Tela di ragno

Per Hyp

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    Per una rara volta da quando aveva abbandonato l'esistenza di anima dannata per ottenerne una forse addirittura più costrittiva, Lucia era riuscita a ritagliarsi un momento completamente per se stessa. Lontana da Leben, lontana da Thresh, lontana dagli alunni o persino da Hazel, che oramai era diventata parte integrante della sua vita. Non era stato troppo difficile separarsi da lei, in realtà. Sua madre sembrava tenerci particolarmente a stare lontana dalle lanterne, specie dall'ultima esperienza avuta, ma soprattutto sembrava voler evitare di incappare troppo spesso negli zombie che la circondavano, probabilmente per paura che scoprissero del suo passato e boicottassero i suoi piani per ricongiungersi al suo clan di nascita, o forse semplicemente per la loro malvagità. Lucia non poteva proprio darle torto. Seppur amasse Thresh ormai con ogni fibra del corpo, sapeva bene di quali atrocità fosse capace, e se anche egli avesse potuto salvarsi (e non poteva), Leben rimaneva una delle creature più detestabili che ella avesse mai avuto il dispiacere di conoscere, e per prima sapeva fin troppo bene quanto gli altri seguaci di Apocrypha potessero essere addirittura peggiori. Forse non li conosceva tutti ancora, per sua fortuna, ma ad esempio ancora rabbrividiva al solo sentir nominare Gil e cercava in ogni modo di non farlo lei stessa per paura che le spuntasse alle spalle da un momento all'altro, neppure si trattasse dell'uomo nero o una leggenda simile. Si riteneva fortunata a essere riuscita abilmente a evitarlo dal loro primo e fortunatamente unico incontro ravvicinato, perché la sola idea la gelava nel profondo. Quel giorno aveva scelto di allontanarsi da tutti proprio perché si sentiva in pena, persa in pensieri sempre più cupi che le avevano fatto sentire il bisogno quasi vitale di uscire e allenarsi. Non era ancora abituata a quelle sue nuove abilità, ai sensi più sviluppati o alla forza migliorata. Ancora le veniva difficile immaginarsi intenta a combattere corpo a corpo con qualcuno, ma si era rivelata abbastanza capace a sparare, e anche se sapeva che ciò non le avrebbe affatto donato le possibilità di farsi valere e proteggersi se fosse servito, si era svegliata con il bisogno di muoversi; lei che in vita sua non aveva mai neppure indossato un paio di pantaloni o di scarpe sportive. Non era giunto nemmeno il primo albeggiare, eppure era stata già pronta per uscire. Aveva scelto un luogo all'aperto, in cortile, vicino alla palestra, poiché sapeva che sarebbe rimasto sgombero fino alle undici almeno, dato che non erano in programma attività ricreative fino a quell'orario. Non avendo alcuna conoscenza di un abbigliamento consono all'occasione, né un guardaroba ricco di abiti moderni, aveva preso dall'armadio l'unico capo che prevedesse un paio di pantaloni, maledicendo se stessa e Leben non appena si era accorta di quanto fosse scoperto. La zombie come sempre teneva particolarmente a torturarla, poiché aveva scritto sull'etichetta "Adatto all'educazione fisica" ma con la schiena esposta al freddo del mattino Lucia si era resa conto troppo tardi di essere caduta in un tranello. Il capo incriminato era una tuta iper attillata che sì, risultava in effetti estremamente comoda e aderiva al corpo come una seconda pelle, ma aveva anche decisamente troppi buchi sulla parte posteriore, senza contare che non permetteva in alcun modo di nascondere il suo "piccolo" segreto sul davanti, che dunque era stata costretta a infilare tra le gambe in una posizione decisamente scomoda e dolorosa, stretto in dell'intimo piuttosto costrittivo che mal si sposava con la sua pretesa di allenarsi. Al posto di un paio di scarpe basse adatte all'attività fisica, la tuta faceva coppia con delle scarpette dal tacco basso molto particolare, che risultava estremamente flessibile e "a molla", così da rendeva più comodo camminare, saltare o correre. I capelli erano legati in una coda di cavallo alta, piuttosto semplice rispetto ai suoi standard e che lasciava la chioma libera di mostrarsi in tutta la sua lunghezza, arrivandole quasi al sedere. Per finire indossava un corto impermeabile con cappuccio così da resistere al gelo del primo mattino. Ovviamente non aveva esitato a calarsi sulla testa quest'ultimo capo come una specie di protezione che potesse nasconderla al mondo... nonostante, visto il luogo deserto, non avesse realmente bisogno di una simile precauzione. Nonostante tutto comunque, era rimasta fermamente decisa riguardo al daffarsi, e piuttosto che perdere tempo a cambiarsi si era limitata a inoltrarsi nel cortile lasciando che fossero gli alberi a nasconderla da eventuali occhi indiscreti. In quel momento in particolare stava esercitandosi nella mira: aveva disegnato dei cerchi magici su una serie di alberi posti a diversi metri da lei, alcuni anche a centinaia di metri, ed uno ad uno stava testando fin dove riuscisse a restare precisa, dapprima con il lancio dei suoi semi e poi con gli spari. Purtroppo non aveva raggiunto neppure i 20 metri scarsi che già si ritrovò a sbagliare, derisa persino dalla riproduzione del cranio di Thresh posto sulla sua pistola, che le rivolse una risata derisoria. Per poco non le vennero le lacrime agli occhi; Leben aveva fatto un gran lavoro con quella dannata pistola: la riproduzione era perfetta e la risata, proprio come quella reale, era altrettanto in grado di penetrare il cervello. Dopo lo sparo, chiuse gli occhi, le braccia ancora tese a sorreggere l'arma e il dito sul grilletto, cercando di respirare a fondo e scacciare per l'ennesima volta la sensazione di trovarsi nel posto sbagliato, nel mondo sbagliato. Era da qualche tempo oramai che, una volta ogni tanto, quando restava per troppo tempo immersa nei propri pensieri, veniva colta da quell'opprimente sensazione al petto; la sensazione di sentirsi inadeguata, in trappola. Si era sforzata di tornare alla normalità e ogni volta che stava con Thresh ci riusciva, ma quando lui non era lì a tenere insieme i pezzi, lei si spezzava e sentiva i propri pensieri spargersi a terra come infiniti frammenti di specchio. La verità era solo una, e si sforzava di tenerla per sé: da quando aveva avuto quell'esperienza con Gabriel, il mercenario che le aveva fatto passare ben 3 notti in gattabuia, i dubbi riguardo la sua posizione erano tornati, se possibile più pesanti di prima. Aveva sempre saputo di stare dalla parte sbagliata, ma dopo di lui... Si chiedeva se non stesse diventando un mostro a propria volta... e se no, quanto ancora avrebbe potuto resistere prima di oltrepassare quella soglia. Il ricordo della reazione dell'uomo al nome di Faust, alla sua voglia di sesso, a ciò che era diventata... la tormentava. Lo rivedeva in sogno quasi ogni notte, e di rimando finiva per pensarci di giorno. Si sentiva come una mosca intrappolata nella rete di un ragno, che continuava a venir tessuta ad ogni piccolo passo che faceva. E quando le riusciva di liberarsi un braccio o una caviglia, eccola puntualmente incagliarsi di nuovo. Se solo Thresh non le avesse mostrato il suo affetto... se lei non gli avesse creduto ciecamente, forse allora avrebbe trovato la forza di scappare... ma ora lo amava, n'era dipendente, e l'unica cosa che le restava da fare era il continuo cercare di rimanere aggrappata a quello stralcio di anima che l'era rimasto, per quanto misero fosse. Qualunque cosa accadesse. Persa nella sua stessa mente, preda di quella giornata all'insegna dell'introspezione non necessaria, aveva continuato a sparare, e sparare, in direzione dell'albero distante venti metri. Alla fine, si avvicinò al suddetto alla ricerca del proprio seme, o quantomeno dei segni dei proiettili, rendendosi presto conto dell'amara verità: lo aveva a malapena sfiorato con il primo, e mai centrato con i secondi. Con la mano tremante sfiorò quel minimo, miserissimo traguardo raggiunto: un graffietto sulla corteccia integra. Si guardò intorno, osservando le dannate piante del suo potere che iniziavano a formarsi sui tre alberi precedentemente colpiti: quello a cui aveva sparato da 5 metri, quello dei 10, e quello dei 15. Allorché tornò con lo sguardo sulla propria mano tremante, ferma su quel misero segnetto. Lo fissò a lungo, poi posò la fronte sul dorso bronzeo... e pianse.

    Edited by .Bakemono - 30/10/2017, 02:38
     
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    Le inquietanti carte da gioco appena scartate scivolavano sul tavolino improvvisato in mezzo alla stanza, piazzato di fianco ad un treppiedi che sosteneva una sofisticata telecamera attaccata a quello che sembrava un intricato sistema di fili e congegni che serviva a filtrarne il segnale e renderlo quindi impossibile da rintracciare. Intorno al tavolino c'erano due massicci ragazzi della Sapienza, due membri dei Cavalieri neri in sostanza, che sotto le giacche avevano la casacca della squadra. Gli altri due invece erano Galahad, sempre nascosto dalla pesante giacca e il grosso elmo, e per ultimo invece c'era Gil, vestito in maniera abbastanza dozzinale ma quanto bastava per dargli un'aria inquietante: jeans neri con scarpe sportive dello stesso colore e lacci bianchi. Un paio di cinte nere di pelle con le fibbie posizionate sui fianchi invece che davanti al ventre. Sotto la giacca violacea faceva capolino una maglia nera con sopra un teschio rosso stilizzato disegnato. La giacca aveva le maniche tirate su fino ai gomiti, sulla testa aveva il cappuccio indosso e sulle mani sfoggiava un paio di guanti in pelle molto piccoli che non coprivano neanche il polso e lasciavano le dita scoperte. La sua lanterna emanava un leggero fumo rosso mentre dra i denti rosicchiava quello che sembrava un grosso lecca-lecca dal gusto particolare.
    Sbaglio o ha suonato l'allarme prima?
    Commentò Gil mentre osservava le carte che aveva in mano, subito Galahad si voltò nella direzione in cui era rivolta la telecamera, osservando lo scenario: su uno sfondo che somigliava alla parete di un cesso pubblico per le scritte umilianti che c'erano sopra, una ragazza legata saldamente ad un'impalcatura e legata come bestiame usando corde di fortuna e ganci infilati tra carne e muscoli se ne stava appesa a testa in giù, con le gambe spalancate, le braccia legate dietro la schiena e gli occhi bendati. Il suo ventre era rigonfio e pieno di scritte, i suoi orifizi erano gonfi e dilatati, riempiti alla come viene di vibratori che oramai stavano esaurendo le batterie e si muovevano quindi lentamente. Attaccata alla bocca della ragazza c'era una mascherina che sfociava in un tubo collegato a quella che sembrava una gigantesca flebo di sperma, che vista la posizione la costringeva ad ingurgitare tutto ed aumentare le dimensioni del suo ventre. La "flebo" era oramai giunta al termine e la ragazza aveva perso i sensi già da qualche minuto, nonostante il corpo continuasse a rimettere e lanciare versi visibilmente al limite delle sue possibilità.
    Direi proprio che ha finito.E abbiamo finito anche noi.
    Galahad mostrò la sua mano, cosa che scoraggiò subito gli altri due studenti che reagirono scagliando via le loro carte, mentre invece Gil sospirava arreso, rigirando la caramella tra i denti con fare nervoso.
    Odio giocare a carte con te, non vinco mai.
    Galahad era un tipo ordinato, per questo iniziò a raccogliere velocemente le carte in modo che non restassero in giro, servendosi della coda per recuperare quelle che gli altri avevano scagliato a terra.
    Non è una questione di bravura, non sei molto fortunato con le scommesse.
    Gli altri due studenti ridacchiarono, avevano capito l'allusione di Galahad a proposito del fatto che di solito, quando Gil si metteva in gioco, finiva solo nella merda, un pò come quando era morto come un novellino per ricattare due streghe quasi onnipotenti. Con l'orgoglio toccato, Gil sfoggiò uno sguardo indispettito verso gli altri, lanciando le sue carte addosso a Galahad mentre andava a smontare la telecamera per interrompere la diretta.
    E' solo colpa del fatto che non trovo scommesse stimolanti! Oramai... è tutto troppo facile. E quello che è difficile richiede tempo. Lo sai come dice il professore no? Pazienza... pazienza! E' sempre una questione di pazienza con lui... fottuta pazienza...
    Hai delle rimostranze verso Carnovash Gil? Forse allora lo stimolo di cui hai bisogno è nei suoi confronti. Non hai mai pensato di sfidarlo in qualche modo?
    Pfff... e tu? Ammesso di trovare una ragione per sfidarlo, chi di noi ha speranze di battere quel mostro? E' un combattimento perso in partenza...
    Gil... non mi pare di aver parlato di combattimento.
    Il giovane zombie e il ragazzo mascherato si scambiarono quindi uno sguardo, dapprima perplesso, che poi fece spalancare un ampio sorriso sul volto del non morto. Si... forse quella poteva essere una sfida interessante.
    La trovò in palestra, come previsto, la sua caramella era quasi finita ma fortunatamente Gil sentiva odore di lacrime, che di solito hanno un gusto migliore di qualsiasi altro dolcetto. Gil avanzava lentamente con le mani nelle tasche della giacca, osservando con un certo entusiasmo le curve che quel vestitino attillato disegnava sul corpo di Lucia. Impossibile pensare che quello fosse un maschio in realtà, non aveva neanche lontanamente l'aspetto, le fattezze o i modi di un ragazzo, se non fosse stato per il cazzo che si portava in mezzo alle gambe non ci sarebbe stato il minimo dubbio sulla sua appartenenza. Ma questo non aveva importanza, già nella sua vita passata Gil non si era fatto problemi a ricattare gente di ogni tipo, niente che una parrucca e un pò di trucco non potesse sistemare, era solo una questione di umiliazione, non di attrazione fisica. A chi vuoi che importi quanto fosse femmineo un culo che avresti rotto a suon di calci o cazzi? Non aveva la minima importanza. Ora però la fame di Gil era diventata assai più complessa da saziare, le vittime che selezionavano con gli altri Knights e Thresh per alimentare il terrore nel deep web e raccogliere più curiosi non lo stimolava più di tanto, era un bel passatempo ma in confronto a quello che aveva ottenuto dopo la sua rinascita... no, non bastava più. Le streghe di Umbra e le altre combattenti che era stato capace di battere e seviziare nel tempo dopo aver affinato le sue capacità erano prede molto più succulente, ma stuprare e basta con pochi risultati non era più appagante. Le vittime che aveva collezionato, corrotto e spezzato fino alla perversione più estrema erano finite col "rompersi" troppo presto lasciandogli assolutamente nulla tra le mani. Forse era un suo difetto, forse era sfortuna, ma l'idea di Galahad gli aveva fatto venire in mente che c'era solo un modo per fare dei test e trarre conclusioni: accaparrarsi una vittima che non fosse stata scelta da lui. E chi se non la vittima per eccellenza del suo maestro?

    Beh neanche io me la cavavo bene i primi tempi con i tiri precisi, ma mettersi a piangere addirittura... dai, mi sembra esagerato.
    Non volle fare mistero della sua presenza lì, voleva semplicemente farsi notare in modo che Lucia si rendesse conto di cosa stava facendo e soprattutto davanti a chi... e soprattutto com'era vestita davanti a chi. infatti avrebbe trovato dietro di sé un Gil decisamente troppo vicino e con un sorriso decisamente troppo largo. Quelle cicatrici identiche a Thresh stavano quasi meglio su di lui, visto che fin da piccolo aveva imparato a sorridere in maniera tanto falsa e inquietante. L'occhio della sua lanterna risaltava rispetto all'altro, perché più luminoso e fumante dell'altro.
    Ciao bel culetto, è un pò che non ci vediamo...
     
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    Lucia capì di chi si trattasse ancor prima che potesse percepirne l'aura alle proprie spalle. Era assurdo e inverosimile che proprio lui si fosse presentato, quasi se lo fosse richiamato addosso solo pensandoci un secondo, come una maledizione o la sfortuna più nera, eppure n'era sicura. Lo sentì per istinto, proprio come lo aveva sentito quando ancora era un semplice spettro privo di sensi affinati. Forse aveva perso la capacità di trasformarsi, di levitare, di divenire evanescente... ma non quell'indelebile legame con il mondo del terrore che le faceva percepire il marciume presente in Gil quasi potesse vederlo uscire e gocciolare da ogni poro della sua pelle. Aveva sentito tanti racconti orribili sul suo conto nel tempo in cui si era sforzata di evitarlo come la peste, ma ciò che mai avrebbe potuto dimenticare era il ricordo di quello che aveva fatto al loro primo incontro... a lei, a quelle povere bambine...
    La sua voce irritante e sgraziata che ripeteva "Frocetto" alla nausea, ridendo di lei mentre le pisciava addosso e la umiliava in più modi iniziò a rimbombarle nella testa, minacciando di trasformarla ancora una volta in una statua di sale al suo cospetto... e di mandare sangue nei punti più sbagliati del suo corpo. Solo che stavolta, in un moto di orgoglio, piuttosto che lasciarsi congelare sul posto o eccitare ingiustificatamente, Lucia si bloccò per altri motivi. Smise di singhiozzare, lentamente, come se non avesse mai iniziato, e staccando la fronte dalla propria mano si portò le dita sotto gli occhi per asciugarsi silenziosamente le lacrime, senza tirare su con il naso o tanto meno disfare il trucco leggero che portava. Non aveva esagerato, giusto un filo di matita marrone per intensificare lo sguardo, e mascara adatto alle bionde per pettinare le sue lunghe ciglia, voluminose di natura. Il perché si fosse data tanta pena se era stata certa che non l'avrebbe vista da nessuno era un mistero anche per lei, e ora si pentì di non aver prestato meno attenzione al proprio aspetto, vista lo spiacevolissimo incontro. Chiuse gli occhi un attimo, sorreggendosi all'albero e approfittando di dargli le spalle per poter riordinare le idee senza che lui la vedesse. Velocemente, più velocemente di quanto non avrebbe potuto in passato, passò dall'introspezione e i pensieri futili a valutare quali fossero le possibilità a sua disposizione per affrontare il problema. Ora lei era un po' più forte, certo, ma non aveva comunque alcun modo di affrontarlo fisicamente. La sua pressione energetica sembrava se possibile più pesante di quando ella stessa non ne possedeva nessuna, forse proprio perché adesso poteva riconoscerlo anche con i sensi per quello che era: una creatura che aveva trasceso l'umanità da tempo. Se avesse iniziato a correre, probabilmente avrebbe ottenuto soltanto di divertirlo e dargli un motivo per aprire una caccia, ispirato anche dal luogo deserto e dall'alba che stava iniziando. No, decisamente non aveva via di scampo sul piano fisico... tuttavia non era più così indifesa come il passato. Non c'era una Leben a dar man forte a quel mostro per fare di lei ciò che voleva, e benché non ci fosse neppure Thresh, beh... ella aveva comunque dalla sua la fedeltà e la protezione dello zombie. N'era (quasi) certa. Una volta le aveva detto che avrebbe potuto scegliere qualsiasi amante desiderasse, purché lo desiderasse, e che avrebbe potuto respingere invece chi non l'era gradito. Bene, Gil non l'era affatto gradito. E sperava con ogni fibra del corpo che questo potesse bastare. Ammesso che il ragazzo sapesse di quanto lei si fosse legata al torturatore, e ammesso anche che non stesse peccando di arroganza pensando che Thresh l'avrebbe protetta anche da uno dei suoi pupilli come poteva essere lo stesso Gil. Ingoiò sonoramente, prima di potersi separare da quell'albero, staccandosi così lentamente che per un attimo si mosse a scatti, salvo ricordare solo allora di come fosse vestita e allora voltarsi con ben più premura. Aspettò di poterlo guardare in faccia per poter parlare, così da mostrarsi più sicura... ma peccò di presunzione. Aveva davvero pensato di poter sollevare il mento e guardarlo dritto negli occhi senza sembrare un pulcino spaurito? Stolta che era. Nell'istante in cui i suoi occhioni rossi si posarono su quelli dell'albino il suo cuore, reso già abbastanza lento dalla morte, perse un colpo, mentre le caviglie ebbero un fremito ben visibile su quegli strani tacchi a molla che portava. Con le braccia lungo i fianchi, dovette stringere i pugni per farsi coraggio, e appoggiarsi di schiena al tronco dietro di sé, quasi la natura potesse darle man forte almeno in quel frangente. Sentiva l'irresistibile istinto di proteggere il collo dal suo sguardo, nonostante il marchio che le aveva lasciato risultasse coperto dal colletto della mantellina. Alla fine riuscì a non abbassare il capo, ma era rimasta almeno 40 secondi impalata a fissarlo senza dire una parola.
    C-ciao, Gil.
    La sua voce non uscì sicura quanto avrebbe voluto ma perlomeno non ricordò minimamente lo scricciolo fifone che il giovane zombie aveva incontrato qualche tempo prima. In realtà Lucia era ancora fifona, sicuramente codarda, e altrettanto sicuramente debole, ma se davvero voleva uscire da quella prigione di ingiustizie che l'aveva intrappolata per un'intera esistenza, allora doveva sforzarsi di migliorare e mandar giù il rospo della paura. Anche davanti alla paura stessa.
    S-Se non ti dispiace... Così non andava per niente. Doveva credere che fosse sicura della propria posizione, che sapesse cosa stava facendo. Ingoiò di nuovo, ma stavolta riuscì a risollevare il mento e guardarlo negli occhi davvero. Preferirei che ti facessi da parte e mi lasciassi passare... Non gradisco la tua compagnia.
    Fu fiera di aver detto la verità, per un nanosecondo dopo averlo fatto, successivamente però le sue stesse parole iniziarono a suonarle nella testa come rintocchi di campane a morte -la sua, per la precisione- e allora tremò un po' più visivamente su quelle bellissime gambe di cui la natura l'aveva provvista. Il gattino aveva tirato fuori gli artigli... ma potevano durare?

    Edited by .Bakemono - 31/10/2017, 10:48
     
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    Ah, che meraviglia. L'unica cosa migliore di una faccia stravolta dalle lacrime e dalla disperazione era proprio una faccia che cercava con tutte le sue forze di trattenersi fino all'ultimo, per orgoglio o per timore. O se non era meglio ci andava decisamente vicino. Purtroppo per Gil, la sua faccia da non morto era troppo inquietante per permettere a Lucia di mantenere uno sguardo forte per troppo tempo, era semplicemente un bimbo smarrito, preda facile di qualsiasi mostro puntasse gli occhi su di lui. La cosa che più apprezzava di quel frocetto era il fatto che non compensava la sua debolezza in nessun modo. Molti barattano la forza con il coraggio, il potere con la diplomazia, Lucia invece aveva come unico talento il fatto di renderti eccitato come una bestia anche se tra le gambe aveva un cazzo, mentre per il resto rasentava l'inutilità. Era carino che Thresh avesse iniziato ad imbastire quel teatrino ignobile dove le faceva scoprire il suo potere, ma quelle piantine inutili servivano al massimo a fare meglio il suo lavoro quando sollazzava una grande massa di cazzi pronti a farle una doccia di quelle che lei sapeva apprezzare molto bene. E nulla più. Ma hey... chi era lui per mettere fine a quel gioco così divertente?
    Wo wo wo... perché tanta fretta bel culetto, pensi che io sia qui per farti compagnia? Mi sottovaluti...
    Se avesse provato a farsi da parte forzatamente, Gil l'avrebbe interrotto con una mano a palmo aperta sul suo petto, non avrebbe contenuto la sua forza e anzi, ne avrebbe usata in abbondanza pur di spingerlo di nuovo contro l'albero e fargli capire che non c'era tra le opzioni un semplice "vai via". Usò molta forza appositamente per ricordargli chi era il predatore e chi la preda. Il suo tono di voce però cambiò, sembrava cantilenante e quasi come se volesse prenderlo in giro, ma anche più calmo e amichevole. Chiuse le vie di fuga piegandosi verso Lucia con la schiena e appoggiandosi sull'albero con l'avambraccio, proprio sopra di lui, magari nella speranza che si facesse ulteriormente più piccolo.
    Sai, io lo so bene cosa significa rinascere e finire in questo mondo pieno di gente cattiva con poteri super forti e strani, pronti a strapparti il cazzo a morsi senza troppi complimenti. E' un mondo duro ed è duro abituarcisi. Ma nessuno dice che devi farlo da solo, capisci? Una cosa che ci accomuna è che entrambi lo abbiamo preso nel culo dalle persone sbagliate... ma anche dalla persona giusta. Mi segui? Quindi penso che se c'è qualcuno che dovrebbe aiutarti a diventare... non dico forte, ma quantomeno non inutile, dovrei essere io. Siamo i preferiti del professore, dopotutto no?
    Come a volergli dimostrare che non ci teneva troppo ad incalzarlo, si staccò dall'albero allargando le braccia di poco rispetto ai fianchi, senza allontanarsi a sufficienza da dargli vie di fuga ma quanto bastava per mandare il messaggio "sono qui per aiutare".
    Insomma, abbiamo un sacco di cose in comune, non fermarti alla prima impressione. Potrei anche scoprire che vali un sacco e mi passerebbe la voglia di chiamarti frocetto. Anzi, se preferisci potrei anche rivolgermi a te come una ragazza visto che ti piace. Eh? Quando ti ricapita l'occasione di guadagnarti un minimo di rispetto dal sottoscritto?
    A quel punto, ammesso che Gil avesse esposto ottime ragioni per dargli ascolto, Lucia doveva fare i conti col fatto che anche rifiutando non si sarebbe assolutamente liberato di lui in nessun modo. Gil oramai aveva puntato la sua preda, e la sua preda avrebbe avuto...
     
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    La tensione che Lucia stava provando non fece che crescere sotto lo sguardo derisorio di Gil. Era chiaro che dicendo la verità non avrebbe ottenuto altro che dolore, eppure aveva voluto aprire lo stesso quella dannata ma splendida boccuccia per dirgli di farsi da parte. Non sperava che lo facesse, e infatti si ritrovò ben presto a fissare un punto vuoto alle sue spalle come se stesse prendendo le misure per lanciarsi in una fuga disperata all'ultimo secondo, nonostante avesse già ripetuto a se stessa che non poteva affrontarlo sul piano fisico. In effetti, vuoi per istinto di conservazione o semplice stupidità, dopo aver parlato le venne da fare un passo deciso in avanti, come se avesse intenzione di scattare, cosa che tuttavia non le fu concessa. Non solo lo zombie la bloccò con le parole, ma le fece anche sentire la sua mano in mezzo al petto senza trattenere minimamente la propria forza, bloccandole di rimando il respiro e minacciando di farla asfissiare (per autosuggestione più che altro, visto che era già morta)... nonché, tra le altre cose, rendere così duri i suoi capezzoli che, senza nulla a proteggerli a parte un corsetto senza coppe che le teneva su il petto, divennero perfettamente visibili mentre si increspavano sotto il tessuto. Fortunatamente durò poco, e proprio quando la sua espressione cominciò a deformarsi per la paura, Gil la sorprese dandole respiro, anche se solo con la mano. Con il corpo incombette su di lei, cercando di metterla in soggezione probabilmente, e riuscendoci appieno. La spinse a piegare le ginocchia e abbassarsi ancora di più sui tacchi che portava, sorreggendosi all'albero per non cadere. Continuò nonostante tutto a fissare il non morto, seguendolo con lo sguardo impaurito che comunque, visibilmente, sembrava sforzarsi non di apparire come tale. Aveva voluto davvero tenergli testa? Si preparò al peggio, vedendosi già afferrata per i capelli, magari sbattuta sull'erba e costretta a gridare a squarciagola nella speranza che qualcuno potesse giungere a salvarla... ma non arrivò nessuna delle tre cose. Man mano che la voce altalenante del giovane esponeva i fatti, Lucia riceveva lo spazio necessario per tornare a pensare in modo coerente, finendo inevitabilmente per rendersi conto di due cose: 1) Gil non la stava aggredendo; 2) non sembrava intenzionato a farlo. Ok, quella non era decisamente la situazione che aveva immaginato. Rimase così sorpresa da restare per lunghi istanti interdetta, tornando a respirare in ritardo rispetto a quando venne liberata, con così tanto affanno che persino i suoi pseudo-seni iniziarono a muoversi ritmicamente, con i capezzoli ancora visibilmente turgidi. Sbatté le palpebre più volte, rimanendo nella posizione pseudo-inchinata contro il grosso tronco, posizione che per altro non faceva che tendere il tessuto di quella tutina minimale sul suo fisico altamente stuprabile. Ci mise un bel po' a elaborare cosa dire.
    P-p-p-perché dovresti farlo?
    Era una domanda più che ragionevole, ma suonò strana e superflua alle sue stesse orecchie, nonché terribilmente goffa. Perché in fondo non importava il perché, nel suo caso, dal momento che per qualche arcano motivo Gil voleva aiutarla, e semplicemente lei non poteva fare un bel niente per cambiare questo fatto. Sicuramente era una trappola. Un modo subdolo per prendersi gioco di lei e divertirsi... eppure non sapeva come evitare che accadesse. La fuga non era più un'opzione, e neppure far presa su Thresh a quel punto sarebbe servito, probabilmente. Ma più di tutto, ciò che davvero la teneva ancorata lì e le faceva ascoltare il discorso dell'albino nonostante tutto, era che... le serviva. Niente le sarebbe servito di più che una lezione da un individuo potente come lui... Per quanto dolorosa, umiliante o sconveniente potesse rivelarsi. Quindi fatti i conti la domanda non era più "perché dovresti farlo", ma "davvero lo faresti?". Non lo disse papale papale solamente per una questione di pudore e amor proprio. Anzi, si sforzò di sollevarsi e tornare dritta, anche se rimase con la schiena ancorata a quell'albero come se avesse paura di voltarsi di nuovo. Ora che ricordava quanto fosse scoperta sul retro quella tuta, era fin troppo conscia della presenza di Gil e di quanto apparisse provocante quell'indumento. Una volta in piedi, abbassò il cappuccio per non nascondersi oltre e si portò una mano al collo per schiarirsi leggermente la voce, toccando distrattamente il marchio che celava sotto i vestiti. Si chiese se avesse un qualche potere su di lei... e si augurò che non fosse così. Non che a Gil servisse qualche extra, a parte la sua stessa presenza. Si era pure fatto più alto o era una sua impressione?
    Se... davvero sei intenzionato ad aiutarmi, suppongo di dover essere grata.
    Diamine, lo aveva detto davvero? Seriamente ci stava cascando? Ebbene sì, ormai lo stava facendo. Si disse che forse, stando attenta e ripetendosi nella mente "trappola" ogni istante da quel momento in poi, avrebbe potuto perlomeno uscirne integra, ma non convinse neppure se stessa. Il fatto era che tutta la situazione la confondeva immensamente. Che cosa poteva guadagnarci un tipo come lui da una perdita di tempo simile? Possibile che nascondesse un lato a lei sconosciuto che magari non era così irrimediabilmente marcio come aveva visto? Forse la sua crudeltà era un derivato di qualche trauma indicibile di cui lei non sapeva nulla... E in fondo non era forse ipocrita detestarlo così tanto, quando al contempo amava Thresh, un essere altrettanto malvagio? Si scosse mentalmente. Se avesse iniziato a pensarla così il passo da quel punto a diventare un giocattolo nelle mani del giovane sarebbe stato breve, e lei non poteva davvero permettersi di cedere. Dopotutto c'era già cascata con Thresh e attualmente vi era ancora dentro con tutte le scarpe. Proprio in vista di quei pensieri, le venne da aggiungere un'ultima battuta.
    Ma ti prego di non chiamarmi mai più in quel modo. E ci tengo anche a precisare che io non sono semplicemente tra i preferiti di Thresh: noi ci amiamo.
    Ebbene, si preparò a ricevere una risata così forte da venir spinta contro l'albero, ma assunse per una volta uno sguardo sinceramente sicuro e determinato, dimenticando persino la paura. Come spesso accadeva di recente quando si infervorava o perdeva le staffe, la sua aura si fece più presente e la lunga coda di cavallo iniziò a ondeggiare come scostata dal vento, insieme a qualche foglia lì intorno. Uno spettacolo che sarebbe anche potuto apparire minaccioso... davanti a qualcuno meno mostruoso di Gil. Voleva che quel fatto fosse chiaro per diversi motivi. Il primo era che sentirsi tra i tanti dopo tutto quello che lei e il torturato avevano passato la faceva imbestialire, e il secondo era che... beh, era un po' imbarazzante pensarlo, ma la considerava una specie di garanzia sulla vita. E poi ci credeva, ormai ci credeva davvero: lei e Thresh si amavano. Forse non nel modo in cui avrebbe sempre sognato di amare qualcuno, sicuramente non nel senso classico del termine, e certamente da parte dello zombie non esclusivo, ma era vero. E non avrebbe permesso a nessuno di metterlo in dubbio, nemmeno a Gil.

    Edited by .Bakemono - 1/11/2017, 11:53
     
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    Poteva dire quello che voleva o opporsi con tutte le sue forze, ma quel frocetto era semplicemente affamato di cazzo fino alla morte. Gil lo vide chiaramente in ogni suo movimenti, in ogni suo gesto, perfino la più piccola dimostrazione di forza gli faceva balzare quei capezzoli dritti su per l'attenti, quasi come a voler dare un segnale di via libera per chiunque volesse transitare per le sue chiappe e anche più a fondo. Ma se non altro, oltre al fatto che era una troia oltre ogni dubbio, stava per lo meno iniziando a dimostrare un pò di spina dorsale e una goccia di iniziativa, che forse non calzava proprio con la sua figura ma se non altro gli faceva onore. Per chiunque definirsi il favorito di Thresh era un grosso azzardo, ma Lucia non aveva esitato neanche un momento a dire come stavano le cose, e più che prenderla in giro direttamente Gil lo fece dandole piuttosto ragione, sollevando le mani e scuotendo la testa, allontanandosi di un amichevole passo.
    Non si dica mai che io metta in dubbio ciò... ma fidati: se riesco a credere a questo tuo sentimento sincero è perché mi pare tu ti stia impegnando sul serio, e devi sapere una cosa sul tuo amato professore: a lui piace un sacco combattere fianco a fianco con qualcuno che apprezza capisci? Quindi insomma... immagina quanto riuscirebbe ad amarti anche di più se tu ti dimostrassi più forte di quanto non si aspetti?
    Lo stava tentando, era ovvio. Thresh era il primo a non amare i combattimenti serrati, ma che apprezzasse il potenziale celato nei cuori di un'anima capace di forte emozioni... quello non era un mistero. Quindi in sostanza Gil gli stava lasciando intendere che c'era una correlazione precisa tra l'essere forte e l'essere apprezzata da Thresh. Il non morto chiuse quindi di nuovo le distanze con lui, speranzoso di avergli fatto abbassare un pò la guardia, così da avvicinare le sue mani verso il ventre di Lucia come se volesse prenderlo lì e subito, con foga inaspettata, andando però a toccare unicamente la sua pistola... quella che sparava piombo ovviamente, non l'altra.
    Permettimi di aiutarti, io so qual è il segreto... tu spari ancora con gli occhi, quando è risaputo che noi creature immortali non dobbiamo affidarci ai sensi ma all'istinto... io posso mettere a punto un allenamento perfetto per trasformare quelle chiappette sode in un culo da combattente...
    Che Lucia glielo permettesse o meno, Gil avrebbe afferrato lentamente la pistola, forzandola in caso la sua preda avesse provato ad opporre resistenza in qualche modo, e dopo averla impugnata saldamente l'avrebbe fatta passare sul ventre di Lucia, partendo dal suo pene ben occultato, passando per il ventre e la gola, fino a puntarle la canna da fuoco tra le labbra, proprio come se gli stesse infilando un grosso cazzo in bocca.
    Ma ovviamente... io sono giovane e vizioso... voglio qualcosa in cambio.
    Lo sguardo di Gil si fece mostruosamente soddisfatto, sfoggiando un sorriso furbesco ed inquietante che rivelava la vera natura delle sue parole adulatorie. C'era il rovescio della medaglia e ovviamene si trattava di qualcosa molto ma molto discutibile, ma che ovviamente Gil non avrebbe mai concesso di mettere ai voti o anche solo di parlarne. Tuttavia, alla luce dei fatti, Lucia aveva davvero dei buoni motivi per tirarsi indietro? O meglio ancora... POTEVA tirarsi indietro?
     
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    Lucia riuscì a rilassarsi un minimo solamente quando Gil fece quel passo indietro, che per quanto corto diede un attimo di respiro alla ragazza facendola sentire quasi fiduciosa che lo zombie volesse parlare in modo civile. Lo ascoltò con attenzione, e per poco non rimase a bocca aperta non sentendolo ridere della sua uscita. In effetti, gli rivolse uno sguardo confuso, poiché nell'ascoltarlo non riuscì a capire se la stesse prendendo in giro o meno. Ciò che diceva era forse ironico da parte dello zombie, ma alle sue orecchie suonava fin troppo vero. Thresh conosceva il suo potere, e sembrava realmente apprezzarlo... ma non si era mai soffermata a pensare che forse, in fondo, lo apprezzava per i motivi sbagliati. Non perché avesse possibilità di migliorare, di diventare davvero forte, ma perché -doveva ammetterlo- la sua dannata abilità si prestava particolarmente a scenari... di un certo tipo. Da una parte il pensiero la fece irrigidire, dall'altra rischiava di farla eccitare, perché le bastava pensare a Thresh e a ciò che avevano già sperimentato grazie alle sue piante per sentirsi sciogliere sul posto. Solo le parole e l'atteggiamento di Gil la fecero tornare alla realtà, tenendola lì con fin troppa pressione dal momento che il giovane tornò a farsi vicino e incalzarla. Le sue parole erano così invitanti per Lucia, che ella pensò di trovassi di fronte al diavolo. Doveva esserlo per forza, dal momento che proprio quel giorno, quando si era sentita più persa e bisognosa di migliorare e accrescere il proprio potere, lui arrivava a farle un discorso simile. Peccato che poi arrivò anche il resto. Il modo in cui si avvicinò la fece sussultare, e irrigidire immediatamente, intuendo dallo sguardo del giovane dove volesse andare a parare. Lei strinse i pugni, ricordando solo in quel momento di aver avuto tutto il tempo una pistola tra le mani e di non averla sollevata un solo istante verso Gil. Come aveva potuto distrarsi tanto? Non che un'arma del genere potesse servire a qualcosa contro di lui, certo, ma almeno l'istinto... Temeva proprio di non aver affinato neppure quello dopo aver ottenuto il suo potere. Arrivava fino a quel punto il suo fallimento? Arrivò a stringere così forte le dita da ferirsi i palmi con le unghie curate; anch'esse erano eleganti, le portava tagliate corte, con uno smalto quasi trasparente e le french. Era furiosa con se stessa... e presto lo fu anche con lui. Il modo in cui si appropriò della sua stessa arma, facendole scivolare la canna addosso in modo così sensuale, la mandò completamente nel pallone, immobilizzandola sul posto se non fosse stato per il cuore che ora, non più lento, pareva volerle uscire dal petto. I capezzoli erano ancora dritti, e quasi rischiò di far loro compagnia il suo sesso, che a quel punto neppure la stretta biancheria femminile avrebbe potuto fermare. Ma insieme all'eccitazione c'era ancora la paura, infatti fremeva leggermente mentre fissava la canna con una certa apprensione, perdendosi nella riproduzione del teschio di Thresh che non faceva che fissarla, come se ridesse di lei. Non c'era conforto da parte dell'oggetto, per quanto somigliasse a Thresh, era stato creato da Leben per torturarla, e ci riusciva. In mano a Gil era un'arma letale in più di un senso. Ingoiò sonoramente quando la canna le arrivò alle labbra, sforzandosi di tenerle serrate come per paura che da un momento all'altro gliela spingesse in gola forzatamente, anche se dalle sue parole era ormai chiaro che intendesse infilarci ben altro. Lucia chiuse gli occhi, concedendosi un lento respiro con il naso. Per assurdo, sarebbe stato preferibile che la stuprasse senza complimenti. Mettendola in quel modo invece la stava costringendo praticamente a vendersi, tanto che si sentì umiliata. Una specie di prostituta che stava barattando il proprio corpo pur di imparare a combattere. Non poteva cedere. Stava migliorando, aveva un potere, ora era una combattente. Era più forte - Ricordò del brivido che le aveva percorso il corpo arrivando fin troppo velocemente alle parti basse, proprio mentre la pistola vi era passata sopra- No, non lo era. Anche con un potere, anche con un fisico migliorato, rimaneva sempre... una schiava. Schiava di se stessa, del suo corpo corrotto dalla lussuria più malata, di quegli zombie crudeli, persino di sua madre.
    I palmi cominciarono a gocciolare sangue, aveva continuato a stringerli tutto il tempo, e le sembrò che il rumore del suo stesso sangue, che a piccole gocce cadeva sull'erba, stesse rimbombando tra gli alberi. Dovette ingoiare e recuperare la salivazione, prima di trovare il coraggio di schiudere le labbra per parlare. Per prevenzione scostò la bocca, porgendo alla canna il mento e la guancia, piuttosto. Avrebbe dovuto ribellarsi, forse non sarebbe servito o forse sì, ma c'erano due amare realtà che la stavano circondando in quel momento: la prima era che lei voleva davvero imparare, e la seconda era che... il suo corpo non aveva solo paura, e banchettava con l'umiliazione o il senso d'oltraggio. Non riuscì comunque a guardarlo in faccia, quando a denti stretti chiese:- C-che cosa... vuoi?
    Nonostante volesse fargli sentire tutto il proprio scontento, la sua voce uscì ancora più femminile e meno virile del solito, quasi acuta. Tra le cosce infatti, il suo sesso minacciava di gonfiarsi e iniziava a dolere, stretto com'era sotto quella dannata tutina. Ancora una volta, si ritrovò a maledire non solo il fato, la sventura, Leben o Gil... ma se stessa. E mentre si perdeva in immagini contorte e pensava a quanto fosse dannatamente debole, a come una singola pallottola avrebbe sfondato il suo cranio o a come invece potesse farlo meglio il fallo di Gil, una piccola parte del suo desiderio di ribellione venne a galla proprio attraverso il potere che stava imparando a disprezzare. Il seme rimasto infilato a pochi metri dall'albero si era infatti schiuso, e senza che lei lo controllasse aveva allungato una radice che era saettata verso il polso di Gil con l'intento di afferrarlo e tirarlo via, probabilmente ferendolo con le sue spine se lo avesse perlomeno sfiorato. Ovviamente, per un mostro simile sarebbe stato facilissimo prevederlo e schivarlo, o anche semplicemente accettarlo come un goffo e inutile buffetto "affettuoso", ma quello non era il problema vero, perché non solo non c'era alcuna possibilità che un tentativo del genere potesse servire, ma da quel momento l'Eromanzia avrebbe iniziato ad applicare i suoi effetti... su entrambi.

    Siccome mi sono resa conto che potresti non aver visto la pistola di cui si parla e dunque le descrizioni potrebbero suonare strane: è questa.
    Per il resto, perdona l'attesa. (:


    Edited by .Bakemono - 9/11/2017, 00:44
     
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    Gil non si sarebbe mai accontentato né solo della paura né solo dell'eccitazione, non erano quelli i suoi poteri, i suoi talenti erano saper suscitare entrambi nella stessa persona, in egual modo, accendendo la fiamma della lussuria e accompagnandola dalla sua personalissima interpretazione della paura. Gil ne era stato assorbito fino a divorarla e diventarne parte, e ora tutti dovevano condividere con lui quella sensazione di terrore inenarrabile. Quando la sua vittima si congelava, bloccata dall'eccitazione e dalla paura, sentiva di aver fatto un buon lavoro e il suo ghigno perverso si spalancava dalla gioia perversa che tutto questo gli provocava. Sembrava pronto a mangiarlo con gli occhi quel frocetto ma cazzo se aveva voglia di torturarlo prima. Stava pensando a come fare, con cosa iniziare, cosa fare in un posto del genere e con le poche risorse che aveva a disposizione… c’era davvero l’imbarazzo della scelta! Ma mentre stavano lì, uno davanti all’altro, l’odore del sangue di Lucia che gocciolava a terra per via della sua rabbia e del suo terrore iniziarono a dare alla testa dello zombie: a differenza di Thresh lui aveva grooosse difficoltà a controllare la sua fame di carne umana e l’odore del sangue lo accendeva in più modi… difficile dire quale fosse il peggiore. I suoi occhi si riempirono di quel fumo rosso che ardeva come i ceppi di una caccia alle streghe, ma mentre sentiva la tentazione di infilarle una pallottola in testa e succhiarle le cervella fino a creare un buco abbastanza ampio per il suo cazzo, Gil si ritrovò la radice di Lucia a bloccargli il polso, scostandolo con ben poca forza e determinazione ma pungendolo dolorosamente e influenzandolo con l’incontrollabile potere erotico della ragazza. Gil era a sua volta un Eromante, non dello stesso talento di Lucia forse ma indubbiamente conosceva quell’energia… e non trovò una singola ragione per scoraggiare quell’influenza. Il sorriso si placò, limitandosi a fissarla dritta negli occhi, come se quell’aura negativa e terrificante fosse scomparsa di colpo.
    Rilassati… non abbiamo neanche iniziato ancora. Prova a darmi un pò di fiducia. In cambio non voglio altro che ci divertiamo insieme...
    Ridacchiò malefico, per poi stare al gioco della radice, allontanando la pistola dalla testa di Lucia per poi gettarla a terra, lì vicino, aspettando che quella stupida piantina lo liberasse. Solo una volta libero avrebbe abbassato di nuovo le mani, iniziando a percepire chiaramente l’eccitazione di Lucia che cresceva, deciso a farla diventare prorompente e inevitabile.
    Quella pistola è bella da vedere, ma è priva del fascino e del brivido… sembra fatta per uccidere… che noia. Te ne mostro una più semplice...
    Sfoggiò un sorrisetto malizioso ed enigmatico, per poi materializzare nella mano che prima impugnava l’altra pistola, una rivoltella in vecchio stile, nuova di zecca ma dal fascino antico, con la canna lunga e spessa legata ad un tamburo pesante e vistoso. L’arma sembrava vuota e Gil la mostrò a Lucia con un certo orgoglio, con un rapido movimento del polso l’avrebbe aperta, mostrando i tamburi vuoti, ma proprio mentre lo faceva sfilò dalla tasca un grosso proiettile, di quelli fatti in casa e che sembrava potesse esplodere nell’arma stessa da un momento all’altro. Lo portò nel tamburo e poi richiuse l’arma, facendo roteare il cilindro perlopiù vuoto senza guardarlo, abbassandolo poi di colpo e puntando la canna sopra al membro di Lucia. Inizialmente lo puntò chiaramente, piazzando la canna lì dove finiva il cazzo ed iniziavano le palle, spingendo un pochino, tanto per dare la giusta stimolazione. Poi inclinò la pistola in modo più plateale, in modo che la canna aderisse perfettamente su tutto il fallo di Lucia mentre il foro d’uscita puntava ai suoi testicoli. In quella posizione, vibrazioni e calore della canna avrebbero ustionato il suo membro mentre la pallottola avrebbe fatto esplodere il suo scroto in mille pezzi. Ma solo se il colpo nel tamburo finiva davvero nella canna. Una roulette russa estremamente perversa e pericolosa quella.
    Prima di tutto mettiamo alla prova la tua freddezza!
    Senza neanche aspettare commenti, Gil strinse per la prima volta il grilletto, molto lentamente e assicurandosi con l’altra mano che Lucia non si muovesse di un solo passo, afferrandolo per il petto o per il collo se fosse stato necessario. Quel giro era a vuoto, ma Lucia non lo scoprì fino a che non sentì un vuoto e deludente “click”.
     
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    Quando Lucia si rese conto di ciò che il suo potere stava facendo senza che ella lo avesse neppure lontanamente pensato, subito sgranò gli occhi impaurita, ancor prima di vedere l'occhio di Gil illuminarsi in quel modo. Si spinse ancora di più contro l'albero, come se spiaccicarsi su esso potesse essere una buona modalità di fuga o le consentisse di sparire per sempre, e non fece resistenza alcuna quando Gil lanciò la sua arma a terra, tirando quasi un sospiro di sollievo per il fatto che la sua testa, almeno al momento, potesse considerarsi salva. Peccato non avesse idea di ciò che sarebbe venuto dopo...
    L'apparizione di una nuova pistola la confuse non poco, ciò si lesse distintamente nella sua espressione che cambiava, nelle lunghe ciglia che sbattevano e soprattutto negli occhioni imploranti. Per quanto si fosse sforzata di mostrarsi decisa, non c'era modo che riuscisse a respirare quando lo zombie dava sfogo alla sua aura terrificante, e anche se le sue parole sembravano volerla tranquillizzare, il suo occhio le diceva tutt'altra cosa. E infatti, aveva fatto appena in tempo a rilassarsi per il fatto che non le avrebbe sparato, che una nuova arma entrò in campo, forse meno minacciosa esteticamente, ma non certo meno pericolosa della precedente. L'unica cosa che poté fare fu aprire bocca per porre una domanda stupida, che ovviamente non era destinata a concludere.
    Che cosa hai intenzione di-
    Fu afferrata per il collo, costretta a elaborare ciò che stava per accadere in pochissimi secondi e riempirsi il cuore di così tanta paura che non sarebbe stato strano sentirlo scoppiare da un momento all'altro. Non provò materialmente a liberarsi, non perché non volesse o perché sapesse che Gil era più forte di lei, ma perché semplicemente per alcuni millesimi di secondo venne completamente congelata sul posto, incapace di far qualcosa che non fosse fissare l'occhio dello zombie, incredula. Poi qualcosa scattò. Forse il rullo del tamburo, forse la sensazione del metallo freddo sul suo sesso ormai perversamente turgido e puntato in alto, ma qualcosa permise a quello stupido e ritardatario istinto di sopravvivenza che aveva avuto ben poco modo di coltivare di farla muovere. Le sue mani schizzarono verso quella del giovane proprio un istante prima che premesse il grilletto, e dai palmi partirono due semi che si infilarono nella sua pelle.
    Oh-oddio NO!
    Lucia gridò, completamente terrorizzata e impotente. Così sconvolta che le ci volle del tempo per realizzare che le sue gonadi erano salve. Non riusciva a respirare bene, anzi, sembrava stesse per andare in iperventilazione per come il suo petto si muoveva a scatti, i capezzoli ancora turgidi ed eccitati. La presa sulla mano dello zombie era così tremante che sarebbe stato fin troppo facile staccarla, ma erano le sue piante quelle impazzite. Mentre iniziava a lacrimare come la donniciola che era, Gil avrebbe potuto sentire i semi attecchire e il proprio arto mutare: le vene inspessirsi insieme ai muscoli, la pelle ben presto riempirsi di rami e radici che si sarebbero sommate l'una all'altra, trasbordando dalla sua carne e dalle dita e attorcigliandosi tra loro in un tentativo di immobilizzargli completamente le dita e la pistola, ponendo uno spazio tra il grilletto e il resto, riempendolo di terra quasi come se stessero cercando di sotterrargli il braccio. Se non le avesse fermate subito i germogli si sarebbero spinti addirittura oltre, infilandosi tra le sue cosce, cercando i suoi genitali, separando le gonadi e attorcigliandoglisi intorno, risalendo anche l'asta e stritolandola appena, quasi come una sottile minaccia, una sorta di "garanzia". Solo che le radici di Lucia non erano di cemento, e lei sapeva benissimo a quanto poco sarebbe servito quel tentativo. L'unico risultato possibile era forse far incuriosire lo zombie riguardo i molteplici utilizzi delle sue piantine, nonché dargli un'ulteriore iniezione di Eromanzia, cosa che peggiorava drasticamente la sua situazione. Come se non bastasse, per una mente malata e perversa quella sorta di "legatura" poteva risultare molto più stimolante che deleteria, e questo era l'ultima cosa che la ragazza avrebbe voluto. Ci mise diversi istanti e molteplici sbattiti di palpebre per recuperare la parola, e quando lo fece stava ancora perdendo lacrime più o meno silenziose, che ovviamente si rispecchiarono nel suo tono.
    N-non... non mi piace... questo test!
    La sua vocina, già per nulla virile, a quel punto era un mix letale di eccitazione, ansimi e isteria. Ogni pausa era riempita da un breve singhiozzo. Dimenticò persino di specificare che non aveva controllo sul proprio potere e che non era lei a sfidarlo così. Ma la cosa davvero ridicola non era tanto quella reazione al test sulla "freddezza", né il tentativo di bloccare Gil nonostante la sua forza sovrumana o il suo potere diabolico... quanto più la ben visibile macchiolina che aveva sporcato la tutina attillata proprio all'altezza del suo glande, che ancora pulsava e scalpitava proprio là, dove si era bagnata per la paura. No, non se l'era fatta addosso, impossibile per una del suo sesso e con lo stato d'eccitazione in cui si trovava. Semplicemente, anche in una situazione così assurda, anche preda del calore di una pistola fumante e della paura più cupa -o forse, proprio per questo... Era venuta.
     
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    La cosa iniziava a farsi divertente, lo sguardo terrorizzato di Lucia e i suoi versetti da frocetto imbarazzato gli davano davvero grosse soddisfazioni e se solo non stesse davvero provando a rendere la cosa utile ai fini delle sue capacità di combattimento Gil non avrebbe esitato ad esplodere in una crudele risata iniziando ad insultarlo come si deve, specialmente dopo aver visto quella chiazza di sperma tanto evidente sulla sua punta. Ma qualcosa riuscì a distrarlo, qualcosa che non si sarebbe aspettato mai e che probabilmente avrebbe sorpreso perfino Lucia, andando a fermare di colpo quel loro gioco perverso per via del modo in cui lo stavano infettando le braccia. A differenza del suo maestro, Gil non aveva tutta questa fiducia nei confronti degli altri da concedersi a qualsiasi gioco entrasse in scena, e appena le braccia si riempirono di radici che provarono a bloccarlo e infestarlo non poté fare a meno di serrare i denti in maniera evidente, iniziando a muoverle con tutta la forza che aveva in corpo nella speranza di riuscire a sbloccarsi da quell'abbraccio invasivo, provando perfino a premere di nuovo il grilletto ottenendo ben pochi risultati.
    Ma che cazz... che stai facendo?! Smettila subito!!!
    Odiava sentirsi in quel modo, odiava sentirsi bloccato e impotente, e più le radici sul corpo attecchivano andando a fasciargli perfino il membro e le gonadi, i ricordi del giorno in cui quelle puttane oscure lo avevano catturato e legato fino all'umiliazione per poi strappargli la vita si fece vivido come non mai, accendendo la sua lanterna, la sua rabbia e la sua paura. Lui e Lucia in realtà, per quanto Gil non sarebbe mai stato disposto ad ammetterlo, erano in realtà estremamente simili... succubi del professore e dei suoi insegnamenti, ancora incapaci di controllare davvero la forza che li animava, lasciandosi trasportare solo da due forze incontrollabili: paura e lussuria. E proprio queste due diedero a Gil un nuovo espediente, qualcosa che gli permise di infrangere il blocco, un pò come se il potere di Lucia venisse assorbito dalla sua carne e dalla sua lanterna. Una sostanza nera come la pece iniziò ad uscire dal suo occhio artificiale, colando su tutto il corpo andando a macchiarlo parzialmente. Toccò ben presto le radici, riempiendole di potere e piuttosto che sembrare secche sembrarono invece riempirsi di energia. Erano ora rosse, pulsanti, sugli arti ricoperti di quella sostanza nera da Gil, apparendo come delle enormi vene che si mescolavano sul suo corpo, come deformato da quella sostanza, diventando leggermente più massiccio e con gli arti un poco più lunghi. Gil spalancò la bocca e quello che ne uscì fu un sospiro caldissimo ed eccitato, il suo membro crebbe vistosamente davanti agli occhi di Lucia, oramai incapace di essere contenuto all'interno dei vestiti per via dell'eccitazione. Il potere di Lucia aveva provato a fermarlo, ma per colpa dell'eromanzia non aveva fatto altro che alimentare la fame di Gil, e il tentativo di bloccarlo lo aveva solamente reso più potente. Infatti ora i movimenti degli arti non solo non erano bloccati, ma sembravano perfino potenziati.
    Ah... ahahahahaha! A volte dimentico quanto schifosamente sono diventato potente! Ahahahahahaha!
    La mostruosa mano di Gil saettò di nuovo verso il collo di Lucia, ora le dita erano abbastanza grosse e mostruose da coprire non solo la gola ma anche il mento e in parte le guance, così da schiacciarlo contro l'albero sfruttando la carica erotica delle sue stesse radici, come a volerla restituire al legittimo proprietario ma in maniera corrotta dal potere di Gil, ancora più forte ed impetuosa.
    Hai visto?! E' così che si fa!!! In combattimento non puoi metterti a piangere o buttarti a terra terrorizzato! La gente ti ammazzerà, ti sgozzerà e ti stuprerà nell'ordine che preferisce e non sarai altro che una palla al piede per Thresh! Devi diventare forte, devi imparare a non spaventarti così facilmente, ecco perché hai davanti un incubo come me! Devo guarirti dalla tua inutilità!
    E dopo aver stretto a dovere il suo piccolo e delicato collo, Gil spalancò la bocca fiondandosi sulle labbra di quel piccolo ed inutile manipolatore di piantine, per strappargli un bacio colmo di perversione, un bacio così forte e capace di trasportarlo in una dimensione di puro piacere che le vene-radici appena acquisite iniziarono a pulsare, emettendo la versione distorta della perversione di Gil così da contaminare entrambi, facendo crescere un desiderio mostruoso anche e soprattutto nel cuore di Lucia, qualcosa che andava ben oltre il semplice desiderio di prenderlo nel culo, qualcosa che avrebbe acceso un lato oscuro della sua perversione, che forse nemmeno il professore era riuscito a toccare fino a quel momento. Una perversione terrificante, più profonda della lingua che ora stava scavando nella gola di Lucia, lingua coperta prima dall'oscurità di Gil e poi dalle radici rosse pulsanti, trasformandosi in qualcosa di maledettamente simile ad un enorme fallo che la stava scopando in bocca. Nel mentre, il suo VERO fallo, pulsava vistosamente di fronte al petto di Lucia, come una nuova, minacciosa pistola che puntava direttamente al suo cuore.
     
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    Proprio come Lucia temeva, ancora una volta il suo potere non la stava aiutando, anzi, la mise in una situazione se possibile peggiore. Se di base le sue piante erano in effetti pensate per potenziare un alleato, in quel tentativo di difenderla da un nemico finirono per aiutarlo, inspessendo le sue braccia e venendo influenzate dal suo potere, incredibilmente più potente e forte. La sua energia corruppe quella di Lucia, e a lei sembrò quasi di provare una sensazione di coesione con l'odiato mostro mentre i suoi arti crescevano e si facevano più grossi. Persino la sua erezione, già di tutto rispetto, venne mutata dai rampicanti che lo avvolgevano, divenendo un unico enorme organo simile al ramo di un albero secolare, pulsante e vibrante di vita propria. E dire che per un momento, un singolo momento, proprio quando aveva colto la nota di panico nella voce dello zombie, si era illusa di avercela fatta, di essersi sbagliata, sentendosi persino in colpa, per un istante... Poi lui aveva parlato, e allora ella aveva capito. Certo, perlomeno le radici riuscirono nel loro intento iniziale: impedirono a Gil di premere quel grilletto, anche se lo zombie ci provò comunque diverse volte e lei poté irrigidirsi nell'attesa di un dolore che non arrivò mai. Sì, perché senza la pistola, non c'era dolore nella stretta furiosa del ragazzo, né ci fu in quel bacio appassionato che minacciò di strapparle l'anima dalla gola, oltre ai gemiti. Si avventò su di lei con una furia che inizialmente la terrorizzò, ma che ben presto si trasformò in tutt'altro. Se da una parte le sue parole la riempirono di disprezzo, paura e vergogna, dall'altra l'effusione che venne poco dopo fece molto, molto peggio. Avrebbe voluto negare, gridargli in faccia che non era vero, che non era così e che piuttosto che farsi "guarire" da lui avrebbe preferito morire sgozzata e stuprata... ma non riuscì a pronunciare una singola sillaba a parte un acuto "Io non...!" che venne subito soffocato. Non fu solo la bocca di Gil a zittirla bensì la sua coscienza; perché in fondo non si era forse data dell'inutile proprio poco prima? Non aveva già accettato il fatto che l'aiuto del giovane le serviva, e molto? Nonostante tutto, quando si trovò così intrappolata il panico si fece sentire, insieme all'odio. Piegò le braccia per infilarle tra i loro corpi e portò le mani minute al suo petto in un tentativo di spostarlo, spingerlo via da sé, per quanto fiacco potesse rivelarsi. Non era solo questione di forza, purtroppo, ma di volontà. Anche se non l'avrebbe mai ammesso, se con le mani lo spingeva via, con la bocca lo attirava a sé, ancora più in fondo nella sua gola, più vicino al suo corpo, attaccato al suo sesso. Dunque era quella la sua vera natura? Persino un mostro come Gil poteva risvegliare in lei quella fame insaziabile, distorta? Quella brama così potente da farla sentire davvero viva, in grado di compiere qualsiasi impresa pur di raggiungere l'obiettivo finale. In quel caso non la pace del mondo, non proteggere qualcuno caro, o neppure imparare a combattere e salvare se stessa da un'esistenza altrimenti miserabile... ma prendere il cazzo del mostro che odiava e portarselo tra le cosce. Imperdonabile. Era disgustosa, proprio come lo era lui. Anzi, forse persino di più dal momento che perlomeno in Gil c'era una coerenza a cui lei, con la sua pretesa di rimanere "buona", non avrebbe mai potuto aspirare. Con le braccia incastrate tra i loro corpi, iniziò a prenderlo a pugni, che tuttavia data la posizione risultarono fiacchi, quasi carezze date con il profilo delle dita, ancora, e ancora. Provò a picchiarlo una, due, tre volte, di nuovo, ancora, come se potesse spostare il muro d'acciaio dato dal suo petto, ma non servì a niente, e dunque si ritrovò a graffiarlo, affondando le unghie nei suoi pettorali mentre gemeva rabbiosa. E se con le mani e quei violenti e goffi tentativi non faceva che dire "Mi ripugni!", "Ti odio", "Sei un mostro", con la bocca faceva tutt'altro. Perché gemeva, mugolava, e succhiava quella lingua proprio come se fosse il cazzo di un amante adorato, accogliendola in fondo dentro la gola e ribaltando gli occhi sotto le palpebre per il piacere che persino i conati le donavano. Ben presto, l'eromanzia corrotta dalla potenza di Gil venne riversata nuovamente dentro di lei, corrompendola a propria volta e rendendole difficile anche solo pensare coerentemente. Lentamente le sclere si riempirono di vene nere, che come le ramificazioni di un rampicante risalirono lentamente verso la sua pupilla fino a circondarla del tutto, rendendo il rosso delle iridi ancora più marcato e luminoso, proprio come due pozze di denso sangue appena stillato. I canini si allungarono lentamente, insieme agli altri denti le cui punte si ramificarono leggermene, facendosi affilate e crescendo, proprio come fece la sua lingua che sembrò voler imitare quella dello zombie, e assunse una consistenza più morbida e viscida, simile a un petalo ricoperto di rugiada, che probabilmente nel suo caso significava solo nuova eromanzia. Anche le unghie crebbero, in piccoli artigli rossi, come petali di rosa. Si perse così tanto che arrivò a baciare Gil come se si fosse dimenticata chi fosse. Cercando la sua nuca con le mani, i suoi capelli con le dita, la sua schiena con le gambe, circondandogli le cosce con i polpacci come se non volesse lasciarlo andare. Proprio come era successo con Gabriel dopo un pieno di eromanzia perse il controllo delle proprie azioni, ma in modo ancora più violento e famelico ora che era un altro potere a nutrire quella perversione. Ovunque lo toccasse graffiava, afferrava, stringeva come se ne andasse della sua vita se si fosse scansata di anche un sol millimetro. Ricordò troppo tardi di avere tra le braccia un bastardo che meritava solo disprezzo, un mostro onnipotente che avrebbe fatto di lei una trippa da dare in pasto ai maiali se solo gli fosse girato, e quando lo ricordò cercò di nuovo di staccarsi, cercando di mordergli a sangue la lingua con i denti che aveva ottenuto proprio grazie alla sua influenza. E se si fosse staccato, si sarebbe ritrovato davanti il viso di Lucia stravolto, ben meno intimidito, ben più perso: le sclere nere, i canini affilati e sporchi del suo stesso sangue, nonché un rivolo rosso che avrebbe lambito con la lingua senza neppure rendersene conto. Le sue pupille erano incredibilmente dilatate, come se si fosse appena fatta una dose di qualcosa di davvero pesante, ma soprattutto, sotto la tutina striminzita che portava, il suo sesso pulsava come un cuore in fibrillazione, cercando il contatto con quello di Gil a causa della posizione che la ragazza aveva assunto mentre si baciavano. Lucia tremava come una foglia, ma l'orrore era passato in secondo piano dinanzi all'eromanzia e al bacio dello zombie. Lo odiava... ma l'era piaciuto. Cercò di rimettere subito i piedi a terra, staccando le braccia da lui per riportarle rigide ai lati del proprio corpo, guardandolo come poteva attraverso la mano che le stringeva il collo. Persino quella stretta la stimolava. Vedere i graffi sul suo corpo fu molto simile alla sensazione che dovrebbe provare qualcuno dopo un raptus di follia: incredulità pura e semplice. Era stata lei? Quando?
    Tu non puoi... fare come ti pare. Non mi piace... il dolore. Non puoi... guarirmi così.
    Lo disse, ansimando e tremando, ma suonò con la stessa convinzione di un automa che ripete un copione preimpostato, più un desiderio ormai sbiadito che una frase perentoria. Senza contare che era appena venuta dentro quella stretta tutina proprio per quel dolore che affermava di non apprezzare. O forse no, forse era anche peggio... perché era la paura, che la eccitava.

    Edited by .Bakemono - 20/11/2017, 22:14
     
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    La risposta a quel bacio cambiò tutto, e lui non fu l'unico a cambiare, un pò come se si stessero scambiando i poteri a vicenda lasciandosi corrompere vistosamente l'uno dall'altro, come maledettamente attratti, come schifosamente compatibili, fatti per essere una cosa sola come mai era successo prima. E non era una definizione solo per enfatizzare, era davvero diverso dal solito, non solo perché entrambe le lingue si aggrovigliarono come mostruose protuberanze piuttosto che lasciare solo a Gil il dovere di violare la gola della ragazza come un insetto invasivo, non soltanto perché entrambi i corpi stavano dando forma al potere e alla perversione, ma anche e soprattutto perché qualcosa stava cambiando. Difficile da dirlo, ma era palese, chiarissimo agli occhi del ragazzo, perché improvvisamente non c'era più caos nella sua mente, non c'era più follia incontrollata, era tutto in ordine, perfettamente coerente, come era già successo con Nimue, con la quale aveva dimenticato quasi del tutto la sua natura di Strega di Umbra. Mentre si scambiavano quel bacio, Lucia e Gil continuavano a dimenarsi appassionatamente, perfino il ragazzino stretto contro l'albero smise ben presto di opporsi lasciando spazio a dei tocchi che per quanto forti suggerivano comunque una passione incontrollata, proprio come quella che stava sfoggiando Gil in quel momento. La stretta sul collo non era più così forte e crudele, la pressione con cui la spingeva contro l'albero non era affatto prepotente e violenta, le pulsazioni che spingeva contro il suo piccolo membro non erano colme di disprezzo né di crudeltà, non voleva più umiliarlo, non gli interessava. Perse di vista totalmente il desiderio di torturarla e farla piangere, perse ogni traccia della voglia che aveva di torturarla fino a tendere la sua carne oltre il limite. Non era più una questione di mera cattiveria, era più piacere... ovviamente non significava che Gil non volesse continuare ,anzi l'esatto opposto, quei desideri si trasformarono in voglia pura ma non era più alimentato dalla cattiveria, dalla paura o dalla violenza, ciò che lo alimentava era qualcosa di più forte, di più ordinato, come se il caos dei suoi pensieri e il disprezzo del suo potere stessero trovando finalmente ordine. I tocchi violenti si trasformarono in passionali carezze, non le delicate effusioni di un'amante gentile ovviamente. Lucia si ritrovò le mani del non morto addosso, che le toccavano il piccolo seno, i fianchi, il ventre e i glutei come se lo stessero esplorando di nuovo per la prima volta, una sensazione calda ed insolita per Gil, che sembrava quasi voler assaporare del tutto quel corpo prima di andare avanti. In pochi istanti il bacino aveva preso a muoversi con così tanta foga che quella verga esagerata scivolava sulla carne del piccoletto di fronte a lui neanche stessero già scopando, pulsava così forte da poter sentire chiaramente le vibrazioni che precedevano l'orgasmo, come se il potere di Lucia oltre a riordinarlo lo avesse anche portato visibilmente al limite. Ma figurarsi se Gil poteva accontentarsi di così poco. Le mani del ragazzo si ritrovarono sulle natiche di Lucia, e con le punte delle dita piantate su quel vestitino attillato, si preparò alla prossima mossa, iniziando a tirare quelle morbide natiche così forte da far credere che volesse strapparle per mangiarsele una ad una...
    E allora smettila di soffrire... e godi!
    Le mani crearono un piccolo strappo sul suo perverso vestiario, davvero molto irrisorio, quasi come se fosse stato creato per non essere visibile. Ovviamente Gil poteva strappare di dosso a Lucia quello straccetto quando voleva, ma le sue mani non erano concentrate a spogliarlo, bensì a serrare le sue natiche impaziente di averne di più, di assaporare ancora quel corpo delizioso, di averlo tutto per sé. La mazza di Gil scivolò ben presto tra quelle bollenti natiche, il foro era sufficiente per scoprire la corolla di carne del ragazzino appeso contro l'albero e avrebbe potuto quindi sentire tutte le vene gonfie e pulsanti di quella mazza non solo che attraversavano le sue natiche, ma che trasferivano calore anche a quello stretto anfratto, destinato ad essere definito tale ancora per poco. Ci furono pochissime spinte, pochissime stimolazioni, poi Gil avrebbe allargato le natiche il più possibile e con un movimento deciso portò la cappella di fronte al buco che aveva creato. Ad allargarlo ancora di più ci pensò il suo enorme cazzo che senza esitazione iniziò ad impalare il culo di Lucia, intenzionato a dilatarlo come si deve per iniziare una scopata che sentiva di aver rimandato del tutto. A causa delle dimensioni irrisorie dello strappo, da fuori poteva quasi sembrare che la stesse violando con tutto il vestito addosso, ma semplicemente lo strappo si stava allargando intorno al suo enorme cazzo, così come il culo di Lucia, incapace di tenerlo lontano, incapace di tenersi saldo, troppo morbido e fragile al piacere per dire di no a tutto questo. per la prima volta Lucia avrebbe visto il volto di Gil perso in una lussuria incontrollabile, non sembrava più nemmeno lui, non dava l'idea di essere un perverso aguzzino ma bensì una vittima della perversione proprio come lei. Lasciò scivolare quella mazza enorme completamente dentro quel perverso ragazzino, fino a fargli sentire le palle dure e gonfie contro le natiche, in modo che quei numerosi centimetri sparissero del tutto in quella cavità fatta appositamente per nascondere mazze così grosse e pulsanti, stavolta però senza grossi desideri di umiliarlo, solo di scoparlo oltre ogni immaginazione dimenticandosi ogni altra motivazione, gustandosi il momento e basta. Che cazzo gli stava succedendo? Si, quella domanda se l'era fatta un paio di volte, ma sentiva come se la risposta fosse poco importante a quel punto...
     
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    Lucia si rese conto a malapena della propria reazione, ma fu ben cosciente di cosa stava accadendo al suo corpo e al suo cuore, sebbene non avrebbe mai saputo spiegarlo a terzi, probabilmente neppure a se stessa. Fu come una potente scossa elettrica, come due calamite che si scontrano sui poli giusti. Aveva sempre creduto che l'amore per Thresh sarebbe stata la cosa più forte e grande che avrebbe mai provato per il resto della sua esistenza, ma quella sensazione, ciò che stava provando... era così forte da tenere testa a un sentimento potente come l'amore. Non era qualcosa che partiva dal petto però, né dalla testa, non c'era niente di lontanamente romantico in ciò che stava accadendo, era solo... fisico, vitale quasi, come se il suo organismo stesse accogliendo l'essenza di Gil con lo stesso entusiasmo con cui avrebbe accolto una droga pesante, una sensazione impossibile da lavarsi di dosso. In tutto ciò, mentre annaspando la giovane cercava di restare ancorato alla realtà con non poca fatica, l'alba cominciava a colorare il cielo di un arancio intenso e le prime avvisaglie che la scuola si stesse lentamente risvegliando provenivano dall'interno della palestra, dove gli inservienti stavano raccogliendo l'occorrente per pulire e accendendo i robot che li avrebbero aiutati. In un'altra situazione Lucia si sarebbe irrigidita, chiedendosi se non fosse possibile che qualcuno si inoltrasse nel cortile nonostante le sue previsioni, cogliendo lei e il suo forzato amante sul fatto, ma in quel momento... non c'era niente di più importante di lui, o del suo sesso che le premeva contro la carne e sembrava pronto a romperla da un istante all'altro...
    Ah-Ahaspet- AHHHH!
    Ci fu solo un secondo di incertezza, di paura; un secondo nel quale il suo corpo si irrigidì... ma non fu affatto sufficiente ad arginare il resto. Penetrarla fu fin troppo facile, la sua corolla si aprì come burro procurandole una fitta di dolore che la fece gridare come una meretrice qualunque, costringendo qualche uccellino che aveva iniziato a canticchiare a volare via terrorizzato. La sua bella schiena sottile si inarcò facendole sbattere la nuca contro l'albero, ma lei non lo notò neppure. Continuando da quella posizione, la lunga coda fluente si sarebbe riempita di fibre di corteccia e foglie, la pelle bruna graffiata in più punti, eppure niente di tutto questo sembrava importarle, anzi. Il suo modo di approcciarsi all'amplesso cambiò di nuovo, stavolta abbandonando completamente la parte timida e riservata, come se fino a quel momento fosse sempre stata un viscido e timido bruco che finalmente stava lacerando il bozzolo per spiccare il volo. Era come se, mentre da una parte il potere di Lucia rilassava lo zombie placando la sua follia in qualche modo, dall'altra la "ragazza" ne assorbiva una buona parte, facendosi sempre più frenetica e smaniosa. Così affamata da tornare velocemente a stringergli le cosce intorno alla vita, incrociare i piedi dietro la sua schiena e infilargli gli artigli dentro le braccia. Così furiosa da chinare il capo per baciarlo di propria sponte e mordergli la lingua fin quasi a strappargliela, gemendo estasiata al sapore del sangue. In brevissimo tempo iniziò ella stessa a muovere il bacino, reggendosi all'albero con gli artigli della mano destra mentre con l'altra stringeva i capelli di Gil, sorreggendosi con quell'unico braccio teso per muoversi più velocemente su e giù, facendolo così bene che anche senza l'aiuto dello stesso zombie avrebbe potuto benissimo impalarsi e fottersi da sola, risalendo l'asta dalla base fin quasi alla punta addirittura, più e più volte, godendosi ogni singola vena o escrescenza. Il cambiamento fu chiaro e netto, smise completamente di vedere Gil stesso o il suo cazzo mostruoso come un nemico, anzi, sembrava quasi venerarlo, accettandolo come pura e semplice fonte di piacere. L'orgasmo arrivò più velocemente che mai, ma a differenza del solito non sembrò affatto intenzionato a fermarsi e anzi, proseguì con una quantità di schizzi che non l'erano mai stati possibili se non con l'aiuto dei poteri di Thresh. A quanto pare era letteralmente una droga, e anche solo leccarsi le labbra sporche di sangue e ingerirne un altro po' le dava nuovo vigore, oltre a scosse di piacere in tutto il corpo. L'orgasmo fu così potente che la spaventò, per un istante, portandola ad aprire gli occhi tra un'espressione estasiata e l'altra, quasi una minima parte di lei fosse rimasta ancorata alla realtà e volesse rammentarle con Chi si stesse lasciando andare in quel modo, ma ciò che si trovò davanti non fece altro che confonderla ancora di più... perché con quell'espressione così rilassata e persa, Gil appariva persino bello, quasi innocente a causa dei lineamenti giovanili in cui era rimasto congelato il suo aspetto. Non un mostro, non un assassino, non uno psicopatico... solamente un bellissimo ragazzo albino con gli occhi rossi persi quanto i suoi. Non poté far altro che fissarlo, le labbra schiuse che si chiudevano solamente tra un grido e l'altro per permetterle di sfogare il piacere mordendosi o leccandosi il labbro inferiore, mentre con i fianchi si muoveva ancora. Che cosa stava succedendo? Non lo sapeva, sapeva solo che continuava a godere e che non voleva smettere. Vedeva il suo sesso rinvigorito e più sveglio che mai nonostante gli svariati spasmi. Si stava completamente sporcando e non le importava: schizzi le erano andati sui capezzoli ancora perfettamente eretti, sull'addome, sulle cosce, sull'inguine, infradiciando la tuta e rendendo il tessuto bianco ancora più attillato e trasparente. Era completamente sudata e un forte odore di piante selvatiche si stava propagando tutt'intorno a loro. A quel punto si dimenticò completamente quale fosse il motivo per cui avrebbe dovuto volere che tutto ciò finisse, e infatti dalle sue labbra oltre ai gemiti non uscirono più proteste, anzi, iniziò a sussurrare parole incoerenti contro la bocca dello stesso albino, prima di allontanarsi e fissarlo intensamente, gli occhi vuoti.
    Ah-ancora... Fottimi... ahncora! N-non... smettere!
    Ok, ora sì che sembrava impossessata da un demone, ma non era ancora finita, perché dopo quell'uscita così poco da lei i suoi occhi rossi, le cui sclere erano state completamente invase dal nero, si spostarono sul viso di Gil, sondandolo lentamente fino a perdersi anche più giù, sul collo, sulle spalle mutate, sui loro corpi uniti... fino a tornare a una vena pulsante proprio vicino al suo trapezio, che prima aveva graffiato nell'enfasi e da cui ancora sgorgava qualche goccia di sangue nero. Quello fu il punto di non ritorno, che chiarì perfettamente quanto fosse strana e assurda la situazione, perché pur non essendo neanche lontanamente un vampiro, con la stessa espressione di un eroinomane che sta guardando la sua prossima dose, Lucia fissò la vena e poco dopo spalancò le labbra ancora umide, fiondandovici sopra con i canini sguainati, iniziando a succhiare lentamente. Stava... bevendo il suo sangue. E per quanto sembrasse catrame e scivolasse pesantemente lungo la sua gola, ella iniziò ad assaporarlo come se fosse la bevanda migliore del mondo. Se Gil lo avesse permesso, anche per lui sarebbe stata un'esperienza surreale, perché ricevere quel morso era come ricevere un'iniezione di pura lussuria, Eromanzia che avrebbe iniziato a scorrergli nelle vene invadendolo del piacere più puro e pulito possibile. Decisamente, qualcosa stava andando per il verso più sbagliato possibile quella mattina... allora perché le sembrava così dannatamente giusto?

    Eeeee dopo un sacco di tempo finalmente ce l'ho fatta. Scusa ancora per il ritardo. Chiedo venia anche per un eventuale stile di scrittura confusionario, ero molto ispirata ma sono arrugginita, come saprai. Mi rendo conto che potrei aver esagerato un po' a interpretare la tua enfasi, ma più ci pensavo più l'idea di una Lucia assuefatta dal potere di Gil mi piaceva troppo per non provarci. Se la cosa non dovesse piacerti non sentirti assolutamente in dovere di assecondarla, io posso giocarmela in tanti modi. (: Per qualsiasi cosa, sono a disposizione per MP.


    Edited by .Bakemono - 1/2/2018, 15:52
     
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    E' passato del tempo, spero di non essermi perso dei pezzi o di essere stato ridondante.

    Si, ecco cos'era, una droga, Gil sentiva che non esisteva una definizione migliore per lui: qualcosa che va temuto ma che se provato da assuefazione, che deve essere temuto ancora e ancora, da non dormirci la notte, fino a che la tentazione si fa irresistibile e ne vuoi provare ancora. Non per autolesionismo, non per curiosità, ma semplicemente perché non puoi farne a meno. Non vuoi farne a meno. E così era Lucia ora, così era il suo corpo, che fino a poco fa avrebbe fatto di tutto per staccarsi di dosso quel non morto e ora invece lo lasciava entrare come se non aspettasse altro, piegandosi su quell'albero come se volesse davvero trasformarlo in un giaciglio, mentre invece Gil un rifugio sicuro l'aveva già trovato, ed era quella carne rovente che non riusciva assolutamente a non desiderare. A sua volta, Lucia gli aveva dato assuefazione e non voleva fermarsi per nessun motivo, il problema era che non si trattava più della solita fame, del solito odio, il disprezzo, la violenza. No era genuina perversione, non voleva farle del male, non voleva umiliarla, voleva scoparsela e farla sentire bene quanto si stava sentendo bene anche lui. Perché? Perché improvvisamente... pensava a lei come una ragazza e non più con quel dispregiativo modo di fare per i frocetti? Che diavolo era cambiato? Quando le gambe di Lucia si strinsero intorno al suo ventre e gli artigli affondarono nella carne, il ragazzo sentì il bisogno di averne ancora quindi i muscoli si irrigidirono, le spalle si gonfiarono e mentre dalla bocca usciva un fiato semplicemente bollente la sua verga affondava ancora di più, facendo sparire anche il più piccolo grammo di ossigeno di distanza tra le loro carni fino a che non iniziò a spingerla contro l'albero con tutto il corpo. Fu tutto così intenso, come al allenatore, mentre un attimo dopo si stavano già accoppiando come dei pazzi, muovendosi quasi all'unisono, divenuti oramai una cosa sola. Il bacino e le braccia di Gil si muovevano assieme al ventre e alla schiena di Lucia, la penetrazione era così intensa e rapida che il non morto ricordò cosa significasse avere il fiatone. Ma non era fatica, no, era l'eccitazione che traboccava dalle sue labbra come un vulcano pronto ad esplodere, qualcosa che non assaporava da un pò oramai, anzi qualcosa che aveva sentito solo in minima parte, che aveva cancellato il suo disprezzo lasciando parte al piacere. Ma ora... ora era tutto molto più intenso, come un fiume in piena, e il ragazzo non riusciva a spiegarselo né voleva farlo. Non aveva importanza. Solo mentre Lucia iniziò a venire vistosamente senza però perdere il ritmo della penetrazione, Gil si rese conto che la sua bocca grondava di sangue, tutta colpa del morso della ragazza che aveva trasformato un semplice e perverso bacio in una vera e propria carneficina. Qualcosa che normalmente lo avrebbe fatto imbestialire ma che ora invece... lo eccitava. La lingua di Gil spingeva a fondo proprio come quel cazzo enorme che si espandeva ad ogni affondo, sembrava quasi che volesse spingerla a bere tutto il sangue che usciva dalla sua lingua per nutrirla, un orgasmo assolutamente perverso solo per lei. Si perse a fissarla mentre i corpi continuavano a scopare come folli, cercando di capire che cazzo stesse succedendo, senza trovare una risposta che avesse una qualche logica. Almeno fino a che le sclere degli occhi di Lucia non divennero neri ed iniziò a supplicarlo di dargliene ancora, arrivando addirittura a morderlo pur di sentire quel sangue dentro di lei. Possibile che quell'oscurità...? No, non poteva essere così, non in quel modo, forse c'era la possibilità che il Loro potere potesse influenzarlo in qualche modo, ma questo... non aveva il minimo senso! Il pensiero che attanagliava la sua mente andava soffocato e per farlo Gil iniziò a spingere più forte, così tanto che Lucia avrebbe iniziato a sollevarsi più del necessario su quell'albero, era ovvio che lo spazio stava finendo, quello non era un giaciglio perverso dove scopare in santa pace, non andava bene, non era abbastanza. Doveva fotterla più forte.
    Fanculo! Fanculo! Fottiti! Fottiti! Prendilo tutto e fottiti!
    Non riusciva a ragionare lucidamente così la prese di forza, tirandola a sé con tutta l'energia che aveva in corpo lasciando che ogni vena del corpo si gonfiasse, e di conseguenza si gonfiò anche la sua mostruosa erezione, per tirarla via dall'albero e sbatterla letteralmente a terra senza cambiare di una virgola la posizione in cui si trovavano. La differenza era che i piedi di Gil erano saldamente attaccati al terreno, le ginocchia piegate e il suo bacino spingeva verso il basso. Lucia invece aveva la schiena a terra, con le gambe talmente ribaltate da avere le ginocchia quasi in gola, mentre il suo buchino voglioso era rivolto verso l'alto, perfettamente allineato da quella mazza. Un osservatore attento dietro di loro avrebbe potuto vedere le natiche morbide e perfette di Lucia gonfiarsi ogni volta che Gil la liberava dalla pressione del suo corpo, per poi deformarsi ogni volta che affondava ancora dentro di lei, riempiendola fino in fondo. La sua mazza era enorme e da quella posizione Lucia poteva vederla chiaramente sparire dentro di lei ,e sentendola nel suo corpo poteva solamente impazzire. A causa della posizione, Gil aveva quasi spinto lo stesso cazzo di Lucia davanti alla bocca della sua amante, bastava poco per farglielo succhiare da sola, ma non glielo avrebbe permesso... non ancora. Doveva prima prepararla.
    Ne vuoi ancora? Vuoi il mio sangue puttana?!
    Il modo in cui la insultava era incrinato, come se si stesse trattenendo, come se non volesse pronunciarsi in quel modo contro di lei. Pietà? Esitazione? Da quando? Non importava. Con la gola che grondava di sangue e con la bocca che faceva altrettanto per via della lingua ferita, Gil approfittò di quella posizione per lasciar colare il suo sangue sopra al cazzo di Lucia, che probabilmente stava ancora venendo, in modo che si sporcasse completamente del suo liquido pieno di energia. Il morso di prima gli aveva dato una scarica di lussuria assurda, al punto che non riusciva più a controllarsi né a fermarsi tuttavia nonostante quei movimenti esagerati e sempre più profondi, Gil voleva ancora la sua parte.
    DIMMI CHE NE VUOI ANCORA!
     
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    Le parole sembravano superflue, qualsiasi cosa che non fosse sentire Gil pompare dentro di lei non contava niente, ed era tutto così ovattato e distorto che anche quelli che avrebbero dovuto suonare come insulti e incitazioni malevole arrivavano alle orecchie di Lucia sotto forma di invitanti carezze.
    S-sì... sì! Ah-ancora... ne voglio... AH-ancora! Ho bisogno... Del tuo cazzo, del tuo sangue, d-di TE! Nnngh!
    Si rendeva a malapena conto di quanto quelle frasi farfugliate e sospirate tra un affondo e l'altro suonassero folli e insensate. Di lui e del suo sangue? Aveva detto così? Non aveva alcun senso! Se si fosse fermata solo un momento a pensare, sforzandosi di ritrovare se stessa, si sarebbe ricordata che lei non era sboccata, che odiava il sangue, anzi, le faceva una paura atroce ma, soprattutto... odiava il dolore e provare paura, sensazioni che in quel momento stava ampiamente esplorando, gustandole come se fossero la sua nuova fonte di vita.
    C-cosa... cosa mi stAh-gh..?
    "Cosa mi stai facendo/cosa mi sta succedendo", avrebbe voluto dire, ma le vere domande erano: "Che cosa mi HAI fatto", "Che cosa mi È successo", dal momento che -qualunque cosa fosse successa- sembrava già radicata in lei. Le parole le si strozzarono in gola tra il sangue mischiato di entrambi e il suo stesso sesso grondante di seme che si faceva fin troppo vicino, sporcandole la faccia e impiastricciando le folte ciglia. Quanto era umiliante quell'atto? Le spinte la costringevano a sporcarsi il viso del suo stesso seme, del sangue di lui... e continuando così sarebbe arrivata addirittura a riempirsi la bocca con il proprio cazzo... probabilmente godendo come un'ossessa mentre lo faceva. Non le importava. Voleva solo che Gil la riempisse di più; che la scopasse più in fondo, più forte, fino a dimenticarsi dove iniziasse lei e finisse lui. Tutto di lei lo invitava a esagerare: dalle parole, alla sua espressione così fottutamente supplicante e persa, fino al corpo corrotto dall'oscurità e, addirittura, al suo potere. Sì, perché neppure la sua magia rimase ferma, aiutandola come sempre non a trionfare sul proprio nemico ma anzi, a diventarne ancora più preda, forse a quel punto assecondando i suoi desideri più profondi e oscuri. Perché era buona parte di lei a volerlo, e le sue piante furono solo gli ennesimi testimoni: cerchi verdi cominciarono a brillare sul terreno sotto Lucia, rilasciando ancora più energia lussuriosa, ma soprattutto portando alla luce nuove piante le cui ramificazioni apparivano come veri e propri tentacoli rigidi, ricoperti di bulbi morbidi al tatto che non erano altro che boccioli che una volta schiusi rivelarono delle "bocche" grondanti di saliva e umori, con lunghe lingue al posto dei pistilli. Subito i tentacoli si fiondarono su entrambi, legando Lucia intorno al collo, alla vita e alle cosce, tirandola contro il terreno e al tempo stesso aprendole di più le gambe e lasciando il suo corpicino ancora più esposto: il petto era così gonfio da rassomigliare del tutto a un piccolo seno, tanto che anche i capezzoli apparivano schiusi e grondavano linfa dal profumo invitante, anch'essi tremavano proprio come il suo sesso che non ne voleva sapere di smettere di venire, pulsando e continuando a imbrattarle ogni centimetro di pelle bruna, dai capelli dorati, alla faccia, ai suoi stessi seni. Inizialmente Lucia chiuse le labbra per evitare di ingerire il proprio nettare, in un barlume di pudore rimasto, ma quando Gil lasciò colare anche sangue sopra di lei insieme allo sperma, le labbra iniziarono a schiudersi e non ci volle molto prima che la lingua guizzasse fuori a leccare quel perverso miscuglio in preda alla frenesia. La stretta delle sue piante era così forte che minacciava di strozzarla da un momento all'altro, bloccandole anche le braccia a terra e impedendole di toccare Gil, cosa che però invece di allarmarla non faceva altro che farla dimenare, non per la volontà di liberarsi dalla stretta e fuggire, ma solo perché le sue dita non avevano fatto altro che cercare la pelle dello zombie, per graffiarlo, stringerlo, attirarlo a sé. E ora furono le sue piante a farlo, perché mentre le radici la tenevano salda al terreno lasciandola alla completa mercé del giovane, anche lui era intrappolato da rampicanti che lo tiravano verso di lei, senza impedirgli alcun movimento a differenza sua, ma invitandolo a esagerare ancora, e ancora. Le bocche che ricoprivano le radici stimolavano entrambi, ma in particolare Gil, leccandolo e mordicchiandolo un po' ovunque, dal collo, al petto, fino alle palle che una lingua stava gustando con più fame delle altre, saggiando il suo sapore da ogni muscolo, ma soprattutto continuando a riempirlo di Eromanzia. In effetti visivamente il tutto era la perfetta metafora di ciò che stava accadendo davvero tra i loro poteri, un continuo scambio che vedeva l'uno nutrirsi dell'altro. Il colmo era che, al di là di tutto, Lucia si sentiva così forte e pregna di energia che quell'amplesso sarebbe potuto essere benissimo un allenamento in sé, e se non quello di sicuro il sangue del giovane zombie poteva essere paragonato a sostanze dopanti per il suo organismo, poiché anche con quel cazzo mostruoso che le pompava dentro sbattendo così in fondo che poteva distinguerlo sotto lo stomaco e ritrovarsi con il fiato spezzato ad ogni affondo, si sentiva stranamente in grado di andare avanti per ore, e neppure l'ano gonfio che usciva leggermente dalla propria sede ogni qualvolta lui si tirava indietro pareva scoraggiarla. Essere chiamata "puttana"? Fu a malapena una nota stonata in una composizione a dir poco perfetta. Nota che per altro non suonò poi così incisiva, facendo aggrottare le sopracciglia di Lucia tra uno spasmo e l'altro. Lo guardò in viso, per un attimo confusa, poi di nuovo vogliosa, un occhio chiuso a causa dello sperma, cosa che rendeva la sua espressione ancora più umiliante, specie dalla prospettiva che vedeva il suo pene eretto così vicino alle labbra. Eppure nemmeno quello riuscì a imbarazzarla, anzi, le dita si tesero e i polsi si sollevarono leggermente nonostante la presa delle sue stesse radici, come un'ennesima invocazione nei confronti di Gil. Il suo bacino non faceva che muoversi nonostante tutto di lei fosse bloccato nel tentativo di tenerla ferma.
    D-dengh-tro... v-vieni... dengh-tro. Ti prego...
    La sua voce era ridotta a singhiozzi, soffocati dalla fatica ma anche e soprattutto dal seme e dal sangue che le impastavano la bocca.
     
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