Succubi

x Joanne

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    Il mondo può essere un posto bizzarro, a volte cordiale, gentile, premuroso e complice, altre volte una massa informe di crudeltà, spietatezza e una lunga serie di sfortunati eventi. La giornata di un semplice ragazzo romano era iniziata all'insegna della sfortuna. Lettera di sfratto dall'appartamento in affitto, perdita del lavoro, rottura con la fidanzata da un rapporto ormai a pezzi, furto delle gomme della propria auto che aveva ritrovato poggiata su quattro foratini ormai priva di cerchioni e ruote. Sull'orlo della disperazione aveva deciso di gettarsi in uno dei quartieri più bassi della metropoli di Roma dove per entrare in una discoteca bastava mostrare la propria espressione vuota e la voglia di vivere pari a quella di una mattonella del bagno con il preciso intento di ubriacarsi e forse rimorchiare anche la più brutta della pista di ballo, anche un uomo se fosse stato disposto a fargli una pompa. C'era riuscito.
    Non era un uomo ma il suo aspetto trasandato, il monociglio e un dente frontale mancante facevano pensare che la bilancia del sesso pendesse più verso i cromosomi XY piuttosto che XX. Il giovane ragazzo romano però possedeva una quantità di alcol in corpo tale che quel piccolo goblin dalle labbra secche gli appariva come la migliore sventola della serata, l'unica disposta ad andare così a fondo da toccare con le labbra addirittura il suo scroto. In uno stato di lucidità si sarebbe reso conto che farsi fare un lavoro di bocca da quella creatura equivaleva a infilarlo in una tubatura fognaria ma il giovane ragazzo romano non era lucido e quindi le teneva saldamente la testa incitandola a succhiare sempre più forte.
    Fu in quel momento che la porta del bagno si aprì, proprio mentre il suo primo carico veniva riversato nella bocca del troll, e nel bagno fatiscente e squallido fece il suo ingresso una donna di tale bellezza erotica e sessuale da tendere ogni muscolo del giovane ragazzo e portarlo a tenere la testa della brutta femmina nonostante le sue preghiere d'ossigeno svuotando il suo primo orgasmo dentro di lei, nella sua gola, finchè non fu lei stessa a mollargli un cazzotto allo stinco, costringendolo a mollarla mentre se ne andava a vomitare in un cesso l'enorme ammontare di sperma maledicendolo per quel gesto. La donna bellissima, dai capelli lunghi argentati, quasi brillanti e il corpo dalle forme gonfie, formose e generose la guardò quasi con sdegno mentre l'altra ragazza usciva dal bagno ancora borbottando, per poi spostare il suo sguardo sul ragazzo non appena la porta si chiuse, sistemandosi lo stretto corpetto di pelle che minacciava di esplodere da un momento all'altro. Il giovane ragazzo romano non poteva crederci quando la vide avvicinarsi e fargli presente che quella tipa non si era comportata poi così bene dopo che lui si era impegnato così tanto a sborrarle in bocca. Aveva usato proprio quella parola? Per un momento un raggio di luce lo investì quando la bellissima donna prese saldamente i suoi testicoli e l'asta ormai floscia riportandola ad un'erezione quasi irreale col semplice tocco. Nei minuti successivi il giovane ragazzo romano ricevette il pompino più intenso della sua vita.

    ***

    Da quanto scopavano ormai nel vicolo sul retro della discoteca? Quella donna era insaziabile, chiedeva sempre di più da lui, chiedeva sempre più forza e ogni volta che le veniva dentro lo obbligava ad avere una nuova erezione per poterla fottere nuovamente. E lui sentiva di stare per morire ma il desiderio di deflorarla era tale da sovrascrivere quella poco importante preoccupazione. Se l'era fatta in ogni modo, contro i secchioni della spazzatura, con la faccia nei sacchi pieni di immondizia puzzolente, nella figa, nel culo, in bocca, era venuto più di una decina di volte eppure lei continuava a chiedere e chiedere finchè il suo corpo non fu così debole da accasciarsi a terra. Fu in quel momento che il giovane ragazzo romano realizzò che anche quell'episodio faceva parte della sua lunga serie di sfortunati eventi. La donna salì su di lui, impalandosi per l'ennesima volta sulla sua asta di carne rigida e in quel momento cambiò forma emettendo un rumoroso gemito di piacere, continuando a scoparlo e stuprarlo, assorbendo fiumi e fiumi di energia vitale con il preciso scopo di trasformarlo in un guscio vuoto e secco.

    ***

    Non era mai successo che un Cacciatore fosse contattato da una moltitudine di gestori di discoteche di quartieri così infimi. Solitamente erano proprio loro le prede, i cattivoni, invece un contratto di caccia era stato emanato da alcuni di loro con annesso pagamento. Il contratto indicava la presenza di una qualche creatura malevola che si divertiva ad ammucchiare cadaveri di giovani ragazzi e ragazze sul retro dei loro locali. Nonostante gli avvisi non era possibile controllare ogni singola persona che entrava e usciva ogni notte quindi la situazione era sfuggita di mano e ora le nottate si facevano sempre meno affollate e sempre più pericolose. Alcuni testimoni avevano parlato di corpi secchi e quasi mummificati come se la vita e l'anima fosse stata totalmente strappata dai loro corpi, molto spesso nudi e molto spesso avvolti da una puzza di sudore e sesso quasi fastidiosa e insopportabile.
    Nonostante dicano di aver imparato, maledizione, quando capiranno queste dannate succubi che è possibile accontentarsi di un pasto senza necessariamente prosciugare l'altra persona...
    Non era difficile immaginare che il colpevole fosse un demone del genere, potente o meno era indifferente, qualunque succube era capace di esercitare un influsso sessuale tale da rendere la propria vittima totalmente assuefatta e disponibile, soprattutto se essa si rivelava essere un giovane ubriaco. Il contratto indicava la discoteca più colpita ed era proprio l'entrata di quella discoteca che ora Edmond stava superando, vestito di tutto punto [+] e con sopra una lunga mantella scura che nascondeva le fondine delle due revolver alla vita. Non era interessato ad entrare ma ad infilarsi nel vicolo poco avanti. Una prima svolta e poi una seconda bastarono per mettere gli occhi su una piccola zona più ampia piena di secchioni, spazzatura, collegata alla discoteca da una piccola porta rossa chiusa a chiave. Al centro di quella zona giaceva un cadavere, vittima di una succube da poco tempo data la secchezza ancora non eccessiva e di fianco a lui, guarda caso, una succube.
    Davvero, non mi aspettavo che fossi rimasta qui così tanto dopo averlo prosciugato? Ti piace forse masturbarti guardando le tue vittime senza vita?
    Era davvero la giusta succube quella che aveva di fronte?

     
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    Mileth



    A concetti come fortuna e sfortuna si può decidere di credere o meno. Si può pensare che tutto sia già scritto, che non valga la pena di prendersela per gli inconvenienti della vita; oppure si può decidere di pensare che ogni così detta sfortuna non sia altro che il risultato di una serie di incredibili coincidenze. A prescindere da quanto possano essere sensate o meno entrambe le scelte, è davvero difficile pensare che la sfortuna non esista se ci si trova nei panni di Mileth. E diavolo, se Mileth vorrebbe non essere nei propri panni. Anche quando pareva che la fortuna fosse dalla sua parte, in realtà si trattava di un crudele scherzo del destino che ben presto l'avrebbe fatta finire nei guai.

    Per dirne una, quella sera Mileth si era ritenuta abbastanza fortunata: un cliente l'aveva contattata proponendole di raggiungerlo presso la propria abitazione per, beh... il solito lavoro. Già questa era una fortuna, perché così non avrebbe dovuto ripulire la sua camera da letto che in genere era sempre un disastro quando i suoi clienti se ne andavano dopo aver concluso. Per di più nonostante il ragazzo abitasse in una zona abbastanza malfamata di Roma, non si era rivelato essere un maniaco sessuale o qualcosa del genere. Non aveva cercato di segregarla in uno scantinato, non l'aveva violentata, picchiata, eccetera eccetera. Era semplicemente un ragazzo poco abbiente e dai gusti particolari. Certo, c'era un inconveniente: doveva tornare a casa da sola, attraversando quella zona nel cuore della notte. Ma in fondo bastava essere prudenti per evitare di finire nei guai, no? Beh, no.

    La giovane succube accelerò il passo mentre camminava accanto a una discoteca. Non le erano mai piaciuti quei posti, erano così rumorosi e confusionari, nonché frequentati da persone alticce e poco raccomandabili.
    Persone del genere, infatti, componevano il gruppetto che stava per venirle incontro, camminando sullo stesso marciapiede. Mileth li vide da lontano, e si fermò proprio accanto al vicolo che affiancava la discoteca. Si interrogò sul da farsi, abbassando lo sguardo sul proprio corpo. Forse non era il caso di rischiare di finire in uno stupro di gruppo. La prima cosa che le venne da fare, quindi, fu infilarsi in tutta fretta in quel vicolo buio, nella speranza che nessuno la vedesse. E così fu.
    Mileth poteva ritenersi davvero fortunata, quella sera? Fu proprio mentre elaborava un pensiero del genere che le cose cominciarono ad andare per il verso sbagliato. Il primo segnale fu uno strano odore che arrivò alle narici della succube, un odore acre e bizzarro che la spinse a voltarsi verso l'oscurità; lì, per terra, vide qualcosa di strano. Una sagoma che ricordava vagamente un corpo umano. Il suo cuore saltò qualche battito mentre, nonostante la paura, si avvicinava, fino a riconoscere il corpo di una persona... rinsecchita. Era l'aggettivo che più calzava a pennello per quella condizione.

    Sgomenta e turbata, la ragazza sgranò gli occhi. Tremante e incredula si portò le mani alla bocca, fissando a lungo quel corpo fino a giungere a una conclusione, o meglio, ad alcune conclusioni. Quel tizio era stramorto. Era stata un'altra succube o comunque un demone. Era meglio filarsela prima che arrivasse qualcuno; un passante, il buttafuori della discoteca, o addirittua un Cacciatore, e allora sì che sarebbe finita nei guai.
    Nemmeno a farlo apposta, la sua paura più grande si avverò quasi istantaneamente. Una voce maschile alle proprie spalle la fece voltare di scatto. Ora, era ovvio che la succube si trovasse nel luogo sbagliato al momento sbagliato, ma come poteva spiegarlo a chicchessia? Inoltre quel ragazzo di tutto punto non sembrava essere una persona qualunque. Un fugace luccichio nell'oscurità confermò la sua ipotesi, e la sua paura: il ragazzo portava al collo un pendente raffigurante la testa di un lupo, il simbolo di riconoscimento di un Cacciatore.

    Il cuore di Mileth cominciò a battere a mille mentre pensava rapidamente a come reagire. Il tono del ragazzo e le sue parole lasciavano pensare che fosse già sul piede di guerra, indi non le avrebbe mai creduto se gli avesse detto la verità. L'unica altra via di fuga era, beh... fuggire letteralmente. Forse non fu la scelta più saggia, ma alla fine fu la paura a prevalere. La succube scattò quindi verso la fine del vicolo, dove prima aveva intravisto una ringhiera poco più alta di lei; saltò con tutte le proprie forze e sbatté forte le ali. Ciò l'avrebbe fatta arrivare facilmente dall'altra parte della ringhiera, permettendole la fuga, sempre che i riflessi del cacciatore non fossero più pronti dei suoi.
     
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    No, non era la vera Succube ma una, della medesima razza, che si era trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, di fronte ad un Cacciatore che non vedeva l'ora di dare inizio alle danze. Edmond la squadrò molto lentamente, dando importanza ad ogni piccolo particolare. Era particolarmente minuta e il suo corpo aveva un aspetto particolarmente fragile tanto da farlo dubitare della sua effettiva colpevolezza. Possibile che una creaturina simile avesse potuto perpetrare un atto di tale violenza, anzi, più di uno? Non poteva dare per scontato nulla, soprattutto se aveva davanti una potenziale creatura assassina mascherata da caramellina demoniaca. Le sue ali non erano particolarmente grandi e dal viso non traspariva nessun segno di lussuria o tentativo di seduzione almeno nei suoi confronti, appariva alquanto intimorita dalla sua figura e Edmond non poteva darle torto. Forse una piccola Succube che non era capace di controllarsi? Gli sarebbe dispiaciuto doverla uccidere ma così giovane aveva anche una possibilità di insegnarle qualcosa su come funzionava la sua razza.
    Le iridi dorate dell'uomo scrutarono anche il suo povero vestiario che ben poco nascondeva al suo sguardo inquisitore e chirurgico. Un vestiario indubbiamente bizzarro per una come lei, molto erotico ma allo stesso tempo cercava di emanare anche un senso di purezza e innocenza. Era abituato ad incontrare Succubi con addosso ammassi di pelle nera, borchie e vestiti così succinti da essere vicini alla detonazione, quindi l'abbigliamento di quella piccoletta lo confuse per un breve attimo ma poi la sua mente, infastidita dagli abbinamenti discordanti, cercò di dar loro un senso. Era una demone giovane e probabilmente sfruttava quel suo aspetto, misto a quei vestiti così delicati, per suscitare un tipo diverso di attrazione, qualcosa più legato alla sua presunta delicatezza.
    Eppure mentre i suoi sensi erano tutti puntati su Mileth, c'era qualcosa dentro di lui che manteneva un alone di dubbio. L'energia erotica presente in quel luogo non era assolutamente la stessa debole aura che emanava quella piccoletta quindi la possibilità che lei non fosse quella giusta cercava di tornare a galla come un poveraccio che continuamente cercava di tornare a galla per prendere aria, tornando poi immediatamente sotto la superficie, annaspando disperato.
    Hai intenzione di rimanere lì? Stai pensando a come cavartela? Sei giovane, potrei anche riservarti un destino diverso dalla morte in caso di resa, che ne dic-?
    Aveva mosso si e no un paio di passi in avanti, scoprendo la mantella dal lato sinistro per mettere in mostra la fondina di pelle bordeaux, finemente decorata, contenente un'enorme revolver dal calcio bianco perla, che la piccola Succube aveva optato per l'unica soluzione possibile di fronte ad un uomo che, furbamente, aveva compreso, non avrebbe udito alcun tipo di giustificazione che non fossero preghiere di perdono. Il viso di Edmond venne deformato da un sorriso soddisfatto e tremolante mentre tra le gambe iniziava già a formarsi un piccolo rigonfiamento che il Cacciatore cercò di limitare con una mano mentre con le dita della sinistra sfiorava il calcio dell'arma, sbottonando con un tocco agile del pollice la fondina.
    Si... si... una bestia, quando è in pericolo, sceglie sempre la fuga finchè ha uno spazio vuoto dietro di lei... ma ciò che voglio sapere è...
    Le dita strinsero la presa sulla pistola che con una velocità fulminante venne estratta e mantenuta all'altezza del fianco mentre l'uomo esplodeva due colpi in rapida successione così fulminei da sembrare solamente uno. Il primo era mirato a bucarle la coscia destra e il secondo l'ala sinistra, provocandole forse un dolore immenso e una difficoltà sia nel volare che nel muoversi. Edmond era perfettamente consapevole che i demoni come lei potevano rigenerarsi quindi non sarebbero mai state ferite eterne ma solamente temporanee.
    Cosa farai quando la fuga non sarà più un'opzione?
    Detto questo con un rapido gesto della mano rinfoderò l'arma, iniziando a muoversi nella direzione in cui una Mileth, ormai probabilmente ferita e gambizzata proprio nell'istante in cui si era esposta maggiormente per scavalcare la rete, stava sicuramente ancora tentando la fuga. Era da un po' che non provava l'ebbrezza di un inseguimento simile e la prova fu che la mano che rimase sul suo pacco iniziò a sentirlo crescere ancora di più. Si stava eccitando come un pazzo.
    Ancora piccolina! Hai ancora un sacco di strada dove poter fuggire! Corri! Corri!
    Che altrimenti l'uomo nero ti prende.

     
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    Mille domande stavano prendendo forma nella testa di Mileth. La fuga era davvero l'unica opzione? Arrendendosi avrebbe veramente potuto salvarsi la pelle? E che ne avrebbe fatto di lei, quel cacciatore? Erano tutte domande dettate dalla paura a cui non riusciva a dare risposta, e a cui, tra l'altro, smise di pensare quando sentì due boati in rapida successione alle sue spalle, proprio mentre era sospesa a mezz'aria sulla rete. Sentì il proprio cuore saltare almeno un battito. Sentì il suo intero corpo colpito da uno scossone improvviso, e finì per cadere rovinosamente a terra, graffiandosi le ginocchia e le braccia. Cercò subito di rialzarsi, ma sentì una fitta, una scarica di dolore. E poi qualcosa di caldo che le colava sulla schiena e lungo la gamba. Osservò il proprio corpo e quando individuò quelle ferite impallidì, improvvisamente consapevole di essere stata colpita da due pallottole.

    Sgranò gli occhi e il respiro le si fece immediatamente pesante. Non si era mai trovata così vicina alla morte. Nessuno l'aveva mai colpita o ferita così gravemente.
    Si accorse di essere totalmente paralizzata dalla paura. Tremante, con gli occhi sbarrati, alzò lo sguardo su colui che le dava la caccia, e soltanto quando lo sentì gridare, intimandole di fuggire, riuscì a reagire. Nonostante il dolore lancinante si tirò su, e in qualche modo riprese a correre, arrancando e incespicando ogni volta che posava la coscia ferita a terra. Stava lasciandosi alle spalle una pista di sangue, ma in qualche modo riuscì, nonostante il dolore, ad arrivare all'angolo opposto del vicolo, che svoltò, e lì di nuovo crollò a terra per un istante. Era fuori tiro, per il momento, ma quel dannato cacciatore quanto ci avrebbe messo per raggiungerla? Poco, sicuramente. Doveva escogitare qualcosa. Il dolore alle ferite era insistente; la confondeva, la faceva distrarre e tremare di paura, ma sapeva che i demoni hanno dei poteri rigenerativi. Solamente non li aveva mai testati, e non sapeva quando quelle ferite profonde si sarebbero rimarginate.

    Cercò di non pensarci e si alzò, riprendendo a camminare. Ma fu un breve tragitto, perché ben presto si accorse di essere incappata in un vicolo cieco. Di nuovo sgranò gli occhi. Non poteva tornare indietro, ma non poteva nemmeno proseguire. Lo sconfortò cominciò a impadronirsi di lei. Dove poteva fuggire? Dove, il cacciatore, non avrebbe potuto seguirla? Il suo sguardo percorse il muro che le si parava davanti, finché non le venne un'idea, un barlume di speranza nell'oscurità. Non ci aveva mai provato fino ad ora, ma poteva essere l'unica possibilità di sopravvivere per lei. Con un grande sforzo si tirò su, dritta in piedi, e chiuse gli occhi. Il suo istinto di sopravvivenza, forse, le permise di concentrarsi come mai non ci era riuscita fino ad ora, ignorando tutto il resto: il cacciatore, il dolore, e la paura della morte. Si concentrò intensamente nell'evocare i propri poteri, finché le sue piccole ali non esplosero silenziosamente, lasciando posto a un nuovo paio d'ali, molto più grosso, così tanto che a stento la giovane succube riusciva a mantenersi in piedi per via della ferita. La tentazione di guardare dietro di sé per vedere se il cacciatore arrivava era forte, ma resistette. Stiracchiò le ali un paio di volte, poi cominciò a sbatterle con forza. Con una facilità inaudita si ritrovò sospesa per aria. Subito dopo stava già ricadendo a terra per la forza di gravità, in fondo era la prima volta che provava a volare, ma riprese subito a sbattere le ali, e con grande sgomento riuscì a salire sempre più finché non stramazzò sul tetto dell'edificio accanto. Le sue ali scomparvero, mantenerle così grandi le era costata molta energia.

    Mileth respirò pesantemente, cercando di riprendere fiato. Era stata un'esperienza allucinante, ma ormai in quel vicolo non rimaneva altro che una pozza del suo sangue.
     
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    Il rumore della carne che viene dilaniata da un proiettile è un rumore così alieno, così chiaro e distinto che in tutto quel trambusto di voci e disperazione si udì come fosse distaccato da tutta quella situazione, come fosse stato un rumore aggiunto dopo attraverso un'abile editing audio. Due schiocchi secchi indicarono il passaggio dei proiettili nei bersagli designati, scavando dei tunnel da parte a parte, esplodendo poi fuori in uno schizzo di sangue, svanendo nell'aria in uno sbuffo d'oscurità. Il pistolero non sparava proiettili normali, quello era più che chiaro e soprattutto non aveva mostrato la minima pietà nel ferire una ragazza così carina e delicata solamente a causa della sua razza. Che pensasse davvero fosse l'assassina?
    Edmond ammirò la giovane demonietta perdere totalmente l'equilibrio a causa delle improvvise ferite e cadere rovinosamente dall'altro lato della ringhiera. Che fosse già finita? Probabilmente prima che si fosse ripresa lui l'avrebbe raggiunta e finita eppure il Cacciatore, nel passare di fianco al cadavere del ragazzo si bloccò per un breve attimo. Percepì l'energia nefasta provenire dal suo corpo e ora che era così vicino riusciva a leggere ancora meglio la traccia energetica provocata da, sicuramente, un accoppiamento forzato. Non aveva nulla a che vedere con quella Succube. Era una traccia più forte ed esperta, non di certo quella di una demonietta non in grado nemmeno di aprire totalmente le ali per superare una rete. Doveva quindi lasciarla scappare? Si guardò intorno per qualche secondo, guardò dietro di lui, sopra di lui, rapide occhiate, come se temesse che qualcuno di nascosto comprendesse che era stato scoperto per poi tornare con il proprio sguardo sulla piccola Succube ora impegnata in una disperata fuga a seguito del suo "suggerimento". Sicuramente aveva la forza di volontà.
    Esatto, così! Stai andando bene, piccoletta! Era una vita che non mi eccitavo così tanto...!
    Ed era vero. Nonostante l'ambiguità di quella situazione, inseguire quella piccola creaturina lo stava facendo eccitare sempre sempre di più, ogni passo per lui era un supplizio, ogni passo una voce nella sua testa lo pregava di liberare il suo membro al vento lasciandolo libero di erigersi in tutta la sua mole. Edmond cercava di trattenersi tenendo una mano fissa tra le gambe, stringendo i suoi gioielli con sempre maggior vigore mentre riprendeva a muoversi in avanti per impedire alla sua preda di lasciarlo troppo indietro. Raggiunse in poco tempo la famosa ringhiera ma, a differenza di Mileth, non ebbe bisogno di scavalcarla. Gli bastò afferrarla saldamente con la mano sinistra per poi tirare con tutta la forza, sradicandola come un alberello morto, gettandosela alle spalle, superando i calcinacci che si erano creati. Un rumore abbastanza forte da mettere ancora più in soggezione la piccolina che nel frattempo era sparita agli occhi dell'uomo, voltando l'ennesimo angolo.
    Edmond si muoveva lentamente, cadenzando i passi in modo tale che producessero un battito ritmico ogni volta che gli stivali si posavano a terra.
    Piccolinaaaaa... dove sei?!
    Sapeva benissimo dove fosse e fece scivolare la mano sinistra sulla parete mentre continuava ad accorciare le loro distanze. Sapeva benissimo che dietro quell'angolo non c'erano altre vie d'uscita.
    Fine della cors-
    Voltò rapidamente l'angolo, rimanendo stupito dalla sua totale assenza. Il vicolo cieco era lì ma la piccola demonietta non era al suo posto. Si guardò alle spalle per controllare che avesse seguito correttamente la striscia di sangue ed effettivamente portava in quel luogo dove però poi si interrompeva bruscamente. Edmond guardò verso l'alto giusto in tempo per scorgere una piccola ombra sparire sul tetto, sorridendo soddisfatto. Pensava di sfuggirli così? Fece forza sulle gambe, compiendo un alto balzo verso la parete di sinistra per poi darsi lo slancio verso l'alto e saltare nuovamente sulla patina di energia che era apparsa sotto i suoi piedi verso la parete di destra, ripetendo il gesto. Parete, patina d'energia, parete. Una serie semplice da ricordare e facile da eseguire che ben presto e con meno sforzo, lo portò sul tetto di quell'edificio dove la piccola succube giaceva a terra sfinita per lo sforzo di aver aperto così tanto le sue ali. Troppo debole. Era davvero, davvero lei l'assassina?
    Per un attimo pensavo fossi riuscita a sfuggirmi, farfallina.
    Se Mileth si fosse voltata lo avrebbe trovato dietro di lei, ancora più enorme se lo si guardava sdraiati per terra, ma soprattutto, con tra le gambe un gonfiore forse doloroso. Per una creatura come lei, anche se inesperta, così affine all'energia erotica e della lussuria non sarebbe stato difficile comprendere che all'interno di quei pantaloni giaceva probabilmente una mazza mostruosa e che quel Cacciatore, c'era la possiblità, non vedeva proprio l'ora di usarla su di lei.

     
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    La povera succube non riuscì minimamente a mettere in ordine i propri pensieri. Le ferite avevano cominciato a rimarginarsi e già le facevano meno male, ma non abbastanza da permetterle di ignorare quel dolore pungente. Non aveva ancora ritrovato le forze per rimettersi in piedi, che il cacciatore fu subito alle sue spalle. Non avrebbe dovuto stupirsi della facilità con cui era stata raggiunta, ma lo fece lo stesso. Pensava di avere un po' più di tempo, ma si ritrovò di nuovo alla sua mercé, inerme e senza vie di fuga, apparentemente. La voce di lui le fece raggelare il sangue. Si voltò lentamente, con le poche forze che aveva, anche se l'adrenalina di sicuro stava facilitando il suo processo di rigenerazione e recupero delle energie.

    Era un'ombra gigantesca che incombeva su di lei. Inutile dire che la demonietta stava tremando come una foglia, percependone la minaccia, ma... C'era dell'altro. Inizialmente si era semplicemente sentita in pericolo per la propria vita, ma ora percepiva anche un altro tipo di energia provenire dall'uomo, un'energia che conosceva come le proprie tasche. Se avesse avuto delle tasche.
    Inutile dire che quell'energia proveniva dal grosso gonfiore che svettava tra le sue gambe, su cui la succube non poté evitare, almeno per un istante, di posare lo sguardo. Che il cacciatore avesse in mente qualcos'altro per lei, piuttosto che la morte? Non poteva ancora saperlo e non era abbastanza per smettere di avere paura.

    Indietreggiò, strisciando per terra. In quel brevissimo lasso di tempo ebbe l'occasione di pentirsi per ogni sbaglio della propria vita, e ce n'erano per la piccola succube di cose di cui pentirsi.
    "Non... ho fatto niente..." mormorò Mileth con voce molto bassa e roca. Aveva la gola secca per la paura e a stento riusciva a farsi sentire da lui. Si schiarì leggermente la voce mentre continuava a indietreggiare. Le avrebbe creduto? Avrebbe creduto a tutta la sua storia se gliel'avesse raccontata?
    "Non ho fatto niente...lo giuro...quel ragazzo era già morto quando sono arrivata..." sussurrò ancora, con la voce che stavolta le si incrinava. Le veniva da piangere, e aveva già gli occhi lucidi. Non le piaceva la sua vita, ma non voleva nemmeno morire.
     
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    Edmond incombeva su di lei come un'ombra funesta, come un enorme monolito pronto a caderle addosso, a schiacciarla e mettere fine alla sua esistenza. Nella mente del Cacciatore era passato, per un breve attimo, uno sprazzo di quella possibilità. Aveva estratto le pistole solamente una volta e una frazione di secondo prima aveva contemplato l'idea di mirare alla testa e mettere fine alla sua esistenza. Ma un dubbio continuava ad attanagliarlo, il dubbio che non fosse quella piccola succube l'assassina. Era troppo debole, troppo impacciata, addirittura le veniva difficile materializzare delle ali di tutto rispetto. Poteva aver avuto la forza di mettere in fila una serie di omicidi così ampia? Ma poteva davvero fidarsi semplicemente di quei particolari? Del suo aspetto? Che non fosse tutta una messinscena per fargli abbassare la guardia? Con quei sospetti non avrebbe fatto poi molta strada, aveva bisogno di certezze e solamente un piano avrebbe potuto dargliele.
    Nello stesso momento la piccola succube appariva terrorizzata da lui, tremolante e affaticata, ma non abbastanza da impedirle di continuare ad indietreggiare così da potersi allontanare il più possibile. Una necessità vana ma comprensibile che però il Cacciatore sentì di dover stroncare sul nascere mettendo in mostra l'arma da fuoco nella sua fondina, la sinistra, posandoci la mano sopra come a volerle dimostrare di essere sempre pronto ad estrarla. Un silente invito a smetterla di allontanarsi.
    Edmond prese un lungo respiro prima di iniziare a parlare.
    Potresti star dicendo la verità... o potresti essere un'attrice molto brava. Vedi, saprai sicuramente che le succubi usano questo tipo di energia e lo sperma come vere e proprie fonti di nutrimento e in funzione della forza di una succube questo fabbisogno aumenta. Tu sei troppo piccola e troppo debole per aver bisogno di altro nutrimento dopo aver letteralmente prosciugato un intero essere umano, ammesso tu lo abbia fatto...
    Il suo tono era molto neutro e spigoloso e non sembrava voler lasciare spazi vuoti alla succube per poter rispondere ma solo metterle la giusta curiosità dentro per poter continuare ad ascoltare e scoprire a che punto volesse giungere.
    Ma se invece fossi veramente veramente affamata, dopo uno sforzo simile, anche solo percepire dell'energia erotica dovrebbe farti sudare freddo, figurarsi avere un cazzo eretto davanti agli occhi.
    Il gesto fu così repentino e rapido alla chiusura della frase che Mileth non avrebbe avuto il tempo di elaborare la seconda parte del discorso correttamente o almeno non prima di aver potuto ammirare cosa giaceva nei pantaloni del Cacciatore. Quello di Edmond fu un abile sfoggio di gioco di dita che andarono ad aprire la fibbia della cinta e poi sbottonare i pantaloni, abbassandoli leggermente mentre quella stessa mano prendeva saldamente la base dell'asta e la sfilava all'esterno lasciandola erigersi in tutta la sua maestosa eccitazione. Non era un classico membro umano. A parte le dimensioni considerevoli, la superficie era molto scura, solcata da vene rossicce e pulsanti. Man mano che ci si avvicinava alla cappella invece l'asta iniziava a gonfiarsi leggermente per poi terminare in un glande roseo e in contrasto con il resto dell'organo. Il Cacciatore si preoccupò di far fare capolino anche ai suoi testicoli così da mettere in mostra in toto il suo "apparato genitale" che carezzò con la mano dalla punta fino alla base, per poi prendersi in maniera rude la sacca scrotale.
    Qui dentro piccolina c'è abbastanza sperma da ridonarti tutte le energie spese per la tua fuga e saziarti per una settimana, certo, un pasto troppo pesante per una succube che ha appena mangiato, suppongo...
    Il Cacciatore l'aveva messa davanti a una scelta: poteva rifiutarsi per qualche oscuro motivo e sancire la sua colpevolezza oppure poteva dimostrare che per quanto lo temesse, per quanto avesse paura di tutta quella situazione, il suo stomaco da piccola succube brontolava eccome e il solo trovarsi quell'arnese enorme e quelle palle gonfie davanti le facesse lo stesso effetto di una bellissima fonte di luce con una falena.

     
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