A Natale puoi...

per Sekiro

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    Che dice il Coccodrillo del Nilo | che batte la coda iridata | ... | nel tonfano, nella cascata, | ... | e sopra la sponda assolata? | «Trovato è il pasto agognato! | Trovato! Trovato!

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    Arkholfus
    Narrato.
    - Pensato. -
    - Parlato. -

    Ah, il Natale! Questo breve e inspiegabile momento dell'anno in cui l'umanità sembra perdere letteralmente la testa, tanto che nessuna pazzia le pare più troppo grande, si tratti di riempire di luci le mura di un'abitazione, di rispolverare suppellettili kitsch da mettere in bella mostra o di darsi a una corsa matta all'ultimo regalo il giorno prima della vigilia. Fin da quando era diventato umano Arkholfus aveva guardato con una certa superiorità questa assurda usanza umana del Natale, non solo perché tali giornate di festa sono estranee alla cultura dei draghi (O, quantomeno, lo erano nella sua famiglia) ma perché, da osservatore esterno, notava facilmente come dietro alla facciata dorata di concordia, bontà e allegria si nascondesse invece tanta ipocrisia e solitudine, un vero e proprio abisso che né i regali, né cene con parenti o amici cortesi ma distanti potevano colmare.
    O forse, più semplicemente poiché si sentiva solo, stanco e disperato era incline a vedere lo stesso in ogni animo, a immaginare il verme che doveva rodere il frutto di dolcezza che la vita, di tanto in tanto gli offriva: una prova a sostegno di tale tesi è che quell'anno, anziché rimanersene a casa imbronciato e uggioso, era corso nel centro commerciale più grande di Roma a comprare un regalo per le persone di cui si era accorto nutrire un profondo affetto. In realtà, però, il draghetto non aveva dimostrato maggiore lungimiranza di molti umani e, anziché acquistare i regali comodamente un paio di settimane prima di Natale, aveva procrastinato senza vergogna fino all'ultimo momento in cui, colto dal panico (Questo potrebbe dimostrare che è diventato più umano di quanto non vorrebbe mai ammettere) si era dato a una corsa folle per accaparrarsi tutti i regali di cui aveva bisogno. Non che gliene servissero molti o che intendesse comperare chissà quale rarità: i doni che intendeva fare erano modesti, sia per la ristrettezza delle sue finanze che per una sorta di vergogna riguardo all'idea di donare in sé, dopotutto non aveva mai regalato nulla quand'era un drago (Anzi, guai a chi avrebbe cercato di sottrargli una sola moneta d'oro!) e non sapeva come comportarsi né se fosse una buona idea regalare qualcosa alle persone a cui pensava, non volendo metterle in imbarazzo o risultare inopportuno. Probabilmente era stata questa sua titubanza a portarlo a ridursi all'ultimo giorno, in ogni caso aveva affrontato la calca del centro commerciale e aveva combattuto sia contro gli agguerriti clienti, disposti a tutto pur di non tornarsene a mani vuote, sia con le fortissime tentazioni che gli si paravano a ogni momento davanti agli occhi: dappertutto, infatti, vedeva oggetti luccicanti, dorati o semplicemente irresistibili che accendevano la sua cupidigia da drago, tanto da costringerlo a guardare con rapace desiderio ogni oggettino costoso o semplicemente grazioso (Per i suoi gusti, va da sé... e i suoi gusti non erano molto dissimili da quelli di una gazza) che gli capitava sotto il naso.
    Fortunatamente si era dimostrato più stoico dei suoi desideri e aveva acquistato ciò che doveva: cioè i regali per i suoi due genitori adottivi e due pensieri per Morgana ed Edwyn, a cui pensava sempre sospirando e arrossendo senza neppure ben sapere il perché. Anche se aveva ottenuto ciò voleva, l'enorme folla con cui si era ritrovato a competere e il gran numero di distrazioni da cui era stato assorbito avevano letteralmente eroso il suo tempo e adesso non solo il centro commerciale stava per chiudere ma lui rischiava di perdere anche il bus più vicino che l'avrebbe portato a casa, senza avrebbe dovuto aspettare chissà quanto al gelo della fermata! L'ennesimo avviso acustico che lo informava dell'imminente chiusura lo fece affrettare ancor di più, con l'inconveniente che, piccino com'era, i pacchi che teneva tra le braccia gli occlusero la vista e... - Aaaah! - trillò dopo essere andato a sbattere contro qualcuno, mentre i pacchetti gli volevano via e lui barcollava all'indietro pronto a cadere. - Ahia! - cadde, infatti, sbattendo persino il sederino per terra mentre anche i pacchi regalo rovinavano a terra con un crepitare di carta e un vibrare di cartoncino, cosa che fece dimenticare immediatamente al draghetto il suo dolore e lo spinse a rialzarsi in un attimo, per recuperare i suoi piccoli tesori e accertarsi che non si fosse perso nulla. - Mi scusi, non volevo venirle addosso! - si rivolse allo sconosciuto su cui era andato a sbattere, senza neppure degnarlo di uno sguardo perché troppo intento a recuperare i suoi regali. D'altronde chi se la sarebbe presa con un ragazzino... a Natale?
     
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    Era arrivata da poco, ma Xeno già era convinta di una cosa: quel mondo era strano.
    All'inizio, aveva pensato che il suo aspetto le avrebbe reso difficile vivere tra gli umani. Per quanto fossero simili, lei aveva sempre delle caratteristiche fisiche che la distinguevano. Non era dovuto passare molto prima che quell'idea andasse a farsi friggere. Giravano, per quelle strade affollate (sempre cosi affollate!), creature cosi diverse dagli umani che lei in confronto avrebbe potuto mimetizzarsi dovunque. Quel mondo, che le era già sembrato cosi strano a prima vista, non aveva fatto altro che diventarlo ancora di più. C'era cosi tanto da vedere, capire, che era quasi da sentirsene travolti!
    C'era un lato positivo almeno: era facile per lei passare inosservata. Aveva solo dovuto rimediare dei vestiti (jeans sfilacciati, scarpe usate, maglietta sporca e un cappello con la visiera), e tenere nascoste le sue caratteristiche più ovvie, come le corna e la coda. Cosi bardata, aveva potuto camminare per le strade senza problemi, e concentrarsi sul cercare di capire le regole di quel mondo pazzo in cui si era ritrovata.
    Camminando, era finita in quel posto. Aveva pensato si trattasse di un centro di raccolta di qualche tipo, prima di notare come gli umani scambiavano oggetti con pezzetti di... qualcosa. Aveva riconosciuto il metallo. L'altra roba non sapeva cosa fosse. Però sembrava avesse qualche tipo di valore. Gli umani con gli oggetti sembravano contenti di darli via per quella roba.
    Non sapeva come quel tipo di scambio si chiamasse (nella colonia non esisteva niente del genere, tutto era della Regina e basta), ma aveva intuito fosse importante, specie perchè anche il cibo veniva dato via cosi.
    E lei avrebbe volentieri mangiato qualcosa.
    Il primo dischetto di metallo l'aveva trovato per terra. Era caduto a un umano mentre parlava dentro un piccolo oggetto rettangolare. Lo aveva raccolto, ma da solo non bastava. Aveva osservato gli umani che prendevano il cibo, e loro davano di più di quello, dischetti più grandi o più di quello che lei aveva.
    Da lì, aveva cominciato a cercarne altri, prima per terra e dopo nei secchi sparsi quà e là in cui gli umani gettavano, per qualche motivo che non riusciva a capire, i loro oggetti. Stava giusto rovistando in un cestino quando qualcosa gli sbattè addosso, seguito da una serie di tonfi, uno sordo.
    Fronte corrugata, si voltò. C'era un umano lì per terra, con tanti piccoli oggetti sparsi intorno. Xeno riconobbe gli strani colori di tanti altri oggetti portati dagli umani, ma la sua attenzione andò rapidamente all'umano.
    Era... carina.
    Tutti gli umani lo erano, in realtà. Era solo che erano cosi perfetti per la riproduzione, cosi tanto che lei aveva dovuto imparare a trattenersi. I suoi istinti le giocavano strani scherzi quando li guardava, specialmente quelli con la pelle liscia. Una parte di lei gli diceva di saltargli addosso, farli a pezzi e mangiarli. Un'altra di... spogliarli e leccargli il petto? Abbracciarli e stringerli a sè? Spingerli a terra e stenderglisi sopra? Morderli? Era un po' strano. La confondeva.
    Quest'umano le dava le stesse sensazioni, solo più forti. Era piccolo per la norma, e una femmina se non sbagliava a giudicare le forme, aveva capelli di un colore interessante e pelle morbida. La sentì dire qualcosa, ma sinceramente era troppo impegnata a cercare di capire cosa significasse il calore che sentiva nel ventre per ascoltare.
    Notò gli oggetti che stava raccogliendo. Curiosa, ne raccolse uno e lo ispezionò. L'oggettino era tutto colorato, con strani... cosi lunghi che si muovevano di quà e di là quando lo muoveva. Senza pensarci, ruppe la carta e cercò di aprirlo per guardare cosa ci fosse dentro.
     
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    Arky aveva ricevuto proprio una bella botta al sederino sodo ma, ancorché dolorante, si era rimesso prontamente in piedi per recuperare i suoi pacchettini: non aveva fatto caso alla persona su cui era andato a sbattere né al fatto che non gli avesse ancora risposto, dopotutto il centro commerciale stava chiudendo e la gente aveva, se possibile, ancora più fretta di prima quindi non vi era nulla di strano se lo sconosciuto non avesse perso tempo a rispondergli e se ne fosse andato. Il problema era, però, che non se n'era andato via affatto e non sembrava essere affatto intenzionato a farlo: il draghetto, infatti, trasalì quando una mano grande (Molto più grande delle sue!) gli sottrasse l'ultimo pacchetto che gli mancava da raccogliere, agguantandolo con dita lunghe e artigliate. Alzò il capo, stupito e un po' irritato per quel gesto inspiegabile, ma non incontrò subito il volto dello sconosciuto e dovette alzarlo ulteriormente e di parecchio per trovarlo, scoprendo così che lo uomo non era tale, né per sesso né per razza, come testimoniava la pelle violacea e gli occhi dorati. Ovviamente non si intimorì per questo particolare, dopotutto lui stesso non era realmente umano e in una metropoli cosmopolita come Roma si potevano trovare le razze più disparate ma, in effetti, quel volto bello ma dai lineamenti un po' ferini, unito alla statura davvero imponente e al fisico tonico assorbirono la sua attenzione quel tanto che bastava perché la donna sciogliesse il fiocchetto del pacchettino, aprendolo e così scoprendo il dono che aveva pensato per Morgana: un banale ma morbido e grazioso orsacchiotto di peluche. - Ehi, ma che fa? Me lo ridia! - si lamentò, avvicinandosi alla donna e protendendo le manine per riprendersi il pacchetto che, se lei non avesse opposto resistenza, le avrebbe tratto dalle mani in maniera decisa ma non brusca, tanto che nel riprendersi il dono le avrebbe sfiorato le dita con le sue, molto più piccole, sottili e morbide in una involontaria carezza.
    Il draghetto era vestito con un maglioncino bianco a collo alto, dei pantaloni pesanti color ocra, un cappottino del medesimo colore e delle scarpette invernali in pelle nera, con i capelli acconciati con la consueta treccia rosa che, come sempre, stonava con tutto; in quel momento la sua attenzione era completamente rivolta all'orsetto e ai suoi maldestri tentativi di rimpacchettare senza rovinarne la carta e stropicciarlo troppo. Finalmente, dopo un paio di tentativi a vuoto, riuscì a sistemarlo quantomeno in modo che potesse trasportarlo senza temere di perdere carta e fiocco ma avrebbe comunque dovuto rifare l'incarto una volta tornato a casa. - Ecco, sistemato! Certo che io sono sbadato ma lei è una vera pasticciona... - commentò in tono bonario, alzando il visetto tutto felice per essere riuscito in quella piccola impresa e, finalmente, osservando meglio la donna: subito gli saltarono nuovamente all'occhio la statura imponente, le forme toniche che intravedeva dai vestiti e, soprattutto, quanto questi fossero logori e persino un po' sporchi. Corrucciò le sopracciglia un po' sorpreso da quel particolare e la guardò meglio in quegli occhi tanto ferini, da sotto la visiera del berretto, scoprendone uno sguardo un po' confuso, se non addirittura smarrito.
    Signorina? Ha bisogno d'aiuto, si è persa? - chiese con voce gentile, avvicinandosi di qualche passo a lei e guardandola curioso e gentile al tempo stesso, pensando di avere a che fare con una turista un po' spaesata o, forse, una senzatetto affamata. Ironico il fatto che, in entrambi i casi, avrebbe avuto ragione e torto al tempo stesso...
     
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    Non sapeva che nome dare a quel... coso peloso che si ritrovò tra le mani. Era un animale? Gli occhi erano lì, la bocca e il resto pure. Però l'odore era sbagliato, e non c'era battito...
    La sua ispezione fu bruscamente interrotta. La prima cosa a cui Xeno pensò fu uno scoiattolo rosa, tutto proteste e minacce dai suoi ben dieci centimetri di altezza. L'immagine durò solo un attimo. Poi il fatto che qualcuno stava entrando nel suo spazio personale senza permesso saltò alla sua attenzione.
    Xeno fece un mezzo passo indietro, coprendosi con una mano i denti che, in una reazione ferina, andavano già scoprendosi. Da quel che aveva potuto vedere, gli umani non tolleravano violenza tra di loro, almeno non dove erano in molti a vedere. Non voleva saltare troppo all'occhio.
    Lasciando che la reazione si spegnesse, guardò la piccoletta che le aveva tolto il cosetto peloso dalle mani. La guardò meglio, il suo sguardo che la scandiva lentamente dalla testa ai piedi e poi viceversa. Il suo viso non lasciava trapelare nessuna emozione, ma dentro di lei le emozioni di prima ritornarono. A costo di ripetersi, quell'umana le sembrava... carina. Tutta pelle liscia e colori delicati. Era un tipo di fascino che le arrivava nuovo, ma non meno attraente per questo.
    Pensò al piccolo contatto che avevano avuto un momento prima. Quelle dita erano morbide...
    Scacciò quell'immagine dalla mente. Non il momento.
    Inclinò la testa con curiosità alle sue parole. Perchè pasticciona? Lei aveva voluto aprire quel pacchetto... ah, doveva averlo preso come un errore. Strano, perchè pensare una cosa del genere?
    Forse gli umani avevano una casta specializzata nel portare quei... cosi, e non era normale che un altro tipo di membro li prendesse? Beh, quello spiegherebbe perchè quell'umana era cosi piccolina, o perchè c'erano gli altri piccolini che aveva visto. Non sembravano adatti al combattimento. Forse erano un qualche tipo di drone.
    La domanda la distolse dai suoi pensieri.
    Fissò l'umana per un momento. Aiuto? Ne aveva bisogno, si. Ma poteva chiederlo cosi? C'era cosi tanto che non capiva...
    Tanto valeva provare.
    "Si. Aiuto." Disse, la sua voce calda e profonda, ma stentorea e senza particolari tonalità. Capire il linguaggio degli umani non era stato troppo difficile, parlarlo nemmeno, ma avrebbe avuto bisogno di esercizio per far sparire quella pronuncia stentata.
    Allungò una mano e gliela pose sulla spalla, stringendo leggermente. Se era un drone, farle capire che lei era una guerriera forte avrebbe dovuto farla apparire più affidabile.
    "Soldi." Pronunciò, mettendole l'altra mano di fronte al viso, aperta e in attesa.
    Quella era la parola che aveva sentito usare dagli umani per quegli oggettini che davano in cambio di cibo.
    Nella Colonia da cui proveniva non esisteva il concetto di proprietà privata. Xeno pensava che, se quell'umana era un qualche tipo di drone, avrebbe potuto fornirle ciò di cui aveva bisogno. Non le era d'aiuto che la sua Colonia fosse divisa in classi gerarchiche ben distinte e fosse cosi il suo unico riferimento da cui partire.
     
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    Un Arky un po' stranito osservò perplesso il ritrarsi della donna di mezzo passo e, al contempo, il coprirsi la bocca con la mano: era una reazione indubbiamente inconsueta ma, dopo pochi attimi, il volto del piccino s'illuminò dalla sorpresa e anche di un pochino di dispiacere; il piccino, infatti, aveva frainteso completamente la reazione della donna e credette che la poveretta si fosse spaventata per la sua reazione improvvisa e poi, imbarazzata dal suo rimprovero, avesse nascosto un'espressione dispiaciuta o troppo vulnerabile. Subito si sentì sciogliere per quella spilungona dall'animo sensibile e decise che avrebbe fatto di tutto per farsi perdonare, magari ricevendo in cambio un bel sorriso, stavolta palese! Per questo motivo, dopo averle dato scherzosamente della pasticciona, le chiese se avesse bisogno di aiuto: la donna si riscosse quasi immediatamente dalla perplessità che l'aveva colta (Era davvero straniera e non capiva bene cosa le avesse detto?) e, guardandolo seriamente, pronunciò con voce possente, adeguata al'imponenza del suo fisico, che sì, aveva bisogno di aiuto. Però, per quanto la voce fosse decisa, era indubbio che pronunciare quelle poche parole, non collegate sintatticamente l'une alle altre, gli riusciva un po' difficoltoso e questo contribuì a rendere la figura della donna ancora più dolce e tenera agli occhi del draghetto che, anche se per ben altre vicende, sapeva bene cosa volesse dire trovarsi in una società e in un Paese nuovo, immerso in una cultura non propria.
    Fu proprio questa tenerezza a fargli vedere in un'altra ottica la richiesta che, un attimo dopo, sopraggiunse dalla sconosciuta: gli afferrò, infatti, con lieve forza la spalla e gli porse la mano aperta, chiedendo del denaro. Ora, in un'altra situazione, Arky si sarebbe sentito invaso e offeso da una richiesta così imperiosa e, per certi versi, anche inquietante poiché quella violazione del proprio spazio vitale poteva apparire come un tentativo di intimorirlo... ma, dopo essersi fatto l'idea che quella giovane non era altro che una viaggiatrice timida e in ambasce, non si offese affatto ma le sorrise gentilmente, non senza che un po' di rossore gli colorasse le gote paffute e morbide per quel contatto inaspettato. - Oh, ma certo, devi avere una gran fame! Ma purtroppo sta chiudendo tutto, come facciamo? - si chiese e, dubbioso, prese a picchiettarsi l'indice sulle labbra rosee e morbide che, per via di quel tocco delicato, divennero ancora più gonfie e invitanti. - Oh, ma sciocco che sono! Vieni con me, ho trovato la soluzione! - trillò tutto allegro, rivolgendo un sorrisone e, senza neanche starci a pensare, le afferrò la mano con la sua piccolina (Era davvero grande, gli sembrava di scomparire in quel palmo!) e si diresse verso alcuni distributori automatici di merendine, ancora in funzione. Lì la donna avrebbe potuto osservare quei grossi contenitori in metallo e vetro ripieni di tanti pacchetti colorati e con immagini di cibi che, forse, non aveva mai visto e che non poteva identificare come tali. - So che non è come una bella cenetta ma ti potrebbe aiutare a lenire i morsi della fame. Prendi pure tutto quello che vuoi, pago io. - si offrì, lasciandole finalmente la mano mentre attendeva che la donna scegliesse le sue merendine.
     
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    Per un attimo, quella piccoletta sembrò perplessa. Xeno stava giusto per domandarsi se aveva sbagliato qualcosa, quando lei si sbloccò, sorridendole, le guance che le si coloravano di un rosa delicato.
    Carina...
    Fu il turno di Xeno di rimanere un attimo imbambolata, ma si riprese presto. Doveva sentire quello che la nanetta aveva da dirle, dopotutto.
    Non aveva precisamente idea di quello che lei intendesse con "sta chiudendo tutto". Chiudendo cosa? E in che senso? Non l'aiutava il fatto che il modo con cui lei si picchiettava le labbra continuava ad attirare la sua attenzione.
    Fortunatamente, la piccoletta prese in mano la situazione. Xeno fu sul punto di piantarsi sul posto e non lasciarsi portare da nessuna parte, odiava quella tendenza a toccarla. Però, che altro poteva fare? Quella piccoletta era la sua unica guida.
    Senza altre alternative, si lasciò guidare a uno strano aggeggio rettangolare. L'aveva già notato, ce ne erano parecchi simili in giro, ma non sapendo cosa farci li aveva semplicemente ignorati tutti.
    La piccoletta le disse di prendere quello che voleva. Non era un granchè, a sentire lei, ma era sempre qualcosa.
    Zeno la guardò in silenzio per un attimo, la sua espressione un misto tra il sospettoso e il confuso. Ok, forse aveva avuto ragione a pensare che quell'ometta fosse un qualche tipo di drone. Però, che doveva farci con questa roba?
    Però, se lei lo metteva cosi, forse era qualcosa di intuitivo.
    Guardò l'aggeggio. Dentro, c'erano file di pacchetti e robe dalle forme strane, tutte colorate diversamente. Da quel che poteva vedere, erano tenute bloccate da dei pezzi di materiale dall'aspetto resistente.
    Xeno allungò la mano per prenderne uno. E incontrò una superficie invisibile che la bloccò. Socchiuse gli occhi, lanciò un'occhiata alla nanetta, quasi si aspettasse le dicesse il motivo di quella sorpresa, e provò di nuovo. Stesso risultato. C'era qualcosa di invisibile in mezzo che le impediva di prendere i pacchetti.
    Si grattò la testa, un po' perplessa. Doveva sfondarla? Forse era una prova di forza. Solo i Guerrieri capaci di sfondare quella barriera potevano mangiare. Avrebbe avuto senso. Anche nella Colonia c'era una selezione per migliorare la razza.
    Però, gli umani sembravano avere questa tendenza ad evitare la violenza...
    Guardò in basso, dove c'era un punto più gonfio. Trafficandoci, trovò che c'era una specie di cassetto che si poteva aprire. Guardando con attenzione, notò che lo scomparto era collegato con la sezione dove erano tenuti i pacchetti.
    A-ah! Una prova di astuzia!
    Credendo di aver capito, ficcò con violenza un braccio nello scomparto. La plastica si piegò come carta sotto la sua forza, finchè lei non riuscì, piegandosi sulle ginocchia, a infilare la mano nella sezione dei pacchetti. Lì, prese un pacchetto con due dita e lo strappò via da dove era tenuto fermo, tirandolo fuori per la stessa strada che lei si era fatta per raggiungerlo.
    Si rivolse alla nanetta con un sorriso eccitato, facendole vedere il pacchetto come fosse un trofeo di guerra. Era contenta come la prima volta che aveva preso una preda!
    "Preso!"
     
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    Nella foga di trovare una soluzione ai problemi della sua turista, Arky non diede per nulla peso al fatto che le avesse afferrato la mano di colpo, senza averle chiesto in alcun modo il consenso per compiere un simile gesto ma, semplicemente, la trascinò con sincero entusiasmo verso un distributore automatico, chiedendole di scegliere ciò che preferiva. Qui, la confusione della donna gli fu evidente e il draghetto cercò di arguire a cosa fosse dovuto: possibile che quella povera, sfortunata donna fosse sopraffatta dalla grande varietà di snack e dolciumi tra cui scegliere? Gli parve un po' strano dato che, insomma, un affamato non si farebbe troppi scrupoli a scegliere anche una merendina a caso e poi, per quanto evidentemente male in arnese, mica gli stava offrendo un pranzo in un ristorante stellato, non erano altro che merendine da pochi spiccioli! Possibile che, non conoscendo bene la sua lingua, non comprendesse cosa fossero i cibi che aveva di fronte? Forse aveva qualche restrizione alimentare strana ed era un po' timorosa...
    Ebbe un quadro più chiaro (O, per meglio dire, più confuso) della faccenda osservando con suo enorme stupore che la donna stesse cercando di afferrare le merendine direttamente dal vetro, come se non avesse capito che quell'area non fosse affatto sgombra o, chissà, non concepisse l'esistenza di materiali trasparenti. Il piccino notò pure che, al fallimento del primo tentativo, la donna lo guardò come a ricevere una spiegazione ma era così sorpreso che non seppe cosa dire e, quindi, continuò a osservarla stupefatto mentre, con l'insistenza di una mosca, continuava a far sbattere la mano contro il vetro. Dopo quest'ultimo tentativo fallito, però, la sconosciuta scoprì il vano da cui gli snack venivano erogati e si accovacciò, decisa a raggiungere le sue merendine a ogni costo. - Oh, asp-ih! - squittì nel sentire il rumore della plastica che si piegava e spaccava al passaggio di quel braccio muscoloso, interrompendosi ben prima che la giovane potesse capire cosa volesse dirle. Ovviamente si riprese quasi subito da quel trasecolamento ma era, ormai, troppo tardi: la sconosciuta aveva strappato uno snack ai ganci e adesso glielo mostrava tutta contenta, fiera come un bambino che va sventolando un buon voto a una verifica. Arky la guardò stupefatto per qualche attimo, indeciso sul da farsi: fuggire via insieme prima che qualcuno li accusasse di furto? Spiegarle che non funzionasse così? L'osservò ancora, così felice e ignara che gli parve mostruoso cancellare in quel modo la sua gioia e così, sentendosi stringere il cuore, il draghetto atteggiò il volto a un sorriso entusiasta e batté le mani in un'espressione sia di gioia che, soprattutto, di plauso. - Oh, ma che brava! Sei stata furbissima! - trillò e scoprì che la sua allegria era sincera, dopotutto tutta la scena era davvero molto buffa. - Adesso, però, lascia che ti... prenda, ehm, il tuo premio: sei troppo intelligente per dover fare tutta quella fatica ogni volta. - le disse, arrossendo nel rifilarle tutte quelle frottole, mentre inseriva gli spiccioli nel distributore e prendeva un paio di pacchetti di patatine. - Dai, adesso seguimi, andiamo a mangiare in un posticino... più tranquillo, sì! - disse guardandosi intorno, timoroso che qualcuno potesse averli visti, prima di porgerle di nuovo la mano, stavolta chiedendole il consenso prima di procedere verso alcune panchine non troppo grandi. Se la donna non gli avesse dato la mano, lui l'avrebbe guidata comunque senza farci caso: il suo era un gesto istintivo perché le sembrava bisognosa di "protezione" e quello era anche un modo per dargliela e per trasmettergliela.
    Un po' si sentiva in colpa ad averle detto delle bugie ma il draghetto credeva di aver capito il perché di tutte quelle stranezze: era chiaro(?) che quella poveretta venisse da un qualche villaggio rurale sperduto dell'Impero e che fosse completamente all'oscuro di come si vivesse nelle grandi metropoli, probabilmente era arrivata lì confusa e spaesata, alla ricerca di una nuova vita! S'intenerì profondamente poiché, anche se per motivi diversi, pure lui aveva provato la stessa confusione nei suoi primi tempi da "umano", dunque immaginava bene cosa dovesse provare quella poverina in quel momento, per questo decise di proseguire con la pantomima e, poco a poco, spiegarle un po' come funzionavano le cose. - Eccoci qui! Devi avere una gran fame, eh? - chiese retorico, dopo essersi seduto sulla panchina, aprendo un pacchetto di patatine e porgendoglielo istintivamente prima di realizzare che la giovane non poteva certo sapere cosa fossero! - Oh, queste sono patitine e sono molto buone, tieni! - spiegò, arrossendo per via della gaffe e prendendo una patatina tra le dita e porgendogliela: nelle sue intenzioni la donna avrebbe dovuto prenderla e mangiarla da sé ma, nella foga e nell'imbarazzo del momento, aveva teso il braccio e quindi la patina si trovava più vicina alla bocca della donna piuttosto che alle sue mani, cosa che avrebbe potuto rendere fraintendibile il gesto del draghetto.

    Edited by Kira dietro lo specchio. - 14/1/2020, 23:19
     
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    Per un attimo, con l'allegria mostrata anche dalla ragazza, Xeno ci credette davvero. Ma poi gli atteggiamenti dell'umana e le sue parole sgonfiarono la sua eccitazione.
    Non ci voleva un genio per capire che in realtà quello non era il metodo giusto per prendere quei pacchetti. Xeno ne rimase un po' scoraggiata, e anche un po' risentita. Non serviva prenderla per una bambina, ecco. E' che non sapeva.
    Però le piaceva quando quell'ometta si coloriva di rosa...
    La osservò corrucciata infilare qualcuno dei tondini in un buco. Per sua sorpresa, l'aggeggio fece dei rumori e si mosse, lasciando cadere un paio di pacchetti nel cassetto in cui aveva infilato la mano. Xeno si ritrasse, annusando l'aria con circospezione. Qualunque cosa fosse, quella roba non era naturale. Non era viva, da quanto riusciva a sentire. Movimento non era qualcosa che avrebbe dovuto appartenergli.
    Annuì alle parole dell'umana, ancora adocchiando con sospetto la macchina.
    Lo sguardo le calò sulla mano che lei le offriva. Osservò il gesto per un attimo, insicura di cosa significasse.
    Ah, come prima. Vuole che la segue, ma adesso chiede il permesso.
    Era una cosa che le sembrava buffa per qualche motivo, ma non ebbe il tempo di rifletterci. L'evidente allarme con cui l'ometta si guardava intorno le diceva che rimanere lì non era consigliabile. Evidentemente rompendo la macchina lei aveva infranto qualche regola.
    Accidenti!
    Con attenzione, quelle mani sembravano cosi fragili, mise le sue dita tra quelle dell'umana, e si lasciò guidare.
    La strada non fu lunga. Dopo qualche minuto, l'umana la condusse a un altro largo oggetto sconosciuto. Xeno temette si trattasse di qualche altra cosa-morta-che-si-muove, ma l'umana ci si sedette semplicemente, dissipando i suoi dubbi. Era solo un qualche tipo di sedia, meno male.
    Xeno si sedette con riluttanza. Non le piaceva abbandonare la prontezza della posizione eretta. Per sicurezza, estrasse un pochino la sua coda.
    Cercando di tenere a freno l'impazienza, guardò l'umana trafficare con i suoi pacchetti. La sua idea che appartenesse a un qualche tipo di gerarchia di droni era ancora lì, troppo familiare per scartarla per adesso. Continuava a spiegare perchè quel'umana sembrasse cosi intenzionata a volerla aiutare, dopotutto. C'era qualcosa che veniva da lei, però, qualcosa che il suo istinto ben affilato non poteva mancare di notare. Una sorta di comprensione, se doveva descriverla, come se quell'ometta sotto sotto capisse quale fosse il suo problema. Era strano.
    Decise di tenere la cosa sott'occhio.
    Inclinò la testa alla domanda, curiosa. "Si." Disse, il fatto che fosse solo una domanda retorica che non la prendeva di striscio.
    Socchiuse gli occhi verso il pacchetto che l'umana le porse, ed esitò. Di nuovo, sembrava intuitivo, ma adesso non era più molto sicura quanto le loro nozioni di "intuitivo" combaciassero. Non ci teneva molto a fare un altro sbaglio.
    Per fortuna, anche l'umana sembrò rendersene conto, e le porse uno degli oggettini che riempivano il pacchetto. Quel gesto le fece pensare quanto l'umana davvero comprendesse del suo problema.
    Non era qualcosa che la metteva a suo agio, cosi preferì concentrarsi sull'oggettino.
    "Pata...tina." Articolò con un po' di difficoltà, osservando l'oggettino con sospetto.
    Lo annusò. L'odore non era male. E lei era più affamata di quanto pensasse.
    Gettando via i sospetti, aprì la bocca e mangiò la patatina che l'umana le porgeva, toccandole le dita con le labbra mentre lo faceva.
    Xeno masticò con attenzione.
    Mh, salata. Non è carne, ma non è male.
    Decise che era accettabile.
    "Ancora." Disse, socchiudendo le labbra e facendole cenno di porgergliene di più. Quei pacchettini sembravano pietosamente piccoli, ma avrebbe preso quel che c'era.
    Per adesso avrebbe mangiato, poi avrebbe cercato di ottenere altre informazioni.
     
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    Arky si accorse, dall'espressione della sua giovane "amica", che aveva scoperto le sue bugie a fin di bene e divenne immediatamente paonazzo per la vergogna, oltre che subito preda dei sensi di colpa come ben testimoniava il modo in cui si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo colpevole, temendo che la "turista" potesse non volerne più sapere di lui finendo così per cacciarsi nei guai, inconsapevole com'era delle consuetudini e delle regole di quella società. Fortunatamente la giovane non se la prese troppo e, dopo un attimo di esitazione, afferrò la mano che il draghetto le porgeva, lasciandosi guidare docilmente un po' più lontano, verso la panchina su cui si sedette sollevato e semplicemente felice all'idea che la donna potesse rifocillarsi senza pericoli.
    Fece quella domanda retorica senza troppo pensarci, talmente abituato alla consuetudine tutta umana di parlare anche se non vi era davvero nulla da dire che l'aveva fatta un po' sua, tanto che la risposta lapalissiana e un po' seria della giovane lo fece ridacchiare: - Lo credo, ma tranquilla: mangerai a volontà! Se non dovessero bastare, ti prenderò dell'altro! - promise rivolgendole un gran sorriso allegro mentre apriva il primo pacchetto, prima di accorgersi che la poveretta poteva non trovare così naturale ficcarci le dita dentro per prendere le patatine, dunque lo fece lui per lei, porgendole una patatina e aspettandosi che la prendesse da sola... ma la giovane lo fraintese e si lasciò imboccare, tanto che il piccino sgranò gli occhioni sorpreso e a contatto di quelle labbra morbide con i suoi polpastrelli rabbrividì appena, mentre un grazioso colorito roseo si spandeva sulle sue guanciotte morbide e piene. - Oh! - sospirò appena, pensando che quella sconosciuta era davvero molto carina, prima di scuotere il capo per scacciare via un pensiero tanto inopportuno e tornare a sorridere un pochino imbarazzato ma allegro. - Va b-bene... arrivano subito! - miagolò un po' imbarazzato ma senza aver cuore di dirle che non doveva fare così, prendendo una buona manciata di patatine tra le sue dita e avvicinandole dolcemente alle sue labbra, in una scena molto buffa date la differenza tra le loro stature e non solo. - Spero ti piacciano, ne ho prese di diversi gusti: piccanti, al formaggio e... beh, le assaggerai tu e mi dirai. - cicalò semplicemente per far scomparire l'imbarazzo, benché gli rimasero comunque le gote rosate, prima di accorgersi che in tutto questo aveva dimenticato le basi di ogni seppur minima cortesia. - Ma che sciocco, io parlo tanto ma non dico proprio niente di giusto: io mi chiamo Arkholfus, piacere di conoscerti! E tu come ti chiami? - trillò più allegro, porgendole istintivamente la mano sinistra perché la destra era unta per le patitine e non voleva di certo sporcare la sua nuova amica... sebbene, bisognerebbe notare che quest'ultima non poteva certo sapere della consuetudine di stringersi la mano quando ci si conosceva, fosse con la destra, la sinistra o chissà! Ma Arky era ormai finito nel pallone e se ne sarebbe accorto ormai troppo tardi.
     
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    Ancora quel rossore. E c'era anche qualcosa di più stavolta: una qualche esitazione. Il naso diceva a Xeno che l'ometta era imbarazzata. Perchè mai? Non capiva.
    Mentre mangiava le patatine una dopo l'altra, piegandosi in avanti per riceverle dalle mani di Arkholfus, lo osservava con un misto di curiosità ed attenzione. Quell'ometta era un po' un mistero per lei, oltre che la fonte delle possibili risposte.
    "Mh." Si leccò le labbra. Ah, quindi ce ne erano di altri tipi di quella roba. Quella era una piacevole sorpresa. Non erano cosi male, una volta fattaci l'abitudine. Non aveva idea di che fosse il formaggio, ma quello e gli altri gusti le suonavano bene, facendole immaginare buoni sapori. "Pata...tine."
    L'umana era piccolina, e questo la costringeva a stare curvata verso di lei, senza dare molta attenzione al suo spazio personale. Per lei, quella era un'altra nozione che non faceva parte del uso bagaglio culturale.
    Dopo un po' che mangiava, e stava iniziando ad essere infastidita dalla lentezza con cui era costretta a farlo, l'ometta disse un'altra cosa strana, e le tese la mano.
    Xeno masticò lentamente, le piaceva come quella roba scricchiolasse quando la faceva a pezzetti, mentre rifletteva a decifrare il significato di quelle parole.
    Osservò la mano che l'umana le porgeva con curiosità. Aveva già preso il suo odore, e istintivamente pensava che lei avesse fatto lo stesso. Quello, e altre cose che aveva evitato di fare, come guardare il colore dell'esoscheletro, era più o meno il suo concetto di "presentarsi". Evidentemente per gli umani non era lo stesso. Loro si scambiavano anche i nomi. Esotico, però aveva il suo senso.
    Xeno ridusse gli occhi a due fessure, concentrandosi. Le sue labbra si mossero un paio di volte a vuoto mentre cercava di ripetere quel nome complicato.
    "Al... Ark... Akofus." Fece una faccia infastidita. Accidenti, che nome difficile.
    Ripromettendosi di riprovarci il prima possibile, stese la mano come aveva fatto l'umana. Non accennò nemmeno a stringerla, imitò solo il gesto, pensando significasse qualche tipo di presentazione.
    "Xeno." Disse, cercando di articolare la parola bene. Per lei, un nome non aveva nessun senso o significato. Non c'era bisogno di nomi nella Colonia. Ma lì, tra gli umani, sembrava importante.
    Un pensiero improvviso la colse.
    L'umana si era rivolta a sè stessa come un "lui". Alzò un sopracciglio, guardandolo di nuovo da capo a piedi. Strano, non avrebbe accostato quella corporatura a un maschio. Tra gli umani che aveva visto fino a quel momento, il modello femminile sembrava più adatto.
    Mangiò altre patatine, rigirando quel pensiero per un momento, prima di guardarlo.
    "Akolfus." Chiese. "Perchè aiuti?" La domanda le premeva nella mente da un po'. Nonostante tutte le teorie che si era fatta, era curiosa della risposta.
     
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    La sconosciuta incombeva su lui con tutta l'imponenza della sua statura ma, a differenza di quello che si potrebbe pensare, il draghetto non si sentiva a disagio per questo né provava soggezione nei suoi confronti. Semplicemente era imbarazzato nel sentirla così vicina e nell'imboccarla lui ma, alla fine, si decise a considerare questi piccoli inconvenienti come le inezie che erano e a concentrarsi soltanto sul nutrirla, compito che il piccino considerava di primaria importanza. In effetti, a giudicare dalla velocità con cui le patitine scomparivano nella bocca della donna, era assai improbabile che i pacchetti presi fossero sufficienti ma non si scoraggiò e si disse che, quando sarebbero finiti, ne avrebbe presi altri o magari avrebbe acquistato altre tipologie di snack per farle provare nuovi favori. Nel frattempo avrebbe potuto provare a fare un po' di amicizia e a conoscerla meglio, anche nell'ottica di poterla aiutare in maniera più incisiva.
    A quello scopo aveva provato a presentarsi ma, vuoi per imbarazzo, vuoi per naturale goffaggine, aveva combinato un vero pasticcio e adesso la sua povera interlocutrice guardava spaesata la mano (sbagliata, per giunta!) che le aveva porto: il draghetto avvampò di colpo e, ricolmo di vergogna com'era, non riuscì nemmeno a ritirare la mano e a spiegarsi che la giovane, intuite le sue intenzioni, ripeté con evidente difficoltà il suo nome e si presentò a propria volta, tendendo una mano in maniera speculare a come aveva fatto lui ma senza, ovviamente, toccare la sua. Arky la guardò per qualche istante sorpreso poi, travolto dalla tenerezza di quella scena buffa, prese a ridacchiare e annullò lui ogni distanza che separava la sua mano da quella di Xeno, stringendogliela delicatamente, più in una carezza che in una vera e propria stretta di mano. - Ecco, adesso ci siamo presentati! - trillò tutto contento, annuendo vigorosamente col capo alle sue stesse parole come a volerle ribadire che era così che si faceva, tra umani. - E lo so, ho un nome tanto complicato, Xeno ma tu mi puoi chiamare Arky, come fanno i miei amici. Dopotutto noi due siamo già un po' amici, no? - continuò, sorridendole a trentadue denti mentre la sua manina indugiava ancora in quella davvero grande della giovane, continuando a carezzarla con dolcezza prima di sciogliere quel gentile contatto. L'imbarazzo se n'era andato via dall'animo del piccino (Benché, a onor del vero, le sue gote continuavano a essere piuttosto rosse) e probabilmente avrebbe ripreso a chiacchierare amabilmente con Xeno quando questa lo sorprese con una domanda davvero inaspettata, che gli fece assumere uno sguardo un po' pensieroso. Come risponderle? Risponderle perché "era giusto" sarebbe stato sufficiente o, forse, Xeno non avrebbe davvero capito? Anche se decisamente ignorante della società in cui si trovava, infatti, la giovane era indubbiamente intelligente e sensibile, non voleva che percepisse un non detto e pensasse che non si fidava di lei, dopotutto quando lui aveva richiesto la sua fiducia lei gliel'aveva accordata! Si risolse, dunque, a essere pienamente sincero: - Beh, ecco... era la cosa giusta da fare. E poi so che significa trovarsi in un posto che non si conosce con regole strane e apparentemente incomprensibili. Sai... io non sono umano, sono un drago! - rivelò il piccino, non senza un certo orgoglio nella vocetta acuta, mentre realizzava che forse Xeno non aveva idea di cosa fosse un drago. - I Draghi sono creature maestose, grandi grandi! Grossissimi! - esclamò, allora, sollevando le braccia all'aria di colpo, preso dal suo entusiasmo per quella descrizione: teneva ancora in mano il pacchetto delle patatine ma, fortunatamente, non ne cadde nessuna perché ormai era quasi del tutto svuotato. Ovviamente, dopo averle portate in alto per mostrare quando fosse grandi, le distese orizzontalmente per mostrarle quanto fossero grossi. - Tutti ricoperti di scaglie, con le ali grandissime e le zanne e gli artigli e... e soffiano fuoco! - e se evitò di soffiarle in faccia a scopo dimostrativo fu soltanto perché serbava ancora un minimo di buonsenso. Lo stesso che, una volta finita tale sentita descrizione, gli fece accorgere di quanto fosse stato scomposto e di come, soprattutto, lui non vi assomigliasse nemmeno un po'. Subito arrossì e il suo sguardo, dapprima tanto luminoso, si velò di lieve tristezza, prima di ritornare ad alzare il capo e rivolgere un gran sorrisone. - Adesso, ecco, le cose sono più complicate ma... so che significa trovarsi nella tua situazione, per questo ti aiuto. - concluse sorridente, porgendole una manina piena di patatine: la sua storia non aveva avuto un vero e proprio lieto fine, ma quella di Xeno, sì! O, comunque, l'avrebbe aiutata per raggiungerlo.
     
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    Al suo gesto, l'ometto rise. Per un attimo, Xeno pensò di essersi sbagliata, ma prima di poter elaborare su quel sospetto, lui le strinse la mano.
    Il gesto la sorprese. Era cosi... inoffensivo? Stringere la mano dell'altro cosi ti lasciava cosi scoperto... Ah, però, potevi tenere l'altra mano nascosta dietro e la schiena, e il gesto scopriva l'altro quanto te. Molto furbo da parte degli umani scegliere proprio questo come gesto di presentazione.
    Quei pensieri le traversarono rapidamente la mente. Per la maggior parte, il sorriso smagliante dell'ometto era una calamità imbattibile. Il modo gentile con cui le carezzava la mano aggiungeva solo all'impressione. Era semplicemente cosi... carino. Tutti gli umani le erano parsi, chi più chi meno, attraenti, ma lui continuava a sorprenderla.
    Avrebbe potuto mangiarlo...
    "A... mici?" Ripetè, occhi assottigliati. Doveva essere un grado del livello di conoscenza tra due individui. Era cosi strano pensare che gli umani fossero cosi divisi l'uno dall'altro. La prima volta che se ne era resa conto, la possibilità l'aveva scandalizzata. Essere soli, rinchiusi nell'isolamento della propria testa, senza nessuno con cui condividere la propria esistenza? La prospettiva era terrificante. Lei stessa stava ancora combattendo per adattarsi alla sensazione.
    Nella Colonia, i membri erano tutti connessi in un tutt'uno, un singolo che era l'epitome dell'efficienza. Compativa profondamente gli esseri umani per non poter condividere in quella perfetta sensazione di unità. Non era affatto strano che cercassero di replicarla in qualche maniera. Da un certo verso, era quasi carino.
    Una vocina le ricordò, amaramente, che anche lei adesso era sola come loro.
    "Amici." Xeno annuì, accettando il titolo. Se voleva sapere di più della società degli uomini, le sarebbe tornato utile entrare nelle grazie di quel ometto.
    Lo ascoltò con attenzione, bloccandosi alle sue confidenze. La sua descrizione del tipo di creatura a cui apparteneva la impressionò, facendole sgranare gli occhi. Un essere gigante? Capace di soffiare fiamme? Un essere del genere sarebbe stato un predatore alfa senza dubbio!
    Guardò l'ometto con occhi nuovi dopo quella rivelazione, con una buona dose di cautela. Aveva avuto a che fare con esseri che potevano modificarsi a vari livelli. Lui era lo stesso? Doveva esserne sicura. Non poteva rischiare di avere a che fare con qualcosa di cosi pericoloso senza certezze.
    Le parole che disse dopo la colpirono, distogliendola dai suoi accertamenti.
    "Tu... capisci?"
    Questo le veniva strano, stranissimo. Quello... strano essere esotico la comprendeva? Si era trovato nella stessa situazione? Veniva anche lui da un posto simile al suo?
    Xeno guardò le patatine che lui gli porgeva. Non le prese. Troppi pensieri le si agitavano per la testa. Doveva risolverli.
    Si tese verso di lui, annusando con attenzione.
    "Odore... umano." Costatò. A meno che non ci fosse qualche tipo di occultamento negli odori, non poteva sbagliarsi. Quel ometto era umano.
    Doveva decidere come considerare quel ometto. L'aveva aiutata, nutrita. Quello era parecchio nel suo libro. E non sembrava avere particolari intenzioni ostili. In ogni caso, gli umani non sembravano accettare violenza in presenza di numerosi membri della specie. Però, se lui era pericoloso...
    ...per qualche motivo, le riusciva difficile immaginarlo.
    E c'era ancora la questione del motivo per cui la aiutava. Condividere un'esperienza non era una motivazione dal suo punto di vista. Ripensò a come gli umani scambiavano oggetti e cibo per dischetti di metallo. Forse era lo stesso? Voleva qualche tipo di compenso?
    Una cosa alla volta.
    "Drago? Davvero?" Chiese, stavolta con una buona dose di scetticismo. Le riusciva davvero difficile immaginare quel ometto come un predatore di quel livello.
     
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    Il draghetto annuì con un sorriso smagliante e con decisione alla domanda di Xeno, come a farle capire che non c'era motivo di essere titubanti nell'accogliere la sua offerta di amicizia perché, insomma, già lo erano! Per questo motivo, quando la donna accettò la sua amicizia con aria quasi grave, Arky emise un versetto di gioia e le strinse ancora di più la mano, scuotendola dall'entusiasmo: un modo forse un po' infantile per festeggiare il loro neonato legame ma, insomma, Xeno gli sembrava così seriosa e composta, non le avrebbe fatto male venire un po' a contatto con del sano, genuino entusiasmo. Anche perché il draghetto pensava che quella sua fredda compostezza fosse dovuta alla diffidenza sviluppata dalla donna in un ambiente che doveva apparirle quantomeno incomprensibile e minaccioso, dunque con quelle reazioni allegre cercava di scioglierla un po' e di metterla a suo agio, magari anche per renderla meno diffidente.
    Sempre per questo nobile proposito decise di rivelarle la sua vera natura e del perché riuscisse a comprendere la sua condizione, allarmandosi un po' nel vedere il suo volto farsi confuso e persino un pochino allarmato: in effetti la descrizione che aveva fatto delle sua specie non risultava propriamente rassicurante e avrebbe provveduto a correggerla se la donna non fosse rimasta stupita dall'idea che lui potesse comprendere la sua condizione, tanto che il draghetto annuì e le sorrise con dolcezza, poggiando una manina sul suo ginocchio in una carezza delicata che voleva trasmetterle vicinanza. - Sì, Xeno! Quando sono arrivato tra gli umani ero confuso e spaventato come te: così tante cose strane, così tante regole assurde e... così tanti occhi pronti a giudicarti! Però, ecco, a poco a poco mi sono ambientato e... gli umani non sono affatto male. Certo, sono sempre un po' assurdi con le loro regole e alcuni di loro sono dei poco di buono ma, ecco, nel complesso sono buoni e anche tanto creativi! Ti ho aiutata, perché, ecco... io non avevo nessuno ad aiutarmi quand'ero confuso e non mi piace l'idea che qualcun altro possa passare lo stesso. - le spiegò e gli occhioni si velarono per un attimo di tristezza, prima di farsi nuovamente luminosissimi e guardarla tutta allegra, come a dirle che lei non doveva affatto preoccuparsi, adesso c'era lui a darle una mano! Avrebbe anche continuato il discorso, articolandolo meglio ma la donna sembrò essere curiosa di accertarsi della sua vera natura e si avvicinò per annusarlo: quell'improvvisa vicinanza, lo stesso gesto di percepire qualcosa così intimo come l'odore (Da drago non si sarebbe fatto alcun problema, anzi avrebbe fatto lo stesso, ma aveva ormai assimilato le consuetudini umane) lo fecero arrossire e imbarazzare parecchio, tanto che le sue guanciotte divennero rosse e davvero calde per qualche attimo. A peggiorare, poi, la sua situazione ci pensò una considerazione molesta nata dall'osservare così da vicino il volto della giovane... e cioè che avesse delle gran belle labbra, davvero invitanti. Non ebbe il tempo di formulare questo pensiero che avvampò ancora di più, strizzando gli occhioni per evitare di guardare altre parti del corpo della giovane e uscirsene con pensieri ancora più indecenti e imbarazzanti. Quando la donna si allontanò, dunque, il piccino riaprì gli occhi e li sgranò persino un pochino quando la donna espresse i suoi dubbi sulla sua natura da drago: la prima reazione di Arky fu quella di gonfiare le guanciotte, un po' offeso, e sollevare il nasino orgoglioso ma, dopo un attimo, tutta questa alterigia si sciolse in un sorriso a metà tra l'imbarazzato e il divertito.
    E' che non sono più propriamente un drago... cioè! Una persona cattiva mi ha inflitto una maledizione e adesso sono così. - spiegò imbarazzato e un po' triste, prima di realizzare che Xeno potesse non avere idea di cosa fosse una maledizione e che urgesse una buona spiegazione. - Ecco, una maledizione è come una... m-malattia, sì! Ma tranquilla, non è contagiosa! Riguarda soltanto me e... mi ha fatto diventare p-piccolo. - spiegò imbarazzato nel notare che la spiegazione era ancora più inverosimile e assurda del concetto in sé! Se continuava così Xeno l'avrebbe preso per un bugiardo e non si sarebbe più fidata di lui, come fare per risolvere quel bel problema? Fortunatamente ebbe un'eureka improvviso! - Aspetta, se mi concentro un attimo posso assumere una forma intermedia: guarda! - le chiese, chiudendo gli occhi e concentrandosi: in un attimo Xeno avrebbe potuto vedere la pelle di quel visetto cospargersi di piccole scaglie bianche e nere, i capelli diventare scuri e comparire due piccole cornine tutte da afferrare ai lati della testa, col visetto che si faceva se possibile ancora più tondo e tenero. - Visto? Che ti avevo detto? - trillò tutto allegro, aprendo gli occhioni adesso ambrati e mostrando un sorrisone che scopriva una chiostra di zannette appuntite e candide. Poi, dopo un attimo, il volto tornò quello umano, ma la soddisfazione e l'allegria del draghetto era rimasta immutata: era un vero drago, lui!
     
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    Con quel ometto, era come guardare un animaletto piccolo e carino. Si eccitava, sorrideva, trillava. Era tutto luce, allegria e sorrisi, cosi diverso da tutto ciò a cui Xeno era abitata. Sinceramente, era indecisa tra l'essere confusa, curiosa o intrigata. In un certo senso, la divertiva, doveva ammetterlo.
    Molte delle cose che diceva non le comprendeva, però. Lei era confusa, si. Spaventata... non molto, non ancora. Non ce ne era motivo, almeno per adesso.
    La parte sugli umani la confuse. Assurdi, lo erano senza dubbio. Poco di buono, buoni. Quelle parole non avevano senso per lei. Cos'era "buono"? Quella parola non c'era nel suo vocabolario.
    La sua spiegazione del perchè la volesse aiutare la lasciò più confusa che mai. Non le sembrava una motivazione valida, no, infatti non le sembrava un motivo proprio per niente. Lui la voleva aiutare, perchè aveva passato lo stesso? E quindi? Non capiva.
    Inclinò la testa, cercando di tirare fuori un senso da quelle parole, ma per quanto le girasse e rigirasse, non riusciva a trovarcelo. No, doveva esserci un motivo, uno vero, perchè quel umano voleva aiutarla, un guadagno, qualcosa.
    Il modo con cui arrossì (adorabile) e con cui le carezzò il ginocchio le diede uno spunto. Anche il suo odore era cambiato leggermente. Xeno percepì un certo grado di eccitazione...
    La sua domanda, per qualche motivo, sembrò irritarlo. Si riprese in fretta, però (meno male, le piaceva quel sorriso), e le spiegò in cosa consisteva la sua condizione.
    Xeno aggrottò la fronte. Maledizione? Suonava pericoloso. E da drago lo aveva fatto diventare cosi? Quello suonava ancora più pericoloso. Significava che c'era qualcuno che poteva ridurre un predatore cosi forte a quello stato? Il pensiero era spaventoso, e lei fu contenta di metterlo da parte per assistere alla "trasformazione".
    Alzò un sopracciglio a vedere il risultato. Ok, si era aspettata qualcosina di più. Le dimensioni erano rimaste le stesse e, a parte qualche aggiunta, il più grosso cambiamento erano i colori. In qualche maniera, le pareva che si fosse avvicinato alla forma Xenomorfa, quello la scontentò un po'. Gli umani erano cosi belli ed esotici...
    Ma rimaneva una cosa speciale, una trasformazione. Incuriosita, gli mise le mani sulle spalle e lo trasse verso di sè con delicatezza, annusando.
    "Odore... diverso." Mormorò, osservandolo. "Non molto. Ma diverso. Più... scaglia." Più o meno aveva senso con quello che lui diceva. Wow, quel mondo era una sorpresa dopo l'altra. Però, c'era un po' di scontento mentre lo osservava con attenzione. "Umano. Più bello." Disse.
    Lo osservò in silenzio per qualche momento, pensando. Quelle sue reazioni alla sua vicinanza le avevano fatto venire in mente qualcosa.
    "Tu sei attratto da me?" Chiese, seria e tranquilla come se stesse chiedendo il tempo. Per lei non c'era niente di strano. "Per questo aiuti? Vuoi accoppiamento?" Annuì, e qualcosa di pericoloso scintillò nei suoi occhi. "Per me va bene. Se mi aiuti." Quello era un motivo valido che poteva capire. Lo poteva anche accettare, nessun problema.
     
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    Arky si lasciò annusare gonfiando il petto e le guanciotte dall'orgoglio, certo che nel vederlo in quella forma ibrida Xeno sarebbe stata travolta dall'ammirazione e, perché no, anche da un po' di sano sgomento nel constatare un simile verità dei fatti!
    ...o forse no perché, insomma, era piccino uguale e a parte le scaglie e i capelli di colore diverso non vi erano altri cambiamenti ma, insomma, per quanto il corpicino nel piccino fosse minuto, il suo orgoglio era rimasto alle dimensioni da drago e gli piaceva l'idea che la sua nuova amica potesse provare un po' di soggezione nello scoprirlo una simile, portentosa creatura. - Sì, sì, l'odore è proprio diverso! Mentre il tuo è... è... - il draghetto aveva esordito quell'esclamazione annuendo vigorosamente col capo, come a voler sottolineare quale abisso si estendesse tra l'odore delle sue due forme ma, avendo il volto della donna così vicino, non poté fare a meno di percepire il suo e sentire quanto fosse non solo gradevole ma anche, come dire, ricco d'interessanti informazioni per il naso di un drago. Cioè che fosse una femmina matura e in salute, oltre che forte, insomma il biglietto da visita ideale per accendere certe pulsioni a un drago e che, ovviamente, non poteva captare alla stessa maniera da umano, anche se aveva già notato quanto fosse bella. - ...buono. - terminò in un sussurro imbarazzato e a malapena udibile, imbarazzandosi e confondendosi tutto, tanto che quando la giovane gli disse di preferire il suo aspetto da umano neanche ebbe modo di spiacersene ma, banalmente, ritornò alle sembianze con cui lo aveva conosciuto, con le guanciotte più rosse che mai. - Oh, ecco... il mio aspetto da umano è un po' particolare e sono felice ti piaccia e... c-come?! - balbettò, troncando a metà il suo discorso e sgranando gli occhioni così tanto che sembrò sul punto di perderli, pronti a rotolare via chissà dove. Immediatamente la temperatura del piccino fu vicina a raggiungere il punto di ebollizione dell'acqua e le sue gote, già rosse, divennero pressapoco paonazze. - B-beh...! E-ecco! T-tu... i-io... e-ecco, sì... - il draghetto prese a torcersi le manine guardandosi la punta delle scarpe come se su di esse avrebbe trovato la giusta risposta da dare, ma in realtà qualche meccanismo si era inceppato nella sua mente e più di balbettii confusi non riusciva a produrre. Perché gli aveva fatto una domanda simile? Magari... si era già innamorata di lui?! Ma certo, una ragazza sola, sperduta e bisognosa d'aiuto che lo trova in un giovanotto sconosciuto e... e avvenente, come lei aveva confessato un attimo prima, non poteva che prendersi una subitanea cotta per lui! Questa considerazione gli fece gonfiare il petto d'orgoglio e, per un attimo, spazzò via il suo imbarazzo: era suo dovere chiarire l'equivoco senza ferire i suoi delicati sentimenti! - Sei indubbiamente bellissima Xeno ma... eh??? - sbalordì, arrestandosi di colpo nel sentire la domanda della giovane. Dire che Arky avvampo' sarebbe un eufemismo, dato che le sue sinapsi si liquefecero in un attimo e lui rimase a guardarla allibito, con la boccuccia invitante dischiusa come se l'invitasse a un bacio e le gote paffute semplicemente roventi. - A-accoppiamento?! N-no! Cioè, sì... n-no! N-nel senso... - che senso? Saperlo, lui in quel momento voleva soltanto sprofondare! - A-accoppiamento... v-va b-bene?! - rantolò il draghetto a cui tra un po' sarebbe esploso il cuore, per i troppi sobbalzi a cui era stato sottoposto. Davvero voleva offrire il suo corpo perché l'aveva aiutata? Davvero la sua gratitudine arrivava a tanto? O forse era un'usanza culturale della sua terra o... lo sapeva il Diavolo cos'altro! Non poteva, però, che la giovane si offrisse in quel modo, doveva dissuaderla con forza da un simile proposito e farle capire con decisione che non ve n'era bisogno! - N-no, m-ma che d-dici, n-non c'è bisogno! Adesso, a-anzi... apriamo u-un nuovo p-pacco di p-patatine, e-ecco! - beh, non il più brillante o fermo dei dinieghi ma... le aveva detto no, quindi era tutta a posto, giusto?
    Chissà, di certo c'è soltanto che lo stato di agitazione del suo corpo, a causa dell'imbarazzo, poteva essere scambiato per ben altro...
     
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51 replies since 6/1/2020, 00:13   803 views
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