallina sincerità. Nefertiti non stava capendo ancora del tutto ciò che Thresh voleva mostrarle, perché stava analizzando tutto con concezioni comuni. Non conosceva i loro trascorsi e ancora meno conosceva Dalamadur. Lo aveva visto solo due volte mentre eseguiva i suoi ordini in modo naturale e sereno.
     
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    La furia di Dalamadur non trovò sollievo, per Nefertiti era fin troppo facile schivarlo e rimetterlo al suo posto, agile e potente com'era. Dopo averlo scavalcato lo immobilizzò con due colpi di frusta, il mostro cadde in ginocchio dandole le spalle, ancora una volta dolente, rabbioso ma impotente. Il commento acido e sentito della ragazza fece fare spallucce a Thresh che rivolse il suo cameratismo maschile nei confronti di Dalamadur.
    Sembra che stavolta il tuo proverbiale fascino con le donne non abbia attecchito amico mio, ma non fartene un cruccio: Nefertiti è una tosta.
    Mentre pronunciava quelle parole e la ragazza esprimeva tutto il suo disagio, le spalle di Dalamadur si decomprimevano dolorosamente con un grido mostruoso. Le ossa si spaccarono assieme alla carne e i congegni metallici che tenevano assieme il suo corpo mutarono, facendo assumere alla sua gabbia toracica la forma di due grosse ali, o grosse mani, carnose e scheletriche che si allargarono intorno a Nefertiti per poi richiudersi di colpo, intrappolandola in una dolorosa morsa. Gli artigli formati dalle punte delle costole di Dalamadur si infilarono nella sua carne, sui fianchi, le braccia, le cosce e il petto, le perforarono anche il seno e per poco anche la gola in punti vitali, aveva decisamente abbassato la guardia contro un nemico disposto a tutto pur di intrappolarla. Le due grossi mani iniziarono a comprimerla tra due fuochi, chiusa tra incudine e martello Nefertiti si sarebbe sentita schiacciata ma il suo avversario non era abbastanza forte da riuscirci. Poteva solo perforarle la carne e rendere quel dolore più intenso, più forte... fino a trasformarlo in piacere. Come tutte le creazioni di Thresh, anche Dalamadur era nato con uno scopo principale semplice, e Nefertiti poteva sentire il suo potere scorrerle dentro come il suo potere le permetteva di fare da sempre. Poteva sentire la rabbia di Dalamadur e sentire quanto fosse deliziosa, un sentimento violentissimo che anche lei avrebbe voluto alimentare, e che probabilmente non avrebbe mai più biasimato Thresh per come lo fomentava. Avrebbe sentito il suo dolore, puro in una maniera indescrivibile. La perdita di qualcosa di tanto importante non era facile da articolare a parole, eppure a lui mancava, e quel vuoto non poteva essere colmato niente. Ecco cosa trasformava un fiume in piena in una voragine: l'assenza di un terreno solido sui cui scorrere. Ma in fondo all'abisso, la cosa più intensa che Nefertiti avrebbe sentito, come un segreto oscuro e inconfessabile, c'era del piacere. Una lussuria intensa e travolgente, scaturita da un disegno proibito. Un feticcio di cui un nobile cavaliere avrebbe dovuto vergognarsi, e che malediva nelle sue notti di preghiera, eppure alla quale non sapeva rinunciare. Un piacere fortissimo, malato, perverso che avrebbe condiviso con lei. Dalamadur non aveva modo di controllare il potere di Nefertiti ma lei poteva divorare ogni cosa di lui. E più restavano in contatto, più le sarebbe stato facile. Thresh si avvicinò a quello spettacolo di carne e sangue e per un attimo sollevò le mani, come un bambino impaziente di fronte alla sua torta di compleanno, ma non volle spezzare l'incanto intromettendosi. Il corpo di Nefertiti era così bello mentre sanguinava, ma anche lo sguardo perverso del professore sapeva quando trattenersi, quindi si limitò a leccarsi la saliva che stava scivolando dalle sue labbra, osservando e parlando ma senza toccarla.
    Ritardato è una parola grossa, ragazza mia. I tuoi occhi hanno battuto troppi pochi campi di battaglia per comprendere il significato di quello che stai vedendo. Se ti sembra che io lo abbia aggiustato male, domandati piuttosto cosa saresti stata capace di fare tu...
    Già, lei cosa aveva fatto? Era riuscita a guadagnarsi una compagna di stanza, forse uno strumento per sognare meglio, e chi lo sa magari una garanzia di non avere più sorprese mentre dormiva? O magari si era messa in camera una possibile nemica? Un pericolo incombente. Era stata davvero capace di fare di meglio con Claudia? Solo perché non appariva mostruosa come Dalamadur? In fondo cos'era rimasto dell'ingannatrice che per poco non l'aveva uccisa in sogno? Una ragazzina spaventata, una compagna di scuola fedele... forse un cagnolino. Erano maledettamente simili, ma Nefertiti non aveva ancora capito la differenza più sostanziale: la ragazza si preoccupava di conservare quell'involucro esterno come se fosse qualcosa di prezioso, ma il professore sapeva benissimo che all'interno c'era un nucleo più oscuro, forse marcio, forse malato, a volte morente... ma che velava la pena portare a galla. Forse a quel punto Nefertiti avrebbe iniziato a capire cosa aveva fatto il suo maestro.
     
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    Nefertiti esalò un rantolo esasperato nel sentire Thresh confortare Dalamadur piuttosto che risponderle in modo serio. Stava dando per scontato che Thresh avesse "aggiustato" la sua rabbia incontrollata, quindi le sembrava strano che Dalamadur attaccasse senza alcun motivo apparente la prima tizia che si era ritrovato davanti. Se era un nemico e aveva voluto rivolgere la sua rabbia verso i proprio nemici, perché allora continuava ad attaccare le lanterne? Per Nefertiti non aveva senso. Immersa in quei pensieri, sottovalutando anche tantissimo Dalamadur ed il posto in cui si trovavano non si aspettò una metamorfosi crudele e dolorosa che l'avrebbe messa in trappola. Non era riuscita a scappare perché guardò inorridita e spaventata quelle strane "ali" mostruose che si erano chiuse su di lei. Non riusciva ancora ad apprezzare le urla di dolore degli altri, la spaventavano, la facevano tremare perché le riportavano ancora a galla traumi che non aveva del tutto superato. Il dolore sul proprio corpo invece era qualcosa di fin troppo familiare, urlò sollevando il volto verso l'alto mentre sentiva la carne strapparsi ed il sangue caldissimo colare fuori dalle ferite. Le venne un forte giramento di testa, e poi le sensazioni la invasero in modo graduale ma profondo, come se si stesse immergendo in una vasca di acqua calda. L'energia delle lanterne aveva reso quel dolore strano, diverso dal solito, era intenso, le fece vibrare ogni fibra del suo corpo e soprattutto fece tremare i suoi circuiti energetici, dandole uno strano senso di piacere, qualcosa che meritava una parola nuova che non esisteva ancora. Poco dopo iniziò a sentire Dalamadur, la sua energia: era potente, ma sembrava tenuto a freno, probabilmente perché era Thresh a tenerlo a bada? Non riusciva a capirlo perché le arrivò il sentimento cocente di Dalamadur, qualcosa di così grande, immenso, più che sentirsi immergere in una vasca di acqua calda, le sembrava che venisse immersa in un oceano. Le scappò un profondo gemito mentre i suoi occhi si sollevavano e giravano come se avesse appena ricevuto una forte iniezione di droga. Nefertiti si sentì stordire non era per niente abituata a qualcosa di così intenso, così strano, malato perché iniziava a piacerle. Non si rese conto che il sangue iniziò a diventare nero e colò sulle propaggini di Dalamadur in modo innaturale, attaccandosi a lui come se le gocce di sangue venissero attirati da una strana calamita. Sembrava che la sua natura volesse divorarlo, ma sul momento Nefertiti si era fatta catturare dalla corrente intensa che Dalamadur le trasmise, finendo per essere contagiata dal dolore di Damaladur, quello del cuore, ed infatti i suoi occhi si rigarono di lacrime, singhiozzò ed allo stesso tempo lo invidiò ferocemente. Lei non aveva mai avuto nessuno da amare così intensamente, nessuno che le mancava da morire in quel modo. Lei era appena venuta al mondo, doveva ancora scoprire sentimenti così intensi. La voce di Thresh le arrivò fin troppo chiara nelle orecchie ed iniziò ad irritarla perché da un lato l'invidia si propagò anche sul fatto che Thresh si fosse appropriato di qualcosa di così prezioso, quasi a farle chiedere se effettivamente se lo meritasse. Non voleva però dirglielo, non voleva farglielo capire così usò quel sentimento contro di lui.
    Ti sei offeso? Perché non sembri ritardato pure tu quando ti arrabbi? Aaagh! rispose sfrontatissima ma con una voce più biascicante, chiaro segno che stava cercando con tutte le sue forze di sembrare tosta e imbattibile quando in realtà quella più in difficoltà era proprio lei. Si sforzò di voltarsi verso Thresh di guardarlo negli occhi.
    Tu li odi? Odi i cacciastreghe? era una domanda molto personale, non le interessava sapere come aveva fatto per rendere Dalamadur in quel modo, ma perché lo aveva fatto. Qual'era il sentimento che lo aveva mosso davvero? La logica portava a pensare che fosse normale volersi appropriare di qualcosa di forte, magari preso proprio dal nemico e rigirarglielo contro. Adesso che però sentiva l'anima di Dalamadur, si rese conto che ci aveva speso davvero tantissimo tempo, forse anche troppo al punto che si chiese se in realtà non lo odiasse tanto da volerlo vedere impotente contro di lui. Intanto mentre attendeva la risposta del professore, il sangue raggiunse Dalamadur ed il suo potere agì in modo spontaneo iniziando a divorare la sua energia, la sua essenza. Era qualcosa di graduale me inevitabile, più Dalamadur la torturava e la feriva più lei lo divorava, ma allo stesso tempo Nefertiti si perdeva sempre di più in quel mare di sensazioni, accendendola di piacere, di desideri che non comprendeva nemmeno.
     
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    Una volta connessa con Dalamadur Nefertiti iniziò a prosciugarlo delle forze, rendendo quella presa dolorosa sempre più flebile mentre le ferite iniziavano a rigenerarsi. Per la ragazza doveva essere la cosa più naturale del mondo, oramai, e anche solo rigenerare quei danni doveva provocarle piaceri intensi perché era esattamente lo stesso identico processo della ferita, ma al contrario e con la differenza che stava assimilando qualcosa. Dalamadur si sentiva prosciugare, percepiva chiaramente che qualcosa lo stava derubando e i suoi versi di rabbia divennero di dolore e di disappunto, mugugnava e rantolava contrariato mentre Nefertiti entrava in contatto con lui nel profondo. Riusciva a vedere frammenti della sua essenza, simili a ombre di un passato oramai lontano. Volti, nomi e luoghi erano impossibili da identificare, ma i sentimenti erano chiari. Una volontà incrollabile, il coraggio e la determinazione di in inquisitore. La grande abilità di resistere alle suppliche al fine di compiere il proprio dovere. Una missione sacra, importante, destinata a riportare l'equilibrio, tutto per creare un mondo migliore... un mondo dove LORO avrebbero vissuto in pace. Nefertiti non riuscì a scavare oltre e la sua mente si concentrò inevitabilmente sulla voce del professore che gradualmente tornava ad essere il punto focale della conversazione.
    Odio? Oh... temo di non essere ancora in grado di odiare qualcuno così profondamente. Forse è colpa mia, perché vedo del potenziale in ogni cosa. L'odio è per chi ti ha deluso così profondamente che sai perfettamente di non poterlo recuperare. E vuoi distruggerlo con tutte le tue forze. No, il mio non è odio... è amore. Provo un amore sconfinato per questi esseri così disperati. E credo di poterli aggiustare tutti, dal primo all'ultimo... proprio come ho fatto con Dalamadur.
    Le mostruose ali di carne e metallo si staccarono dal corpo di Nefertiti e tornarono a formare brandelli sulla schiena di Dalamadur, oramai del tutto privo di forze. Respirava affannosamente ma nonostante ciò continuava a ringhiare, e strisciando sulle sue stesse ginocchia si voltava verso Nefertiti, oramai completamente rigenerata e di sicuro in uno stato migliore rispetto a lui. Sembrava decisamente in procinto di ripartire all'attacco, ma oltre che le braccia adesso anche il resto del corpo si teneva assieme per miracolo, le gambe riuscivano a muoversi solo grazie all'ausilio della coda che strisciava assieme a lui per spingerlo verso Nefertiti. La ragazza poteva vederlo folle, ritardato, insensato, ma di sicuro quell'essere aveva una volontà incrollabile. Come aveva fatto Thresh a trasformarlo in un alleato?
    L'amore... è speranza. E' la forza di cambiare le cose. Di essere pronto a tutto pur di combattere per ciò che credi. Dalamadur non è ritardato... semplicemente la sua passione è raffinata verso un obbiettivo chiarissimo. Lui vuole consumare altre lanterne per raggiungere il suo scopo. Non ho mai cambiato questo aspetto di lui... se potesse, mi ucciderebbe senza pensarci due volte. Ma gli ho anche fatto capire che alcuni possono aiutarlo nella sua caccia, ed è più prezioso tenerli in vita più che divorarli. E tu Nefertiti? Pensi di essere capace di una cosa del genere? Riusciresti a convincere un cuore così puro della TUA di passione? L'amore non è un sentimento unico... ognuno ne prova una versione differente, e l'amore di qualcuno può inquinare quello degli altri... è una questione di volontà.
    Il tono del professore era chiaro, profondo, estremamente inquietante. Ma anche pieno di passione. Sembrava stesse interpretando lo sguardo di Dalamadur mentre ringhiava e strisciava verso Nefertiti, deciso a consumarla con tutte le sue forze. La ragazza poteva percepire il suo desiderio: voleva morderla, imprigionarla, aprirla nella carne e nel sangue, bere di lei e nutrirsi di lei, farla sua nel sesso e nello spirito. Era un desiderio tanto folle quanto puro e forse lei poteva capirlo più di chiunque altro.
     
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    I sentimenti di Dalamadur erano intensi, profondi, le suggeriva una vita intera vissuta al servizio della propria gente, del proprio credo. Gliel'avevano strappata via tutto, ciò in cui credeva, ciò per cui lottava e non c'era vuoto più grande al mondo. Forse Thresh quando diceva che lo aveva aggiustato era perché probabilmente lasciato a se stesso, prima o poi si sarebbe ucciso da solo, e Thresh non avrebbe mai permesso una cosa simile, ecco perché aveva tenuto ardente la sua fiamma di rabbia per non farlo spegnere. A quel punto Nefertiti non riusciva più a capire cosa fosse più crudele: lasciarlo spegnersi e dargli la pace dei sensi anche se lo avrebbe fatto da solo, oppure se continuare a torturarlo di dolore per tenerselo vicino, per tenere vivo quel sentimento che lo rendeva unico.
    Venne strappata via da quel turbine confuso di sensazioni dalla voce di Thresh che rispondeva alla sua domanda: non li odiava, non era sicuro di aver mai provato un simile sentimento, e credeva che il suo fosse amore verso di loro. Trovò un tantino arrogante la dichiarazione di volerli aggiustare tutti quanti. Quel amore di cui parlava ancora Nefertiti non comprendeva, troppo giovane per capire, troppo inesperta per poterci ragionare su e avvicinarsi a cosa intendeva davvero il professore. Intanto Dalamdur lasciò la presa su di lei, sempre più debole e impotente contro Nefertiti ed il suo terrificante potere. Sicuramente in una situazione normale, non sarebbe stato così semplice, era sicura che al massimo della sua forma, lei avrebbe perso perché la volontà di Dalamadur era incrollabile. Nemmeno ridotto a quello straccio si era arreso ed una creatura del genere si poteva rivelare davvero molto molto pericolosa. Intanto Tresh continuò a parlare dell'amore e le fece una domanda che la fece riflettere. Deglutì a vuoto: non si sentiva affatto pronta a ciò che lui le chiese. Come avrebbe mai potuto competere con una volontà come quella? Era impossibile, lei non aveva tutto quel amore nel suo cuore.

    Io... fece sentendo il tono della propria voce amarissimo, strinse i denti nel vedere Dalamdur strisciare ancora verso di lei, e una rabbia particolare la invase al punto che decise di avvicinarsi di nuovo a lui, lo afferrò per le spalle e lo rigirò per fargli sbattere le spalle a terra, mentre lei si posizionava a cavalcioni su di lui, sedendosi sulle cosce, appena sotto al bacino, per impedirgli di muoversi troppo. Lo afferrò per la collottola e non le sarebbe importato se la trafiggeva ancora, se tentava di strozzarla. Non lo vedeva più come un ritardato, ma piuttosto come un incosciente pazzo, e le fece una rabbia immensa sentirsi ai suoi occhi come una qualsiasi lanterna da mondare via dal mondo.
    ...io non so ancora niente di tutto ciò di cui parli. Io so soltanto una cosa: non voglio più essere vista come una vittima, non voglio che nemmeno Dalamadur mi guardi come se fossi la sua prossima preda! sbottò rabbiosa. Forse non poteva ancora capire a fondo i sentimenti di Dalamadur o quelli di Thresh erano ancora anni luce lontani da lei, non poteva farlo se prima non si sentiva apposto con se stessa, se prima non avrebbe trovato il suo posto al mondo, il suo ruolo. Ficcò le dita nella bocca di Dalamadur per farsi mordere, andando incontro a quel insensata pulsione che Dalamadur mostrava, in un futile tentativo di fargli recuperare un briciolo di lucidità e richiamare la sua attenzione, non per toccare il suo cuore ma per avere le orecchie aperte, che comprendesse ciò che voleva dirgli. Ulrò di dolore e di piacere poiché la soddisfazione di morderla le si sarebbe trasmesso, mentre il dolore contaminato dai loro poteri diventava piacere. Si sentiva accaldata, i capezzoli si fecero evidenti sotto lo strato di stoffa che la copriva, mentre fra le cosce si fece umida di umori. Spalancò gli occhi avvicinandoli a quelli di Dalamadur guardandolo in cagnesco.
    SONO IO LA FOTTUTA PREDATRICE ADESSO! se Dalamdur avesse tentato di strozzarla, gli avrebbe morso le braccia o i polsi con forza, con la chiara intenzione di procurargli dolore. Avrebbe potuto usare il suo potere, ma in quel momento Nefertiti seguiva gli impulsi più istintivi, quelli che la spingevano a mostrare a quell'essere che non doveva assolutamente sottovalutarla. Continuò a ciucciare altra sua energia, diventandone forse anche fin troppo avida.
    E' questo che vuoi fare Dalamadur? Continuare a combattere anche se sai che morirai? Io posso ucciderti! Devi temermi! Devi smetterla di combattermi! avrebbe continuato a ciucciare ancora altra linfa vitale da lui, voleva vederlo svenire e se Thresh non l'avrebbe fermata, proobabilmente l'avrebbe ucciso.
    Io sono Nefertiti! Hai capito? HAI CAPITO?
     
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    Dalamadur non era abbastanza forte per opporsi ma quando Nefertiti lo toccò per poterlo sbattere a terra lui prese a ringhiare con vigore, tentò di opporsi e anche mentre crollava non smise mai di sollevare il collo e il volto verso di lei, spalancando le fauci. Il desiderio di afferrarla, morderla e farla a pezzi si fece così forte che le braccia smisero di sanguinare e presero a trasformarsi, diventando più grosse, mostruose, simili a delle protesi di carne e metallo, che si fiondarono verso di lei cercando di prenderla. Nefertiti però fu più volenterosa e veloce di lui, tanto che lo morse con forza per scacciarlo e gli infilò le dita in gola per zittirlo. Le zanne del guerriero affondarono nella sua carne e più lei gemeva di dolore e piacere più lui ringhiava frustrato, serrandola forte e provando ad opporsi, ritrovandosi il sangue della ragazza in gola che fungeva da ponte tra i loro corpi. Sentiva la sua energia prosciugarsi per poter ricaricare quella della ragazza, il corpo di Nefertiti rispondeva bagnandosi, eccitandosi e divorando l'essenza di Dalamadur. Il guerriero continuò a morderla ma man mano che lo faceva smetteva di farlo per il gusto di ferirla ma bensì per sentire ancora quel sangue dentro di lui. Lo prosciugava... ma lo voleva. Da un certo punto di vista, anche se Nefertiti lo stava prosciugando della sua forza, il sangue che gli offriva stava avendo il risultato contrario e in maniera del tutto inaspettata. Il professore le aveva già lasciato intendere che i Cacciastreghe si nutrivano del potere delle lanterne, più che letteralmente, e averne un assaggio condito col cuore di strega che possedeva Nefertiti fu davvero un toccasana per lui. Il corpo di Dalamadur iniziò a trasformarsi, assumendo fattezze più umanoidi e massicce, ma senza deformarsi in maniera dolorosa ed estrema. La giovane apprendista avrebbe avuto la sensazione di vederlo rigenerato, un pò come era successo col cappotto del suo maestro la prima volta che lo aveva riparato. Anche lei era riuscita ad "aggiustarlo", in un certo senso e lo aveva fatto a modo suo. Mentre si rigenerava e accettava quell'offerta di sangue, lo sguardo di Dalamadur cambiava, assumendo un'aria più docile, pacata... forse non del tutto calma, ma diversa da prima. Respirava affannosamente con le dita di Nefertiti tra i denti come se stesse cercando un buon motivo per non cedere, ma gli era impossibile in quel momento. Il corpo si gonfiò ancora una volta di colpo e il cappotto lacero del guerriero si strappò rivelando dei pettorali scolpiti e un fisico che niente aveva da invidiare al professore. Il petto era ricoperto di scaglie che si diradavano come fiori tropicali intorno ai capezzoli umanoidi, turgidi. E non erano l'unica cosa ad essere turgida. Dai pantaloni strappati del campione si ergeva adesso una verga che proprio come quella del professore rendeva giustizia alla definizione di "virilità", aveva un'aria quasi artificiale, lucidai n alcuni punti e composta perlopiù da quelle che sembravano delle scaglie organiche, ma chiaramente una mascolinità pulsante dalla punta violacea, la cappella larga e un fluido rossiccio dall'aria dolce che si scioglieva sulla sua lunghezza imponente. Il corpo di Dalamadur era abbastanza gonfio da sollevare Nefertiti ritmicamente mentre respirava, ma non si opponeva più a lei, anzi: se prima i denti si limitavano a morderla per strapparle la carne, ora lasciavano spazio alla sua lingua: lunga, massiccia e caldissima che cercava di insinuarsi tra le dita della ragazza per averne un assaggio più perverso. Nonostante la nuova forma e un corpo che chiaramente aveva ritrovato il vigore... nonostante quella verga in tiro e la bocca languida, Dalamadur non si muoveva. L'aveva riconosciuta come avversaria, e non le dava più la caccia... anzi le ubbidiva. Com'era successo con Thresh.
    Che talento disarmante... hai proprio intenzione di umiliare questo vecchio professore, eh Nefertiti?
    Certo quel mostro era già ampiamente fatto a pezzi da Thresh per... beh probabilmente altri mille anni di esistenza, ma di sicuro riuscire a farsi "rispettare" in quel modo non era cosa da tutti. Ora Nefertiti non sentiva più niente della sua rabbia e della sua disperazione, c'era solo desiderio, proprio come tutti, e il suo desiderio era quello di compiacerla. Thresh decise di attendere, restandosene in disparte, dissimulando ciò che provava fingendo quell'irreale invidia per lei, quando in realtà aveva ricevuto un effetto tutt'altro che distante da Dalamadur: il potere di Nefertiti e la sua forza di volontà l'avevano resa bellissima e irresistibile. Il professore aveva sempre disumane difficoltà a trattenersi con lei, la voglia id saltarle addosso e possederla nella maniera più brutale e dolorosa possibile era difficile da controllare, ma per lei si sforzava, andando contro tutto ciò che era, tanto da far brontolare il suo stesso stomaco in maniera mostruosa e disumana, neanche lo stessero contorcendo dall'interno.
     
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    Dalamadur non si fermava, continuava a mordere a ringhiare rabbioso, fin quando non sentì che Nefertiti lo stava di nuovo prosciugando della sua energia, ubriacandosi di quel contatto al punto che si ritrovò a voler bere il sangue di Nefertiti. Si aspettava che si sarebbe spento sempre più debole, boccheggiando fino a svenire, invece successe qualcosa di molto diverso. Il corpo di Dalamdur si gonfiava come se il potere di Nefertiti lo stesse corrompendo verso qualcosa di diverso, eppure le sue carni non si lacerarono come prima, tutto l'inverso. Sembrava che lo stesse guarendo, eppure Nefertiti sentiva chiaramente la sua energia alimentarla, ubriacarla allo stesso modo. Non capì inizialmente, Dalamadur aveva tutta l'aria che si stesse potenziando, lo dimostrò quando il suo cappotto si lacerò mostrando la muscolatura gonfia e tonica. Per un momento pensò di aver frainteso il proprio potere, che forse Dalamadur non reagiva come tutti gli altri. Come poteva sopraffarlo se invece di indebolirsi diventava più forte? Non riusciva però a smettere, intensificando il proprio potere, in un disperato tentativo di vederlo sconfitto, non tolse le dita dalla sua bocca mentre lui continuava a mutare ed ingrossarsi. Quanto potevano essere spaventosi quei esseri? Lo vide calmarsi, sentì la sua furia abbassarsi, anche se non del tutto, ma le diede la sensazione che stesse recuperando un briciolo di lucidità come lei voleva. Smise di volerla divorare e distruggere, quasi la sorprese quando i suoi denti aguzzi lasciarono in pace le sue dita, iniziando a leccarla mentre essi si rigeneravano. Lo fissò confusa inizialmente, poi gradualmente arrivò la consapevolezza sul fatto che aveva "domato" la sua furia ed aveva accettato il suo ruolo: non era più la sua preda. La mano che lo stringeva per la collottola però non allentò la presa, non si fidava di quel atteggiamento docile, ma allo stesso tempo temeva che diventando più dolce con la sua presa, lui potesse di nuovo tornare a volerla distruggere, non voleva lasciargli lo spazio di pensare che potesse recuperare il suo svantaggio. Così continuò a fissarlo negli occhi dura e concentrata, cercando in lui un contatto mentale. La voce di Thresh le diede quel minimo di distrazione per accorgersi con le vista periferica che qualcosa davanti a lei si stava impennando verso l'alto. Abbassò lo sguardo e vide l'erezione di Dalamadur, enorme, esotica. Le sue palpebre sbatterono più volte per l'incredulità, non riusciva a capire se quell'affare fosse vero. Eppure non c'erano margini per fraintendere cosa gli era successo. Solo a quel punto, vedendo chiaramente l'eccitazione di Dalamadur, riuscì a capire cosa stava succedendo anche a lei: il calore al basso ventre, i capezzoli sensibili, la clitoride pulsante e quella strana "sete" che percepiva con il suo corpo. Era eccitata, nemmeno riusciva a capacitarsene dato che l'eccitazione che invece aveva provato con Artù era di natura totalmente diversa. Possibile che fosse diventata una tale pervertita? Si era eccitata nel aver conquistato il suo ruolo dominante? Il suo corpo gridava di sì, e le fece rabbia perché aveva sempre criticato Thresh quando gli succedeva.
    Pervertito, proprio come lui! sembrò un accusa per Dalamadur, ma era anche rivolta a se stessa. Si spostò con il bacino, sedendosi su quell'affare rudemente per schiacciarlo contro il suo ventre. Lo aveva fatto con l'intenzione di "punirlo" pensando istintivamente che schiacciandolo gli avrebbe fatto male. Non realizzò scioccamente che anche lei aveva avuto certi effetti sul corpo. Quando infatti sentì quanto fosse duro e bollente, anche attraverso lo strato di stoffa che la copriva, percepì più chiaro che mai una vampata di piacere che attraversò tutto il corpo, facendola mugugnare e stringere i denti, perché testarda non voleva ammettere nemmeno a se stessa che anche lei bruciava di desiderio, che anche lei si sentiva strana. Il suono della propria voce la fece vergognare, reagì con rabbia stringendo di nuovo la collottola di Dalamadur spingendogli i pugni chiusi contro lo sterno per spingerlo a terra.
    Io sono... Nefertiti. era ancora molto decisa, ma il timbro della voce era più biascicato poiché mentre lo diceva si angolò meglio con il bacino, per sentire le labbra vaginali aderire contro quell'erezione e la clitoride premersi contro di lui. Un nuovo brivido la invase, e la sua energia si accese facendo emettere alla lanterna un flebile fumo. Il suo istinto le diceva di sfregarsi contro quell'erezione oscenamente, di prendersi il piacere che voleva, ma esitava, si sentiva smarrita, non voleva ancora ammettere quanto fosse cambiata. Non osò nemmeno guardare verso Thresh, quasi per timore che guardandolo avrebbe perso quel briciolo di contegno che stava avendo. Stava assaporando l'essenza di una lanterna ma non la stava afferrando, forse le serviva solo una piccola spinta, magari una piccola guida.
     
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    La "punizione" non fece altro che accendere ancora di più di desiderio Dalamadur, che appena percepì la carne di Nefertiti sciogliersi intorno alla sua erezione, prese ben presto a mugugnare di piacere. Somigliava ancora ad un ringhio soffocato e aggressivo, ma il modo con cui la fissava non assomigliava per niente ad una minaccia, quanto più ad una richiesta. Anche se avesse deciso di muoversi il minimo, la ragazza poteva sentire quella mastodontica virilità pulsare contro le sue grandi labbra per poterle separare, e il bacino di Dalamadur si muoveva verso di lei, impaziente, voglioso. La coda dell'essere scivolava a terra per quanto gli fosse possibile, cercando di sfogare la frustrazione, ma non faceva nulla che non fosse leccare vogliosamente quelle dita, alla ricerca di più attenzioni. Nefertiti non aveva bisogno di presentarsi, lui aveva già capito quale fosse il ruolo di quella ragazza in tale situazione, ma domato dall'istinto oscuro della mezza strega Dalamadur capì che doveva assecondarla, cercando di articolare qualcosa senza però strapparsi dalle sue dita.
    Nefer... titi...
    A quel punto Thresh non poteva più starsene in disparte: l'odore del sesso della ragazza che si sfregava contro quella virilità succulenta e immane era davvero irresistibile. Si avvicinò a loro cercando di mantenere un passo lento, assaggiando la situazione per far durare l'attesa il più possibile, ma si rivelò una vera e propria tortura, conscio di non poter rimandare oltre si piegò verso Nefertiti, posizionandosi dietro di lei per parlarle direttamente all'orecchio. Le labbra del professore quasi sfiorarono la sua carne e sentì le bianche trecce appesantite dai ganci circondarle le spalle e il petto.
    Lo senti? No... non è bestiale, non è animale. Ti ingannerebbero dicendoti che devi evolverti, e staccarti dalla bestia che c'è in te, ma non è così. E' desiderio... è qualcosa di molto più elaborato di quello che sembra. Non ne hanno semplicemente bisogno le tue parti basse... lo vuoi tu. Ti appartiene. Sai che lo hai conquistato... sai come prenderlo in ogni maniera possibile e ne godrai immensamente. Non è bestiale... non è primitivo... non è lontano dal disegno di Dio... è la tua volontà che prende forma. E tu lo sai...
    Thresh aveva sentito molti sermoni sui peccati della carne e le colpe degli esseri umani che dimenticano la strada illuminata della divinità in favore della brutalità e della bestialità. Primitivi indegni della grazia celeste, ma dal punto di vista del professore non poteva esserci niente di più lontano dalla realtà. Una bestia divora e si riproduce per necessità. Loro invece lo facevano per gusto... per desiderio... per il piacere di gustare ogni sapore che quel mondo aveva da offrire. E nessuno doveva osare dir loro che non potevano.
    Non cercava di corromperla, né di convincerla, quella non era una lezione o tanto meno un sermone. Quello era il suo professore che dava forma ai suoi pensieri, che li tirava fuori. Una leggera spinta, e un accompagno tutt'altro che metaforico: mentre le parlava, le mani forti e decise di quell'uomo le scivolarono sulle spalle e le arrivarono sul petto, afferrandole i vestiti sotto la giacca di pelle per iniziare a strapparli. Qualcosa di lento anche se brutale, non votato unicamente a scoprire il seno perfetto e irresistibile di Nefertiti, ma a simboleggiare quella metaforica camicia di forza che ancora la attanagliava, aiutandola a sradicarla via per poter accettare finalmente i suoi desideri. Nefertiti avrebbe visto chiaramente gli occhi di Dalamadur sgranarsi appassionati e vogliosi mentre il suo petto veniva messo in mostra. La bocca si riempì di saliva e la ragazza avrebbe capito dal tremore di quella verga sotto di lei che il Cacciastreghe domato la desiderava, e avrebbe fatto di tutto pur di compiacerla e soddisfare ogni suo desiderio.
     
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    Perché non la stava disgustando sentire quella verga enorme contro di lei? I movimenti di Dalamadur le fecero stringere i denti e dovette trattenere il respiro per non tradire un lampo di piacere che la attraversava. Era diverso, così dannatamente diverso di come ricordava i momenti di quel tipo. Forse perché era lei questa volta a stare sopra, ad imporre il suo volere? Era lì che teneva tutto fermo in sospeso, non assecondava il proprio desiderio e nemmeno se ne stava separando per mettere fine a tutto. Perfino le sue emozioni erano in stasi, in attesa di uno stimolo, che arrivò dalla voce di Dalamadur, quando gli sentì pronunciare il proprio nome. Una scossa di profondissima soddisfazione la invase, facendole venire la pelle d'oca, rendendo i capezzoli ancora più turgidi e sensibili, mentre la sua clitoride pulsò più forte come se avesse voluto reclamare al suo cervello la sua parte. Le sembrò il suono più delizioso di tutti perché aveva il suono della vittoria. I suo occhi si aprirono quasi scioccati, le sue labbra si socchiusero, respirando in modo leggermente più affannato. I suoi capelli si fecero leggeri, sembravano sospinti da una leggerissima brezza, ma non vi era alcuno spiffero in quel luogo. Continuava a fissare Dalamadur mentre si chiedeva cosa diamine le stesse succedendo, era così assorta che non si accorse che Thresh le si fece sempre più vicino, e quando lo sentì vicinissimo, il suo fiato sfiorarle l'orecchio, le sue trecce carezzarle la pelle, sussultò e tremò esalando un profondo respiro. Improvvisamente le sembrò di avere tutto il corpo più sensibile, si sentiva stordire ma la voce di Thresh le era più chiara che mai nella mente, melliflua le dava le risposte alle domande che non osava fare. Quindi era questo quello che le si muoveva dentro? Voleva prendersi la sua vittoria? Trasalì quando le mani del professore le furono addosso e si sconvolse nello scoprire che se ne sentiva sollevata, che le era piaciuto sentirsi afferrare e sentire la stoffa che si stracciava e la lasciava nuda. Quando i suoi seni furono denudati, Dalamadur avrebbe visto i piercing sui suoi capezzoli, il dono che le aveva fatto Thresh e di cui lei non si era mai liberata. Iniziò a strusciarsi di sua iniziativa contro l'erezione di Dalamadur, avvampando di piacere ancora una volta mentre finalmente iniziava a sentirsi libera. Non aveva ancora idea di cosa avrebbe fatto, ma seguì i suoi primissimi impulsi, assottigliando la stoffa che copriva il suo sesso, senza però denudarlo ancora, sfregandosi ancora ed ancora, prendendo confidenza con quella nuova ed inebriante sensazione. Le mani che prima erano chiuse a pugno, stringendo la stoffa del cappotto di Dalamadur, si aprirono e si posarono sul pettorale di Dalamadur, palpandolo, toccandolo come un uomo avrebbe fatto con dei seni femminili. Intanto la sottile stoffa divenne sempre più umida di umori al punto che iniziava a diventare trasparente. Inarcò leggermente la schiena, mettendo in evidenza i suoi seni, sperando che Thresh avrebbe accolto quel invito e saziasse quella strana sensazione che le stava bruciando dentro.
    è vero, lo voglio... fece in un sussurro mentre i movimenti dei suoi fianchi si fecero molto più decisi, se prima era un lento massaggio, adesso le sue labbra vaginali scorrevano per tutta la lunghezza del suo sesso, infradiciandolo di umori sempre di più.
     
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