Explanations

x Hyperion

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  1. Shirosaki Ogihci™
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    Appaio per un po', scompaio per molto...

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    Ancora stentava a crederci. Duncan era finalmente diventato un agente al servizio della Trinity di Londra. Aveva realizzato un obiettivo importante, forse un sogno per lui, perché è sempre stata sua mira servire la giustizia dopo che anni prima un agente speciale riuscì a salvarlo da morte certa, nonostante non sia riuscito a salvare i suoi genitori. Ma quel 69 tatuato sotto l'occhio sinistro era il simbolo del suo ideale, perché ce l'aveva anche quell'agente tatuato sotto l'occhio sinistro, voleva emulare la sua carriera, la sua intrepidezza, il suo coraggio ed il suo senso di giustizia. Finalmente Duncan aveva l'occasione per mettersi al servizio della sua nazione. Da quando tornò nel quartier generale della Trinity, tutti gli altri aspiranti agenti lo guardarono con un occhio diverso, come qualcuno che aveva dimostrato di valere effettivamente qualcosa e di poter avere le capacità per salvare vite innocenti e sventare potenziali minacce che occasionalmente si presentavano in Nuova Britannia. Era alla fin fine rispettato, se non da tutti, da molti. Qualcuno lo invidiava, pensando fosse solamente fortuna la sua, qualche altro si dimostrava diffidente al suo cospetto, ma al ragazzo importava ben poco, perché quello che voleva l'aveva ottenuto. Anche se, non era sereno mentalmente, aveva qualcosa che gli frullava nella testa, erano più i sensi di colpa che altro. Sentiva che quel posto non l'aveva meritato perché avesse fatto qualcosa di veramente eroico. L'aveva guadagnato umiliando una persona, il suo Comandante, Stige Poltergeist. Poco importava se la situazione che si creò qualche giorno prima nel motel era necessaria ai fini di disinnescare quella bomba, per lui era come se avesse infangato la dignità della donna e non si dava pace per questo. Nonostante provò piacere, nonostante nel contempo la vedesse sotto un'ottica diversa, forse cominciando a provare un certo interesse nei suoi riguardi, ma sentiva lo stesso di non aver fatto una buona cosa verso di lei. Oltre a quei continui sensi di colpa, aveva anche dei dubbi e delle perplessità da chiarire, riguardo a quella persona che si palesò dopo che la bomba venne bloccata, quella tipa con l'accento francese, con quella maschera da medico della peste, il licantropo che utilizzò per rendere più difficili le cose. Era preoccupato di capire chi stesse cercando di mettersi contro Stige e forse contro la Trinity. Magari non sarebbe stato compito suo indagare e contrastare l'eventuale minaccia, ma sentiva che doveva farlo, voleva essere d'aiuto alla donna. Dopo tre giorni da che riuscì a completare quella strana missione, Duncan girava nella sua stanza all'interno della Trinity pensando e ripensando se voler parlare con il suo Comandante, chiarire un po' le cose fra lui e lei, togliersi un peso di dosso volendo esporsi e magari scusarsi per ciò che successe.
    "Fanculo... Io ci vado a parlare." Disse ad un tratto, prendendo la chiara decisione di voler dare e magari ricevere delle spiegazioni da Stige. Uscì dalla stanza e si diresse immediatamente e a passo svelto verso l'ufficio della donna, indossando la sua nuova divisa, la divisa che veniva data agli agenti di polizia dell'organizzazione, un lungo giaccone scuro con delle righe gialle, dei pantaloni dello stesso coloro e degli stivali anch'essi scuri. Aveva in tasca solamente un paio di pillole che non si ricordava nemmeno più di avere, non badò a che tipo di pillole fossero, ma le lasciò nella tasca destra dei suoi pantaloni. Appena arrivò davanti all'ufficio, alzò la mano destra chiudendo e volendo battere le nocche contro la porta chiusa, ma prima di colpire, si fermò un attimo, iniziando a sudare un po' e a deglutire nervosamente della saliva. Non era proprio sicuro di ciò che stesse facendo, temeva le eventuali reazioni del Comandante a ciò che le avrebbe detto, ma sentiva nel contempo che doveva assumersi le sue responsabilità ed andare incontro a quelle che sarebbero state le conseguenze. Si guardò attorno, sperando che nessuno fosse nei paraggi, ma che potesse entrare nell'ufficio indisturbato. Dopo qualche attimo di esitazione, le nocche batterono sulla porta.
    "Mi scusi Comandante, sono Duncan. Posso entrare?" Chiese, alzando un po' la voce in modo che se Stige fosse all'interno dell'ufficio potesse sentirlo e quindi magari rispondergli prima ancora che lui potesse aprire la porta. Dopo che si identificò, il cuore del ragazzo cominciò a battere velocemente, le mani tremavano leggermente, era davvero ansioso e nervoso di ciò che sarebbe stato quel dialogo fra di loro, ma se non si fosse presentato, probabilmente quei pensieri l'avrebbero continuato a perseguitare fino a farlo impazzire. Voleva liberarsi di quel timore e di quelle preoccupazioni, sempre se ce ne fosse stato bisogno.
     
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