Un Destino in comune

x Shorai

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    Molti si domandano "perché le persone si incontrano ad ora tarda?". Come se fosse una domanda degna di risposta. Alla luce del sole tutti possono vederti, specialmente mentre apri la tua anima. Le persone invece preferiscono tenerla allo scuro, al sicuro, in modo che in caso venga ferita questa coscienza non mostri mai le sue cicatrici, restando nascosta come un ombra immersa nelle tenebre. Undici precise, un orario facile da ricordare, così vicino alla mezzanotte per non perdere nemmeno un istante del giorno seguente. Quella sera il Box era molto silenzioso, quasi come se non ci fosse nessuno. Difatti, Gloria non avrebbe incontrato nessuno a fermarle l'entrata, la porta era chiusa si, ma la chiave se ne stava lì, proprio sotto la maniglia. Luci spente, silenzio, buio. Che meraviglioso luogo dove riposare.
     
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    Ecco, un'altra notte che si prospettava diversa dalle altre. Aveva tenuto in mano quel biglietto da visita spesso, fino a sera, le lancette dell'orologio che con una lentezza estenuante non si decidevano a raggiungere le undici. Poi si era decisa a scendere di casa per andarci, consapevole di essere quasi mezz'ora in anticipo rispetto alla tabella di marcia. Non ne poteva più di stare in casa.
    Erano le undici meno un quarto quando raggiunse l'entrata del The Box, e solo controllandosi il polso dove portava un orologio poté accertarsene. A presentarsi in anticipo avrebbe mostrato che era impaziente, e non voleva dare quella impressione. Voleva solo essere puntuale. Così attese quei dieci minuti fuori, la schiena appoggiata al muro e il bigliettino fra le dita. Controllata di nuovo l'ora, e certa che erano le undici meno cinque, prese la chiave appesa alla maniglia della porta e la infilò nella serratura, girandola.
    Già il fatto che non c'era nessuno fuori era strano, e il silenzio tutto attorno era altrettanto particolare.
    Spinse la porta con forza per aprirla, estraendo la chiave ed entrando, richiudendosela poi alle spalle.
     
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    Sulla "pista da ballo" dove la sera prima alcuni ragazzi si divertivano a chiacchierare tra di loro, una luce in lontananza dava un punto di riferimento a Gloria. Non poté vedere chiaramente cosa stava succedendo, scorgeva solo una figura immersa nelle tenebre accompagnata unicamente dalla luce della sua lanterna. Se aveva qualche sospetto, la sua voce le avrebbe concesso una conferma inviolabile.
    Sei stata molto carina ad aspettare per far finta di essere puntuale, ma non era necessario... anche io sono un tipo impaziente.
    Gli aveva fatto molto piacere constatare che, in fondo, Gloria non era rimasta disgustata da lui, né spaventata. Anzi... l'essere arrivata prima era una prova inequivocabile che provava interesse, e a differenza del professore che lo aveva fatto da subito lei lo stava finalmente esprimendo. Se si fosse avvicinata, avrebbe trovato Thresh seduto a gambe conserte come quando avevano combattuto e aveva attivato i suoi poteri. Era circondato da diverse macchine della tortura in acciaio nero che, essendo immerse nella penombra, apparivano più che altro come spiriti maligni. Sembrava quasi immerso in un cimitero si spettri e metallo, e con la perizia di un orologiaio si divertiva a sistemare un meccanismo. Le sue mani coperte da guanti senza estremità si muovevano con sapienza per regolare usando un cacciavite quella che sembrava una molla. Le sue macchine potevano ripararsi da sole, ma piccole modifiche e imperfezioni adorava sistemarle a mano, ci metteva grande passione in quello che faceva, poco ma sicuro. Quando Gloria fu vicina, sorrise divertito, alzando lo sguardo verso di lei.
    Mi spiace, immagino che una signora non vorrebbe mai sedersi a terra nel buio più totale. Solo un secondo, ho finito.
    Un ultimo click ed ecco una piccola anima verde dagli occhi rossi fuoriuscì dagli ingranaggi con somma soddisfazione del professore. Non sembrava preoccupato di mostrarle il suo lato inquietante, faceva parte della sua personalità cristallina.
     
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  4. Shorai no ha
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    La chiave stretta in una mano, pensava già di dover salire le scale per raggiungere il Privato 3, come l'ultima volta. Ma appena entrata vide che era tutto silenzioso e immerso nell'oscurità, se non fosse per un barlume in lontananza. Che cosa stava succedendo, il locale era chiuso per caso? Non c'era un anima vagante, si aspettava di vedere la gente dell'ultima volta.
    Si incamminò comunque verso quella luce, dove le sembrava di intravedere una figura, la cui voce la fece arrestare sul posto, con una stretta all'altezza del petto e una smorfia. Accidenti! Se n'era accorto?!

    No, non stavo.. era solo.. a caso... Ah, lasciamo perdere.

    Cercò di spiegare, o meglio balbettare, riprendendo poi a camminare. Aveva deciso di lasciarsi i capelli sciolti, anche alla fioca luce presente si poteva vedere, e si fermò nuovamente poco distante da lui, accovacciandosi come a vedere dal suo punto di vista quelle... cose.

    Buonasera ... Questi sono i tuoi giocattoli?

    Gli domandò, rivolta al suo orecchio destro, andando poi a fissare quell'anima verde con stupore, ammirazione e un briciolo di timore, osservando poi anche le altre anime nere fatte di metallo.
     
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    La reazione di Gloria lo divertì non poco, ma cercò di non infierire nascondendo quella leggera risata che gli stava sfuggendo. Iniziò a posare delicatamente il congegno aggiustato sul lato di una grossa placca metallica che se ne stava a terra proprio sotto la lanterna. Sembrava una specie di sportello, l'anta di un armadio, ma c'erano diversi fori al suo interno dalla quale uscirono spine acuminatissime quando Thresh vi rimise il congegno appena aggiustato.
    Si tratta di un passatempo molto complicato. Ci sono molti modi per uccidere le persone e fare loro del male, ma per renderli divertenti o per farne valere la pena dello sforzo... bisogna sforzarsi ancora di più. L'impegno nella minuziosità dei dettagli è la parte che preferisco di gran lunga. Ma non li definirei mai in nessun altro modo se non come ne hai parlato tu... "giocattoli".
    Ghignò malefico, non avrebbe mai nascosto una cosa così ovvia e spontanea. Sollevò la lanterna per poi alzarsi di scatto, lasciando la luce volteggiare al suo fianco mentre afferrava l'anta appena aggiustata e la portava verso uno degli spettri di metallo. Ora che Thresh ci stava così vicino e le rimontava il pezzo, Gloria poté notare che si trattava di un enorme sarcofago nero, simile ad una bara dal contenuto irto di spine acuminate. Una vergine di ferro, antichissimo strumento di tortura. Thresh si spostò la lanterna quasi a voler illuminare la sua opera, poi si voltò verso Gloria con quel tipico sorriso malizioso che lo contraddistingueva.
    Ti spaventano?
    Quelle macchine potevano provocare dolori lancinanti e portare la vittima ad una morte dolorosa quanto lenta e insopportabile. Quella domanda era così ovvia che molto probabilmente avrebbe evocato qualcosa in Gloria, ne era certo. Come se non bastasse, oltre al loro aspetto, c'era quell'aura di spiriti verdi che si lamentavano, e gli occhi dei teschi incastonati in quei strumenti di morte si illuminavano di rosso, sembravano quasi fissare Gloria, la bramavano, la desideravano molto più intensamente degli occhi lascivi di Faust.
     
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  6. Shorai no ha
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    Non poteva nascondergli davvero nulla? Non aveva idea di come facessero a capirsi così al volo anche se si erano incontrati solo una volta, e le varie teorie sulle anime connesse e la reincarnazione non sembravano poi tanto stupide, viste da quell'ottica.

    Con tutto il tempo che dedichi loro, i risultati saranno eccezionali.

    Rimase abbassata, guardandolo affascinata mentre riparava i suoi strumenti: era indubbio che ci mettesse davvero passione, e amore. Una simile cura per far rendere delle piccolezze al cento per cento con il resto poteva solo scaturire da un profondo sentimento nei confronti di quello che si stava facendo.
    Spalancò leggermente gli occhi quando il meccanismo delle spine fu attivato appena il congegno venne rimesso al suo posto, e si alzò solo quando Thresh sistemò quella che risultò essere un'anta di una vergine di ferro.
    La riportò indietro, a quando si rintanava nella biblioteca della casa delle suore, in un angolino, a leggere libri anziché socializzare. C'erano argomenti abbastanza equivoci che una bambina non avrebbe mai dovuto leggere, eppure quelle donnine non esitavano mai a spaventare a morte coloro che osavano andare contro "la legge di Dio", anche i bambini. E vide un sacco di mezzi di tortura su quelle pagine, illustrati e descritti, a cui venivano sottoposti degli innocenti dalla Chiesa stessa, e la vergine di ferro era fra quelle. Quella risultò essere una delle letture più interessanti che aveva trovato allora, e crescendo se l'era portata.
    Nei momenti di profonda rabbia o frustrazione, chi non trovava sfogo nell'immaginare le urla della gente che avrebbe voluto vedere morta, urla che evocavano la dolce pietà della morte mentre le loro carni e menti venivano lambite senza pietà da strumenti che andavano oltre la loro comprensione? Ma non aveva solo visualizzato altre persone in quei deliziosi giocattoli; aveva visto anche se stessa.
    Certe scene non esattamente stupende avevano infestato la sua mente durante incubi oscuri che sembravano senza fine, ma che in realtà duravano pochi istanti, e continuavano ad echeggiare anche da sveglia. Che fosse masochista non lo sapeva, ma sadica lo era di certo. Anzi, certi pensieri ormai non bussavano più alla sua porta da un pezzo, e tutte queste sensazioni furono unicamente scaturite dalla domanda di Faust, e dagli occhi insanguinati delle macchine che era difficile ignorare.

    Sinceramente non sono tentata di rimanere da sola con loro. Ma mi attirano.

    Il suo animo si era fatto inquieto, a rivisualizzare certe cose, a richiamare addirittura l'allenamento che era solo uno scherzo nell'ultima parte, ma rimaneva lì, piantata. Non era sua intenzione scappare.
     
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    Decise di rispondere in maniera pungente all'affermazione di Gloria, come se volesse scavare più a fondo rispetto all'apparenza. Intanto la sua macchina della tortura emetteva dei suoni meccanici poco rassicuranti, come se stesse calibrando i suoi meccanismi per poi tornare in uno stato di quiete.
    La solitudine è pessima anche senza queste macchine come uniche compagne, forse è proprio questo a renderti diffidente più che loro.
    Faust portò una mano sulla sottilissima fessura che creavano le due ante della vergine di ferro. Lo fece con uno sguardo lussurioso, come se stesse accarezzando l'intimità di una donna, lo fece con la stessa delicatezza e passione che servono per donare piacere alla propria amante.
    Molti temono il dolore, ma come la maggior parte dei pensieri reconditi umani non è che un pregiudizio. Ad esempio se io sapessi perfettamente di aver calibrato alla perfezione questa macchina per non uccidermi non troverei nessun piacere nel finirci dentro volontariamente e sperare in una sensazione forte. Senza il brivido di temere la morte non assaporerei nulla di quest'esperienza. Non è molto differente dal voler dare fuoco alla casa del proprio nemico, non trovi?
    Il suo tono di voce era molto profondo, non solo aveva la parlantina sciolta come al solito, stava cercando di stregarla e conquistare tutta la sua attenzione per farla pendere dalle proprie labbra. Sapeva di aver già attirato il suo interesse, ma adesso doveva andare molto più a fondo.
    Facciamo una prova di fiducia, ti va? Dopotutto dovrai gettarti tra le mie braccia scappando da un edificio in fiamme se tutto va male, quindi dovrai essere sicura del mio supporto.
    Staccò le dita dalla vergine di ferro e le ante si aprirono, rivelando il suo interno: una superficie irta di spine che sbucavano fuori da dei piccolissimi fori. Sulla superficie c'era incisa la figura di uno scheletro nascosto dietro le punte, con gambe e braccia incrociate, come se fosse intrappolato. Anche i suoi occhi erano spiritati e affamati, affamati di Gloria, che la scrutavano come se volesse divorarla. Faust si voltò verso di lei, mostrandole il contenuto con la mano a palmo aperto, sorridendo divertito.
    Entra nell'Iron Maiden, ti prometto che le sue punte non ti sfioreranno di un millimetro. Ti chiuderò dentro e non subirai nemmeno una ferita visibile, te lo assicuro.
    Poi, con un passo laterale, le avrebbe lasciato lo spazio per entrare. Cosa avrebbe fatto Gloria?
     
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  8. Shorai no ha
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    Quei suoni di assestamento, per quanto inqietanti, non la spaventavano come avrebbe dovuto essere. Di macchina ne aveva sognata solo una, sempre quella, non aveva chissà quale fantasia nel richiamare un dato evento che non avrebbe mai dovuto nemmeno ricordare, in quanto impossibile a quel tempo. Il gesto, la finalità dello strumento, rimaneva quello. Eppure la meticolosità con cui ripercorreva sulla propria pelle quell'evento nel presente, anche sono come suggestione, era particolare.

    Cosa vorresti dire con questo? Sentiamo.

    In un certo senso fu come sentirsi attaccata dalle sue parole, e non lo accettava, per questo era scattata in modo aggressivo. Magari era il fondamento di verità in quello che diceva a darle molto più fastidio delle parole stesse.
    Ridusse gli occhi a due fessure mentre accarezzava in modo lussurioso il freddo metallo, sapeva che stava richiamando una persona vera, ma adesso stava di nuovo sulle sue, impuntata e a braccia conserte.

    Avere la consapevolezza di sapere che andrà tutto bene non dona vero rischio, vero brivido. Più le cose si fanno difficili, maggiore è la incertezza, maggiori saranno le sensazioni e il piacere nella follia del compiere quella cosa. Lo stesso vale per sfidare la morte: se non la istighi, non saprai mai di cosa è realmente capace. E la morte è la migliore compagna di giochi, perché è impossibile intuire quale sarà la sua mossa nei tuoi confronti. E la vittoria sarà nello scamparle, invitandola a riprovarci meglio la prossima volta.

    Era consapevole di cosa intendesse, sembrava parlassero di un argomento così conosciuto con qualcuno che non passava mai di moda. Probabilmente potevano addirittura completarsi le frasi a vicenda, con un po' di impegno.
    Piegò la testa di lato quando aprì le fauci della Iron Maiden, che sembravano non desiderare altro che intrappolarla e fare "conoscenza" con le sue ossa, la sua carne e il suo sangue.

    Prova di fiducia? Diciamo anche prova di coraggio.

    E questo era riferito sia al buttarsi fra le sue braccia, che fra quelle dell'Iron Maiden. Serrò le labbra fino a ridurle ad una sottile striscia, perdendosi fra quegli spuntoni aguzzi e immaginando già come sarebbe stato esserne attraversata appena la serratura fosse scattata. Ma si concentrò sul volto di lui, divertito, avvicinandosi quasi con fare minaccioso.

    Tch! E sia. Ma se pensi di farmi un altro scherzo, ti farò del male fisico, se ne esco. E non ti piacerà.

    Probabilmente alle orecchie di Faust quella era suonata come una minaccia estremamente eccitante, ma non le interessava. Guardò con aria di sfida l'incisione dello scheletro con cui sarebbe rimasta sola lì dentro, e senza esitare entrò.
     
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    Faust rimase in silenzio, non voleva cedere alle provocazioni, né alle congetture, quella situazione si stava facendo troppo interessante per interromperla con discorsi inutili. Gloria sembrava intenzionata a dimostrargli di non essere timorosa, più che una prova di fiducia aveva ridotto il tutto ad una dimostrazione di coraggio. Quindi il professore doveva impegnarsi per rendere tutto più interessante. Neanche il tempo di entrare completamente nella macchina che Gloria venne intrappolata dalle ante che si chiusero rumorosamente. Il rumore delle lame che uscirono rapide dalla superficie interna fu lancinante come un grido disperato, ma la ragazza non avvertì neanche il minimo tocco. Muovendo semplicemente un muscolo probabilmente si sarebbe graffiata, ma fintanto che restava immobile era al sicuro. Qual'era la tortura quindi? Non correva nessun pericolo in effetti, la prova era superata, eppure la vergine di ferro non si apriva, né emetteva il minimo rumore. Anzi, ora che ci faceva caso Gloria poteva constatare di non sentire più nessun rumore, né il respiro del professore, né il proprio respiro, probabilmente non sarebbe riuscita a sentire nemmeno i suoi stessi pensieri. Il buio era tetro, profondo, abissale, la ragazza avrebbe avuto la sensazione di finire in un'altra dimensione, una dimensione oscura, buia, profondamente vuota... sola. Il nulla, nulla al di fuori del suo corpo e la consapevolezza che un singolo movimento poteva ferirla, chissà quanto gravemente. Era congelata nel nulla, bloccata nel suo stesso corpo condannata ad impazzire di solitudine per l'eternità. Quanto avrebbe retto?
     
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    Ecco, era entrata, rimanendo imprigionata nelle grinfie dello strumento. Ma il silenzio innaturale che venne dopo fu forse addirittura più pauroso dell'essere circondata da centinaia di lame, pronte a ferirla se solo si fosse sbilanciata a destra, a sinistra, avanti e indietro. L'istinto la portava ad andare avanti, non sopportava nemmeno l'idea di avere quelle cose conficcate nella schiena, anche se palesemente non l'avrebbero toccata, ma muoversi avrebbe significato incasinare tutto da sola e nutrire la vergine con il suo sangue. Le sue urla non le avrebbe sentite, ma forse captava le sue debolezze.
    Ma perché era tutto così morto? Dov'erano finiti i suoni? Non sentiva nemmeno di star respirando, non captava la presenza del professore fuori, né che il sarcofago decidesse ad aprirsi. Se il pensare avrebbe avuto un suono, nemmeno quello sentiva.
    In cosa si era trasformato tutto quello? Da prova di fiducia, a prova di coraggio? E dalla prova di coraggio a che cosa? A dover affrontare la solitudine perpetua? Era per caso una punizione, quella? Per non aver dato la fiducia che Faust meritava? Perché era una terribile cocciuta che allontanava tutti?
    Quindi era quello che l'aspettava. In futuro sarebbe rimasta sola. Senza nulla. Per sempre. Per scelta.
    Doveva ricordarsi di stare chiusa nella Iron Maiden, di non muoversi, di non perdere la cognizione con la realtà e con il tempo che realmente stava passando. Ma l'irrealtà in cui era precipitata da quando era stata chiusa dentro non aiutava.
     
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    Faust la lasciò lì dentro per un tempo imprecisato, Gloria era completamente assente a livello cerebrale, scandire i secondi era impossibile e forse poteva portarla fino alla pazzia. Le porte si aprirono solamente molto dopo, quando la mente di Gloria avrebbe iniziato a vacillare. Sarebbe stato come risvegliarsi da un brutto sogno, e all'improvviso ritrovare lui, di fronte alla macchina che la aspettava. Se avesse dato segni di cedimento Gloria, il professore l'avrebbe aiutata a tenersi in piedi, tendendo le mani verso di lei come a volerle dare un punto di appoggio.
    Dicono che di fronte al nulla più assoluto le persone vedano realmente ciò che sono, perfino oltre il proprio pensiero e il proprio subconscio. Una volta anche io sono stato nel nulla e finalmente ho capito cosa dovevo fare della tua esistenza. Tu invece, cosa hai visto? Sarebbe un sogno per me sentirti dire che hai visto proprio il tuo professore preferito, sarebbe un segno inconfutabile, non trovi?
    Ridacchiò ironico, ben consapevole che se anche Gloria avesse visto qualcosa mai gli avrebbe dato la soddisfazione di attribuirgli qualche merito. Dopotutto quella poteva rivelarsi l'esperienza più terrificante oscura della sua vita, e lui stesso gliela aveva offerta. Tuttavia bisognava considerare una cosa: evidentemente l'allenamento non era ancora finito, dato che affrontare le proprie paure risultava un buon modo per divenire più risoluti. E forse la risoluzione le avrebbe dato anche modo di sciogliere quella barriera che la attanagliava togliendo a Thresh ogni possibilità di penetrare verso la sua anima.
     
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    In quell'oscurità assoluta, dove avrebbe preferito anche solo sentire il proprio cuore accelerare e dare di matto per l'angoscia, fu capace di vedere molti volti lasciati indietro, che non aveva mai dimenticato, solo per andare avanti. E vai a vedere, qual'era il volto che le si affacciava più spesso? Faust. Sempre Faust, sempre più spesso, tornavano altri volti, altre voci, e poi veniva la sua, era un circolo che si ripeteva di continuo, per quanto cercasse di lasciarlo fuori, di impedirlo, di stopparlo in qualche modo. Ma niente, non c'era verso.
    Un qualsiasi sostegno sarebbe andato bene, qualunque, fisico o non, pur di attenuare il cervello che sembrava andare in automatico, il suo corpo ormai sembrava fatto di gesso, non se lo sentiva nemmeno. Iniziava a dubitare anche che passasse l'aria, ovunque fosse finita.
    Fece un movimento disattento con il braccio destro, e una fitta tremenda le fece schiarire almeno un po' la vista, un liquido caldo che prese a scorrere lungo il braccio, fino a raggiungere le dita e gocciolare per terra.
    Ah, era ancora nella vergine di ferro? Mosse ancora il braccio, altro dolore, altro sangue, le lame erano riuscite a passare attraverso i vestiti, e con disattenzione finì per spingersi leggermente dalla parte opposta, lasciando che altre lame avessero un assaggio dell'altro braccio e un po' della sua gamba, dal ginocchio ingiù. Un gemito strozzato fuoriuscì dalla sua gola, rauco, come se stesse cercando di svegliarsi ma non ci riuscisse.
    Riprendere la posizione di prima fu difficile, le sembrava di non muoversi da secoli, e anche se avesse voluto urlare non poteva. Rimase il più ferma possibile, il dolore che adesso andava a scontrarsi con la sua mente sconnessa da tutto il resto, mentre sfilava il più cautamente possibile il braccio ancora conficcato nelle lame. Ma il dolore era la soluzione, per quanto involontaria. Non sapeva per quanto sarebbe riuscita a stare ferma, presto si sarebbe messa a picchiare con violenza per uscire, solo per sentire altro dolore, se avesse trovato la forza. Ma fortunatamente non fu necessario.
    Un suono lontano e indistinto le annunciò che era finita, e quando Faust la rivide poté notare striature di sangue che si intonavano a quello che decorava gli spuntoni laterali della gabbia, i suoi occhi spiritati quasi quanto quelli del professore, non avevano ritrovato la luce che appartenevano loro.
    Vedeva quel volto, il mondo esterno, sentiva la sua voce ma non capiva il significato delle sue parole, dava ancora tutto per irreale. Solo quando uscì facendo un paio di passi instabili, e gli finì addosso, quella fu una prova tangibile e reale che non era tutto un allucinazione. Si aggrappò alla sua giacca come se fosse l'unico sostegno in quel momento. Il dolore delle ferite sembrava rimasto nel buio, ma era ancora presente, solo era troppo stordita per captare bene tutto al volo.

    Mi dispiace. Davvero.

    Riuscì finalmente a dire, fissando un punto indefinito del pavimento, reggendosi ancora saldamente a lui.

    Ma credo di doverti ringraziare.
     
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    Dovette resistere, molto. Non fu facile, davvero, ma ci riuscì. Vederla saltare fuori dalla vergine di ferro sporca del suo stesso sangue era uno spettacolo irresistibile per Thresh. In una situazione normale, eccitato come non mai, le avrebbe strappato i vestiti di dosso iniziando a leccare avidamente ogni stilla vermiglia che le macchiava la pelle, fino a farla tornare candida come una perla. Ma resistette, non sapeva nemmeno lui come ma ce la fece. Si limitò a stringere Gloria per i fianchi, sostenendola mentre si aggrappava a lui e concedendole più spazio per avvicinarsi, volendo poteva anche abbracciarlo, lo spazio c'era.
    Ringraziarmi per cosa? Ti ho solo mostrato cosa si celava in profondità nella tua mente da molto, molto tempo e che non eri disposta neanche ad osservare da lontano. E' solo una questione di punti di vista, a volte serve il silenzio, a volte serve il sangue, a volte entrambe...
    L'avrebbe aiutata a tenersi in piedi da sola, ma non provò ad allontanarsi per mantenere le distanze, anzi le rimase vicina, lasciando che i loro volti fossero a fior di pelle, distanti pochi centimetri per non farle guardare altro al di fuori di sé. Poteva sembrare una cosa ovvia dato che erano immersi nelle tenebre, ma oramai Gloria conosceva il potere dell'oscurità, non doveva sottovalutarlo.
    Però apprezzo quando mi si fanno i complimenti per una lezione. Dopotutto sono un professore.
    Ridacchiò soddisfatto e malizioso, ancora una volta non ci stava provando nemmeno per sbaglio a contenere la sua malizia, anche in una situazione tanto delicata... ma dopotutto faceva parte della sua personalità, le avrebbe semplicemente mentito fingendosi qualcosa che non era, e oramai aveva capito che tra loro due non avevano senso inutili segreti o barriere emotive.
     
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    Si poteva dire che quella era stata una delle esperienze più traumatiche che avesse mai dovuto affrontare. Il non avere preavviso della cosa la rese anche peggiore.
    Gli aveva detto di non giocarle altri brutti tiri, altrimenti gli avrebbe fatto del male; lui aveva disobbedito, aveva fatto qualcosa, ma la voglia di picchiarlo non ce l'aveva. Anche perché non la vedeva necessaria.
    Aveva fatto il professore in quel momento, e aveva deciso di darle una lezione importante. Era consapevole di cosa stava facendo sin dall'inizio, l'aveva resta partecipe alla fine.
    Dal semplice aggrapparsi con le unghie passò al stringerlo con forza, schiacciandosi contro il suo corpo, un bisogno fisico che non intendeva ignorare.

    Le tue lezioni vanno dritto al punto. Lasciano il segno.

    Come respirava in modo rumoroso, secondo il suo udito, come se l'aria le fosse stata tolta e fosse stata obbligata a rimanere in apnea e finalmente fosse tornata in superficie e a contatto con quell'elemento essenziale per vivere.
    Lo scrutò con attenzione, come se fosse la prima volta che lo vedeva, e nemmeno allora lo aveva fissato così intensamente, come ad imprimersi nella memoria ogni sua fattezza, dalle cicatrici, al modo in cui la fissava ogni volta, al suo profumo.

    Comunque sì, ti ho visto.

    Ammise a bruciapelo, non scollandosi da quella posizione nemmeno per sbaglio. Sapeva che voleva sentirselo dire, nel profondo, quindi perché privarlo di quel piacere?

    Perché ti sei immerso anche tu nell'oscurità? Di cosa eri alla ricerca?

    Stava richiamando le prime parole pronunciate da lui quando fu fuori, ripescandole con le pinze. Che c'entrava la sua esistenza, poi?
     
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    La sentiva vicina, non si allontanava più da lui, anzi voleva restare tra le sue braccia come se fosse alla ricerca di qualcosa. Conforto? Risposte? Chi può dirlo, ma soprattutto a chi interessa? Faust si limitò a sostenerla, non la scacciò né si mosse, voleva incoraggiarla a stare lì, anzi la avvicinava a sé come se volesse inglobarla nella sua carne. Era impaziente, non poteva negarlo, e anche eccitato, ma questo Gloria lo avrebbe scoperto solo avvicinandosi ancora di più a lui.
    Nel mio caso non è stato un viaggio volontario, sono stato trascinato lì da catene e spirito di vendetta... ma le tenebre mi hanno illuminato, il silenzio mi ha urlato cosa dovevo fare, anzi no semplicemente ha fatto gridare la mia anima, costringendola a dirmi esattamente cosa desiderava. Ho saputo perfettamente vedere oltre il destino.
    Portò una mano sulla schiena di Gloria, fin troppo risoluta. Dava l'idea di una presa lasciva che avrebbe lambito la sua carne per pura lussuria, ma in realtà raggiunse i suoi capelli ,accarezzandola con decisione sulla nuca fino a scenderle sul volto, toccandole con delicatezza la cicatrici per poterla fissare direttamente negli occhi.
    A quel tempo credevo di avere tutto, ma mi sbagliavo... non avevo che un indizio, e quando ho visto con chiarezza cosa mi serviva l'ho sfruttato per arrivare fino in fondo. Ed eccomi qui ora, molto più che coinvolto dal destino... non credo nei miracoli, soprattutto se si parte con la pretesa che siano solo benevoli, ma questo è ciò che ci va più vicino a mio avviso...
    Non smise di fissarla un solo istante, come se volesse sprofondare ancora tra i suoi occhi come un parassita oscuro.
     
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