Here be monsters

xKira

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    L'audience si stava divertendo moltissimo allo spettacolo che Bowen stava dando. Le ragazze ridacchiavano ad ogni suono, ogni gesto, ogni espressione di piacere che il povero ragazzo faceva, divorandolo con gli occhi allo stesso tempo. Solo Fubuki sembrava intoccata. L'ereditiera sedeva sul suo piccolo trono con una perfetta serenità, osservando il supplizio di piacere di Bowen con la stessa tranquillità con cui qualcuno avrebbe potuto ammirare un lago incontaminato. A un certo punto si fece persino portare una bibita da sorseggiare!
    "Mh..." mormorò, abbassando il bicchiere per riguardare Bowen. Anche bloccato e sottomesso com'era, il ragazzo ancora cercava disperatamente di ritenere un minimo di iniziativa. Quello equivaleva a tentare di mantenere un minimo di controllo, e, di conseguenza, Fubuki lo sapeva, mantenere un minimo di indipendenza.
    Peccato che lei non volesse quello. L'ereditiera lo voleva spezzato e rassegnato, uno schiavetto sottomesso. Che fosse cosi testardo rendeva l'atto di piegarlo solo più divertente...
    "Certo, perchè no?" disse, con una piccola scrollata delle spalle delicate. "Certo, sempre se puoi riuscirci..." Lanciò un'occhiata divertita alla succubus, che sorrise, alzò la testa e gemette con forza, come se gli sforzi di Bowen stessero avendo i risultati che sperava.
    In realtà, sfortunatamente per Bowen, la demonessa era abituata a ben altro che i suoi goffi tentativi; nè era sensibile ed eccitata quanto lui era già dall'inizio. Goffi, ma decisi; con i suoi movimenti, Bowen la fece ridere deliziata e raddoppiare il ritmo dei suoi stessi movimenti. La demonessa affondò le dita nei suoi seni, massaggiando ora forte ora delicatamente, stuzzicando rudemente i capezzoli con i pollici, spingendo i palmi nella carne morbida e massaggiandola con tutta l'estensione della mano. E allo stesso tempo spingeva con i fianchi contro di lui, cosi che i loro sessi si strusciassero contro dal basso verso l'alto, oppure dimenava il bacino in una stimolazione da direzioni differenti.
    Era bravissima, un vero demone del sesso; i suoi movimenti erano precisi e misurati, quella perfetta via di mezzo tra deliziosamente delicato e rude per stimolare sensi, molto diversi dai tentativi disperati del ragazzo. Eppure Bowen l'avrebbe vista ugualmente arrossire sotto le sue di stimolazioni, il suo respiro farsi più pesante. Era un'altra messinscena?
    Non avrebbe avuto il tempo di capirlo. Mentre era preso da quella sfida del piacere, agli ordini di Fubuki, altri avevano circondato lui e la succubus. La ragazza col suo corpo fu la prima ad intervenire.
    Il suo clone si era tolto tutti i vestiti. Adesso, con un sorriso malizioso, si mise sulle ginocchia, spingendo il membro eretto verso i loro sessi uniti. Ridendo, la succubus si spinse su Bowen, affondando le dita nei suoi seni, e sollevò il bacino. Il membro del falso Bowen si infilò nello spazio che si era creato, andando subito ad adagiarsi sul sesso di Bowen con un suono bagnato. La succubus completò l'opera riabbassando il bacino di schianto, cosi che il membro del falso Bowen era intrappolato tra il suo sesso e quello di Bowen.
    La demonessa si tirò a sedere sul bacino di Bowen, lasciando andare i suoi seni, lanciò la testa all'indietro e gemette. Le sue mani andarono sulle ginocchia di Bowen, e lei cominciò a muovere il bacino avanti e indietro, sfregandosi con forza sul membro. Da parte sua, il falso Bowen digrignò i denti e cominciò a muoversi a sua volta, sfregando il membro eretto contro entrambi i sessi, muovendolo avanti e indietro contro le carni bollenti del corpo di Bowen.
    Come se questo non bastasse, un'altra succubus prese posizione sopra Bowen. Questa demonessa si mise in modo che la testa del ragazzo fosse tra le sue gambe. Lo degnò di un sorriso malizioso prima di calare con forza su di lui. La demonessa si sarebbe seduta sul suo viso, il suo fondoschiena che copriva completamente il volto di Bowen. Solo la sua bocca sarebbe rimasta un po' libera, ma giusto per finire a contatto con l'intimità della demone. Bowen avrebbe potuto sentirne tutto l'odore e il calore nonostante fosse ancora coperta dalla stoffa dei pantaloni. E per finire, l'ultima succubus si era inginocchiata al suo fianco; le sue dita affondarono con avidità nei seni di Bowen, ricominciando a stuzzicarli e a giocarci nello stesso modo della sua compagna, solo in modo molto più forte e violento. Senza nessuna delicatezza, strizzava i capezzoli tra le dita, massaggiava con violenza oppure anche schiacciava e tirava.
    Bowen si sarebbe ritrovato attaccato da tutti i lati: sul viso, sul seno, nell'intimità; la prima succubus iniziò anche a stuzzicargli l'ano con la punta della coda.
    Era un vero inferno di piacere. Come avrebbe potuto resistere?
     
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    Mentre la sua mente si smarriva tra i rimbombi della confusione e la morsa che si stringeva, a giro di vite, sulle sue tempie, un'unica sensazione si faceva più forte e appariva in risalto nello sfondo grigio, sbiadito che stava diventato la realtà: lo sguardo di Fubuki su di sé. Una sensazione non certo nuova e di cui aveva apprezzato già da tempo la sgradevolezza, quando la donna aveva palesato le sue reali intenzioni... eppure, malgrado avesse già saggiato il morso di quello sguardo, il crudele compiacimento che lo illuminava e la certezza di vittoria che lo infuocava, mai come in quel momento si sentì bruciare da quegli occhi, mai come in quel momento si sentì vulnerabile e privo di difese.
    Probabilmente si sentì tale poiché lo era, dopotutto era in corpo non suo, spogliato dei suoi vestiti come del suo potere, della sua dignità eppure, forse, c'era qualcosa di più che semplicemente questo: per certi versi era come se la fiamma di quegli occhi fosse finita, col tempo, per sciogliere, liquefare la sua armatura e scavare, scavare sempre più dentro di lui finché, raggiunte profondità troppo delicate per un simile calore, aveva iniziato a consumarlo lentamente, fibra dopo fibra, come se fosse decisa a farlo sparire, a bruciare la sua anima finché di lui non fosse rimasto che un guscio vuoto e supplicante. Il gelo di questa improvvisa, lancinante paura si perdeva nelle fiamme di un'ira vana, alimentata dall'impotenza e presto soffocata dal piacere. Fu sull'onda di questo momentaneo, effimero desiderio di rivalsa che aveva gettato quella sfida e, vincendo l'astenia provocata dal piacere, si era dato anima e corpo per non perderla.
    Naturalmente il modo quasi indifferente con cui Fubuki l'aveva accolta, il compiacimento dei suoi occhi (sempre loro!) non fece altro che rinfocolare la sua rabbia e non appena la succubus gemette, una lieve, piccola speranza sbocciò dentro di sé... prima di venir brutalmente spazzata via proprio dalla reazione di quest'ultima, terribilmente padrona della situazione. Il modo in cui tormentò i suoi seni, alternando la morsa dei polpastrelli con delicate carezze era spaventosamente sublime e i movimenti convulsi, eppure millimetrici del suo bacino lo facevano quasi boccheggiare; eppure Bowen strinse i denti, raccolse le poche energie mentali e non che gli rimanevano e si diede anima e corpo in quella battaglia che, in un altro contesto, avrebbe suscitato la sua felicità e il suo entusiasmo. Resistere alla marea del piacere che sentiva gonfiarsi nel suo corpo, al calore furibondo che ustionava il suo sesso e lo rendeva spaventosamente sensibile era difficile, ma il diavoletto si accorse degli ansiti della sua "sfidante", di come quelle belle gote si arrossassero e di nuovo sorse in lui una speranza feroce che venne prontamente abbattuta dall'entrata in scena di un terzo contendente.
    Sia pure per poco, nella foga di quella sfida e del piacere che gli procurava, si era per un attimo dimenticato di trovarsi in un corpo non suo, col proprio corpo a qualche metro di distanza da sé e controllato da una sconosciuta... ma gli tornò tutto prepotentemente alla memoria quando percepì un membro eretto premersi contro la sua femminilità: immediatamente s'irrigidì, bloccandosi e sgranando gli occhi mentre, con un sussulto, cercava vanamente di serrare le gambe per impedirgli di continuare quell'odiosa stimolazione. D'un tratto l'eco delle parole di Fubuki, quando parlava del fatto che venir presi da se stessi fosse un'esperienza davvero "unica", sorse nella sua mente e si tirò dietro un profondo terrore, tanto che Bowen smise di continuare a stimolare la succubus e provò a divincolarsi, senza alcun successo. - No! No, bast-aaahhh! - non riuscì nemmeno a finire la frase, poiché la demone gli afferrò i seni e glieli stimolò crudelmente, mentre abbassava il bacino e socchiudeva quello che sarebbe dovuto essere il suo membro tra i loro sessi; a causa della sua statura ridotta praticamente non riusciva a vedere il suo corpo dietro la succubus e, se soltanto avesse voluto lasciarsi andare, avrebbe potuto pensare che quel membro non appartenesse a nessuno o che fosse della donna sopra di lui ma non poteva, non voleva perdersi in quella maniera, rinnegare a tal punto se stesso!
    Ma il volere, da solo, non basta per riuscire a ottenere qualcosa: il suo corpo era debole, illanguidito dal piacere e paralizzato dalla paura, così come la sua mente risultava fiaccata, confusa e sempre più smarrita nel labirinto di assurdità e orrori in cui era finito. Resistere era una pia illusione e presto, anche se con le membra contratte e le dita che grattavano inutilmente il pavimento, il godimento prese a dilagare in lui e a mozzargli il fiato. Fiato che, comunque, sarebbe durato ben poco, poiché fu preso d'assalto da una nuova succubus che, stavolta, si "sedette" sul suo volto, premendogli la femminilità sulle labbra mentre il suo "clone" tormentava il suo sesso e l'altra demone i suoi seni.
    S'irrigidì, per un attimo le sue mani si protesero verso l'alto ad afferrare il nulla, inarcò appena e la schiena e... semplicemente venne, un orgasmo lungo, intenso, in cui schizzò il suo piacere e in cui emise gemiti soffocati tra gli umori della succubus sopra il suo volto, mentre il suo corpo sussultava e fremeva come impazzito. Infine, quando finalmente si esaurì, crollò come se fosse svenuto, sebbene le donne avrebbero potuto percepire come le sue carni palpitassero e... qualcosa stava bagnando la pelle della succubus che gli aveva "tappato" la bocca: era saliva o forse, peggio ancora, lacrime? Visto il loro calore e la loro quantità, i dubbi in tal senso potevano essere ben pochi: che Fubuki stesse finalmente avendo ciò che aveva così a lungo desiderato? E, soprattutto, cosa sarebbe accaduto adesso?
     
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    LaIl cambio di atteggiamento di Bowen non sfuggì agli occhi acuti di Fubuki, che sorrise come una pantera predatrice.
    Eccola qua, la prima crepa. Povero Bowen, cosi pieno di bravado e testardaggine. Ma se si applicava abbastanza forza e nel modo corretto, in questo caso affogandolo in un senso di impotenza, anche lui poteva essere spezzato. Per lei, era come stare modulando uno strumento; e la musica che cominciava ad uscire era di suo gusto.
    "Beh, è stato deludente," commentò con una piccola alzata di spalle. "Immagino che nonostante tutte le tue parole, alla fine anche tu sei una puttanella che preferisce essere scopato, mh?" Le ragazze tutt'attorno risero. "Beh, non sia mai che la Padrona non ti dia ciò che vuoi..."
    A un suo cenno, le succubi si tolsero da lui. Rimase solo il suo clone, che lo afferrò per i fianchi e, con una singola, potente mossa, lo ribaltò, cosi che stesse sul pavimento di pancia. Mettendosi sulle ginocchia, "Bowen" gli sollevò il fondoschiena tenendolo per i fianchi e allineò i loro sessi.
    "Goditelo..." La voce setosa di Fubuki fu come il segnale di inizio.
    "Bowen" si spinse in avanti, affondando nella sua vagina fino alla radice con un solo colpo. Iniziò subito a muoversi avanti e indietro con violenza, fottendo quell'intimità già bagnata con tutta la forza di un Combattente. I suoni bagnati del membro che lo invadeva ancora e ancora riempirono la sala. "Bowen" era veloce e potente, affondando dentro di lui senza pietà.
    Mentre questo succedeva, Fubuki si alzò.
    "Beh, è stato divertente," commentò tranquilla. "Ma adesso devo proprio andare. Oh, non preoccuparti. Ti lascio in buona compagnia..."
    E con un ultimo sguardo malizioso, Fubuki lasciò a quel amplesso selvaggio, lasciando la stanza insieme ad alcuni dei suoi attendenti. Il falso Bowen avrebbe continuato con i suoi movimenti brutali, non importa quante volte lui fosse venuto. Tra il suo clone e le succubi, Bowen avrebbe avuto la nottata della sua vita, che sarebbe terminata solo quando fosse svenuto.
    Si sarebbe risvegliato in un posto completamente diverso: una stanza da letto dall'aspetto confortevole, o che perlomeno lo sarebbe stata se non fosse stato nudo e incatenato alla parete. Nonostante fosse di nuovo nel suo corpo originale era debole, incredibilmente debole, cosi tanto che gli sarebbe stato presto chiaro che gli era stato dato qualcosa per annullare la sua forza. Aveva catene ai polsi e alle caviglie che lo tenevano saldamente bloccato con le gambe allargate e le braccia sollevate. Avrebbe avuto tutto il tempo di pensare a ciò che gli era successo!
    A notevole distanza, Arkholfus si sarebbe svegliato in un posto uguale, anche lui senza vestiti, ma senza nessuna costrizione e con la mente libera. Dopo qualsiasi pensiero su ciò che gli era capitato, avrebbe potuto scoprire che la porta era solo socchiusa.
    Guardando fuori, avrebbe visto un corridoio leggermente illuminato, lussuoso come quello di un albergo a cinque stelle.
    Era una trappola o un colpo di fortuna? Cosa avrebbe fatto?
     
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    Bowen si ritrovava immobilizzato, incapace di parlare, di opporsi in qualunque modo e, soprattutto, completamente incapace di resistere al piacere. Avrebbe voluto mordersi le labbra a sangue, graffiarsi e sbattere i palmi a terra nel tentativo di reprimere, soffocare l'orgasmo che lo stava colmando e che presto sarebbe finito con lo straripare ma non poté fare nulla di tutto questo e così, mentre le lacrime scorrevano bollenti sul suo viso, confondendosi con gli umori di una delle sue aguzzine, si ritrovò a venire con schizzi prolungati e abbondanti. La parole di Fubuki, ovattate, gli giunsero più dolorose di una sferzata e, prima ancora che potesse dire o fare alcunché, si ritrovò parzialmente libero, con gli occhi abbagliati dalla luce del lampadario e, un attimo dopo, ventre a terra, con la testa che gli girava vorticosamente.
    NO! - gridò, prima che la sua voce si corrompesse in un gemito languido, quasi disperato, poiché colei che stava muovendo il suo corpo gli aveva appena afferrato i fianchi e l'aveva penetrato con una violenza inimmaginabile, facendogli inarcare la schiena e tendere ogni singolo muscolo. Purtroppo la sua sensibilità era tale che bastò quella spinta per farlo venire e, a quel punto, ogni forza, ogni pensiero svanì dalla sua mente: il piacere invadeva tutto come una calda, piacevole marea e i minuti scivolarono via con lui che si faceva scopare senza alcuna pietà, finché la luce non venne inghiottita dalle tenebre e perse i sensi, liberandolo dal perverso (e umiliante) giogo del piacere.
    Quando si risvegliò era in un letto sconosciuto, nel suo vero corpo: la gioia quasi feroce che lo assalì venne ridimensionata prima dalla scoperta di essere incatenato e poi, soprattutto, dalla sensazione di debolezza che lo pervadeva. A quanto pare Fubuki non aveva ancora intenzione di lasciarlo in pace e doveva averlo sicuramente drogato in qualche modo, poiché non riuscì in alcun modo a spezzare quelle maledette catene... soltanto, per quanto tempo intendeva trattenerlo insieme a quel ragazzino? Un brivido gelido gli corse lungo la schiena, conscio che c'erano molte risposte possibili e che erano quasi tutte spaventose.
    Arky si risvegliò poco tempo dopo, sbarrando gli occhi e alzando la schiena, mentre si guardava attorno spaventato: rimase così per qualche istante, sentendosi il cuore in gola mentre osservava quella stanza sconosciuta, prima di portarsi una mano sul petto e fare qualche lungo respiro socchiudendo gli occhi, provando a calmarsi e a fare mente locale. Subito i ricordi della sera appena trascorsa (o forse no?) lo assalirono e così la droga che Xeno gli aveva fatto prendere, l'ultima indistinta immagine di Bowen e lo sguardo compiaciuto di Fubuki. Gli vennero i brividi e soltanto stringendo le mani in due pugni riuscì a ritrovare la lucidità: notò che la porta era socchiusa ma, il fatto che non fosse in un luogo conosciuto e che fosse nudo poteva soltanto significare che era ancora prigioniero della donna, dunque perché era apparentemente libero di muoversi? Che fosse una trappola? O forse... forse pensava che sarebbe rimasto svenuto più a lungo? Quest'ultimo pensiero, a dire il vero, gli sembrava una speranza piuttosto esile ma era sempre meglio che stasarsene lì a tremare senza far nulla! Quindi, prendendo il coraggio a due mani, si liberò dalle coperte e si alzò, andando ad aprire la porta con molta circospezione e lentezza; il corridoio, lussuoso, era totalmente deserto e, dopo un attimo d'esitazione, superò la soglia e si diresse verso una direzione casuale, alla ricerca di qualche stanza o indicazione che potesse aiutarlo ad orientarsi. I piedi nudi non facevano quasi rumore sul pavimento di marmo (anche se gli davano uan sgradevole sensazione di freddo) e la temperatura era sopportabile anche se era completamente nudo: in realtà camminare in quella situazione lo imbarazzava molto ma nella sua stanza non c'erano altro che le lenzuola e usarle come una sorta di drappo era una pessima idea, visto che gli avrebbero impacciato i movimenti e probabilmente avrebbero fatto più rumore. Non che l'essere completamente nudo l'avrebbe aiutato nel caso fosse incappato in qualcuno ma, forse, aveva la speranza di riuscire a sfuggirgli... inoltre, doveva soltanto trovare Bowen e aiutarlo a liberarsi: grazie alla sua forza sarebbero riusciti a scappare. O, perlomeno, era questa la flebile fiammella che riscaldava il suo animo in quel momento.
     
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    Se ci avesse messo un po' di attenzione, Arkholfus non avrebbe trovato nessun ostacolo impossibile da superare. Mentre si faceva strada attraverso quei labirintici corridoi, lussuosi quanto inquietanti, avrebbe potuto sentire movimenti nelle stanze che superava, chiari segni di altre presenze a parte lui. Di tanto in tanto avrebbe incrociato cameriere, che si muovevano con la veloce efficienza di chi ha un compito importante da portare a termine; altre, avrebbe incontrato guardie, ben armate e attente, impegnate con i loro giri di ronda. Una volta, una delle porte si sarebbe aperta, rivelando una succube, che, la lunga coda che si agitava con soddisfazione dietro di lei, se ne andò per la sua strada. E quello sarebbe stato solo il primo incontro con una delle demonesse, che camminavano per quei corridoi da sole o in coppie. Tre cose accomunavano tutti questi incontri: la prima era che tutte le persone che avrebbe incontrato, fossero abbigliate negli abiti marziali delle guardie, nella tenuta delicata delle cameriere o in quella seducente delle succubi, erano esclusivamente donne, e anche affascinanti; la seconda era che avrebbe fatto meglio a non farsi vedere, se non voleva finire di nuovo nella sua cella, e la terza che non sarebbe stato cosi difficile per lui passare inosservato. I corridoi erano intervallati da nicchie nelle pareti, ospitanti statue o altre decorazioni eleganti, che avrebbero potuto, insieme ai numerosi angoli o porte socchiuse, essere buoni nascondigli per lui.
    Se fosse stato trovato, il suo destino sarebbe stato diverso in base da chi l'avrebbe notato: le cameriere avrebbero semplicemente chiamato le guardie, che l'avrebbero riaccompagnato a forza nella sua stanza, rudi ma non troppo, e lo stesso sarebbe successo se fosse stata una coppia di guardie a trovarlo per prime. Se fosse stata una succubus a trovarlo, non se la sarebbe cavata prima di essere strapazzato un po'.
    Ad ogni modo, stranamente, nessuno avrebbe mai chiuso la porta, cosi che non avrebbe avuto problemi a ritentare. Ma questo solo se si fosse fatto trovare.
    In ogni caso, alla fine un corridoio l'avrebbe portato in un ampio atrio, arredato e lussuoso. E lì, di fronte a una serie di bacheche contenti vari oggetti, avrebbe trovato Fubuki e Xeno.
    Elegante e composta come al suo solito, l'ereditiera parlava mentre Xeno ascoltava, ritta e ferma. Se avesse provato ad ascoltare, Arkholfus avrebbe sentito solo stralci di conversazione, abbastanza comunque per capire che l'umana stava spiegando qualcosa alla Xenomorfa. A una certa distanza, un gruppetto di attendenti, guardie e segretarie aspettava con pazienza.
    Dopo un po', Fubuki avrebbe fatto un cenno di congedo, e Xeno avrebbe annuito, per poi voltarsi e camminare via, sparendo oltre un'altra entrata. Fubuki l'avrebbe guardata andarsene per un lungo momento, poi sospirò e fece cenno al gruppo, che la seguì in un'altra entrata.
    A quel punto, Arkholfus avrebbe dovuto fare la sua scelta. Avrebbe potuto seguire Xeno, con la consapevolezza di non conoscere la Xenomorfa bene come credeva e di rischiare, oppure poteva seguire Fubuki, sperando in un'occasione; oppure poteva continuare a vagabondare per quel posto labirintico, sperando di avere un colpo di fortuna e trovare Bowen prima di essere trovato di nuovo. La prima era la più pericolosa, avendo a che fare con un Combattente, la seconda lo era un po' di meno, essendo Fubuki non una combattente, e la terza avrebbe avuto bisogno di un sacco di fortuna per riuscire.
    Cosa avrebbe scelto di fare?
     
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    Arky si sentiva a disagio nel camminare per quei corridoi lussuosi senza nulla addosso, con le piante dei piedi a contatto coi marmi freddi del pavimento e avrebbe tanto voluto un paio di slip da indossare per far sparire l'imbarazzo e il senso di vulnerabilità che la sua nudità gli provocava. Se si fosse soffermato a pensarci si sarebbe sentito terribilmente sciocco, dopotutto da drago non aveva mai avuto alcun problema con la sua nudità e gli risultavano incomprensibili gli umani e le altre razze che facevano tante storie per qualcosa di assolutamente naturale... ma non era un drago da tanto tempo, ormai ed era finito con l'abituarsi alle consuetudini umane, in maniera ben più profonda di quanto lui stesso credeva.
    Ad ogni modo, malgrado quel disagio, il draghetto continuò coraggiosamente la sua esplorazione finendo con l'imbattersi ben presto negli abitanti di quella reggia: il suo primo incontro fu con delle cameriere e, fortunatamente, riuscì a nascondersi in tempo dietro una statua per evitare di essere notato, anche perché le giovani sembravano molto indaffarate e percorsero trafelate il corridoio in cui si trovava. Quell'incontro, benché risoltosi positivamente, lo mise in guardia e proseguì con ancora più cautela di prima, precauzione per cui venne premiato dato che riuscì a evitare di farsi notare anche nei successivi incontri; il piccino, infatti, s'imbatté ancora nelle cameriere e in altre lavoratrici del posto, poiché gli capitò anche di vedere quelle che erano delle guardie a tutti gli effetti e, soprattutto, altre succubus! Non appena s'imbatté in una di queste demoni, il piccino dovette combattere l'istinto di gridare e, coprendosi la bocca con le mani, l'osservò con gli occhi sbarrati dal suo nascondiglio, trattenendo il respiro finché non scomparve dal suo campo visivo: dov'era? Chi era tutta quella gente, perché erano tutte delle donne? Il draghetto era confuso, non capiva perché Fubuki non li lasciava andare via: dopotutto, anche se lui era un semplice ragazzino, i suoi tutori sapevano che quella sera era andato al suo galà, mentre Bowen era comunque una persona importante, non poteva mica pensare di tenerli prigionieri per sempre! All'improvviso, l'idea che li volesse uccidere gli balenò nella mente e tremò, appoggiandosi alla statua dietro cui si nascondeva come se le gambe non riuscissero più a reggerlo, mentre cercava di riprendere il controllo: anche se era bloccato in quel corpo, infatti, lui era un drago e non poteva lasciarsi paralizzare dalla paura in quel modo! La sua vita e quella di Bowen erano nelle sue mani, doveva essere coraggioso e agire con determinazione!
    Strinse le mani in due piccoli pugni e, con sguardo finalmente determinato, uscì dal suo nascondiglio per proseguire la sua avanzata, finché non si imbatté proprio in Fubuki e Xeno: il cuore gli balzò in gola e per un attimo non seppe che fare, sorpreso, spaventato e ammantato per un attimo da un... distorto sollievo, nel rivedere finalmente la giovane xenomorfa. Malgrado quanto era accaduto, infatti, il draghetto nutriva ancora affetto e sperava di poter sottrarre Xeno all'influenza della crudele ereditiera. Soltanto che, quando le vide separarsi e dirigersi in due luoghi diversi, il suo animo vacillò e non seppe chi seguire: una parte di sé voleva seguire Xeno, raggiungerla e convincerla a non comportarsi più in quel modo, ad abbandonare Fubuki, un'altra aveva molta, molta paura di come avrebbe potuto reagire. E se Fubuki avesse avuto ragione? Se davvero Xeno non era come lui credeva che fosse? Inoltre, lui aveva bisogno di scoprire dove fosse Bowen e forse Fubuki stava per dirigersi lì, dopotutto sarebbe stato in linea con l'idea che si era fatto di lei (se non si fosse rivelata errata anche stavolta, certo), se si fosse diretta nella sua stanza per tormentarlo un poco... quindi, deglutendo nervosamente e senza sapere se stesse agendo da vigliacco o meno, decise di seguire l'ereditiera. Cosa lo avrebbe aspettato?
     
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    Il gruppo guidato da Fubuki procedette per un po' di tempo, i suoi membri che si avvicendavano nel portare all'attenzione dell'ereditiera questo o quel documento. A quanto pareva, erano tutte segretarie, attendenti o simili.
    Se avesse seguito la stessa attenzione che aveva seguito fino a quel momento, Arky non avrebbe avuto particolari problemi a seguirle. I corridoi erano, nonostante la presenza a intervalli regolari di coppie di guardie, altrettanto pieni di nascondigli che quelli che aveva appena traversato. Se non altro, avrebbe potuto meravigliarsi di quanto grande fosse quel posto, e, ancora più strano, non c'era nemmeno una finestra!
    Alla fine, il gruppo si fermò in fronte di una porta, anch'essa con due guardie di fronte. Fubuki rivolse qualche parola di congedo al gruppo, poi entrò, mentre le segretarie sparirono in un'altra intersezione.
    A quel punto, lui si sarebbe probabilmente lambiccato come poterla seguire, ma il problema sarebbe stato presto risolto. La porta si aprì di uno spiraglio, e le guardie, dopo aver ascoltato cosa veniva detto da dentro, avrebbero annuito e si sarebbero allontanate.
    Quella era la sua occasione per entrare e una volta dentro si sarebbe ritrovato in un lungo corridoio, altrettanto lussuoso che i precedenti, ma questo completamente deserto.
    Proseguendo, il corridoio si apriva in una vasta sala che era stata adibita a piccolo museo. Opere d'arte, quadri, statue e altro, vi erano allineati ordinatamente, ciascuna illuminata e cordonata.
    Fubuki era lì. L'ereditiera stava apparentemente ammirando con occhio esperto un quadro che rappresentava un paesaggio.
    D'un tratto, si irrigidì leggermente.
    "Chi è là?" La sua voce risuonò come un colpo di frusta.
    L'aveva sentito? Forse, ma forse Arky poteva ancora scamparla, rimanendo in silenzio e sperando che credesse di esserselo solo immaginato. Oppure si sarebbe fatto coraggio e l'avrebbe affrontata? La scelta era sua.
     
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    Più avanzava in quell'edificio, seguendo Fubuki e il suo seguito di segretarie e impiegate, più Arky si stupiva delle sue dimensioni e della sua pianta assolutamente assurda: se, infatti, l'architetto che l'aveva progettato aveva seguito una qualche logica, lui non riusciva a trovarla dato che i corridoi e le stanze si susseguivano monotoni e praticamente indistinguibili, un dedalo fatto di marmi e lusso che lo stava confondendo terribilmente. Ad aumentare la sua confusione e la sua inquietudine era la totale assenza di finestre, come se stesse attraversando stanze interne che non potevano beneficiare dell'illuminazione interna o, addirittura, si trovasse in una sorta di enorme e lussuosissimo bunker.
    Ad ogni modo, il draghetto non si lasciò sopraffare dalla paura e continuò ostinatamente a seguire la sua rapitrice, sfruttando abilmente ogni nicchia, statua o altro per celarsi agli occhi delle donne che, comunque, indaffarate com'erano non sembravano averlo in alcun modo notato. Ciò lo riempiva di una feroce speranza, anche se quest'ultima vibrava di una lieve nota di terrore: gli sembrava davvero assurdo che un luogo smile non fosse disseminato di telecamere e che nessuno fosse ancora andato a controllare la sua stanza... possibile che fosse passato davvero inosservato? In effetti, fin dal primo momento in cui Fubuki e le sue complici avevano gettato la maschera, avevano dimostrato di non ritenerlo minimamente un pericolo, a differenza di Bowen, quindi era sensato che non si preoccupassero minimamente di lui e, magari, ritenessero che si fosse accoccolato a un angolo della sua stanza a piagnucolare impotente. A tal pensiero si ritrovò a serrare le mascelle e a far divampare una fiamma d'orgoglio nei suoi occhioni blu: anche in quelle condizioni rimaneva un drago e gli avrebbe mostrato cos'era in grado di fare! Così, seguì Fubuki e il suo nutrito corteo finché tutte le segretarie non si dispersero ed ella entrò in una porta, sorvegliata da due guardie che non sembravano avere alcuna intenzione di allontanarsi.
    Dal suo nascondiglio (la consueta nicchia del corridoio), Arky si sentì colto dalla disperazione: va bene l'orgoglio, va bene che era un drago... ma lui due guardie non poteva affrontarle! Doveva per forza fare il giro e sperare che la stanza in cui era entrata Fubuki avesse un altro ingresso ma, prima di tutto non sapeva se suddetto altro ingresso c'era davvero e, secondo, c'erano molte probabilità che si perdesse subito. Non sapeva davvero che fare quando, improvvisamente, si verificò un provvido cambiamento: le guardie dovettero ricevere un qualche ordine, poiché si allontanarono dalla porta sparendo chissà dove. Arky sentì il cuore battergli forte nel petto, dalla gioia e dalla tensione assieme poiché capiva che quella era la sua unica possibilità di entrare là dentro quindi, dopo aver trattenuto un attimo il respiro, si lanciò contro la porta, cercando di aprirla e superarla il più velocemente e silenziosamente possibile.
    Si ritrovò in un ennesimo corridoio che stavolta, però, culminava in una vera e propria sala, il cui arredamento sembrava renderla una sorta di museo o di galleria d'arte, tanto che Arky cercò l'ormai familiare rifugio dietro una statua, mentre ritrovava Fubuki intenta a osservare co occhio critico un dipinto: faceva tanto la raffinata e la donna di classe e poi commetteva degli orribili crimini! Il piccino stava pensando sul da farsi che, all'improvviso, risuonò la voce di Fubuki per tutta la stanza; Arky trasalì e s'irrigidì tutto, nascondendosi ancora di più dietro la scultura e trattenendo il respiro, mentre il cuore gli rombava forsennato nel petto. Che fare? Come poteva agire? Forse se si fosse mantenuto nascosto avrebbe pensato di aver sentito male e avrebbe continuato a contemplare quelle opere d'arte... e se invece si fosse insospettita, se avesse chiamato le guardie? Che poi, se anche avesse fatto finta di nulla, lui che avrebbe fatto? Doveva comunque agire, sennò non avrebbe avuto alcun senso darsi tanto da fare! Così, serrando le manine in due piccoli pugni, balzò dal suo nascondiglio e si diresse verso Fubuki con aria decisa, persino minacciosa oltre che del tutto incurante della sua nudità.
    Dov'è Bowen? Che gli avete fatto? Lasciateci andare! - proruppe il draghetto, avvicinandosi pericolosamente alla donna. Che intendeva fargli? Voleva davvero metterle paura? Beh, lei era da sola e lui era pur sempre un drago... no?
     
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    L'espressione di Fubuki si colorò di sorpresa quando riconobbe Arkholfus, ma solo per un momento. La ragazza fu rapida a corrucciarsi. Era preoccupata dal quella situazione situazione? Era difficile dirlo con sicurezza.
    Qualunque fosse la verità, non si mosse mentre lui si avvicinava minacciosamente, stagliandosi, anzi, alta e slanciata nel suo elegante vestito. E, più si avvicinava, più Arky avrebbe potuto apprezzare quanto fosse più alta di lui e quanto la sua espressione fosse dura. L'avrebbe intimidito?
    Le labbra di Fubuki si schiusero, ma prima che potesse parlare Arkholfus proruppe in domande perentorie. Lo sguardo di Fubuki balenò con oltraggio. In un lampo, la sua mano scattò, andando ad impattare con la guancia di Arkholfus in uno schiaffo cosi violento che, se non l'avesse schifato, avrebbe mandato il ragazzo quasi a fare una piroetta su sè stesso. Nonostante il suo aspetto delicato, Fubuki era incredibilmente forte!
    "Fa silenzio," sibilò l'ereditiera, fulminandolo con lo sguardo.
    Alzò la mano con cui lo aveva colpito, chiudendo ed aprendo le dita lentamente. La botta era stata cosi forte che l'aveva sentita anche lei.
    "Avevo dato ordine di lasciarti libero," disse freddamente. "Di non chiuderti nella tua stanza, di lasciarti andare e venire come volevi. Ed è cosi che mi ripaghi? Mh?"
    Scattò verso di lui, velocissima, e gli afferrò i polsi, sollevandoglieli e strattonandolo con abbastanza forza da sollevarlo da terra.
    "Le mie telecamere ti hanno visto il momento che hai lasciato la tua stanza, vermiciattolo," gli sibilò, dritto in viso. "Ma ti ho lasciato fare, sperando che ti dimostrassi degno della mia fiducia. E invece eccoti qui, pronto a ribellarti alla prima occasione. Sono contenta di aver congedato le mie guardie. Cosi posso punirti come meriti, personalmente".
    Lo guardò severamente per un lungo momento, poi la sua espressione sembrò addolcirsi, anche se i suoi occhi brillavano di malizia.
    "Quale potrebbe essere la punizione giusta?" Chiese. Sembrò pensarci su. "Mh, forse punirò Bowen invece. Sono sicura che sarebbe felice di riceverla al posto tuo".
     
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    Che dice il Coccodrillo del Nilo | che batte la coda iridata | ... | nel tonfano, nella cascata, | ... | e sopra la sponda assolata? | «Trovato è il pasto agognato! | Trovato! Trovato!

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    Arky era uscito dal suo nascondiglio deciso ad affrontare il toro per le corna, come si suol dire, eppure non appena fu dinnanzi alla giovane donna, si accorse di quanto il suddetto "toro" fosse grande e terribile. E ciò valeva anche fuor di metafora, poiché Fubuki era davvero molto alta! La determinazione del draghetto s'incrinò appena nel constare ancora una volta la loro differenza d'altezza e, soprattutto, quanto il volto dell'ereditiera fosse duro e ostile. Anche quando si era ribellato a lei, abbracciando Xeno, non l'aveva mai guardato così... però non poteva arrendersi per qualche occhiataccia! Coraggiosamente, dunque, si piazzò davanti a lei e le pose quelle domande in tono perentorio, sperando che comprendesse la gravità della situazione e cercasse di essere un minimo diplomatica.
    Invece, Fubuki lo guardò furente e, prima ancora che potesse reagire, gli menò un ceffone tale da farlo cadere a terra; Arky emise un versetto sofferente, stupito mentre crollava sul pavimento come una bambola di pezza e mostrava nella gote colpita, paffuta e vellutata, i segni rossi delle sue dita. Alzò immediatamente uno sguardo spaventato, velato dalle lacrime scaturite dal dolore, mentre portava una mano a toccare il punto colpito, come a lenirne il dolore. Lo schiaffo era stato talmente violento da rintronarlo e prima che poté anche soltanto provare ad alzarsi, Fubuki fu su di lui e gli afferrò i polsi, impedendogli di reagire e di scappare via. - No! Mi fai male, basta! - si agitò, mentre veniva sollevato da terra con una facilità davvero portentosa, tanto che i suoi tentativi di divincolarsi si tradussero soltanto in un comico e vano agitare le gambe. Fubuki gli spiegò che era stata lei a far lasciare aperta la porta della sua stanza e che, soprattutto, aveva seguito tutti i suoi movimenti: nessuna di queste notizie doveva sorprenderlo più di tanto (soprattutto perché erano i suoi stessi timori), eppure Arky sgranò comunque gli occhioni, in un'espressine stupita e, soprattutto, ferita: lo aveva chiamato vermiciattolo! Non che, in realtà, ci fosse nulla di sorprendente, dopotutto lo aveva drogato e rapito, oltre che appena picchiato... però sentirsi trattare con tanta durezza, utilizzando un dispregiativo simile soltanto perché aveva provato a scappare via (era stato rapito, che doveva fare?), lo ferì molto, forse anche perché non si era mai rivolta a lui, in precedenza, in un modo simile.
    F-fiducia?! Ma... mi hai rapito! Io... io non ho fatto nulla di male! Sei... sei tu a esser stata cattiva! - pigolò, per un attimo smarrito, con quel occhioni ormai colmi di lacrime e la guanciotta colpita gonfia e rossa. Occhioni che si fecero ancora più grandi quando Fubuki gli comunicò la sua intenzione di punire Bowen al suo posto, tanto che Arky tornò ad agitarsi, sia pure più debolmente di prima. - No! No... ti prego. - pronunciò con gli occhi abbassati, rabbrividendo appena per quanto stava per dire: - Non fargli del male, sono io... che merito la punizione. Punisci me. - la pregò, ormai rassegnato al suo destino: Bowen era stato coraggioso e aveva cercato di proteggerlo finché aveva potuto... adesso toccava a lui fare altrettanto.
     
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    Fubuki lo guardava furente, al punto che per un attimo sembrava stesse per colpirlo di nuovo, specialmente quando lui la chiamò cattiva e cercò di divincolarsi. Il lungo momento di tensione continuò quando Arkholfus tacque, abbassando la testa sconfitto e chiedendo di essere lui ad essere punito al posto di Bowen.
    Per un lungo momento, Fubuki non disse nulla, limitandosi a guardarlo con severità e a riflettere su ciò che aveva detto.
    Poi, a sorpresa, la sua espressione si addolcì. La sua presa si allentò e lo lasciò andare, posandolo a terra con delicatezza.
    "Aw, non riesco a stare arrabbiata con te."
    Lo guardò con affetto. La furia di pochi istanti prima era sparita. Adesso, Fubuki era tornata ad essere una figura elegante e dolce.
    Chinandosi in avanti, cosi da essere alla sua stessa altezza, gli prese con delicatezza il viso tra le mani. "Sei cosi carino." Rise piano, un suono argentino e delicato che fu seguito da un piccolo soffio sul viso di Arky.
    Per un momento, guardò il suo viso, notandone ogni particolare. Mentre lo faceva, i suoi pollici carezzavano con delicatezza le guance di Arkholfus. La ragazza diede speciale attenzione a dove lo aveva schiaffeggiato, calmando il dolore con quel piccolo massaggio delicato.
    Ad un tratto, sembrò farsi triste.
    "Si è vero," disse. "Sono cattiva." Abbassò la testa, le lunghe ciglia che le oscuravano gli occhi. Fu un attimo, poi il suo sguardo, adesso velato di tristezza, ritornò a prendere quello di Arkholfus. "Credi nell'amore a prima vista, Arky?" Chiese, quasi in un sussurro. "Io non ci credevo. Ma poi ti ho visto..." Lasciò la frase in sospeso. Qualcosa che poteva essere imbarazzo balenò nella sua espressione. "Dal primo momento ho capito che dovevo averti per me. Ma..." Sembrò esitare, come se dirlo le provocasse dolore. "...non sapevo come fare. Mi hanno sempre insegnato che è giusto prendersi quello che si vuole. E io... io... io ho fatto quello che mi hanno detto essere giusto." Battè le palpebre su iridi umide. "Sono un mostro."
    Stava mentendo, come la grande attrice che era, ma non era quello il punto che le interessava. Mentre parlava, i suoi occhi, che inchiodavano quelli di Arky, sembrarono accendersi di un gentile bagliore interno che li fece scintillare. Era il suo potere che, attraverso il contatto di sguardi, si insinuava dentro la coscienza del ragazzo. Il suo obiettivo? Farlo innamorare follemente di lei, al punto che anche quella esile spiegazione gli sarebbe bastata per spiegare ed accettare ogni cosa.
    Come avrebbe reagito Arkholfus? Se avesse cercato di divincolarsi, lei lo avrebbe tenuto fermo, gentilmente ma inesorabilmente. E altrettanto gentile e inesorabile erano quegli occhi, che cercavano di attrarlo senza possibilità di scampo.
     
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    Lo sguardo di Fubuki, così furioso e terribile, era semplicemente insostenibile e benché il draghetto non voleva mostrarsi spaventato, sopraffatto dalla paura, chiuse gli occhi e prese a tremare appena, incapace di trattenersi. Dopo essersi offerto al posto di Bowen per essere punito, si aspettava di venir nuovamente colpito o di subire chissà quali angherie, eppure gli attimi si avvicendavano e non accadeva nulla: arrischiò ad aprire gli occhi e trovò la Fubuki conosciuta all'inizio della scorsa notte, che lo guardava con dolcezza e tenerezza.
    La donna lo lasciò andare, poggiandolo dolcemente a terra e lui, indietreggiando di un passo in maniera istintiva, si massaggiò i polsi ancora indolenziti da quella stretta insospettabilmente forte. Era confuso, non sapeva che pensare, tanto che quando Fubuki si chinò verso di lui s'irrigidì nuovamente, visibilmente spaventato. Eppure l'ereditiera non fece nulla di male, anzi lo vezzeggiò e gli prese il viso tra le mani, in una presa leggera e dolce che, seppure lo fece tremare appena all'inizio, dopo pochi attimi lo rilassò e la giovane poté godersi la seta di quelle gote paffute, morbide e calde. Anche se non sapeva il perché, arrossì a quel complimento e strizzò appena gli occhi dall'imbarazzo mentre le gli carezzava delicatamente la guancia colpita, alleviandone il bruciore.
    Era bello e Fubuki, così vicina a lui, era uno spettacolo meraviglioso... ma il draghetto non voleva e non poteva abbandonarvisi: perché si comportava in quel modo? Perché lo aveva colpito, lo aveva rapito? L'idea che lo stesse ingannando, che si stesse divertendo a giocare coi suoi sentimenti brillò nella sua mente come una scintilla, la scintilla di un'esplosione: Fubuki avrebbe potuto vedere quegli occhioni azzurri, prima confusi e spaventati, farsi decisi e qualcosa urlare in loro... prima che lei se ne uscisse con quella dichiarazione tanto inaspettata.
    Aveva ammesso di essere cattiva?! Prima che potesse anche soltanto chiedersi che voleva dire, la donna gli fece una domanda semplicemente assurda, tanto che Arky trasalì e arrossì tutto, incapace anche soltanto di organizzare i suoi pensieri. Sapeva soltanto che Fubuki non era più spaventosa e crudele, anzi si mostrava triste, persino imbarazzata. Non sapeva che fare, che dire, quando Fubuki si confessò: gli disse che si era innamorato di lui e che per questo lo aveva rapito, mentre i suoi occhi iniziavano a scintillare di lacrime. Arky rimase semplicemente sbigottito, gli sembrava assurdo, impossibile, dopotutto se era vero perché rapire anche Bowen? Inoltre lei lo aveva invitato lì molto prima di vederlo! Sentiva che qualcosa non andava, che quella era una verità fin troppo comoda e in qualche modo sapeva che doveva dirlo, che doveva metterla in difficoltà... ma, semplicemente, quegli occhi erano troppo belli. Erano talmente belli da far male e più li guardava, più gli sembravano sinceri nel loro pentimento, nella loro tristezza. Non se lo seppe spiegare ma, di colpo, il suo cuore prese a battere più forte e si sentì sciogliere tra quelle mani, alla vista di quegli occhi tanto belli e sinceri.
    Fu... Fubuki! - miagolò, prima di prendere lui, tra le sue manine, il volto della giovane e sorriderle dolce, forse persino un po' perso. - Non sei un mostro, nessuno lo è! Io... io... - qualcosa gli impediva di continuare, un grumo di imbarazzo, dubbi e paura gli occluse la bocca per qualche istante, poi lo spezzò e riprese in un sussurro dolcissimo: - Io posso insegnarti ad amare. Ad amare... senza fare del male. - quelle parole non furono che un soffio delicato sulle sue labbra, prima di socchiudere gli occhi e baciarla lentamente, con estrema dolcezza. Non sapeva cosa stava facendo ma era... bello e voleva che anche Fubuki sentisse questa bellezza, che si lasciasse trasportare da essa, lontana dalle crudeltà, dalla malvagità del suo mondo.
     
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    Gli sorrise, assolutamente compiaciuta di vederlo cadere sotto il suo potere. Quel ometto delizioso era suo adesso, suo e di nessun'altro.
    Sgranò leggermente gli occhi alle sue parole, sorpresa e divertita allo stesso modo dalla sua intensa sincerità e imbarazzo. Esitò un momento quando lui si avvicinò, inarcando un sopracciglio, ma poi lo lasciò fare. Fubuki premette le sue labbra contro quelle di Arky, ricambiando la sua delicatezza con altrettanta della sua.
    Un bacio a fior di labbra, nulla di più. Voleva assaporarlo lentamente.
    Dopo qualche istante si allontanò da lui, guardandolo con occhi semi-velati, brillanti di soddisfazione e sensualità.
    Lo strinse a sè con forza, non dando importanza al fatto che fosse nudo.
    "Sapevo che avresti capito..." sussurrò, suonando felice e commossa, mentre gli carezzava la testa con gentilezza. Arkholfus non avrebbe potuto vederlo, ma in quel moment lo guardava con lo stesso affetto e allo stesso modo con cui una bambina potrebbe guardare un animaletto di compagnia pregiato, a lungo desiderato e adesso finalmente ottenuto. "Conterò su di te da oggi in poi, ok?" Gli posò un bacio sulla testa.
    Sembrò ricordare la sua identità solo a quel punto.
    "Ah, cielo," disse, allontanandolo da sè leggermente, ma tenendogli le mani sulle spalle. Lo guardò dall'alto in basso, sorridendo gentilmente. "Prima di tutto dobbiamo trovarti dei vestiti!" Gli lanciò un'occhiata, occhi ombreggiati dalle lunghe ciglia. "Seguimi..."
    Senza dargli la possibilità di protestare, si sarebbe voltata e, tenendolo per mano, l'avrebbe portato con sè. Attraverso due porte e altrettanto stanze, cosi velocemente che Arky avrebbe ricevuto solo vaghe impressioni dei posti che attraversavano. Alla fine, Fubuki spalancò una porta ed entrò, spingendolo di fronte a sè.
    Arkholfus si sarebbe ritrovato in una stanza spaziosa e lussuosa. Una singola lampada gettava una luce sommessa, illuminando un ampio letto a baldacchino e mobili dall'aspetto antico. Era chiaro dove si trovavano: la camera da letto di Fubuki.
    Dopo aver chiuso la porta, ed aver girato la chiave, Fubuki si avvicinò e lo abbracciò da dietro. Si premette contro di lui, circondando i suoi fianchi con le sue braccia per tracciare cerchi sul suo stomaco con le dita.
    "Ti piace?" Data la differenza di altezza, doveva piegarsi un po' in avanti per sussurrargli all'orecchio. "Fai come se fossi a casa tua..."
     
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    Le labbra di Fubuki erano davvero morbidissime e per Arky fu facile perdersi in quel bacio, sopraffatto dalla sua delicatezza e dolcezza. La situazione era pressoché assurda, avrebbe dovuto essere spaventato o quantomeno confuso, eppure si sentiva come se fosse il protagonista di una fiaba che, dopo le molte traversie e avventure, finalmente spezza il crudele sortilegio e si avvia verso l'inevitabile lieto fine. Dopotutto, Fubuki poteva fare sia da strega cattiva che da dolce principessa e, in quel momento, sembrava essere indubbiamente quest'ultima.
    Così, pensando di aver scacciato le tenebre dal cuore della giovane, pacificava e leniva i timori del suo, stringendosi delicatamente a quel corpo morbido e profumato che, finalmente, lo accoglieva con sincera dolcezza. Quando Fubuki si sarebbe staccata dalle sue labbra avrebbe trovato un Arky dal faccino perso, con gli occhi socchiusi e che, per un solo attimo, avrebbe seguito le sue labbra, ancora non pago della loro dolcezza e morbidezza. Si riebbe in fretta, aprendo gli occhioni e scoccandole uno sguardo un po' liquido, prima di sorriderle dolcemente. Si sentiva felice, come se le cose si fossero aggiustate da sé e si strinse a lei docile, emettendo anche dei lievi sospiri di piacere alle carezze che lei dispensava al suo capo, ai suoi capelli setosi. - Sì, conta su di me! - trillò felice e socchiuse gli occhi nel ricevere quel bacio sulla fronte, come un bambino felice per aver ricevuto un complimento inaspettato. Questo momento di assoluta letizia s'interruppe quando notò che lo sguardo di Fubuki non era più su di sé ma sul suo corpo, ricordando immediatamente che era nudo e sentendosi immediatamente ammantare dalla vergogna.
    In un primo momento sentì il bisogno di coprirsi tra le gambe e le manine scattarono, poi pensò che era davvero stupido farlo dopo che Fubuki l'aveva visto ben bene da un sacco di tempo e vi rinunciò, risolvendo soltanto ad volgere ad altrove lo sguardo e ad arrossire. - S-sì, i-io... oh! - si sentì afferrare dalla giovane ereditiera e in un attimo si ritrovò a calcare quei corridoi ormai familiari (eppure sempre così disorientanti!) e, prima che potesse capire che direzione avesse seguito, si ritrovò in una stanza da letto elegante e lussuosa, che ammirò con sguardo stupito. Fu così impegnato ad ammirare la stanza che non notò che la stanza veniva chiusa a chiave, né che Fubuki si avvicinava alle sue spalle, quindi si ritrovò a sobbalzare appena per quell'abbraccio inaspettato, prima di rilassarsi e, con un lieve risolino, premersi con la schiena a lei.
    Si sentiva al sicuro tra le sue braccia e, ancora immerso nella dolcezza del loro precedente bacio, non vece minimamente caso alla natura ambigua della loro situazione, con lui nudo nella sua stanza da letto; ciò cambiò, però, quando Fubuki prese a carezzargli delicatamente il ventre, tracciando arabeschi sulla sua pelle diafana e morbidissima: era un contatto lieve, di per sé non malizioso, eppure la lentezza con cui lo fece, il modo in cui lo abbracciava da dietro... ciò contribuiva a dare una tensione tutta erotica a quelle carezze altrimenti innocenti, esacerbata dalla consapevolezza di essere nudo e che, quindi, il suo sesso fosse scoperto poco più sotto rispetto a dove lo stava toccando. - Sì, è molto bel-ahn... - sospirò, fremendo appena per quelle parole sussurrate al suo orecchio, fin troppo sensibile a quel respiro caldo e profumato. Inevitabilmente Arky si sentì invadere da delizioso quanto inopportuno tepore e, in un attimo, il suo sesso prese a risvegliarsi e, sebbene non raggiunse una piena erezione, Fubuki avrebbe potuto notare con un solo sguardo quanto il draghetto fosse sensibile... e ben dotato.
    F-fubuki? Ecco... i-i miei vestiti? - si risolse a chiede con una vocina davvero imbarazzata, consapevole che, senza la corazza degli indumenti, sarebbe ben presto finito col fare qualche brutta figuraccia, anche peggiore di quella che stava facendo in quel momento!
     
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    Fubuki diede un'occhiatina in basso, per poi guardarlo, occhi accesi con una luce suggestiva sotto le lunghe ciglia. Rise piano, stringendolo a sè per un lungo attimo prima di lasciarlo andare.
    "Certamente", disse, posandogli un bacio sulla testa. "Sono già pronti. Chiamerò subito per farli portare".
    Lasciandolo, andò a un piccolo telefono posato su un comodino. Mentre dava alcuni ordini nella cornetta, il suo sguardo si posò su Arkholfus come per caso. Lo prese interamente per un attimo, poi Fubuki distolse lo sguardo arrossendo leggermente. Sembrava proprio come se l'avesse guardato senza pensare e che solo l'imbarazzo l'avesse portata a distogliere l'attenzione da lui.
    "Ecco fatto"
    Camminando fino a lui, gli mise le mani sulle spalle e lo trasse gentilmente verso di sè, posandogli le labbra sulla fronte. "Saranno qui tra pochi minuti", gli confermò, allontanandolo leggermente cosi da poterlo guardare in viso. La donna aveva un'espressione soddisfatta e sorridente. "Mettiti pure comodo. Intanto io mi metto qualcosa di più... adatto". Quel'ultima parola arrivò con una vibrazione suggestiva, quasi felina.
    Fubuki socchiuse gli occhi, denti perlacei che facevano capolino da dietro le sue labbra. Lo guardò cosi per un attimo, per poi lasciarlo e camminare via.
    Prima che Arky avesse tempo di chiedere o protestare, lei era già in una stanza attigua, chiudendosi la porta dietro di sè.
    Il bagno era spazioso e confortevole. Fubuki non perse tempo a spogliarsi e a infilarsi nella doccia. Un brivido di piacere la percorse mentre l'acqua bollente le scorreva lungo il corpo. Sorrise. Sapeva che Arkholfus poteva sentire il rumore della doccia. Chissà quali pensieri passavano attraverso quella sua piccola testolina? Giudicando dalla reazione che lei sembrava suscitare dentro di lui, sicuramente tutte piccole cose deliziose.
    Fubuki si prese il suo tempo nella doccia, godendosi appieno il conforto che provvedeva. C'era piacere anche in quei momenti per lei, nel fare aspettare e nel pizzicare le corde del desiderio.
    Mentre la donna si intratteneva, una coppia di cameriere entrò nella stanza, portando i vestiti per il ragazzo. Forse sarebbe rimasto sorpreso: gli portavano un pigiama di seta, delicato come un soffio sulla pelle. Lo lasciarono sul letto per poi ritirarsi rapidamente.
    Dopo un po', Fubuki uscì dal bagno. Un asciugamano avvolgeva i capelli ancora umidi dell'ereditiera, che Fubuki stava ancora asciugando. L'unica cosa che la donna indossava era una lunga camicia bianca che lasciava scoperte le sue belle gambe nivee, mentre un buttone era aperto sul petto.
    "Ah, ecco i tuoi vestiti", disse, sorridendogli. "Ti piacciono?"
     
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