Un passo alla volta

Per Chibi ♪ (Kira)

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    Era passato un po' dall'ultima volta che Lucia aveva lasciato la Sapienza in compagnia di sua madre. Erano successe tante cose, alcune incredibilmente spiacevoli, altre meno, ma tutte bene o male erano servite a temprare il suo spirito definitivamente... o almeno così le piaceva pensare. Era da qualche tempo che oramai la "ragazza" aveva deciso di impegnarsi seriamente nell'impresa di diventare una persona migliore, anzi, una persona, punto. Qualcuno meritevole di rispetto, qualcuno in grado di ottenerlo con la forza della propria volontà e delle proprie azioni. Hazel aveva sentito il suo cambiamento, e aveva colto la palla al balzo cercando di farla aprire riguardo i propri desideri, più che decisa ad assecondare la sua rinnovata determinazione. Da sempre aveva desiderato che Lucia diventasse più forte, e ora che anche lei era decisa a progredire verso un simile cambiamento, l'unica cosa che le restava da fare era accompagnarla nel difficile cammino che l'avrebbe portata a essere una donna vera. Oramai aveva da tempo sorvolato sul fatto che la poverina, tra le cosce, non avesse invero alcun pertugio femminile, ma data la sua mente così pendente verso quella sponda, aveva preso anch'ella, dopo varie peripezie, ad accettarla come tale. Lucia non si sentiva un maschio, e dunque era giusto non lo fosse. Le piaceva assecondare questa sua natura, anche perché da sempre aveva desiderato una figlia femmina e, seppur il destino non glie l'avesse data di sesso, evidentemente l'aveva ascoltata in qualche modo. Certo, visto il suo carattere non c'era modo che evitasse di importunarla spesso e volentieri con prese in giro amorevoli, molestie sessuali più o meno evidenti e le più "innocenti" angherie, ma rimaneva il fatto che da quando si erano ritrovate il demone aveva recuperato tutto l'amore, l'affetto e l'istinto materno del mondo... perlomeno a modo suo. Quel giorno, Hazel aveva spinto Lucia a uscire, raccomandandole di prepararsi mentalmente al cambiamento, poiché voleva che le mostrasse la sua reale determinazione anche con i fatti. La ragazza le aveva chiesto come dovesse iniziare, secondo lei, il suo percorso di riscatto, e Hazel si era sentita di rispondere in un solo modo: Capire cosa vuoi... e imparare a prendertelo.
    Da lì era facile intuire come fossero arrivate in un pub, vestite di tutto punto, vagando alla ricerca di un'ignara """vittima""" che si sarebbe trovata catturata nei loro esperimenti alla ricerca della spina dorsale di sua figlia mancata. Lucia aveva deciso che avrebbe imparato a sedurre un uomo di propria volontà, proprio come avrebbe fatto una qualunque donna sicura di sé, e Hazel non aveva potuto far altro che approvare appieno quel desiderio. Per l'occasione, il loro solito stile era stato abbandonato da entrambe. Lucia aveva optato per qualcosa di molto cupo, gotico quasi, prendendo spunto da ciò che avrebbe potuto tranquillamente indossare Leben, la donna alla quale bene o male si ispirava inconsciamente; si trattava di un vestitino nero molto scollato e gotico, che metteva in risalto la seconda appena accennata di "seno" che non si era ancora riassorbita dalla nascita dei suoi orchetti, che proseguiva in calze e giarrettiera di pizzo, con una fantasia floreale ricamata, il tutto condito da scarpe dal tacco vertiginoso e un'acconciatura decisamente inconsueta per i suoi standard. Se di solito prediligeva acconciare i capelli legandoli stretti, quel giorno li aveva lasciati sciolti, tirati all'indietro solamente dalla parte sinistra del suo viso e legati da una forcina con ricami di pizzo all'indietro, molto stretti, dando quasi l'impressione che fossero rasati d'un lato mentre un lungo ciuffo mosso le metteva in ombra la tempia destra, facendo spiccare i suoi occhioni rossi. Era persino truccata: mascara biondo per le ciglia (sia inferiori che superiori), che non erano mai parse così lunghe e voluminose, mentre una tinta per labbra rossa come il fuoco metteva incredibilmente in risalto la sua boccuccia stretta e piena. Hazel invece, che in quanto a stile era rimasta decisamente indietro negli anni (e invero si irritava all'idea di cambiare in favore dell'era moderna), aveva adottato una mise da serata di gala d'altri tempi che aveva il solo scopo di attirare l'attenzione su di sé, ripiegando su un lungo abito da sera e prendendo alcuni accorgimenti di trucco e gioielli che mettevano incredibilmente in risalto il suo look, adattandolo a una serata "alternativa" e soprattutto facendola spiccare tra tanti: il bordo di pelliccia sulle spalle, una trasparenza di pizzo sulle braccia che creava un effetto vedo-non vedo incredibilmente sensuale, mentre l'ampia scollatura del vestito metteva irrimediabilmente in risalto il suo abnorme décolleté, che quasi straripava dal bordo del corpetto rigido, il tutto accompagnato da un colletto decorativo molto stretto sul collo, che appariva più come un collare da schiava, mentre la gonna risultava bordata di pelliccia nera e l'ampio spacco lasciava scoperta la gamba sinistra, bardata fino a metà coscia da lunghi stivali neri altissimi; per concludere il tutto era completamente ingioiellata, in modo eccessivo (portava persino alcuni piercing sotto al vestito), e aveva acconciato i capelli tramite magia tenendoli corti e tirati all'indietro, prendendo spunto da una rivista recuperata in una delle rare edicole che ancora trattavano il cartaceo in quell'era assolutamente troppo avanti in ambito tecnologico, almeno dal suo antiquato punto di vista.
    Avevano scelto un pub abbastanza frequentato dalla media-gioventù di Roma, un posto serio e non troppo chic, ma neppure un ritrovo di disperati, dove si potevano trovare individui di davvero ogni genere di razza e condizione sociale. Hazel era entrata per prima e aveva raccomandato a Lucia di restare fuori per almeno cinque minuti, lasciando che sondasse il territorio. Ella aveva eseguito, impacciata e in ansia, giocherellando con le proprie dita in modo ansioso, quasi violento, stringendole e torcendole tra loro. Indossava uno smalto dorato molto acceso che riprendeva la tonalità dei tatuaggi provvisori che quella sera aveva deciso di sfoggiare: sulla schiena, sulle braccia e sul viso, piccoli ornamenti che risaltavano incredibilmente sulla pelle d'ebano. Per l'attesa si rifugiò nel vicolo adiacente al luogo, al buio, sperando che nessuno la notasse. Sospirò tra sé, prendendo poi un profondo respiro e cercando di farsi forza mentre una miriade di pensieri la sommergevano, ponendole un sacco di problemi. E se non fosse stata in grado? E se avesse fatto una figura barbina? O ancor peggio se avesse scelto inconsciamente un mostro sotto smentite spoglie? Se fosse andata, vista la sua eterna sventura, direttamente tra le braccia del demonio? Tutto era possibile quando le riguardava, purtroppo lo sapeva bene... tuttavia, no! Stavolta no, se lo promise. Sarebbe stata attenta, determinata, e pronta! Questo si ripeté mentre con entrambe le mani si schiaffeggiava con poca convinzione, stringendosi le guance più volte e guardando dritta dinanzi a sé, come a dire: Tu puoi farcela, Lucia!
    Quando furono passati diversi minuti ed ella si decise a entrare, dovette fermarsi sulla soglia del locale, cercando Hazel con lo sguardo e trovandola seduta a un tavolo molto in fondo, circondata già da una folla di uomini che sembravano aver occhi solo per lei, seppur non osassero avvicinarsi. Aveva ordinato un boccale di birra demoniaca alla spina e lo sorseggiava da un calice, lasciando un perverso segno di rossetto sul bordo umido. Ad ogni sorso, si leccava le labbra lasciando che la lunga lingua le coprisse metà faccia, mente la sua coda sventolava sinuosa dietro di lei. Le sue corna, unite al suo assurdo abbigliamento ricoperto di gioielli, spiccava tra tutti i presenti. Si era messa distante per controllarla, era chiaro, ma quando fece per muovere un passo verso di lei, ella la bloccò con un cenno della testa e il palmo alzato, comunicandole ciò che voleva tramite il loro legame mentale.
    No, non occorre che venga qui. La serata è tua, figlia. Concentrati, orsù. Ora che ci troviamo in questa specie di taverna dove pare accalcarsi la maggior parte della gioventù odierna, dobbiamo scegliere colui che sarà la nostra "preda" fortunata. Non fare la timida come tuo solito, su. Guardati intorno... e scegli.
    Il demone tornò a prestare apparentemente attenzione alla propria birra, lanciando sguardi ad alcuni dei presenti, passandoli in rassegna uno ad uno per vedere se qualcuno sembrasse degno della sua attenzione. Non si era vestita in quel modo a caso, nient'affatto, anzi, era così conciata proprio per rubare tutta la scena ai presenti, Lucia compresa, in modo che ella dovesse impegnarsi DAVVERO per raggiungere i propri obiettivi. Non senza la sua guida, certo, ma sicuramente senza il suo aiuto.
    Lucia rimase impalata sulla soglia dell'entrata, mentre i suoi grandi occhioni rossi volteggiavano tra la folla, alla ricerca di... non sapeva neppure lei esattamente cosa. Un particolare, che fosse piccolo o grande, qualcosa che la colpisse come un fulmine abbastanza da darle il coraggio di proseguire con quella follia. Perché da sola, invero, non si sentiva affatto in grado di scostare da lì i suoi tacchi e muoversi all'interno del locale. Stava pensando che era stata tutta una pessima idea ed era decisamente il caso di andarsene, e di corsa. Non era fatta per quell'ambiente affollato, non era fatta per essere sfiorata da corpi sconosciuti che la circondavano, facendola sentire piccola e indifesa nonostante i suoi tacchi da 10 cm, e soprattutto non era fatta per quel vestito succinto... Ma poi... lo vide. Fu come se una luce teatrale puntasse dritto sulla sua figura (e invero la luce stroboscopica passò precisamente sul suo viso), in disparte, ma in qualche modo completamente al centro dell'attenzione: era la creatura più bella e perfetta che le fosse mai capitato di vedere, qualcosa che avrebbe potuto paragonare solamente agli angeli, o agli dei, se fosse stata un minimo più preparata in proposito. Fatto stava che, abituata ai mostri com'era, quel ragazzo le parve la cosa più vicina alla perfezione che potesse esistere non solo in quel pub, ma nell'intero universo, e lei ne venne catturata come una specie di orso di fronte a un alveare. Un gruppo di ragazzi desiderosi di entrare nel pub la spinsero via in malo modo per poter varcare la soglia, ed ella si ritrovò a camminare verso il tavolo dove aveva visto l'angelo dai capelli argentei senza neppure rendersi conto di starlo facendo. Ah, però... siamo ambiziose, eh? Era cosi imbambolata che arrivò davanti a lui senza neppure sapere come avesse fatto, sentendo a malapena il pensiero di Hazel, e quando realizzò di aver camminato senza pensare fu costretta ad abbassare lo sguardo, completamente nel panico e più rossa che mai nel ritrovarselo davanti. Sbatté contro uno degli sgabelli vuoti intorno al tavolo, e fu cosi che preda del panico non riuscì a proferir parola, quasi ogni singolo circuito neurale le si fosse improvvisamente bruciato. Non prestò neppure attenzione se fosse solo o in compagnia, in quel momento riusciva solo a fissarlo imbambolata, senza saper cosa dire.
    Avanti, di' qualcosa sciocca! Non puoi mica stare li imbambolata a fissarlo!
    Le ci vollero diversi secondi e altrettanti sbattiti di ciglia per riprendersi. Le sue labbra rosse si schiusero in una "o" impacciata ma sensuale...
    Osseq-
    ... per poi serrarsi immediatamente.
    Oh, andiamo... sei seria?! Schiarisci la voce e prova ancora! Veloce!
    E di nuovo...
    Hem, s-salve...
    Hazel, al suo tavolo, si portò la bella mano dalle unghie lunghe e nere al viso, in un "facepalm" appena accennato. Sospirò, posando il gomito sul tavolo e scoraggiando così un adulatore che aveva avuto l'ardire di sedersi vicino a lei proprio in quel momento, finendo per andarsene con la coda tra le gambe interpretando la sua reazione come rifiuto.
    In che modo dovrebbe essere meglio?!
    Lucia arrossì leggermente, restando impalata, nel suo vestito succinto e il corpo in mostra, spostando gli occhioni altrove con fare imbarazzato, senza sapere cosa dire. Forse doveva andarsene? Hazel la osservò da lontano, sconsolata. Avevano tanto, decisamente tanto su cui lavorare, ma Hazel era decisa a proseguire in quella follia, ed era certa che anche Lucia potesse avanzare e farcela... Un passo alla volta.

    Edited by .Bakemono - 8/3/2019, 16:32
     
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    Che dice il Coccodrillo del Nilo | che batte la coda iridata | ... | nel tonfano, nella cascata, | ... | e sopra la sponda assolata? | «Trovato è il pasto agognato! | Trovato! Trovato!

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    Ovviamente da dietro lo specchio! Il tuo specchio...

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    Era arrivato da New Vegas quella mattina stessa, dopo settimane di viaggio ininterrotto ai quattro (o quasi) angoli del globo, ritrovando finalmente a Roma, a casa, la tiepida giornata primaverile che tanto aveva bramato tra il gelo inglese e l'afa americana. Passò al suo appartamento soltanto per posare le valige e subito decise di perdersi tra la primavera della Città Eterna, certo che fosse il modo migliore per quietare il suo animo e guardare con lucidità, con distacco critico gli avvenimenti appena passati. Eppure, benché le rovine del suo glorioso passato fossero più belle e poetiche che mai, i suoi parchi prosperi e rigogliosi come solo l'incanto primaverile poteva rendere, quel giorno la città non riuscì minimamente ad aiutarlo, tanto che peregrinò fino a tarda sera, incapace di soffermarsi in un punto, di godere di un monumento, di un fiore, di un semplice scorcio di bellezza.
    Qualcosa guastava il suo sguardo, rendeva spenti i colori e plumbeo un cielo che, altrimenti, gli sarebbe parso di zaffiro: era il sottile veleno della paura, dei sensi di colpa, della codardia a fluirgli tra le vene, a contaminargli l'anima e corroderne la gioia. Era quasi buffo (O forse era meglio dire grottesco?) da notare, in effetti, ma era scappato in tutta fretta da Roma per non dover affrontare il suo personale demone, la vampira che lo aveva umiliato un'ormai lontana notte e a Roma era tornato sempre per scappare da qualcuno, stavolta da una dolce donna che nulla gli aveva preso e che, anzi, tutto gli aveva donato.
    Il volto gentile di Queenie sorse tra le nebbie dei suoi pensieri, raggiungendolo anche nel pub in cui si era rifugiato, superando il sottile velo di alcool con cui aveva sperato di coprirla e mostrando così la dolce innocenza dei suoi occhioni rossi, un'innocenza che sembrava emettere la più tremenda delle condanne: si era separato da lei con affetto, promettendole che non sarebbe scomparso dalla sua vita, che si sarebbe fatto carico delle sue responsabilità, che avrebbe custodito con amore (Quel poco di amore freddo e impacciato che poteva darle) quel loro legame che non sapeva come definire... e in quel momento, mentre osservava davvero i suoi occhi, il suo sorriso dolce ci credeva davvero. Anche adesso, seduto in un tavolino in disparte, un bicchiere quasi vuoto tra le mani, ci credeva ma sentiva anche che le sue promesse gli gravavano addosso come non avevano fatto prima. Perché? Davvero, spinto dalla dolcezza della piccola tiranide, da ciò che avevano condiviso, si era lasciato trascinare in impegni che il suo animo, segretamente codardo e meschino, non riusciva a sostenere? Davvero era l'ipocrita che sempre aveva visto negli altri?
    Eppure aveva ben chiaro in mente la disposizione di spirito con cui si era allontanato da Londra, da Queenie: ritornare a casa, affrontare Hilda e finalmente lasciarsi alle spalle la ferita che gli aveva inferto; e, ovviamente, non appena si era trovato in aeroporto si era detto che no, non poteva ritornare a casa, che aveva sempre desiderato vedere New Vegas e che quella poteva essere la buona occasione per farlo. Deviò, dunque e si perse per qualche tempo tra roulette e opulenza macchiata dalla corruzione, dalla disperazione che l'alimentavano, finché non incontrò un'altra donna, Blume, un'ibrida selvatica e determinata che gli ricordò cos'era il coraggio, cos'era una caccia e che i momenti di riposo, di gioia, non sono altro che questo: spaurite scintille di gioia nella notte del dovere e il suo, di dovere, aveva l'aspetto di una bellissima quanto terribile donna. Anche lì, partì convinto che quel giorno stesso avrebbe fronteggiato ogni suo demone e dissipato ogni ombra dal suo cuore ma, più si avvicinava il momento dell'arrivo, più cresceva la sua inquietudine e con essa il desiderio di rimandare, tanto che presto si convinse che quella bella giornata non poteva essere dedicata a Hilda, sarebbe stato un oltraggio a se stesso e alla bellezza della primavera e procrastinò, ancora una volta, il compito che si era dato.
    Fu questa lunga sequela di proroghe, di menzogne dirette a se stesso e al suo amor proprio ad averlo disgustato, ad aver svilito la bellezza di quella giornata e adesso che non c'era alcuna distrazione su cui cercare di focalizzare il suo sguardo inquieto, adesso l'orrida ombra della menzogna si allungava anche ai suoi ricordi, intaccandone l'altrimenti perfetta brillantezza: Domino, infatti, non gliel'aveva chiesto? Non gli aveva domandato se il coraggio, la buona volontà, l'amore per il bene che aveva mostrato erano autentici o una semplice reazione al sorriso, all'abbagliante purezza della Papessa? "Tu ci credi davvero in qualcosa... Adam?" quasi gli sembrò di udire la voce tagliente ma non dura della guerriera e, nell'ascoltare l'assordante silenzio della sua anima, si sentì preda della disperazione. Vi lottò contro strenuamente, cercando di strapparsela di dosso neanche fosse una bestia feroce ma il suo animo era stremato da tutte quelle elucubrazioni, da quel rimuginare grigio e doloroso a cui lo aveva costretto e stava per soccombere... se non fosse stato per un rumore che lo risvegliò di colpo dai suoi tristi pensieri.
    Sollevò repentinamente il volto chino sul tavolo verso la fonte di quel rumore, con i sensi all'erta come quelli di un animale spaventato, incontrando una... meravigliosa ragazzina. I suoi occhi si sgranarono appena nell'osservare quel volto meraviglioso, quell'incarnato di un goloso color caramello, quei morbidi capelli biondi e gli occhi inaspettatamente rossi: lo colpì l'aver trovato gli elementi propri delle ultime due donne che aveva incontrato (Gli stessi occhi e capelli di Queenie e la stessa pelle di Blume) in quella sconosciuta e, senza neppure volerlo, concentrò il suo sguardo su di lei, in maniera decisamente troppo intensa per risultare educata. Lo sguardo di Adam era di un azzurro delicato, quasi etereo sotto alla giusta luce ma, tra la penombra abbagliata (E abbagliante) del pub era più simile al bagliore metallico di una lama, a freddo acciaio nato per incidere, tagliare e scavare e così si sarebbe sentita la giovane, scarnificata da degli occhi che, impietosi, dopo aver aggiogato il suo sguardo a sé, scivolarono con tutta calma sulla sua figura, quasi graffiando l'abbondante porzione di pelle lasciata scoperta dall'audace scollatura, dando l'impressione di voler strappare la gonna corta che le copriva l'intimità per poi arrestarsi su quelle cosce tornite fasciate (e strette) da quelle calze semplicemente deliziose. E così come si era abbassato con calma quasi imperiosa, con la freddezza famelica tipica dei rettili, riprese a risalire, per poi tornare a fissarsi suoi suoi occhi, non prima di aver scoccato un'ultima occhiata ai tatuaggi dorati, dalla foggia "arcana" che impreziosivano braccia, collo e addome.
    Forse la ragazzina si sarebbe sentita violata da quello sguardo indiscreto, freddo e non privo di una bramosia che però non era quella della carne, come poté vedere ella stessa, sotto il torchio dei suoi occhi che sembravano porre domande a cui avrebbe dovuto inevitabilmente rispondere. Poi, però, la piccola balbettò un saluto che non ebbe il coraggio di finire, lasciando per lunghi attimi le labbra di un rosso fuoco dischiuse in una tenera, quasi buffa "o" prima di miagolare un "salve" davvero impacciato, come a porre rimedio a quel primo approccio non troppo brillante. Lo sguardo di Adam perse di colpo la sua freddezza e acquisì un'aria finalmente sorpresa, prima che le sue membra, contratte e tese, si rilassassero facendo sbocciare un sorriso gentile e anche un po' divertito sulle sue labbra quasi esangui.
    "Ossequi" a te, cara. - fu il saluto divertito che le rivolse, accentuando ancora di più il sorriso e rendendolo ancora più divertito di prima, quasi felino, come di un gatto che ha trovato il modo di far boccone del canarino. Il "cara" fu pronunciato con una cadenza più morbida e calda del dovuto, rendendolo particolarmente piacevole a sentirsi ma anche, forse, un po' troppo sensuale per una piccina così timida. E, in tal senso, perché una ragazzina palesemente a disagio in quella situazione, lo aveva approcciato con abiti così deliziosamente audaci? Adam cercò velocemente con lo sguardo qualche gruppetto di ragazzine che, magari, potevano averla costretta a seguito di una scommessa persa ma non trovò nessuno: forse erano ben nascoste o forse, semplicemente, quella piccina aveva avuto altri motivi per avvicinarlo... il litigio con un fidanzatino, forse? In ogni caso, la tristezza che prima riempiva il suo volto era scomparsa, così come la freddezza nei suoi occhi: aveva trovato una distrazione per i suoi tristi pensieri e non se la sarebbe lasciata sfuggire.
    Ma prego, non stare in piedi: siediti pure. Cercavo giusto una compagnia interessante per ravvivare una serata un po' malinconica. - disse, indicando con la mano il posto davanti al suo, distendendo un braccio decisamente possente e muscoloso fasciato da una giacca di ottima fattura, evidente prodotto di sartoria. Adam amava vestire elegante e neanche quella notte smentiva tale passione: indossava un completo decisamente pregiato, con tanto di panciotto, orologio costoso al polso e scarpe classiche in pelle nera, il tutto giocato su diverse gradazioni di grigio, da quello chiarissimo della cravatta, a quello un po' più scuro di giacca e pantaloni, fino ad arrivare a quello scurissimo del panciotto. Forse un abbinamento che non aiutava a rendere il suo pallore da statua classica meno evidente ma che, di certo, aiutava a rendere ancora più luminoso e intenso l'azzurro del suo sguardo e stava bene con i suoi capelli nivei, pettinati semplicemente all'indietro. - ...malinconia che, però, diverrebbe più acuta se dovessi scoprire che mi hai avvicinato per pagare pegno. - aggiunse, sorridendo sornione e guardandola curioso: voleva scoprire come mai una piccina così deliziosamente timida avesse osato tanto, quella sera, sia nel rivolgersi a uno sconosciuto, sia a vestirsi in quel modo decisamente audace e la sua reazione gli avrebbe rilevato tanto. O forse no? Dopotutto non ci sarebbe stato alcun gusto nello svelare presto quel piacevole mistero e lui non aveva alcuna voglia di tornare alla condizione precedente.
     
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    Lucia era completamente paralizzata da quegli occhi abbaglianti, due pupille circondate da oceani profondi che presero a squadrarla senza ritegno alcuno nel momento stesso in cui la sua voce, flebile ma piacevole, raggiunse le orecchie dell'uomo che, come ovvio, erano perfette quanto tutto del suo aspetto, a partire dai lineamenti scolpiti, fino al completo elegante, passando poi per un'infinita serie di altri particolari che ella cercava di registrare uno ad uno senza successo, poiché più lo guardava più ne notava di nuovi. Era sempre rimasta folgorata dall'aspetto mostruoso dei suoi aguzzini, persino l'uomo di cui si era innamorata non aveva una bellezza canonica, affatto, bensì oscura e inquietante... Persino Sol, il demone che l'aveva tenuta prigioniera più di tutti gli altri all'Inferno, e che ora viveva con lei e la compagnia di Leben, aveva nella sua forma umana qualcosa di oscuro e denti aguzzi da squalo... forse proprio per questo, ritrovarsi per una volta dinanzi a una bellezza simile, così "candida", quasi fosse uscita da una rivista d'arte antica, stava mandando completamente in tilt il suo organismo. Leben le avrebbe detto che si trattava di chimica, ma ella, nella sua ignoranza dettata dai secoli in cui era stata privata dello studio, non aveva mai capito davvero a cosa si riferisse. Ciò che sentiva però rimaneva, pur non capendolo: un'attrazione così forte verso quella bellezza da fantasia che il suo sesso, strettamente costretto in un completo intimo dallo stile molto dark come il resto, si destò prontamente mentre quegli occhi azzurri le squadrarono il corpicino come se volessero divorarlo. Là dove questi scendevano, ella sentiva un brivido, e per una volta non era paura, piuttosto timore riverenziale, neppure si trovasse dinanzi a una creatura ultraterrena o alla morte stessa. Dovette ripetersi mentalmente che ella aveva guadagnato il favore di Thresh, Thresh che era come un Dio per lei (e per tanti altri), ma ciò non quietò affatto la reazione immotivata del suo corpo.
    Lo avevo detto io... ti sei scelta una preda decisamente fuori dalla tua portata, piccoletta! Possibile che voglia renderti la vita ancora più difficile? Sei già un caso perso senza metterti ostacoli dinanzi, credimi...
    In realtà, ahilei, non vi era stato niente di "scelto" nella sua preferenza, si era mossa inconsciamente e ora si ritrovava in quell'assurda situazione che la vedeva con il piccolo membro in tiro, ben nascosto sotto l'ampia gonna fortunatamente, e i capezzoli turgidi per lui, a malapena coperti dai gioielli del corsetto che indossava e la cui trasparenza si intravedeva sotto la scollatura del vestito impreziosendo il suo look. Insomma, era già turgida e ansimante e non l'aveva manco sfiorata! Quando parlò, poi... fu una catastrofe. Lucia rimase imbambolata e dischiuse le labbra rosse e lucide, fissando il suo interlocutore senza capire come fosse possibile che quella voce provenisse da lui. I suoi occhi sembravano aver catturato la luce che, tuffandovisi dentro, era rimasta intrappolata, e lei la osservava mentre si muoveva flebilmente ogniqualvolta veniva colpita da bagliori esterni. La sua voce poi, era profonda e virile, sembrava uscita da un call center erotico per quanto perfetta fosse, ed era assurdo che esistesse un uomo del genere per quel che la riguardava. Come poteva essere così perfetto nell'aspetto e nella voce? Doveva essere per forza di cose un costrutto magico creato a tavolino o, di conto, un angelo caduto... non vi era altra spiegazione. Preda di quei pensieri che si susseguivano smaniosi, Lucia realizzò con fin troppa calma di dover dire qualcosa e rispondere prontamente all'uomo, sebbene non avesse capito in toto a cosa si riferisse con la sua ultima frase. Pegno? Si chiese che cosa intendesse. Forse pensava che fosse stata costretta da terzi ad avvicinarsi? Pensava forse che fosse lì per costrizione? Beh, in effetti non aveva tutti i torti. In altri ambiti sarebbe stato di certo consono pensarlo, anche se nel loro caso l'unica costrizione era stata dettata dalle sue dannate gambe e da un istinto a malapena provato in precedenza... Per quietarlo, dovette rammentare un bel po' di cose a se stessa: perché si trovasse lì; cosa nascondesse -già turgido e pronto- sotto al vestito; cosa ciò avrebbe potuto scatenare nell'uomo... e soprattutto, che non si trovava davanti a Thresh. Chiuse gli occhi, sospirando e rammentando ogni singolo punto, riprendendo così rapporto con la realtà.
    Bentornata, eh... Sei rimasta imbambolata così tanto che ha fatto in tempo a passare in rassegna tutto il locale... E senti questa: ho fatto in modo di scostare la scollatura mentre guardava verso di me, e indovina? Nulla! Sai che significa? Che ha occhi solo per te, bambina! Quindi muovi quel bel culetto e datti da fare, andiamo!
    Lucia schiuse le labbra di nuovo, costringendosi dopo poco a richiuderle e leccarle appena, come se le sentisse secche, benché in realtà il suo rossetto non glielo avrebbe comunque permesso, neppure se ella non avesse potuto vantare la qualità di pelle più vellutata e curata che ci si potesse aspettare da qualsiasi creatura femminile. Poco importava che biologicamente ella non lo fosse, usava più unguenti e diavolerie di bellezza di qualsiasi donna Hazel avesse incontrato in quella nuova era dove il trucco e i cosmetici (di cui ella non conosceva manco il nome) andavano tanto di moda. Poiché Lucia sembrava in seria difficoltà, Hazel -magnanima- le venne incontro.
    Prova con qualcosa di lusinghiero ma deciso, avanti, ripeti:
    Deve scusarmi, sono rimasta abbagliata dal suo aspetto. Non è mio solito balbettare...

    Deve scusarmi, sono rimasta abbagliata dal suo aspetto. Non è mio solito balbettare...
    Che vile bugia, era quella! Lucia la trovò ridicola subito dopo averla ripetuta senza pensarci, arrossendo prontamente. Perlomeno tuttavia quello bastò per riportarla completamente alla realtà. Realizzò ciò che l'uomo aveva detto: che stava cercando una compagnia interessante per ravvivare una serata malinconica, e che sperava -almeno così ella suppose- che lei non fosse lì per pagare pegno? Di nuovo, non capiva bene cosa intendesse, e si sentì sciocca, arrossendo. Le informazione più importanti che il suo cervello registrò furono comunque due: lui voleva che si sedesse vicino al suo corpo probabilmente scultoreo come tutto il resto; 2) per qualche motivo la sua serata era triste. La prima informazione perse importanza per il suo cuore buono in vista della seconda, e solo per questo ella riuscì a prendere posto, portando indietro la gonna come avrebbe fatto una dama d'altri tempi per potersi sedere composta, cosce strette e polpacci uniti, leggermente posizionati in diagonale. Non era ancora abbastanza pronta per tentare di incrociare le gambe, a quanto pareva, senza contare che la sua intimità destata non glielo avrebbe perdonato. Era rossa in viso, arancione grazie alla sua carnagione, e si chiedeva se forse non avrebbe dovuto offendersi per la frecciatina sul suo saluto goffo... decise di soprassedere. Quindi, mentre Hazel le rammentava l'importanza di guardare negli occhi e apparire sicura, ella effettivamente sollevò lo sguardo, sforzandosi di guardare negli occhi l'uomo e riuscendoci solo perché, furbamente, si era seduta distante da lui di almeno 60 cm, così da non sentire eventualmente il suo odore (che sospettava sarebbe stato ancor migliore del resto) o il suo calore... sempre se non si trattasse di una creatura dal sangue freddo. Tutto era possibile a quel punto. Cercò di trattenere il fremito della voce... e del resto. Tuttavia nell'emozione si scordò di non trovarsi più nell'era del "voi", e le scappò di parlare com'era solita fare con Thresh o Leben prima di imparare che il "Voi" non si usava più da tempo, diventando probabilmente ancora più buffa dopo quel saluto che egli stesso aveva simpaticamente preso in giro.
    Malinconica, dite? Perché, se posso chiedere? Pensate che potrei aiutarvi in qualche modo?
    Ed ecco, la catastrofe. Hazel strabuzzò gli occhi in modo del tutto comico nel sentire quel commento, sputando il sorso di birra che aveva appena trangugiato in faccia a un ennesimo ammiratore, che le stava al fianco in quel momento, in una reazione degna di un cartone animato.
    No, no NO, NO! È TUTTO SBAGLIATO, DANNATA TE! Lui è qui per TE! TU vuoi prendere da lui, non viceversa! Oh andiamo, sono le basi bambina! Le basi!
    Evidentemente Lucia aveva un cuore troppo buono, nonostante tutto, ma ella stessa si rese conto del proprio errore e si mordicchiò il labbro inferiore, affondandoci i dentini bianchi mentre cercava qualcosa, nella propria mente, per correggere il giro. Doveva essere schietta, sicura, e possibilmente sensuale... Sollevò gli occhioni rossi e cercò di ancorarli a quelli dell'uomo, prendendo poi a squadrarlo in tutta la sua figura, almeno quella visibile, scivolando poi inconsciamente verso il basso, cercando con gli occhi ciò che stava nascosto allo sguardo, grazie al tavolo, le gambe, ad esempio, e tra esse... Tornò direttamente agli occhi, più imbarazzata di prima, ma cercò di non perdere lo slancio.
    Mi sono avvicinata perché, semplicemente, siete la creatura più bella che io abbia mai visto...
    Cos-?! E tu la più sciocca che io abbia mai incontrato!
    N-non sono qui per un pegno, ad ogni modo.
    Argh! Sempre peggio! Ti avviso: se non entri nella parte entro breve, sarò costretta a venire lì e darti man forte! E tu non vuoi che usiamo i miei metodi, vero!?
    Lucia a quel punto sussultò, rendendosi conto di aver iniziato troppo lentamente e che, se non avesse dato qualche sicurezza sulle probabilità di riuscita a sua madre, ella avrebbe rovinato tutto... perché Hazel non era certo un tipo paziente o goffo o insicuro come lei. Affatto. Avrebbe preso quel poverino e avrebbe cercato di averlo con la forza, poco importava che sembrasse forte e incredibilmente possente... e anche... Cielo, doveva smetterla seriamente di perdersi così! Prendendo coraggio, poco dopo aver finito di parlare, inarcò i fianchi leggermente per poter scivolare verso di lui sulla panca che circondava il tavolino, avvicinandosi quando bastava da... posare una mano sul suo ginocchio, in un gesto che sarebbe potuto sembrare casuale, forse addirittura un tentativo di consolarlo date le sue prime parole, ma che altresì poteva sembrare tutt'altro viste le ultime. Lo guardò in viso alla ricerca della sua reazione, ma subito si pentì e abbassò piuttosto gli occhioni nel punto in cui lo toccava.
    Oh, così si ragiona...
    Lucia arrossì nel farlo, ma Hazel si lasciò sfuggire un ghigno soddisfatto, concedendo addirittura all'ammiratore a cui aveva rovesciato la birra addosso di fare un incontro ravvicinato con i suoi enormi seni. Sì, perché lo afferrò e lo tirò in mezzo alla sua ampia scollatura, come se volesse soffocarlo quasi, minacciandolo di pulirla per bene. Decisamente, ad Adam era capitata la "tentatrice" più buona del duo, ed era decisamente meglio che le cose restassero così... Lucia per prima lo sapeva.

    Edited by .Bakemono - 12/3/2019, 12:10
     
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    Che dice il Coccodrillo del Nilo | che batte la coda iridata | ... | nel tonfano, nella cascata, | ... | e sopra la sponda assolata? | «Trovato è il pasto agognato! | Trovato! Trovato!

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    Ovviamente da dietro lo specchio! Il tuo specchio...

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    Lo sapeva, mentre il suo sguardo strisciava lentamente sulla sua pelle nuda, sui suoi lineamenti delicati e perfetti, la piccina fremeva e tremava come una scolaretta dinnanzi alla bacchetta del maestro severo. Non che lo vedesse davvero, purtroppo la sua pelle bruna non si increspava in uno spasmo di timore, né nei suoi magnifici occhini rossi baluginava il lampo della paura ma lo sentiva, era una consapevolezza che non veniva direttamente dai sensi quanto dalla delicatezza, dal candore dell'anima che aveva dinnanzi: forse era dovuto alle sue origini sovrannaturali o, forse, era il semplice istinto che tutti i maschi possiedono, eppure poteva giurare di sentire tutta la tensione che irrigidiva l'interiorità di quella bellissima piccina, la tensione rovente che ne trafiggeva l'animo. Il suo sguardo era come una catena fatta di azzurro e passione e poteva quasi girare di vedere con quante spire la stava avvolgendo... e come lei, spaventata eppure desiderosa, non rifiutava quella costrizione, quel dominio. E ciò era ben più che semplicemente delizioso, era a dir poco sublime.
    Molto tempo prima, quando era venuto al mondo da poco (Quanto grottesca e assurda gli appare ancora la sua nascita: è così per tutti i viventi?) e i ricordi della sua esistenza precedente erano ancora freschi, quasi gelidi in lui, si era spesso domandato perché gli umani e i viventi in generale avevano una così grande passione per il dominio, per quella pallida ombra di forza mista a sopraffazione che essi chiamano "potere": dopotutto, prendendo persino il più potente tra loro, un Re o un Imperatore, cos'era? La sua volontà, la sua forza non poteva deviare di un millimetro il corso degli astri, né poteva impedire al pianeta, quell'insignificante atomo sospeso nel vuoto, di proseguire nella sua orbita intorno al Sole o arrestare il semplice ribollire delle sue viscere di roccia e magma; persino con gli altri viventi, che poteva fare davvero? Forse poteva ucciderli (E non tutti, perché il suo potere non era che il riflesso di quello che loro gli concedevano, consapevolmente o no), forse poteva costringerli a esistenze miserabili, distruggere le loro case, sconquassare le loro terre, stravolgere la loro società ma, soltanto a prezzo di sforzi immani, poteva arrivare a sfiorare la loro anima... e questa, sempre, sarebbe rimasta terra vergine, fortezza inviolata. Senza contare la cagionevolezza intrinseca della natura dei viventi, fatti (Anche gli immortali) per passare, per trasformarsi costantemente in altro e che, la più insignificante delle privazioni, il più piccolo dei danni, poteva portare a morte certa. Il potere per cui si scannavano, dunque, non era che una vuota menzogna, appena il riflesso di quello che aveva goduto prima di essere imprigionato in quella gabbia di carne e ossa... eppure, col passare del tempo, con l'aumentare della sua comprensione dei viventi e l'affievolirsi dei ricordi della sua esistenza passata, aveva compreso qualcosa che, guardando quella piccina tesa e imbarazzata, gli era tornato in mente con prepotenza: tutto questo non importava, poiché quando la tua volontà superava quella altrui, per sua resa consenziente o per brutale sopraffazione, nulla di queste obiezioni rimaneva in piedi. Dominare gli altri faceva scordare la propria caducità, la propria piccolezza, infondeva nelle proprie vene la stessa gioia infantile di un bambino impegnato nei suoi giochi d'immaginazione, in cui la realtà non è altro che creata per la sua volontà... non poteva esserci godimento superiore, né gioia più intensa e antica: si diveniva imperituri perché si lasciava sugli altri un segno che, in eterno, avrebbe parlato di sé. Per questo gli occhi di Adam brillavano come le zanne di una fiera alla luce fioca della luna, per questo erano così famelici e rudi: avevano fame di quel potere, volevano sbaragliare le sue difese, strappare la fragile corazza con cui aveva tentato di schermarsi perché, dopo essersi sentito così piccolo, così meschino, così insignificante, aveva bisogno di sottometterla a sé, sia pure per la durata di un solo sguardo.
    Certo, Adam non era quel genere di anima che non si cura delle responsabilità del dominio, che calpesta i fiori soltanto per esprimere la propria volontà, per sentirsi potente: non voleva farle del male, né voleva davvero farla sentire a disagio, semplicemente in quel momento aveva bisogno di sapere che il suo cuore batteva forte e che la sua mente era sgombra di pensieri così come un cielo terso è privo di nuvole perché la stava guardando in quel modo, nulla di più, nulla di meno. In tal senso fu una vera e propria delizia notare come, malgrado avesse riportato i suoi occhi sui suoi, la piccina continuava a osservarla imbambolata, con le labbra piene teneramente (e buffamente) schiuse. Arricciò le labbra a un sorriso compiaciuto e, con l'intento di darle un po' di respiro, spostò lo sguardo altrove, dando una veloce panoramica al resto del locale ma, poiché non aveva trovato nulla d'interessante (In realtà, con la coda dell'occhio, aveva notato una bellezza deliziosamente esotica seduta a un tavolo non troppo lontano, ma non aveva già la sua preda e non aveva intenzione di distrarsi con altri possibili bersagli), ritornò alla piccina che, nel frattempo, sembrava aver ritrovato lucidità e capacità di parola. Non prima, però, di essersi leccata quelle a dir poco invitanti labbra dipinte di rosso facendogli venire una gran voglia di mordergliele (E farci anche un mucchio di altre cose)... ma, ovviamente, lui non glielo diede a vedere.
    Oh, lungi da me credere a una cosa simile, cara... - rispose alle sue deliziose giustificazioni con un lampo tale negli occhi e con un tono così morbidamente beffardo che, ovviamente, le avrebbe fatto capire come non credesse affatto alle sue parole. - E sei fin troppo lusinghiera, non credo di meritarmi parole simili. Anche perché, mia cara, lasciarsi abbagliare ha i suoi rischi... come le falene sanno bene. E non vorrei proprio scottarti... - il sorriso ampio che le rivolse e che snudò una chiostra di denti candidi e perfetti, assolutamente umani ma che in quel momento non erano meno ferini e taglienti delle zanne di un lupo, mostrava chiaramente come, in realtà, avrebbe voluto "scottarla" eccome, in modi che probabilmente lei avrebbe gradito non poco... ovviamente stava semplicemente giocando, ai suoi occhi non era che una ragazzina e non si sarebbe mai sognato di farci nulla, semplicemente era bello vederla sui carboni ardenti e sapere che a mettercela era stato proprio lui.
    La piccina, dopo qualche altro attimo di titubanza e imbarazzo, decise di accogliere il suo invito e prendere posto... fin troppo distante da lui, probabilmente per poter gestire meglio il suo imbarazzo, cosa che accentuò ancora di più il sorriso che, naturalmente, non aveva mai lasciato le sue labbra. Notò, però, il modo pudico ed elegante, quasi da dama da altri tempi, con cui si sedette e non poté fare a meno di ritornare a chiedersi chi fosse quella piccina: la rampolla di qualche famiglia aristocratica, sfuggita per una sera al controllo soffocante di tutori e domestici? Sì, ce la vedeva bene come principessina romantica assetata di nuove, intense esperienze. Il pensiero di essersi imbattuto in un uccellino vissuto fino ad allora in una gabbia dorata e, per questo, totalmente indifeso nel mondo esterno lo intenerì più di quanto il suo animo dispettoso gradì, tant'è vero che le sue parole in risposta alle preoccupazioni della giovane furono molto più dolci che beffarde: - Stai già facendo tantissimo, cara, accogliendo il mio invito e sedendoti... beh, un po' troppo distante da me, ma va bene anche così. - beh, un pizzico di beffa c'era comunque. - Quanto al perché... è una storia lunga e non voglio annoiarti. Semplicemente, piccina cara, le scelte sono sempre un dramma perché ti sottraggono più possibilità di quante te ne offrono. E talvolta si vorrebbe non aver scelto per non sentirsi gravati da certe responsabilità... ma il valore di qualcosa non si giudica, forse, anche dal suo peso? - le chiese un po' criptico, con lo sguardo che si fece un po' più duro e triste, prima di sciogliersi in un baluginio affamato nel notare come la piccina si mordicchiò pensierosa il labbro inferiore. Sembrava in qualche modo pentita di aver posto quella domanda, perché? Forse temeva di essere stata troppo indiscreta o, forse, aveva seguito l'impulso di una bontà che in quel momento voleva tenere sotto controllo? Non ebbe tempo di rispondersi, perché la piccina sollevò gli occhioni che prima aveva chinato e li piantò sui suoi con inaspettata ma gradevole decisione: Adam seppe che aveva raccolto il suo coraggio e che era pronta a lanciarglielo sotto forma di una fase intrigante, magari da femme fatale... e, invece del "giavellotto" di seduzione che si aspettava, gli arrivò una deliziosa carezza di ingenuità e sincerità.
    Devo averti abbagliata un po' troppo, mia cara, poiché la tua vista ti ha tradito: non sono affatto così bello come dici. Ma... sappi che, su di te, ho un giudizio molto simile. - il sorriso che si allargò sul suo volto avrebbe fatto onore a un lupo delle favole ma, dopo l'attimo di intensa fame stuzzicata da tutta quella dolcezza e spontaneità, venne il trionfo fin troppo sensibile a complimenti di quel tipo. Per quanto, infatti, Adam sapesse fare autocritica e fosse consapevole che non fosse un bene lasciarsi accecare dalla vanità, era un vanesio nel profondo e colpire (nel bene e nel male) il suo orgoglio era facile come mirare a un elefante da un metro di distanza. Quindi si ritrovò a gonfiare fin troppo compiaciuto il petto (E mettere così in ulteriore evidenza i muscoli scolpiti che tenevano fin troppo in tensione camicia e panciotto) mentre la piccina si ritrovava a balbettare la sua estraneità a qualsivoglia tipo di pegno. Fu delizioso vederla sussultare come se un pensiero molesto l'avesse fatta accorgere di come i suoi due interventi fossero risultati tutt'altro che sensuali o intriganti, tanto che si costrinse a fare qualcosa di davvero audace, quantomeno per una piccina come lei: si avvicinò un altro poco a lui, quasi scivolando sulla panca che circondava da tre lati su quattro il tavolo e, fingendo una naturalezza che non aveva, posò la sua mano sul suo ginocchio. Adam alzò le sopracciglia sinceramente sorpreso ma le riabbassò nel vederla abbassare lo sguardo e arrossire semplicemente imbarazzata.
    Era un bocconcino semplicemente delizioso ed era stata davvero fortunata ad aver incontrato qualcuno come lui anziché qualche meschino approfittatore... sebbene, c'è da dirlo, avrebbe fatto del suo meglio per farla "pentire" del loro incontro, dopotutto metterla in difficoltà era fin troppo piacevole.
    Portò la sua mano destra sulla sua, stringendola delicatamente e facendole sentire quanto fosse grande, morbida eppure forte, come la sua manina spariva nel palmo. come le sue dita la stringevano senza alcun problema (E chissà, forse la piccola avrebbe potuto immaginare con quale facilità due mani simili avrebbero contenuto e adorato i suoi glutei pieni e sodi...), mentre il calore della sua pelle si trasmetteva alla sua; non le diede il tempo di parlare o di divincolarsi, semplicemente protese il suo busto imponente contro di lei mentre la mano sinistra saliva a cogliere il suo mento con due dita, in una presa delicata eppure decisa, "costringendola" con dolcezza al alzare lo sguardo: se la piccina avrebbe obbedito a quell'ordine gentile avrebbe scoperto che il volto dell'uomo era a un nulla dal suo e che le sue labbra erano lambite dal suo respiro caldo. Stettero così per lunghi, intesi istanti, con u suoi occhi che letteralmente scintillavano un reale, palpabile desiderio: l'azzurro delle sue iridi era tutto un baluginare di zanne e artigli candidi che bramavano carne in cui affondare, in cui bagnarsi... e poi, quasi improvvisamente, la piccina avrebbe vista quelle labbra perfette seppure un po' esangui, avvicinarsi a lei, con intenzioni inequivocabili... peccato che, all'ultimo, evitarono le sue e andarono verso il suo orecchio che carezzarono con una voce così bollente che avrebbe potuto sciogliere il ghiaccio: - Se non sei qui per un pegno... perché sei qui? - lasciò che le sue parole (E il suo respiro, più che caldo, bollente) aleggiassero per ancora qualche attimo nel suo orecchio, nella sua mente, per poi sciogliere la lieve prese sul suo mento e sulla sua mano, lasciandola ricadere sul divanetto e allontanando il suo suo busto che, placidamente, come se nulla fosse accaduto, poggiò sullo schienale.
    Sono Adam, cara. E tu? Hai un nome o posso chiamarti semplicemente "piccina"? - continuò con assoluta nonchalance, prendendo il bicchiere che c'era sul tavolo e vuotandolo in un sorso, per poi leccarsi con fin troppa, tremenda lentezza le labbra lucide di liquore. La piccina poteva anche aver creduto di essere a caccia ma, ormai era evidente, la verità era l'esatto contrario: aveva trovato un avversario fin troppo abile e che sarebbe finito per sopraffarla assai presto (Sempre se non l'avesse già fatto, certo) se non avesse trovato un modo per ribaltare la situazione... ma come?
     
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    Lucia realizzò stando così vicino al proprio interlocutore che forse poteva essere pericoloso, che magari, per sbaglio o solita sventura, si era cacciata in un'ennesima situazione senza scampo, in trappola come suo solito. In un luogo pubblico si sentiva tuttavia in qualche modo più sicura, e continuava a rammentarselo per non tremare. Finché si trovavano lì nella sua mente semplice la situazione poteva essere controllata, sentiva energia provenire da lui ma non sembrava molto più potente della sua, quindi probabilmente se anche si fosse rivelato crudele non avrebbe avuto modo di mettere in pericolo la folla intorno, o almeno questo sperava e, in effetti, inconsciamente in quel momento era così presa dalle sensazioni che stava provando e assorbita dal proprio obiettivo che non pensava così tanto al resto, quindi il suo metro di giudizio sicuramente era compromesso. In ogni caso, per quanto Lucia fosse pronta al peggio sempre (abituata com'era alla sua sciagura perpetua), non credeva realmente che un essere così bello potesse essere crudele. Ingenuità o meno che fosse, tendeva di solito a percepire l'aspetto altrui come uno specchio dell'anima, in qualche modo, e ciò l'era sempre stato confermato dall'aspetto di chi le stava intorno: le cicatrici di Faust, così come i suoi occhi, che raccontavano storie inquietanti ai limiti della follia ma anche il piacere che egli seminava attraverso le sue malefatte; così come gli occhi di Gil, la sua rabbia, il suo tormento, la pura follia, e così mille altri messaggi colti nelle caratteristiche di tanti altri. Certo, ella non considerava questa semplicistica visione come assoluta, sapeva bene che molti si nascondevano dietro un aspetto perfetto per attirare le proprie prede, come i vampiri ad esempio, e a quel pensiero in effetti colui che l'era davanti avrebbe potuto benissimo essere un mostro... eppure... Semplicemente un involucro così meraviglioso doveva essere scrigno di un animo se non altrettanto bello, quantomeno positivo, questo ella sentiva... e si augurava. Certo, egli non l'aiutò affatto con le sue prime parole, associandola a una falena a cui ella spesso si paragonava, quando si sentiva abbagliata da Faust e in procinto di essere divorata. Odiava ammettere quanto le mancasse... da tempo ormai la trascurava, occupato com'era nelle proprie faccende. L'ultima volta che si erano toccati per davvero lo zombie aveva conosciuto Hazel, e dunque non si era trattato di qualcosa di intimo tra loro due. Per il resto l'ultimo ad averla toccata era stato Gil e... beh, al solo pensiero rabbrividiva, non sapeva neppure lei di quale emozione precisamente. Se da un parte il suo cuore era pregno di sentimenti cupi per quel rapporto, di terrore addirittura, dall'altra il suo sesso ebbe un fremito al ricordo, lasciandola come sempre in conflitto tra mente/ragione, e corpo, mera lussuria... nel suo caso distorta da un'*educazione* fatta di così tanti stupri e torture da aver completamente distorto il suo modo di viverli e percepirli. A qualcosa comunque quell'ultima esperienza l'era servita, a tanto in verità. E senza forse neppure volerlo quell'allenamento che lo zombie aveva tentato di fare su misura per lei, era riuscito a risvegliare una nuova consapevolezza, qualcosa che prima nei secoli nessuno le aveva svegliato: anche lei poteva essere qualcuno. Anche lei poteva desiderare e prendere, e se solo fosse stata diversa, più forte, allora anche quell'ultimo rapporto che l'aveva vista un'ennesima volta trasformata in qualcosa buono solo a fare da sfogo al prossimo, sarebbe potuto essere tutt'altro. Ecco cosa voleva imparare. Ecco dunque perché si trovava lì, quel giorno, seduta al fianco di uno sconosciuto solo perché questi l'aveva colpita fisicamente, non perché richiamata da lui ma perché ella così voleva... o almeno questo sarebbe dovuto essere, benché non stesse andando esattamente come aveva immaginato. Alle sue parole la sua espressione persa si fece quasi triste, ella abbassò lo sguardo in preda all'imbarazzo, ma anche a ricordi che lui non poteva conoscere, ricordi che la portarono lontano facendo sfuggire alle sue labbra parole che altrimenti mai, se non sovrappensiero, avrebbe pronunciato.
    Sono stata scottata fin troppe volte... preferirei che voi non lo faceste, se fosse possibile.
    Le sussurrò appena, tanto che forse l'uomo avrebbe potuto non sentirle, anche perché il suo commento successivo la riportò con l'attenzione su di lui, sulle sue parole, ma anche sulla bocca virile dalla quale proveniva quella roca voce semplicemente sublime. Rimase imbambolata a fissargliele, rendendosi conto che forse, in fondo, aveva visto giusto sulla sua natura: quale individuo crudele avrebbe parlato in modo tanto profondo? Ella non aveva capito a cosa si riferisse, né poteva saperlo, eppure le parve che dentro le sue parole si nascondesse un messaggio ben preciso, e condivisibile. Lì per lì si era tuttavia dovuta mordere le labbra, costringendosi a non rispondere, anche perché Hazel dalla sua postazione pareva lanciarle sguardi infuocati che non avevano niente di accondiscendete. Ricorda perché siamo qui, ragazzina... E dunque eccola prendere coraggio e fare l'impensabile: avvicinarsi e toccarlo, cosa di cui si pentì immediatamente dopo, arrossendo come non mai. Ma la cosa davvero sconvolgente fu la reazione dell'uomo, che cancellò ogni parvenza di sicurezza che aveva o meno tentato di ostentare, riducendola a una serie di sensazioni che la percorsero da capo a piedi, avvolgendola. Quando lui ricambiò il suo complimento lei divenne dello stesso colore del vino rosso che stava bevendo una donna al tavolo poco più avanti: un colore acceso, intenso e decisamente infuocato, che la portò a balbettare, guardando in ogni dove eccetto che verso di lui.
    N-n-non sono... Non... Ah, hem... G-grazie?
    Non sapeva neppure lei cosa dire o pensare. Davvero cercava di rigirarle il suo complimento? Qualcosa che da parte sua era stato così spontaneo, ma che rivolto a lei pareva quasi la beffa crudele di un demone irriguardoso. Lei la creatura più bella che LUI, un uomo simile, aveva mai visto? No, di certo aveva solo voluto essere gentile... o forse ancora imbarazzarla, cosa che per altro gli venne decisamente troppo bene. Lucia era decisa a fare un buco sul tavolino per quanto lo stesse insistentemente fissando, ma egli non glielo permise, mandando completamente in tilt il suo corpo con il semplice tocco della sua mano sulla propria, mentre l'altra -sebbene solo con due dita- la costringeva a guardarlo. Lucia sussultò, sgranando appena gli occhi e schiudendo, ancora una volta, le proprie labbra in un moto di sorpresa, finendo col ritrovarsi immobile davanti a quelle iridi scintillanti come una lepre dinanzi ai fari di un'auto in corsa. Quel calore, quei lineamenti così precisi che si facevano tanto vicino... era davvero troppo per reagire. Fu inevitabile immaginare come sarebbero stato altrove quelle mani e cosa potessero stringere ancora meglio. E non si riferiva al proprio sesso, così minuto che probabilmente sarebbe sparito tra le sue lunghe dita, quanto più alle sue natiche, che in effetti avevano davvero bisogno di essere massaggiate dopo così tanto tempo di astinenza, là dove loro erano abituate a fin troppa azione. E così, venne sconfitta ancora... o perlomeno, rimase per così tanto tempo immobile, a rabbrividire e fremere per il bisogno di essere toccata, baciata, accontentata nel corpo quanto più sconvolta nella mente... che non si poteva certo definire vittoriosa in quella sua ricerca nel diventare una "predatrice". Anzi, si stava per l'ennesima volta trasformando ella stessa in una preda. Si leccò le labbra, come ipnotizzata da lui, mentre il desiderio per quello sconosciuto cresceva con la stessa facilità con cui Hazel aveva ammaliato il poverino che ora le leccava i seni con aria assorta e di venerazione.
    Siamo punto e a capo, come immaginavo... Hai scelto un obiettivo troppo arduo per te. Cambiamolo, prima che sia troppo tardi... Avanti, congedati e passiamo al prossimo...
    Hazel voleva provocarla, ovviamente, spronarla... e invero in qualche modo riuscì a toccare corde invisibili del proprio carattere, che la risvegliarono abbastanza. Tuttavia non fu suo il merito, bensì di Adam stesso... perché la prese in giro, ebbene sì. Se quelle labbra avevano promesso indicibili piaceri semplicemente muovendosi e avvicinandosi a lei, se le avevano fatto dimenticare per un momento perché fosse lì, e cosa dovesse fare, facendole solamente desiderare un contatto più vicino... infransero ognuna di quelle promesse sviando verso il suo orecchio. Lucia, che aveva chiuso gli occhi per l'emozione, li aprì con una nota di cocente delusione che le imporporò le guance ancora una volta, facendola agitare sulla propria postazione e facendole portare entrambe la mani sul grembo, più precisamente ad altezza delle cosce dove i pugnetti si strinsero intorno al tessuto scuro della gonna, nel tentativo di sfogare almeno in parte quella cocente delusione. Ecco, di nuovo, che si prendevano gioco di lei. Ecco, perdiana, che si ritrovava in svantaggio davanti al prossimo, stavolta qualcuno che ella stessa aveva scelto... No. Non di nuovo! Si rifiutava di perdere così velocemente, e ciò lo disse anche il suo sguardo che venne reso più determinato dalle sopracciglia che si abbassarono di colpo, mentre fissava un punto imprecisato del tavolino che, ancora una volta, sembrava voler ridurre in cenere. Recuperata un minimo della propria ragione, in un impeto di coraggio decisamente poco da lei, Lucia prese su due piedi una decisione impensabile: con uno scatto decisamente agile, che tradiva abilità fisiche superiori alla norma, in un'unica elegante falcata la sua gamba e il suo corpo si inarcarono finché un piedino cinto dai tacchi non si ritrovò per un attimo a far presa sulla panca al lato dell'uomo, sparendo poi sotto al tavolo insieme all'altro mentre ella si poneva a cavalcioni su di lui, posandogli le mani delicate sul petto, stando ben attenta a sorreggersi con le ginocchiata sulle panche e a tener dunque lontano dalla sua carne il bacino, rimanendo come "sospesa" e dunque superandolo leggermente in altezza, ma di poco viste le sue sembianze minute. Il rossore cozzava terribilmente con quel suo sguardo acceso, determinato, ora privo di quell'insicurezza che da sempre la tormentava, facendola sottostare al volere altrui per paura di dire o fare la cosa sbagliata; paura di nuova rabbia, nuove angherie, di tante e innumerevoli cose che se non avesse iniziato a lasciarsi alle spalle non avrebbe mai e poi mai superato... Quindi, imprevedibile come non mai, per una volta disse realmente ciò che pensava, e non ciò che gli altri avrebbero potuto aspettarsi da lei, complice una momentanea sicurezza data dal fatto che il suo interlocutore, di fatto, non la conoscesse... ed ella non conosceva lui. Quindi immaginò di parlare con qualcuno che avrebbe potuto capirla e che, se anche non lo avesse fatto, si sarebbe potuto trovare davanti a un determinata, sicura e pronta ragazza, che gli avrebbe semplicemente detto "E allora vai al diavolo" o ancora "Non importa ciò che pensi"... Forse stava vaneggiando un po' troppo, in effetti.
    Sono qui per imparare a cancellare dalla mia persona diverse etichette, quali "piccina", "merendina", "piccoletta"... Non potete neppure immaginare quante me ne abbiano cucite addosso nei secoli e quanto io detesti ognuna di esse...
    Quando vide le sue mani su quel petto muscoloso, dopo il picco dell'adrenalina che l'aveva mossa e le aveva fatto fare quella follia, per un attimo il panico la colse... oltre al senso di benessere e onnipotenza dato da quel petto gonfio, caldo, che minacciava da un momento all'altra di far esplodere quel panciotto in un tripudio di bottoni e bellezza abbagliante, n'era certa. Ebbe un momento di perdizione nel fissarsi le dita, poi il panico la colse per quel gesto affrettato e assolutamente troppo audace per lei. Fu Hazel, tuttavia, a tenerla ferma lì esattamente com'era piuttosto che spostarsi subito così come, fosse stato per lei, avrebbe già fatto.
    Ferma lì! Non osare neppure pensarci... Ci sei! Hai fatto la prima mossa sensata da quando siamo qui dentro, devi solo aspettare la sua reazione e agire di conseguenza! Anzi, va... mi sento buona...
    Lucia sgranò gli occhi e sussultò venendo Hazel (era a qualche tavolo dietro di loro e a lato, per questo riusciva a osservarla bene da quella posizione) che muoveva le dita disegnando un cerchio magico nell'aria e lanciandole una qualche sorta di incantesimo che presto, neppure a dirlo, mostrò il proprio obiettivo: le mani di Lucia che, senza che ella potesse controllarle, si spostavano su quelle dell'uomo e, con abbastanza forza da far sì che dovesse opporsi in ogni modo per evitarlo, le guadavano dietro di lei... più precisamente sui sui lombi, poco sopra le sue natiche perfette e gonfie che invero, con le dita, egli avrebbe potuto già pregustare. Ne sarebbe rimasto tentato? Probabilmente era davvero troppo ingenua per sedurre un tipo del genere, magari il gesto di Hazel non sarebbe servito, tuttavia ella non poté sottrarsi a quel "aiuto". I suoi piccoli "seni" incantati, messi in mostra dalla profonda scollatura, erano ora a portata di bocca se solo l'uomo avesse voluto chinarsi, come del resto lo erano le sue stesse labbra che, benché distanti poiché ella se ne stava rigida e ritta ad almeno 20 centimetri da lui, avrebbero potuto solleticargli il viso con il suo respiro, che sapeva di erbe, menta, e una fragranza dolcissima data da un dentifricio che ella stessa aveva creato, così come un po' tutte le creme che utilizzava ogni giorno per prepararsi alla giornata. Anche quelle dalle proprietà decisamente poco innocenti...
    S-Sono Lucia.
    La sua voce era ridotta a un sussurro dolcissimo, del tutto in contrasto con la frase determinata pronunciata in precedenza, eppure i suoi occhi non si sottrassero più da quelli di lui... voleva capire se aveva visto giusto riguardo alla sua anima.
     
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    La piccina aveva completamente conquistato il suo interesse e benché questo fosse ampiamente prevedibile, poiché in quel momento annaspava nella tristezza come un naufrago tra i flutti e, allo stesso modo, si sarebbe aggrappato a qualunque cosa gli avesse promesso un minimo di salvezza, fosse stato un ramoscello come un salvagente, stava iniziando ad accorgersi di come quella dolce e misteriosa ragazzina fosse affascinante di per sé e non soltanto perché la situazione la rendeva tale. Dietro, infatti a una timidezza ingombrante e che la faceva "inciampare" spesso in deliziosi balbetti e in rossori assolutamente invitanti, credeva di scorgere talvolta un animo sì luminoso... ma anche molto triste. Una conferma a tali intuizioni gli giunse dal lampo di antico dolore che le balenò sul volto a seguito di quella sua lieve provocazione sulle falene: fu impossibile non accorgersi di quel cambiamento, di come si fece a un tratto pensierosa, distante e così terribilmente triste, tanto da farlo dispiacere per le sue parole incaute e la sua involontaria (ma non per questo meno colpevole) mancanza di tatto, tanto che corrugò pensoso le sopracciglia bianche nel sentire quel suo lieve sussurro, così sottile che se non fosse stato per i suoi sensi potenziati i sarebbe di certo perso tra il brusio del locale.
    Si chiese in che modo una ragazza così giovane, evidentemente di buona famiglia dati gli abiti e il modo di porsi, il suo portamento stesso, potesse essere stata "scottata" dalla vita: certo, anche la giovane età ha i suoi drammi, le sue piccole o grandi sofferenze e chi li sta vivendo li giudica per il suo metro, non certo per quello di un adulto; però, non credeva che fosse questo il caso, erano pregne di troppa malinconia quelle parole, troppo grande era la tristezza che riflettevano i suoi occhi per poter essere legata a un amore non corrisposto o una controversia con i genitori. Avrebbe voluto scuoterla dolcemente, carezzarle le gote per strapparla a quei ricordi dolorosi ma non voleva sembrarle invadente e, fortunatamente, le sue successiva parole la riportarono al presente, dandogli modo di osservare ancora la piccina imbarazzata che già sentiva di adorare. Ovviamente si ripromise di fare attenzione, di non provocarla troppo, dopotutto era troppo giovane per aver compreso quanta seduzione può correre tra le provocazioni o, comunque, per poter duellare con esse senza ferirsi per sbaglio.
    Il suo fu un proposito sincero, dettato da una genuina premura ne confronti di quella deliziosa piccina che mai, neanche all'inizio, vide come un mezzo per sfuggire ai suoi problemi bensì come una compagna di viaggio, un viaggio che li avrebbe condotto lontani (Almeno per un po', s'intende) da questi ultimi, quindi era deciso a lasciarle un ricordo positivo del loro incontro e, perché no, aiutarla ad affrontare quei ricordi che tanto l'addoloravano; eppure, malgrado tutto ciò, dovette scontrarsi contro due ostacoli che non aveva considerato: la sua indole dispettosa e, soprattutto, la straordinaria, candida timidezza che caratterizzava quella piccina. Non fece neppure in tempo, infatti, a terminare un complimento che abbassò lo sguardo imbarazzatissima e le sue gote presero una colorazione bordeaux così intensa che, immediatamente, gli venne voglia di apporvi le labbra soltanto per sentire quant'erano calde... e che dire, poi, dei balbettii totalmente confusi che gli rivolse, in cui non sapeva nemmeno come ringraziarlo? L'immagine di prima in cui, mostrando un'audacia che evidentemente non aveva, gli poggiava una mano sul ginocchio contribuì a rendere ancora più adorabile e, soprattutto, invitante una scena simile e, in un attimo, era ritornato giocoso (E forse anche un po' crudele) come un gatto satollo che, però, era riuscito a catturare un topolino.
    No, mia cara, grazie a te per avermi concesso una così superba visione... - le rispose in un sussurro troppo basso, troppo caldo per non risultare dannatamente sensuale e, soprattutto, guardandola in modo decisamente felino, predatorio, mentre l'ambiguità delle sue parole (La superba visione era lei... o il suo imbarazzo?) erano l'unica nota un po' divertita che si concesse prima di cedere all'impulso di metterla nuovamente in difficoltà, prendendole la mano tra la sua e, soprattutto, negandole un bacio che aveva silenziosamente promesso. Davvero, Adam non era di quelle nature meschine che costruiscono il proprio orgoglio, il proprio amor proprio su quanto potere riescono ad avere sugli altri, su quanta adorazione e disperazione possono strappare a chi gli sta intorno ma... vedere una creatura bella come quella piccina totalmente rapita da lui, con gli occhi incatenati alle sue labbra verso di cui esprimeva un desiderio così intenso da stupirlo, beh, avrebbe lusingato la vanità di chiunque. Fu forse per questo che sostò più a lungo di quanto avesse pensato e, soprattutto, avvicinò le labbra più del dovuto, prima di scivolare verso il suo orecchio, di certo si sorprese non poco nel vedere, ritornando a una distanza più consona, che le gote della piccina erano sì rosse d'imbarazzo... ma non il suo sguardo. Si sorprese nel trovare, al posto della tenera gattina spaesata, una piccola leonessa delusa e persino un po' offesa, come se le avesse giocato un brutto tiro mancino che richiedeva o scuse o vendetta: ovviamente si diede dello stupido per aver esagerato di nuovo ma si rallegrò nel vederla decisa, finanche irritata, ma non triste come prima, anzi si chiese se non potesse essere un bene per lei osservare il mondo sorretta da quel furore, quell'ardente grinta. Certo, ciò non l'assolveva del dovere di scusarsi e l'avrebbe fatto (Forse cedendo comunque al desiderio di punzecchiarla ancora, magari esordendo con un "Ti deve davvero piacere quel tavolino, cara") se la piccina, con una grazia mirabile, non l'avesse sorpreso mettendosi a cavalcioni su di lui, con le sue piccole manine che premevano sul suo addome perfettamente scolpito. Ecco, se la giovane cerca soddisfazione per prima, l'avrebbe trovata: Adam non si imbarazzò minimamente in quel contatto così intenso o per quella posizione un po' troppo ardita per un locale pubblico ma, di contro, mostrò un volto totalmente sorpreso, con la bocca dischiusa, gli occhi azzurri sgranati e le sopracciglia alzate verso l'alto, decisamente disarmato da quella mossa inaspettata.
    Il vertice dello stupore, però, fu toccato quando la piccina prese a parlare, affermando con decisione che si trovava lì per strapparsi di dosso tutte quelle comode definizioni con cui gli altri avevano provato a ingabbiarla, non ultimo lui. Si lasciò sfuggire anche un " per secoli" che colpì l'ex homunculus meno, a onor del vero, della sua reazione: poteva anche essere un'iperbole, infatti, dettata dalla forte emotività di cui era preda... oppure la piccina non era umana e ciò avrebbe spiegato molte cose, tristezza compresa. Ad ogni modo, Adam si sentì molto intenerire da tutta quella rabbia, da quell'indignazione un po' disperata che la piccina era riuscita a esprimere soltanto perché, ancora una volta, era stata punta nel vivo delle sue insicurezze, magari proprio da quello sconosciuto da cui, invece, desiderava un riscatto, un po' di considerazione. Per un attimo, non poté fare a meno di pensare che, sia pure per motivi diversi, anche lui negli altri cercava qualcosa che in sé non trovava e se forse non era un riscatto, una carezza per la propria autostima, di certo era uno scopo, un po' di quella luce che in sé non riusciva a trovare: possibile che si fossero trovati? Possibile che potessero aiutarsi a vicenda? Dopotutto, in un animo che era riuscito a mantenersi dolce e gentile malgrado le vessazioni che, implicitamente, la piccina stessa aveva denunciato vi doveva splendere una luce non troppo dissimile da quella che abbagliava in Veronica... una luce che lui, forse, poteva proteggere, una luce in cui, forse, vi avrebbe scorto parte del suo cammino.
    Lo stupore era scorso via dal suo volto, lasciandogli un sorriso lieve e uno sguardo curioso ma fece un repentino (Quanto breve) ritorno quando la piccina, bloccando le parole che era in procinto di rivolgerle, gli afferrò le mani con le sue davvero minute e le guidò verso la sua schiena, sui lombi, così vicino a quel sederino sicuramente sodo e pieno che gli sarebbe bastato abbassare appena le dita per poterlo toccare. E la tentazione era forte, così come era forte il richiamo di quella scollatura profonda che, sì, mostrava una contenuta seconda ma di una tale perfezione che avrebbe voluto affondarci il viso e riempire di baci roventi quella pelle sicuramente serica e profumata; e che dire di quella labbra rosso fuoco, così lontane da sé eppure perfettamente raggiungibile... sempre che la dolce Lucia non avrebbe deciso di giocare al supplizio di Tantalo, certo. Perché così si chiamava quell'affascinante, conturbante piccina e non glielo svelò con la determinazione di una donna troppo spesso umiliata che si scopre bella e potente o con il sussurro di una femme fatale certa di sé e delle sue armi, bensì come la piccina impacciata, un po' smarrita di prima, con il volto in fiamme e gli occhioni confusi eppure decisi a non abbassarsi. La trovò ben più che semplicemente bella o eccitante, la trovò irresistibile e il desiderio di baciarla, di stringerla a sé e farla sua bruciò violentemente nei suoi occhi.
    Lucia... - sussurrò bollente, quasi rapito, mentre si liberava dalla presa delle sue mani e le circondava i fianchi con le braccia, attirandola a sé mentre la guardava intensamente negli occhi: forse Lucia avrebbe potuto credere che stava per arrivare il bacio che le era stato negato prima e, forse, sentendosi incatenata a quegli occhi sfavillanti di desiderio, attirata a quel corpo possente, avrebbe potuto chiudere gli occhi... ecco, quando li avrebbe riaperti si sarebbe ritrovata stretta in un abbraccio gentile, dolce quasi, con la guancia destra poggiata su uno dei pettorali scolpiti di Adam, con il suo braccio sinistro che le cingeva i fianchi e la teneva stretta a lui, mentre la mano destra le carezzava dolcemente i capelli. Era un abbraccio leggero, vi si sarebbe potuta sottrarre in ogni momento ma perché farlo? Il suo corpo minuto era letteralmente avvolto da quello imponente e definito dell'uomo, i suoi muscoli scolpiti erano percepibili malgrado i vestiti, il loro tepore era rassicurante e il suo profumo, tolte le prime note decise ma piacevoli e non durature del dopobarba, era virile, intenso, assolutamente inebriante senza, però, essere troppo acre o invadente. Era una abbraccio che voleva fornire rassicurazione e protezione, a cui sarebbe stato difficile sottrarsi anche senza ritenere il corpo che lo stava offrendo terribilmente eccitante. - ...sei una ragazza coraggiosa, sai? - le disse parlando con un tono caldo e gentile, mentre il suo respiro le carezzava il volto e l'orecchio a cui quelle parole erano dirette. - Ma non perché hai indossato vestiti così audaci e stai affrontando una situazione in cui, chiaramente, non sei a tuo agio. No, sei coraggiosa perché stai mettendo in discussione te stessa, stai affrontando l'idea che gli altri hanno di te... e, pur accorgendoti in che larga misura è la tua, sei decisa a cambiarla. - continuò, sciogliendo in parte l'abbraccio perché voleva tornare a guardarla negli occhi. - Sei molto più coraggiosa di me, Lucia. Se sto cercando di cambiare la mia vita è proprio perché non ho un'idea precisa di me stesso, sono creta grezza tra le mani mie e del Fato. Tu invece sei già passata tra le fiamme, sei di porcellana e ti stai infrangendo per poter ritornare a essere ciò che io già sono. Sei da ammirare, Lucia. - concluse, carezzandole dolcemente le gote con la mano destra, facendole sentire tutto il calore e la morbidezza di quella mano forte, grande ma gentile, mentre le sorrideva intenerito e i suoi occhi le tributavano uno sguardo genuinamente ammirato. Forse stava dando per scontato troppe cose, forse aveva osato troppo nello spingersi fino a quel punto a leggere nell'animo di Lucia e, forse, era stato un po' impudente a svelare così larga parte del suo io ma si sentiva bene e sapeva che aveva fatto la cosa giusta nel dire quelle parole, nello stringerla o a fare... quanto si apprestava.
    Per questo voglio aiutarti... - soffiò e il tono si fece immediatamente più sottile, come quello di una lama e decisamente più caldo e suadente, mentre la mano che le carezzava il volto ritornava sulla sua schiena nuda e tornava ad attirarla a sé, facendo ben attenzione che fosse seduta a cavalcioni sulle sue gambe, con i bacini vicinissimi, quasi a sfiorarsi. - Convincimi a darti quel bacio. - la sfidò, con lo sguardo che ritornava a essere famelico e il sorriso che si faceva nuovamente beffardo, divertito, prima di catturare il labbro inferiore con i suoi denti umani ma anche assolutamente perfetti, in una provocazione bella e buona che sembrava volerle suggerire quanto fossero morbide, piacevoli e assolutamente irresistibili le sue labbra.

    Edited by Kira dietro lo specchio. - 16/4/2019, 00:05
     
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    Mandare in confusione Lucia era un compito fin troppo facile per un uomo come Adam, e la ragazza -ahilei- si era resa conto di questa triste realtà nello stesso istante in cui si era accorta che i piedi l'avevano condotta da lui, prima ancora che il suo cervello avesse modo di realizzare di averlo ordinato. Mentre quel viso angelico la fissava intensamente, ella ripensava -completamente imbambolata- al perché non avesse già rinunciato all'assurda impresa che pretendeva di compiere. Era chiaro che lui fosse... troppo. Troppo bello. Troppo sveglio. Troppo intelligente. Ma soprattutto... troppo intenso. Ogni sguardo, ogni sorrisetto malizioso, ogni sfumatura nel tono della sua voce, le costavano un nuovo brivido che dalla pelle liscia delle braccia scivolava giù, e poi giù... fino alla spina dorsale e oltre. Come se non bastasse si prendeva palesemente beffa di lei. Era ancora così "furiosa" per la storia del bacio mancato, che se avesse potuto cedere all'impulso si sarebbe messa a gonfiare le guance come una bimba imbronciata e picchiarlo con quei suoi pugnetti gracili. Chissà, magari con la sua forza ritrovata gli avrebbe persino fatto un po' male... certo, come se avesse potuto. Ciò che voleva realmente erano quelle mani sulle sue natiche piene, le dita perse nella carne morbida e soda, il suo sospiro sul collo e, magari, anche fin dentro la gola o...
    Ohi, ohi... se ti fai prendere da certi pensieri prima ancora di iniziare, rischierai un godimento precoce come tuo solito... e non vorrai certo sporcare quella deliziosa biancheria di lusso, nevvero?!
    Lucia si riscosse mentalmente, costringendosi ad abbandonare un'ennesima volta pensieri decisamente deleteri per il suo status già precario, solo per ritrovarsi il viso di Adam vicinissimo al suo e, soprattutto, la sua voce che come una carezza pronunciava il suo nome, con l'unico ovvio effetto di tenerla ancorata ad attendere che proseguisse o facesse qualcosa, completamente "pendente" dalle sue labbra (più che letteralmente, nel nostro caso). Le sue, d'altronde, erano ancora una volta schiuse, umide di un leggerissimo strato di saliva sintomo di quanto fosse eccitata, e irrimediabilmente speranzose di venire, almeno stavolta, baciate. Tale era l'illusione di averlo finalmente convinto ed essere riuscita a tentarlo, che Lucia non notò neppure che non avesse seguito il suo "invito" a toccarla, o meglio... ignorò quella mancanza, fiduciosa che durante il bacio quelle mani calde e virili avrebbero cercato un appiglio per tutta la passione che ne sarebbe scaturita. Hazel ci aveva visto giusto quando l'aveva "costretta" a trascinare le mani dell'uomo sui suoi lombi, ella non aspettava altro che essere accarezzata con passione, anche se non avrebbe mai osato pretenderlo se fosse stata sola. Questo non ti fa pensare che forse è il caso di darsi una mossa qui?! Ignorando le proteste della madre, che di rimando alzò gli occhi al cielo dalla sua postazione (con tanto di tizio ancora attaccato agli enormi seni come un infante al ciuccio materno), Lucia chiuse gli occhi e si protese verso l'uomo pronta a cedere al delizioso richiamo del suo tono cantilenante, totalmente rossa in viso e ancora imbarazzata ma non per questo meno bisognosa di ricevere quelle attenzioni. Fu così audace, che le sue manine delicate cinsero la nuca di Adam attirandolo a sé con delicatezza... salvo poi ritrovarsi anche grazie a quel gesto, completamente "spiaccicata" al suo petto muscoloso e caldo. Sgranò gli occhi, le labbra ancora schiuse e la delusione che accennava a farsi strada ancora una volta nel suo cuore... seguita da una punta di sana, inaspettata, irritazione. Quando le palpebre fecero per socchiudersi, le sue sopracciglia si incurvarono congiungendo verso il basso, al centro del viso, in una chiara espressione di furia paragonabile in credibilità solamente a un micino soffiante... ecco quanto era credibile in quelle vesti.
    C-come osate... di nuovo...
    La sua voce, paragonabile a un sussurro (o a un soffio, per inciso), risuonò a malapena nella stretta di quelle braccia possenti, soprattutto perché si spense con tale velocità da poter essere quasi, quasi ignorata. Se dapprima Lucia, pensando ancora una volta di essere stata beffata, fece infatti cenno di spingere con i palmi contro il petto di lui per liberarsi dalla sua presa, le sue spalle e la sua espressione dovettero rilassarsi di colpo quando le carezze, delle sue mani così come della sua voce, la cullarono sul posto, facendo sparire ogni parvenza di stizza. Già già, decisamente una temibile pantera... Stavolta il rossore parve così accentuato da far pensare che Lucia avrebbe sanguinato dal naso, lo sguardo basso mentre si lasciava suo malgrado abbracciare, lasciando tuttavia la presa sulle ampie spalle di Adam. Era semplicemente basita. Un abbraccio era l'ultima cosa che si sarebbe aspettata di ricevere, soprattutto perché era l'ultima cosa a cui i secoli di vita l'avevano abituata... forse proprio per questo l'uomo avrebbe potuto avere l'impressione di trovarsi tra le braccia un cucciolo spaurito, intimidito, sfiduciato. Rigida e tremante come un pulcino sotto la pioggia, Lucia cercò di tenersi il più dritta possibile per staccare la guancia dal suo petto, lontano il più possibile dal suono del suo cuore che l'aveva tenuta incatenata. Che diamine era quella situazione?! Che diamine era quella creatura? Era tutto così surreale e fiabesco che per un attimo fu sicura che la sua mente stesse inventando tutto. Dal primo tavolo in fondo all'enorme locale, allo sgabello rotto posto in un angolo vicino all'entrata, ignorato da tutti. E come se l'abbraccio non bastasse, giunsero persino le parole dell'uomo a scioccarla del tutto, costringendola suo malgrado a destarsi dall'incanto, farsi indietro con lo sguardo basso posto in ombra dalla meravigliosa acconciatura, fissando un punto non meglio precisato tra i loro corpi, un po' troppo in basso, senza che ella lo vedesse davvero... non in quel momento perlomeno. Portò i palmi schiusi contro il suo petto e fece forza per allontanarsi lentamente ma di scatto da lui, ponendo le proprie braccia esili a distanza di sicurezza tra i loro corpi, perché con quel contatto non riusciva a pensare. Le sue parole... le fecero venire voglia di piangere. La emozionarono, in qualche modo, e al tempo stesso la imbarazzarono come mai l'era capitato prima di allora. Perché quello, ironicamente, non era né un'umiliazione né un ennesimo caso in cui ci si aspettava che sollevasse la gonna e smettesse di ragionare col cervello... era semplice e pura gentilezza, parole profonde che solo Thresh le aveva rivolto in vita sua, non prima di averle accompagnate a indicibili piaceri. Decisamente, Adam era come uno strano angelo indecifrabile che sembrava messo lì apposta per metterla alla prova... una prova che forse, se solo fosse riuscita a superare, avrebbe potuto portarla effettivamente avanti. Lacrime di commozione fecero timidamente capolino lungo i suoi occhi, mentre ella fissava ancora quel punto inopportuno che però ella non stava realmente fissando... ma di cui si accorse proprio in quel momento, quando le parole di lui le entrarono dentro e il velo di sorpresa in cui si era avvolta le scivolò di dosso. Sgranò gli occhi, rossa, imbarazzata, fremente in mille modi e per motivi diversi ma soprattutto fin troppo disarmata per quello che doveva essere IL SUO momento. Quando sollevò lo sguardo Hazel, dalle spalle di Adam, fece un'espressione assolutamente stizzita, e prima ancora che una delle lacrime d'emozione che Lucia tratteneva in quell'espressione basita potesse scivolarle lungo le gote, il demone schioccò le dita e queste vennero letteralmente rispedite indietro velocemente, tanto che se Adam avesse guardato attentamente gli occhioni di Lucia le avrebbe viste inghiottite dal rosso delle sue iridi enormi. L'emozione però, quella non svanì dalla sua espressione... ed ella si schiarì la voce e abbassò il capo per mascherarla.
    Hazel sbuffò. Dovevamo proprio beccare l'adone filosofico... come se non fossi abbastanza manipolabile di tuo! Che strazio... E... sbuffò di nuovo, mascherando quanto tuttavia ghignasse intimamente per quella strana creatura che Lucia aveva adocchiato. Forse, chissà... una sfida più ardua delle altre l'avrebbe DAVVERO temprata, se portata a compimento... per questo quel tipo in fondo in fondo non le dispiaceva. Forse proprio perché non era per niente roba per lei, altrimenti sarebbe stata gelosa... A lei piacevano grossi demoni ben dotati... o in alternativa enormi insettoidi metallici... ma meglio non divagare pensando ad avventure passate. Sorrise. Ti dico solo questo: vi lascio soli il tempo di andare a farmelo succhiare da questo stupido schiavetto in bagno... se quando torni non hai ribaltato la situazione e ti sei lasciata trascinare ancora di più... allora tu e il tuo nuovo amichetto avrete problemi ben peggiori dell'inseguire il senso della vita, intesi?
    Lucia sussultò appena, movimento breve che Adam avrebbe tuttavia potuto percepire attraverso le proprie cosce, visto che la ragazzina le stava ancora a cavalcioni, con i bacini quasi a stretto contatto. Era una fortuna che non si toccassero davvero, perché la sua erezione era ancora più confusa della proprietaria e non sapeva se bagnarsi fosse una buona idea ma stava comunque inzuppando le mutandine di pizzo di Lucia senza ritegno alcuno... Forse avrebbe dovuto pensare a un incantesimo per apparire come una donna, prima di uscire. Se avesse saputo di incontrare un tipo come Adam di sicuro lo avrebbe fatto. Per mascherare il timore verso la madre dovette concentrarsi su ciò che davvero l'aveva sconvolta, per cui tornò sulle parole di Adam mentre Hazel spariva con il suo "compagno" che le sbavava dietro come un automa. Lo guardò finalmente negli occhi. Era rossa e imbarazzata, certo... ma non si tirò indietro. Gli doveva almeno questo, per aver sprecato parole tanto gentile con lei.
    I-i-io sarei da ammirare, dite? Il "Voi" tornò inesorabilmente, emozionata com'era. Voi... voi... Portò le dita a stringersi la gonna, tremante di così tante emozioni che l'era estremamente difficile esprimerle, perché semplicemente non era abituata a doverlo (e poterlo) fare. Strinse così forte che i bordi della gonna si sollevarono per buona parte, scoprendo la giarrettiera così particolare e buona parte dell'interno coscia. Seppur morta, respirava a fatica. Cosa avrebbe potuto dirgli? Che nessuno aveva mai speso così tante parole per lei? Che nessuno l'aveva considerata coraggiosa? Che talmente tante volte era stata denigrata in ogni più recondita sfumatura del suo essere che oramai, lei stessa, non sapeva quale fosse la realtà se non forse quando si trovava con l'uomo che amava... e spesso neppure in quel caso? Che era stata così tante volte calpestata, spezzata, distrutta... che il suo corpo aveva imparato a memoria il sapore, l'odore, il volto della più vile umiliazione o schiavitù? Che si sentiva anche in quel momento una completa stolta ad aver pensato anche solo per un secondo di poter cambiare quello status? Di potersi riscattare? O forse... forse... N-nessuno... nemmeno io stessa... nessuno, penserebbe che sono coraggiosa conoscendomi. Non Hazel, non Faust... Parlava di getto, come se non potesse contenersi, senza filtrare ciò che lui conosceva da ciò che invece non poteva conoscere, come i nomi delle persone che impetuosamente citava. Non Sol, non Hachi... e di sicuro non Leben o... Un brivido. Altri... Solo a quel punto il suo sguardo tornò vigile, non più perso, su di lui. Ma voi... con queste parole voi mi avete dato un'immensa speranza. E non potete davvero immaginare da quanto tempo io la cercassi... Le lacrime tornarono, ma ora non c'era più Hazel a trattenerle... Strinse i pugni, e lo fece lei, stringendo le labbra e i denti per pochi istanti, un momento prima di tornare a parlare. Per questo... Per questo io... Il suo viso era così rosso che sembrava pronto a scoppiare, le sue labbra rosse schiuse per l'affanno, il calore tra i loro corpi così elevato che piccoli sbuffi di vapore sembravano quasi uscire ad ogni sospiro...
    La situazione era grave, pensò Hazel dalla visuale dello specchio che stava osservando. Aveva fatto un piccolo incantesimo spia, in prefetto stile "Specchio, servo delle mie brame" ma senza così tanti preamboli, per collegare lo specchio del bagno (sul quale si stava bellamente osservando mentre il suo "schiavetto provvisorio" si dava da fare con il viso ben serrato e costretto tra le sue cosce), alla superficie liscia e lucida del tavolo su cui 'facciava il sederino perfetto della sua figlioletta, in groppa alla bellissima statua dai capelli argentei ovviamente. Solo Lucia, affine alla sua magia, avrebbe potuto notare quanto lucido fosse diventato il tavolo su cui erano posati, ma per farlo avrebbe dovuto voltarsi... e questo secondo le previsioni di Hazel non sarebbe accaduto per molto, molto tempo. Adam, d'altra parte, avrebbe potuto notare solo un particolare di quell'incantesimo: il riflesso perfetto e invitante dei glutei di Lucia visti dal basso, scoperti di tanto in tanto dalla succinta gonnellina in un gioco di "vedo non vedo" che avrebbe fatto impazzire qualsiasi adolescente, e forse persino un uomo di comprovata esperienza come doveva essere lui. Lucia avrebbe dovuto ringraziarla, quando e se si fosse accorta dell'intrigo... non certo balbettare qualche protesta imbarazzata come ci si aspettava da lei. A questo pensava il demone mentre chiudeva un momento gli occhi, premendo con più decisione i palmi sul capo del malcapitato omuncolo che, con il suo enorme clitoride in gola, cominciava ad annaspare e diventare rosso in viso. Di rimando, ella gli tirava i capelli e muoveva il bacino sorridendo soddisfatta... Quando riaprì gli occhi dopo il breve momento che si era concessa, ciò che vide la spinse a sgranarli. Aveva fatto l'incantesimo per aiutare un minimo Lucia, mostrando ad Adam esattamente quale meraviglia stava tardando a toccare... ma quella scena... le fece dubitare della sua utilità, strappandole subito dopo un sorriso che a malapena nascondeva una punta di orgoglio.
    ... Non voglio convincervi. Non ora. Perché semplicemente lei voleva baciarlo, e lo fece. Andò in contro alle sue labbra, approfittando del suo morso per assestarne uno lei, rossa sì, ma non per questo meno determinata. A quel punto gli avrebbe tirato il labbro inferiore per tentare di schiudergli le labbra e poi affondarci dentro, dapprima strusciandovi contro le proprie, morbide e profumate... infine leccandole, per poi infilargli la lingua tra i denti pronta anche a ricevere un morso, se necessario. Portò le dita ai suoi capelli e li strinse, preda di un coraggio esploso chissà da dove. E fu così che, con un impeto raramente avuto, per una volta Lucia non chiese, non elemosinò, né si umiliò per un proprio desiderio. Semplicemente... afferrò a piene mani il coraggio che solo Adam le aveva riconosciuto, e lo fece proprio.
     
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    Che dice il Coccodrillo del Nilo | che batte la coda iridata | ... | nel tonfano, nella cascata, | ... | e sopra la sponda assolata? | «Trovato è il pasto agognato! | Trovato! Trovato!

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    Nell'osservare l'espressione adorante di Lucia, le sue labbra terribilmente invitanti già dischiuse, già pronte per essere colte da un bacio, un brivido corse gli sulla schiena prima di disperdersi nel bacino, diffondendo nel suo corpo una nota di intensa, bruciante concupiscenza. Se ne sorprese, poiché per una volta le sue azioni non erano guidate né dal desiderio di farle un dispetto, né da quello di provocarla ma, semplicemente, erano mosse da sincera tenerezza: si chiese se fosse lui a essere diventato particolarmente debole da quel punto di vista e, benché l'ignominioso evento del suo recente passato confermasse proprio questo, sentì che la causa non risiedeva soltanto lì ma anche (e, forse, soprattutto) nello sguardo che gli stava tributando la giovane.
    A parte, infatti, la sua sfolgorante bellezza, che già da sola avrebbe potuto spiegare non solo i brividi ma anche ben altre reazioni fisiologiche, nello sguardo di Lucia vi bruciava un così grande abbandono, un così straordinario bisogno di amore, di calore anche carnale che era ben difficile non sentirsi attraversati, illanguiditi da una piacevole sensazione di potere, di assoluto potere. Dopotutto, come non sentirsi così se un simile splendore, se una giovane Afrodite dalla pelle color caramello si offre così, quasi senza sforzo, dopo pochi minuti di conversazione? E non offre semplicemente il proprio corpo, magari per una frettolosa sveltina nei bagni ma, incredibile a dirsi, offre tutta se stessa, offre il suo cuore, il suo ingenuo affetto, mette a nudo il suo animo candido e fremente, come se non avesse neppure adombrato la possibilità di poter essere ferita, di poter essere tradita.
    Un simile combinazione di candore e bontà, di dolcezza e bisogno di affetto, di amore era già molto rara, pensiamo se unita a un corpicino così perfetto, così follemente seducente: Adam non doveva neppure sforzarsi per immaginare in quanti, magari divorati dalle loro paure, dalle loro insicurezze avevano fatto strazio di quell'animo candido, tiranneggiandola e ferendola soltanto per poter esprimere la loro forza, soltanto perché calpestandola lenivano un loro, intimo tormento. Fu proprio questo, la facilità con cui la sua mente evocò fantasmi di uomini senza volto che la calpestavano e la oltraggiavano, che il brivido che ancora risuonava tra i suoi lombi morì quasi di colpo, lasciandogli soltanto l'amara conferma di essere meschino proprio quanto si aspettava. Ma la tenerezza verso quella piccina che lo guardava adorante, verso quelle labbra che avrebbe voluto baciare a stampo, soltanto per esprimerle vicinanza, per trasmetterle un affetto che teoricamente non poteva già provare, lavò via ogni sgradevole idea di se stesso e lasciò soltanto un pensiero, quello di stringerla a sé e di dirle quanto la trovasse straordinaria e bella.
    Lo fece e si ritrovò a sorridere intenerito quando, stretta tra le sue braccia possenti, la piccina accennò a un delizioso rimprovero, avendo scambiato il suo abbraccio per un ennesimo dispetto. Si sentiva colmo di tenerezza nei suoi confronti e forse fu per questo che percepì con estrema, dolorosa chiarezza il momento esatto in cui la consapevolezza delle sue reali intenzioni attraversò la mente di Lucia, seguita dalla rigidità che avvolse le sue membra altrimenti morbide e flessuose. La piccina, infatti, sembrava una gattina spaventata, con i muscoli contratti e le sue piccole, dolci mani che, per prima cosa, cercarono di allontanarla da lui. Ovviamente non ci rimase male, la tristezza che spezzò il suo sorriso non era scaturita dal dolore di un "rifiuto" ma dalla constatazione che l'anima di quella povera giovane fosse più martoriata, più calpestata di quanto non avesse osato sperare. Però andava bene così, era finito in quel locale a bere per dimenticare una sua sconfitta, per sentirsi l'anima meno gravata dal sudiciume con cui l'aveva intenzionalmente sporcata e, inaspettatamente, quella piccina era venuta da lui, chiedendogli (seppure tacitamente) aiuto. Lui non poteva dirsi davvero credente o, meglio, in lui permanevano determinate certezze della sua passata esistenza da homunculus, era certo o quasi dell'esistenza di un'entità divina ma... l'avere fiducia nel suo operato era ben altra cosa. Non riusciva, osservando la sofferenza e la meschinità dilaganti in ogni dove tra le città e i cuori degli individui, a credere che a permeare lui e il mondo che lo circondava fosse stata un'entità benevola, che la vita multiforme e la multiforme sofferenza che l'accompagnava recasse, dentro di sé, un anelito d'amore, un'impronta di bontà lasciata da un bene superiore. Eppure, da quando aveva conosciuto la Papessa, stava iniziando a vedere le cose da una diversa prospettiva: forse il bene, l'amore non sono la fiamma che accendono lo spirito vitale di un essere ma, di certo, possono accendere la sua anima dopo e possono dargli una nuova vita. Lucia, in questo senso, era forse la dimostrazione più pura della verità donatagli dalla Papessa: che tutti abbiamo bisogno di essere salvati e che, proprio salvando gli altri, salviamo noi stessi. Lucia non era semplicemente uno strumento di redenzione ma qualcuno con cui condividere la propria luce, con cui sostenersi a vicenda.
    Fu con questa consapevolezza nel cuore, con la verità della Papessa che gli riscaldava l'anima, che ritornò a sorridere e le rivolse le parole che tanto avrebbero sconvolto la piccina. La vide allontanarsi dal suo petto, chinare il capo con lo sguardo distante, schermato dalla sua bella acconciatura ma non si preoccupò: così come non era stato facile per lui pronunciare quelle parole, essere tanto sincero, così per lei non doveva essere facile ascoltarle. Per questa l'aspettava con un sorriso rassicurante, con l'abbraccio che era divenuto delle lievi carezze alla sua schiena e così accolse il suo sguardo stupito, i suoi occhioni sgranati e lucidi di lacrime che parvero sparire in un battito di ciglia. La trovò semplicemente splendida, non riuscendo a staccarle gli occhi di dosso avvinto da quei suoi occhioni sconvolti, dalle sue gote in fiamme e dalla sua anima chiaramente in subbuglio e di nuovo, neanche fosse in agguato, la voglia di baciarla si fece prepotentemente presente: cogliere quella labbra schiuse in un'espressione di stupore con un bacio a stampo, ritornare a stringerla a sé facendo incontrare e, perché no, accordare il battito dei loro cuori. Certo, assieme a questi desideri colmi di tenerezza, ve ne erano altri decisamente meno innocenti, come il semplice bisogno di scoprire se quelle labbra di rosa erano morbide e accoglienti come sembravano ma i primi superavano i secondi e, in ogni caso, Adam non cedette a nessuno dei due: era il momento di Lucia, lui non le avrebbe imposto nulla, neppure quel bacio che tanto desiderava.
    Percepì il sussulto che la scosse quasi di colpo e, non sapendo alcunché sulle sue reali cause, lo attribuì alla semplice tensione emotiva del momento, per questo reagì cingendole dolcemente i fianchi con le braccia, in un abbraccio molto morbido e quasi "sciolto", mentre accoglieva finalmente i suoi occhi con un sorriso colmo di gentilezza, facendo specchiare le sue iride di rubino nei suoi due cieli limpidi di dolcezza, di assoluta comprensione. Lucia parlò, impacciata e ingarbugliata tra le parole, incapace di scegliere quelle più opportune per esprimere il proprio tumulto. Adam si limitò soltanto ad allargare il suo sorriso, in cui baluginò il lampo candido della sua perfetta dentatura, prima di sussurrarle un'unica parola: - Lucia... - un sussurro appena, con cui intendeva richiamarla sul suo sguardo, sul suo volto aperto e comprensivo, un semplice modo per dirle "non avere fretta, aspetterò ogni tua parola, se necessario". Forse funzionò, forse la giovane trovò da sé le parole che le servivano, fatto sta che gli rivolse una sentita, commossa confessione. Citò alcune persone che ovviamente non poteva conoscere e che erano importanti per lei, gli parlò della speranza che aveva acceso in lei dopo chissà quanto tempo e, soprattutto, sembrava in procinto di dirgli qualcosa di davvero fondamentale, di assolutamente importante e che, proprio per questo, non riusciva a esprimere.
    Istintivamente si avvicinò a lei col volto, come a voler accorciare le distanze tra lui e quelle difficili parole, completamente concentrato nella loro attesa. Fu per questo che quando giunsero, infine, le sue parole lui si lasciò sorprendere dal suo gesto: sgranò gli occhi percependo i denti della giovane sul suo labbro inferiore ma, appena un attimo dopo, la sorpresa era già svanita e al suo posto vi era soltanto una sincera gioia. Le sue labbra si curvarono in un sorriso prima di premersi su quelle di Lucia e quest'ultima non avrebbe avuto bisogno di tirare alcunché per schiudergli la bocca, poiché lui lo fece socchiudendo gli occhi e abbandonandosi a quel bacio tanto inaspettato quanto benefico per entrambi. Le labbra di Lucia erano di una morbidezza unica, vellutate come petali di rose e decisamente più profumate, mentre l'interno della sua bocca e la sua lingua erano un paradiso, di carne serica e bollente, certo, ma un autentico paradiso. La strinse a sé, quasi schiacciandola contro i muscoli scolpiti e tesi del suo torace, proprio mentre la piccina gli tuffava le dita dita nei capelli nivei, morbidi e setosi proprio come il loro aspetto preannunciava.
    Fu un bacio passionale, intenso e la lingua di Adam, espertissima e vellutata, la guidò in una danza forsennata, sì, ma non priva di controllo: l'uomo aveva socchiuso gli occhi, tutto concentrato in quel bacio mozzafiato, a imprimere nella sua memoria la dolcezza, il profumo di quella bocca meravigliosa, mentre la sua saliva calda e piacevole la invadeva assieme alla sua lingua morbida ma le sue mani (forse con dispiacere di Lucia) non si erano dirette a ghermirle i glutei sodissimi, bensì si erano limitate a stringerla e a carezzarle la schiena. Durò poco, però, poiché mentre con la mano sinistra la teneva stretta a sé, con la destra era sceso fino alla sua coscia e, in un attimo, Lucia avrebbe sentito quella mano grande e calda carezzarle con desiderio la porzione di coscia e, soprattutto, di interno coscia non coperta da quella inusuale e splendida giarrettiera. Il tocco di Adam era sensuale, venato di desiderio ma non era possessivo, né doloroso: si sarebbe fermato in qualunque momento lei avrebbe deciso ma, fino ad allora, lui avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per convincerla a non farlo. La mano destra rimase lì, a stringere e ad adorare quell'apparentemente insignificante porzione di pelle serica e bruna, senza mai osare oltre benché le sue lunghe dita più volte sembrarono volerle sfiorare i glutei, come se costantemente Adam dovesse impedirsi di afferrarli e palparli con desiderio.
    Quella danza intensa, passionale eppure ancora controllata continuò ancora a lungo poi, quasi delicatamente, Adam cominciò a staccarsi dalle sue labbra ma con lentezza, come se non ne avesse voglia, finché a unire ancora le loro labbra non vi erano che sempre più sottili fili di saliva e, proprio in quel momento, aprì gli occhi e la guardò: i cieli tersi di prima, dolci e accoglienti, non vi erano più al loro posto, invece, c'erano due lame di ghiaccio trasparenti e consumate dal desiderio che ardeva dietro. La guardò in quel modo per qualche lungo attimo, poi, semplicemente si lasciò andare davvero: la strinse di nuovo a sé e stavolta fu lui a baciarla per primo, trascinando la sua lingua in un vero e proprio duello selvaggio, mentre le sue mani, dimentiche di ogni pudore, si insinuavano sotto la sua corta gonna per afferrarle e stringerle con bruciante desiderio quelle natiche magnifiche. Le sue mani erano abbastanza grandi da farla sentire completamente avvolta, mentre le dita lunghe e forti affondavano in quelle carni sodi e piene, così perfette che Adam salutò quella splendida sensazione con un sospiro di pura soddisfazione, sfogato direttamente tra le sue labbra. La soddisfazione divenne vera e propria cupidigia, però, quando aprendo gli occhi osservò sulla superficie del loro tavolo il riflesso dei glutei di Lucia stretti, ghermiti dalle sue mani. Evitare una scaricare di eccitazione e, soprattutto, un picco improvviso e inaspettato di furia nel loro bacio fu impossibile, così come non poté evitare che il suo membro iniziasse a risvegliarsi e a premere sul cavallo dei suoi pantaloni; per quanto, infatti, fosse appena svegliatosi dal suo sopore, poteva vantare dimensioni tali da produrre un rigonfiamento fin troppo vistoso.
    Fu proprio la sensazione di fastidio del suo membro semieretto contro i boxer e il cavallo dei pantaloni a risvegliarlo da quella malia e, progressivamente, a rallentare il bacio fino a fermarlo del tutto. Quando, finalmente, si staccò dalle sue labbra, rimase per qualche attimo a prendere fiato a pochi centimetri da queste ultime, col suo fiato caldo e profumato che gliele carezzava. - Ho sognato di farlo fin dal primo momento in cui ti ho vista... - a spiegarle a cosa si stesse riferendo, se mai ce ne fosse stato bisogno, ci pensarono le sue mani che palparono con evidente desiderio quelle natiche perfette, prima di scivolare sulle sue cosce, mentre Adam si allontanava finalmente dalle sue labbra e sembrava recuperare un po' di autocontrollo, non prima di aver leccato con evidente e sensuale piacere le sue labbra, come a volersi gustare l'ultima stilla di lei che gli era rimasta. Gli occhi gli scintillavano ancora di desiderio e avevano la stessa luce predatoria di prima, di quando aveva tentato di sciogliere il bacio e non c'era riuscito, il volto invece appariva un po' più roseo, con le labbra schiuse, umide di saliva e rosse per il lungo bacio, mentre il petto muscoloso si gonfiava ritmicamente per via del respiro lievemente accelerato. - Lucia... adesso mi credi se ti dico che sei bellissima? - le chiese con un sorriso a metà tra il divertito e il predatorio, mentre riprendeva finalmente il controllo di sé, anche se avere il suo sapore nella sua bocca e il suo odore a riempirgli ogni volta il respiro non lo aiutava affatto. Rimase così, a guardarla quasi estatico, mentre il espiro si normalizzava e il desiderio di abbracciarla, di stringerla a sé si faceva largo in quello che voleva baciarla ancora o, meglio, palparle ancora una volta quel capolavoro che era il suo fondoschiena. Allungò la mano destra verso il suo volto, sfiorandone il ciuffo che le ricadeva sugli occhi per carezzarne le morbide gote, facendole sentire ancora come quella mano grande e forte fosse anche morbida e delicata. - Essere coraggiosi non significa non provare mai paura, Lucia. E non significa nemmeno non cadere mai, né non conoscere il sapore della disperazione, della sconfitta. Significa fidarsi di qualcuno malgrado tutte le precedenti scottature, significa riuscire a sperare e a lottare per un futuro malgrado tutte le sconfitte, tutte le delusioni. Significa affrontare se stessi e i propri limiti. Tu sei coraggiosissima, Lucia. - la voce era dolce, pacata ma aveva una nota roca che la rendeva più sensuale, mentre la mano che le carezzava dolcemente la guancia era scesa a sfiorarla il collo vellutato, vezzeggiandolo appena con la punta delle dita. - E io voglio essere coraggioso quanto te: stasera ero triste perché, tempo fa, mi sono macchiato di un grave atto di... codardia e meschinità. Volevo semplicemente annegare il mio rimorso, il ricordo della mia debolezza in un po' di alcool o in qualche compagnia a buon mercato. - la mano era scivolata ancora, adesso le accarezzava la spalla nuda mentre il volto dapprima sorridente si faceva serio, mentre il suo sguardo scintillante diveniva duro e perdeva, per qualche attimo, il contatto dei suoi occhi, come se stesse osservando con severità la sua colpa. - Invece, sei arrivata tu. E mi sento più leggero, più felice. Ti va di... mescolare le nostre luci e le nostre ombre per questa notte? - le chiese avvicinandosi nuovamente al suo volto, alle sue labbra, mentre il suo sguardo duro si faceva di nuovo dolce, scintillante e le sue labbra si curvavano in un nuovo sorriso. Forse era una domanda un po' enigmatica ma il significato le sarebbe stato presto manifesto, dato che la sua mano scivolò ancora e dalla sua spalla, carezzandole il braccio esile, raggiunse la sua mano sinistra e l'afferrò delicatamente, intrecciando con essa le sue dita. Era una manina piccola e vellutata, le sue dita, il suo palmo l'avvolgevano completamente ma il semplice sentirla lì, in quel modo, gli diede un'intensa sensazione di pace, di benessere. Ecco cosa voleva dire: voleva passare quella notte in sua compagnia e senza schermi, senza menzogne, mettendosi completamente a nudo e lasciare che l'anima dell'uno potesse sentire i battiti del cuore dell'altra, così come prima, in quell'abbraccio un po' inaspettato per entrambi, avevano percepito i battiti dei loro corpi.
    Stava lì a guardarla negli occhi, a sorriderle mentre le stringeva le mani dopo averle detto quella mezza idiozia (E di certo tutta follia!) e, di colpo, si sentì assolutamente ridicolo ma, stranamente, non se ne dispiacque: era bello poter essere ridicolo davanti a lei, non si sentiva giudicato, anzi, si sentiva libero di essere se stesso e, dunque, di poterle mostrare tutte le sue più o meno piccole imperfezioni, le sue gaffe e le sue sciocchezze. Represse una lieve risata e, avvicinatosi ancora di più a lei, le rivelò un'altra, insopprimibile verità: - E, che io sia dannato, ma ho una voglia matta di baciarti ancora... - le sussurrò roco, carezzandole le labbra a ogni parola, una più calda e sensuale dell'altra, mentre la presa sulla sua mano si faceva più stretta e con la mano libera l'avvicinava un altro po' a sé, come se volesse baciarla ancora. Ma non lo fece, rimase così, a un nulla dalle sue labbra, col gli occhi ardenti fissi suoi suoi e il suo corpo imponente, scolpito, teso come se si apprestasse a un combattimento... o a prenderla. Perché era bello persino il logorarsi nell'attesa, nel bisogno di un nuovo bacio con lei e perché, questa era la sua tacita promessa, quella notte lei sarebbe stata la sua piccola, meravigliosa regina: non poteva ripagarla di una vita di vessazioni, certo, ma poteva donarle il ricordo di una notte serena, felice, una notte in cui sarebbe stato l'altro a pendere (letteralmente) dalle sue labbra, ad aspettarle e ad adorarle anche senza averle.
     
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    Lo stupore sul viso ineguagliabile di Adam le diede una sensazione mai provata prima, un'emozione potente, di forza, controllo... quasi per una volta avesse in mano lei la situazione, e non il lunatico fato o un aguzzino ancor più capriccioso. Lucia non poté impedire all'adrenalina di pompare dentro il suo corpicino rinato come nuovo sangue bollente, dipingendo chiazze leggermente rosate in punti strategici del suo corpicino, a partire dalle ormai perenni gote rosse, fino a scivolare sul collo e sui seni mezzo scoperti, quasi quel rossore disegnasse una mappa su quel fisico minuto ma tonico e generoso, invitando il suo interlocutore ad esplorarlo maggiormente, che fosse con gli occhi... o con il resto. L'intimità di Lucia era ormai marmorea, minuta ma turgida come un tocchetto di legno e pericolosamente vicina all'uomo tanto che, se fosse stata un po' meno distratta dalle sue reazione, se ne sarebbe vergognata e preoccupata non poco. Ma come poteva, ora? Davanti a quegli oceani sgranati e colmi di stupore? Era lei ad averlo stupido. Lei ad aver provocato quello sguardo così intenso... e sempre lei a procurargli il sorriso che presto venne, strappandole di bocca ogni parola molto più di quanto non stessero già facendo con la saliva le loro rispettive lingue. Non ci furono morsi, ripensamenti, o tanto meno protesta alcuna da parte del "quasi" sconosciuto... Niente di tutto ciò. Adam era buono esattamente come preannunciava il suo aspetto: dolce ma virile al contempo, attraente e conturbante in ogni sua minima parte, che fosse dalle labbra incredibilmente morbide per un uomo, ai pettorali così gonfi che, sentendoli premete contro i piccoli seni smaniosi, a Lucia parve quasi di godere, sensazione che le strappò un gemito acuto prontamente sfumato e soffocato da quel bacio profondissimo. Sussultò a malapena quando la mano di lui le sfiorò la coscia e salì verso l'interno, per poi fermarsi. Come detto avrebbe dovuto spaventarsi per la pericolosa vicinanza con il suo più imbarazzante "segreto", ma era così presa che piuttosto gemette e si inarcò, muovendo appena il bacino in modo quasi disperato e inarcando la schiena verso le sue mani come pregandolo di afferrarle i glutei. D'altra parte, al contempo, le sue dita esili viaggiavano lungo la sua chioma, arrivando preda della passione a tirarla, spettinarla, aggrapparvisi con ogni forza nel disperato tentativo di sentirlo ancora più vicino. Come se non fosse abbastanza, poi! Ancora poco e la sua oscena erezione si sarebbe strusciata contro il bacino di lui... cosa che di certo ella non voleva. Fu forse la realizzazione, finalmente, di quel pensiero, a farla calmare abbastanza da interrompere quel forsennato ondeggiare verso di lui. Non il resto però... il bacio continuò fino a esaurirsi lentamente, con tale ardore che anche dopo il distacco ella prese ad ansimare leggermente, il suo petto minuto atto ad alzarsi e abbassarsi ritmicamente e fin troppo velocemente, come di qualcuno che avesse appena compiuto un'attività esageratamente faticosa. Peccato non fosse fatica, la sua... bensì cocente passione che parve quasi riflettersi, anche una volta staccati, negli occhi di Adam. Occhi che se prima erano parsi come un mare calmo e privo d'onda alcuna, ora mostravano un oceano tetro e in piena tempesta, dove sembrava fin troppo facile affondare e perdersi... cosa che lei si sentiva fin troppo pronta a fare.
    Ora sì che ragioniamo, bambina...
    Hazel, che continuava ad osservarli affascinata e pregna d'orgoglio, si tenne in disparte se non con i pensieri, che andarono tutti alla sua bambina... e anche a una punta di eccitazione che fortunatamente poté sfogare nella gola della sua compagnia, più e più volte, con affondi degni della passione a cui stava assistendo. Il bello era... che non fece che crescere. Il tempo di staccarsi e riprendere fiato, guardarsi negli occhi per lunghi istanti e respirare reciprocamente i propri sospiri, ed ecco che il bacio si ripeteva, ancora più sentito del precedente, ancora più impetuoso e frenetico. Finalmente lui la afferrò là dove lo voleva... e le sembrò di venir catapultata direttamente in un altro universo. Quasi saltò tra le sue gambe per il sussulto che fece, salvo poi immediatamente "spalmarsi" ancor più voluttuosamente contro il suo corpo, inarcando la schiena per andare in contro alle sue mani e gemendo, mugugnando di piacere. Non poté trattenere una stilla di umori che dalla punta del suo sesso delicato scivolò lungo l'asta fino a bagnarle la lingerie, e le venne quasi da singhiozzare con la lingua di Adam infilata in gola e gli occhioni stretti per il piacere troppo a lungo trattenuto. Non poteva venire precocemente in quella situazione... e cominciò a rimpiangere di non aver detto da subito cosa in realtà ella fosse perché ora, invero, non avrebbe assolutamente saputo come fare se egli lo avesse scoperto... né tanto meno come fermarsi dinanzi a un eventuale rifiuto. Palpandola, l'uomo avrebbe potuto sentire il retro decisamente provocante del completino che indossava, così come -a sua insaputa- avrebbe potuto ammirarlo dal tavolino, ma neppure questo lenì il suo piacere. Era così presa ormai che avrebbe addirittura voluto, se non preteso, che Adam la toccasse ancor più profondamente con il solo tavolino a coprirle le grazie, infischiandosene della gente che li circondava, danzando e ignorandoli di tutto punto... ma forse neppure con l'eccitazione a mille, avrebbe superato la sua timidezza per osare tanto. Un amplesso in pieno pubblico e senza alcun nascondiglio a schermarla dalla folla? Impensabile. Quella consapevolezza non le impediva tuttavia di desiderare di più... Che le dita la stringessero di più, che i bacini si toccassero maggiormente, che la sua lingua scavasse più in fondo dentro di lei fin quasi a strozzarla e smorzarle il respiro. Il suo corpicino, corrotto dalla lussuria, riusciva a farle desiderare un minimo di violenza anche in un momento del genere... momento che si rivelò nuovamente dolce e quasi romantico quando quell'effusione così famelica si sedò gradualmente. Lucia non distolse lo sguardo dai suoi occhi, lo abbassò giusto un istante, il tempo di vedere di sfuggita cosa l'aspettasse in basso, prima di risollevarlo e fissarlo in quello di lui, leggermente immobilizzata dall'emozione di saperlo eccitato quasi quanto lei... Era surreale, se ci pensava. Non c'era alcun sentimento che li legasse l'un l'altro, nessuna parentela, niente in comune, eppure da quando i suoi occhi si erano posati su di lui, a Lucia pareva quasi che quell'incontro fosse come... predestinato. Non per fini romantici, s'intende, non era così infedele nei confronti di Faust e dopo tutto il tempo passato insieme l'era ancora fin troppo, irrimediabilmente legata... ma c'era qualcosa, come se sentisse distintamente quanto avesse bisogno di tutto questo. Per se stessa, per i suoi scopi... per il futuro. Per una volta conversava, aveva la scelta, il controllo... era tutto nelle sue mani e per il momento Adam non mostrava alcuna volontà di prevalere su di lei. Nessun cenno di aver motivo di volerla umiliare, usare, o sconvolgere. C'era solo... pace. Qualcosa di così raro per lei, che quando l'uomo parlò di nuovo, mostrandole quel suo sorriso candido e perfetto appena dopo averla palpata con foga e anzi, facendolo ancora... Lucia non poté trattenere un accenno di sorriso, subito distorto da tutt'altra espressione quando la presa si consolidò di nuovo, spingendola a mordersi il labbro inferiore per trattenere un piccolo gemito. Avrebbe voluto dire qualcosa, rispondere, magari con un "Non sarà stata la prima cosa che avete guardato di me, spero?", pensiero che le attraversò la testa e quasi, quasi la lingua... ma non si era fatta improvvisamente tanto sfrontata, probabilmente neppure il bacio era bastato a far tanto. Rispondere a un sorrisetto malizioso con un sorriso tenue circa altrettanto furbetto, era comunque un passo avanti per lei. E forse solo per questo Hazel, che già sollevava gli occhi al cielo dall'altra parte dello "specchio", non era ancora intervenuta per far sì che si saltassero nuovamente addosso a vicenda. Ciò che la demone non si aspettava era che... dopo la passione vennero le parole... E lì sì che avrebbe voluto dire qualcosa, specie notando come Lucia ascoltò rapita il suo interlocutore, senza perdersi neppure una parola e anzi, intenerendosi visibilmente ad ogni frase, glielo si leggeva negli enormi occhioni rossi...
    Al rinnovato complimento Lucia arrossì di nuovo, per poi passarsi timidamente le dita lungo i capelli e voltando il visino di sbieco come per coprire un momento il proprio imbarazzo. Il sorriso sparì trasformandosi nel suo solito broncio timido, ma non per questo si sentì meno calda all'udire quelle parole. In quel momento fece una follia senza quasi controllarsi: riuscì a rispondere con ciò che pensava... aggiungendo addirittura una punta di malizia esternando ciò che desiderava! N-non sono ancora sicura... f-forse dovremmo approfondire per scoprire quanto lo pensiate davvero... Hazel poté dirsi ancora una volta fiera. Non lo aveva guardato negli occhi con malizia mentre lo diceva, ma almeno lo guardò poco dopo. Peccato che... fu LUI a rovinare tutto, tanto che ciò che seguì sconvolse talmente il demone da costringerla a "vomitare" tutte le proprie frustrazioni sulla gola ormai gonfia del poverino citato e ricitato, mentre osservava la sua figliolett"a" -per una volta così promettente, tornare a una serie di rossori, balbettii e cantilene, nonché sciogliersi completamente davanti ai problemi di quella che, ahilei, avrebbe dovuto essere la sua prima "preda". Argh...
    Il primo istinto di Lucia fu quello di ricambiare tutta la gentilezza ricevuta con un abbraccio, una carezza, un qualsivoglia contatto... Si sentiva in dovere di ricambiare perché lui, d'altro canto, non smise di toccarla mentre parlava. Le confidò di voler essere coraggioso anche lui, e il suo cuore si sciolse in una serie di buoni sentimenti che comunque non bastarono a soffocare la voglia di affondargli il viso contro il collo... e forse a maggior ragione perché sentiva di volerlo consolare. Avrebbe voluto rispondere, dirgli qualcosa, chiedergli perché sentisse di esser stato meschino e dirgli che ella non lo credeva, non avrebbe mai potuto... ma di volta in volta apriva la boccuccia per proferir parola e, puntualmente, non trovava le parole. Questo almeno finché lui non terminò la frase, cancellando tutta la sua indecisione. Un brevissimo "Pff" fu la risposta iniziale a quello strano invito, inizio di un timido risolino che sedò sul nascere portando le dita delicate a piegarsi morbidamente davanti alla sua bocca. Era buffo aver incontrato un essere del genere, qualcuno così gentile, pregno di sentimenti che ella comprendeva e che la toccavano nel profondo. Qualcuno di così diverso da ciò a cui era abituata... Roba che qualsiasi creatura che ella conoscesse, Hazel persino, avrebbe definito melenso e stucchevole ma che, a lei e solo a lei, scaldava il cuore fin nel profondo. Forse a lungo andare anche il tuo corpo le avrebbe detto che era noioso, forse se mai fossero arrivati a consumare la loro reciproca attrazione il suo corpicino l'avrebbe boicottata etichettandolo come "noioso" o come "non abbastanza" (perché in fondo non poteva sapere quale aspetto nascondesse quell'uomo apparentemente statuario e perfetto, dalla bellezza così precisa da parte artificiale), eppure non le importava un bel niente. Importava solo il calore che sentiva e il fatto che, per una volta, non si sentiva stupida, insignificante o da meno rispetto all'altro per poter parlare.
    Temo di non avere molta luce da darvi, A-Adam.... Ma la vostra è così accecante che, magari, basterà per entrambi...
    Pronunciò per la prima volta da quando si era presentato il suo nome, e ciò le procurò un rossore e un imbarazzo tali da costringerla al silenzio. Sorrise, tuttavia; nel suo modo delicato, lieve, senza mai mostrare troppo la dentatura candida, ma schiudendo appena le labbra e lasciando che gli occhi si piegassero un po' negli angoli, ridenti anche loro. Se l'avesse conosciuta meglio avrebbe saputo quanto chiamare per nome qualcuno fosse fin troppo intimo per lei, così abituata al "voi" e alle formalità di un tempo... Ma forse era meglio che non lo sapesse, in fondo quella situazione era già abbastanza assurda così. Si era creata una tale affinità tra loro, che Lucia si ritrovò a pensare ancora una volta che si trattasse di un sogno, una beffa... o persino un qualche arcano incantesimo. Dopotutto, la sciagura che pendeva sulla sua testa per via di quella vecchia maledizione lasciatale dall'ex di Sol, non era forse ancora attiva? Ordunque... dov'era in quel momento? La dolcezza di Adam le impediva persino di pensare a questo, dimentica dello spirito di sopravvivenza e dell'ovvia diffidenza verso gli sconosciuti che di norma chiunque avrebbe dovuto mantenere sempre. Strinse le dita intorno alle sue, a lungo, e fu solo per portare i palmi tremanti alle sue guance che si separò da quella calda stretta. Voleva baciarlo in risposta alla sua medesima voglia, ma si bloccò per un istante con le mani sulle sue guance, schiudendo le labbra a pochi centimetri dal suo viso come se volesse dire qualcosa. Arrossì. Si vergognava di non avergli confessato la verità sul proprio sesso, tanto che le venne in mente di dirglielo prima di proseguire con la loro "conoscenza", solo che... Chiuse le labbra, le schiuse di nuovo, le umettò con la lingua... emise un fiato, si ritrasse... Non ci riuscì. Anche io..., disse solo in un sospiro, prima di baciarlo di nuovo, trattenergli il viso con una mano e, con l'altra, guidare con delicatezza la sua a carezzarla di nuovo sulle natiche, verso il centro, quasi invitandolo ad approfondire l'esplorazione del suo corpo. Vigliaccamente, pensò che magari, con le luci soffuse del locale, la confusione e la posizione favorevole, se Adam si fosse concentrato solo su quel punto... ecco, sì... il suo segreto sarebbe potuto restare al sicuro. Doveva solo... solo evitare di strusciarglisi troppo addosso così come invece desiderava, cosa che infatti la spingeva a tenere le ginocchia ben salde alla panca in modo che rimanesse dritta e non potesse appoggiarsi a lui, tanto meno al suo bacino, o a... Aveva già il permesso di toccarlo? Forse persino per una così poco avvezza al trattenersi, all'approfondire le conoscenze e via discorrendo, era troppo presto per fare certe cose...
    Ok, adesso vomito... Sua madre, che li guardava ancora attraverso il proprio incantesimo, non poté che sollevare gli occhi spazientita a quella visione. Sembravano davvero... due piccioncini!!! Non certo due sconosciuti in procinto di consumare un po' di sana concupiscenza in pubblico, né tanto meno la "preda" aveva l'aria di essere tale! Nnnghhh!! Chem r-AH-bbiah... Il commento di Hazel fu pronunciato nello stesso in cui le sue dita tirarono più forte i capelli del quasi-morto ona-hole vivente verso il suo bacino e, finalmente, il sigillo del suo enorme "clitoride" si rompeva in tutta la sua prorompenza riversando diverse e copiose quantità di seme demoniaco dentro il poverino, che finalmente, solo dopo un'ennesima, lunghissima apnea, liberò spingendolo via proprio come un giocattolo usato. Paonazzo, il malcapitato cadde sul pavimento, svenuto e ricoperto di "latte" rigurgitato. Ella lo guardò a lungo, realizzò di doverlo nascondere e si guardò intorno per capire quale nascondiglio fosse più adatto. Sbuffò, poi, conscia che così non si poteva continuare...
    Devo proprio insegnarle tutto...
     
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    Che dice il Coccodrillo del Nilo | che batte la coda iridata | ... | nel tonfano, nella cascata, | ... | e sopra la sponda assolata? | «Trovato è il pasto agognato! | Trovato! Trovato!

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    Ovviamente da dietro lo specchio! Il tuo specchio...

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    Il bacio con Lucia non fu semplicemente bello, fu... folgorante. Nel momento stesso, infatti, in cui le loro labbra s'incontrarono, si sentì letteralmente attraversato da una scossa di intenso, violento e bruciante desiderio, mentre le sue mani si scoprivano ingorde e desiderose di affondare in quelle carni toniche e piene. Non avrebbe saputo spiegare il perché di un simile scoppio di desiderio, del perché si sentì improvvisamente teso e bollente ma forse la spiegazione poteva risiedere nell'assoluta perfezione di quelle labbra, della sua bocca e nel modo in cui lei reagì, non semplicemente abbandonandosi a lui ma mostrando attivamente, freneticamente il suo desiderio. L'idea di una piccina così timida, che aveva balbettato in quasi ogni frase, potesse mostrarsi così affamata, così bisognosa del suo corpo, lo aveva acceso come se fosse un cerino. E poi, forse, c'era dell'altro... ma per definirlo, esprimerlo, avrebbe forse dovuto scomodare concetti come le "affinità elettive" e peggio ancora e non ne aveva voglia. Non voleva pensare a quanto, con tutte le dovute differenze del caso, le loro due anime sembravano assomigliarsi, a quanto gli venisse semplice comprendere le emozioni della piccina e di come, allo stesso modo, sentiva che lei avrebbe compreso le sue. Non voleva pensarci perché non voleva scoprirsi spaventato da questa inaspettata vicinanza, dal fatto che pur non sapendo nulla di lei e lei di lui, sentiva che ne aveva colto l'intima essenza. Voleva soltanto godersi quel bacio e quell'ondata di desiderio che agitava entrambi, mentre la sua memoria strappava al folle corso del tempo i dettagli della loro danza, il sapore della sua bocca, il calore e la morbidezza delle sue labbra.
    Adam non sussultò nel sentirsi afferrare per i capelli e tirare con impazienza e desiderio dalla piccina, ma sfogò tra le sue labbra, mentre era impegnato a inseguire la sua lingua, un gemito roco, virile d'impazienza. Percepire così chiaramente il desiderio della piccina, infatti, aveva fatto le veci del corpo di frusta sulla groppa del cavallo, cioè aveva reso anch'egli più famelico, più impaziente e queste emozioni si specchiarono nei suoi occhi quando, molto dopo, si staccò dalle sue labbra.
    Lucia era uno spettacolo unico, con le labbra dischiuse e umide di saliva, gli occhioni stravolti di desiderio e il petto ansante soltanto perché divorata dal bisogno di averlo, di essere posseduta da lui e non da altri. Adam sperimentò la piacevole vertigine del desiderio e, prima ancora che fosse esaurita, si ritrovò nuovamente a baciarla, a stringerla a sé come se volesse annullare le loro individualità (O, più semplicemente, volesse sentire quei piccoli seni spalmarsi sui suoi pettorali gonfi e perfettamente definiti) e, ovviamente, non resistette oltre alla tentazione di afferrare quelle natiche semplicemente perfette e strizzarle come se volesse lasciargli i segni delle sue dita. Quasi ringhiò quando la sentì sussultare e poi inarcare ancora di più la schiena pur di sentire meglio le sue mani, di permettergli di affondare meglio le dita in quelle carni perfette, d'incontrare quell'intimo assolutamente perverso che accese nei suoi occhi una soddisfazione dispettosa, poiché adesso sapeva in che altro modo provocarla, prima di far scomparire una considerevole quantità di sangue verso il basso ventre e rendere il suo sguardo di nuovo ferino, di nuovo affamato.
    Se Lucia trattenne un gemito mordendosi un labbro, quando lui tornò a strizzarle i glutei sodi, lui fu costretto a reprimere al medesimo modo un ringhio affamato, riflesso della sua natura istintiva da tiranide che, in una situazione come quella, avrebbe soltanto pensato a prenderla e basta, senza pensare al fatto di trovarsi in un luogo pubblico o che c'erano ancora altre parole da dire, che valeva la pena di pronunciare. Lo represse, quindi, sia perché voleva costringersi a un maggiore controllo, sia perché temeva di spaventarla: una ragazzina così dolce, così delicata... come avrebbe potuto tollerare di essere baciata da una belva, da un mostro come lui? Di solito la sua natura di tiranide, il suo altro aspetto era qualcosa che risultava scisso o quasi dalla sua consapevolezza quotidiana, era lo scheletro nell'armadio che si dimentica persino di nascondere ma, nel venir sconvolto da quella meravigliosa piccina, sentiva che la sua natura più ferina, più istintiva aveva sussultato nel sonno, minacciando di svegliarsi. Resistere alla tentazione di baciarla ancora, soltanto per scoprire se con le labbra incollate alle sue sarebbe riuscita a trattenere l'ennesimo gemito che le avrebbe provocato, fu il primo passo per farla ritornare a un sonno profondo: ovviamente voleva godere con e di Lucia ma voleva farlo in modo controllato, calmo cosicché lei avrebbe avuto a che fare con l'adone gentile piuttosto che col mostro ringhiante.
    Un po' si sentì in colpa a celarle la sua vera natura, soprattutto dopo aver percepito così nettamente la vicinanza tra le loro anime, la fiducia che si stava intessendo tra loro e che non voleva macchiare con una menzogna... ma un'omissione era una macchia tollerabile, soprattutto se fatta a fin di bene: se l'avesse spaventata, adesso che appariva così spigliata, così a suo agio, non se lo sarebbe mai perdonato!
    Oh, Lucia, sarò ben lieto di approfondire il più possibile... qualunque cosa tu voglia. - rispose, dunque, di rimando anche lui malizioso, piacevolmente sorpreso dalla sfrontatezza della piccina che, sotto quei balbettii e quei rossori, era più arguta di quanto non si sarebbe sospettato. Le sue successiva parole cancellarono quella neonata malizia dall'espressione e dalle parole della sua piccina che, per la sua felicità, sembrò fremere e partecipare emotivamente a ogni sua rivelazione: un po', lo doveva ammettere, temeva d'incontrare in quegli occhioni l'ombra di un giudizio negativo ma, non appena ebbe pronunciato quella vaga ma sentita confessione, vedendo il suo sguardo coinvolto e dolce, si sentì immediatamente più leggero, sollevato e quando le rivolse quello strano invito sorrise con lei, intenerito dall'ilarità che l'aveva colta. Che fiore raro, Lucia! Gli venne una gran voglia di abbracciarla ancora, di coccolarla e riempirla di baci leggeri, innocenti nel vederla nascondere signorilmente il suo sorriso dietro le dita, prima comunicargli il suo assenso non soltanto stringendogli di rimando la mano ma, soprattutto, anche a parole, compiendo il piccolo miracolo di chiamarlo per nome, pur senza smettere il voi.
    Adam sorrise un po' ferino, compiaciuto come un lupo dinnanzi a un'ingenua Cappuccetto Rosso, avvicinando il volto al suo quel tanto che bastava perché potesse lambirle e carezzarle le labbra con il suo respiro: - Allora dammi tutta la tua oscurità, Lucia, voglio sprofondarci... - un sussurro che gli uscì più roco e sensuale di quanto non avesse stabilito, prima che la piccina non sciogliesse la stretta delle loro dita per portare entrambe le mani sul suo volto, di cui avrebbe potuto apprezzare la morbidezza quasi innaturale di quella pelle serica, sorpreso dalla sua presa d'iniziativa e intenerito dall'imbarazzo che le faceva tremare i palmi, tanto che le circondò la vita sottile con le sue braccia per tranquillizzarla. La piccina intendeva baciarlo, lo sapeva, eppure non lo fece subito: fermò quelle labbra terribilmente invitanti a un nulla dalle sue, eppure sufficientemente lontane per straziarlo dall'attesa, mentre sembrava cercare le parole o il coraggio per dirle qualcosa. Adam strinse un po' di più l'abbraccio e la guardò negli occhi gentile, aperto, come a volerle comunicare che, qualunque cosa gli avrebbe detto, lui non l'avrebbe giudicata; però, sebbene volesse mettere a tutti i costi a suo agio la piccina, quell'attesa di un bacio che non voleva saperne di arrivare, quelle labbra così vicine eppure così terribilmente lontane... straziavano il suo corpo di una tensione erotica che non poteva non portare a qualche conseguenza: portò, infatti, il suo corpo imponente a irrigidirsi, ai suoi muscoli scolpiti di gonfiarsi ancor di più, come a voler far esplodere quei maledetti vestiti e, soprattutto, alla sua parziale erezione di farsi ancora più grande ed evidente. Adam, dunque, trattenne il respiro quando la piccina, dopo molte esitazioni, schiuse le labbra ed espirò, ritraendosi appena, pronta a dirgli ciò che le stava costando tutto quello sforzo e che, purtroppo, rimase comunque inespresso. Intuì, infatti, che quanto gli avesse detto non fosse ciò che si agitava dentro di lei ma, sorridendo intenerito, non le disse nulla e accolse le sue labbra con gioia e passione. La boccuccia della piccina, infatti, si sarebbe trovata invasa da quella lingua bollente e abile che aveva già avuto modo di apprezzare nel recente passato, sfrenata e affamata che avrebbe trascinato la sua in una danza frenetica, assai più selvaggia delle precedenti, comunque tutt'altro che tranquille. Tale danza divenne persino più intensa quando la piccina, davvero piena di coraggio, gli portò una mano tra le sue natiche, quasi a centro, come a volerlo invitare a una stimolazione più intensa, che sfruttasse la particolarità di quelle perverse mutandine.
    Adam aprì gli occhi che aveva socchiuso e liberò tra le sue labbra un ringhio affamato, mentre con entrambe le mani andava ad afferrare quei glutei sodissimi, insinuando le lunghe dita tra i fili del suo intimo, prima di strizzarli con forza, con fame. Dopo aver gustato la consistenza unico di quel culetto meraviglioso, però, decise di essere anche lui più audace e spostò la sua mano destra sul solco di quelle meraviglie che si chiamavano natiche e, senza alcuna esitazione, portò il dito medio proprio sopra il buchino che - grazie al tavolo- poteva sapere deliziosamente roseo e stretto, stimolandolo immediatamente con abilità e sfrontatezza. Strusciò, infatti, la falange velocemente sull'orifizio, mentre con la mano sinistra le afferrava la natica destra e, strizzandola, la tirava un po', in modo da allargare il solco e, perché no, tirare lievemente anche il buchino.
    Quando si staccò dalle sue labbra, sorrideva come il lupo delle fiabe e i suoi occhi scintillavano di desiderio. - C'è una cosa che volevo dirti, sai? Queste mutandine sono incredibilmente... - nel silenzio che seguì questo sussurro bollente, aleggiò chiaramente la parola "perverse" o qualunque altro aggettivo Lucia avrebbe trovato imbarazzante ma non era la parola che Adam stava trattenendo al solo scopo di far imbarazzare e pigolare (Se la sua stimolazione al suo buchino non fosse stata sufficiente, certo) un po'. - ...deliziose. - completò con un tono che avrebbe sciolto un iceberg, prima di morderle il labbro inferiore e succhiarlo malizioso affatto, oltre che un po' "dispettoso". - Ma mai potrà essere delizioso come il tuo culo, Lucia. - aggiunse subito dopo, facendo scivolare le labbra sul suo orecchio e riversando in esso quelle parole assolutamente bollenti, volutamente esplicito e volgare perché, dannazione, vederla imbarazzarsi era semplicemente troppo bello, troppo eccitante.
    Si accorse, in effetti, di quanto fosse tremendamente, violentemente eccitato proprio quando, dopo averle sussurrato quel colorito complimento, cedette alla voglia di morderle e succhiarle il lobo, cosa che fece schizzare a mille il suo desiderio... e inturgidire violentemente il suo membro. Raggiunse la quasi piena erezione in un attimo, tanto che Adam percepì un po' di dolore e si ritrovò a sospirare direttamente nell'orecchio della piccina, prima di ansimare il suo nome: - Mh, Lucia... - premette più forte il polpastrello contro la corolla di carne del buchino, mentre la mano sinistra affondava persino le unghie nella natica che stava ghermendo senza sosta da interi minuti. - Ti voglio, Lucia... voglio tutto di te, stasera. La tua luce, la tua oscurità... il tuo piacere. - le rivelò (come se ce ne fosse stato bisogno) sempre sussurrandolo al suo orecchio, prima di ritrarre il volto e permetterle così di guardarlo in quegli occhi, sfolgoranti desiderio. - Seguimi. - un semplice sussurrò sulle sue labbra, seguito dalle sue mani che lasciavano perdere quel culo meraviglioso e si stringevano sui suoi fianchi, per sollevarla con una facilità estrema e permettere, così, a entrambi di alzarsi. Si alzò lui per primo e le porse la mano destra per aiutarla a fare altrettanto ma, se la piccina avesse accettato il suo invito, non l'avrebbe lasciata una volta alzata, bensì l'avrebbe guidata tenendola per mano verso il fondo del locale, in una meta che le sarebbe subito parsa evidente: il bagno. Purtroppo, il locale aveva la particolarità che i bagni non erano propriamente distinti per sesso o meglio, vi era una grande area comune con i lavabo e gli specchi e poi tre cabine bagno, decisamente più piccole, distinte in per uomini, donne e portatori di handicap. Ovviamente era lì che si trovava una certa conoscenza di Lucia alle prese con un non piccolo problema ma Adam non poteva saperlo e si diresse lì con la furia di chi non poteva aspettare di trovare un luogo realmente più intimo.
    Non appena avrebbero varcato la soglia dei bagni, avrebbe richiuso velocemente la porta e, se non avesse visto nulla di strano, si sarebbe fiondato su Lucia, spingendola contro il muro e baciandola come una furia, piegandosi di un bel po' con la schiena perché decisamente troppo alto rispetto a lei, mentre in un lampo le sue mani tornavano a saldarsi su quel culo magnifico per cui, probabilmente, aveva già contratto una dipendenza. - Lucia... vuoi sapere quanto ti desidero? - le soffiò bollente su quelle labbra che proprio non riusciva a non cogliere, a non martoriare di morsi e baci e, senza aspettare una sua risposta, le afferrò la mano destra e la portò direttamente sull'enorme rigonfiamento del cavallo dei suoi pantaloni, premendo delicatamente quel piccolo palmo contro l'asta ormai turgidissima, facendole percepire quanto la sua erezione, per dimensioni, avesse ben poco di umano. - E tu, invece? Quanto mi desideri? - le chiese in un sussurro, lasciando la sua mano e attendendo, con sguardo bruciante di desiderio, terribilmente cupido, la sua risposta.
     
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    Dietro di te OwO

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    Più le effusioni aumentavano, più i loro corpi si avvicinavano, strusciandosi l'un l'altro, maggiormente Lucia sentiva montare il desiderio e l'attrazione per Adam. Quando arrivò ad approfondire le attenzioni tra i suoi glutei, le sembrò che sarebbe svenuta per il piacere e la voglia... Aveva così tanto bisogno di sentire quelle dita dentro di sé, che se il suo culetto fosse stato un'intimità femminile, a quell'ora le avrebbe ingoiate per intero tale sarebbe stato il loro grado di lubrificazione e desiderio. Adam avrebbe potuto capire e sentire quanto Lucia lo desiderasse semplicemente da quanto pulsava il suo buchino. La giovane aveva un sedere decisamente tonico, sodo, ma anche morbido e generoso, sicuramente la parte del suo fisico ad attirare più sguardi e angherie, ma ciò che lo caratterizzava non era solamente l'aspetto, bensì anche la consistenza dell'anfratto in sé. Con tutti i secoli di stupri e indicibili perversità, avrebbe dovuto trovarsi con le carni irrimediabilmente morbide, fin troppo accoglienti, rotte persino... ma così non era mai più stato da quando era di nuovo viva, per sua fortuna e soprattutto impegno. Il culetto di Lucia era morbido ma stretto, sembrava chiamare le dita del giovane mentre si schiudeva appena quando egli stesso lo tirò d'un lato, eppure mai si schiuse del tutto, bisognoso comunque di un minimo di lubrificazione e preliminari per venir violato. Seppur la giovane lo "allenasse" fin troppo spesso e in modi decisamente estremi, quasi sempre neppure per sua volontà, Lucia aveva sperimentato fin dalla tenera età umana lozioni per far sì che la sua pelle restasse elastica e non potesse spaccarsi. Inizialmente erano state droghe datele appositamente a tal scopo dai suoi aguzzini, ma in seguito aveva preso ella stessa a "rubarle", specie negli ultimi periodi di vita, nel vano tentativo di poter sopravvivere di più a ciò che evidentemente era stato pensato per ucciderla a lungo andare... cosa che poi era avvenuta. E sebbene all'Inferno non avesse avuto modo o bisogno di fare altrettanto, da quando era tornata sulla Terra si era premurata di riprodurre lozioni e creme speciali per evitare di venir irrimediabilmente rovinata proprio ora che aveva ottenuto un corpo tangibile... ed ecco il risultato. Adesso si sentiva ancora quasi come una vergine ogni qualvolta veniva toccata lì, per l'emozione, il timore, ma soprattutto l'eccitazione che ne seguiva... e ognuna di queste sensazioni venne amplificata irrimediabilmente dalla voce roca di Adam e dall'atteggiamento provocatorio che prese al solo scopo di farla imbarazzare... impresa facilissima per lui. Divenne rossa come un peperone quando prese a parlare della sua biancheria, biancheria che per altro l'aveva fatta sentire estremamente oscena fin da quando l'era venuta la malsana idea di sceglierla, e che ora la fece gemere e irrigidire dopo un ennesimo sussulto, rossa in viso... e soprattutto nuovamente balbettante. Dapprima sgranò gli occhi a quel complimento "volgare", poi fu costretta a inarcare il capo all'indietro mentre balbettava timidamente una protesta, che si concluse con un sospiro di puro piacere.
    N-non... Oh-ahn... nh-non dite certe cose, nnnh...Ahhh.
    Malgrado ciò che disse, Lucia si strinse maggiormente a lui, carezzandogli il capo e la spalla con una stretta quasi possessiva delle sue manine, che viaggiavano sul suo capo e sulla schiena mentre le leccava il lobo, procurandole brividi e spasmi in tutto il corpo, ma soprattutto docili gemiti che non sembravano affatto di protesta. Che fosse dannata..! non stava andando per nulla come aveva programmato inizialmente! Non c'era modo per lei di imporsi su Adam, quando già si trovava completamente in sua balia... Le venne in mente che avrebbe dovuto rispondere a tono, che una donna sicura di sé avrebbe pronunciato ben altre parole, e arrivò a convincersi talmente che un "S-se vi piace tanto... dovresteh... dovreste prendervelo...", le sfuggì in un sussurro incerto tra una carezza e l'altra, mentre gli occhioni rossi erano chiusi e rivolti suo malgrado verso il soffitto, cosa che non fu per molto. Di sicuro non abbastanza per riprendersi dal rossore e l'imbarazzo che la colsero subito dopo aver pronunciato simili oscenità, rendendola rossa come un pomodoro ma soprattutto disegnando sul suo viso un'espressione dagli occhi sgranati e le labbra schiuse e arricciate ritmicamente, aperte e chiuse, aperte e chiuse, alla ricerca vana di una spiegazione, delle scuse o... non sapeva neppure ella cosa. I-io, non... io... Oh. Prima ancora che potesse pronunciare lo sproloquio che sicuramente la sua mente in palla le avrebbe concesso, Adam la guardò negli occhi e annullò ogni parola, sostituendola con l'invito che impiegò diversi istanti per essere colto, come se il suo cervello fosse rallentato dall'emozione. Si lasciò dunque "spostare" come una sorta di bambolina, e in men che non si dicesse si ritrovò tremante, rossa in viso e irrimediabilmente eccitata, a tentare di camminare su dei tacchi vertiginosi (quasi inciampando più di una volta), con un'erezione in procinto di raggiungere il culmine ben nascosta sotto la gonna.
    Fu così difficile e faticoso che giunti in bagno dovette posarsi al muro subito a sinistra dell'entrata, prima con le mani poi con la schiena, per poter riprendere fiato, ansante e terribilmente vulnerabile dopo quella camminata. Proprio là, con le mani posate sulla fredda ceramica, il suo sguardo capitò distrattamente sugli specchi e lei, in quanto legata ad Hazel, non solo ricordò della presenza della madre nella stanza, iniziando a percepirla, ma vide distintamente i residui di un incantesimo spia sull'enorme specchiera del bagno. La stanza era a pianta rettangolare e così disposta: quattro enormi specchi erano posizionati alla destra dell'entrata, dietro ad altrettanti lavandini stranamente puliti e curati, mentre alla sinistra vi erano i vari bagni, ognuno chiuso da porte con serratura che per fortuna raggiungevano il pavimento, senza lasciare troppi spiragli nel basso. Lucia sospirò di sollievo dopo essersi guardata intorno allarmata, la madre doveva aver deciso di chiudersi in una delle stanze, dunque se lei rispettava il piano e faceva di tutto per evitare balbettii e smancerie, l'avrebbe in teoria tenuta a bada evitando la sua presenza... o ancor peggio il suo """aiuto""", così come lo avrebbe definito la strega. I bagni risultavano aperti sopra per permettere al sistema di ventilazione di far circolare l'aria, dunque il demone avrebbe avuto modo di sentirli... Lucia sperava che ciò bastasse per farla desistere dallo spiarli di nuovo, perché il pensiero la imbarazzava. Ma quell'imbarazzo non era niente a confronto di ciò che provò quando Adam tornò all'attacco, afferrando la sua piccola mano per portarla là dove, invero, aveva già desiderato di essere poco prima a quel tavolo appartato. Lucia sussultò a quel contatto, preda del nervosismo che l'aveva colta trovandosi sola con lui, alla luce, senza protezione alcuna per il suo segreto... ma nell'istante in cui sfiorò quella carne, le sue palpebre si fecero pesanti e per un attimo dimenticò ogni cosa, le labbra schiuse e il respiro lieve e ansante. La strinse senza pensarci, poiché aveva desiderato di chiedergli il permesso di toccarlo solo poco tempo prima, al tavolo, e ora poteva sentire la sua carne tra le dita. Finalmente! Nonostante fosse coperta dal tessuto dei pantaloni, Lucia percepiva quanto fosse calda, venosa e pulsante, ma soprattutto enorme, sentendosi in qualche modo incredibilmente potente e soddisfatta per aver procurato una simile reazione proprio a lui. Non si aspettava simili dimensioni, ma in fondo da un uomo così bello e perfetto, forse era normale che anche quel particolare fosse semplicemente sublime. Era troppo presa per pensare a quanto fosse strano trovare dimensioni quasi (quasi) degne di Faust in un umano... e forse fu un bene non domandarselo, perché le permise di godersi ogni cosa. Lo accarezzò per buona parte della sua lunghezza con le dita, tastandone la consistenza e mugolando appena, salvo poi gemere quando lui la afferrò nuovamente e prese a palparla. Senza quasi pensarci, si appoggiò al suo petto con la mano libera, mentre continuava ad accarezzargli il sesso, usando lui come appoggio per non perdere l'equilibrio sui bei tacchi che in quel momento la rendevano ancora più vulnerabile. Adam era molto più alto di lei, quasi quanto Thresh in verità, e trovarsi faccia a faccia in posizione eretta davanti a lui era decisamente diverso dallo stare seduti su un tavolo, la faceva sentire molto più piccola e soprattutto suo malgrado molto più timida... specie perché gli arrivava a malapena ad altezza del petto. Aveva un profumo divino... e tutte quelle sensazioni fecero sì che ella ci mettesse un bel po' prima di tornare pensare alla situazione tragica in cui era incappata. Quando però egli chiese quanto anche lei lo desiderasse, la sua intimità ebbe uno spasmo che sperò vivamente non si fosse visto sotto la gonna, e lei ricordò ogni cosa. Eccola, molto prima di quanto avesse sperato, il momento della verità era giunto... non poteva più fingere. Alla luce, completamente soli... non aveva più scelta o vie di fuga: doveva dirglielo. Sospirò silenziosamente, così sconsolata e afflitta che abbassò il capo e la manina che prima lo aveva studiato con tanta brama cadde priva di forze. Scosse il viso. Doveva almeno guardarlo in faccia, glielo doveva. Prendendo tutto il coraggio di cui era capace, Lucia sollevò lo sguardo per parlargli. Nei suoi occhi egli avrebbe potuto scorgere il desiderio estremo, ma anche la profonda tristezza per ciò che ella pensava sarebbe giunto dopo la confessione che si apprestava a fare.
    Io vi desidero immensamente... non s-sapete quanto, Adam. Tuttavia d-devo dirvi... devo dirvi una cosa.
    Le manine di Lucia afferrarono la sua mano, così grande che se avesse voluto lui avrebbe potuto stringergliele insieme in un unico palmo, e piano piano la guidarono verso il suo corpo, tremando via via più freneticamente. Pensando che probabilmente sarebbe stato l'ultimo contatto fra loro, Lucia si concesse almeno che fosse lungo: partì dalle guance, su cui si posò il dorso della sua mano e vi spinse il viso d'un lato come una micina in preda alle fusa e bisognosa di carezze, soffermandosi un istante per posarvi un bacio leggero, quasi un lieve tocco di lingua, passandosi poi le dita sulle labbra, e queste rimasero impigliate un istante sul labbro inferiore pieno, tirandolo leggermente in un modo che le regalò a sua insaputa un'espressione sensuale. Poi scese sul collo, intorno ad esso, tenendosi un istante le sue dita come a strozzarvisi da sola, facendo poi via via scivolare il palmo di Adam sul suo corpo, dal collo alla spalla minuta, dalla spalla ai capezzoli turgidi e bisognosi di cure, e da questi ultimi fino al pancino piatto, ai fianchi... Mentre lo guidava, iniziò a spiegare le ragioni del proprio cambio di umore, perdendo via via qualsivoglia coraggio o capacità di guardarlo in viso; seguiva piuttosto quell'enorme mano virile, guidata dalle sue dita sottili.
    M-m-mi dispiace, s-sono così mortificata per non aver avuto il coraggio di confessarvelo prima... m-ma siete stato così gentile con me, ed è giusto che i-io sia sincera con voi. Inghiottì a vuoto la saliva che le ostruiva la gola, tanto quanto la sua paura di confessare. Ma doveva. Ebbene... Dovete sapere che io... Se anche la sua vocina soave partì in quarta, resa quasi acuta per il nervosismo, via via andò abbassandosi fino a divenire poco più che un sussurro impercettibile. I-io...non sono... Non sono...
    Prese un respiro profondo, fissandosi a quel punto sul petto di Adam come se fosse un mare in cui nascondersi, poiché l'era impossibile fare lo stesso con i suoi occhi. E infine, dopo interminabili secondi di indecisione, buttò fuori la verità con un sospiro, come se fosse il finale di quel profondo, lungo respiro con cui aveva iniziato: con urgenza, premura, qualcosa di cui liberarsi in una volta sola per non fare troppo male, un po' come un cerotto da strappare via.
    ... N-non sono una ragazza vera. Mi dispiace... Le sue mani arrivarono alla fine della corsa, guidando quella enorme e virile di lui sulla sua gonna, ad altezza del pube, là dove timida, minuta, ma non per questo meno fremente o piena di vita, giaceva la sua intimità maschile, tremante di desiderio per lui. Lucia chiuse gli occhi umidi, le lacrime che ormai tremolavano ai lati esterni delle palpebre, incapace di guardare mentre tratteneva letteralmente il respiro in attesa del rifiuto che, era certa, sarebbe venuto. Lasciò la sua mano, comprensiva se l'avesse voluta staccare da lei con velocità, proprio mentre pronunciava impercettibilmente quel "mi dispiace", così sottile che le sue labbra parvero muoversi senza produrre suoni. Era sicura che sarebbe andato via, o magari nel migliore dei casi -elegantemente- avrebbe trovato le parole più cortesi per liquidarla. Solo che, a differenza di altre volte, non vi era solo disperazione in quell'attesa, tristezza o vergogna nel suo animo... bensì una strana e inquietante consapevolezza che si fece strada nel suo petto al pensiero di rinunciare, a lui e a quello che doveva essere il suo riscatto; qualcosa di oscuro, insidioso... e forse persino crudele. Lei... era davvero disposta a lasciarlo andare? Perché sentiva che era troppo tardi. Sentiva di essere disposta davvero a tutto per averlo, e l'energia che accese le sue iridi rosse di una potente luce lussuriosa sotto quelle lunghe ciglia bionde... nascondeva una punta di sadico desiderio che non l'era mai capitato di provare... e che la spaventò a morte.
    Per quanto riguardava Hazel, invece...

    Alcuni minuti prima

    Hazel stava giusto finendo di "occultare" il non-cadavere del poverino, di cui sinceramente aveva scordato il nome. Lo aveva posizionato a braghe calate sul water, aprendogliele leggermente e posizionandolo in modo che paresse semplicemente svenuto per un malore, cercando di pulire alla bene meglio con della carta igienica tutto il seme che lo aveva imbrattato, buttando il tutto nel gabinetto senza tirare lo sciacquone, chissà, magari rendeva il tutto più credibile... Peccato che, proprio mentre si rendeva conto che l'odore del suo seme asciutto stava diventando troppo forte, che il piccolissimo ambiente del bagno in cui si era chiusa si stava riempendo di odore di sesso, e che il poverino svenuto cominciava a mugugnare qualcosa nel "sonno"... ecco che, proprio a un passo dall'uscire da quella stessa porta, sentì la voce di Adam e percepì la presenza di Lucia, maledicendosi per non aver tenuto d'occhio lo specchio. Con uno sbuffo silenzioso e sollevando gli occhi al cielo, si richiuse la porta davanti senza neppure toccarla, con un semplice movimento delle dita da vera strega e, voltandosi, vi si appoggiò sopra con la schiena, fissando ciò che aveva davanti: un povero sfigato innocente che aveva avuto l'unico peccato quella sera di scegliere proprio lei tra tutte. Come biasimarlo, del resto? Quel locale doveva vederne davvero poche di demonesse giunoniche come lei. Le dispiaceva quasi per quel poverino, in effetti. Ripensandoci, forse... dopo veramente pochi attivi di pensiero, con ben poca grazia o premura, similmente alla porta spostò il tizio facendolo cadere sul pavimento sporco in un rumore umidiccio dato dal seme che ne accolse la caduta e, fatto ciò, dopo aver abbassato la tavoletta di quell'orinatoio moderno, vi si sedette lei, gambe incrociate con tanto di tacco intento a picchiettare per lo scontento sulle mattonelle umide. Sbuffò, posandosi il gomito sulla coscia inarcata e il palmo sulla guancia che di rimando si distorse, donandole un'espressione imbronciata quasi comica. Stette in ascolto, speranzosa di sentire meno azione di quanta preannunciassero i loro discorsi. Non voleva stare lì per ore... del resto non avrebbe mai potuto interrompere Lucia proprio ora che si dava da fare! A meno che non fosse servito, certo...
     
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    Che dice il Coccodrillo del Nilo | che batte la coda iridata | ... | nel tonfano, nella cascata, | ... | e sopra la sponda assolata? | «Trovato è il pasto agognato! | Trovato! Trovato!

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    Ovviamente da dietro lo specchio! Il tuo specchio...

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    Le mani di Adam si persero in un attimo tra quelle forme paradisiache, talmente tanto perfette che l'uomo si ritrovò a trattenere per un attimo il respiro quando ne percepì tutta la straordinaria morbidezza. Come faceva una piccina così minuta ad avere un culo simile? I suoi glutei non erano semplicemente sodi e ben modellati, erano pieni e gonfi come frutti maturi, invitanti allo stesso modo, oltre che dotati di una consistenza semplicemente unica: le sue dita lunghe e affusolate affondavano quasi completamente in essi, facendo quasi "strabordare" la carne tra le varie falangi eppure, non appena le spostava, quel culetto mostrava una tonicità straordinaria, ritornando perfetto e meraviglioso come sempre. Si accorse ben presto che sarebbe potuto diventare dipendente ben presto di un simile prodigio e che, senza alcuno sforzo, avrebbe potuto trascorrere l'intera nottata a palparle quella meraviglia, pizzicandolo, schiaffeggiandolo e adorandolo in ogni maniera che gli suggeriva il desiderio e l'ammirazione.
    Se, però, i glutei erano la perfezione, il buchino che celavano era, semplicemente, miracoloso: si aspettava una corolla di carne accogliente, forse anche esperta ma non poteva immaginare di sfiorare e poi toccare un tale splendore; l'ano di Lucia, infatti, non era semplicemente morbido, caldo e straordinariamente reattivo alle sue carezze, tanto da fremere e pulsare direttamente a contatto con i suoi polpastrelli ma era anche inaspettatamente stretto, restio a modellarsi secondo il suo volere. Dovette tirare con forza una natica per poterlo sentire schiudersi appena, prima di pulsare deliziosamente gonfio ed eccitato. Non poté evitare in alcun modo di pensare a come sarebbe stato violarlo con le dita... o con altro; sembrava così deliziosamente stretta, gli avrebbe fatto un po' male? Lo avrebbe fatto sentire stritolato tra quelle carni di certo roventi oppure, una volta superate le resistenze iniziali, si sarebbe avvolta attorno a lui con vellutata morbidezza? Socchiuse gli occhi e sospirò eccitato oltre ogni misura, mentre la sua enorme verga veniva straziata da pulsazioni spasmodiche e impazienti, come se volesse strappare la sua prigione di stoffa per provarlo subito quel meraviglioso culetto e, non riuscendoci, prese a lacrimare il suo desiderio dalla punta.
    La sensazione di costrizione e di umido che ormai caratterizzava il suo bassoventre era straziante ma, con uno sforzo di volontà, s'impose pazienza e si godette i sospiri, i fremiti e l'eccitazione di Lucia. Era meravigliosamente sensibile e lui avrebbe continuato a stimolarle il culo e l'ano tutta la notte, anche soltanto per sentirla trasformare una parola non completamente pronunciata in un gemito, per vederla socchiudere gli occhi e tremare tutta mentre pigolava il suo piacere. Più di tutto questo, però, fu ancora più piacevole vederla sgranare gli occhi alla sua volgarità, mentre arrossiva e reclinava un po' il capo all'indietro, troppo presa dalle stimolazioni che stava dedicando al suo corpicino per potersi lasciare travolgere completamente dall'imbarazzo. Sorrise nel vederla balbettare un lieve rimprovero o, meglio, una pudica preghiera... e il suo sorriso si allargò in un ghigno quasi ferino nel sentirla terminare la farse con un sospiro eccitato, saturo di desiderio. Non fu nulla, però, rispetto al brivido che gli corse per la schiena quando Lucia, appena pochi attimi dopo, forse scoprendo nella sua eccitazione un po' di sfrontatezza, lo invitò a prendersi il culo che lodato. Adam la guardò sorpreso ma, pochi istanti dopo, la sorpresa divenne compiacimento e, infine, violenta, profonda, esplosiva eccitazione.
    Oh, lo prenderò, Lucia... lo prenderò tutta la notte. Non puoi nemmeno immaginare quanto e come ti scoperò... - soffiò su quelle labbra schiuse alla ricerca di scuse assolutamente non necessarie, più bollente del respiro di un drago, più volgare e osceno di quanto non fosse stato prima. Adam non era un uomo volgare, né amava ricorrere al turpiloquio ma, da quanto aveva incontrato Hilda, era come se un lato di sé, bestiale e feroce, si fosse risvegliato e che, in momenti simili, prendeva progressivamente il controllo con gli esisti che Lucia poteva vedere e, soprattutto, sentire. Non appena, infatti, ebbe pronunciato parole simili, il suo cazzo pulsò e lacrimò altro desiderio proprio come prima, disperato più che impaziente, mentre nella testa di Adam fiorivano mille immagini di una Lucia posseduta, violata da lui, con il suo buchino oscenamente dilatato e totalmente affogato nel suo sperma. Non durarono che un attimo ma il corpo possente dell'ex homunculus s'irrigidì, contraendo ogni singolo muscolo mentre la sua pelle si velava di un sudore bollente e i suoi occhi, per un attimo chiusi, si riaprivano fiammeggianti di cupido desiderio. Premette con più forza il polpastrello sul buchino di Lucia, come se volesse violarlo così, di colpo ma si fermò un attimo prima che si schiudesse sotto la sua forza.
    Non poteva più aspettare, si sentiva andare a fuoco, la camicia e i pantaloni incollati alla sua pelle per via del sudore, il suo cazzo sul punto di esplodere: la invitò a seguirla nei bagni e Lucia, forse non meno impaziente di lui, acconsentì. La sentì procedere incerta dietro di lui, come se non riuscisse a camminare bene su quei tacchi tanto alti quanto eccitanti, cosa che stonava con la grazia che la piccina aveva dimostrato di possedere all'inizio della loro conoscenza... ma che era spiegabile con il turbamento, la tensione che la loro reciproca attrazione le aveva infuso. L'idea che alla piccina girasse letteralmente la testa a causa sua era ben più che deliziosa o lusinghiera, era dannatamente eccitante e quando, finalmente, raggiunsero la fragile e relativa intimità dei bagni, non le poté concedere neppure un attimo di riposo. Vederla lì, ansante e bellissima, così minuta, così vulnerabile ed eccitata fece esplodere la fame di Adam che, senza neppure pensare a costa stava per fare, le afferrò una mano e la portò sulla sua mastodontica erezione. La piccina all'inizio sussultò, è vero, eppure un attimo dopo gli strinse il cazzo da sopra i vestiti scoprendo che la sua manina era troppo piccola per poterlo avvolgere completamente, prima di iniziare delle lente e meravigliose carezze.
    Lucia avrebbe potuto osservare il corpo imponente, scolpito di Adam tendersi e irrigidirsi, prima di sciogliersi in lievi tremiti mentre reclinava lievemente il capo all'indietro e sospirava di piacere, totalmente perso nelle sensazioni che quella manina deliziosa gli elargiva. Tutto quel corpo possente, molto più forte del suo, era letteralmente in mano sua e la verga che stava stimolando glielo comunicò pulsando violentemente, persino fremendo mentre un vero e proprio rivolo di liquido preseminale prese a sgorgare dal glande, tanto che presto si sarebbe ritrovato con una vistosa macchia al cavallo dei pantaloni, se non l'avesse arrestato in qualche modo. - Mhhggg... Lucia... - gemette, socchiudendo gli occhi e premendo istintivamente il bacino contro la sua mano, prima di afferrarle ancora una volta il culo e ritornare a stimolarlo, a palparlo con più urgenza, con più ingordigia rispetto a prima. Si sentiva follemente eccitato e consapevole che, se soltanto Lucia avrebbe premuto appena un po' di più la manina sul suo cazzo turgidissimo, lui sarebbe venuto nei pantaloni come un adolescente, lasciandolo sconvolto e fuori di sé dal desiderio. Una parte di lui, quella più ferina e lussuriosa, desiderò ardentemente che accadesse una cosa simile ma, del tutto inaspettatamente, Lucia allontanò di colpo la sua mano dalla sua verga, neppure si fosse scottata. Lui la guardò stupita attraverso i fumi del desiderio e del piacere mancato, mentre la piccina esprimeva suo malgrado tutto il dissidio interiore che doveva tormentarla.
    Di nuovo, infatti, palesò il bisogno di comunicargli qualcosa, forse la stessa cosa che non era riuscita a rivelargli poco tempo prima tanto che Adam, compresa la gravità del momento, si costrinse a togliersi la sua aria stupita, insoddisfatta e a mostrarle un'espressione attenta, aperta che voleva suggerirle comprensione senza giudizio. Lucia afferrò tra le sue la mano grande, virile di Adam per portarsela sul volto, strusciandovi le guance contro come una micetta bisognosa di coccole, gesto che fece perdere un battito al cuore di Adam che, in un attimo, si sciolse stemperando di poco l'eccitazione che lo divorava. Adam non tenne inerte la mano, la premette delicatamente contro le sue guance per rendere quella carezza più piccole e, quando arrivò alle sue labbra, rabbrividì di desiderio al percepire quel lieve bacio sui suoi polpastrelli e dovette farsi violenza pur di non fermarsi a violare con le dita quella boccuccia meravigliosa; così come dovette trattenersi dal stringere quel collo morbido con le sue dita, non certo perché voleva farle del male o spaventarla ma perché, cazzo, gli venne una voglia matta di baciarla tirandola a sé dal collo. Potrebbe sembrare paradossale ma, mai come in quel momento teso, che precedeva una qualche rivelazione penosa e triste per Lucia, Adam si sentì bruciare di desiderio: si vergognò per questo, si disse che doveva pensare a lei, a ciò che la tormentava... ma ogni fibra del suo corpo era tesa, il suo cazzo urlava letteralmente pietà dalla sua prigione di stoffa e i suoi occhi, persa la tenerezza che li aveva addolciti prima, la guardavano terribilmente affamati. Deglutì a quella discesa interminabili e quando, infine, raggiunse il suo pube trattenne il respiro, socchiudendo gli occhi per via del desiderio che lo avvampò e per la sincera apprensione che quell'attesa gli suscitava: s'irrigidì mentre la piccina tardava a dirgli la verità che le pesava sul cuore e, quando, semplicemente, gli sussurrò in preda alla vergogna e allo sconforto quella frase, non la capì e la guardò confuso, interrogativa.
    Le manine di Lucia abbandonarono la sua e lui, seguendo istintivamente il suo desiderio, scese di pochi centimetri sul pube, lì dove ci sarebbe dovuto essere il monte di Venere e vi trovò il segreto della piccina: sgranò gli occhi e la guardò, suo malgrado, sorpreso. Subito, l'eccitazione che lo stava devastando, che gli consumava il corpo ber la mente si allentò ma non per i motivi che poteva pensare Lucia ma, invece, per una grande, profonda e sincera tenerezza. Le dita che avevano appena sfiorato la piccola erezione della piccina, infatti, non fuggirono come lei aveva creduto, bensì scesero ancora e quella mano enorme, forte avvolse completamente i suoi genitali in una presa intensa e piacevole; il palmo, infatti, aderiva completamente alla piccola erezione, stimolandola per ogni suo centimetro, mentre le dita avevano coperto le piccole gonadi, in una carezza delicata ma non per questo meno eccitante. La mano libera di Adam, invece, andò a cogliere tra l'indice e il pollice il suo mento, affinché sollevasse il capo e lo guardasse negli occhi: ad attenderla avrebbe trovato un sorriso gentile, intenerito e due occhi ricolmi di dolcezza. - No, Lucia, non sei una ragazza... - le soffiò avvicinando inesorabile le labbra alle sue. - ...perché sei una donna, una meravigliosa, bellissima donna. - aggiunse bollente, con sguardo sincero, prima di annullare ogni distanza e baciarla eccitato, passionale ma anche tanto, tanto dolce. Non conosceva la storia di Lucia, quali dolorosi eventi vi fossero nel suo passato ma poteva comprendere il non sentirsi a proprio agio col proprio corpo, il non avere una chiara identità di sé... ma non le aveva detto quelle cose per pietà o perché non voleva vederla piangere: lui credeva sinceramente in quanto le aveva sussurrato. Lei era la donna più bella, eccitante e femminile che avesse mai incontrato, come poteva considerarla in maniera diversa per un simile, sciocco dettaglio? Anzi, quella piccola erezione durissima che la sua mano grande e virile continuò a stimolare con perizia per tutto il tempo del bacio, non era che un motivo di fascino maggiore, di più grande bellezza. Aveva creduto Lucia una bellissima perla bianca e, adesso, si accorse che era una superba, unica perla nera: come poteva essere deluso?
    Sei bellissima, Lucia, così tanto che quasi non riesco a credere di averti davvero tra le mie braccia, di poterti baciare come adesso. - continuò, sciogliendo quel bacio mozzafiato, mentre la mano sinistra scivolava dal suo volto alla sua mano e, afferratola, la portò di nuovo sulla sua verga, ormai stremata da un'attesa che non sarebbe stata spezzata adesso. - Lo senti? Lo senti quant'è duro il mio cazzo? E' duro grazie a te, è duro per te. Questo... - sussurrò bollente, premendo la mano destra sulla sua piccola erezione, prima di stimolarla più intensamente rispetto a prima. - ...non cambia nulla. Non cambia il desiderio che mi brucia dentro, che mi fa pulsare il cazzo ogni qual volta ti guardo, ogni qual volta sento il tuo odore, ogni qual volta ti tocco. Sei bellissima così come sei, Lucia e io voglio dimostrartelo. Fidati di me. - le chiese, leccandole il labbro inferiore, prima di inginocchiarsi davanti a lei e portate le mani sull'elastico delle sue perverse mutandine, abbassarle fino alle ginocchia. Il sesso turgida della piccina svettò immediatamente davanti ai suoi occhi, piccolo, bruno e bello proprio come aveva immaginato. Adam serrò le mani sul suo culo, palpandolo con desiderio, mentre avvicinava le labbra alla cappella esposta di quella deliziosa virilità, ben attento a guardarla il più possibile negli occhi. - Sei bellissima, Lucia... - un ultimo, bollente sussurro direttamente su quella carne sensibile, prima di dedicarle una lunga, bollente leccata: Lucia avrebbe percepito la lingua calda e morbida dell'uomo avvolgerle il glande, mentre lui vi avvicinava ulteriormente le labbra e, in un attimo, si sarebbe trovava accolta dalla sua bocca affamata che, subito, al meglio delle sue possibilità, prese a succhiarla con foga. Adam non aveva mai fatto una cosa simile, non si sentiva attratto dagli uomini e, in un'altra situazione, l'idea di succhiare il cazzo a qualcuno, in un bagno (Lui, così misofobo!) lo avrebbe persino disgustato... ma tutto questo non aveva alcuna importanza. Lucia per lui era una donna, una bellissima donna e darle piacere con la sua bocca non aveva nulla di strano o, in realtà, di perverso: dopo tutti i soprusi, dopo tutte le angherie, i rifiuti che quella povera piccina aveva subito, era suo dovere mostrarle che al mondo non c'era soltanto chi amava prendere e basta ma anche chi amava dare. E lui voleva darle l'orgasmo più intenso, più speciale, più unico della sua vita.
    Certo, proprio in virtù della sua inesperienza in tal senso, i suoi movimenti erano incerti, un po' goffi persino, ma cercava di darle tutto il piacere che poteva... e, se la piccina si fosse un minimo imposta, sarebbe di certo riuscito a farla godere intensamente. Inoltre, nel frattempo, le sue mani sul suo culo che strizzavano senza sosta, titillando sempre più rudemente il suo ano, le comunicavano che quel godimento non sarebbe stato che l'inizio.
     
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    Dietro di te OwO

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    Sentendo le parole di Lucia, Hazel si era alzata prontamente, quasi di scatto, pronta ad aprire la porta e dire quattro parole a quella benedetta ragazza... Quando avrebbe imparato ad avere un po' di autostima? Ad accettarsi per la propria natura? Certo, lei stessa sapeva che rottura fosse avere un cazzo sempre appresso e non osava immaginare come si sentisse lei, dal momento che era stata messa "nel corpo sbagliato", ma ormai erano passati secoli da quando quella verità era divenuta naturale... dunque cosa aveva ancora da frignare e preoccuparsene? Doveva imparare a sbattere quel cazzetto minuscolo in faccia alla gente a testa alta, per quel che la riguardava, e nelle gole di chi la desiderava altrettanto velocemente... ecco come la pensava la demone! Quindi, come detto era era più che pronta a tirar giù quella dannata maniglia e impartirle una delle sue lezioni, interrompendo così qualsivoglia reazione di Adam sul nascere, solo che... dovette fermarsi. Lì, con la mano bruna a mezz'aria, rimanendo per qualche istante immobile in quella posa ad ascoltare, facendo poi lentamente marcia indietro fino a risedersi sul gabinetto. La reazione dell'uomo era stata... inaspettata. Ed ella non poté che sollevare gli occhi al cielo rammentando un episodio che aveva visto dall'Inferno attraverso uno dei pochi incantesimi che era riuscita a fare lì: Thresh che rubava irrimediabilmente il cuore di Lucia facendola sentire una vera donna nonostante il sesso che aveva tra le cosce. Ecco, quello dal suo punto di vista era stato il punto di non ritorno per i sentimenti di Lucia verso lo zombie, questo perché ella -così ingenua e inesperta- non aveva la minima idea di quanti gusti e fantasie ci fossero al mondo, quante psiche diverse e variegate. Pensava che lui fosse l'UNICO, l'unico che l'avrebbe capita, l'unico che l'avrebbe mai accettata... questo perché semplicemente non aveva mai vissuto dell'altro. Hazel non aveva ancora deciso se approvasse quella relazione o meno, dal suo punto di vista non accecato dall'amore era chiaro che Faust non fosse l'ideale di uomo per sua figlia, tuttavia un alleato simile nella vita era qualcosa di così prezioso che ancora non si era pronunciata riguardo l'argomento. Forse, in futuro, avrebbero trovato l'equilibrio in quel frangente. Per quanto riguardava il presente... dove si collocava Adam in quella storia? Era certa che dopo quel giorno, fosse anche per un rapporto di sana "amicizia", Lucia lo avrebbe desiderato nella propria vita. Sospirò. Non era sicura di essere d'accordo... che noia! Adam si rivelò ancora una volta sentimentale da vomitarci, per quel che riguardava Hazel, ma non poté negare che fosse anche esattamente ciò che serviva alla sua "figlioletta" per ottenere una buona volta un minimo di fiducia in se stessa. Ecco, questo era il motivo principale per il quale fece marcia indietro... non certo per sentimentalismi vari o romanticismo, anzi, gli occhi ferini che rotearono al cielo la dicevano lunga sul suo punto di vista, ma se a Lucia serviva un'iniezione di autostima... quello era il miglior metodo per ottenerla.

    Lucia tremava, gli occhi chiusi e i pugni delicati stretti sui fianchi, incapace di guardare, toccare... di fare qualsiasi cosa che non fosse aspettare l'inevitabile rifiuto. O almeno così pensava. Aveva ancora in testa le parole oscene di Adam, le sue promesse di "scoparla", cosa che al sol pensarci ancora la imbarazzava fin troppo, e il desiderio che aveva visto nei suoi occhi... Ma lo sentì, in qualche modo, sentì che quel desiderio si spense, proprio nell'istante in cui ella guidò la sua mano sul suo più vergognoso segreto per poi abbandonarla. Dunque deglutì, occhi ben stretti come un bambino dinanzi a un film di paura, tremante proprio come lo era la sua intimità, che alla sola carezza dell'uomo sussultò eccitata, incapace di perire persino davanti alla vergogna della sua proprietaria. E poi avvenne... così com'era avvenuto quell'unica, rara volta con Faust, qualcun altro la accettò incondizionatamente, ed ella non poté che sgranare gli occhi e fissare Adam incredula, ascoltandolo senza quasi capire ciò che diceva perché sembrava tutto così assurdo... surreale. Ogni parola, ogni sillaba pronunciata, ogni sguardo, ogni contatto o carezza, tutto le fece tremare le gambe e il cuore, costringendola ad appoggiarsi al muro. Adam fu... una sorpresa. Di quelle che ti scaldano nel profondo e ti fanno venire le lacrime agli occhi che, nel suo caso, inutile dirlo fecero capolino fin troppo presto, e ancor prima si sfogarono iniziando a scivolarle lungo il visino.
    V-voi... davvero voi...
    Non sapeva cosa dire. Si ritrovò con il suo enorme fallo in mano e in risposta il suo, più minuto ma non meno eccitato, sussultò sensibilmente. Ella era un fascio di nervi tale che ogni volta che lui la sfiorava sussultava, e quando iniziò addirittura a stimolarla le sue labbra si schiusero donandole un'espressione persa, mentre la lingua penzolava leggermente fuori ad ogni respiro. Ansimava, e si ritrovò a posare le manine su quella di Adam nel vano tentativo di fermarlo, perché piangere di felicità e godere al contempo non le donavano di certo un'espressione intelligente, anzi... era a dir poco oscena. Un rivolo di saliva scivolò dalle sue labbra rosse mischiandosi alle lacrime, lacrime che non fecero che aumentare ad ognuna delle parole del giovane, silenziose ma non per questo meno sentite. E più lo guardava e lo ascoltava, più le sembrava un bellissimo sogno... Fu quasi sul punto di venire alla fine del suo discorso, non tanto per l'emozione quanto più perché, afferrandone di nuovo l'erezione, Lucia gemette, felice di poterla toccare ancora, di averla ancora tutta per sé. Non era scappato. E non lo avrebbe fatto... questo era ciò che contava. Quando Adam liberò la sua erezione lei era ancora provata dal pianto e dall'eccitazione, confusa a dir poco, e dunque tutto ciò che riuscì a rivolgergli come protesta fu un "N-nho!" appena sussurrato seguito da pochi altri lamenti, ognuno di essi per nulla credibile con la sua intimità esposta: era piccola, certo, ma ciò non sarebbe bastato a nascondere le stille di rugiada che gocciolavano dalla punta lungo l'asta mentre questa tremava, segni inequivocabili di quanto il suo corpo esigesse non solo di essere guardato, ma soprattutto toccato... Lucia chiuse gli occhi di nuovo, rossissima e imbarazzata, coprendosi alla bene e meglio con quelle manine tremanti, portandole davanti al suo sesso a palmi ben aperti, tutta imbarazzata.
    N-non guardate... I-io non... non posso...
    Non sapeva come spiegarsi. Come spiegare la vergogna, la commozione che provava. Ma quando Adam si inginocchiò fu l'imbarazzo a prevalere, spingendola a sgranare gli occhi e posargli un palmo delicato sulla fronte nel tentativo di tenerlo lontano, mentre con l'altro ancora copriva goffamente le sue vergogne.
    C-c-c-c-c-cosa f-fate? N-non c'è bisogno che voi..!!! Ahalzatevi, vi prego...
    Un deja-vu potentissimo la colse, e il pensiero di Faust non fece altro che aggiungere eccitazione e paura (dunque nuova eccitazione) a quel momento. Ricordare come anche il suo amato avesse fatto una cosa simile per lei, rendersi conto che se un adone come Adam aveva potuto accettarla, forse... forse non era così sbagliato. Forse fino a quel momento era stata lei l'unica artefice delle sue paura, del suo sentirsi perennemente inadeguata... delle sue sciagure. Si intenerì immensamente, ai ricordi ma soprattutto alla vista di quello strano sogno a occhi aperti cui stava partecipando suo malgrado, e presto la protesta con quel palmo tremante divenne una carezza, mentre le palpebre le si abbassavano nuovamente e l'espressione si faceva più intensa, gli occhi rossi che sembravano risaltare sotto le folte ciglia bionde. Due nuove lacrime, lentissime ma inesorabili, le scivolarono sulle gote mentre un sorriso dolcissimo sbocciava come un fiore proprio lì dove queste si fermarono. E insieme a essi, un'ombra, veloce, sfrecciò sotto le folte ciglia di Lucia. Una stilla di consapevolezza, di potere. Perché se Adam, uno sconosciuto così bello, perfetto come una statua, poteva reagire così a lei; se Thresh, così potente, indomabile, poteva amarla anche solo un pochino... Allora perché si era sempre nascosta? Vergognata? Umiliata?
    Io... G-grazie... grazie.
    E forse non aveva alcun senso ringraziarlo, forse sì... fatto stava che il suo cuore batteva all'impazzata e fu solo la lappata che Adam diede al suo sesso a farla fremere, gemere e strapparla da quella felicità, facendola sussultare. Era andata lì per catturare un uomo, sedurlo e farlo proprio... ma forse stava avvenendo l'esatto contrario. Di sicuro Lucia fu completamente rapita quando, sussultando, si ritrovò con gli occhi lacrimanti ma un'espressione di puro piacere in viso, cercando come poteva di allontanare la testa dell'uomo ma senza mai imporre una forza sufficiente a farlo davvero, anzi, probabilmente per come gli stropicciava i capelli, tirandoli di tanto in tanto, sembrava più un incoraggiamento che una protesta... Ormai preda del piacere, così confusa da "colpirsi da sola" se solo avesse fatto una qualche mossa diversa, Lucia pensò stupidamente che portare una coscia tornita sulla spalla di Adam, il polpaccio sodo lungo la sua schiena così come il piede cinto dalla scarpa con tacco, fosse un'ottima idea per allontanarlo maggiormente... e non certo per sembrare ancor più presa dalle sue effusioni, totalmente bisognosa di venire mentre oramai i gemiti e i sospiri si sprecavano, mannò! Lucia era sempre stata precoce nel provare piacere, grazie alla sua ipersensibilità spesso si erano approfittati di lei, ricattandola o umiliandola nei modi più disparati, ma forse Adam era uno dei pochi a poter apprezzare il suo piacere. Piacere che, inutile dirlo, non impiegò che pochi minuti ad arrivare. E forse era anche e soprattutto merito della "goffaggine" e inesperienza di Adam, perché quel particolare... quel particolare rese tutto solamente più dolce e sentito agli occhi di Lucia, rapendo il suo animo buono completamente. Proprio per questo non poteva lasciare che si sporcasse!
    Ah-ahspettate..! I-io... c-così... così mi farete... ahn! N-non posso... n-non riuscirò ah-nngh... resistere... nnnnh!
    Con le dita affondante nei lunghi capelli di Adam, non era chiaro se stesse cercando di tirarlo via o accarezzarlo e invogliarlo a fare di più. Tentò di spingerlo via, in effetti, ma al tempo stesso il suo bacino si muoveva da solo similmente a quello di una fanciulla in preda al piacere di un cunnilingus ben eseguito, quindi era parecchio difficile credere a quel debole tentativo di scacciarlo. Lei però voleva davvero farlo, spingerlo via, perché non voleva insudiciarlo con i suoi "umori" e se non si fosse staccato presto, le sarebbe stato impossibile trattenersi oltre... Provava troppo piacere, troppa eccitazione, e soprattutto per quanto "goffe" quelle attenzioni sembravano comunque troppo belle per essere vere.
    Ahhh, nnnnh-gh! S-spostatevi! S-sto per.... AHNH! Sìh, sìh, sìh... S-sìh... Mmmmh!
    Si morse le labbra a sangue per non gridare, trasformando quell'ansimare in una serie di gemiti e sospiri assolutamente femminili e sentiti. Preda del piacere sussurrò delle suppliche sconnesse mentre l'apice si avvicinava e, quando lo raggiunse, che Adam si fosse spostato o meno le sue dita avrebbero stretto fortissimo i suoi capelli dopo averli spettinati in preda al piacere, e se avesse sollevato lo sguardo avrebbe trovato l'espressione di Lucia dapprima deliziosamente sconvolta, le lacrime che ancora le solcavano le gote, poi rivoltata verso l'alto in una supplica di piacere rivolta solamente a lui ma che, data la posizione, sembrò una vera e propria preghiera verso qualche divinità nel cielo, probabilmente per ringraziarla di tanto piacere. E dopo, ancora ansante, rossa, con l'intimità ancora pulsante e gocciolante e gli occhi pregni di piacere, avrebbe abbassato il viso imbarazzato verso di lui, dapprima leccandosi le labbra distrattamente, là dove prima si era morsa e qualche goccia scarlatta scivolava piano, completamente persa e languida, poi sgranando leggermente gli occhi stanchi mentre gli lasciava la testa quasi di scatto, come se si fosse scottata, sollevando le manine verso la propria testa, con i palmi rivolti verso di lui come se dovesse mostrare a qualcuno di essere disarmata e "innocente". Lo guardò in viso, lei era rossa come un peperone e sperava vivamente di non trovarlo... sporco di lei. Ne sarebbe morta! Si sentiva già terribilmente dispiaciuta!
    M-mi dispiace! I-io... oh cielo... che imbarazzo..! S-scusatemi...
    Il primo istinto sarebbe stato quello di chinarsi verso di lui e pulirlo come poteva, asciugandogli le labbra con le dita sottili e guardandolo negli occhi, ancora provata, quindi se Adam non glielo avesse impedito si sarebbe chinava a pulirlo... e presto quel tentativo di pulizia si sarebbe trasformato in un nuovo, sentitissimo bacio. Lasciate che vi pulisca... Arrossì. Era suonata terribilmente oscena, non è vero? E non poté che guardare in basso verso di lui pensando di riferirsi a ben altro rispetto al suo viso o i suoi vestiti. Si leccò le labbra, sovrappensiero, talmente che piuttosto che porgli una domanda, chiedere il permesso, proseguì con l'imperativo...
    L-lasciate che... ricambi.
     
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    Che dice il Coccodrillo del Nilo | che batte la coda iridata | ... | nel tonfano, nella cascata, | ... | e sopra la sponda assolata? | «Trovato è il pasto agognato! | Trovato! Trovato!

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    Lucia stava dinnanzi a lui tesa e tremante, con gli occhi chiusi come chi aspetta lo sparo del plotone d'esecuzione, come chi attende l'ascia del boia precipitare sul proprio collo a spiccargli la testa dal corpo. Attendeva la reazione alla sua rivelazione e già si credeva colpevole, già si sentiva condannata: Adam comprese bene quali e quanti soprusi doveva aver subito quella povera piccina, a quali vessazioni era stata costretta, perché un animo così dolce e così insicuro, un animo che così facilmente si sentiva colpevole e attendeva tanto tremante la condanna altrui, era un animo che donava tanto, troppo potere ai meschini, ai mediocri, ai crudeli. Adam si sentì sciogliere dalla tenerezza e per un attimo ebbe soltanto voglia di abbracciarla, di riempirla di baci e portarla a casa sua soltanto per dormire assieme castamente, abbracciati, dimentico del turgore del suo cazzo, dimentico del desiderio che gli consumava l'anima e gli incendiava il corpo.
    Eppure, quando arrivò a un nulla dal sollevare le braccia per cingerla delicatamente, la dolce Lucia sussultò e gemette languida dal piacere, mentre grossi lacrimoni di felicità si affacciavano e alla fine precipitavano dai suoi occhi, con quel suo delizioso corpicino - fino a un attimo prima contratto e avvelenato dalla paura- che adesso fremeva eccitato, deliziosamente reattivo e sensibile. Le sensazioni, le emozioni di Adam ebbero un così brusco cambiamento che quasi si sentì confuso, mentre il calore che fino a un attimo prima ne aveva sciolto il cuore, adesso stava andando a temprare il suo cazzo, facendolo diventare più turgido che mai: come poteva non sentirsi terribilmente eccitato, spaventosamente bisognoso di baciare, palpare, scopare quella piccina se lei lo guardava in quel modo? Se, nel bel mezzo di quel pianto sommesso e gioioso, del sorriso che illuminava il volto prima funereo, lei inseriva quell'espressione così meravigliosamente perversa, quella lingua persa e penzolante, quei pigolii semplicemente osceni? Le tempie di Adam pulsarono come se qualcuno gli avesse dato una martellata, mentre il suo cazzo venne straziato da veri e propri spasmi di desiderio, come se l'eccitazione folle, violentissima che lo aveva appena invaso lo stesse trascinando a forza in un orgasmo.
    Mhhh... - trattenne il respiro in un verso aspirato, quasi ferino mentre sgranava gli occhi che si fissarono rapaci su quel rivolo si saliva che andò a mischiarsi con i rivoli delle sue lacrime: non poté resistere oltre, non poté fermarsi in alcun modo: la mano con cui la stava masturbando divenne quasi brutale, accelerando di colpo e intensificando violentemente le stimolazioni che stava dedicando alla sua piccola, mentre l'altra andò ad artigliare quel culo che continuava a essere il chiodo fisso, il fulcro del desiderio di Adam e la sua bocca, con la foga di assetato, si gettava a leccare con ampie passate di lingua quel rivolo perverso. Sospirò di vero e proprio piacere, di soddisfazione, quasi appagamento carnale quando finalmente lo ebbe assaporato, prima di andare a dissetarsi con gli altri che inondavano le gote della piccina, gote che leccò e quasi succhiò con violenza. Il semplice riconoscere in quelle gocce il sapore dolce della sua saliva e quello salato delle sue lacrime gli fece girare la testa e pulsare il cazzo come se stesse per venire, tanto che spinse istintivamente il bacino contro la manina di Lucia per strappare quanto più piacere possibile, quasi come se fosse un verginello sovreccitato.
    Davvero... mhh... voglio scoparti davvero, Lucia... - sussurrò con voce roca, bollente direttamente al suo orecchio mentre, quasi violentemente, il suo corpo imponente si tendeva dalla fame e dall'impazienza. Forse non era la risposta più adeguata ai balbettii della piccina ma ormai l'ex homunculus non era più in grado di riflettere come prima, la sua mente era letteralmente ebbra dalla lussuria, l'unico motivo per cui non l'aveva fatta voltare e non l'aveva posseduta subito, brutalmente era perché la tenerezza che gli aveva sciolto il cuore ancora albergava in lui, ancora lo guidava e ne addolciva in parte le decisioni e le reazioni.
    Non si era mai sentito in quel modo, non si era mai sentito così follemente eccitato eppure lucido per quel tanto che bastava per sentirsi bruciare affetto, dolcezza verso colei che aveva acceso il suo desiderio. S'inginocchiò quasi di fretta, mentre le abbassava senza alcuna indecisione le mutandine, ritrovandosi a sorridere a metà tra l'intenerito e il ferino nel vederla imbarazzatissima, tentare di coprirsi con le manine la sua piccola erezione turgidissima. Fu bellissimo accorgersi come la dualità desiderio-tenerezza che lo stava sconvolgendo non era aliena dall'animo della piccina, anch'ella dilaniata tra l'imbarazzo, la vergogna e il bisogno violento, ferale quasi di godere. Il sorriso divenne più largo nel percepire una manina cercare di trattenerlo per la fronte mentre l'altra rimaneva a coprire le sue "vergogne", in ogni caso lui non se ne lasciò impensierire: ignorò la manina sulla sua fronte e afferrò quasi con dolcezza l'altra, posandole un intenso, sentito bacio sul dorso per poi scostarla e, finalmente, vedere quel meraviglioso cazzetto. I maschi non lo eccitavano, tanto meno il sesso maschile eppure, nel vedere quell'erezione minuta così assurdamente dura, gocciolante desiderio... gli corse un brivido di desiderio lungo la schiena. Catturò la cappella della piccina quasi con foga, con appetito tra le sue labbra, mentre sottili rivoli del suo desiderio gli finivano sulla lingua e lui decideva che erano semplicemente deliziosi. A trasformare, però, quelle prime, curiose leccate in una stimolazione orale intensa e quasi famelica, ci pensò Lucia che, guardandolo sorridente e in lacrime, gli pigolò un ringraziamento così dolce, così sincero da fargli sgranare gli occhi e farlo fremere d'impazienza.
    Non le rispose, dato che gli risultava impensabile staccarsi da quel delizioso cazzetto e perché, soprattutto, credeva che la migliore risposta fosse proprio quella: farla godere di più. Le mani di Lucia erano ancora sui suoi capelli morbidi e non facevano altro che stropicciarli e tirarli, come se la piccina ancora sapesse decidersi sul da farsi, se cioè allontanare o avvicinare a sé quelle labbra bollenti. Poco dopo, però, fu evidente che il corpo della giovane scelse per lei: sollevò, infatti, una gamba e appoggiò la coscia sulla spalla larga e forte di Adam, il quale, a sentire il polpaccio e il tacco della piccina premere sulla sua schiena, fremette e sospirò ferino, eccitato oltre ogni possibile immaginazione. Questo si rifletté sui movimenti della sua bocca che da impacciati divennero feroci, bollenti, mentre con le mani le artigliava il culo e le stimolava violentemente l'ano, pur senza penetrarlo. Lucia non sarebbe riuscita a toglierselo di dosso nemmeno se avesse usato tutta la sua forza, tanto era eccitato e tanto desiderava bere il suo orgasmo: per quanto incredibile potesse sembrare, infatti, non gli importava più nulla del fatto che fosse sperma, non pensava neppure che quello sarebbe stato il primo orgasmo maschile che si sarebbe sfogato nella sua bocca, perché gli importava soltanto di sentirla godere, di sentirla gridare. La furia con cui la sua bocca succhiò quel cazzetto turgidissimo, con cui la sua lingua lo stimolò violentemente e il modo in cui il suo di cazzo prese a fremere praticamente all'unisono con esso, erano tutte chiare prove che indicavano che Adam avesse smesso completamente di pensare e che fosse il suo desiderio, la sua lussuria a controllarlo.
    Lucia non gridò, purtroppo, ma anche se cercò di trattenersi il più possibili i gemiti furono così chiari, intensi e pregni di piacere che Adam non si sbottonò i pantaloni e non prese a masturbarsi mentre la faceva godere soltanto perché lo colse di sorpresa, venendo prima di quanto lui si aspettasse. Socchiuse gli occhi e spinse ancora più a fondo nella sua bocca quel cazzetto in pieno orgasmo, accogliendo il piacere della piccina con un verso roco, soddisfatto. Assaporò come ubriaco quel seme bollente, trovandolo assolutamente delizioso, quasi dolce mentre la piccina si chinava su di lui mortificata, rossa dalla vergogna. Sentì le sue dita sulle sue labbra e fu soltanto allora che riaprì gli occhi, mostrando uno sguardo di liquido desiderio, ancora confuso da tutte le sensazioni di cui era stato preda il suo corpo e col cazzo che gli ruggiva nei pantaloni, incapace di reagire alle attenzioni di Lucia. Ebbe appena il tempo di pensare che sarebbe stato bello catturare tra le sue labbra le dita di Lucia e succhiarle ma, improvvisamente, si ritrovò le labbra di Lucia sulle sue e semplicemente non poté fare altro che abbandonarsi a quel bacio così incredibilmente perverso, in cui Lucia avrebbe saggiato il suo stesso sapore, mischiato a quello della bocca di Adam.
    L'ex homunculus la stava ancora guardando ebbro e distante quando la piccina gli sussurrò quelle due frasi e... semplicemente, si risvegliò. Ma non si risvegliò l'Adam dolce, sentimentale bensì quello terribilmente eccitato, quello straordinariamente affamato: le rivolse uno sguardo ferino, vorace e l'attirò a sé, costringendola ad inginocchiarsi insieme a lui mentre la baciava fuori di sé dal desiderio, strizzandole con tale furia il culo che, di certo, le avrebbe lasciato i segni a fine serata. Fu un bacio quasi feroce, in cui la lingua di Adam, ancora impregnata del sapore, dell'essenza di Lucia, la violò e spadroneggiò nella sua bocca con rude desiderio, mentre il vaso della pazienza di Adam finiva in frantumi. - Lucia... - sussurrò appena, roco e con gli occhi urlanti lussuria. Si alzò e, proprio come la piccina poteva aspettarsi, si sbottonò di tutta fretta i pantaloni e li calò assieme ai boxer, scoprendo così allo sguardo della piccina le sue gambe muscolose, perfettamente definite e, soprattutto, il suo enorme cazzo eretto, assurdamente duro e con tutte le vene gonfie, che lo sconquassavano a ogni violenta pulsazione. Anche la sua virilità rispecchiava la perfezione del suo corpo, pallida, perfettamente dritta e priva di qualsivoglia pelo e imperfezione; le uniche cose fuori norma erano le sue dimensioni, sia nella lunghezza che nella larghezza, tanto che la piccina avrebbe avuto bisogno di entrambe le mani per cingere tutta la sua circonferenza.
    Dammi... dammi il pompino migliore della mia vita, Lucia... - la voce di Adam squarciò il silenzio carico di tensione sessuale che si era venuto a creare tra loro e lo fece con un comando roco, osceno, guardandola dall'altro con occhi fuori di sé dal desiderio, prima di posare la grande mano destra sulla sua testolina e carezzarle con impazienza i capelli morbidi. - E poi... vieni di nuovo a baciarmi. - aggiunse, in un sussurro che era un concentrato di sensualità e lussuria, prima che il suo cazzo fremesse come se fosse in procinto di esplodere e dalla larga uretra zampillassero qualche rivolo di liquido preseminale: Adam era allo stremo, come Lucia avrebbe potuto notare da come respirasse affannato, con il corpo imponente teso e contratto, completamente nelle sue mani... anche se non ancora nella sua bocca, purtroppo.
     
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    Dietro di te OwO

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    Lucia non poté credere a ciò che stava succedendo. Non solo perché Adam si prese cura della sua intimità come se fosse quella di una donna, senza alcun ripensamento, cedimento o dubbio, anzi, ella poté godersi le sue espressioni perse, la sua eccitazione ben visibile anche attraverso la patta dei pantaloni (specie perché era mastodontica), nonché tutta la passione, il desiderio... e anche, assurdo dirlo, un po' di affetto. Non sapeva spiegarlo, ma si sentì coccolata quasi, come se l'uomo stesse provando a lavar via tutti i secoli di angherie che aveva subito. Se solo lui ne avesse conosciute anche solamente alcune, sicuramente avrebbe capito che niente avrebbe potuto cancellarle, il suo corpo non sarebbe mai tornato normale, la sensibilità eccessiva sarebbe rimasta, l'eccitazione facile, il bisogno di essere maltrattato almeno un pochino... Però, la sua mente non si era mai spezzata. Lei aveva ancora una volontà propria, risvegliata ancor meglio di recente, e finché quella restava... allora forse, solo forse, una possibilità di essere felice e soddisfatta di se stessa... prima o poi sarebbe giunta. Mentre Adam la accarezzava in quel modo, mentre la baciava, la toccava, e soprattutto quando iniziò a leccarla... non poté che sentirsi un pochino entusiasta. Imbarazzata, certo... da morire, anzi; così rossa che un pomodoro a confronto sarebbe parso pallido all'occhio altrui. Eppure... era commossa. A parte Thresh non si era mai sentita tanto bene, e con lui vi era sempre stata una punta di terrore costante che aveva accompagnato la bramosia perversa, l'amore corrotto, e tutte le potenti emozioni che lo zombie le aveva fatto portare. Con Adam non c'era niente di tutto quel terrore. C'era la voglia di succhiargli la lingua e baciargli ogni centimetro di corpo, la voglia di scambiarsi reciproco piacere e -da parte del corpo di Lucia- forse persino la voglia di essere maltrattata un pochino, ma non c'era paura, non ci fu neppure quando lui le strinse leggermente il collo, incoraggiato da lei, ottenendo in risposta un brivido che la sconquassò fin nel profondo. Sentirlo parlare sporco aggiungeva solo nuovi brividi, un po' di colore in tutta la luce che quello splendido uomo rappresentava per lei. Il buio era tutto ciò che Lucia aveva sempre conosciuto. Anche Thresh, sebbene per lei rappresentasse una lanterna ben accesa in mezzo all'infelicità, era comunque oscuro, cupo... Adam invece, con la sua gentilezza, con la sua bellezza infinitamente superiore a qualsiasi creatura ella avesse mai conosciuto... era pura luce. Sembrava quasi un angelo ai suoi occhi, e benché ella si sarebbe dovuta sentire sporca in confronto a lui, grigia, stava decisamente troppo bene per pensarci. L'unica pecca in tutto ciò, era che ovviamente non stava facendo alcun progresso nel prendere in mano la situazione... lo disse il modo in cui tremò, completamente persa quando lui la bacio, o ancora come sgranò gli occhioni e quasi pianse di nuovo nel venir baciata con il suo sapore dentro la bocca virile del giovane. Non aveva sprecato neppure una goccia del suo orgasmo, lo aveva bevuto fino in fondo facendole venire le lacrime agli occhi ma soprattutto imbarazzandola talmente che era stata costretta a portare le manine a coprirsi il viso mentre veniva, mugolava e tratteneva a malapena gemiti via via più acuti che sarebbero sicuramente sfociati in gridolini sentiti se ella non avesse avuto troppo timore che terzi la sentissero. Per tutti questi motivi, un po' per ringraziarlo, un po' perché via via ogni vergogna la stava abbandonando lasciando spazio a una specie di sicurezza crescente, Lucia baciò Adam in modo decisamente famelico, quella volta. Se anche al principio, tutta rossa e sconvolta, sgranò gli occhioni umidi al sapore del suo stesso sesso infatti, poi non tardò a succhiare la lingua del suo provvisorio amante per poterne saggiare di più, per poter mischiare la propria saliva con la sua e soprattutto per intrecciare la lingua a quella più imponente di lui. Fu un bacio profondo, ricco di gemiti, sospiri e lamenti, un bacio che la sconvolse talmente da portare le mani su di lui senza chiedere permesso, senza sentirsi in difetto e tanto meno senza trattenersi: gli tirò i capelli, li carezzò, li spettinò, arrivò al collo e quasi lo graffiò, al petto gonfio al quale gemette in modo perso e acuto, e persino alla sua erezione che strizzò come se non potesse più fare a meno di toccarla, talmente la bramava. E quando lui si denudò per lei... i suoi occhioni già enormi parvero quasi mettere in ombra le voluminose ciglia bionde, mentre fissavano sorprese lo spettacolo che le si parò davanti. Ancora ansante per il bacio, Lucia iniziò ad ansimare più perversamente nonostante invero avessero smesso di toccarsi, perdendo qualche battito di cuore nel constatare che Adam era... era dotato quasi quanto Faust, uno zombie immortale con una potenza paragonabile a quella di una divinità, per lei... Ed era sicura che nel tempo in cui non si erano visti fosse diventato ancora più forte. Com'era possibile? Adam era davvero umano? Che le nascondesse una natura diversa? Probabilmente sì... ma a quel punto non avrebbe potuto importarle di meno. Dopo aver gemuto perversamente, Lucia si morse le labbra e cadde letteralmente in ginocchio... disarmata di fronte a quello spettacolo. Accompagnata dalle carezze di lui, lo guardò quasi con reverenza, supplicante, adorante, avvicinandosi a lui a gattoni per potergli afferrare l'asta e portarsela alle gote che vi ci strusciò sopra, sull'asta e sul glande, bagnandosi del liquido preseminale che già la lubrificava e saggiandolo dalle proprie labbra, leccandole piano... Quel gesto bastò a farla mugolare di nuovo, poi perse completamente la testa e accolse il glande e i primi centimetri di quel cazzo assolutamente perfetto dentro la bocca, fino alle tonsille, sospirando e rilassandosi come un assetato che finalmente beve. Succhiò un pochino, gemette, mentre lo accarezzava, lo studiava, prendeva confidenza con il suo corpo... e gli accarezzò anche le gambe, i muscoli, i fianchi... fin quasi a graffiarlo a tratti, tale era il suo desiderio. Il suo sesso provato dal piacere appena sperimentato ebbe davvero pochi secondi di riposo, perché se anche un istante di cedimento lo colse appena dopo l'orgasmo, bastò quel primo assaggio a farlo inturgidire di nuovo, rendendolo visibile con la gonnellina sollevata. Lucia si mise sui tacchi, piuttosto che in ginocchio a quel punto, cercando di chiudere le cosce per poter nascondere in parte tutto quell'osceno bisogno che sentiva crescere dentro di sé... ma non riuscì a coprire il suo sedere, che rimase scoperto dalla gonna piegata, rimasta bloccata a metà delle sue natiche come un perverso invito per occhi indiscreti, specie perché il riflesso era ben visibile sulle pareti di marmo perfettamente lucide che li circondavano. Adam avrebbe potuto osservare Lucia in ogni angolazione, com'era eccitata, vogliosa, bisognosa di lui... ma soprattutto come la sua timidezza e tutta la riservatezza possibile sembravano essere state inghiottite da una forza superiore dopo quel primo delizioso orgasmo: la più pura lussuria. Lucia lo liberò un istante, leccandolo per poter riprovare a prenderlo ancora, magari più in fondo (era arrivata a malapena a metà fino ad allora), ma proprio mentre si apprestava a riprovarci -con la boccuccia spalancata e la lingua fuori posata sul glande di lui, mentre lo fissava- un rumore assordante rimbombò alla fine del bagno... ed ella si bloccò, irrigidendosi un solo istante. Adam avrebbe potuto osservare l'espressione di Lucia cambiare: gli occhi socchiusi e vogliosi socchiudersi e affilarsi di una lieve, elegante irritazione, mentre le labbra spalancate si richiudevano, dapprima in una linea ritta e severa, schiudendosi poi come se volesse parlare. Non fu lei a farlo, tuttavia...

    Nel frattempo, in bagno... Hazel non poteva credere alle proprie orecchie... e agli occhi, visto che aveva utilizzato la superficie liscia dei suoi gioielli in oro, per fare un nuovo incantesimo e osservare la scena. Suo figlio... o meglio, sua figlia... era in ginocchio dinanzi a un uomo, per l'ennesima e infinita dannata volta in vita sua! Ed era così mansueta, così caruccia, così venerante persino... che se solo avesse avuto più potere, Hazel le avrebbe spedito una saetta contro quel bellissimo culetto sodo che si ritrovava. Cosa diamine doveva fare per insegnarle le buone maniere?! Dov'erano i capelli tirati, la nuca premuta sul suo cazzetto vivace, i sorrisi sadici... il tacco su quell'erezione incontenibile che svettava felice tra le gambe di Adam come la coda di un cagnolone scodinzolante? Doveva proprio insegnarle tutto?! NON era ancora chiaro, quanto lui fosse IRRIMEDIABILMENTE AI SUOI PIEDI? Era stufa. Non bastavano quei baci, le effusioni e del mero sesso orale, Hazel -ormai superati i limiti della pazienza- si concesse finalmente un sonoro sbuffo, sollevando gli occhi al cielo mentre la sua giunonica figura faceva altrettanto, alzandosi dal gabinetto per spalancare poi sonoramente la porta, con ben poca delicatezza visto che ne scardinò la serratura con un calcio. Chi avrebbe pagato i danni? In quell'epoca aveva imparato che si usava molto più che in passato. Lei e Lucia avrebbero fatto meglio a filarsela prima che qualcuno se ne fosse accorto... Si appuntò mentalmente di ricordarlo, in seguito, ma l'irritazione non le permise di registrare poi troppo quelle informazioni. Uscita dal bagno con passo spedito, batte le mani per attirare l'attenzione dei due "piccioncini" e parlò a gran voce:
    Adesso basta, figlia mia! Così non ci siamo decisamente, non lo capisci?! Non hai preso in mano la situazione neppure una volta! Ti sei messa addirittura a piagnucolare mentre aspettavi che LUI ti desse il PERMESSO per continuare, l'approvazione per il tuo sesso... e perché mai? Per vergogna, per imbarazzo... per sottomissione? Una strega non prova vergogna! Anzi, una donna... non dovrebbe provarne! E ora guardati... in ginocchio ai suoi piedi a succhiargli il cazzo come LUI ti ha appena ordinato! Ti sembra questo ciò che ti ho insegnato? Ciò che avevamo deciso per il nostro pia-MNHgh?!?!?
    Hazel si ritrovò un una situazione ai limiti del surreale, qualcosa che la spinse a sussultare e spalancare gli occhi gialli, completamente sorpresa... Nel ritrovarsi davanti una Lucia che, ancora rossa, ancora provata e preda del piacere, ma soprattutto ben avvinghiata ad Adam con una mano sul suo fianco, mentre stava in ginocchio pronta ad accoglierlo in gola, aveva fatto un semplice gesto con la manina libera verso di lei, lanciandole un seme della lussuria proprio sul ventre, seme che si era presto allargato fulmineo, liberando una pianta che le aveva avvolto velocemente i seni, il pube, il tronco ma soprattutto il collo e mezzo viso, trasformandosi in un body perverso di ossa e fiori della Lussuria che aveva liberato una spessa radice dalla forma ambigua direttamente dentro la sua gola. Come se non bastasse il naso venne tappato da altre due radici più piccole, spingendolo nel giro di poco a sollevare gli occhi per la sensazione di asfissia. Certo, era vero che data la loro natura immortale di Dioscuri non sarebbe mai soffocata, ma era comunque una sensazione orribile che la fece ben presto diventare paonazza, senza contare che non si fermò lì... Affatto. La radice prese a ingrossarsi e allungarsi dentro di lei, quasi avesse il malsano scopo di attraversare l'apparato digerente per intero, per poi uscire da... Non avrebbe fatto questo a sua madre! Sei impazzita, ragazza?! Liberami subito! Prima o poi dovrai fermare l'incantesimo, e ti assicuro che se continui subirai... MNNH-NNNNNH!!!
    Hazel tentò di afferrare subito il perverso body al centro del petto cercando di strapparselo via, nel tentativo di liberarsi da quella stretta che per altro aveva intrappolato i suoi seni e la vulva, prendendo presto a stimolandoli come ci si aspettava dalla natura di quel potere. Il demone guardò sua figlia fulminandola, intimandole di fermarsi, ma l'espressione che le causava quel lento "scavare" dentro il suo esofago non rese molto credibile la minaccia. Senza contare che Lucia aveva gli occhi vuoti, persi, un po' com'erano stati con amplessi passati ben meno rilassati. E aveva agito per puro istinto, era chiaro. Come se niente potesse mettersi tra lei e Adam. Sbatté le palpebre dopo aver compiuto il suo gesto, guardando sua madre come se la vedesse per la prima volta in quello stato, tanto che Hazel pensò che si sarebbe destata e scusata con lei, ritirando l'incantesimo che purtroppo non era in grado di distruggere, essendo ella legata a Lucia come anima... Solo che non avvenne. Lucia la guardò, i suoi occhioni rossi seguirono senza interesse la sua caduta verso il pavimento, visto che presto cadde in ginocchio per la fatica, la osservarono muoversi spasmodica come un verme all'amo una volta caduta, e fissarono senza interesse le braccia che lentamente venivano inglobate da nuove radici, legandola come una specie di enorme salame, strizzando quei seni enormi e quel culone altrettanto grosso, in una sorta di Shibari magico piuttosto provocante. Poi i suoi occhioni si spostarono su Adam, ma non prima di averla guardata con una punta di soddisfazione quando le pupille avevano preso a tremolarle e ribaltarsi perché la radice stava raggiungendo il tratto finale dell'intestino. Se solo fossero arrivate fino al culo, lei avrebbe perso ogni forza o volontà... E questo quella maledetta lo sapeva! Da quando sei diventata così diabolica!? Non so se essere fiera o...NNNNNHGH!
    La verità era che Lucia non lo sapeva. Non si sentì in colpa, non sentiva dispiacere, la vergogna o il rimorso... Voleva solo continuare a godersi Adam e ciò che stavano facendo, e si era mossa come sotto il controllo del suo potere, non viceversa... Ma non le importava. Sollevò il viso verso Adam e portò entrambe le manine a posarsi sui suoi fianchi, facendo per attirarlo a sé mentre , tarando fuori la lingua e guardandolo con occhi bramosi, schiuse finalmente la boccuccia, aprendola più che poteva e, leccando da prima il glande tutt'intorno, lasciò scorrere l'asta per una buona parte sulla lingua prima di chiudere le labbra e ingoiarne una buona parte, il tutto mentre lo fissava, i piccoli seni dondolanti per l'affanno e la bocca vogliosa da cui angoli colarono copiosi rivoli di saliva. Gli occhi le si ribaltavano ogni qualvolta ella tentava di prenderlo tutto con scarso successo, risaliva dunque fino alla punta per tentare di abituarsi e poi via, di nuovo giù, prendendolo di volta in volta sempre più in fondo. Forse avrebbe dovuto fermarsi, si disse un istante... Spiegare chi fosse Hazel, spiegare cosa le avesse fatto, che non sarebbe stata male o morta... Cosa avrebbe pensato di lei? Doveva assolutamente fare qualcosa... eppure, invece, lo succhiò a lungo e con goduria finché non riuscì a prenderlo fino in gola, lasciando sì che la consistenza di quell'abominevole erezione le facesse ribaltare gli occhi, tremare le palpebre, finanche a provocarle conati. Era chiaro che non fosse totalmente in sé. Forse doveva essere guidata, doveva imparare a controllare meglio emozioni e potere, ma... lui aveva davvero voglia di fermarla? I suoi occhi vogliosi fissi sul suo viso, alla ricerca di reazioni mentre abbandonava la sua erezione per riprendere fiato... sembravano non volerlo affatto. Così come la mano che si accinse a stringergli le gonadi, la lingua che si soffermò sulla sua cappella una volta che la bocca gli liberò l'erezione, o il lento massaggio che l'altra mano prese a compiere lungo tutta la sua asta. La timidezza sembrava momentaneamente sopita, nascosta chissà dove, lo dimostrarono anche le sue parole.
    Siete così delizioso, Adam... Non voglio fermarmi...
    Adam avrebbe avuto quel solo momento per bloccarla o protestare... poi Lucia avrebbe ripreso il suo lavoro, stavolta ingoiandolo al primo colpo, finché il suo nasino non affondò contro i peli del suo pube e la sua cappella non raggiunse probabilmente la bocca del suo stomaco, tale era la mole di quella carne eccitata. Adam non poteva saperlo, ma Lucia aveva ricevuto parecchie lezioni da uno zombie estremamente dotato che l'aveva addestrata parecchio in tal senso... Probabilmente, senza sapere questo, c'era parecchio da sorprendersi nell'abilità di quella fanciulla apparentemente così dolce... che aveva appena rivelato una parte oscura che, invero, neppure ella sapeva di avere. Si sentiva quasi come quella volta in cui, spinta da Thresh, si era vendicata verso Gabriel che l'aveva ferita... Solo che ora non sentiva alcun rimorso o freno, seppur fosse sola.

    Se Adam, preoccupato da simili pensieri, si fosse girato verso Hazel per capire come stesse, avrebbe visto che la sua espressione era cambiata, il sedere era stato violato dall'interno e uno strano ed enorme fiore era uscito, sigillando così il suo ano e formando quasi un plug che andò a ornare quel corpo sconvolto dagli spasmi. In fondo, ad un'attenta occhiata, non sembrava poi così disperata...

    Edited by .Bakemono - 19/9/2019, 18:56
     
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