Terapia d'urto

per Hadler.

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    Che dice il Coccodrillo del Nilo | che batte la coda iridata | ... | nel tonfano, nella cascata, | ... | e sopra la sponda assolata? | «Trovato è il pasto agognato! | Trovato! Trovato!

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    Lo "Stregatto Astratto"



    Narrato.

    << Parlato Cheshire.>>
    "Pensato Cheshire."


    << Parlato Astratto.>>
    "Pensato Astratto."


    << Parlato Ghigna.>>
    "Pensato Ghigna."


    Ghigna gliel'avrebbe pagata, poco ma sicuro; o almeno era questo il pensiero con cui il povero Astratto cercava vanamente di consolarsi mentre le sue sensibili orecchie feline venivano assordate da quella cacofonia senza capo né coda che alcuni osavano definire "musica" e che riempiva l'enorme sala della discoteca, simile al ventre di qualche colossale Leviatano, ribollente di corpi accaldati e sudaticci (Povero il suo delicato nasino!) che si contorcevano sotto quel bailamme di luci stroboscopiche, che accecavano i suoi splendidi occhi cremisi, le cui pupille si restringevano e si allargavano spasmodicamente, nel vano tentativo di abituarsi a così mutevoli condizioni di luce.
    Quel luogo era un vero inferno per qualsiasi neko o ibrido con sensi anche soltanto lievemente più sensibili della norma e Astratto sentiva già l'avvicinarsi di un terribile mal di testa: ma come faceva quello stupido di Ghigna a sopportare tutto questo? E se trovava ciò tanto divertente, perché non ci andava lui in quella maledetta discoteca, lasciando il suo povero "fratello" minore nella placida tranquillità della coscienza di Stregatto?
    Semplice, Ghigna si divertiva assai di più a vedere il suo "fratellino" in quella situazione a lui disagevole e a prenderlo in giro per il suo fare impacciato e la timidezza che lo stava divorando mentre affondava la schiena in quella scivolosa poltroncina in eco pelle, succhiando con finta nonchalance la cannuccia colorata del suo cocktail analcolico.
    Quel posto non faceva davvero per lui e Ghigna poteva anche riempirsi la bocca e parlare di "terapia d'urto" contro la sua timidezza cronica, ma la verità era che lo aveva trascinato in quel turpe luogo con l'inganno prima e con il ricatto poi, soltanto per il suo perverso diletto!

    "Suvvia, Astratto, adesso non la stai facendo un po' troppo drammatica? Alla fine ti sto dando l'occasione per conoscere gente nuova e per divertirti: mi sono stancato a vederti sempre in casa a leggere!"

    Lo rimbeccò una voce beffarda all'interno della sua testa, che era proprio quella di Ghigna: quest'ultimo, infatti, approfittando del fatto che quel giorno era il suo turno di controllare il corpo che condivideva con i suoi "fratelli", si era diretto a una delle più celebri e grandi discoteche della città, per poi costringere Astratto a prendere il controllo del loro corpo, sotto la minaccia di lasciarlo in mano a Cheshire se lui si fosse rifiutato di fare come gli veniva chiesto. Di fronte a una simile minaccia (Chissà quanti e quali guai avrebbe potuto combinare il suo iperattivo fratellino in un luogo così affollato e pieno di alcolici), aveva ceduto alle richieste del maggiore, che in più gli aveva imposto di rimanere nel locale almeno per un'ora: se in quel lasso di tempo non avrebbe trovato nessun buon motivo per rimanere, se ne sarebbe potuto tornare a casa oppure lasciare il posto a Ghigna, che in luoghi del genere era a suo agio come un pesce nell'acqua.
    Così ecco il povero Astratto, nascosto tra i divanetti e le poltroncine più lontane dalla pista da ballo, rabbrividendo alla sola idea di attraversare una simile babele di corpi sudati e accaldati che si sarebbero inevitabilmente strusciati sul suo tonico e flessuoso, finendo così non soltanto per disgustarlo ma anche per imbarazzarlo più di quanto già non fosse.
    La noia lo avrebbe facilmente sopraffatto se ogni fibra del suo essere non fosse stata consumata da una terribile tensione, che lo faceva sussultare e arrossire fino alla punta delle orecchie da neko per ogni ragazza che gli rivolgeva lo sguardo, preoccupato di apparire quello che effettivamente era e cioè spaventato, a disagio e terribilmente in imbarazzo.
    In realtà, era assai probabile che fosse la sua paranoia a dargli l'impressione che tutti lo stessero squadrando e giudicando (Se così non fosse, il barman era stato davvero scortese a lanciargli quell'occhiata beffarda quando aveva chiesto un cocktail analcolico...), in più anche se non era un evento sensazionale, un neko o comunque un ibrido in generale, attirava comunque gli sguardi, soprattutto se come Astratto, poteva esibire attributi ferini così evidenti come una lunga coda bianca e delle grandi orecchie feline del medesimo colore.
    Inoltre, autostima del giovane permettendo, i tre "fratelli" potevano vantare un corpo niente male, alto e slanciato, dalla muscolatura ben definita pur senza apparire esagerata e un viso dai tratti eleganti, oltre che dolci e molto piacevoli alla vista, incorniciati com'erano da una folta criniera di capelli bianchi, lunghi fino a metà della sua schiena e che Ghigna aveva lasciato sciolti, se non per una treccina che ricadeva lungo la guancia destra del giovane, le cui dita ci giochicchiavano spesso, per lenire tensione e noia.
    Inoltre i vestiti scelti dal "fratellone" Ghigna non facevano che esaltare i pregi di quel corpo flessuoso, che non mancava di forza come di delicatezza, come un'attillata camicia bianca, che Astratto aveva preteso di abbottonare fin quasi al colletto, dei fin troppo aderenti jeans neri che lasciavano ben poco spazio all'immaginazione e che erano persino strappati; a completare l'abbigliamento del giovane ci pensava un paio di scarpe sempre nere, dalla foggia classicheggiante, sebbene non troppo eleganti.
    Insomma, appariva proprio come un bel bocconcino sia per le ragazze che per i ragazzi e Ghigna sperava proprio che qualcuno di una delle due categorie si decidesse ad approcciare il suo "fratellino", anche se quest'ultimo si comportava da gattino spaventato, abbassando lo sguardo e sprofondando nella poltroncina a ogni occhiata ricevuta.

    "Giuro che me la paghi, Ghigna!"

    Tuonò nella sua mente il povero neko, ricevendo come risposta la risata beffarda del suo "fratello" maggiore, che non soltanto non lo prese sul serio ma si divertì non poco nel notare quanto il Astratto fosse finito nel pallone dopo neanche dieci minuti che si trovava in quel luogo.
    Ma dopotutto un'ora scorre velocemente... se non c'è qualche evento imprevisto a bloccarne il corso, ovviamente. E chissà quale sarebbe stato il nome e l'aspetto dell' "imprevisto" che stava per travolgere la serata del timido neko...
     
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    ...Poke...
    Il ragazzo felino avrebbe sentito qualcosa che per un'attimo gli avrebbe toccato la punta dell'orecchio. Distratto e teso come era si sarebbe potuto anche girare ma non avrebbe visto nessuno. Rimettendosi seduto al divanetto la musica avrebbe riportato la sua attenzione al suo disagio.
    ...Poke...
    Ancora qualcosa gli avrebbe toccato l'orecchia felina obbligandolo a girarsi, ma per la seconda volta non avrebbe fatto in tempo a mettere a fuoco chi stesse facendo quello stupido scherzo. Con la coda dell'occhio era difficile tenere sotto controllo i dintorni per colpa delle luci e l'enorme sopressione sensoriale che creava la musica assordante che veniva proposta. Se qualcuno stava facendo uno scherzo stupido sarebbe bastato e avanzato per farlo alzare e andare via, ma nel momento che si sarebbe rimesso dritto con la postura si sarebbe ritrovato faccia a faccia con un'uomo. E con faccia a faccia si intende che nel momento che si sarebbe girato, invece di trovare con le labbra la cannuccia del proprio drink, avrebbe trovato le labbra di questa figura dai capelli lunghi e blu, mossi. Aveva gli occhi rossi e un viso da adulto. Sorrideva nonostante avesse le labbra incollate a quelle del felino e sembrava non avere nessuna intenzione di staccarsi. Guardandolo meglio aveva un pò di barbetta che formava un pizzetto appuntito, era messo con la schiena in avanti e il ginocchio destro a terra, vestito di bianco ma per colpa di quel contatto stretto era difficile scorgerne bene i dettagli.
    ...Mhhhh... Ti sta piacendo o hai intenzione di staccarti prima o poi?
    L'uomo di fronte a lui avrebbe parlato con ancora le labbra attaccate alle sue. Aveva una voce roca e profonda e data la vicinanza era udibile nonostante la musica. Era sicuramente lui al persona che lo aveva infastidito fino a quel momento!
     
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    Lo "Stregatto Astratto"



    I pensieri di Astratto indugiavano sull’autocommiserazione e l’insulto gratuito verso Ghigna, il crudele “fratello maggiore” che era stato causa di tutta quell’incresciosa situazione e che, una volta di più, si era dimostrato sciocco, avventato, egoista, dispettoso e una lunga sequela di altri epiteti che non staremo qui a riferirvi, ché sennò faremmo notte! In ogni caso, immerso com’era nelle sue elucubrazioni (E nei suoi propositi di vendetta verso la personalità più “anziana”), il lieve tocco che avvertì sulla punta delle sue grandi e sensibili orecchie feline, lo fece sobbalzare tutto, prima che un lieve rossore colorasse le sue gote nivee mentre si voltava di scatto per trovare l’artefice di quel leggero tocco.
    I suoi grandi occhioni cremisi non individuarono nessuno e il neko, già piuttosto teso di suo, cercò di convincersi che qualcuno lo avesse sfiorato per caso mentre passava accanto al divanetto dov’era seduto: dopotutto l’età media delle persone che si trovavano in quella Sodoma dei tempi nuovi era comunque sopra la maggiore età, dunque l’idea che ci fosse qualcuno così puerile da fare scherzi da prima elementare gli parve una vera assurdità.
    Così, ritornato a sedere composto e a succhiare la cannuccia del suo drink alla frutta, cercò di riprendere il filo dei suoi pensieri (Dov’era arrivato? Ah sì, stava elencando tutti i sinonimi di “beota” che stava riferendo a un assolutamente indifferente Ghigna), quando di nuovo, un leggerissimo tocco andò a disturbare il suo sensibile orecchio felino, facendolo letteralmente saltare dal divanetto e lo costrinse a voltarsi infastidito oltre ogni immaginazione, ben prima che il suo grazioso culetto ritornasse a toccare il cuscino su cui era seduto.

    << Ehi! Dico io, che… Uh?>>

    Tuonò, certo di cogliere sul fatto il bambinone che aveva deciso di giocargli quegli stupidi dispetti, ma il suo sguardo vivido per il furore non incontrò il colpevole di quegli scherzi, anzi non incontrò proprio nessuno se non l’anonima massa di corpi che si contorceva laida tutta intorno a lui.
    Ovviamente cercò di individuare il possibile nascondiglio di quel disturbatore, ma non riuscì a trovare nulla di interessante e le sue grandi orecchie feline, ben dritte e attente, non percepirono altro che quella musica troppo alta e rumorosa, che gli feriva l’udito e che annullava ogni altro suono.
    Quindi, confuso e piuttosto contrariato, tornò a sedere composto e a prendere tra le labbra la sua cannuccia… soltanto che al posto di quest’ultima, trovò la bocca di un uomo inginocchiato davanti a lui!
    Immediatamente i suoi già grandi occhioni cremisi, diventarono così enormi da dare quasi l’impressione di voler inglobare tutto il viso, mentre le sue gote nivee, venivano attraversate da una fiamma di puro imbarazzo, tanto divennero rosse e bollenti. Le orecchie del neko percepirono le parole dell’uomo, che nel frattempo non si mostrò molto contrariato di quel bacio inaspettato, ma il cervello di Astratto era troppo impegnato a urlare e a chiedersi “Che faccio, che faccio, che faccio???” per poter decifrare i dati che l’udito aveva raccolto tanto diligentemente.

    << Maow!!!>>

    Miagolò con voce fin troppo acuta, mentre si allontanava così precipitevolmente dall’uomo e dalle sue labbra, da far cadere il divanetto per lo schienale, mentre a causa della spinta che si era dato sarebbe di certo finito per rotolare lungo il pavimento, come una palla di pelo antropomorfa, se non fosse riuscito a rimettersi all’in piedi come una molla, dopo la prima capriola all’indietro, dimostrando che per quanto goffo, gli attributi felini non influivano soltanto sul suo aspetto, ma anche sui suoi riflessi e sulla sua agilità.

    << Sono mortificato, mi scusi! Non volevo, è stato un incidente! Oh, cielo, che vergogna, mi potrà perdonare?>>

    Prese a miagolare con voce affranta e imbarazzatissima, credendo di tutto cuore che stava facendo la figura più grama di tutta la sua vita: che imbarazzo, aveva baciato per sbaglio uno sconosciuto (Un uomo, poi!) e aveva persino ribaltato il divanetto dove era seduto, facendo persino un capitombolo! Come sarebbe riuscito a salvarsi da una situazione simile? Al che, i suoi neuroni fecero quello che sapevano fare meglio: si fecero prendere dal panico.
    Ovviamente Ghigna se la stava spassando, ma notando che il suo fratello minore sarebbe potuto rimanere il resto della notte a balbettare scuse, penso che fosse suo dovere fargli notare che le cose non erano andate proprio come credeva lui:

    “Astratto, calmati, lui… - Sono davvero mortificato, mi scusi, mi scusi!>>

    Cercò di inserirsi nel corso dei suoi pensieri, il protettivo(?) fratello maggiore, venendo per un momento sopraffatto dalla timidezza di Astratto.

    “Insomma, vuoi starmi a sentire? E’ stata tutta opera sua, non hai sentito cosa ti ha detto?”

    S’impose, mentre il neko si fermava a metà di una sua scusa e, sgranando gli occhioni rossi, finalmente decifrò le parole che avevano percepito le sue orecchie, quelle parole così impudenti e insinuanti, oltre che pronunciate con un tono così profondo e roco che rabbrividire lievemente, per poi arrossire come un pomodoro maturo, fu semplicemente inevitabile,

    << L-lei, l-lei è un v-vero mascalzone! Un, un, un… un ineducato, e-ecco! Non s-si f-fanno s-simili s-scherzi… s-sciocco!>>

    Si ritrovò a balbettare, sempre più rosso in volto, provando a mostrare tutta la sua disapprovazione e la sua ira corrugando le sopracciglia sottili e agitando frenetico la lunga e vaporosa coda bianca, mentre borbottava i suoi rimproveri come un bollitore sfiatato.
    Però, a giudicare dalle risa di Ghigna che risuonavano nella sua testa, forse non era stato abbastanza duro, forse doveva aggiungere un rimprovero più audace, dopotutto quell’uomo aveva avuto un comportamento davvero inqualificabile e lui aveva tutto il diritto di dirgliene quattro!

    << …Si vergogni!>>

    Riuscì ad aggiungere, dopo aver dischiuso la bocca un paio di volte senza trovare nessun rimprovero abbastanza duro da fargli e, tanto per darsi un tono, scuotendo l’indice accusatore davanti a lui, temibile quanto un gattino con il musetto ancora sporco di latte che soffia come un adulto.
    Chissà perché, la sensazione di Astratto che quella sarebbe stata una lunga serata, improvvisamente divenne un’autentica certezza
     
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    Beniamino era lì, a godersi la scena di come il gattino si tirò indietro con la faccia simile a quella di un pomodoro e tutto il pelo arruffato. Non lo aiutò nemmeno quando per poco non si scapicollò col divanetto ma anzi si permise di lasciar andare una ridacchiata. Mentre poi riceveva scuse in un primo momento e "osceni" insulti appena il ragazzo realizzò quanto fosse lui il colpevole dei precedenti tocchi alle orecchie, avrebbe cominciato ad avanzare con un passo molto tranquillo ma sicuro. Aveva la mano sinistra al fianco di pantaloni bianchi che indossava con una certa precisione, siccome mettevano in mostra le grosse cosce sviluppate e muscolose. Ai piedi aveva degli stivaletti con la punta molto evidenziata di colore nero e lucidi, che con le luci dell locale sembravano brillare anche troppo. Salendo però al busto, la cosa divenne divertente siccome aveva a malapena una canottiera di quelle a rete di colore nero e una giacca bianca appoggiata a malapena sulle spalle. Era alto e muscoloso, di quei fisici scolpiti ma non gonfi come quelli di un bodubuilder, era piu' simile a quella tipica figura da discoteca re del ballo o lo stesso padrone del locale. Ma c'era poco da chiedersi o disquisire siccome il povero gatto si sarebbe visto Beniamino avanzare molto sicuro nonostante gli ammonimenti. Il dito puntato contro di lui sarebbe anche arrivato ad affondare nei suoi pettorali se Astratto non si fosse ritratto, e anzi di lì a poco si sarebbe ritrovato con le spalle al muro, anzi precisamente ad una colonna delle tante che stava dietro di lui. Beniamino sembrava voler avanzare apposta per schiacciarlo contro la stessa, ma in maniera un pò sensuale se è possibile dirlo: camminava molto sicuro di sè con gli occhi rossi puntati in quelli di Astratto e sorrideva leggermente, poi se contiamo il casino che c'era intorno a loro anche per parlare c'era bisogno di un minimo di vicinanza. Vero anche che Beniamino voleva essere fin troppo vicino, ma poteva evaderlo come essere "soprafatto" momentaneamente.
    Mmmmh, siamo dei gattini tesi a quanto vedo... Hai delle labbre così piacevoli eppure sono capaci di dire certe cose così offensive. Potrei sentire davvero il peso delle mie colpe per averti arrecato offesa... Sono stato davvero così cattivo?
    Beniamino aveva la faccia sorniona di un attore da melodramma di secondo ordine, si era portato anche il dorso della mano destra alla fronte in segno di tremendo dispiacere e sofferenza interiore, mentre con gli occhi vispi vedeva ed osservava come reagiva Astratto. Di fatto però se lo lasciava fare tutto questo sarebbe successo praticamente petto a petto.
     
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    Lo "Stregatto Astratto”


    Il suo capitombolo venne accompagnato da una breve ma sentita risata da parte dell’uomo che, è bene ricordarlo, era causa diretta nonché principale artefice di quell’incidente che per poco non gli costava l’osso del collo e benché Astratto non sia mai stato un micio particolarmente suscettibile, quel tutto sommato innocente scoppio di ilarità ne sferzò l’orgoglio, costringendolo dunque a fargli rizzare il pelo di orecchie e coda, mentre si dava a un profluvio di debolissimi rimproveri che non avrebbero impensierito neppure un bambino con ancora il moccio al naso.
    Ma Astratto non era il tipo di personalità capace di offendere o rimproverare troppo seriamente gli altri e non appena il suo amor proprio si considerò soddisfatto del modo in cui l’uomo era stato apostrofato, il neko iniziò a sentirsi un po’ a disagio, poiché di certo il ruolo di “castigatore” non rientrava nelle sue corde e dopo quel “Si vergogni” che era giunto come una sorta di illuminazione, la sua mente invasa dall’imbarazzo si trovò a fare i conti con un dizionario linguistico desolatamente povero di insulti. Per questo motivo, se l’uomo non avesse deciso di alzarsi e di incalzarlo camminando tranquillamente verso di lui, Astratto sarebbe rimasto ad agitare il dito accusatore nell’aria mentre bofonchiava a mezza voce lamenti di varo genere, non dissimili da quelli a cui si sarebbe abbandonata una vecchia zia estremamente pudica nell’osservare i capricci dei suoi nipotini, sciocchezzuole del tipo “Ma guarda un po’… che razza di idee… ma cosa gli dice la testa” eccetera eccetera, frasi che se fossero state captate dall’orecchio dell’uomo, avrebbero contribuito a renderlo di certo ancora più sfrontato di prima, con buona pace dei metodi educativi del neko.
    Come è già stato anticipato, però, l’uomo non perse tempo e iniziò ad avvicinarsi in direzione di Astratto il cui rossore aumentava d’intensità man mano che l’uomo si faceva più vicino, al punto che prese a indietreggiare mentre lo guardava con la stessa espressione di un pesce lesso, con tanto di boccuccia dischiusa e occhioni cremisi sgranati.
    Ma come biasimarlo per quelle timide occhiate colme di meraviglia? Insomma, era la prima volta che gli capitava di vedere un uomo così alto e prestante, dalla pelle deliziosamente simile al colore del caramello (Chissà se ne aveva anche il sapore… non che Astratto avesse la benché minima curiosità di scoprirlo, eh!) e con una lunga massa di capelli azzurri che ricadeva dietro alle sue spalle come la criniera di un immenso leone… e, in effetti, il modo in cui si avvicinava a lui aveva un che di predatorio che faceva fremere nel profondo il povero micio.
    Inoltre, benché fosse un vestiario decisamente inusuale e parecchio appariscente, doveva ammettere che quei pantaloni bianchi fin troppo attillati che mettevano in mostra la muscolatura possente delle gambe, così come quella deliziosamente provocante canottiera forata che mostrava più di quello che celava, così come quella giacca bianca che ricadeva sulle spalle, neanche indossata contribuivano a dargli un’aria sbarazzina eppure decisamente elegante, quasi signorile da... da…

    “Da pappone di un bordello per finocchi? Non hai tutti torti, ma anche come il membro perduto dei Village People farebbe il suo figurone… fratellino, non sapevo che ti piacessero uomini così: fai tutto il puritano, ma secondo me sei un gran pervertito!”

    S’intromise a gamba tesa il “caro” Ghigna, sboccato e beffardo come d’abitudine, su cui ormai pendeva una condanna a morte in contumacia per cazziatone intergalattico che Astratto si ripromise di mettere in atto non appena sarebbe ritornato a casa (Se fosse ritornato), con una delle ramanzine più memorabili di tutta la sua vita.
    Ebbe appena il tempo di formulare questo pensiero, che si ritrovò letteralmente con le spalle al muro e l’uomo vicinissimo a sé: lo stesso indice che aveva continuato a tenere puntato come ammonimento per tutta la sua “ritirata”, adesso premeva contro la canottiera dell’uomo, permettendogli così di saggiare la formidabile durezza di quegli addominali scolpiti. Il povero Astratto dovette persino sollevare il nasino ben in alto, per poter guardare negli occhi rossi quel simile colosso di muscoli, pelle color del caramello e sens… sfrontatezza, quantità enormi di insopportabile sfrontatezza!

    << N-non la p-permetto d-di chiamarmi g-gattino! M-mascalzone… bruto!>>

    Riuscì infine a dire, parecchi attimi dopo la conclusione del breve ma melodrammatico discorso dell’uomo, che con fare teatrale si portò una mano alla fronte, come a voler dimostrare quanto la durezza del neko lo avesse ferito.
    Astratto avrebbe risposto ben prima, in realtà, se non fosse stato impegnato a ribollire dall’imbarazzo e a osservare quel volto perfetto, dai tratti così splendidamente virili, che lo guardavano allo stesso modo di un drago che osserva la sua montagna d’oro (Che ci volete fare, è un nerd e anche i suoi paragoni lo sono), quindi mentre i suoi neuroni svenivano come tante damigelle ottocentesche e i suoi ormoni si davano alle macumbe più sfrenate, l’unica parte del discorso che riuscì a filtrare nella mentre dello stregatto fu proprio l’imbarazzantissimo nomignolo con cui l’uomo l’aveva appellato. Ciò basto per scatenare la sua indignazione, ma anche spezzare la malia di cui era caduta vittima e farlo accorgere della posa addolorata dell’uomo, nonché dell’ultima parola che nella foga dell’imbarazzo gli aveva rivolto: “bruto”. Un termine decisamente, troppo, troppo forte: tanta fu la vergogna per aver chiamato in quel modo tanto disonorevole un poverino già pentito, che si portò le manine alla bocca come a voler trattenere ciò che gli era già sfuggito, mentre i sensi di colpa gli mordeva il cuore tenero come burro e lui si scioglieva in un confuso grumo di tenerezza mista a vergogna.

    << N-no! Mi scusi, n-non… n-non v-volevo chiamarla in tal modo. Mi perdoni, non volevo ferirla: è soltanto che la serata è stata difficile e che lei è stato piuttosto sciocc… cioè, sfrontato che… d-davvero, m-mi scusi!>>

    Balbettò assolutamente nel panico, poggiando timidamente la mano dalle lunghe dita artigliate sul braccio possente dell’uomo, fremendo come una fogliolina spazzata dal vento autunnale per quel contatto tanto innocente, con le gote rosse come fragole mature e gli occhioni tutti preoccupati, che non avrebbero potuto mascherare i loro sensi di colpa neppure volendo.

    << N-non si d-disperi, la p-prego, so c-che n-non aveva d-delle cattive i-intenzioni… sono stato t-troppo d-duro, mi d-dispiace. I-io… v-vuole che l-le offra q-qualcosa per f-farmi perdonare?>>

    Propose in un pigolio più da pulcino che micetto, schiacciato tra la colonna il fisico scultoreo dell’uomo, mentre si sentiva sempre più piccolo, goffo, confuso e assordato non dalla musica, ma dalla risata incessante di Ghigna che, evidentemente, stava trovando tutta quella situazione davvero divertente.
    …Oh, se gliel’avrebbe fatta pagare! Fosse anche l’ultima cosa che faceva, ma suo fratello avrebbe pagato per quella sera! Sarebbe stato così inflessibile e severo che… il maggiore l’avrebbe fatta liscia come sempre. Ma gli avrebbe tenuto il broncio per almeno due settimane!
    …O tre giorni, più o meno, ché poi si sarebbe sentito in colpa a negargli il suo affetto per così tanto tempo. Era davvero un caso perso, vero? Chissà, forse con un pizzico di fortuna l'uomo non l'avrebbe capito e con un drink si sarebbe sfilato da quella così perniciosa situazione... dopotutto costare non costava nulla, no?
     
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4 replies since 12/4/2017, 18:56   112 views
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