White Regrets

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    Erano passati diversi giorni dal loro assalto ai danni della mafia romana. Il loro tentativo di mettere nel sacco la Squala sfruttando il suo ingenuo fratellino gli si era rivoltato contro a adesso stavano pagando le conseguenze di quel gesto a dir poco folle. Erano stati molto fortunati ad essersela cavata con così poco, ma di certo la storia non sarebbe finita lì. Era certo che dopo quella volta la mafia non li avrebbe più lasciati in pace. Dovevano trovare una soluzione a quel casino in cui per l'egoistico desiderio di Rika si erano cacciati. Adesso erano lì, ricoverati al Thanathos, l'ospedale principale di Roma. Rika continuò a pensare e ripensare a quel che aveva fatto. Che avesse sbagliato a sfidare la Squala? Questa sua mossa azzardata aveva rovinato non solo la sua vita, ma anche quella del suo maestro, e di questo non riusciva a perdonarsi. Vorrebbe tornare indietro al giorno in cui decise che gliel'avrebbe fatta pagare. Se avesse saputo che sarebbe finita in quel modo se ne sarebbe rimasta nascosta nel suo piccolo buco, rimanendo in eterno una bambola assassina, come l'aveva definita quella donna. L'unico suo rimpianto sarebbe stato il non aver incontrato Kokujo.
    Se ne stava sdraiata su quel letto bianco. Ovunque si girava vedeva quel colore. I muri, il soffitto, la porta, le tende. Persino il piccolo televisore, unico svago in quella prigione bianca, era del medesimo colore. Sebbene fin da piccola fosse stata circondata da quel colore a causa delle frequenti nevicate, in quel momento si sentiva come in gabbia. Era questo ciò che provava un ricoverato? Forse, ma non era solo quello a farla sentire così. Si sentiva in gabbia perché non poteva vedere il suo uomo. Anche lui era lì, ma era stato portato in un reparto speciale, sotto la protezione della polizia. Per loro lei era solamente una persona che era stata inghiottita dal corso degli eventi, niente di più. Il massimo che le avrebbero fatto sarebbe stato fargli un interrogatorio sbrigativo, giusto per seguire il protocollo. Kokujo gli aveva assicurato che lei non centrava niente in tutta quella storia, che era stato lui ad organizzare tutto. Tutto questo solo per proteggerla. Probabilmente questo gli avrebbe procurato parecchie grane con i suoi superiori, forse addirittura il licenziamento. Dopotutto quel loro gesto sconsiderato aveva causato non pochi problemi alla polizia del posto, senza contare i danni che avevano causato. Lui non era che un semplice poliziotto, una marionetta del governo che doveva fare solo ciò che gli veniva ordinato, giusto o sbagliato che fosse. Colpi di testa non erano accettati da chi viveva in quel mondo, e lei lo sapeva bene. Persino per lei no sarebbe stato semplice. Aveva agito di testa sua senza che nessuno glielo ordinasse. Doveva solo raccogliere informazioni sulla Squala e le sue attività illecite, ma lei aveva addirittura organizzato un assalto. Avrebbe dovuto giustificarsi con i suoi superiori, che probabilmente da lì a pochi giorni l'avrebbero presa e portata di peso a Kurayami, che lei volesse o meno. Non poteva più restare lì, in un posto tanto pericoloso. Si alzò dal letto lentamente, finché non si ritrovò seduta sul bordo, rivolta verso la finestra. Mosse un po' il braccio destro, controllando se era tutto a posto. Sebbene le cure avessero avuto effetto gli dava ancora un po' di fastidio. D'altronde come dargli torto. Già il colpo datogli da quell'uomo gli aveva fatto parecchio male, la caduta aveva peggiorato ulteriormente la situazione. Abbassò lo sguardo sulla spalla, adesso decorata con un orrenda cicatrice dovuta ad un operazione chirurgica. «Hinaro. Khaya. Ooka. Shiro. Om.». Pronunciò ancora una volta quelle parole, ma questa volta senza alcuna finalità bellica. Voleva solo un po' di compagnia, tutto qui. Davanti a lei apparve un maestoso lupo bianco. Gli diede una carezza, come se volesse ringraziarlo di tutto quello che faceva per lei. Il lupo non si mosse, accettando docilmente quella carezza. Se fosse stata una punizione non avrebbe comunque mosso ciglio; era quello ciò che pensò la ragazza vedendo la sua reazione, completamente impassibile. Sorrise amara, vedendosi riflessa negl'occhi di quel suo fido compagno. Erano davvero fatti l'uno per l'altra; tutti e due freddi come il ghiaccio.

     
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    Quanto voleva poter dire che aveva dormito per tutto il tempo. C'era stato un via vai di gente come non mai, tutti pieni di domande, di dubbi e con la penna pronta. Se non fosse stato per l'appoggio di Eloy Kokujo non sarebbe stato solo licenziato, ma probabilmente spedito in Antartide o qualcosa del genere, o peggio ancora venduto direttamente ai mafiosi come regalo di scuse con tanto di cioccolatini e fiori profumati. La vita del poliziotto è un gran schifo se non sei a piani alti. Ma col tempo... col tempo, avrebbe raggiunto la vetta. Nonostante l'immensa mole di persone che si piazzarono a turno intorno al suo lettino, Kokujo non poteva che pensare ad una cosa sola: Rika. Per colpa sua avevano fallito una missione perfetta, doveva ucciderlo quell'idiota dello Squalo, ma aveva sottovalutato la pericolosità di quei mafiosi e avrebbero pagato caro se non fosse stato per quell'ultimo colpo di fortuna. Era stato un semplice e perfetto idiota, aveva messo a repentaglio la vita di Rika ed era finito perfino violentato da una donna più grande di lui! Chi ci avrebbe mai creduto? Quando finalmente per un'oretta buona non si vide più nessuno da quelle parti, riuscì a saltare fuori dal letto e darsi una controllata alle fasciature intorno al petto: non servivano, quel maledetto braccio gli aveva donato una capacità di ripresa considerevole. Semmai era il cerchio in testa provocato dall'assorbimento energetico il problema, ma con quello poteva conviverci. Non sarebbe rimasto un solo secondo di più lì dentro, aveva bisogno di vederla. Sapeva che stava bene, ma non bastava a soddisfarlo. Si coprì con un accappatoio piuttosto sottile che aveva in camera, per motivi di fasciatura non aveva adottato nessun tipo di pigiama o simile. L'unica accortezza era stata tenergli la benda sull'occhio e lo apprezzò. Uscì dalla stanza furtivo, guardandosi intorno circospetto, per poi volgere in direzione della stanza di Rika. Sapeva dove l'avevano portata, grazie a bei giri di parole era stato facile rintracciarla. Quando si ritrovò davanti alla porta in un primo momento esitò. Era davvero pronto per vederla? E lei voleva vederlo? Il fallimento era stato colpa sua, pertanto doveva almeno affrontarla anche solo per chiederle scusa. Non sarebbe stato un uomo altrimenti, e non le avrebbe dimostrato quanto realmente teneva a lei. Niente esitazioni. Spalancò la porta e cercò subito son lo sguardo la sua minuta figura, non prima di essersi richiuso la porta alle spalle per evitare che qualche curioso li interrompesse. La trovò intenta a coccolare il suo lupo, forse in cerca di consolazione.
    Rika... come ti senti? Stai bene?
    Quel suo corpo già minuto, fasciato e ammaccato in quel modo gli provocava un senso terrificante, un dolore allo stomaco paragonabile a niente di materiale in quel mondo. I suoi sensi di colpa aumentarono.
     
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    Un lieve rumore attirò l'attenzione di Rika: era la porta che si apriva. Non aveva bisogno di girarsi per capire di chi si trattasse, e la voce che sentì in seguito gliene diede conferma. Era lui, la persona a cui aveva rovinato la vita con il suo inutile egoismo. Se non fosse stato per lei adesso avrebbe avuto un esistenza più serena, pacifica. Anche se era un poliziotto ed era continuamente esposto al pericolo di sicuro non si sarebbe mai ritrovato contro una dei tre leader mafiosi più potenti al mondo. Anzi due; non aveva tenuto conto dell'altro, l'uomo che aveva ingannato e raggirato. Non aveva il coraggio di vederlo negl'occhi dopo quello che gli aveva fatto passare, così si limitò a scuotere la testa in risposta a quella frase che sembrava uscita da un protocollo. Persino guardarlo negl'occhio era qualcosa che non avrebbe sopportato. Odiava se stessa per quello che aveva fatto, e odiava lui per esserla venuta a trovare nonostante tutto. Si preoccupava ancora per lei, per quella schifosa egoista che era? O forse era venuto per dirgli tutt'altro?

     
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    Rika non disse nulla, per quale motivo si comportava in quel modo? Era decisamente arrabbiata con lui, oppure si stava commiserando? No, non doveva. Il ragazzo capì che se non faceva il primo passo sicuramente lei non si sarebbe mossa. Era troppo mortificata. Nessuno di loro due aveva accettato la sconfitta che avevano subito, schiacciante e quasi ingiusta oserei dire.
    Rika... ascolta.
    Si avvicinò al lettino, chinano le gambe leggermente ai piedi della ragazza seduta lì, come se fosse alla ricerca del suo sguardo, posando a sua volta una mano sul lupo che anche lei stava accarezzando. Prese un lungo respiro di sollievo, per poi iniziare a parlare.
    I fallimenti nella vita accadono. Devi fartene una ragione, e farne tesoro, assorbi l'esperienza e accettalo. Abbiamo rischiato grosso, ma l'importante è che siamo entrambi vivi. Che tu... sei viva.
    E arrivato alle ultime parole di quella frase, i suoi occhi si riempirono di lacrime e in un istante si fiondò sul suo collo, stringendola a sé, disperatamente come se avesse timore di perderla. E con la gola ancora piena di saliva, sforzandosi di non esplodere, riprese a parlare.
    Mi dispiace. Ma io non voglio perderti. Non mi importa di quella bastarda, né di suo fratello, né della fottuta missione! Mi importa solo che tu sia salva, che stai bene. Solo tu sei importante...
    E di nuovo la strinse, serrò i denti e cercò di non trattenere le lacrime. Lacrime di gioia nel vederla sana e salva.
     
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    Lo sentì avvicinarsi, a passi leggeri ma sicuri. Si piazzò davanti a lei. Si fermò un attimo, poi si abbassò, come se volesse per forza vederla negl'occhi. Non voleva. Non voleva che la vedesse in quel momento. Non voleva che la vedesse più. Faceva male, ma non voleva più vederlo. Si sentiva veramente uno schifo dopo che lui aveva messo a repentaglio la sua vita per un suo piccolo quanto inutile desiderio. Però lui voleva vederla per forza; voleva infierire ancora di più. Lui cercava un contatto visivo, ma lei glielo negò, distogliendo lo sguardo dal suo. Non era degna di guardarlo nei suoi occhi gentili e premurosi. Appena sentì che le sue labbra stavano per muoversi, chiuse gl'occhi come se stesse per ricevere uno schiaffo molto, molto doloroso. E in effetti lo era. Qualunque cosa avesse voluto dirgli l'avrebbe solo fatta star male. Però quello che l'aspettava non era un rimprovero, ne un insulto. Furono parole gentili, come la carezza di un padre. Sgranò gl'occhi al solo sentire tali parole. Questo lei lo sapeva già. Sapeva che l'esito di quella missione non era importante, che l'unica cosa che contava era la loro incolumità... la sua incolumità. Perché? Perché era così gentile con una canaglia della sua risma? Gli aveva fatto del male e lui era ancora preoccupato per lei. Rika non aveva parole, non sapeva cosa dire. Non appena finì la frase la abbracciò, come se altrimenti sarebbe scomparsa nel nulla e non sarebbe mai più ritornata. Non sapeva quale delle due cose facesse più male, se quell'abbraccio o un abbandono decisamente più meritato. La sua piccola boccuccia si aprì, muovendosi come se volesse dire qualcosa. «Perché...?» disse con voce fragile e volubile. Piccole lacrime tremolavano ai lati dei suoi occhi, minacciando di scendere da un momento all'altro. «Perché sei così gentile con una come me? Per colpa mia non eri quasi morto, e quindi perché? Probabilmente la Squala ci cercherà, sia me che te. Ho rovinato la tua vita. Se non fosse stato per me avresti vissuto un esistenza sicuramente più serena. E allora perché mi abbracci? Perché mi dici queste cose? Perché non mi odi?». Quello che voleva Rika in quel momento era solo di essere odiata, così avrebbe potuto vivere in pace, senza troppi rimpianti. Invece lui faceva l'esatto opposto. Tutte quelle parole non facevano altro che distruggerla, sgretolarla pian piano, come se fosse fatta di sabbia. Non la rendevano certo felice, adesso che sapeva di non meritarsele.

     
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    Dopo che Rika parlò, dicendo quelle parole così sbagliate e ingiuste, Kokujo ebbe l'istinto di abbracciarla ancora più forte, ma non pote. Troppo severa con sé stessa, troppo crudele per poterle accettare. Kokujo si staccò dalle sue braccia, afferrandole il volto con dolcezza, costringendola a guardarlo negli occhi, finalmente. Lui era sincero, cristallino, parlava in modo rassicurante, senza darle altri pensieri, accarezzandole le guance. Le sorrise, sembrava un pò forzato ma per lo meno non stava fingendo.
    Hey... ma che stai dicendo? Se non avessi cercato la tua vendetta io non ti avrei mai conosciuto. E come potrei vivere al pensiero di non aver mai incontrato la mia preziosa apprendista? No... ne è valsa la pena. Ne valeva la pena prima e ne vale la pena ora...
    Passò la mano destra sulla sua testa, accarezzandola e scoprendole la fronte, per poi lasciarle un bacio proprio lì.
    Te l'ho già detto... io ti amo. Non mi credi? Non mi sarei mai fatto violentare da una donna né tanto meno sarei uscito con una checca psicopatica non trovi?
    Accennò una piccola risata, pensandoci era una storia assurda, un racconto quasi comico, e l'aveva fatto per lei. Non se ne pentiva minimamente e potendo tornare indietro lo avrebbe fatto ancora, insieme a lei senza esitazione.
    E' tutto ok. Abbracciami Rika.
    Allargò le spalle e le braccia, lasciandole spazio per poterla abbracciare. Sperava che potesse capire quel gesto e le sue parole rassicuranti.
     
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    Troppo gentile, troppo premuroso, troppo buono, troppo bello per una viscida come lei. Non si meritava tanto amore. Quel sorriso visibilmente forzato la faceva star male, quasi fosse un pugno nello stomaco. Era l'amara verità che Rika doveva affrontare. Lui ci teneva veramente a lei e sentirla parlare così faceva male lui così quanto faceva a lei. Una piccola carezza, seguita da un bacetto innocente la fecero stare ancora peggio. Era felice di quelli piccoli scambi di affetto, dimostravano che lui ci teneva veramente a lei. Non erano una semplice cortesia fatta per consolarla, e lei lo sapeva. Seguì una altra piccola dichiarazione. Più lui si mostrava gentile, più lei incolpava se stessa per averlo ferito. Lui aveva sopportato tutto quello per amore e lei cosa gli aveva dato in cambio? Due brutte esperienze di cui avrebbe di gran lunga preferito farne a meno, una visita all'ospedale con tanto di telecronaca e un licenziamento più che assicurato. E come ciliegina sulla torta la Squala gli avrebbe sicuramente dato la caccia, costringendoli a dormire tutte le notti con un occhio aperto, se non anche due. Tutto questo per colpa del suo egoismo e del suo orgoglio. Lo guardò con occhi vacui, vuoti, quasi fossero stati svuotati di ogni minima emozione, ben peggiore dello sguardo glaciale che aveva un tempo. In realtà era semplicemente satura di pentimento e rammarico. Non se la sentiva di ridere a quella battuta che per lei risuonò come un ennesimo pugno a petto. E a quella richiesta di un abbraccio gli rispose con tutt'altro. Poggiò la testa sul suo petto, dolcemente. «Stupido...». Parole dure, ma dette con una voce talmente flebile da far pensare che stesse male, seguite da un pianto silenzioso. Voleva punirsi un ultima volta, solo allora una schifosa serpe come lei sarebbe stata in grado di accettare l'amore di una persona tanto gentile.

     
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    Era tardi per tornare indietro, quindi altrettanto inutile piangere sul latte versato. La accolse sul suo petto, lasciandole tutto il tempo per sfogarsi senza dire altro. Era fragile, aveva bisogno di un minimo di appoggio e Kokujo era lì per darglielo. Dopo averle dato tutto lo spazio necessario la allontanò delicatamente da lui, per tornare a parlarle con fare serio e concentrato.
    Rika... ascoltami bene. Ho convinto i pezzi grossi a far credere a livello di documentazione che tu sei ancora a Roma, quindi potrai tornare a Kurayami e per un bel pezzo potrai stare tranquilla.
    Dal suo tono di voce sembrava una notizia che voleva dare il più tardi e lentamente possibile, era ovvio che non volesse separarsi da lei, ma data la situazione in cui si erano cacciati molto probabilmente dovevano agire più cauti e attenti.
    Ma io vengo con te. Almeno questo primo periodo, finché non sono sicuro che le acque non si sono placate un pò, voglio stare lì con te. Anche perché non mi fido minimamente della Umbrella che adesso è a capo del tuo governo, sono quelli che mi hanno portato via tutto e se gli converrà lo faranno anche a te. Per me è... rischioso tornare lì. Ma non mi importa. Voglio stare con te per ora, e assicurarmi che non ti succederà niente. Ti proteggerò io, è una promessa.
    Aveva deciso così nelle ultime ore, non aveva ripensamenti e non avrebbe accettato risposte negative da lei in qualsiasi modo l'avesse messa. Non poteva restare lì per molto dato il suo lavoro, ma non poteva nemmeno abbandonarla al suo destino affidandola a chissà quale pratica burocratica. No, l'avrebbe protetta lui se qualcuno avesse osato avvicinarsi a lei ancora. D'altro canto era anche una scusa per rimanere assieme a lei quanto più tempo possibile, rimandando l'inevitabile seppur momentanea separazione. Almeno quella notizia l'avrebbe smossa, o così sperava.
     
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    Pianse per un po', sotto l'ala protettiva del suo maestro. Non le disse nulla, rimase lì fermo facendogli da supporto morale. Ironico il fatto che la persona che la faceva star male era l'unica in grado di consolarla. In questi giorni passata da sola in ospedale aveva pensato e ripensato a dove le sue scelte l'avevano portata. Aveva ingenuamente scelto un percorso irto di pericoli, trascinando con se la persona che più di tutti non voleva ferire, e adesso ne stava pagando le conseguenze. Però lui non centrava nulla, era semplicemente rimasto coinvolto. Non doveva andare così. Rika non si sarebbe mai perdonato quell'errore, non importa cose gli avesse detto Kokujo. Questo perché il danno oramai era fatto. Non poteva più tornare indietro, e questo lo sapeva bene. Però non poteva nemmeno piangersi addosso per sempre. Doveva reagire. «Scusami...». Era l'unica cosa che potesse dire. Anche se non ce n'era bisogno volle comunque scusarsi per tutti i guai che gli aveva causato. Dopo un po' il ragazzo la allontanò dolcemente. Voleva restare ancora un po' tra le sue braccia, ma sembrava che volesse dirgli qualcosa di importante. Accettò a malincuore quella separazione, alzando lo sguardo finché i loro occhi non si incontrarono. Ascoltò quello che ebbe da dire, un po' sorpresa per ciò che disse. Per proteggerla, aveva creato un diversivo che gli permettesse di tornare per un po' di tempo a Kurayami, senza doversi preoccupare della mafia romana. Disse anche che sarebbe andato con lei, benché fosse riluttante all'idea di tornare in un posto che lui considerava tanto pericoloso. A quanto pare aveva dei problemi con l'Umbrella. Non si fidava di loro, però pur di proteggere la sua preziosa Rika era disposto a rischiare. Di certo quella era la soluzione migliore per entrambi, in più potevano stare ancora un po' assieme e questo la riempiva di gioia e sentirsi dire che l'avrebbe protetta la rese ancora più felice. Fece quelle che non aveva fatto prima, stringendo le sue esili braccia attorno al collo del suo uomo, per poi donargli un gentile bacio sulle labbra. Durò solo un istante, e appena le loro labbra si staccarono lei lo guardò negl'occhi e con voce gentile e piena di riconoscimento gli disse «Grazie».

     
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    In qualche modo aveva accettato la realtà, finalmente stringendolo di sua iniziativa e donandogli un piccolo quanto intenso bacio, per far capire a Kokujo quanto realmente tenesse a lui. Non aveva dato grosse impressioni riguardo alla decisione presa dal ragazzo, ma Kokujo sapeva che per lei andava bene, non avrebbe perso la possibilità di stare insieme ancora per un pò, specialmente se era la scelta migliore da fare. Il ragazzo dai capelli grigi ricambiò il piccolo bacio lasciandosi andare e scaricando un pò la tensione e i pensieri pesanti, alleggerendo la mente e chiudendo gli occhi. Finalmente provava di nuovo la sensazione della loro prima volta, quando niente aveva importanza al di fuori di lei e il mondo poteva bruciare finché la stringeva a sé.
    Ora basta piangere, e non adagiarti sugli allori. Vengo con te anche per continuare il tuo allenamento e lì a Kurayami sarò molto più severo. Tu e i tuoi lupetti avrete pane per i vostri denti.
    Accennò un sorriso appoggiando la mano anche sulla testa della bestia di energia, accarezzandolo a sua volta. In fondo avevano ancora molto da imparare a vicenda. L'amaro cuore di Kokujo aveva bisogno di ancora tanta dolcezza, mentre le esili mani di Rika dovevano ancora scoprire il loro reale potenziale. Kokujo si sollevò, allontanandosi di qualche passo dal letto per poi sollevare lo sguardo e allungare un orecchio in direzione della porta. Ancora nessuno scocciatore per fortuna.
    Adesso però devi pensare solo a riposarti, avremo molto tempo per parlare e allenarci...
    In realtà voleva restare ancora con lei, ma in primo luogo temeva che qualcuno non lo avrebbe trovato nella sua stanza e sarebbe scoppiato un gran bel casino, anche se probabilmente per quel giorno le visite erano finite. E secondo Rika non aveva la sua stessa capacità di ripresa, non tutti sono dei mostri biologici quindi aveva bisogno di riposo.
     
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    In seguito al suo ringraziamento, Kokujo gli disse una cosa che la fece divertire. Era ovvio che non dovevano adagiarsi sugl'allori, e che una volta arrivati a Kurayami avrebbero ripreso il loro allenamento. Sentendo quella frase la ragazza gli regalò un sorriso. Si portò una mano sulla fronte a mo' di soldatino dicendogli scherzosamente «Si maestro. Ai suoi ordini». Quel ragazzo era l'unica persona con cui si comportava così, l'unica che avesse il diritto di vedere quel lato di se. Pian piano si sarebbe aperta anche ad altre persone, ma per ora preferiva che fosse solo lui a vederla in quelle vesti tanto inusuali per lei. Diede una carezza al lupo per poi alzarsi d'in piedi. Rika lo seguì con lo sguardo per un po' sentendo cosa avesse da dire. D'istinto la prima che gli venne da dire fu «Te ne vai di già?». Erano rimasti lì solo qualche minuto, dopo non essersi visti per giorni, eppure le dava fastidio che si separassero ancora. Voleva restare con lui più tempo possibile. La sua sola compagnia la rendeva felice, e questo era un motivo più che sufficiente per lei. Però poteva dire lo stesso di Kokujo? No. Magari lui aveva altro da fare, vista la situazione c'era la possibilità che i suoi superiori lo tenessero sotto stretta sorveglianza. Forse quella breve visita era già troppo. Abbassò la testa, accettando amaramente la sua decisione di andarsene. D'altronde non era certo nella posizione di costringerlo a restare insieme a lei.

     
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    No, in verità non voleva andarsene, era passato troppo tempo da quando non l'aveva vista ed era rimasto in pensiero per tutto quel lasso temporale. Ora che era arrivato lì però, che le aveva espresso tutto ciò che pensava, non aveva molto altro da dire. Si sentiva pienamente in pace, le aveva detto tutto ciò che pensava e le aveva dimostrato il suo affetto. Che altro serviva? Eppure lo sentiva di non volerla abbandonare, di voler rimanere lì con lei ancora un pò, senza fretta.
    No... scusami, è che sono sovrappensiero.
    Ammiccò un sorriso per poi distogliere lo sguardo e portare una mano davanti alla fronte, chiudendo gli occhi pensieroso. Poi finalmente trovò qualcosa da chiederle, visibilmente interessato dato che le reazioni di Rika nonostante la sua freddezza erano state molto singolari.
    Vorrei chiederti una cosa Rika. Voglio parlare della Squala: il suo era un potere notevole, sicuramente superiore al mio e al tuo messi assieme. Era la prima volta che ti misuravi contro un nemico del genere? Per noi tiratori è difficile misurarsi faccia a faccia con nemici del genere. Credo che tu non abbia mai visto nulla del genere, o per lo meno mai affrontata. E' così?
    Pur essendo ferita, aveva giocato difensivo contro la Squala, era visibilmente il comportamento di chi non sa come muoversi di fronte ad una cosa del genere, o comunque che la incontra per la prima volta. Quella donna poi... era assurdamente e inaspettatamente potente, qualcosa che perfino Kokujo non aveva mai visto, abituato a poteri tecnologici e meccanici, quella sorta di magia che richiamava l'antico Egitto era una novità. Evidentemente ogni parte del mondo ha la sua schiera di capacità uniche nel suo genere.
     
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    Quella domanda la colse un po' alla sprovvista. Non si aspettava volesse parlare ancora di quella donna, sopratutto dopo quello che gli aveva fatto, a lei, ma anche a lui. Ovviamente non aveva mai visto un potere simile prima d'ora. Fino a quel momento si era sempre scontrata con nemici esperti nelle lunghe e medie distanze. Soltanto una volta dovette battersi contro qualcuno a distanza ravvicinata. Ricorda ancora l'impudenza con cui quella ragazza si era avvicinata a lei, quella volta alla fiera dell'Umbrella. No, meglio non pensarci. Si sarebbe solo fatta del nervoso inutilmente. Scosse la testa in risposta a quella domanda, per poi ribadirlo con le parole. «No, è la prima volta che vedo una cosa del genere. Sono rimasta davvero colpita da quella sua forza assurda, però adesso sappiamo che non sono degl'avversari da sottovalutare». Mentre lo diceva nella sua testa scorrevano le immagini di quel combattimento, che se non fosse stato per la provvidenza di Kokujo si sarebbe facilmente trasformato in un massacro a senso unico. Ripensandoci, adesso avevano delle informazioni sul potere della Squala, ma non sapevano niente del suo fratellino. Che fosse anche lui dotato di qualche potere sorprendente? Probabilmente era così, e forse era meglio se non l'avessero mai scoperto. Forse però mentre lei era al piano di sotto il suo ragazzo aveva visto qualcosa. Era restia a chiederglielo. Non voleva fargli ricordare cose spiacevoli, però dovevano mettere assieme tutto quello che sapevano se volevano sperare di ottenere qualcosa di utile. Fece un piccolo sforzo e con una voce mezza titubante e mezza decisa gli chiese «Senti, che mi dici dello Squalo? Hai per caso visto se possiede qualche strano potere come la sorella?».

     
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    Come pensava, per Rika quella era la prima volta che affrontava un nemico del genere, il mondo è pieno di mostri di ogni tipo, inutile cercare scuse o immaginare un combattimento facile. Chi è a capo del mondo è chi ha forza bellica, e chi ne ha più di quei guerrieri invincibili come i leader della Umbrella, e anche i mafiosi. Poi giustamente Rika chiese a Kokujo se aveva già visto le abilità dello Squalo, e il suo maestro non esitò a risponderle.
    Hai ragione, tu non sai niente di quello che è successo mentre eri al piano di sotto.
    Si avvicinò al lettino della ragazza e si sedette vicino a lei, preparandosi a raccontare la sua esperienza.
    La Squala è arrivata al secondo piano dalla stessa finestra dove sei arrivata tu. In un primo momento pensavo che avrei combattuto con lei, ma nel momento in cui quella checca è uscita dal bagno e ha visto sua sorella ad entrambi si sono illuminati gli occhi, come quando anche lei si è trasformata. Occhi rossi, intensi, occhi di un demone. Solo una volta ho visto degli occhi del genere, e ne ho avuto paura.
    Il suo sguardo non era impaurito, quanto più arrabbiato. Furente con sé stesso, troppo debole per fronteggiare mostri di quel calibro, creature così potenti in quel mondo la cui potenza non poteva nemmeno venire quantificata.
    Quando si è risvegliato "Megadeath" il suo corpo si è ingrossato leggermente, anche a lui comparvero quelle corna rosse ma una soltanto, come se non fosse completa la materializzazione del potere. La sua forza fisica crebbe incredibilmente, so quanto era forte prima di "cambiare", l'ho sbattuto su un cesso maledizione! Eppure mi ha massacrato di botte... quando ho ripreso i sensi quella dannata era sopra di me e mi ha portato via le forze... letteralmente. Non so che patto col diavolo hanno fatto quei tizi, ma erano mostruosamente forti.
    Sapeva che confidandosi con lei l'esperienza sarebbe tornata utile, o per lo meno la prossima volta sapevano cosa li avrebbe aspettati.
     
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  15. bestcloud
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    Kokujo gli raccontò ciò che successe durante la sua assenza. A quanto pare anche lo Squalo possedeva gli stessi poteri della sorella. Due terrificanti demoni dalla forza mostruosa. Li avevano ingenuamente sottovalutati e questi furono i risultati. Rika si mise a riflettere su quale potesse essere l'origine dei loro poteri, e quale sarebbe stato il modo migliore per contrastarlo. Non era riuscita a capire se quelle loro corna rosse avessero qualche tipo di legame con i loro poteri, ma dalla reazione che ebbe la Squala dopo che i suoi proiettili gli scheggiarono le corna c'era la possibilità che fosse veramente così. Poi c'erano quelle bende, sulle quali c'erano incisi quegli strani simboli. Vedendoli più da vicino erano molto simili a quelli che vide una volta sul libro di storia, nel capitolo riguardanti le civiltà egizie. Che fossero in qualche modo le due cose correlate? Se così fosse allora avevano un buon punto di partenza da cui partire. Però non conosceva nessuno che si intendesse di archeologia o qualcosa di simile. Rimase lì a riflettere per un po' di tempo, quando finalmente si rivolse a Kokujo facendogli quella domanda: «Tu conosci per caso un archeologo o qualcosa di simile?». Guardò il suo sguardo perplesso. Solo a quel punto si rese conto che non aveva aperto bocca e che tutto ciò l'aveva detto solo nella sua testa. Si sbrigò a spiegargli tutto il suo ragionamento, in modo da dare a quella domanda un po' di senso. «Vedi, il fatto è che quei simboli sulle bende della Squala assomigliavano parecchio a quelli egizi. Se fosse vero avremmo un ottimo punto di partenza, non trovi?».

     
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