[Combattimento] The Guardian of Steel

x Amaterasu

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  1. Shirosaki Ogihci™
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    Appaio per un po', scompaio per molto...

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    In quello stato di inattività, Duncan riuscì ad immergersi in un sogno, come se un qualcosa dentro di sé fosse ancora cosciente ed in grado di trasmettergli sensazioni ed emozioni. Ciò che vide era qualcosa di surreale, forse qualche ricordo legato ai suoi genitori che lo immersero in un mare di emozioni. Qualcuno dall'esterno, se avesse analizzato quel sogno, probabilmente avrebbe pensato che il ragazzo si stava dirigendo mentalmente verso la famosa luce in fondo al tunnel, ma non era esattamente così. Voleva vivere il più a lungo possibile quelle scene che scorrevano nella sua mente, ritrovarsi con padre e madre persi forse troppo presto per colpa di criminali. Ma la realtà era ben diversa e in un istante calmo e rapido, riaprì gli occhi, senza movimento bruschi, senza agitazione, ma ritrovandosi in un luogo con poca luce e sdraiato completamente su una brandina e privo di vestiti, a parte le mutande. Voleva vedere meglio cosa stesse succedendo, ma quando provò ad alzare anche di poco il busto, sentì il corpo intorpidirsi e sentì una scarica di dolore pervaderlo, che lo portò a digrignare i denti e a gettare la testa di peso sulla branda. A fatica respirava, gli faceva male perfino quel movimento, quando i polmoni si gonfiavano e poi buttavano fuori aria. Era immobile, non riusciva a muovere un muscolo, eppure cercando di vedere meglio la situazione, notò che delle strane bende trasparenti con sopra delle scritte avevano ricoperto tre quarti del suo corpo. Ma ciò che saltò subito alla sua attenzione fu il fatto che seduta ai suoi piedi vi era la donna che lo ridusse in quelle condizioni, completamente nuda che stava sfogliando un grosso libro e teneva appoggiata sulle sue cosce la sua zanpakuto, Kazeshini. Era tutto così strano, non riusciva proprio a capire dove si trovava, se all'interno di quella caserma abbandonata o da un'altra parte e non capiva nemmeno perché lei era ancora lì, in quelle condizioni e per quale motivo gli avesse prestato le dovute cure. Forse perché voleva fargli notare come avesse fallito miseramente nel suo incarico di proteggere la refurtiva come già gli stava dicendo? Forse perché era interessata all'abilità dell'agente, come aveva confessato? Non era curioso di capire fino in fondo il perché di quel salvataggio, ciò che a lui preoccupò fu chi fosse quella donna e se la refurtiva che tanto voleva proteggere non fosse finita nelle mani sbagliate.
    "D-Dove... Dove siamo? Chi sei tu? Perché mi hai salvato? Avresti potuto lasciarmi lì in fin di vita se pensi che io sia un idiota. A questo punto la mia carriera di agente è terminata. Se lo viene a scoprire Stige, mi fa il culo." Disse Duncan in preda alla rassegnazione, muovendo leggermente la testa da destra verso sinistra guardando verso l'alto, pensando agli scenari peggiori dopo quella pesante sconfitta subita. Era malconcio, alla mercé di quella donna che non sapeva ancora chi fosse né cosa volesse fargli dato che non poteva in alcun modo difendersi, nemmeno se fosse stato in condizioni perfette come lo era prima di incontrarla. Il divario di potere che c'era fra di loro era netto, probabilmente perché lei aveva un potere davvero tremendo o forse, come la donna stessa affermò, l'agente non era strategicamente forte da affrontare qualsiasi tipo di avversario. Una sconfitta del genere aveva demoralizzato parecchio Duncan che non sapeva quali conseguenze sarebbero sorte a motivo del suo fallimento.
    "Vuoi Kazeshini? E' per questo che mi hai salvato? Per sottrarre la mia preziosa zanpakuto sotto i miei occhi? In queste condizioni, niente e nessuno può impedirti di farlo." Aggiunse con un tono amareggiato, volgendo nuovamente il suo sguardo verso di lei, come ad accettare che si potesse comportare in quel modo. Una sconfitta era pur sempre una sconfitta, ma avvenuta così rapidamente e senza poter rispondere dovutamente stava bruciando parecchio all'animo di Duncan che non sapeva se da quel momento in avanti avrebbe dovuto darsi da fare per diventare più potente o se avrebbe fatto bene a mollare tutto per non dover in una seconda occasione con un avversario come lei, rimetterci la vita. Lo sconforto era più che normale in quelle situazioni.
     
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