Explanations

x Hyperion

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    Ancora stentava a crederci. Duncan era finalmente diventato un agente al servizio della Trinity di Londra. Aveva realizzato un obiettivo importante, forse un sogno per lui, perché è sempre stata sua mira servire la giustizia dopo che anni prima un agente speciale riuscì a salvarlo da morte certa, nonostante non sia riuscito a salvare i suoi genitori. Ma quel 69 tatuato sotto l'occhio sinistro era il simbolo del suo ideale, perché ce l'aveva anche quell'agente tatuato sotto l'occhio sinistro, voleva emulare la sua carriera, la sua intrepidezza, il suo coraggio ed il suo senso di giustizia. Finalmente Duncan aveva l'occasione per mettersi al servizio della sua nazione. Da quando tornò nel quartier generale della Trinity, tutti gli altri aspiranti agenti lo guardarono con un occhio diverso, come qualcuno che aveva dimostrato di valere effettivamente qualcosa e di poter avere le capacità per salvare vite innocenti e sventare potenziali minacce che occasionalmente si presentavano in Nuova Britannia. Era alla fin fine rispettato, se non da tutti, da molti. Qualcuno lo invidiava, pensando fosse solamente fortuna la sua, qualche altro si dimostrava diffidente al suo cospetto, ma al ragazzo importava ben poco, perché quello che voleva l'aveva ottenuto. Anche se, non era sereno mentalmente, aveva qualcosa che gli frullava nella testa, erano più i sensi di colpa che altro. Sentiva che quel posto non l'aveva meritato perché avesse fatto qualcosa di veramente eroico. L'aveva guadagnato umiliando una persona, il suo Comandante, Stige Poltergeist. Poco importava se la situazione che si creò qualche giorno prima nel motel era necessaria ai fini di disinnescare quella bomba, per lui era come se avesse infangato la dignità della donna e non si dava pace per questo. Nonostante provò piacere, nonostante nel contempo la vedesse sotto un'ottica diversa, forse cominciando a provare un certo interesse nei suoi riguardi, ma sentiva lo stesso di non aver fatto una buona cosa verso di lei. Oltre a quei continui sensi di colpa, aveva anche dei dubbi e delle perplessità da chiarire, riguardo a quella persona che si palesò dopo che la bomba venne bloccata, quella tipa con l'accento francese, con quella maschera da medico della peste, il licantropo che utilizzò per rendere più difficili le cose. Era preoccupato di capire chi stesse cercando di mettersi contro Stige e forse contro la Trinity. Magari non sarebbe stato compito suo indagare e contrastare l'eventuale minaccia, ma sentiva che doveva farlo, voleva essere d'aiuto alla donna. Dopo tre giorni da che riuscì a completare quella strana missione, Duncan girava nella sua stanza all'interno della Trinity pensando e ripensando se voler parlare con il suo Comandante, chiarire un po' le cose fra lui e lei, togliersi un peso di dosso volendo esporsi e magari scusarsi per ciò che successe.
    "Fanculo... Io ci vado a parlare." Disse ad un tratto, prendendo la chiara decisione di voler dare e magari ricevere delle spiegazioni da Stige. Uscì dalla stanza e si diresse immediatamente e a passo svelto verso l'ufficio della donna, indossando la sua nuova divisa, la divisa che veniva data agli agenti di polizia dell'organizzazione, un lungo giaccone scuro con delle righe gialle, dei pantaloni dello stesso coloro e degli stivali anch'essi scuri. Aveva in tasca solamente un paio di pillole che non si ricordava nemmeno più di avere, non badò a che tipo di pillole fossero, ma le lasciò nella tasca destra dei suoi pantaloni. Appena arrivò davanti all'ufficio, alzò la mano destra chiudendo e volendo battere le nocche contro la porta chiusa, ma prima di colpire, si fermò un attimo, iniziando a sudare un po' e a deglutire nervosamente della saliva. Non era proprio sicuro di ciò che stesse facendo, temeva le eventuali reazioni del Comandante a ciò che le avrebbe detto, ma sentiva nel contempo che doveva assumersi le sue responsabilità ed andare incontro a quelle che sarebbero state le conseguenze. Si guardò attorno, sperando che nessuno fosse nei paraggi, ma che potesse entrare nell'ufficio indisturbato. Dopo qualche attimo di esitazione, le nocche batterono sulla porta.
    "Mi scusi Comandante, sono Duncan. Posso entrare?" Chiese, alzando un po' la voce in modo che se Stige fosse all'interno dell'ufficio potesse sentirlo e quindi magari rispondergli prima ancora che lui potesse aprire la porta. Dopo che si identificò, il cuore del ragazzo cominciò a battere velocemente, le mani tremavano leggermente, era davvero ansioso e nervoso di ciò che sarebbe stato quel dialogo fra di loro, ma se non si fosse presentato, probabilmente quei pensieri l'avrebbero continuato a perseguitare fino a farlo impazzire. Voleva liberarsi di quel timore e di quelle preoccupazioni, sempre se ce ne fosse stato bisogno.
     
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    Bloccata in un limbo di imbarazzo e indecisione, Stige si ritrovava spesso a pensare inutilmente a quanto ingenua fosse diventata in quel periodo. Ingenua non nei confronti degli altri, ma bensì verso sé stessa. Da sempre aveva dedicato tutto il suo tempo e tutte le sue energie a costruirsi un'immagine rispettosa, a fare il suo dovere in quanto Poltergeist e in quanto Londinese, cercando di non perdere mai di vista i suoi ideali e soprattutto di lanciare un chiaro messaggio per tutti. Per chi lo aveva fatto poi? All'inizio era per la sua famiglia, poi era diventato per il suo grande senso di giustizia, nato perché consapevole che quel mondo rischiava di finire al macello se non veniva controllato. E ora invece... sentiva di aver perso di vista tutto per qualcosa di e incredibilmente personale, qualcosa che nessuno le aveva mai dato se non la sua piccola e preziosa figlia, l'unica vera luce di un'esistenza altrimenti solitaria e cupa. Ma non le bastava più... sentiva che non le bastava più. Era troppo chiedere in cambio della sua devozione e del suo estenuante lavoro, un compenso tanto banale come trovare qualcuno di importante nella sua esistenza? Chiuse gli occhi, serrandoli aspramente mentre se ne stava in piedi davanti alla grande vetrata del suo ufficio, sospirando rumorosamente. No, non erano pensieri da lei quelli. Mai avrebbe potuto mettere il proprio desiderio personale davanti allo scopo della sua esistenza, men che meno davanti a Nyx. Ogni esistenza è fatta di sacrifici, quello era il suo fardello, non avrebbe rinunciato per così poco, non era assolutamente nel suo stile. Il vetro con la quale osservava Londra era la perfetta metafora della sua vita: lei poteva vedere dall'alto tutte le persone che proteggeva, ma nessuno poteva vederla perché troppo distante e semplicemente eclissata da un vetro oscurato. Si voltò lentamente verso la scrivania che dava le spalle alla vetrata, tornando al suo posto. Indossava la sua divisa da comandante, la lunga giacca nera che metteva inevitabilmente in evidenza il suo prosperoso seno, oltre che a valorizzare i fianchi mentre camminava lenta verso la scrivania. Stava per rimettersi a sedere, quando alla porta bussò qualcuno, attirando ben presto l'attenzione della donna. Riconobbe subito la voce: era Duncan, la nuova recluta entrato da poco ufficialmente nella loro squadra. Lei stessa lo aveva scelto come compagno di una missione molto particolare, affidandosi al caso ma soprattutto all'istinto, e si era rivelato decisamente la persona giusta. Avrebbe potuto tessere lodi su di lui in eterno, ma nulla di queste avrebbe cancellato quello che avevano fatto durante la missione per poter evitare un disastro. Stige però non era la persona che arrossiva o si bloccava davanti a simili ricordi, probabilmente il ragazzo voleva chiarire e ne aveva tutto il diritto, quindi con la freddezza che la contraddistingueva, la donna si posizionò dietro la scrivania restando però in piedi, portando le mani dietro i fianchi assumendo una posizione marziale.
    Entra pure Duncan, non mi disturbi.
    Cercò di assumere il suo sguardo più serio, sperando di non metterlo in soggezione. Duncan si era rivelato un agente perfetto e un amante abile, non poteva dargli torto. Stige aveva avuto molte esperienze nella sua vita, ma era difficile lasciare un segno deciso in lei dopo i fasti che riguardavano Roma. Tuttavia, anche se Duncan non avesse voluto competere con un simile seduttore, sta di fatto che il suo spirito d'iniziativa e il suo coraggio valevano decisamente di più di ogni altra pratica perversa, e Stige non poteva fare a meno di apprezzarlo, nonostante tutto quello che fosse successo. Non era arrabbiata, né in imbarazzo, tanto meno pentita. Avrebbe risposto ad ogni sua domanda.
    Immaginavo saresti venuto per delle spiegazioni... vieni, parliamo.
     
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    Un attimo di silenzio dopo che Duncan si identificò e poi Stige acconsentì all'ingresso nel suo ufficio del ragazzo. Non appena ebbe il consenso, il londinese ebbe una piccola esitazione, dovuta alle emozioni del momento, imbarazzo, disagio e nervosismo erano le sensazioni che stava provando in quel momento, continuando a deglutire pesantemente la saliva per cercare di calmarsi, ma a fatica. E pensare che aveva rischiato alcune volte di morire, ma di fronte ad una situazione simile era in preda ai sentimenti più forti, come poteva essere possibile? Forse perché ci teneva troppo a quel nuovo incarico che aveva paura di perderlo o forse perché sentiva probabilmente che la donna non era del tutto soddisfatta di come venne trattata da lui qualche giorno prima durante quella strana missione. Erano mille gli interrogativi che giravano nella sua testa, ma se la sua intenzione era quella di parlarle, doveva farlo in quel momento. Entrò dunque nella stanza del suo Comandante, trovandola dietro la scrivania in una posizione di autorità, ma con una bellezza invariata così come il suo fascino. Incrociando il suo sguardo, Duncan lo distolse per un attimo, arrossendo un po' e cominciando anche a sudare leggermente, chiudendo piano la porta dietro di sé. Quando essa gli diede il permesso di colloquiare, il ragazzo non riuscì a pronunciare subito alcuna parola, si limitò a guardare il pavimento, mentre lentamente si avvicinava alla scrivania, respirando con un po' d'affanno. Ad un tratto si fermò, posando entrambe le mani sullo schienale di una delle due sedie presenti di fronte alla scrivania, alzando a rilento lo sguardo, per guardare in faccia la donna che aveva di fronte a sé e deglutì ancora una volta, prima di prendere coraggio e poter dire qualcosa.
    "S-Sì... Sono venuto per delle spiegazioni. Ma prima di queste, volevo scusarmi. Scusarmi per ciò che è successo l'altro giorno, scusarmi per averla umiliata in quel modo, Comandante, nonostante le circostanze lo richiedessero. Immagino che lei sia una donna sposata, una donna devota ad un solo uomo. Quello che ho fatto è stato ingiusto. Perciò accetterò le conseguenze che ha in mente di infliggermi." Disse con tono fermo e deciso, non esitando nemmeno per un istante durante il suo parlare. Voleva dirlo tutto d'un fiato, togliersi quell'enorme fardello che lo attanagliava, che non lo fece dormire per un paio di notti e prima riusciva a chiarire la cosa, meglio si sarebbe sentito. Quasi si sentiva di non meritare quel posto di agente conquistato, ma non poteva decidere lui, doveva farlo Stige, Duncan non si sarebbe mai permesso di dimettersi, anche perché era il suo obiettivo a livello lavorativo, un obiettivo raggiunto, ma voleva che quello fosse solo l'inizio, in fin dei conti di fronte a sé aveva la persona che in un certo senso voleva emulare, ma prima voleva sentirsi apposto con la coscienza e soprattutto con il suo superiore, forse sarebbe stato un buon modo per lavorare con più serenità, da quel momento in avanti, sempre se ci fosse stato bisogno di scusarsi e di subire le conseguenze delle sue azioni.
     
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    Duncan sembrava a disagio, non semplicemente in imbarazzo, alcuni avrebbero potuto trovarlo normale ma ciò che Stige pensava in quel momento era che potesse essere colpa sua se il novizio agente andava in giro in quel modo, e non poteva non assumersene le responsabilità. Aveva coinvolto quel povero ragazzo in una missione decisamente oltre gli standard di un nuovo agente, non poteva che essere stata una partenza traumatica, ma a parte un piccolo accenno di apprensione nel suo sguardo, Stige non si mosse. Appena lo sentì parlare però, la sua espressione cambiò del tutto, diventando stupita e per un attimo smise perfino di respirare. Duncan voleva scusarsi perché la considerava una donna tutto d'un pezzo, un comandante dalla netta e incorruttibile morale che si era piegata a quel perverso gioco solo perché la situazione lo richiedeva. Il comandante socchiuse gli occhi, visibilmente amareggiata, avrebbe tanto voluto dire di essere stata una sposa fedele in ogni situazione, e di amare incondizionatamente solo un uomo per tutta la vita. Ma soprattutto avrebbe tanto voluto dirgli che quella situazione l'aveva schifata e che lo disprezzava per quello che l'aveva costretta a dire e provare... ma era tutto falso. Il suo matrimonio era fatto di puri interessi, aveva dimenticato l'ultima volta che il suo compagno aveva passato una notte con lei, se non fosse stato per Nyx Stige avrebbe già etichettato quella parte della sua vita come un mero dovere sociale che poteva adempiere o meno. Come se non bastasse, quello che Duncan era riuscito a farle provare, seppur non paragonabile ad altre esperienze, aveva risvegliato in lei una grande voglia che quello stesso giorno aveva sfogato in solitudine nella speranza di ricevere qualcosa di più, ma senza alcun risultato, tornando ad una monotona ed insoddisfacente routine per i giorni a seguire. Molte volte aveva preso in considerazione l'idea di tornare a Roma in quel contesto ma... sapeva di non poter affrontare ancora una volta quella situazione assurda, per questo era stata forte almeno alla fine, restando al suo posto. Ancora con gli occhi chiusi, Stige preparò la sua risposta.
    Apprezzo la tua apprensione Duncan, ma hai eseguito gli ordini che io stessa ti ho dato, e anche mentre eravamo nudi e ci stavamo unendo ti ho dato degli ordini alla quale non avresti potuto disubbidire neanche volendo, quindi la tua coscienza è a posto, e visto che abbiamo fatto tutto il necessario per salvare delle vite innocenti lo è anche la mia, non temere.
    Aprì gli occhi, addolcendo leggermente lo sguardo, così da poter trasferire un pò della sua serenità anche a Duncan, sebbene lei stessa non ne avesse molta di cui godere.
    Prima di essere una sposa, io sono una madre, e quella zona di Londra è sempre piena di giovani, il pensiero di aver dato me stessa per poter permettere a quelle giovani vite di tornare dalle loro madri mi fa stare bene, e dovrebbe darti anche la stessa situazione. E poi, non mi dirai che avresti preferito un finale più drammatico con tanto di sacrificio strappalacrime... è stato piacevole no?
    Concluse, ridacchiando, cercando di sdrammatizzare. Non voleva che anche lui diventasse un poliziotto cupo, aveva visto del coraggio e della buona volontà nel suo cuore, forse lui poteva portare nuova speranza a Londra e per questo Stige lo avrebbe incoraggiato, ma prima di tutto doveva dargli la giusta carica e con quel discorso sperava davvero di essere riuscita a convincerlo che ciò che avevano fatto non era affatto male e che anzi, in situazioni affini potevano tranquillamente ripetere.
    Abbiamo fatto il nostro dovere e se posso dirlo lo hai fatto anche fin troppo bene, quindi non preoccuparti d'accordo? Non mi hai umiliata, sono onorata di averti aiutato a risolvere quella situazione, e lo farei ancora in futuro. Penso sia meglio passare, oltre, non trovi?
    Un invito, a quel punto, a farsi avanti con la prossima domanda, magari pertinente ai dubbi che Duncan voleva risolvere. Sentiva come se continuare a parlare di quell'argomento potesse creare problemi dove invece non c'erano, quindi era meglio concentrarsi su dubbi reali, anche perché vedere il capo della polizia patteggiare con quella che sembrava una criminale non doveva essere qualcosa da prendere alla leggera per uno inconsapevole.
     
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    Ciò che doveva dire l'aveva detto, non aveva rimpianti sull'essersi esposto, sull'aver rivelato la sua preoccupazione ed i suoi sensi di colpa a Stige. Duncan sentiva che doveva farlo e alla fine lo fece, era pronto ad ogni tipo di conseguenza anche se gli avesse fatto male. Ma non fu così e sentendo ciò che la donna disse, quello stato di timore e di scoraggiamento, si trasformò in conforto e soddisfazione. La sua espressione amareggiata piano piano lasciò il posto ad un sorriso accennato ed uno sguardo più sicuro rivolto al suo Comandante, avendo recepito l'incoraggiamento e le lodi di lei. Fu come dei raggi di sole che spuntavano dalle nuvole dopo una tempesta, lasciando il posto alla serenità e alla limpidezza del suo animo. Sì senti rincuorato da come Stige si espresse nei suoi riguardi ed arrossì leggermente non appena accennò al fatto che tutto sommato fu anche una situazione piacevole da affrontare.
    "La ringrazio Comandante..." Disse un po' a bassa voce, dipingendo sul volto un'espressione contenta e sicura di poter da quel momento in avanti, colloquiare tranquillamente con lei, senza dover ripensare inutilmente a ciò che successe fra di loro qualche giorno prima in quel motel, per fermare una bomba potenzialmente esplosiva. Nonostante la donna espresse un certo apprezzamento in quell'amplesso, Duncan non volle concentrarsi troppo, altrimenti avrebbe visto Stige non più come autorità da rispettare, ma come persona con cui provare piacere ed appagamento, sempre se ci fossero state ancora occasioni per poter provare emozioni del genere. Eppure da quel momento ci fu un combattimento interiore, se cominciare a provare un certo interesse verso il suo superiore o meno. Era una bella donna, gli aveva fatto sentire emozioni forti in quel contesto durante la missione, ma non si sentiva all'altezza di una persona così, anche se magari poteva essere solamente una sua inutile paranoia. Forse, come disse lei stessa, era il caso di passare oltre.
    "Sì, a proposito. Volevo anche sapere se avesse una vaga idea di chi fosse quella persona mascherata. Del perché l'ha messa in quella situazione spinosa. Insomma, al di là dell'osservare certe scene esplicite, avevamo comunque a che fare con una bomba! Chi diavolo si permetterebbe di prendere alla leggera una minaccia del genere??" Chiese, cambiando completamente atteggiamento, quasi arrabbiandosi indirettamente con quella persona che ridusse Stige nelle condizioni che la costrinsero poi a doversi piegare a tanto pur di sventare una minaccia come quella. Per un capriccio di qualcuno, in ballo c'erano molte vite, Duncan una cosa del genere non la poteva tollerare e voleva capire se il suo Comandante sapesse qualcosa in più su quella faccenda e nel caso se potesse contribuire a sventare quella minaccia. Il mondo era pieno di pazzi e lui lo sapeva, ma mettere qualcuno nella posizione di scegliere fra l'umiliarsi o morire e far morire altre persone innocenti, gli sembrava proprio una cosa folle ed altamente ingiusta. Sperava che Stige gli spiegasse un po' con chi avessero a che fare e poi da lì avrebbe valutato come poter agire per essere d'aiuto alla donna. Del resto, oramai era un agente della Trinity.
     
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    Duncan sembrava finalmente aver ritrovato della sicurezza personale, superando le difficoltà e le incertezze della missione affrontata e traendone il massimo. Ora però era giunto il momento di parlare di risposte e Stige era sinceramente preoccupata di perdere il rispetto del suo nuovo sottoposto visto ciò che sapeva e che soprattutto aveva fatto. Aveva accettato quella missione solo per il bene di Londra e per poter contare su più risorse nel momento del bisogno, nemmeno lei sapeva quanto sarebbe potuta essere pericolosa quella manovra ma valeva la pena di rischiare e lo avrebbe raccontato anche al ragazzo, prima però avrebbe abbassato lo sguardo, cambiando l'espressione in qualcosa di più sincero e timoroso. Non lo avrebbe tenuto allo scuro di tutto, meritava di sapere anche se questo significava perdere il suo rispetto.
    Purtroppo devo dirti che non ci sono misteri, e io so tutto... ti spiegherò cosa è successo davvero, ma devi promettermi che non ne farai parola con nessuno, anche se potrebbe non piacerti... me ne assumo tutte le responsabilità e sentiti libero di non considerarmi più una brava persona dopo quello che ti dirò, ma sappi che l'ho fatto solo per aumentare le risorse a nostra disposizione in caso di pericolo. Non l'ho fatto in nessuna maniera per qualcosa di personale...
    Sospirò sonoramente, ci stava inutilmente girando attorno. Doveva parlare, era giusto che Duncan conoscesse la verità, quindi sollevò lo sguardo verso di lui e fissandolo negli occhi senza il minimo timore od esitazione, confessò.
    La donna mascherata che ha organizzato tutto questo si fa chiamare Karla, ed è un elemento di spicco nell'alleanza di cui fa parte... sono dei Cacciatori, ma in un senso che non sarei capace di spiegarti. Quello di cui puoi stare certo è che sono abili a raccogliere indizi e mettere fuori gioco elementi pericolosi per la pace e l'equilibrio. Non so se sia giusto definirli "buoni", ma sanno sicuramente fare il loro lavoro. Quella a cui appartengono è una società molto più che segreta che rispetta canoni, regole e rituali, se non sei disposto ad unirti a loro sei tagliato fuori e questo rende difficile le alleanze, tuttavia entrando in contatto con Karla sono riuscita a guadagnarmi la possibilità di dimostrare il mio valore a patto di rispettare le loro regole. Non ho esitato ed ho accettato subito, non avevo timore di ciò che dovevo affrontare... il resto lo sai. Io non sapevo nulla di quello che sarebbe successo, tutto ciò che mi ha detto Karla è che non avrei potuto combattere ma avrei dovuto affidarmi a qualcuno che non conosco, bendata e impotente, assumendomi ogni rischio della missione. E a quanto pare è riuscita a mettermi in una posizione scomoda. Ma superando la prova, ci siamo guadagnati la fiducia di Karla e dei Cacciatori, e in caso servirà ci aiuteranno o condivideranno con noi delle informazioni.
    A quel punto la testa crollò di nuovo verso il basso, Stige scosse il capo e sbuffò rumorosamente una seconda volta. Non era pentita, semplicemente avrebbe voluto poter dire di essere leggermente più cosciente in quel contesto, che magari le cose potevano andare meglio, ma quella se non altro era la pura verità.
    Forse non ho fatto la cosa giusta, forse ho corso un rischio inutile, Ma Duncan... ti assicuro che le nostre risorse sono molto meno che limitate, e spesso brancoliamo totalmente nel buio. Per il bene della patria valeva la pena correre qualche rischio, e io sono disposta a sacrificarmi pur di avere anche solo una possibilità in più verso i nostri nemici e i nemici di Londra. Spero tu possa capire, anche se non lo pretendo, quello che voglio tu capisci è che semplicemente non l'ho fatto per me, né per una dimostrazione personale. L'ho fatto per Londra e se necessario lo rifarei.
    Concluse a quel punto, tornando eretta e marziale, fiera di aver portato a termine una nuova missione non per sé stessa ma per ogni singola persona che faceva affidamento su di lei.
     
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    A Duncan venne in mente la scena a seguito del perverso amplesso a cui lui e Stige parteciparono. Quella persona con la maschera, blaterava qualcosa in francese, non aveva capito bene cosa stesse dicendo e non riusciva nemmeno ad inquadrare l'allineamento di tale soggetto, se potesse essere considerata una minaccia o meno, ci continuava a pensare come se fosse diventato il tarlo predominante nella sua testa a discapito dei sensi di colpa rivelati inutili per ciò che fece al suo Comandante proprio in quella missione. Ma quando la donna ammise di conoscere tutto, mise in chiaro che sarebbero state delle informazioni che solo Duncan doveva sapere e che probabilmente non gli sarebbero piaciute. Senza dire una parola, il ragazzo accennò col capo di accettare ciò che essa gli avrebbe detto da quel momento in avanti. Si mise ad ascoltare con attenzione, cercando di capire più cose possibili e all'inizio non digerì tanto facilmente il fatto che Stige si fosse piegata al volere di questa Karla e dei Cacciatori, quasi lasciandosi corrompere dal fatto che loro avevano più risorse delle forze di polizia di Londra. Mentre la donna parlava, il londinese cominciò a ragionare forse erroneamente che quell'organizzazione avrebbe cominciato a perdere credibilità ai suoi occhi, probabilmente si era illuso del fatto che la Trinity fosse la pura icona della giustizia nella Nuova Britannia, ma non era così. C'erano dei sotterfugi, qualcosa che non traspariva il giusto e a lui queste cose piacevano poco o forse nulla. Non voleva smettere di ascoltare, aveva deciso in cuor suo di dare fiducia al suo Comandante finché non avesse capito perché si fosse affidata a persone così, che agivano nel segreto e che pur di mantenere la pace e l'equilibrio agivano in modi parecchio folli e forse estremi. Quando Stige confessò che lo stava facendo per il suo paese e non sembrava pentita di ciò, il ragazzo venne colpito da tale devozione nei confronti della patria da parte della donna, che era sicura di ciò che diceva, risoluta e certa che era l'unica soluzione per garantire la pace nella Nuova Britannia. Quando essa finì, Duncan soffiò fuori dalla bocca, gonfiando le guance ed assumendo un'espressione quasi stupita sentendo quella spiegazione. Si dovette appoggiare alla sedia posta di fronte alla scrivania per reggere "il peso" di quelle informazioni, quei pensieri di sfiducia iniziali andarono in contrasto con quelli di sorpresa e stupore per la determinazione di Stige nel difendere la sua nazione ed i cittadini. Era indeciso, non sapeva se fosse meglio adottare un pensiero simile a quello della donna oppure affidarsi alla giustizia assoluta. Sapeva che non era il massimo farsi "corrompere" in quel modo, eppure il tutto era per il bene di Londra, per la sua pace. Molte domande balenarono nella sua testa, aveva il cervello nel caos, ma non poteva continuare a pensarci troppo, doveva concentrarsi sul fatto che quel giorno, molte vite vennero risparmiate, comprese le loro, grazie al lavoro sia sua che della donna.
    "Beh... Se dobbiamo metterla sul piano etico, ciò che sta facendo non è il massimo. Eppure, questa sua determinazione accrescere il mio rispetto e la mia ammirazione nei suoi confronti, Comandante! Lei è una donna straordinaria! Io farò di tutto per emulare le sue gesta e sono pronto a mettere la mia vita al suo servizio, anche a costo di morire non farò sapere a nessuno di tutto ciò!" Fu un cambio d'atteggiamento totale, Duncan si convinse che forse era meglio così, che tutto sommato Stige non aveva sbagliato ad agire in quel modo ed essendo la persona che teneva in mano le redini dell'ordine londinese, meritava tutto l'appoggio che il ragazzo avrebbe potuto darle, anche mettere a repentaglio la propria incolumità se fosse stato necessario. Mentre diceva quelle parole, il ragazzo assunse in volto un'espressione convinta ed entusiasta di confermare tutta la sua stima verso il suo Comandante, rizzandosi in piedi e stringendo il pugno della mano destra con uno sguardo sicuro di ciò che disse. Sembrava aver trovato il suo punto di riferimento.
     
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    Nel sentire le parole di Duncan dopo aver visto quell'espressione tanto afflitta e pensierosa, Stige riuscì a socchiudere gli occhi lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo, riuscì perfino a trattenere un sorriso a quel punto, anche se avrebbe davvero voluto condividere col ragazzo la gioia nell'aver trovato un così prezioso alleato. Non avrebbe tradito la sua fiducia, né la sua, né Londra.
    Una donna straordinaria avrebbe saputo farne a meno... io sono solo un agente, proprio come te Duncan, quindi da oggi in poi dovrò impegnarmi il doppio per sfruttare al massimo le nuove risorse e soprattutto fare in modo che queste non si ritorcano contro di noi. Conto sul tuo aiuto per riuscirci.
    Sentiva di essersi tolta un grosso peso dalle spalle, finalmente poteva sciogliere quella postura marziale. Parlarne con qualcuno le aveva permesso di inghiottire più facilmente quel grosso rospo bloccato nella sua gola. Avrebbe voluto fare di più, rischiare di meno, ma oramai il mondo girava in una direzione tenebrosa e imprevedibile, Stige doveva avere tutti i mezzi necessari per poter affrontare qualsiasi crisi, che fossero lo conoscenze dei Cacciatori, o che fosse il prezioso aiuto di un agente come Duncan. Scansò la poltrona dietro la sua scrivania e si adagiò su di essa, concedendosi un momento di pace prima di accavallare le gambe, dimostrandosi chiaramente più rilassata rispetto a quando il ragazzo era entrato.
    Duncan questo lavoro ti logora dentro. Gli unici momenti in cui hai un pò di pace sono quando lasci tutto per un pò e torni dalla tua famiglia, o qualsiasi cosa tu abbia di importante fuori di qui. Se non lo hai, rischi di impazzire, quindi segui il mio consiglio: trovati qualcosa da amare davvero, qualcosa per cui valga la pena combattere, oppure rischi di perdere di vista l'obbiettivo.
    Lei non ne aveva molte, la sua preziosa bambina era indubbiamente la più importante ,ma anche la sua famiglia aveva un certo spessore e magari anche i suoi nuovi amici. Sperava un giorno di poter considerare anche Duncan tra questi e di poter dire che combatteva anche per lui, farlo fianco a fianco sarebbe stato decisamente più piacevole ed intenso, una battaglia che si piega ai desideri di chi la affronta sembrava molto più facile da affrontare. Ma quella era probabilmente tutta un'altra storia, il consiglio di Stige era puramente dedicato al loro discorso originale. Cosa le aveva permesso di andare avanti fino a quel punto? Un posto dove tornare, con la persona per lei più importante ad aspettarla dopo un lungo giorno di scuola. Senza questo, Stige avrebbe già perso di vista l'obbiettivo principale, probabilmente lasciandosi assorbire da tutto quel marciume e da quell'infinita oscurità.
     
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    Proprio quello di cui Duncan aveva bisogno, delle spiegazioni, un chiarimento sulla posizione di Stige in tutto ciò ed avendo scoperto le cose come stavano, si sentì meno confuso e più determinato a perseguire i suoi obiettivi. Essere al servizio della Trinity ed in una donna come lei, non poteva chiedere di meglio, la sua nuova avventura come agente di polizia sembrava in crescita. Chiaramente anche il suo Comandante, dal modo in cui rispose, sembrò essa stessa non gradire moltissimo il contesto in cui dovette inserirsi, ma se non c'erano alternative, aveva pur sempre scelto il male minore fra i vari mali che circondavano quel mondo. Anche Duncan si diede questa convinzione, un motivo in più per non smettere di voler servire quell'organizzazione ma soprattutto la sua città, Londra. Lei in seguito mise in risalto un aspetto che era di fondamentale importanza se si voleva continuare a svolgere quel lavoro senza farselo odiare col tempo: trovare qualcuno da amare. La giustizia senza un briciolo di amore col tempo non è più giustizia e questo il ragazzo lo comprendeva bene. Se si fosse affidato esclusivamente a quella qualità, a lungo andare sarebbe diventato freddo, spietato ed avrebbe stravolto quel senso per cui lui stesso decise di mettersi al servizio di quella nazione. Aveva bisogno di motivazioni nobili, di dare uno scopo a quel continuo cercare di eliminare le ingiustizie, ma nell'esatto momento in cui si rese conto di ciò che disse Stige, il suo respiro si bloccò, lui fissò il suo sguardo nel vuoto, come se qualcosa gli fosse venuto a mancare in quell'istante. Con la bocca aperta, con gli occhi sbarrati e con le braccia a penzoloni, Duncan realizzò il fatto che lui una famiglia non ce l'aveva più, era rimasto solamente il ricordo dei loro genitori, un ricordo piacevole certo, poiché loro erano molto legati a lui ed il londinese di conseguenza era legato ad essi. Ma non poteva manifestare il suo affetto concretamente perché loro da un po' di anni erano morti, uccisi dal crimine, dall'ingiustizia che aveva comunque il suo ruolo a Londra. In quel momento capì che se non avesse trovato qualcuno o qualcosa con cui legarsi e provare sentimenti, avrebbe finito con l'odiare il suo mestiere.
    "C'è un problema, Comandante..." Disse, per poi interrompere la frase, abbassare lo sguardo, sconfortato da quella triste realtà che viveva, sembrava come se entrare nella Trinity fosse esser riuscito a trovare finalmente una casa, ma valeva ben poco se all'interno di quella casa non ci fosse una persona con cui condividere le proprie emozioni.
    "Non ho una famiglia. Non ho nessuno da amare. Sono praticamente solo e se, come dice lei l'unico modo per continuare ad essere un agente è amare qualcuno allora io... Non riuscirò a continuare in questo modo." Aggiunse, in preda alla tristezza, non avrebbe versato lacrime, ne aveva versate fin troppe in passato che oramai i suoi occhi non avevano più la capacità di lacrimare a motivo di forti emozioni di commozione. Duncan ci aveva fatto l'abitudine a quel suo stile di vita, probabilmente avrebbe col tempo smentito le parole di Stige, ma se lei per esperienza aveva appurato che solo amando qualcuno si poteva continuare a servire la giustizia, il ragazzo si rese conto che sotto quell'aspetto sarebbe partito svantaggiato. Non sapeva su chi contare, non sapeva chi potesse essere la persona verso cui provare dei sentimenti, da un po' di anni viveva in quelle condizioni e non sapeva se fosse un bene o un male continuare così.
     
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    Quando Duncan cambiò espressione, Stige si allarmò sinceramente, non aspettandosi una reazione del genere. Come mai il discorso aveva preso una piega simile? Il nuovo agente non sembrava più nemmeno convinto di quello che voleva davvero, una sconfitta su tutti i fronti neanche l'avessero fallita quella dannata missione. Poi le fece la sincera confessione di non avere nessuno da cui tornare alla fine di una giornata, una punizione anche peggiore che farsi infilare qualche pallottola in corpo durante il servizio. Una grande tristezza colpì Stige, il pensiero di non avere nessuno a casa ad aspettarla quando finalmente ci tornava la terrorizzava e la portava alla disperazione. Lei cercava sempre di circondarsi di persone che potesse chiamare amiche perché per quanto Nyx potesse darle tutto ciò di cui aveva bisogno, una persona non è mai davvero completa o sazia di sentimenti sinceri. Stige abbassò lo sguardo, girando velocemente intorno alla scrivania per piazzarsi davanti a Duncan, portandogli poi una mano sulla spalla, all'inizio con fare amichevole. Poi la fece scivolare sul braccio, mostrandogli uno sguardo materno, consolatorio.
    Vuoi darti per vinto con così poco? Non era neanche il tuo primo giorno questo...
    Accennò un leggero sorriso, prima di continuare a parlare. Doveva infondergli coraggio ma soprattutto speranza, la speranza di trovare una buona ragione per cui combattere.
    Nessuno rimane da solo per sempre, soprattutto se cerca la giustizia. Troverai qualcuno di speciale per cui vale la pena sacrificarsi. Noi esseri umani non siamo fatti per restare isolati, ma per unirci e farci forza a vicenda. Sei un ragazzo fenomenale, sarai un agente abilissimo ne sono certa, quindi se sai di essere già ottimo così nel lavoro, prova ad impegnarti nella tua vita sentimentale. Io non credo nell'anima gemella, ma sicuramente può esserci il colpo di fulmine. Londra ripone fede in te, quindi tu riponi pure fede in te stesso...
    Cercava di motivarlo a convincerlo che non sarebbe rimasto da solo per sempre, che gli bastava prendere l'iniziativa per ottenere quello che voleva, e che avrebbe avuto bisogno di ancora più forza per tenere stretto quello che riusciva a guadagnare. Stige era molto brava ad incoraggiare il prossimo, sia con le buone che con le cattive, Duncan non aveva bisogno semplicemente di una strada da seguire ma anche un esempio da seguire magari, e Stige era lì non solo come superiore ma anche come guida. Poteva affidarsi a lei in qualsiasi momento, ecco cosa voleva suggerirgli con quello sguardo risoluto.
     
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    Perdona l'attesa.


    Fu davvero una triste verità quella che espose Duncan a Stige, perché per quanto si dimostrò risoluto, sia nella missione portata egregiamente al successo e sia per essersi assunto la responsabilità di ciò che fece con lei in quell'occasione, aveva comunque anche lui degli scheletri nell'armadio, qualcosa da tenere rinchiuso e non far fuori uscire, altrimenti la sua vita avrebbe preso una piega triste, senza alcuna speranza. Aveva pienamente ragione la donna, la giustizia deve avere delle valide motivazioni, altrimenti perdi la voglia di lottare per qualcosa o per qualcuno e il ragazzo avrebbe dovuto rimediare proprio a quella mancanza interiore se avesse voluto continuare a servire in quel modo il suo paese. Il tono confortatorio, anche il contatto che cercò di trasmettere sicurezza ed incoraggiamento, Duncan apprezzò davvero ciò che Stige stava facendo in quel frangente, perché cominciava a capire che lei credeva in lui, nelle sue capacità ed abilità di agente di polizia. Si sentì parecchio sollevato da quell'incoraggiamento, ma quando se la ritrovò di fronte, i suoi occhi incrociarono quelli di lei e la donna non aveva in quel momento un'espressione autoritaria, ma di una persona che voleva il meglio per il suo sottoposto. Fu rapito da quello sguardo, da quegli occhi di ghiaccio che però sembravano più due diamanti che due pezzi freddi e privi di sentimento. Arrossì lievemente trovandosela di fronte e con quell'atteggiamento. Soprattutto nella sua mente echeggiò una frase che lei stessa disse: "Troverai qualcuno di speciale per cui vale la pena sacrificarsi." Ed in quel momento, la sua attenzione psicologica si focalizzò proprio sul suo Comandante, su Stige Poltergeist, fu una reazione praticamente automatica che il suo sub conscio gli trasmise. Non aveva avuto chissà che gran modo di conoscerla, si erano visti solamente due volte, la prima quando decise di assolvere l'incarico per la missione e la seconda fu proprio in quel colloquio nell'ufficio della donna. Però, inspiegabilmente il suo cuore cominciò a battere più velocemente, sentì un calore travolgente ed una strana sensazione, come se volesse esporsi e dire che era proprio lei la persona che secondo Duncan poteva definirsi speciale e per cui valeva la pena rischiare la propria vita. Ma pensieri contrastanti si fecero strada poco dopo, collegati alla loro posizione sia lavorativa che sociale, lei era sposata, aveva una figlia, era la Comandante di un'importante organizzazione a Londra. Lui era un semplice agente, cos'avrebbe spartito con una persona del suo calibro? Abbassò lo sguardo, sconfortato da questo conflitto interiore, c'era qualcosa che voleva dirle ma non riusciva proprio a farlo, non era sicuro dell'eventuale reazione che Stige avrebbe potuto manifestare se il ragazzo avesse espresso la sua opinione su di lei. Ma era certo che se non avesse detto nulla, probabilmente i rimpianti sarebbero stati tali da consumarlo più del rendersi conto che fino a quel momento non aveva nessuno da proteggere e da amare.
    "Io credo invece... Di aver trovato una persona speciale per cui rischierei la mia stessa vita..." Disse, con un filo di voce, rialzando lo sguardo. Avrebbe afferrato con entrambe le mani la mano della donna che era appoggiata al suo braccio, stringendo calorosamente la presa e facendo un passo avanti, accorciando le distanze tra di loro, in modo che i loro sguardi fossero ancora più vicini. Il suo respiro si sarebbe fatto più pesante, preso dall'intensità di quel momento, sapendo che forse non era la cosa giusta da fare, ma non aveva alcuna voglia di rimpiangere quel tentativo. Era pronto a tutto, anche ad una reazione negative di Stige, ma sentiva che andava fatto, che doveva provarci, indipendentemente dal risultato di quell'azione così diretta.
     
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    Il modo in cui l'espressione di Duncan tramontò gradualmente scoraggiò non poco il comandante, che non fu in grado di pensare di aver scelto le parole giuste, anzi sembrava quasi che il suo discorso avesse soltanto scoraggiato il giovane agente, dandole buoni motivi per rimproverarsene. Un compito fondamentale di una personalità di rilievo era anche saper accattivare e motivare i suoi sottoposti, e in quel momento lei aveva indubbiamente fallito. Non poteva farsene di certo una colpa, che Duncan fosse solo non era sicuramente colpa sua visto che si era arruolato per pura iniziativa personale, ma Stige pur dovendo mantenere un aspetto tanto glaciale non era affatto una macchina senz'anima che non si preoccupa per i suoi sottoposti, e saperlo privo di un motivo per lottare era davvero una tortura per il suo buon cuore. Ma qualsiasi pensiero venne interrotto dall'iniziativa improvvisa di Duncan che, afferrandole la mano calda, chiuse le distanze cogliendo di sorpresa la Comandante che alzò gli occhi diamantini verso di lui, come alla ricerca di una spiegazione. Ne trovò una parvenza in quelle parole audaci. Stige non era affatto una ragazzina in piena tempesta ormonali, inoltre gli anni nella polizia avevano affinato i suoi talenti di detective, per lei raccogliere indizi era come respirare e ciò che stava facendo Duncan non le sfuggi nemmeno per un istante, ma non poté non domandarsi se fosse giusto o sbagliato. Una domanda tanto difficile che la costrinse addirittura a farla a lui.
    Duncan... che stai facendo?
    Una domanda retorica, che somigliava quasi ad un rifiuto vista la sua espressione contrariata, tuttavia il suo corpo non si allontanò, non perché non ne aveva il controllo ma perché non voleva dargli l'idea di essere totalmente repulsa da quel pensiero, sicuramente gli avrebbe dato un'idea strana visto quello che avevano passato assieme nell'ultima operazione, non c'era vergogna in quello che avevano fatto e non lo avrebbe mortificato in maniera tanto diretta neanche in quel momento, tuttavia doveva prima di tutto capire per sé cosa stava succedendo, e si ritrovò ancora una volta ad esitare, concedendo a Duncan il tempo per fare la mossa seguente. Lei, da canto suo ,era totalmente spezzata in due. Non per il ragazzo, non per la sua famiglia ma per un sentimento molto più specifico, qualcosa di particolare che aveva riacceso da poco, e che da quando aveva fatto brillare ancora non riusciva più a spegnere. Era la fiamma che quel dannato professore aveva innescato dentro di lei, un calore tenue e piacevole da tenere al proprio fianco, impossibile da spegnere e che può divampare come un incendio se non tenuta a bada. A spezzarla, era pensare a cosa potesse dire quel dannato lascivo osservandola in quel momento, le sembrava quasi di vederlo alle spalle di Duncan che la fissava divertito, come se fosse impazzita di colpo ovviamente, ma ben consapevole di cosa stava vedendo. Cosa avrebbe potuto dire? Che trattenersi significava che apparteneva a lui, che sapeva di non doversi concedere ad altri perché in fondo ciò che desiderava lo aveva trovato. ma gettarsi tra le braccia di Duncan... significava forse aver accettato quella fiamma perversa che aveva acceso nel suo ventre, e che aveva trasformato anche l'implacabile Frozen Maiden in una schiava delle sue pulsioni? Era confusa, letteralmente divisa in due, e non riusciva a fare un solo passo, così come nella realtà, così come nei suoi pensieri.
     
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    Essere così vicini, a pochissimi centimetri l'uno dall'altra, fu una sensazione più intensa ed emozionante per Duncan. Risultava strano pensare che ebbe il privilegio di toccare il magnifico ed affascinante corpo di Stige, ma le ragioni erano altre e non vi era alcun sentimento coinvolto o perlomeno se ce ne fosse stato qualcuno, non stava emergendo come in quel frangente. In quell'ufficio si respirava un clima completamente diverso rispetto alla missione che i due affrontarono qualche giorno prima. Sembrava che la donna avesse quasi dimenticato ciò che successe, mentre l'agente non aveva affatto dimenticato, anzi. Probabilmente, in quell'oscena situazione, il ragazzo inconsapevolmente aveva trovato nel suo Comandante un chiaro punto di riferimento, forse l'unico nella sua vita dopo anni, dopo che i suoi genitori vennero a mancare. Non sapeva nemmeno se fosse una cotta adolescenziale o se ciò che provava era un sentimento forte nei confronti di Stige, non era un tipo che si innamorava di una ragazza dopo il primo incontro. Eppure in lei forse vide qualcosa che in altre donne fino a quel momento non aveva mai visto, non era certo di cosa fosse, ma si sentiva attratto da lei. Rabbrividì leggermente quando la donna gli fece quella domanda, stava manifestando un'espressione sul viso diversa da quella del suo sottoposto, non pareva tanto felice di quella mossa che Duncan fece nei suoi riguardi, ma non sembrò volersi staccare da lui, evidentemente chiedeva delle spiegazioni al londinese. In quel momento, il ragazzo dipinse sul volto un'espressione persa, come se fino a quel momento qualcuno avesse manipolato il suo cervello per spingerlo a compiere azioni simili, risvegliato da quello stato di trance proprio dalle parole di Stige. Già, che cosa stava facendo? Era davvero giusto spingersi fino a quel punto con una persona che aveva una vita completamente diversa dalla sua e che conosceva appena? Quando però la sua attenzione si focalizzò nuovamente sulla donna, quella sensazione di forte attrazione verso di lei si risvegliò e l'esitazione che ebbe, in pochissimi secondi sparì, lasciando posto ad una strana sicurezza nelle sue intenzioni. Non era in grado di esprimere parole, di dare una risposta verbale alla domanda del suo Comandante. Sarebbe semplicemente passato ai fatti. Si sarebbe avvicinato col viso a quello di Stige, abbassando lo sguardo verso la bocca di lei e nel mentre, avrebbe tolto una mano, la sinistra dalla presa della mano della donna, volendo posarla sulla sua guancia destra. Dopo ciò, con un movimento lento ma deciso, avrebbe posato le sue labbra su quelle di lei, inclinando la testa sulla destra per mettersi comodo e volersi godere il bacio che avrebbe cercato di darle. In tutto ciò, il suo cuore avrebbe pompato all'impazzata, il calore del suo corpo sarebbe aumentato notevolmente, ma era come se i sentimenti, ancora piuttosto indecifrati, stessero prendendo il sopravvento sulla sua ragione. Non era solito Duncan farsi comandare dal cuore, ma in quel caso, fu travolto da delle emozioni che non riuscì proprio a sopprimere, sentiva che doveva farlo, giusto o sbagliato, non gli importava affatto. Era pronto anche a subìre le eventuali conseguenze di quelle azioni, una parte di sé era convinta che Stige l'avrebbe categoricamente rifiutato, ma un'altra parte sperava che essa si lasciasse andare e che arricchisse l'opinione che aveva di lui con qualcosa in più, oltre che riconoscerne il valore in termini di lavoro e di professionalità, anche come uomo, come persona che poteva dare qualcosa per gli altri, che era in grado di regalare emozioni.
     
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    Duncan si abbandonò all'istinto, non senza qualche esitazione, Stige conosceva bene quell'espressione combattuta, la vedeva spesso attraverso lo specchio di casa sua, ma a differenza di lei il suo sottoposto sembrava sapere perfettamente cosa voleva e forse non poteva neanche fargliene una colpa dato che in fondo lei stessa gli aveva concesso una rivelazione tanto importante. Per questo non indietreggiò, o meglio: fu un tentativo piuttosto goffo. Stige si irrigidì per un istante, serrando le labbra e i pugni lasciandosi sfuggire un leggero vagito di sorpresa, poi le loro labbra si unirono e quando la mano del ragazzo raggiunse la guancia che sgranata ospitava gli occhi sorpresi del comandante, Stige sentì chiaramente il suo calore e la sua volontà invaderle il corpo, come una sensazione del tutto nuova. Non esitò molto, anzi no lo fece per nulla, timidamente lo lasciò avvicinarsi, per poi ricambiare il bacio socchiudendo lo sguardo, cercando di lasciarsi trasportare da quella bella sensazione. Ecco cos'era mancato nel loro primo incontro... una situazione critica certo, ma molto, molto piacevole. Si era convinta che si trattasse meramente di lavoro, di dovere, ma non poteva negare la sua femminilità, il suo desiderio di ricevere calore, che fosse una maledizione o una benedizione, lo voleva. Questo non significava però che fosse succube dei suoi sensi, anzi ne fu pienamente coinvolta ma capace di controllarli. Si concesse quel bacio, sarebbe stata un'ipocrita ad allontanarlo visto che lo voleva anche lei, ma quando le labbra si staccarono di colpo lasciando che quell'esperienza piacevole finisse, il Comandante serrò la mano destra sul petto del suo sottoposto, come a volerlo allontanare ma totalmente priva di aggressività e, a conti fatti, forse Duncan non si spostò che di qualche centimetro. Lo sguardo di Stige rinsavì, ma era ora rivolto verso il basso, con la testa piegata da un lato. Aveva le gote leggermente arrossate ma non dall'imbarazzo. Per una donna come lei non c'era spazio per un sentimento così infantile.
    Non fare così... questo... questo non va bene... non siamo animali Duncan, io... voglio una risposta.
    Le dita si strinsero sulla sua divisa, quasi come se volesse attirarlo verso di sé, ma non lo spostò di un solo passo, sembrava più che a quel punto fosse lei che non voleva farlo allontanare, ma neanche avvicinare di nuovo. Lo spinse nello stesso limbo in cui si trovava lei, dove non poteva negare il suo bisogno di calore, ma neanche poteva accettarlo come una mera dimostrazione di iniziativa. Non voleva una smielata dichiarazione d'amore, ma voleva una risposta almeno da lui, dato che Stige non riusciva a trovarla. Se aveva trovato la forza di prendere una simile iniziativa, allora doveva trovare la forza anche per darle una risposta.
    Cosa... stai facendo...?
    Gli occhi di Stige si sollevarono verso di lui, lentamente, occhi languidi ma risoluti, non avrebbe ceduto ancora una volta alla lussuria come una mera ragazzina, ma se voleva davvero concedersi il calore di un compagno che considerava meritevole, allora voleva essere certa che non fosse un semplice animale, ma che avesse una risposta accettabile anche per lei. Quel poco di contatto che avevano in quel preciso istante bastava per sentire ogni cosa: il battito del cuore di Stige che accelerava era chiarissimo attraverso le sue dita, il suo petto prosperoso sembrava quasi protrarsi verso Duncan, proprio come le sue labbra, che bramavano una risposta, una qualsiasi, che le permettesse di riprendere ciò che avevano smesso. Si odiava profondamente per non essere capace di fare a meno di tutto questo, ma lei stessa lo aveva ammesso... senza qualcosa per cui vale la pena morire, come si può lottare fino alla fine?
     
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    Quanto avrebbe voluto Duncan che quel momento, quel bacio così atteso, durasse per ore ed ore. Fu come se il tempo si fosse fermato, come se le loro labbra s'erano scambiate sufficiente calore per continuare a desiderarsi a vicenda ed il fatto che Stige non rifiutò certo quel gesto, diede dei segnali incoraggianti al ragazzo che avrebbe voluto continuare, magari approfondire meglio l'approccio diretto. Troppo bello per essere vero, di fatto in realtà passarono pochi secondi e non appena le due bocche si divisero, la donna cercò con un modo di fare comunque non molto convincente di voler respingere in qualche modo quella vicinanza del suo sottoposto. Un po' se l'aspettava Duncan, non pretendeva certo che il suo Comandante si concedesse con ogni libertà al suo desiderio di avere un contatto così intimo con lui, del resto era sposata, aveva una figlia, aveva un ruolo da mantenere e quindi distinguersi da coloro che invece erano semplici agenti, proprio come lui. Ciò che interessava a lei era una risposta, capire cosa il londinese stesse facendo e cosa forse volesse da Stige, sempre che il ragazzo avesse una risposta logica e concreta da darle. Probabilmente, di logico c'era poco o nulla, perché erano coinvolti fattori costantemente altalenanti come lo erano i sentimenti. Dunque lì per lì non sapeva cosa potesse dirle, se quello che le avrebbe detto la potesse soddisfare. Però di una cosa era convinto: il Comandante era diversa da tutte le altre donne, forse perché vedeva in lei l'icona di giustizia, malgrado fosse a conoscenza dei sotterfugi che dovette fare per mantenere la pace a Londra. Ma del resto, nessuna organizzazione al mondo funziona in modo impeccabile, quindi non aveva poi motivo di criticarla. Piuttosto, rimase sorpreso ed affascinato dal carisma che la circondava, da quel suo modo autoritario di chiara facciata che però nascondeva un essere umano, capace di provare emozioni, ma di sapersi comunque nel limite delle possibilità controllare.
    "Io..." Iniziò a parlare, volendo scrutare lo sguardo di Stige, immergersi nuovamente in quegli occhi glaciali che lo stregarono fin da quando li vide, da quella sua espressione che in quel momento era puramente femminile, dal viso di una persona di un certo livello che però sapeva essere umana. Avrebbe voluto dire mille cose, ma forse non era il caso, si sarebbe perso il climax di quel momento, la vera essenza delle azioni che Duncan compì in quel frangente e di sicuro il rifiuto sarebbe stato garantito.
    "E' lei Comandante la sola ragione che mi spinge a voler continuare a servire la giustizia. Voglio essere come lei e nel contempo voglio starle vicino. Se lei mi concederà questo, le prometto che darò tutto me stesso per questo lavoro, anche la vita se sarà necessario! Ma la prego... Mi conceda l'onore ed il privilegio di starle accanto, Stige Poltergeist." Finì la frase, come se l'avesse detta tutta d'un fiato, con un tono di voce caldo, deciso e che non incespicava nel mentre. Furono queste le parole che vennero in mente a Duncan come risposta da dare al suo superiore, non gli venne certo da dire frasi piene di un sentimento che era ancora alle fasi iniziali e forse sarebbe rimasto tale, non si poteva sapere con certezza. Ma era ciò che lui pensava, era il modo in cui vedeva la donna e forse ad avvalorare la cosa fu ciò che fece con lei in quella missione, non poteva nascondere che in mezzo ci fosse anche l'attrazione fisica, ma unendola all'opinione che aveva di lei, la rendeva una persona con cui il ragazzo avrebbe voluto passare più tempo che poteva assieme. Dopo che disse quelle parole, avrebbe afferrato la mano destra di lei appoggiata al suo petto e l'avrebbe stretta calorosamente, così come aveva ancora la presa sull'altra mano che tenne già prima del bacio. Non distolse per nulla lo sguardo da Stige, ma la guardava con occhi convinti e pieni di attrazione nei riguardi del suo Comandante. La risposta la diede, bisognava capire se la donna l'avesse accettata o meno, ma Duncan ciò che doveva dire lo disse, senza pentirsene.
     
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