Prigionieri delle parole.

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    I'm a h-ero.

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    Volevo permettermi una piccola riflessione su un paio di conversazioni che ho avuto modo di fare qui sul forum.
    Ho notato che sembra essere diventato davvero troppo facile etichettare le persone. Dare appellativi, spesso in senso dispregiativo, solo perché non si riesce a concepire l'esistenza di qualcosa di diverso dal proprio seminato. E tutto quello che non si conosce, tutto quello che si disprezza, viene nuovamente etichettato, viene identificato come "cattivo".
    In origine cattivo voleva dire "prigioniero". Prigioniero di cose, persone, silenzi, di una parola di troppo, di situazioni che si trascinano e trascinano finché ad un certo punto le catene stringono la pelle e ci si rende conto di essere un po' più in là di dove si sarebbe dovuti essere.
    Allora si può ritornare al proprio posto, e restare cattivi, o cercare di spezzare le catene; ma a quel punto si è liberi o malevoli?
    Ma soprattutto, siete sicuri di non essere voi prigionieri di qualcosa?
     
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    Strano concetto, la libertà. Quando un uomo si sente libero? Libero dalla schiavitù, libero di votare, libero di parlare, di ascoltare, di scegliere? Sacrosanto. Credo che il problema stia nel fatto che a volte, però, si associa la libertà a cose che con essa non c'entrano granché. Quante volte si dice "sono libero da legami sentimentali"? Cosa piuttosto triste, definirsi "liberi" per una cosa del genere. Eppure è una forma di libertà, non si può dire di no. Dunque essere liberi di giudicare gli altri o le cose che ti circondano non è la stessa cosa?
    Ammettiamo che io sia una persona a cui quelli di colore fanno schifo. Non sono razzista eh, non considero nessuno inferiore, solo che la pelle nera mi fa schifo. Sarò anche una persona ignorante, ma sono "libera" di pensarla così. Nessuno (in teoria) può dirmi niente. Invece arriva quello che si arrabbia e mi insulta. Chi ha ragione, in questo caso? Io ho espresso il mio parere liberamente, seppur sia un parere da idiota; l'altro ha espresso il suo parere in modo idiota, eppure ha ragione.
    Bene. La domanda è questa: la libertà è davvero così importante? È meglio la libertà a tutti i costi o sarebbe più opportuno rimanere prigionieri, qualche volta?
    Tu hai fatto un discorso molto sensato, ma (come hai detto) non sempre "libero" equivale a "corretto". Non esiste soluzione al quesito.

    Per quanto riguarda me, ritengo di essere prigioniera di fin troppe cose.
     
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  3. †_†yun yun †_†
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    io ritengo che la società di oggi, pur avendo concesso delle libertà ( soprattutto a noi donne), sia ancora molto chiusa. non sempre siamo liberi di scegliere come vestirci o comportarci, senza essere etichettati o imprigionati in appellativi poco gradevoli. non sempre siamo liberi di scegliere per il nostro futuro e non sempre riusciamo a realizzarlo perchè ci viene impedito. ritengo che molto spesso la parola "Libertà" venga usata troppo alla leggera. i rivoluzionari francesi la usarono per la prima volta 224 anni fa circa, ma erano davvero liberi? il periodo del terrore che venne dopo, permetteva alla gente di essere libera? e il periodo napoleonico? le donne erano libere di studiare, di scegliere la propria vita, di chi innamorarsi e di camminare da sole? No. la libertà non sarà mai completa. sarà solo parziale. Ci vengono permesse determinate cose, ma mai una libertà piena della sua parola. Che poi così significa in sé la parola libertà? vuol dire essere liberi da qualcosa? Quindi non dovremmo possedere neanche niente per poter vivere in libertà? Neanche le popolazioni dei Sanburu in Kenya sono libere: hanno vestiti, capanne, capre, tegami. Hanno una tradizione che impone loro delle regole. In sostanza cosa è la libertà? potremo mai sfiorarla?
    Io non mi sento libera. Ho degli obblighi, verso la società, verso la mia famiglia, la mia contrada, il lavoro, il mio ragazzo. E se ho un obbligo, non sono libera. Certo posso esprime quello che penso, ma potrei essere giudicata. Posso votare chi voglio, ma devo votare. posso non pagare le tasse e le bollette, per sentirmi libera da questi obblighi, ma dopo dovrei pagare di più. potrei decidere di guidare bendata, ma dopo metterei a rischio la mia vita. potrei isolarmi in cima al K2, per allontanarmi da tutto, ma sarei sola. Libera, forse. Dovrei comunque trovare del cibo e del riparo e non credo che la montagna abbia molto da offrirmi. E poi si intende libertà del corpo? Basterebbe girare nudi e vivere come ci pare su un' isola sperduta del Pacifico. Oppure una libertà dell'anima? Allora, dove potrei trovarla. Certuni dicono che la libertà dell'animo si conquista dopo la morte, quando tutte le fatiche della vita e i legami scompaiono. E sarebbe questa, la libertà? Io non la possiedo. Ma sotto questi punti di vista non voglio nemmeno cercarla. Se la mia felicità si realizza con la libertà che possiedo ora sono felice così e non ho bisogno di cercarla in altri posti.
     
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    Mi rendo conto di essere stato un po' criptico, però il concetto che volevo esprimere io non era la libertà in sé, ma più il fatto che è sfuggito il significato delle parole e che spesso si insulta senza rendersi effettivamente conto di quello che si sta dicendo.
    La mia domanda quindi è "siamo prigionieri delle parole che usiamo verso gli altri? Siamo prigionieri di questi giudizi forse superficiali con cui etichettiamo gli altri?"
     
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  5. duty1412
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    Penso che Dazen si riferisca al classico concetto che l'abito fa il monaco, per cui quando vediamo una persona dire o fare determinate cose allora viene rapidamente appellata in un determinato modo senza neanche lasciarci il beneficio del dubbio che forse quella persona non è quello che ad un prima analisi può sembrare. Penso che tutti ci siamo passati sia come giudici sia come giudicati almeno una volta nella vita. Giudicare o criticare non è sbagliato, la critica non è altro che l'utilizzo dell'intelletto quindi come potrei mai essere sbagliato? Il problema è che come dice Dazen davvero ormai utilizziamo molti termini con eccessiva leggerezza anche se lui dice che lo si fa senza rendersene conto quando secondo me ci rendiamo ben conto di quanto possiamo insultare una persona. Le parolacce sono ormai entrate a far parte del lessico comune quindi vengono ormai usate in maniera indiscriminata ma questo non vuol dire che non sappiamo bene quale significato possano assumere. Io direi di si, che spesso siamo prigionieri del modo superficiale con cui etichettiamo una persona, esprimere il proprio giudizio su una persona e sul suo operato non è proibito e sbagliato sia che sia un giudizio positivo sia che siano negativo ma è il modo in cui lo facciamo che può cambiare le cose. In ultimo molto spesso e magari anche più di quanto vorremmo siamo prigionieri di stereotipi e superficiali etichette. Potremmo dare la colpa alla società, all'ambiente in cui siamo cresciuti ma suona troppo come una scusa. Dobbiamo sempre assumerci la responsabilità di ciò che facciamo o diciamo nel bene e nel male e se sbagliamo ad ammetterlo ci guadagnamo e basta.
     
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  6. †_†yun yun †_†
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    :ahse: eccellente
    parlo del mio carattere personale: sono una persona che tende molto a giudicare gli altri. Quando mi viene presentato qualcuno cerco subito di farmi un quadro generale di chi ho davanti a me. La stretta di mano, il modo in cui parla, dove guarda con gli occhi, sono tutti piccoli segnali che determinano un po' come è una persona. E che ho cura di controllare scrupolosamente. Se uno/a mi da la mano "moscia" potrebbe essere anche un supereroe, per me resterà una persona di cui non fidarsi. Sono giudizi, a volte pregiudizi che ho nei confronti degli altri, e capisco che possano sembrare sbagliati o discriminatori, ma posso dire che non mi separerei mai da questo mio modo di fare. Ovviamente è solo un esempio. Se invece altri giudicano una persona in un certo modo e dopo mi riferiscono come la vedono loro non gli ascolto. Preferisco fidarmi del mio giudizio, non di quello degli altri. Voglio capire da sola come è fatta una persona, senza aspettare che siano gli altri a dirmelo. Se e/o quando sono io al centro dei giudizi.... Beh non mi interessa. Quando ero più piccola mi dava noia se magari mi chiamavano "tettona" o cose simili... Adesso affermo che la loro è tutta invidia e ricambio chiamandole "assi". Non mi tange. Credo che una persona che risente del giudizio altrui sia fragile, quasi vittima e incapace o non ancora pronta a forgiare il proprio carattere. Il giudizio è solo una parola. Basta. non è quello che si è veramente. Si può rimanere imprigionati dalle parole altrui? Sì è possibile. Ma ce ne possiamo liberare. Non è una cosa definitiva. Se ti dicono "grasso" puoi dimagrire, se non puoi più tollerare le loro parole, ma puoi anche fregartene e seguire la tua vita senza preoccuparti degli altri. Secondo me è tutta una questione di carattere. E ognuno ha il suo. I più suscettibili ne soffriranno forse di più. Ma io non credo sia una cosa definitiva, da cui non ci si può liberare. E' una parola, un giudizio. Basta dimostrare quello che si è veramente! Da secoli ci siamo sempre giudicati gli uni con gli altri, da sempre ci sono differenze e da sempre c'è chi giudica e chi viene giudicato. Non credo sia colpa della società. Siamo semplicemente esseri umani con i nostri difetti come l'invidia, la gelosia, la prepotenza, l'arroganza, la tracotanza, la superbia! Nessuno è il perfetto buonista. Anche quello che può sembrare un "angellino" candido, puro ingenuo, ha un minimo di sentimento "maligno" verso gli altri!!
     
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    Quoto yun sul fatto di etichettare una persona appena conosciuta. Poi forse ci si potrà ricredere, ma nel frattempo si giudica anche senza esserne consci.
    Sentimenti maligni o no, per quanto mi riguarda l'importante è non intralciare il prossimo. Non ti piace qualcosa? Bene, non farla. Se qualcun altro la vuole fare tu sei libero di giudicare, ma di certo non hai il diritto di impedire all'altra persona di agire.
    Questo è anche il motivo per cui mi stanno sulle palle le persone religiose che cercano di convertirmi.
    Comunque sia, per me ciò che conta è esattamente questo. Di essere giudicata o di giudicare a mia volta non mi frega, ma è giusto che dalle parole non si passi ai fatti. A parte questa regola d'oro, tutto il resto è una baggianata.
     
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  8. Ivory Von Karma
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    CITAZIONE
    Ma soprattutto, siete sicuri di non essere voi prigionieri di qualcosa?

    ma certo, tutti noi siamo prigionieri di qualcosa, ma è anche vero che noi siamo responsabili di ciò che facciamo e ciò che diciamo.
    Quoto con Yun
    Io giudico prima di conoscere e cambio anche idea.
    Spesso la gente mi dà nominativi come "Troia" ma la cosa non mi tange, non m'interessa minimamente, anche quando la gente mi dice che sono un'imbecille, va bene, anzi su queste cose ci scherzo dicendo "anche secondo me"
    dietro lo schermo sembro la tizia arrabbiata, mentre parlando a voce, mi son sentita dire spesso "oddio sul forum sei sempre così incazzosa mentre dalla voce sembri una persona tranquillissima", dico questo per far capire che i pregiudizi ci sono da parte di tutti e chi dice "io non faccio pregiudizi" bhe, scusatemi tanto ma è tutta ipocrisia, perché è naturale avere un'idea di base.
    Il pregiudizio è dato dal modo in cui gli altri ti vedono, puoi far cambiare idea al prossimo, ma non è mai sempre facile anzi...
    Spesso parliamo anche senza renderci conto di ciò che diciamo realmente, ovvero non sappiamo se ciò che diciamo può ferire o meno una persona, forse perché la prendiamo troppo come "è solo un pensiero", no non è solo un pensiero, anzi spesso le parole sono peggio di uno schiaffo.
    Il dolore procurato dallo schiaffo va via, la ferita provocata da una parola ci fa sempre un po' male.
    Dovrei essere l'ultima persona a fare un discorso del genere

    CITAZIONE
    Non ti piace qualcosa? Bene, non farla. Se qualcun altro la vuole fare tu sei libero di giudicare, ma di certo non hai il diritto di impedire all'altra persona di agire.
    Questo è anche il motivo per cui mi stanno sulle palle le persone religiose che cercano di convertirmi.

    ti quoto
     
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7 replies since 23/1/2013, 22:45   70 views
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