Illuminerà il cammino

x Hina

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    Da qualche giorno, Thresh stava evitando Nefertiti. All'inizio dava l'idea che potesse essere occupato, ma non era così. Non le parlava, non la coinvolgeva nelle lezioni, la teneva a distanza come se temesse qualcosa. Ed era successo più di una volta. Durante gli allenamenti non le dava mai consigli né si rivolgeva direttamente a lei, non le chiedeva aiuto per organizzare lezioni, né la coinvolgeva durante i pranzi scolastici. Non era usuale che la invitasse nel suo ufficio per cenare assieme ma anche quegli eventi erano spariti. E il peggio era che non si trattava semplicemente di un comportamento con lei: sembrava tenebroso, oscuro, ma molto molto più del solito. Il suo sorriso malefico e il suo sguardo da pervertito avevano lasciato spazio ad una grande preoccupazione, qualcosa che Nefertiti poteva percepire anche quando non lo guardava negli occhi. Più passavano i giorni, meno si vedevano, Nefertiti poteva sicuramente maturare le sue abilità fisiche e la sua conoscenza delle arti magiche, ma per comprendere a fondo il suo potere e la sua dedizione verso Apocrypha aveva bisogno di lui. Aveva bisogno di una guida. Di sicuro avrebbe iniziato anche a domandarsi come mai anche dopo aver esplorato il labirinto, aver affrontato i suoi demoni ed essersi messa contro Scorn e Fortinbras, ancora non aveva ricevuto la sua lanterna. Un pò come se oltre a Threhs, ad essere scostante, fosse anche la sua dea.
    La cosa più problematica del professor Carnovash era che risultava molto difficile da rintracciare. Di solito è lui a farsi trovare e non manca mai quando si pronuncia il suo nome, ma come fai a mettere all'angolo un tipo così evasivo? Molto semplice: gli organizzi una trappola. Almeno questo era il piano di Morgana. Dopo averle spiegato cosa fare, Morgana fornì a Nefertiti una grande quantità di dolcetti, i prediletti dal professore, ma non di quelli pescati a caso dai distributori automatici bensì quelli delle pasticcerie rinomate. Bastava guardarli per capirne il sapore e anche il loro aroma risultava irresistibile. A dirla tutta, fu molto difficile per Morgana consegnarli a Nefertiti tutti interi e senza assaggiarne neanche uno, ma per una volta vinse l'amicizia. Trovati i dolcetti, serviva il luogo giusto, e tutti sanno che l'ufficio del professore è una specie di porta dimensionale, metterli lì rischiava di far sparire i dolcetti invece che far comparire lui. Serviva un posto più facile da braccare e che gli impedisse di essere evasivo come succedeva di frequente, quindi Morgana le suggerì l'aula d'arte, dove non c'erano uscite e la stanza era interrata ,quindi estremamente complicata da eludere. Il piano funzionò alla perfezione.
    Nefertiti lo trovò dentro l'aula di arte, seduto davanti ad un grosso tavolo da lavoro mentre con l'aria crucciata divorava uno ad uno quei deliziosi pasticcini. E li assaporava con gusto, mugugnando addirittura di pura goduria mentre lo faceva, ma tenendo uno sguardo imbronciato. La sua lanterna, posata di fianco a quel banchetto glicemico, sembrava riflettere il suo stato d'animo: smorta, poco luminescente, come se fosse a digiuno di anime. Thresh aveva ceduto alla golosità e si era abbandonato ai suoi pensieri. L'aula di arte era parecchio grossa ma perlopiù occupata da grandi tavolini di legno, circondata da quadri in corso d'ora o quasi finiti ed armadietti estremamente forniti.
     
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    Dopo la sua avventura nel labirinto e dopo aver fatto incazzare qualcuno di quella dimensione, Thresh misteriosamente si era allontanato sempre di più da lei. In un primo momento pensò che le volesse lasciare lo spazio di abituarsi alla sua nuova realtà: aveva un ragazzo, aveva una coinquilina a cui doveva badare in vari sensi. Aveva degli amici e lei non si era mai sentita così serena come in quel periodo della sua vita. Quella serenità però venne disturbata dallo strano comportamento di Thresh. Non le scriveva nemmeno dei messaggi, e pensare che prima le stava addosso proprio per farla uscire dal suo guscio. Si confidò con Morgana e lei si era subito prodigata a risolvere quel problema insieme a lei. L'idea di tendergli una trappola con i dolci la divertì tantissimo. Le sembrava di vivere un episodio che non aveva potuto fare nella sua infanzia. Dubitava che potesse funzionare seriamente, ma almeno assieme a lei poteva distrarsi da quella strana sensazione di abbandono che la coglieva quando vedeva Thresh lontano e perso in chissà quali pensieri. Forse non gli interessava più averla fra i piedi? Ormai l'aveva fatta uscire dal suo guscio, quindi che significava? Che risolto il problema poteva anche farsi gli affaracci suoi? Alla vecchia Nefertiti sarebbe pure andato bene, ma la verità era che non le andava giù rinunciare al suo professore: ancora di più dopo che il suo cuore continuava a tormentarla con quei strani sentimenti deviati per colpa di quel sogno in cui lo aveva avuto come un padre. Il piano di Morgana sembrò funzionare alla grande, i primi pasticcini sparirono lasciando dietro solo qualche cartina vuota. Andando nella stanza scelta per la trappola lo trovarono lì ad ingozzarsi di dolcetti, con una Nefertiti che si sentiva sempre più irritata all'idea che la stesse evitando di proposito.
    Cazzo, ha funzionato davvero! fece un pizzico irritata, si chiuse la porta alle spalle ed incrociò le braccia al petto guardandolo severa come non mai.
    Sei proprio un ciccione ingordo, non ne hai lasciato nemmeno uno! si voltò verso la porta e la chiuse a chiave, sfilando via la chiave per mettersela in tasca. A mente fredda si sarebbe ricordata che quello era un gesto del tutto inutile dato che lui era perfettamente in grado di usare portali dimensionali per spostarsi dentro quella dannatissima scuola. Più che uno zombie era un fottuto fantasma! Questa volta però Nefertiti era decisa ad andare fino in fondo a quella faccenda. Avevano ancora delle cose in sospeso, soprattutto con il labirinto, come poteva comportarsi come se nulla fosse, come se lei non fosse che un numero nell'elenco del suo registro? Ce l'aveva con lei altrimenti non si spiegava il motivo ed il fatto che non si degnava manco di guardarla male, la faceva uscire dai gangheri.
    Si può sapere che ti ho fatto? sbottò impaziente, un pizzico agitata e pienamente intenzionata a discutere di quella faccenda.
     
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    Appena sentì la voce di Nefertiti accompagnata dal suono della porta che si chiude, Thresh sobbalzò, alzando lo sguardo sgranato verso di lei mentre aveva ancora le guance piene di dolcetti. Non si aspettava quell'intrusione: o meglio aveva capito subito che quei dolcetti erano una trappola ma credeva si trattasse di uno scherzo dei ragazzi o banalmente un invito di Leben, tutto poteva immaginare meno che ci fosse Nefertiti dietro. O più semplicemente... sperava che non fosse lei. A rendere la situazione ancora più minacciosa ci pensò la mandata di chiave che Nefertiti tirò prima di infilarsela nella tasca, deformando l'espressione del professore da inatteso a piacevolmente sorpreso: era la prima volta che capitava a lui una cosa del genere da... troppo tempo. Degna allieva sua, la cara Nefertiti. le aveva insegnato bene. Fece per dire qualcosa ma si rese conto di avere ancora la bocca piena, quindi mandò giù il boccone e con esso il rospo che teneva metaforicamente tra i denti, sospirando e leccandosi le dita con aria sconsolata, intento a respirare. Non poteva rimandare oltre quel discorso.
    E va bene... siediti.
    Commentò arreso, avvicinandosi all'angolo del grosso tavolo e invitandola a sedersi dal lato vicino al suo. Afferrò un misterioso oggetto che teneva vicino alla vita, reso irriconoscibile da un drappo nero lacero che lo copriva del tutto, ma aveva chiaramente una forma cilindrica, o meglio sembrava composto da diversi cilindri. Pur non potendone distinguere chiaramente le fattezze, Nefertiti poteva sentire il suono metallico e vetroso che generava quando scosso.
    Il tuo potere è grande, Nefertiti... tanto da essere insolito. Il Labirinto reagisce ad esso, per questo riesci ad attraversalo così facilmente. Prima di te solo Artù c'era riuscito, e pochi altri prima di lui. Sei temibile, per questo molti ti vogliono. Non posso spiegartelo brevemente, ma non è questo di cui devo parlarti.
    Le grosse dita del professore, di solito usate con grande perizia non solo nell'uso dei suoi strumenti, ma anche per i gesti e per le sue sentite orazioni, ora agitavano quei cilindri misteriosi tra le dita con indecisione, facendoli titinnare come a voler emulare il battito dei denti di una persona spaventata. Sul suo volto non c'era paura, piuttosto... angoscia. Qualcosa che lo rendeva impaziente ma al tempo stesso tanto ansioso per le conseguenze delle azioni.
    Credo che tu oramai l'abbia capito... la lanterna non è solo una fonte di potere, è un veicolo per attraversare il Labirinto e trarre da esso un'essenza che di norma le persone non hanno a disposizione. Ma dovresti anche sapere che non siamo noi a prenderci la lanterna... è la lanterna a sceglierci. E' come un messaggero che ascolta il richiamo e ci raggiunge. Ma nel tuo caso così non è stato. Sei stata nel labirinto, ne hai assimilato i poteri, hai visto lo sguardo della nostra dea, ma la lanterna non si è presentata a te.
    Solo a quel punto scoprì il contenuto del drappo scuro e in quel momento fissò serio Nefertiti negli occhi. Mortalmente serio. Davanti a lui, sul tavolo, c'erano delle lanterne simili a quelle che portava Thresh, ma più piccole ed allungate, vuote ma simili a dei cilindri per gli esperimenti chimici. Sulle due estremità c'erano dei piccoli teschi a metà tra decorazioni e probabilmente quello che si potrebbe considerare un "tappo".
    Queste sono... lanterne "artificiali", chiamiamole così. Le crea mio fratello. Sai perché me le ha date? Perché pensa che io non sia in grado di addestrarti, di guidarti... pensa che la mancanza della lanterna si un modo per dirmi che non sono riuscito ad illuminare la via. Solo perché non ti ho costretta a fare rituali e iniziazioni noiose e vetuste... ma forse ha ragione. Forse nemmeno io ho visto il potenziale che hai dentro e non sono riuscito a tirarlo fuori. Forse è davvero colpa mia. Ma non potevo lasciarti a lui. Mi sono detto che forse, lasciandoti libera, avresti trovato da sola la strada, ma questa è solo la stronzata che mi sono raccontato per non doverti affrontare e dirti questo... perché sarebbe ingiusto non far illuminare la tua lanterna solo per tenerti con me.
    Nefertiti non aveva la minima idea del valore che aveva acquisito per Thresh. Quando si vantava di lei, quando la portava in gloria, non era la sua mera personalità ad essere esuberante: lei era la sua allieva diletta, l'apprendista numero uno, e il pensiero di doversene separare per lui era insostenibile... era come dare via una figlia.
     
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    Era pronta a fare i capricci. Per la prima volta in vita sua aveva avuto un sentimento del tutto umano e spontaneo, degno di una figlia come quello che aveva sognato. Invece tutta il suo spirito battagliero venne messo a tacere quando si decise a parlare e spiegarsi. Nefertiti si guardò attorno ed afferrò uno dei sgabelli per il disegno dal vero, sedendosi a cavalcioni con le braccia poggiate sullo "schienale" su cui di solito si ci poggiava il proprio piano di disegno. Indossava un paio di shorts di jeans ed una canotta comoda, quindi si sentiva tranquilla a sedersi in quel modo davanti a lui. Lo lasciò parlare mentre lui tirava fuori quello che sembrava una specie di contenitore per fare i cocktail super eccentrico. Sollevò le sopracciglia perplessa mentre lui spiegava che aveva un grande potere e che stranamente, nonostante fosse dotata non si era mai palesata la sua lanterna. Nefertiti aggrottò la fronte e sollevò un dito come a voler intervenire nel suo discorso, ma il professore continuò a briglia sciolta dando per scontate moltissime cose su di lei. Quando finì di parlare prese un profondo respiro.
    Aspetta mi stai dicendo che mi hai evitato per tutto questo tempo perché non ho avuto la mia lanterna? le si gonfiò una vena sulla fronte per il nervosismo: si era tormentata pensando che non volesse avere più a che fare con lei. Che aveva perso interesse abbandonandola nel suo mondo adolescenziale, perché tanto ormai poteva camminare con i suoi piedi. Contò fino a dieci, tirò un sospiro per calmarsi e tornò a guardare Thresh.
    Non hai pensato che forse non sono riuscita ad attirare questa "lanterna" perché non avevo la più pallida idea di doverne avere una? Parli spesso delle lanterne e del labirinto, ed in effetti non ti ho mai fatto domande in proposito. Ho sempre pensato che fosse una religione strampalata in cui ti inventavi cose per fare il maiale.... senza offesa. si grattò la testa nervosamente perché c'era una cosa che Thresh non aveva calcolato minimamente in tutta quella storia, ovvero che Nefertiti non aveva la più pallida idea di cosa stava facendo sul lato teorico. Aveva seguito Thresh, aveva vissuto le sue avventure, si era affezionata tantissimo a lui, ma in effetti non aveva mai pensato di seguire le sue orme in campo spirituale.
    Io ho sempre pensato che tu stessi cercando di aiutarmi, di insegnarmi a stare al mondo. Non ho mai pensato che i miei guai mi avrebbero portato a far parte di un culto religioso. In effetti non so nulla del culto di Apocrypha, a parte che esiste una dimensione piena di stronzi strampalati ed inquietanti. Mi hai insegnato tante cose Thresh, ma ecco non mi hai mai effettivamente parlato del culto e di cosa significa farne parte nello specifico. Ci sono finita dentro per colpa di quel cubo, ma alla fine dei conti io non ho ancora capito cosa sia una lanterna. fu mortalmente sincera, dopotutto lei non aveva avuto lo stesso percorso che avevano avuto gli altri. Aveva avuto un approccio molto più pratico e non si erano soffermati a parlarne perché Nefertiti aveva bisogno di altro, aveva avuto bisogno di non perdersi. Cosa che Thresh era riuscito a fare, prendendola dall'oscurità negativa che le opprimeva il cuore, ma non le aveva ancora mostrato il sentiero di cui era sicuro che lei sapesse già.
     
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    Dal punto di vista di Nefertiti, Thresh aveva semplicemente tralasciato tutto, abbandonandola al suo destino e vivendo alla giornata, ma non era assolutamente così. Si ritrovò a scuotere il capo con aria affranta mentre Nefertiti gli spiegava come la vedeva, come poteva capire? Ovviamente dal suo punto di vista ogni cosa aveva bisogno di una spiegazione, ogni pezzo del puzzle doveva andare al suo posto, ma non è così che funziona la FEDE. Non quando si tratta di un potere simile. Sospirò, mescolando tra le dita quelle lanterne vuote e rumorose, lo faceva con un discreto disprezzo, ma non tanto nei confronti della situazione quanto verso sé stesso. Sentiva di star fallendo come insegnante e non riusciva neanche ad esprimerlo.
    Pensi che qualcuno a me lo abbia spiegato? O che qualcuno lo abbia spiegato a Gil? Questa non è una di quelle sette dove ti chiudono dentro un'oasi fittizia e ti fanno figliare col leader nella speranza che ti scelga come membro della salvazione eterna...
    Beh... circa. Diciamo che tutto il sesso e la perversione veniva molto dopo. Non si fermò, doveva farle capire perché la lanterna era qualcosa di molto più spontaneo ed innato.
    La lanterna non è un diploma o un titolo di studio... che valore pensi abbia la storia del Labirinto o quello che riguarda il culto? Se io ti dicessi cosa fare, come pregare e perché farlo... si perderebbe ogni cosa. La lanterna è puro istinto, è pulsione è... desiderio. E' la manifestazione di ciò che vuoi DAVVERO, senza contaminazioni né indicazioni. Il mio compito era portarti fino a questo punto e credevo di esserci riuscito, ma a quanto pare così non è... e forse tutto quello che so è sbagliato.
    Era chiaramente offuscato dalla frustrazione e dal senso di fallimento che lo attanagliava, ma più di ogni altra cosa non voleva separarsi da lei, questo stava cercando di farle capire per giustificare la sua distanza, ma a quanto pare aveva perso anche il suo talento nello spiegarsi, oltre che la capacità di insegnare ciò che gli veniva più spontaneo. Proprio con lei che riteneva la sua allieva prediletta non era riuscito a farei l lavoro perfetto che tanto agognava. Che altro poteva fare se non disperarsi.
    Dicendomi così... dai ragione a mio fratello. E' lui il devoto stoico di Apocrypha che considera tutti gli scritti dei dogmi inviolabili. Lui considera i Nobili delle divinità, non degli ospiti del Labirinto come noi lanterne. Lui ci considera dei religiosi, ma non è quello che ti sto insegnando. Se dessi retta a quello che mi stai dicendo dovrei portarti da lui e lasciare che ti inizi a modo suo. Ma io so per certo che non è la corretta via, non quella completa, non quella giusta... eppure sto sbagliando comunque.
    Si ritrovò a sospirare, si rendeva conto che probabilmente tutto questo non aveva senso per Nefertiti, che magari avrebbe visto la cosa solo come una scusa, o ancora più banalmente una faida infantile tra fratelli. Ma se aveva imparato davvero a conoscerlo, e fosse stata in grado di carpire quella preoccupazione sincera, avrebbe potuto intuire quanto Thresh fosse davvero in apprensione per quella storia. Non voleva che Nefertiti fosse una delle tante. Lei era speciale, lui lo sapeva. Era speciale per il suo professore. Le lanterne vuote tra le dita di Thresh vibrarono di energia violacea, e subito gli occhi del professore si accesero della stessa forza ma di colore verde. Nefertiti avrebbe potuto sentire la presenza di un terzo incomodo nella loro conversazione, in maniera chiara e distinta.
    Ci osserva... ti ascolta... vuole essere lui ad istruirti. Sta aspettando che tu lo chiami, proprio come hai fatto con il cubo.
    Vidocq sembrava impaziente di fare la sua parte, poco ma sicuro. Forse Nefertiti non lo aveva mai conosciuto ma le bastò percepire quella punta di potere per capire che in fondo aveva lo stesso desiderio di Thresh, e la stessa volontà verso il Labirinto e la loro dea. Magari Nefertiti aveva davvero bisogno di una guida diversa dal professore. Forse il fatto di vederlo come una nuova famiglia non la spingeva a desiderare altro, e la sua lanterna non riusciva a manifestarsi. In tutto questo, la lanterna di Thresh era rimasta sopita, smorta, priva di vigore.
     
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    Thresh alle volte dava troppo per scontato che Nefertiti potesse capire e leggere fra le righe. Dimenticava spesso che era diversa dagli altri, non perché avesse qualcosa di speciale, ma proprio le mancava quel qualcosa che poteva renderla intuitiva verso il prossimo. Fin quando si trattava di doppi fini, di brutte intenzioni, Nefertiti era bravissima a capirlo. Quando invece le intenzioni erano buone e mosse dall'affetto, si perdeva, non capiva. Infatti non riusciva nemmeno a capire perché lui sembrasse così frustrato da quella storia. Certo un pochino le faceva piacere vederlo così dedito a lei, ma allo stesso tempo non capiva perché diamine non gliene avesse parlato invece di evitarla come se continuare a frequentarla avrebbe causato problemi. Cercò di ascoltarlo, mentre le diceva che la nascita della lanterna doveva essere spontanea, naturale, come era successo a lui, come era successo agli altri. Non voleva spiegargli nulla del suo culto perché voleva che lo abbracciasse istintivamente, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Perché il cammino che aveva in mente per lei non era quello classico che usavano altri adepti come questo fantomatico fratello. Disse una frase in particolare che la colpì come un pugno in pieno stomaco: " E' la manifestazione di ciò che vuoi DAVVERO, senza contaminazioni né indicazioni." Quello le sembrò il fulcro di tutto quanto, e non riuscì a farglielo notare subito poiché tirò i ballo un discorso ambiguo sul fratello che voleva fare le cose in modo classico. Ad un certo punto la lanterna artificiale che Thresh sembrava detestare si illuminò e le fece sentire la presenza di qualcuno. Si guardò attorno allarmata, non vide nessuno e ciò la inquietò non poco. Quella sensazione fastidiosa la mise in un atteggiamento difensivo, sollevò la mano posizionandola a carciofo e con tutta la sua sfacciataggine e poca grazie pronunciò:
    Ma chi se lo incula? il suo sguardo parlava chiarissimo: non aveva nessuna intenzione di affidarsi a terzi. Aveva deciso di fidarsi di Thresh e lui era l'unico al mondo a cui avrebbe permesso di insegnarle qualcosa, di guidarla. Era l'unico al mondo che aveva conquistato il suo cuore. Anche ammettendo che avesse provato ad accettare l'aiuto di Vidoq, non avrebbe dato alcun frutto perché non si sarebbe fidata. Sollevò gli occhi al cielo e cercò di raccogliere il coraggio di parlare francamente anche se si sentiva osservata da ospiti indesiderati.
    Prima hai detto una cosa importante. Hai detto che la lanterna è la manifestazione di ciò che voglio davvero. Beh ecco il mio problema è proprio quello, al momento non so cosa voglio davvero, perché non ho avuto il tempo di rifletterci, di capirlo. E poi.... incrociò le braccia sotto al petto assumendo un espressione infastidita e imbronciata.
    Avevi promesso di essere il mio maestro, di proteggermi... vuoi davvero smollarmi a tuo fratello? lo guardò accigliata, esattamente come avrebbe fatto una figlia viziata che non voleva accettare la decisione di un genitore severo. Forse non sapeva cosa voleva davvero per se stessa, per il suo futuro, ma una piccola cosa la sapeva di certo: non voleva separarsi da Thresh.
     
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    La risposta franca e diretta di Nefertiti riuscì a cogliere di sorpresa perfino Thresh, tanto che la presenza spettrale scomparve di colpo, come mortificata da quell'uscita tanto grezza. Neanche Vidocq si sentiva all'altezza di una simile schiettezza? Thresh si concesse una risatina sorpresa, mentre la ragazza riorganizzava i pensieri e gli faceva capire cosa davvero la lasciava spaesata. Neanche lei sapeva cosa voleva... ad eccezione di una cosa: che fosse lui ad insegnarglielo. Quando gli chiese se voleva abbandonarla, l'espressione del no morto cambiò di colpo e la afferrò per le spalle frettolosamente.
    NO!
    Rispose di getto, ma non la strinse forte da farle male, forse quanto bastava per farle sentire una presa decisa, vigorosa... possessiva. Nel suo sguardo non c'era paura, ma desiderio. La voleva per sé, per sé soltanto, era la SUA allieva e questo i suoi occhi lo facevano trasparire chiaramente. Se Nefertiti poteva credere a qualcosa, era la profonda gelosia che Thresh provava nei suoi confronti.
    Mai... mai! Non ti abbandonerei mai neanche se mi costringessero. Ero timoroso che fosse proprio quello che poteva succedere perché non posso sentirti mia se tu non vuoi esserlo... ma adesso che è tutto più chiaro, non ho intenzione di lasciarti andare da Vidocq per nessuna ragione al mondo.
    La presa sulle sue spalle si affievolì e tornò composto, mettendosi in piedi di fronte a Nefertiti, con ritrovata fermezza. Portò a sé la lanterna che, tuttavia, appariva ancora smorta e quasi del tutto spenta. Non aveva il suo solito vigore ma il professore pareva averlo ritrovato.
    Su una cosa hai ragione... non dovrei dirti cosa desiderare... ma posso mostrarti cosa puoi volere. Fino ad ora hai vissuto pensando che la normalità fosse la cosa più bella in cui potessi sperare, che la famiglia e i legami erano tutto ciò di cui avevi bisogno... ma c'è di più. Molto di più.
    Thresh iniziò a camminare verso l'uscita della stanza, tenendo con sé la sua lanterna. Quello era il tipico momento in cui la ragazza lo vedeva aprire un portale verso il Labirinto... ma così non fu. Iniziò piuttosto a camminare per i corridoi della scuola, scegliendo strade che prima Nefertiti non aveva mai visto, e che poteva giurare che non ci fossero fino a qualche minuto prima. Era una sensazione strana, che in fin dei conti somigliava al Labirinto, ma c'era qualcosa di diverso. Quello smarrimento non era alieno e nauseante... aveva un sapore diverso. Sapeva di familiare... di "casa". Era un posto dove qualcuno poteva perdersi più che volentieri, perché anche perdendo la bussola poteva ritrovare la via di casa, sempre. Questa era la scuola. Questo era il VERO labirinto di Thresh. Man mano che avanzavano, le pareti della scuola diventavano sempre più sature di potere magico, Nefertiti poteva sentire il potere delle lanterne crescere a dismisura. Quella sensazione paradisiaca e piacevole che aveva provato giacendo con Thresh e Artù, il dolore misto al piacere, il massimo sforzo per l'estremo risultato, le tornarono sulla pelle come il ricordo fresco che attanaglia la mente di una persona alla ricerca di consolazione. E il professore non era da meno. Gonfiava il petto respirando a pieni polmoni, e il silenzio delle aule venne ben presto sostituito dai rumori di gemiti di piacere e le grida di assoluta estasi di chi ha appena superato un nuovo limite del suo potere.
    Rispondi a questa domanda, Nefertiti... e fallo nella maniera più onesta che puoi: qual è la prima cosa che hai mai desiderato con tutto il tuo cuore? Non la più importante... la prima. Il desiderio più primordiale che riesci a carpire nei tuoi ricordi, anche se infantile. Pensaci bene...
    La lezione più importante per Nefertiti stava per iniziare, il tono di voce del professore era solenne e vigoroso, non c'erano dubbi...
     
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    Nefertiti si sarebbe aspettata una occhiataccia per la sua risposta scurrile, invece Tresh si mise a ridere, forse perché non si aspettava una risposta così diretta e schietta. Lo aveva fatto di getto, ma servì per allontanare la spettrale presenza che la fece sentire meno osservata, ma non migliorò la preoccupazione che aveva. Davvero Thresh pensava di farla aiutare da qualcun'altro? Quando la afferrò per le braccia e lo vide serio, per un attimo pensò che avrebbe iniziato un discorso lungo e tedioso per convincerla che era necessario, per il suo bene e bla bla bla. Invece lui pronunciò quella semplice parola, che le parse meravigliosa in quel momento, le fece tirare un piccolo sospiro di sollievo.
    Ma andiamo, mi dovresti conoscere ormai, lo sai che non mi piace essere sociale e conoscere gente nuova.scherzò per sdrammatizzare un pochino le cose. Cercò di non guardarlo torva quando notò che ritrovò l'entusiasmo, come se avesse capito tutto quanto. Dato che avevano parlato le cose si erano risolte parecchio prima del previsto. Evitarla quindi non era servito a niente se non ad ingigantire le preoccupazioni di entrambi. Quindi era vero che la comunicazione era la base ferma di una relazione sana, qualsiasi tipo di relazione. Non se la sentì di rimproveralro, anche perché avrebbe dovuto ammettere ad alta voce che era il suo prof preferito e altre cose melense del genere. Fece quindi spallucce metalmente e seguì Thresh in quella che sembrava una prossima lezione che l'avrebbe aiutata a capire cosa le mancava. Lo fissava incuriosita mentre le diceva che oltre ai legami ed alla famiglia c'era molto di più per un cuore umano. Nefertiti non aveva idea di cosa avrebbe potuto desiderare di più, al momento si sentiva bene, si sentiva rinascere e non voleva perdere niente di ciò che aveva guadagnato. Mentre avanzavano non riuscì a non notare che apparirono stanze e corridoi che Nefertiti era sicura di non aver mai visto prima. Era sicura che non c'erano dato che aveva girato l'edificio più volte. La inquietava ancora quello strano fenomeno, cercò quindi di stare il più vicina possibile al professore, afferrandogli di nascosto un lembo del suo cappotto, temendo che potesse perdersi se si fosse distratta un momento. Continuando a camminare però Nefertiti non si sentì minacciata come quando era andata nel labirinto, era una sensazione diversa, sconosciuta ma rassicurante. Perfino l'aria che respirava le sapeva di buono, come quando si andava in una città di mare dopo molto tempo che si stava in una casa amuffita di città. Iniziò anche a sentire la pelle incresparsi ed un calore al basso ventre dipanarsi dolcemente in tutto il corpo. Sussultò quando iniziò a sentire voci e gemiti, si guardò attorno non capendo più dove si trovasse, ma fin quando era insieme a Thresh sapeva di essere al sicuro. Thresh le fece una domanda particolare a cui non aveva mai pensato in vita sua. Non gli rispose subito, picchiettandosi un dito sul mento pensierosa. Cercò di andare indietro nel tempo ai suoi primi ricordi. Ricordò la sensazione del sole caldo sulla pelle, un parco che profumava di foglie secche. Poi un immagine di una madre seduta su una panchina che allattava il suo bambino. Ricordò quel profumo molto particolare di latte materno e ricordò che aveva desiderato la stessa cosa che stava avendo quel bambino: una madre e quel sapore unico al mondo che lei non avrebbe mai potuto assaporare ma che dediderava tanto, anche se aveva altro da mangiare.
    Latte...materno... lo disse con la voce distratta, tipico di chi aveva appena sbloccato un ricordo. Arrossì leggermente poiché le sembrò una stupidata, ma il suo cuore glielo aveva suggerito spontaneamente poiché il latte era un simbolo fisico di ciò che il cuore desiderava: una madre. Era stato il suo primissimo desiderio, poiché non sapendo cosa era una madre, la sua natura infantile aveva desiderato il latte. Poco dopo sbarrò gli occhi accorgendosi di una cosa che dava per scontata. Lei amava il latte, i milkshake erano il suo pasto preferito in assoluto. Lo consumava sempre quando poteva, anche quelle rarissime volte quando era andata in un bar e tutti prendevano dei drink, lei sceglieva sempre il latte o drink a base di latte. Si grattò la nuca un pochino confusa.
    Ha senso? Forse è una cosa stupida... ma è il primo ricordo che ho di qualcosa che ho desiderato tanto. affermò guardando Thresh un pochino smarrita, anche perché i prossimi ricordi che aveva di cosa desiderava consistevano in una vita migliore, libertà ed il basilare per sopravvivere, quindi desideri naturali che derivavano dalle necessità.
     
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    La risposta di Nefertiti illuminò lo sguardo del professore, che si voltò verso di lei come se avesse avuto un'idea semplicemente geniale, sollevando addirittura l'indice come a voler testimoniare quanto quella realizzazione fosse improvvisa e inattesa anche da lui. Un ampio sorriso soddisfatto si spalancò sul volto del non morto mentre alzava lo sguardo in cielo, immaginandosi chissà quale perverso scenario. Sapeva essere molto più che indecifrabile, quando voleva.
    Il latte materno! Ma certo... che bella risposta a pensarci bene...!
    Si ritrovò a ridacchiare, come se quei pensieri gli avessero concesso un'immagine mentale molto chiara e si stesse perdendo nelle fantasie. Probabilmente Nefertiti non sarebbe stata in grado di capirlo subito, ma una cosa poteva dirla: quei corridoi non apparivano più come muri strani che parevano voler prendere vita, ma erano vere e proprie aule scolastiche. Non sembrava affatto la solita scuola, non c'era spazio per le lavagne, i banchi e l'odore dei gessi. C'era ben altro... sangue, sudore, umori, quei sapori che Nefertiti aveva imparato ad apprezzare, che il professore le aveva insegnato a distillare. Quelli che non erano mere secrezioni corporee, ma il risultato di qualcosa di lungo, Un piacere immenso, una tortura intensa, sesso lungo e duraturo, passione crescente e... latte. Sapeva anche di quello. Sapeva di quel sapore ancestrale che Nefertiti aveva tanto agognato ma mai veramente gustato. Solo quando iniziò a sentire quei corpi gemere di piacere allora il professore riportò l'attenzione su di sé, camminando più lentamente con le braccia dietro la schiena e la testa fra le nuvole.
    E' così... fisico, e personale. Mi hai detto una splendida risposta. Sai cosa avrei risposto io? Il modellino di un treno. Quand'ero piccolo... la cosa più tecnologica che potevo ammirare erano i treni alle stazioni, e quando leggevo di quelle macchine nei libri di storia scoprivo nuovi meccanismi. Scavavo a fondo e ne diventavo sempre più avido. Pensavo a quanto dovevano sporcarsi su quelle rotaie, a quanto dovevano essere resistenti per trasportare tante persone a quella velocità... quanto dovevano migliorarsi nel tempo per poter diventare sempre migliori. I treni sono stati la mia fonte d'ispirazione per ciò che sono diventate le mie macchine della tortura. E' quello che ho sempre voluto fare, e l'ho reso mio.
    Giunsero all'entrata di una stanza più grande, Nefertiti avrebbe potuto giurare di aver visto almeno una volta quelle porte a fare da anticamera per una palestra, ma oltre quella soglia non c'era nulla che somigliasse ad un'aula scolastica o un mero luogo di allenamento: somigliava ad una cappella di quelle piccole che si potrebbero trovare tranquillamente negli ospedali e nei penitenziari, un sottile corridoio caratterizzato da panchine molto piccole ai lati, una singola navata che portava verso un altare, il tutto fiocamente illuminato da un lucernario. Ma non c'era niente di sacro in quel luogo: il pavimento era coperto da dei lunghi lenzuoli rossi, non erano colorati di osso ma piuttosto intrisi di qualcosa, bastava un semplice passo per sentire l'odore del sangue, ma ancora una volta non era putrido o marcescente: era come se quelle lenzuola bianche avessero assorbito il sangue, diventando tutt'uno con esso, divorandolo e assimilandolo. Le panchine invece pur essendo di legno non parevano intagliate, ma piuttosto cresciute dal terreno in maniera spontanea e dalla forma simile a dei seggi solo per mera casualità. Le radici che affondavano nel terreno e la corteccia che le avvolgeva era rossa sanguigna, come se avesse raccolto le sostanze nutritive da quel terreno scarlatto. Le pareti erano coperte da dei tappeti di vari colori, non sporchi di sangue ma macchiati da toni variopinti che sembravano voler mimare i motivi dei volatili più spettacolari del mondo, ma a parte il ricordare un paio d'ali fulgide non avevano una forma che l'occhio umano potesse comprendere, mostrandosi al tempo stesso tanto alieni quanto maestosi. I loro colori erano tenui e riflessi solo grazie al lucernario, alimentato da candele scarlatte che gocciolavano a terra quel denso sangue che veniva assorbito dal lenzuolo. Il professore si tolse le scarpe prima di entrare nella cappella, così da sentire quelle lenzuola morbide e calde, intrise di sangue puro, direttamente sulla pelle dei piedi. Iniziò un lentissimo pellegrinaggio al centro di quella navata, invitando Nefertiti a seguirei l suo esempio con un silenzioso sguardo. La meta puntava verso l'altare, di marmo candido e coperto da un telo dorato particolarmente pulito, immacolato. Su di esso posava un calice sporco, ma non come se avesse traboccato: ai lati della sommità della coppa c'era il segno di numerose labbra: femminili, carnose, sottili, virili, di tanti colori dalle sfumature di rosso a quelle blu, come se ogni genere di smalto o rossetto si fosse abbeverato a quella fonte. Provando a guardarci dentro Nefertiti non lo avrebbe trovato vuoto, ma avrebbe trovato IL vuoto: un buco nero dalla quale non usciva niente e che assorbiva anche la luce, bastava uno sguardo per sentire il mal di testa o il mal di mare perché l'effetto lente di quel vuoto era impossibile da elaborare per il cervello umano. Un vuoto davvero sconcertante, disarmante, capace di dare forma allo spirito di chi ha perso tutto.
    Oramai hai avuto più di un assaggio del tuo potere, Nefertiti... tu divori: ti nutri dell'essenza vitale di chi vuoi, è il tuo pasto... è il tuo "latte materno" da cui attingi direttamente da chi hai davanti. Non ti è stato concesso nella tua infanzia e quindi ora puoi disporne come meglio preferisci. Il tuo potere non è morte per gli altri, né autoconservazione. E' la forma del tuo desiderio, è ciò che sei, che desideri nel profondo. La differenza è che prima eri un infante. Non ti bastano più i treni e la loro storia, né il latte di una madre. Vuoi di più: i loro ricordi, le loro emozioni, la loro vitalità, il loro potere... ma come?
    i ritrovò a ridacchiare di fronte a quella domanda retorica, portandosi alle spalle di Nefertiti, vicinissimo a lei, facendole sentire il suo corpo caldo e irradiato di energia tenebrosa. Era evidente quanto quel discorso lo eccitasse, era l'entusiasmo di portarla ad un'epifania ad esaltarlo, ma non era ancora il momento di abbandonarsi all'istinto. Con le mani sulle spalle della ragazza la costrinse a guardare nel vuoto assoluto, e con quel gesto la costringeva a guardare dentro sé stessa, perché non c'era altro che potesse ammirare in quel niente disarmante.
    Mi sono sempre chiesto perché proprio Claudia... perché proprio il suo potere... perché proprio mandata da Fortinbras. Mi sono sempre chiesto perché Lancillotto ti abbia preso come una rivale, Morgana come una sorella e Artù come la sua amante. Mi sono chiesto cosa significassero questi pezzi del puzzle, ma a questo punto è piuttosto ovvio, no? Non mi vorrai dire che sei come Caius, l'imperatore del domani, o Fortinbras, il signore dei fantasmi che tutto controlla. Loro sono folli... loro vorrebbero il potere di fare queste cose con uno schiocco di dita. Vogliono poteri sconfinati che permettano loro di plasmare la realtà e i desideri. Ma noi non siamo così. Noi lanterne agiamo diversamente. Noi non vogliamo il potere assoluto perché toglierebbe valore alla conquista... potresti ottenerei l potere di far innamorare Artù di te, ma che valore avrebbe il suo amore? Potresti ottenere il potere di entrare nei sogni di Claudia, ma che valore avrebbe la sua amicizia? Potresti avere il potere di instillare la paura in Lancillotto, ma che valore avrebbe la vostra rivalità? No... il potere è il corpo del nostro desiderio, ma l'uso che ne facciamo non dipende dal potere ottenuto... ma da ciò che vogliamo veramente. Devi dare forma al tuo desiderio con la carne, il sangue e il piacere. Se vuoi qualcosa non devi prenderla necessariamente con la forza... puoi condividerla. E se condividerai tu, dovranno condividere anche loro. Che motivo avrebbero per non farlo?
    Ammesso che Nefertiti fosse riuscita seguire un discorso così complesso e fumoso mentre scrutava il vuoto, di una cosa poteva essere sicura: finalmente Thresh le stava dando ciò che cercava. Una lezione VERA su cosa significava essere una lanterna. Il suo potere non serviva per vincere ogni scontro. Era un modo per manifestare i suoi desideri. Ma se voleva amare qualcuno, doveva sedurlo. Se voleva spaventare qualcuno doveva tormentarlo. Se voleva plagiare la sua mente doveva torturarlo. Erano le sue azioni a plasmare il futuro, non la mera forza di volontà. Azione, carne, piacere, non solo pensiero e desiderio. Più avrebbe capito quel concetto, più i suoi poteri e il percorso che aveva fatto avrebbe avuto senso. La lanterna al fianco del professore, che fino a un momento prima appariva smorta, avrebbe iniziato ap ulsare se quel messaggio le avesse toccato il cuore. La chiamava.
     
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    La reazioine di Thresh la sorprese, si aspettava che la prendesse in giro o che avesse sbagliato risposta, invece sembrò più che soddisfatto e le fece un paragone con i suoi primissimi desideri che poi lo avevano forgiato anche da adulto. Non le sembrava infatti strano, lo aveva sempre visto molto assorto e divertito quando sistemava i suoi marchingegni infernali. Provò a immaginarsi a sua volta in un contesto futuro da associare al suo primo desiderio ma non le venne niente in mente associato al latte: di sicuro non avrebbe voluto fare la gelataia o la barista. E fu in quel momento che si chiese cosa volesse fare nel futuro. Non ne aveva idea perché non era mai stata così lungimirante, aveva sempre puntato a risolvere i problemi più immediati. Non era mai sicura di poter avere un futuro. Mentre rifletteva su quello si accorse che l'ambiente attorno a loro stava cambiando, sentiva odore di sangue, umori e latte, ma stranamente non le dava la sensazione di violenza, quella a cui la sottoponeva Torben. Avevano una nota molto diversa qualcosa di passionale, qualcosa di .... artistico che non si sapeva spiegare. Era come se riuscisse a percepire che quelli erano segni di lezioni importanti, di frammenti di anime che avevano raggiunto una epifania, che avevano donato loro qualcosa di speciale. Possibile che fosse stata tutta opera di Thresh? Lo chiamava pervertito e lo trattava male, ma scopriva ogni giorno di più quanto in realtà quel uomo nascondeva una profondità d'anima difficile da capire, impossibile da contenere. Giunsero ad una strana stanza, la inquetava perché aveva la sensazione di essere in un luogo sacro, sebbene non ne capisse esattamente le origini, ne aveva un riverenziale timore. Era qualcosa di istintivo e primordiale, sapeva che quella stanza era speciale, sembrava la rappresentazione artistica di una visione aliena e mistica allo stesso tempo. Seguì l'esempio di Thresh togliendosi le scarpe a sua volta, e sentì con un brivido la sensazione di quello strano manto intriso di sangue. Credeva di provare una sensazione orribile e sporca, invece non sentiva i piedi macchiarsi di sangue, era come camminare su un tappeto caldo e morbido, se non prestava attenzione le sembrava di camminare su dei corpi distesi a terra. Non parlava più perché si stava abbeverando delle sensazioni che quel luogo le suscitava e delle parole che il professore le stava rivolgendo. Lo seguì arrivando all'altare dove vi era quello strano calice che conteneva il "vuoto". I suoi occhi ne furono subito attratti ma quando provò a guardare in quel vortice, sentì un capogiro che la costrinse a distogliere lo sguardo e guardare verso Thresh che intanto continuava con la sua arringa. Si lasciò guidare da lui, mentre le premeva le mani sulle spalle e la invitava a tornare a guardare verso quel vortice del nulla. I suoi occhi si illumarono di luce energetica, mentre nelle pupille si rifletteva il cerchio di quel calice che non conteneva nulla, ma che sembrava risucchiare via ogni senso. Si sentiva rapire, viaggiava in un vortice oscuro in cui iniziò a vedere il suo passato, il dolore, le lotte, le lacrime e le persone che aveva amato e perso.
    Sì...non voglio l'assoluto... voglio... vivere... potevano sembrare parole sconnesse, ma in realtà Nefertiti stava arrivando ad una piccola epifania. Tutto ciò che aveva vissuto aveva scatenato in lei un desiderio primordiale a cui non era arrivata subito, ma che era così naturale e così ovvio: voleva vivere, non voleva soccombere alla sua debolezza. Conoscere Thresh le aveva dato il potere di farlo, di lottare per avere la vita che voleva vivere. Voleva essere felice, voleva poter difendere il suo mondo, voleva ridere, piangere, correre e litigare. Voleva VIVERE come gli altri. E lo aveva raggiunto doveva solo difenderlo, quindi adesso che poteva farlo, cosa voleva per il futuro, cosa ci avrebbe fatto con quella vita? In quel vortice del nulla ci vide un volto, pelle spenta, capelli bianchi, cicatrici e occhi profodi come il mare. Le sorrideva e lei sorrise di rimando e proprio quando riconobbe il volto del suo amato professore, i suoi abiti cambiarono. La stoffa si inspessiva e cambiava forma magicamente dandole la forma del cappotto che Thresh le aveva regalato per Natale, quello identico al suo ma fatto sulla sua misura. Il cappotto che Thresh le aveva messo spesso addosso per farla sentire al sicuro, che l'aveva confortata nei suoi momenti più difficili, e adesso ne aveva uno identico. Un giorno anche lei avrebbe coperto con i suo cappotto qualcuno? Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma sorrideva mentre il suo cuore si inondava di un profondo affetto per Thresh e l'immagine del vuoto si allargava come se una telecamera si stesse allontanando dal soggetto e si vide lei accanto a lui e capì: voleva essere come lui. Forte come lui, essere amato come gli altri lo amavano, ammirato e sapere tutto ciò che sapeva lui. La sua figura aveva lo stesso cappotto, lo stesso sguardo, sembrava invincibile ma non assoluta. Sembrava una cosa così lontana, ma sapeva di volerla. Fu molto difficile staccarsi da quella immagine, si voltò verso di lui e senza dire niente lo abbracciò fortissimo, schiacciando la guancia contro il suo petto. Non sapeva perché lo stava facendo, sentiva solo un gran voglia di farlo.
    Oh Thresh! Thresh! non le venivano le parole, ma lo stringeva come se avesse avuto paura che potesse sparire da un momento all'altro.
     
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    Silenzioso, ma non perché non avesse nulla da dire, anzi tutto il contrario. Sentiva il bisogno di espandere quella lezione, spiegarle tutto ciò che gli passava per la mente nella speranza che rimanesse tutto impresso nella sua testa. Ma non lo faceva, non riusciva neanche a dare aria alla gola, forse perché temeva che anche solo un sospiro avrebbe potuto distrarre Nefertiti da quell'epifania che tanto disperatamente le aveva servito con pochi gesti. Era un momento perfetto, non poteva spezzarlo. Rimase a guardarla, quindi, mentre si perdeva nei suoi pensieri. Qualcosa si mosse e fu chiaro come quando un terremoto scuote la terra: le pareti la chiamavano, il vuoto rispondeva rivelando che in realtà non era affatto l'assenza di tutto ma bensì qualcosa di così colossale che normalmente non lo si può percepire, ma adesso Nefertiti c'era vicina. Poteva quasi... toccarlo. Gli occhi del professore si sgranarono e si riempirono d'orgoglio appena videro quel cappotto nero comparire sulle spalle della ragazza. Proprio come il suo professore, non era semplice ammirazione era... ispirazione! Lui l'aveva ispirata dunque, lui aveva creato quell'epifania. Non un segno del Labirinto né la volontà della loro Dea, e sicuramente non l'addestramento di suo fratello! Lui! Solo lui! Perché a lui apparteneva quella creatura. Quasi in lacrime allargò leggermente le braccia per accoglierla a sé, come un padre fiero della sua bambina la strinse tra le braccia come a volerla stritolare. Il potere cresceva, qualcosa stava rispondendo al richiamo, eppure ancora niente, solo quell'immensa mole di potere, di volontà che traboccava dal Labirinto per raggiungerla. E poi... qualcosa si spezzò. Non metaforicamente: un rumore metallico, netto, tipico di quando una cosa viene piegata troppe volte e si spezza, finendo per cadere. La lanterna del professore aveva perso la sua catena e ora crollava a terra, come un peso morto. Appena i due avrebbero spostato lo sguardo su di essa, l'avrebbero vista come un mero pezzo di metallo, vuoto, privo del suo solito, oscuro potere. Che cosa era successo? Confuso, Thresh non riuscì a trovare una spiegazione, né reagire. Aveva forse commesso qualche sacrilegio? Rifiutandosi di prestarla a Vidocq aveva offeso Apocrypha fino a quel punto? No, non si sentiva colpevole, anzi no era mai stato più orgoglioso di una sua allieva e di sé stesso fino a quel momento, quindi come poteva perdere? Lui era paralizzato, ma Nefertiti poteva muoversi e le sarebbe bastato un gesto minimo per avere una risposta. Un cenno, uno sguardo, la mano spalancata verso di lei per raccoglierla: e la lanterna avrebbe risposto. Accendendosi di una fiamma verdastra nuova, colma di scintille che la ravvivavano di un viola denso, simile a fumo. Le fiamme verdi erano flebili come residui, mentre il fumo viola era denso come materiale che brucia: grondavano verso l'esterno come un fiume demoniaco, folle e senza senso, scivolando trai piedi del professore e la sua allieva. Il pezzo di catena che era rimasto attaccato alla lanterna prima di cadere iniziò a rigenerarsi lentamente, e guizzò intorno alla vita di Nefertiti formando una cintura pacchiana, grottesca quasi, simile ad una sottile colonna vertebrale che l'avrebbe fatta somigliare ad uno sciamano o una metallara inquietante, difficile definire una via di mezzo. Quando la cinta fu serrata, la lanterna si posò al fianco di Nefertiti, diventando stabile e smettendo di mungere energia oscura, che aveva oramai completamente invaso il terreno della chiesa come se la stesse terraformando. Nefertiti non aveva richiamato una lanterna perché aveva già scelto quale seguire, e quella del suo professore l'aveva scelta per guidarla proprio come aveva fatto lui. Gli occhi di Thresh in quel momento erano... impossibili da descrivere. Avevano perso completamente la sclera, diventando neri come la pece. Aveva un'aria maledettamente inquietante, pareva sul punto di scrutare direttamente le ossa di Nefertiti oltre che la sua anima. Eppure non era aggressivo, non era corrotto, era semplicemente come se stesse finalmente guardando Nefertiti con i suoi "veri" occhi, il suo "vero" sguardo. Qualcosa che ben pochi avevano avuto modo di ammirare. i solchi sulle sue guance divennero netti, tanto che anche i piercing si staccarono di loro iniziativa. Un sorriso mostruoso si deformò sulla sua faccia, che di sicuro aveva visto altre volte Nefertiti, ma non così. Dietro quelle guance mostruose c'erano denti affilati e non denti umani, e le trecce appuntite del professore volteggiavano come serpi. Una fiamma verde intensa come un incendio avvolse il suo collo fino a coprirgli quasi del tutto il viso. Allargò lentamente le braccia mentre il suo cappotto nuovo di zecca grazie al potere di Nefertiti prendeva a sbiadire, ma non come se fosse tornato agli antichi fasti... come se lui stesso stesse cambiando in qualche modo. Rispondendo alla fiamma verde che avvolgeva l'uomo, quelle miste e violacee di Nefertiti lo avvolsero di colpo, trasformandolo in un vero e proprio falò vivente, marchiando il suo cappotto e annerendolo ma in maniera uniforme e perfetta. Aveva smesso di sembrare umano e stava accogliendo la sua vera forma. La forma di una VERA lanterna. Non aveva più bisogno di nascondere il suo aspetto a Nefertiti per rassicurarla. Quello era il VERO Faust Carnovash: il vero THRESH.
    Si... si! SIIII!!! AHAHAHAHAHAHAHA! La mia bellissima allieva! Sei... sei perfetta! Sono così orgoglioso di te... Oooooh quanto sono stato stupido e ingenuo... sei sempre stata tu la mia allieva diletta. A cosa ti serve una lanterna quando puoi avere la mia? La mia lanterna ha illuminato il tuo cammino e continuerà a farlo! Ecco la risposta! Ora sei una di noi! Sei come me!
    A braccia spalancate come se volesse gridare al mondo intero la sua gioia, Thresh si ritrovò a ridere senza controllo, felice in una maniera impossibile da replicare. Si strinse le braccia per placare quella fiamma e assorbirla dentro di sé, e quando sparì quasi del tutto aprì di nuovo le mani, rivolgendole a Nefertiti.
    Vieni da me... ho così tanto da insegnarti... da mostrarti. Il dolore, il piacere, la VITA! Ti insegnerò come viverne cento, mille! E insegnare agli altri come viverne altrettante. E attraverso loro ne divorerai ancora e ancora. Tu che non hai potuto averne una tua, adesso potrai vivere tutte quelle che vorrai!
    Per l'entusiasmo le avrebbe concesso un abbraccio colossale, privo della paura di stringerla troppo, perché oramai Nefertiti era come lui, aveva il suo stesso potere, non era abbastanza forte per farle troppo male. La strinse a sé, sollevandola da terra così colmo di gioia che non si rese conto di quanto l'avesse eccitato quella realizzazione, cosa che invece divenne molto chiara quando i loro corpi si schiacciarono. La verga del professore non era mai stata così dura e colma di potere come fino a quel momento, e quando Thresh se ne rese conto la guardò, un pizzico perplesso. Non imbarazzato, sia chiaro, semplicemente non avrebbe voluto che una cosa del genere rovinasse il momento.
    Non ti chiederò scusa... questa non è altro che l'ennesima dimostrazione dell'amore che provo per te, Nefertiti... mi hai reso folle di gioia. E io voglio ricambiare ciò che mi hai fatto...
    Come suo padre, come mentore, come guida, come amante, come perfetto alleato, come fortezza in cui rifugiarsi, Thresh era lì per lei. Col suo potere, il suo cuore e la sua carne...
     
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    Thresh si commosse a buona ragione, poiché aveva sicuramente capito che quello per Nefertiti era un momento molto raro, quasi unico. Nefertiti aveva sempre avuto paura di esternare i propri sentimenti, li aveva sempre tenuti dentro di sé custoditi sotto una spessa scorza di diffidenza e di paura. Temeva che rivelando anche solo un poco di ciò che aveva dentro potesse ferirla, oppure peggio venirle portato via costringendola a soffrire impotente. In quel luogo che la aiutò a guardarsi dentro, lasciò scorrere quel sentimento che aveva trattenuto tutto il tempo. Doveva tantissimo a Thresh, non solo le aveva salvato la vita proteggendola dagli scagnozzi di Torben, ma adesso le aveva dato uno spazio dentro al suo cuore, le aveva dato qualcosa che nessun altro era riuscito a darle: farla sentire come se appartenesse a qualcosa. Lei si sentiva appartenergli ma non riusciva ancora a capirne la misura: un padre, un amante, un insegnante, era tutto insieme, tutto mischiato e confuso. Lo amava, ma non sapeva come o perché e le sembrava perfetto così. Il momento idilliaco si spezzò con un rumore metallico che fece girare entrambi verso la lanterna di Thresh che si era rotta. Nefertiti guardò perplessa la scena non capendo cosa stesse succedendo. Notò che Thresh rimase paralizzato davanti a quella scena, cosa che spinse la ragazza a muoversi per andare a raccogliere i pezzi, pensando di consolarlo e dirgli che sicuramente si poteva riparare, ma nel momento in cui fece mezzo passo verso l'oggetto, essa rispose a lei, iniziò a produrre energia come fumo denso che andò ad investire i due. Nefertiti sgranò gli occhi sorpresa, ma non ebbe paura, qualcosa dentro di lei le diceva che era un fenomeno naturale. Sussultò per la sorpresa quando la catena si trasformò e si piazzò sulla sua cinta. Sollevò le braccia confusa e poco dopo la lanterna del professore le fu accanto come se fosse diventata la sua. Annaspò aria avidamente mentre un intenso brivido percorse tutta la colonna vertebrale fino a sfociare nel suo cervello facendola sentire come ubriaca, ma senza il fastidio dei sensi appannati. Sulla pelle ribollirono le punte del suo potere, apparendo e scomparendo come se una mano invisibile la stesse carezzando in alcuni punti e scorresse lungo le sue forme. I suoi capelli si fecero leggeri e volteggiavano in aria come se un vento stesse soffiando dal basso verso l'alto. Le sclere dei suoi occhi divennero nere, sul capo apparvero due piccole e ritorte corna nere con qualche scaglia dorata. La sua maglietta ed i suoi jeans cambiarono aspetto, diventando più simile ad una carapace nera e lucida che ricopriva il suo corpo lasciando però un ampissimo scollo a V sul petto, che arrivava fino all'ombelico, come se avesse voluto emulare il petto nudo del professore senza però rimanere nuda. La sua energia vibrava intensamente al punto che i suoi capelli vennero invasi da una fiamma violacea che ardeva ma non la bruciava. Notò che anche al professore stava succedendo qualcosa, notò prima il cambio di colore del cappotto come se stesse sbiadendo, poi guardò negli occhi Thresh vedendo che cambiava e si trasformava in un aspetto più mostruoso e inquietante. Eppure lei non ebbe paura, si limitò a fissarlo fra l'incuriosita e l'affascinata. Aveva capito da tempo che Thresh non era mai stato umano, ma nemmeno uno zombie comune, era qualcosa di diverso e adesso lei lo stava vedendo. Provava un reverenziale timore, simile a quello che si percepisce stando davanti ad una belva esotica, ed affascinata allo stesso modo. Avrebbe dovuto provare paura, ma sapendo che quello era Thresh non riusciva proprio a sentirla. Quando lui iniziò a ridere, lei dapprima lo guardò stralunata poi però iniziò a ridere anche lei, perché la felicità di Thresh fu contagiosa. Non lo aveva mai visto in quello stato ed in qualche modo anche lei si sentì felice per tanti motivi diversi. Perché lo vedeva in quello stato anche se non stava combattendo, perché aveva capito molte cose di se stessa, perché non si sentiva denudata o messa alla gogna dai suoi stessi sentimenti. Le si mozzò il respirò quando si sentì stringere con forza da lui, strabuzzando gli occhi quando percepì chiaramente la verga che le si premeva addosso. Ecco forse non voleva arrivare ad essere così tanto identica, quel coso certe volte sembrava avere vita propria. Nonostante ciò non percepì nessun intento sessuale da parte del professore, ed infatti poco dopo anche lui fu perplesso quanto lei, ma di sicuro non pentito.
    Sei proprio un gran pervertito! non lo disse come una accusa, stava sorridendo mentre lo diceva, era come se in quel momento avesse accettato anche quel lato di lui. Pronunciando quella parola con affetto, perché detto da lei assumeva tutto un altro valore. Non era un insulto, era una affettuosa frecciatina. Tornò quindi ad abbracciarlo poggiando la fronte contro il suo petto come a voler nascondere il viso a lui.
    Anche io ti voglio un mondo di bene. la voce era un pochino intimidita, imbarazzata, ma profondamente sincera. Sciolse l'abbraccio senza alcuna fretta per allontanarsi da lui di un passo e quindi poter osservare la sua lanterna che adesso le pendeva sul fianco: era proprio identica a quella del professore ed a quel punto preoccupata guardò il fianco di Thresh.
    Ma e adesso? La tua? Come funziona? E' diventata la nostra? si preoccupò poiché non sapeva se quella si poteva considerare una specie di appropriazione, se quindi era sua o se doveva condividerla con lui. Era un pizzico confusa ed a quel punto Thresh solo poteva toglierle quella curiosità.
     
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    Bellissima, mutata non solo nell'aspetto ma anche nella determinazione, la sua preziosa Nefertiti stretta tra le braccia era un dono inimmaginabile e irripetibile, come avrebbe potuto spiegare la sua gioia a qualcuno? Impossibile farlo a parole. Non riusciva neanche a dirlo a sé stesso, sapeva solo che quel momento era perfetto e non voleva che finisse mai. Il suo sorriso mostruoso si allargò ulteriormente alla frecciatina della ragazza che evidentemente oramai si era abituata alle sue malate perversioni. Quando si staccarono per esaminare più freddamente la situazione, Thresh osservò con attenzione la lanterna, sollevando la mano destra verso il centro della navata che avevano percorso poco prima con l'intento di esercitare il suo potere. Un paio di Iron Maiden si sollevarono dal terreno spalancando le loro ante e scoprendo le irte punte al loro interno come a voler formare un muro che impedisse a chiunque di entrare o uscire da quel luogo, e il professore non sembrò particolarmente meravigliato.
    Il mio legame col Labirinto è intatto, non percepisco differenze. Forse non è cambiato nulla alla fine... la mia lanterna è diventata la tua, mentre tu ora... sei la mia.
    La guardò con un'aria estremamente carica di eccitazione, ma non esclusivamente sessuale: era l'estasi di chi si prospettava grandi cose da quel momento in avanti, di chi è appena entrato in un parco dei divertimenti e non vedeva l'ora di salire sulla prima giostra, prima di una serie infinita di emozioni che si sarebbero susseguite fino alla noia, alla nausea o alla morte molto probabilmente. Tutte preoccupazioni che non lo riguardavano. La fiamma verde intorno al suo collo si placò, e con essa sparirono i frammenti di ossa che di solito nascondevano il suo volto, riportandolo ad uno stadio più "umano", per quanto fosse possibile con quei denti aguzzi in vista, gli occhi neri e le guance terribilmente spalancate.
    Cosa vuoi fare adesso? Non senti una pulsione dentro di te? Un desiderio che non riesci a esprimere solamente a parole, e che devi mettere in pratica? Io si... vedi quando ho ottenuto i miei poteri la prima volta mi sono reso conto che in realtà era solo un modo per articolato e profondo di fare ciò che facevo già da prima. Potevo portarlo all'ennesima potenza... non dovevo più accontentarmi delle corde o dei chiodi che trovavo in giro, potevano essere le MIE macchine a plasmare i miei desideri, e nient'altro. Tu dovresti sentire lo stesso ora.
    Ciò che mancava a Nefertiti probabilmente era lo stimolo giusto. Lei aveva sempre REAGITO alle situazioni, si era presa delle rivincite perché qualcuno le aveva fatto qualcosa, ma mai aveva agito per una sua spontanea pulsione. Il professore giunse quindi alla conclusione che quelle pulsioni andavano stimolate, comprese. Voleva mostrarle che per vivere la sua tanto agognata vita non doveva solo rispondere, ma anche iniziare il suo di discorso. La sua personale ballata, il suo canto in solitaria destinato a diventare coro assieme a tutte le voci che avrebbe corrotto e spinto al margine più estremo del piacere e del dolore. Portò le mani dietro la schiena, allargando un sorriso malefico e oscuro.
    Ti ho mai detto che... le lanterne e le streghe... non necessariamente quelle della tua razza ma diciamo le streghe in generale... hanno un nemico comune?
    Thresh spalancò la mano verso la lanterna di Nefertiti, accendendo la fiamma al suo interno e trasformandola in una sfera luminosa particolarmente lucida, proiettando al suo interno delle immagini brillanti e chiare. Sembrava una televisione a tubo catodico ma dalla forma sferica. Una figura umanoide prese forma, dall'aspetto di un cavaliere dragonico o qualcosa di molto simile.
    Sono i nostri "predatori naturali". Un giorno potrebbe capitarti di incontrarne uno, e se ti capitasse il loro nome sulla lingua vedresti perfino Scorn e Fortinbras tremare. Si fanno chiamare "Cacciastreghe", hai presente le leggende dove gli uomini ottengono poteri bagnandosi nel sangue di draghi e creature leggendarie? Bene... loro sono i mostri leggendari che si sono bagnati nel sangue di dei esterni. Vorresti incontrarne uno?
    Gli occhi completamente neri di Thresh si accesero di una luce tetra, particolarmente intensa, mostrando un occhio che aveva decisamente poco di umano: un gran numero di iridi erano scoppiate al suo centro come tante bolle di dimensioni diverse, frantumandosi una a una formando un occhio ebbro di oscurità. Ovviamente Thresh non aveva la minima intenzione di metterla nei guai e lui stesso non aveva la minima idea di come mettersi alla ricerca di un Cacciastreghe, tuttavia ne conosceva uno molto bene che poteva fungere tranquillamente da prova del fuoco per la nuova, potentissima Nefertiti...
     
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    Alla sua domanda il professore usò la lanterna per far apparire le sue macchine della tortura, dimostrando che quindi il suo legame non era stato reciso con la sua lanterna, la risposta aggiuntiva mise ancora più in dubbio la ragazza: come faceva lei ad essere una lanterna? Aveva visto entrare ed uscire roba da quell'oggetto che sarebbe successo a lei invece? Ingenuamente si toccò lo stomaco, per assicurarsi di non avere niente di strano. Avrebbe voluto fare qualche altra domanda, ma le morirono in gola quando vide l'etusiasmo di Thresh uscire da tutti i suoi pori. Aveva l'aria di chi aveva perfettamente idea di cosa avrebbero potuto fare ed a quanto pare erano cose molto belle per lui, non lo aveva mai visto così su di giri. Non voleva rovinare il momento con stupide domande. Si disse che pobabilmente l'avrebbe usata sempre assieme a lui e non le dispiaceva affatto, dato che si sentiva una perfetta dilettante al riguardo. La successiva domanda colse impreparata la ragazza, guardandolo di nuovo stralunata perché in effetti aveva colto nel segno, si sentiva "strana" molto più del solito. Sentiva le mani prudere, i circuiti energetici aprirsi e pronti per assorbire energia. Aveva voglia di darsi da fare, sebbene sembrasse chiaramente che sul momento non c'era nulla di così importante da fare.
    Oh, quindi è questo quello che sento? Non avrei saputo spiegarlo a parole. Ti confesso che non so dove mettere le mani. Mi sento come un artista davanti ad una tela bianca con mille colori a disposizione, ma non ho idea con cosa cominciare. confessò, ma Thresh aveva capito alla perfezione cosa mancava a Nefertiti: era vero, fino ad allora aveva sempre reagito a ciò che le succedeva attorno, e non aveva mai potuto esprimere un desiderio in modo spontaneo, in modo egoistico. Si sentiva come un prigioniero appena liberato, timorosa poiché non aveva idea fin dove potesse spingersi, ma piena di voglia di vivere, di divertirsi. Ci pensò Thresh a tirare in ballo un argomento che le fece rizzare subito le orecchie. Un nemico naturale di streghe e lanterne? Quindi in pratica un nemico temibile per lei? I suoi occhi si allargarono più curiosi che mai prima di posarsi sulla lanterna dove Thresh fece proiettare delle immagini. Nefertiti piegò la testa da un lato osservando attentamente le immagini. Non aveva mai visto una creatura simile prima di allora, ed istintivamente un brivido percorse la sua schiena.
    Sul serio? Vorrei proprio vedere Scorn che si caga sotto dalla paura. Non so quanto sia forte Fortinbras, ma da come ne parli sembrano dei tipi molto forti. E tu? fece curiosa e divertita sollevando il viso verso di lui per accorgersi di quei occhi inquietantissimi che la fecero zittire e deglutire a vuoto.
    In che senso? Ne hai catturato uno? lo chiese con una certa apprensione nella voce. Se Fortinbras aveva paura di un cacciastreghe, lui perché invece sembrava così stuzzicato di incontrarne uno? Dalla faccia che aveva Thresh le suggeriva l'idea che era riuscito a sconfiggerne uno e ci avrebbe scommesso tutto che non lo aveva lasciato andare via. Era sicura che non lo aveva ucciso perché voleva scoprire tutti i suoi segreti, voleva smontarlo pezzo per pezzo come faceva con le sue macchine della tortura. In quel momento capì che era stato un enorme bene quello di essere una sua prediletta e non un nemico.
    Perché dici che sono nemici naturali? Cos'hanno di speciale? chiese sentendo l'ansia salire e la curiosità diventare insostenibile.
     
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    Thresh sembrava pronto a spiegare tutto quello che sapeva sull'argomento, manteneva l'entusiasmo ma misto ad un'aria vagamente seria. Quando Nefertiti pronunciò quel "e tu?", domandandogli se aveva timore di quegli esseri, Thresh si voltò verso di lei rapidamente, restando per un attimo immobile. Poi, improvvisamente allargò un sorriso malefico e deforme, ma senza rispondere in nessun altro modo. Semplicemente quella domanda lo aveva divertito e in un certo senso aveva anche detto molto di Nefertiti: lo considerava più forte di Scorn e Fortinbras...
    Thresh capì di aver suscitato a dovere l'interesse di Nefertiti, e per non stuzzicarla oltre schioccò le dita per far sparire le sue macchine della tortura, aprendo così il passaggio e riportando le mani dietro la schiena. Fece retrofront e iniziò a camminare verso l'uscita, ma mentre lo faceva quelle radici sanguigne uscirono dal terreno e "afferrarono" la navata da cui erano entrati, strappando le estremità di quel passaggio e facendo crollare il tappeto verso il basso. Sembrava a tutti gli effetti uno "strappo" della realtà dato che si aprì un passaggio verso il basso che somigliava all'entrata segreta di un dungeon.

    A questo punto dovresti sapere che noi lanterne traiamo potere dalla Lanterna e dal Labirinto, i Cacciastreghe sono in grado di "recidere" il legame tra Lanterna e Labirinto, in pratica ci impediscono di giocare con le nostre regole.
    Nessuno dei due aveva recuperato le scarpe, ma non era necessario: il pavimento non cambiò mai. Sembrava di camminare su morbidi corpi caldi, Nefertiti poteva sentire chiaramente mani delicate e supplicanti che si sollevavano dal terreno e cercavano di toccare i loro "signori", alla ricerca di piacere o altre forti sensazioni. L'oscurità stava aumentando distintamente intorno a loro, ma non era qualcosa che Nefertiti doveva temere: era familiare, avvolgente, passionale. Come una brezza notturna soffiata tra le fronde di una foresta che conosci bene. E' la tua casa, oltre ogni ragionevole dubbio, e non la temi. Man mano che camminavano, Nefertiti avrebbe potuto notare come le estremità del loro percorso si caratterizzava di statue inquietanti, non tutte femminili sebbene la maggior parte rappresentassero proprio donne e dall'aspetto affascinante. C?erano anche uomini e creature bestiali dalla forma contenuta. Le statue le ritraevano tutte in uno stato di estrema estasi, perfettamente a metà tra dolore e piacere. La maggior parte aveva il ventre gonfio e numerose parti metalliche che attraversavano il loro corpo. Queste ultime non erano fatte di pietra. Arrivarono in un luogo che somigliava ad un tetro pozzo illuminato da una luna di sangue distante nel cielo, dal soffitto pendevano una quantità innumerevole di catene di diverse dimensioni e ognuna sosteneva una bara, sempre di dimensioni variabili. Alcune erano chiuse, altre spalancate e vuote, la maggior parte invece erano SIGILLATE, ovvero avvolte da altre catene e strumenti di tortura. Avvicinandosi a quelle aperte Nefertiti avrebbe percepito delle sensazioni familiari, forse qualcuno che conosceva era stato lì dentro o si era lasciato torturare dal professore.
    Ma soprattutto, sono i nostri cacciatori naturali perché ci odiano. Sono coloro che si definiscono "sopravvissuti", quelli che sono sfuggiti alla "follia dei seguaci di Apocrypha", come ci definiscono loro, e hanno giurato "vendetta". Sono molto, molto motivati e... questo per noi è un grande privilegio, Nefertiti... invidia mortalmente chi ha un nemico mortale. Neanche le divinità del cosmo profondo sanno quanto è puro un sentimento di odio nutrito dal tuo nemico mortale.
    La voce di Thresh tremava mentre pronunciava quelle parole, Nefertiti lo aveva visto eccitato e in quel momento sembrava quasi che stesse unendo la sua carne a quella della più focosa delle sue manati. Un brivido così forte capace di coinvolgere perfino lei. A un certo punto si fermarono davanti ad una grossa bara: estremamente sigillata era dire poco. Non c'era solo quella grossa bara, lucida e nera, decorata con figure sacre in un bianco così puro da essere irreale, ma anche numerosi altri elementi a bloccarla. I rilievi in bianco ritraevano un chierico cavaliere dragonico circondato da un'aura di sacralità, col petto gonfio e circondato da numerosi santi che lo benedivano. Con la luce tetra della luna Nefertiti poteva vedere quello scenario ribaltarsi in funzione di come guardava la bara, dove una miriade di volti maligni trascinavano il paladino verso la disperazione. Oltre alle catene che avvolgevano la bara, c'erano dei talismani che somigliavano alle pagine di un antico libro strappate e usate come collante, inoltre un enorme simbolo diabolico impresso col sangue sulla bara teneva assieme il sigillo del tutto. Thresh si avvicinò alla bara allungando il capo verso di esso, annusandola, ascoltandola ed inspirando a pieni polmoni l'atmosfera che la circondava.
    Mhmmm... come al solito: un lavoro troppo certosino. Mi dispiace Nefertiti, non penso che potrò mostrarti neanche un grammo della sua VERA ira, ma è uno spettacolo a cui devi assistere... sei pronta?
    Si fece da parte e per un attimo sembrò voler aprire i sigilli, tuttavia non lo fece. Anzi rimase immobile, intento ad osservare Nefertiti con le mani dietro la schiena. Quello era un invito: perché aspettare che qualcuno le desse ciò che desiderava, quando poteva prenderselo? La lezione era già iniziata.
     
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