Quarantena

Laura e Roberto. Fratellastri in quarantena

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    Vorrei condividere con voi un racconto che ho scritto circa 1 anno fa. Una piccola fantasia iniziata quasi per noia e poi sviluppata per passione. Spero vi piaccia.

    CAPITOLO 1.

    Quarantena. Giorno 24.

    Faccio scivolare la mano nella mutandine. Dio come sono bagnata. Sullo schermo del tablet che tengo appoggiato alle tette continuano a susseguirsi scene di sesso anale. Il volume al minimo per non essere scoperta. Un turgido cazzo che si infila nelle carni della fortunata di turno. Porto l’indice a sfiorare il clitoride. Risponde presente.
    Cambio scena.
    Primo piano di una doppia penetrazione. La tipa urla così forte che riesco a percepirlo anche con l’audio quasi mutato. Prendo a respirare con la bocca.
    Cambio scena.
    Un enorme palo di carne nera che si apre a forza il passaggio in un burroso culo bianco, leggermente arrossato sulle natiche. Lo sfila lasciando dietro di sé una voragine senza fondo. Ci sborra dentro. Il medio scende a dare manforte all’indice. Pressioni circolari poco sopra il clitoride. Scivolo leggermente col sedere sulle coperte del letto. Mi risistemo appoggiata alla sponda e riprendo a massaggiarmi. Mi scosto un ciuffo di lisci capelli castani dal naso con uno sbuffo e lo sguardo cade per un istante sul cassetto del comodino. Sotto le canottiere c’è nascosto un vibratore a forma di rossetto. Goliardico regalo delle amiche per i miei 18 anni. C’era anche Antonio alla festa, ero cotta di lui. E’ strano come ora i contorni del suo viso quasi mi sfuggano, mentre quelli del suo cazzo li ho nitidi negli occhi. Era un tipo impacciato, ma aveva un uccello da perderci la testa. Sembrava modellato perfettamente sulle dimensioni della mia fica. Un’occhiata al tablet. Il cazzone nero, uno dei più grandi che abbia mai visto, torna ad inculare la ragazza. Sborra calda che fuoriesce ad ogni affondo. Gli occhi corrono di nuovo al cassetto. Me ne ha date di soddisfazioni quel giocattolino negli ultimi 3 anni. Eppure è così lontano. Non voglio smettere. Sono vicina.

    Bussano alla porta.

    “Sara! Sei sveglia?”

    Fanculo.

    “Un secondo!”, vengo tradita da una voce insolitamente stridula. Ho la bocca impastata.
    Nascondo il tablet nel cassetto del comodino e mi infilo sotto le coperte tirandole fino al collo.
    “Dimmi!”
    Roberto spalanca la porta ed entra. Speravo non lo facesse.
    “Sto per buttare la pasta. Pranziamo insieme?”
    Non mi ero accorta di che ore fossero. Se sta cucinando pasta deve essere martedì. Cristo con la quarantena ho perso traccia del passare dei giorni. Mi metto in ascolto del mio corpo e sotto la voglia di cazzo che infiamma gran parte del mio cervello mi sembra di scorgere un certo languorino.
    “Sì, grazie. Due minuti e sono là”
    “Bella”

    Ancora quell’espressione: 'Bella'. Quanto mi fa incazzare. La utilizza per tutto. Sono sempre stata così intollerante? La convivenza forzata mi ha reso un’isterica rottura di coglioni? O magari è l’assenza di cazzo a parlare.
    Esce lasciando la porta aperta. Coglione.

    L'odore che giunge dalla cucina, mentre mi sistemo sovrapensiero, non è male. Dovessi scommettere punterei tutto su 'pasta al pesto'. Che novità! Saranno tre settimane che mangiamo lo stesso sugo. Non che abbia mai preso l’iniziativa per portare qualcosa di nuovo in tavola. Fino a un mese fa ci pensava mia madre ai pasti. O meglio, la madre di Roberto. Matrigna acquisita dopo che mio padre se l’è sposata l’anno scorso. “L’occasione per ricreare un ambiente familiare”, diceva. “Così avrai anche un fratello maggiore”. Chi cazzo l’ha mai chiesto un fratello maggiore? Perché non poteva semplicemente ricacciare indietro l’orgoglio e ricontattare mamma? La mia vera mamma. A quanto ho capito l’ha tradito con un collega di lavoro. Lui li ha beccati in casa nostra mentre ero in vacanza con le amiche. Al ritorno mi aspettavano un’atmosfera da guerra civile e paroloni come “divorzio” e “puttana”. Ma la vita va avanti a quanto pare. Si è risposato con Margherita, una svampita quarantenne dalle tette rifatte e con l’ossessione della pulizia. Urrà per la mia nuova mamma!
    Sono felice siano rimasti bloccati a Milano in zona rossa. L’albergo gli costerà una fortuna. Erano là per un concerto, nel bel mezzo della loro ritrovata giovinezza. Spero lei abbia il ciclo tutto il tempo! Ogni tanto ci videochiamiamo. Fanno le facce tristi ma so che se la stanno spassando e non vogliono farcelo pesare. Chiusi in una stanza d’hotel a consumare il proprio matrimonio. Ancora e ancora. Completamente sollevati dai doveri morali nei nostri confronti.
    Così mi ritrovo da quasi un mese a condividere settanta metri quadri con il mio fratellastro senza poter uscire e, a quanto pare, senza nemmeno potermi masturbare in santa pace. Lui non fa nulla per non farsi notare. Sembra riuscire ad occupare tutta la casa in ogni momento. Il divano è per la PlayStation, il salotto per la palestra mattutina, la cucina per i suoi goffi esperimenti culinari ed il bagno è perennemente tappezzato di quei peli neri e spessi che gli ricoprono le gambe. Tanto che ho preso l’abitudine di andarci in ciabatte.
    E’ praticamente la brutta copia di un orso. Perennemente sudato, dalla scoreggia facile e dai modi animaleschi. Ma forse sono troppo dura con lui. E’ questa cazzo di convivenza forzata. Preso a piccole dosi è anche simpatico e mi ha accettata nella sua vita più velocemente di quanto pensassi.

    “Laura! Dai cazzo che si incolla tutta!”

    Stringo i pugni per non urlare.

    Forse sono troppo buona con lui.

    CAPITOLO 2

    Quarantena. Giorno 29.

    Fisso la pioggia infrangersi sul vetro della finestra. Sembra sporcare il mondo piuttosto che ripulirlo. L’ennesimo sfregio verso la razza umana. Un lampo illumina per un istante i contorni dei tetti. Comincio a contare mentalmente i secondi che mi separano dal tuono. E’ l’unica cosa che sono riuscita ad inventare per evitare di dormire tutto il pomeriggio: tenere mentalmente traccia dell’avvicinarsi della tempesta.
    Tre secondi scarsi. Come prima. Anche lei sembra annoiarsi a morte. Si rifiuta di muoversi. D'altronde la capisco. Saranno tutti a casa. Chi cazzo speri di bagnare con tutta quell’acqua? Non è divertente se non ci sono tutte quelle figurine impazzite che corrono tenendosi i giornali sulla testa o lottando contro il vento per il possesso del proprio ombrello.

    Mi alzo per scrollarmi di dosso quella pelliccia di opprimente oziosità. Tanto vale farsi rompere il culo alla play dal mio delicatissimo coinquilino piuttosto che continuare a fissare il vuoto nella speranza che mi colpisca un fulmine e si porti via tutto in uno sfrigolio di carne e stoffa. Sto diventando anche piuttosto brava a quel gioco di lotta. Il segreto è premere i tasti a caso sperando che la popputa paladina della giustizia riesca finalmente a fottere il karateka di Roberto. Spero finisca la quarantena ben prima che io impari seriamente a giocare, ma ehi! Se la vita ti dà limoni… Com’era? Strizzaglieli in un occhio? …Carina.

    Busso alla porta della sua stanza. Nessuna risposta. Tendo l’orecchio per capire cosa stia facendo e mi accorgo che la doccia è in funzione dall’altra parte del corridoio. La caldaia impazzita che pompa acqua calda brontolando come una vecchietta. Ma quante cazzo di docce si fa al giorno? E’ incredibile come poi puzzi inevitabilmente di cane bagnato ogni volta che lo incrocio.

    Decido di entrare per sbirciare in che condizioni versa la nostra ex stanza degli ospiti. Magari trovo qualcosa di divertente a cui giocare sul suo pc.

    Se non fossi vissuta per 21 anni in quella casa faticherei a riconoscerla. Sembra uscita dal set di quei film in cui i ladri mettono a soqquadro la stanza in cerca di documenti segretissimi dai quali dipenderà l’incolumità della nazione. Il letto è ricoperto di boxer ingialliti, vecchie magliette bucate, calzini spaiati ed un’incredibile quantità di cavi e cavetti dei quali ignoro l’utilità. Il tanfo mi ricorda le rare volte in cui andavamo a trovare i nonni in campagna. Un misto di selvatico e merda di maiale. Per arrivare alla scrivania del PC devo farmi strada tra una marea di fazzoletti usati, vecchie riviste di motociclette ed un pezzo di pane raffermo con ancora attaccata su un lato una strisciolina di lardo di prosciutto che calcio via con disgusto sperando non mi si appicci sui calzini.

    Il PC è acceso. Il desktop è invaso di cartelle e file dai nomi più assurdi che coprono a malapena una modella completamente nuda a fare da sfondo. E’ seduta a terra, appoggiata al muro, e con due dita si spalanca le grandi labbra oscenamente aperte ad uso e consumo dello spettatore. Timida la ragazza!

    Noto una finestra di Firefox ridotta ad icona sulla barra dei collegamenti. Non avrei mai dovuto aprirla, ma la curiosità è donna…dicono. Il sito è PornHub, famoso anche fra chi non frequenta. Non che possa inserirmi nella lista degli ignari. Mi torna in mente il tablet dimenticato nel cassetto del comodino. Che scema. L’ho anche lasciato acceso. Dove cazzo sarà il cavetto per ricaricarlo? Ci penserò dopo.

    C’è un video messo in pausa sullo schermo. Il simbolo del play al centro a coprire quello che intuisco essere un rapporto a tre fra due donne ed un uomo. Lo premo. Le urla di piacere di una ragazza mi invadono le orecchie facendomi sobbalzare sulla sedia. Mi affretto a mettere pausa e mi volto verso la porta aspettandomi di vederlo entrare da un momento all’altro. Incazzato nero. Mi faccio piccola piccola.
    Non entra nessuno. Sento lo scrosciare della doccia continuare imperterrito e ringrazio la mia buona stella. Devo andarmene finchè sono in tempo. Non mi muovo. Voglio ripremere play. Immergermi in quel segreto. Scavare a fondo in quel vaso di Pandora che ha rotto la monotonia del pomeriggio. Prendo mentalmente nota del minuto in cui è fermo il video. Dovrò coprire le mie tracce. Mi ci vogliono trenta secondi per trovare il tasto “mute” sulla tastiera. Lo premo.
    Play.

    L’inquadratura è stretta su un cazzo largo come il mio pugno, con un paio di vene gonfie lungo tutta l’asta, che entra ed esce dal culo di una ragazza di colore. Saranno almeno sette centimetri di diametro. Pazzesco. Due coglioni gonfi e completamente rasati ne seguono i movimenti come due guardie del corpo. Ai margini dell’inquadratura c’è la seconda ragazza. Una bionda, probabilmente dell’est a giudicare dai lineamenti, che con fare da invasata incita l’uomo a spingere più forte, spalancando le chiappe dell’amica con le mani. Vampate di calore si diramano dal mio ventre fino ad arrivarmi in testa. La sento girare. La mia fica si risveglia con un fremito dal torpore pomeridiano. Insoddisfatta. Prepotente. Mi torna in mente Marco, antica fiamma ormai estinta. Aveva un bel cazzo anche se niente di paragonabile a quello che sto ammirando ora, certo.
    Quanto gli piaceva sbattermelo nel culo! Ne andava pazzo. Quel periodo ero così abituata che ci accontentavamo di lubrificarlo solo con la saliva. Più di una volta sono andata all’università con ancora il suo seme dentro. Preoccupata che colasse fuori durante la lezione e mi sporcasse le mutandine. Era un dramma riuscire a farlo uscire tutto ogni volta. Aveva voglia sempre nelle situazioni più scomode: prima di una cena coi parenti, in campeggio con gli amici, appena svegli durante le vacanze di Natale, con sua madre in cucina a preparare il pranzo ed il padre in bagno a radersi fischiettando. Sapeva che faticavo a trattenere i gemiti e ci godeva. Sembrava spronarlo a spingere più forte, più a fondo.
    Non è stato il sesso a dividerci. No, quello era grandioso. E’ stata Tiziana. Quella gran troia. Piatta come una tavola. Che cazzo ci avrà trovato in lei poi. Diceva sempre di amare la mia terza abbondante. Le sue gemelline. Poi si fa sgamare a fottersela in macchina fuori da una discoteca. Li ho lasciati finire. Nemmeno per fare scenate. L’ho bloccato su tutti i social. Spero ci sia un fulmine in questa tempesta con il suo nome scritto sopra.

    Scuoto la testa per riprendermi. L’uomo è disteso su un fianco. Con una mano tiene alzata la gamba della ragazza nera. Il cazzo ancora ben piantato nel culo. Affondi più leggeri ora. Profondi. La bionda gli sta leccando il culo. Ci sputa e prende a succhiare. Amo leccare il culo ad uomo. Sembra così trasgressivo. Così proibito. Il pensiero torna al mio ex. Lui era un tipo tutto d’un pezzo signore e signori! Troppo maschio per ammettere che forse gli sarebbe piaciuto provare. Troppo insicuro per permettermi di tentare. Devo riprendermi. Sbaglio o la doccia è spenta? Cazzo.

    Mi muovo veloce come una gatta nell’oscurità. Riporto il video al punto in cui l’ho trovato. Riduco ad icona. Cancello le mie tracce. Valuto la possibilità di recuperare il pezzo di pane calciato in precedenza. Rimetterlo dov’era. Non credo se ne accorgerà. Non nel delirio in cui versa la stanza. Sgattaiolo fuori attenta a non far cigolare la porta quando la richiudo con cautela.

    Riprendo fiato solo al sicuro della mia camera da letto. Sento la porta del bagno aprirsi. Giusto in tempo.

    Riordino le idee. Il mio cervello prende a lavorare veloce. Quando dice di studiare in realtà è su PornHub a menarselo. Quanto spesso si masturba? Ama l’anale e non disdegna il rimming a quanto pare. Chissà che altre perversioni nasconde. Avrà mai visto un porno gay? Ha una pornostar preferita? Più di una? Cerca in base alle dimensioni del cazzo o al numero di donne presenti sulla scena? Mi si è appena aperto un mondo inesplorato davanti e voglio tuffarmici dentro. Voglio spiare il mio coinquilino nella sua intimità. Esporre i suoi segreti più nascosti. Cibarmene. Non so come fare.

    Apro Google e digito “spiare un computer”. Salvatore Aranzulla. E ti pareva. Leggo l’articolo con crescente entusiasmo. Sembra fattibile. Difficile, certo, ma fattibile. Il problema, a detta dell’esperto, è che bisognerebbe installare quello che chiamano “un demone” nel pc da voler spiare senza che il proprietario se ne accorga. Questo non dovrebbe essere un problema. Mi basterà aspettare che sia di nuovo sotto la doccia. C’è un tutorial da poter seguire. Dodici minuti. Mi ci immergo.

    Edited by Bazinga2706 - 18/10/2023, 17:09
     
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    CAPITOLO 3

    Quarantena. Giorno 31.


    I due giorni più lunghi della mia vita, ma finalmente ci siamo. Roberto è in salotto a fare flessioni e addominali. L’ho intravisto poco fa andando in cucina per un bicchiere di Coca Cola. Sudato come un porco. Era steso sul tappeto persiano di mio padre. Ogni movimento accompagnato da un grugnito animalesco. L’odore di selvatico a fare da padrone nella casa. Appoggio le labbra al bicchiere per evitare di mordermele. Sono tesa. Dovrebbe mancare poco oramai. Ho studiato la sua routine come farebbe un killer con la sua preda. Palestra fino alle 10:30 e doccia subito dopo. Ripasso mentalmente quello che sarà il mio piano d’azione. Dovrò essere paziente, non farmi prendere dalla fretta. Poi, al momento giusto, serviranno velocità e precisione. Entro, installo il programma sul suo PC ed esco. Due minuti in tutto. Un ninja nell’ombra.
    Ci siamo. Lo sento muoversi a passi pesanti verso il bagno. Tutti i miei sensi sono all’erta. Il cigolio della porta. Lo scrosciare dell’acqua. Una scoreggia attutita dalle pareti che ci dividono. Alzo gli occhi al cielo e mi costringo a rimanere concentrata. Aspetto ancora due minuti. Non vorrei incrociarlo in corridoio. Non saprei come affrontarlo e mi tradirei inevitabilmente.

    Ora o mai più. Scivolo fuori dalla stanza in punta di piedi. Lo sento cantare sotto la doccia. Mi fa accapponare la pelle. La porta della sua stanza è socchiusa. Perfetto. Mi muovo veloce. Inserisco la pennetta USB nel PC. Doppio click. Installa. Avrò rivisto il tutorial una decina di volte. Potrei scriverci una tesi di laurea. Nascondo il file d’installazione in un intricato labirinto di cartelle. Rimozione sicura hardware. Sfilo la pennetta e fuggo via come una ladra. I miei piedini scalzi volano sul parquet con leggerezza. Sono di nuovo al sicuro nella mia stanza. Un sospiro di sollievo scioglie la tensione accumulata. Non mi rimane altro da fare che verificarne il funzionamento. Sveglio il computer ed avvio il programma. Il caricamento sembra infinito. Una goccia di sudore mi corre lungo la guancia sinistra. Mi asciugo col palmo della mano. Si avvia.

    Mi appare il desktop del pc di Roberto come se fosse il mio. La ragazza oscenamente nuda sembra riconoscermi con un sorriso lascivo. Funziona! Sono dentro! Ho il pieno controllo del suo pc. Le dita corrono al mouse e comincio a scavare in quella miniera d’oro. L’attesa è stata snervante ed ha esasperato la mia curiosità. Lo sguardo viene attratto da una cartella ai margini dello schermo. Si chiama “IO”. Doppio click. E’ piena di foto. Ne posso leggere solamente il titolo, ma non vederne l’anteprima. Apro la prima. E’ la foto di un cazzo. Di un BEL cazzo. E’ grosso e duro. Fieramente eretto in tutta la sua baldanza. Una cappella gonfia di un roseo candore fa da testa a quello che è un corpo venoso, molto ampio e leggermente più scuro. Folti peli neri ne nascondono la base, ma lasciano intravedere poco sotto due palle rugose, placidamente adagiate a quella che sembra una sedia in legno. E’ uguale a quella che ha Roberto nella sua stanza. Che sia davvero il suo cazzo? Possibile che nasconda un calibro del genere sotto quei pantaloncini da ginnastica? Me ne sarei accorta se girasse per casa con un affare del genere, no? Gli ho mai davvero guardato fra le gambe? Ho mai rivolto uno sguardo sessualmente curioso a quell’orso bruno con il quale divido la casa? Stupore ed eccitazione mi riempiono la testa di assurdi pensieri sul mio fratellastro. La sua intera figura è oramai ridotta all’immagine di quel cazzo che fa capolino sullo schermo. Apro le altre foto una ad una. Sono scatti da diverse angolazioni del suo uccello. Ora completamente scappellato. Ora moscio. Ora stretto nella presa di una mano oscenamente pelosa. Ora ricoperto di sperma. Dio che spettacolo. Bianchi grumi di denso seme gli ricoprono la cappella per intero. Alcuni sono anche sui peli, oramai appiattiti e completamente impastati. Abbasso una mano a toccare le mutandine. Sono zuppe. Inghiotto la saliva per evitare di sbavare. Quand’è stata l’ultima volta che ho assaggiato il caldo seme di un uomo? Con il mio ex era diventata un’abitudine oramai così consolidata che non gli davo più peso. Lo facevo meccanicamente. Più per evitare di sporcare che per il gusto di farlo. Certe cose le apprezzi davvero solo quando non le hai più. Le papille gustative sembrano rievocarne il gusto in un tuffo sensoriale nel passato. Il sapore acre, amaro. Quella viscosità invadente. La pressione dei getti che si infrangono sulla lingua, sulle guance. La bocca impastata anche dopo averlo ingoiato tutto. L’odore di sesso che ti contraddistingue l’alito anche dopo ore. La lingua corre veloce sulle mie labbra, quasi a volerne catturare il ricordo.

    I miei sensi di gatta mi avvertono che la doccia è spenta. Chiudo in fretta le cartelle e mi metto all’ascolto. Sento Roberto uscire dal bagno e dirigersi verso la propria stanza. Chissà se è in accappatoio. Se aprissi la porta e sbirciassi in corridoio vedrei ballonzolare fra le gambe quel palo di carne al ritmo dei suoi passi? Una danza ipnotica. Inconsapevolmente sexy. Mi mordo un labbro.

    Attraverso la stanza ed appoggio l’orecchio al muro che confina con la sua. Suoni confusi e irriconoscibili. Probabilmente si sta rivestendo. Ce l’avrà duro? Se lo starà asciugando con un lembo dell’accappatoio? Lo immagino pieno di piccole goccioline trasparenti. Leggermente barzotto. La folta peluria incollata all’inguine. Un piccolo squillo proveniente dal PC attira la mia attenzione. Sta utilizzando il computer!

    Mi siedo alla scrivania ed osservo i movimenti della freccetta comandata dal mouse nell’altra stanza. Apre Firefox. Digita “Youtube” nella barra di ricerca. Mi affretto a mutare i suoni del mio PC. Sarebbe imperdonabile tradirmi adesso. E’ fermo sulla home del sito. La freccetta scorre prima sull’anteprima di un video, poi su un'altra. Sembra non sapersi decidere. Poi lo vedo riaprire Google e riposizionarsi sulla barra di ricerca. Digita “PornHub”. Mi aggrappo con forza ai braccioli della sedia. I nervi tesi. E’ eccitato? Sta per masturbarsi? Prendo a far ballare la gamba con nervosismo. L’impazienza mi logora. La home del sito è elegante e piena delle più svariate anteprime. Vorrei cliccasse su tutte. La pubblicità di un prodotto per l’allungamento del pene occupa gran parte dello schermo sulla destra. La freccetta del mouse ora sembra più sicura. Si muove senza esitazioni andando a cliccare sulla barra di ricerca. Digita “Cumpilation”. Avvia la ricerca ed apre il primo video della lista. Faccio appena in tempo a leggerne il titolo: “50 cumshots in 25 minutes – Vegan dick Cumpilation #1”, Vegan dick? Cazzo vegano? Che diavolo significa?

    Non ho tempo di indagare più a fondo perché il video sembra partire in automatico. Lo mette a tutto schermo. Il primo piano di un cazzo e di una mano femminile intenta a segarlo mi riempie gli occhi. Comincia subito a sborrare evidentemente eccitato. Piccoli rivoli di sperma fuoriescono dal buchino della cappella ad intervalli regolari andando a scivolare sulla mano della ragazza e lungo tutta l’asta. L’uomo sembra non riuscire a contenere gli spasmi accompagnandoli con un frenetico movimento della gamba sinistra. Posso quasi sentirne l’odore. Forse è quello degli umori che ora, lo sento chiaramente, stanno bagnando le mie mutandine ed invadendo la stanza. La ragazza continua a segarlo con forza. Quasi spremendone fuori gli ultimi getti con movimenti lenti e decisi. Oramai Roberto se lo sarà tirato fuori. Se entrassi ora nella sua stanza lo sorprenderei con il cazzo in mano? Quell’enorme idolo fallico duro fra le sue mani. Leggermente scappellato. Gonfio di piacere. Cambia la scena ma non la sostanza. Altro primo piano dello stesso cazzo e delle stesse mani. Sono video di una coppia. Forse attori anche se lo stile sembra più amatoriale. Questa volta la sega è a due mani. Come prima non devo attendere molto per vederlo sborrare una discreta quantità di seme. Le sborra su entrambe le mani, poi per terra, poi di nuovo su di lei. Ancora quel movimento delle gambe ad accompagnare le scariche di piacere. Vorrei toccarmi. Ne ho bisogno, ma ho il cervello pieno di idee ben più perverse. Voglio vedere il cazzo di Roberto. Studiare la sua espressione imbarazzata. Lanciare un’occhiata al pacco, ora sicuramente duro. Captarne l’odore. Devo muovermi in fretta. Prima che venga. Devo farlo adesso.

    Il mio corpo si muove da solo. Totalmente insensibile agli impulsi del cervello. Mi alzo ed esco. Non mi accorgo nemmeno di essere ai limiti del presentabile: il seno coperto solamente da uno striminzito top giallo che non nasconde la dura consistenza dei capezzoli e termina poco sopra l’ombelico e le sole mutandine di bianco cotone a celare il mio sesso rasato e grondante d’umori. Sono vagamente consapevole di puzzare di sesso ed ormoni. E’ forse proprio quell’odore che mi offusca la mente. Rendendomi audace.

    Attraverso in fretta il corridoio e busso alla sua porta.

    “Roby?”

    lo sento armeggiare in preda al panico. Se lo starà rimettendo nei pantaloni? Sicuramente avrà chiuso la pagina internet.

    “U-un secondo!”

    Altri rumori confusi. Il suono di qualcosa che casca per terra urtato nella fretta di nascondere le prove. Un’imprecazione soffocata.

    “Dimmi!”

    Spalanco la porta ed entro velocemente nella speranza di coglierlo ancora sul fatto. E’ seduto alla scrivania a torso nudo. Goccioline d’acqua gli costellano il petto villoso. Un paio di larghi pantaloncini da ginnastica gli nascondono il pube e le gambe fin sopra il ginocchio. Chissà se porta le mutande. Le avrà messe dopo la doccia? Mi avvicino a lui come in trance.

    “Che fai?”, gli chiedo con voce incrinata dalla tensione.
    “Stavo studiando”, sì, certo.
    “Io mi annoio”, sono arrivata alla sedia. Gli appoggio una mano sulla spalla. Sento chiaramente il contorno dei muscoli sotto le dita. Quel contatto sembra ustionarmi i polpastrelli.
    Abbasso lo sguardo fra le sue gambe. E’ il contorno del cazzo quello che intravedo sotto il tessuto? C’è odore come di pipì. Immagino sia il suo. E’ forte. Maschio. Mi invade le narici. Mi fa girare la testa.

    Mi siedo sulla sua gamba destra. Nel farlo allargo le gambe il più possibile senza dare nell’occhio così da far schiudere le grandi labbra intrise di umori in un tenero abbraccio. Mi appoggio sulla sua coscia con la fica spalancata. Il contatto è divino. Sento i suoi muscoli premere sulla pareti della mia vulva. Sono d’acciaio. La sensazione mi fa infiammare le guance. Spero non si accorga di quanto sono bagnata. O forse sì? Possibile che voglia davvero sentire il cazzo del mio fratellastro farsi strada dentro di me? Sedurlo con il mio corpo. Saperlo duro per me. Assaggiarne il sapore e testarne la consistenza. Sentirlo venire in una calda esplosione di piacere. Dio devo ricompormi.

    Lo sento irrigidirsi sotto di me. Sposto leggermente il bacino all’indietro alla ricerca del tanto agognato contatto col suo cazzo. Ne voglio intuire la forma con le natiche. Sentirlo premere su di me. Si muove anche lui per evitare che me ne accorga. Lo so che ce l’ha duro. Bello gonfio sotto quei pantaloncini.

    “Facciamo qualcosa insieme, dai!”, mi sento sempre più audace.
    “Ma cosa? Vuoi giocare alla play?”
    Raggiungo il mouse con una mano e lo porto verso la cartella “IO” sul desktop.
    “Cos’è questo? Un gioco?”
    Si alza di scatto in preda al panico. Lo sento afferrarmi con entrambe le mani sui fianchi e spostarmi di peso lontano dal computer. Nel farlo lo sento chiaramente: ce l’ha duro e l’ha appena involontariamente strusciato lungo la mia natica destra. E’ grosso, come in foto. Ne sono sicura. Le sue mani sui fianchi mi provocano un brivido. Pelle d’oca.

    Si tiene a distanza come se il contatto con me lo spaventasse.

    “Non è un gioco, è una ricerca per un esame. Ora se fossi così gentile da lasciarmi studiare…”

    E’ visibilmente imbarazzato. Colto sul fatto. Lo vedo lanciare uno sguardo furtivo alle mie mutandine come se si fosse accorto solo ora delle forme in bella vista.

    “Perché sei mezza nuda?!”, la voce rotta da quello che immagino sia un brivido.

    “E’ caaaaaaldo! Sembra agosto. Ti metto in imbarazzo?”, gli lancio un sorriso smaliziato. Che sto facendo?
    “Ma va. Però non mi pare…consono, ecco. Perché non leggi un pò? Poi prima di cena ci facciamo una partita a Tekken”
    “Non mi va di leggere. Voglio passare un po di tempo con te. Sei l’unico essere umano con il quale posso parlare faccia a faccia!”
    Sospira. “Eh va bene! Che vorresti fare?”
    La mente corre veloce. Vorrei rispondere “scopare” ma non posso essere così diretta. So che anche lui ha voglia, ma proprio non posso. Non lo voglio spaventare.
    “Obbligo o verità?”, gli faccio l’occhiolino. Perché cazzo gli ho fatto l’occhiolino?
    “Eh? Siamo tornati in quinta elementare e non me ne sono accorto?”
    “Eddaii, tanto non c’è un cazzo di meglio da fare. Così per ridere.”
    Mi butto sul suo letto ed atterro in un tripudio di boxer maleodoranti e vecchie riviste di motori.
    “Eeeeww, che schifo”
    “Sì, scusami, non aspettavo visite!”, mi strappa una risata.

    Mi sento lasciva. Una gatta che fa le fusa. Mi sposto su un fianco per dargli modo di raccogliere la sua roba e buttarla per terra liberando finalmente il letto.
    “Insomma. Precedenza alle signore! Obbligo o verità?”, con una mano gli faccio cenno di sedersi accanto a me. Si mette a gambe incrociate e mi fissa imbarazzato. Le mani giunte appoggiate al pacco nel vano tentativo di nascondere la sua eccitazione. Ogni tanto lo vedo far cadere un’occhiata furtiva sul mio seno. Si è accorto dei miei capezzoli sotto il tessuto. Posso quasi sentire le rotelle del suo cervello prendere a girare furiosamente. Il cigolio dei suoi neuroni che si risvegliano. Immagino il ritmico pulsare del cazzo sotto i pantaloni. Lo voglio.

    “Verità”

    Game ON.

    Edited by Bazinga2706 - 18/10/2023, 17:09
     
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    CAPITOLO 4

    Devo essere astuta, dosare l’aggressività. Non sono ancora sicura quale sia il mio vero obbiettivo. Un fugace sguardo alla sua erezione? Arrivare a toccarlo con una scusa? Vorrei mi prendesse qui e ora. Sentirmi schiacciata dal suo peso. Violata nell’intimo, ma siamo pur sempre fratellastri.

    “Hai mai tradito la tua ex?”, gli chiedo sistemandomi a gambe incrociate di fronte a lui.
    “Ehy che razza di domanda è?”
    “Bhè se dovessi chiederti cose che sveleresti a chiunque che gioco sarebbe?”, cerco di incrociare il suo sguardo ma i suoi occhi rifuggono il contatto.
    “Sì, è capitato. Poi me ne sono subito pentito”
    “Che pezzo di merda. E chi era?”
    “Non vale! Ho già risposto alla domanda. Tocca a me”
    “Ok, ok. Verità”
    “Mmmm…vediamo. Colore preferito?”
    , alzo gli occhi al cielo.
    “Che domanda noiosa. Arancione. Obbligo o verità?”
    “Verità”
    “Con chi l’hai tradita?”
    “Jessica, la barista del caffè all’angolo”
    “La tettona?! E bravo il fratellino!”
    , l’avrò vista un paio di volte. Una rossa tutto pepe sempre vestita smaliziata. Che puttana. Farsela con un ragazzo fidanzato. Mi torna in mente l’immagine del mio ex che si sbatte Tiziana. Uomini.
    “Ma smettila! Tocca a me. Obbligo o verità?”
    “Verità. E fa che non sia un’altra domanda da sfigato”
    , gli faccio una linguaccia per prenderlo in giro.
    “D’accordo. Ti sei mai… masturbata?”, l’imbarazzo gli accende le guance di un rosso intenso.
    Finalmente ha colto lo spirito del gioco.
    “Certo. La leggenda che le ragazze non si tocchino è sfatata da un po’, matusa. Abbiamo anche noi certe…necessità”, mi sfugge una risatina nervosa. La tensione mi attanaglia la mente.
    “Obbligo o verità?”
    “Verità”
    “Ooook…dando per scontato che te lo meni con frequenza regolare…”
    , lo vedo distogliere lo sguardo in un moto d’imbarazzo. Ha l’espressione di un bambino colto con le mani nella marmellata. “Che genere di porno preferisci?”
    “Ma dai, sono questioni private!”
    , mi limito a fissarlo senza aggiungere altro. “Va bene, va bene. La solita roba, sai. Rapporti a tre. Amatoriali. Niente di troppo scabroso”, sì certo.
    “Interessante. Comunque obbligo”, è tempo di provare a spingere sull’acceleratore. Spero non si tiri indietro proprio ora. Sono così vicina. Chissà se ce l’ha ancora duro. Scommetto di sì.
    “Alzati e twerka per trenta secondi”, lo dice di getto, come se fossero ore che aspettava di farlo.
    “Vuoi guardarmi il culo praticamente”, gli sorrido smaliziata.
    “Ma va, cerco solo di metterti in imbarazzo! Non è lo scopo del gioco?”, non mi faccio pregare.
    Mi alzo ai piedi del letto, attenta che possa avere la miglior visuale possibile del mio culo. E’ incredibile che lo stia facendo davvero. Piego il busto a quarantacinque gradi, mani appoggiate alle ginocchia, culo all’infuori. Sono sempre stata fiera del mio sedere. Tonificato da anni di danza moderna si presenta piccolo ma invitante, perfettamente tondeggiante. Le mutandine ne lasciano scoperti i contorni delle natiche. Twerko.

    Mi fissa con uno sguardo a metà tra l’impaurito e l’ammirato. Ipnotizzato dal dondolio delle mie chiappe. Non riesco a trattenere una risata. Lo vedo strizzarsi fugacemente il cazzo da sopra i pantaloncini convinto che non me sia accorta. Fatica a contenere l’erezione. Dio che voglia. Vorrei allungarmi e toccarglielo. Mi trattengo a stento. Troppo diretta.

    Fosse per lui andrei avanti per tutto il pomeriggio imbambolato com’è. Mi riposiziono sul letto.
    “Obbligo o verità?”, mi risistemo le mutandine sul culo, erano leggermente scivolate verso il centro.
    “…Obbligo”, eccellente.
    Una marea di idee mi invade la mente. Leccami. Toccami. Scopami. E’ la mia occasione. Decido di andarci piano, salvando solo marginalmente le apparenze.
    “Togliti i pantaloncini”, porto le mani a coprire la bocca, imbarazzata come una ragazzina. Lo vedo sgranare gli occhi. Dio fa che accetti.
    “No dai, non posso. Questo no”
    “Eddai, che vuoi che sia! Sono la tua sorellastra!”
    “N-no…è che…non porto…le mutande”

    Sono scossa da un brivido di pura libidine. Lo sapevo, ma averne la conferma diretta mi ha comunque presa alla sprovvista. Voglio vederlo.
    “Ah…”, scoppio a ridere per mascherare il nervosismo “Va bè, non mi dirai che ti vergogni di me?” Dio come sono troia.
    “Certo che mi vergogno! E’ normale. Dai, chiedimi qualsiasi altra cosa”
    “Eh no! Le regole sono chiare! Direi che abbiamo una vincitrice!”
    , mi congratulo platealmente con una folla invisibile. “Avevo accennato alla punizione per chi avesse perso? Una settimana di pulizie domestiche. Congratulazioni Roby”
    “Col cazzo!”
    , ride anche lui. Lo sguardo basso come un cane bastonato.
    “E allora…via i pantaloni! Su, su. Poche storie”
    “Santa Madonna che palle che sei”
    , si alza dal letto e si volta dandomi le spalle. Lo sta facendo davvero. Il cuore prende a martellarmi nel petto. Le mani strette a pugno per costringermi a rimanere ferma. Posso vedere la sua schiena villosa irrigidirsi fugacemente. Ha un corpo veramente maschio. Forte. Si sfila i pantaloni tenendo le gambe ben serrate. Ora posso vedergli il culo. Di un bianco candido rispetto al corpo abbronzato. Sembra scolpito nel marmo. Le natiche sono due fasci di muscoli tesi allo spasmo. Una leggera peluria gli colora il solco che le divide. Ha le gambe così serrate che non riesco a vedergli i coglioni. Si volta lentamente. Non sbatto nemmeno le palpebre per non perdere neanche un secondo di quello spettacolo. E’ sempre stato così sexy? Possibile che non mi sia mai accorta del suo animalesco sex appeal? E’ rivolto verso di me. Entrambe le mani a coprire l’inguine. E’ grosso. Fatica a coprirlo. Da sotto le dita fanno capolino due grosse palle gonfie come bocce. Una leggera peluria nera ne disegna i contorni. Mi passo velocemente la lingua sulle labbra per inumidirle. Ho la gola secca. Mi sento audace.
    “Via le mani! Non vale se rimani coperto!”
    La scena sembra svolgersi al rallentatore. Ha gli occhi chiusi ed il corpo teso come se aspettasse una frustata da un momento all’altro. Scosta le mani lasciandole inermi lungo i fianchi. Lo vedo finalmente.

    Un enorme cilindro di rosea carne pulsante. E’ lo stesso della foto. Solo leggermente meno duro. La consistenza a metà tra il duro ed il barzotto lo fa assomigliare ad una grande banana venosa. E’ leggermente arcuato, come avesse una sorta di gobba. Chissà che sapore ha. Schiudo leggermente le labbra quasi senza accorgermene. La cappella è gonfia e leggermente più chiara. Coperta per metà da una pelle grinzosa. Sarà largo come il palmo della mia mano e lungo il doppio. Sento i capezzoli strofinare contro il tessuto e scaldarmi il petto. Devo dire qualcosa, ma non riesco a distogliere lo sguardo. E’ incredibile quanto sia bello. Chissà se sarei in grado di ingoiarlo tutto?
    “O-ok. Bene. Bravo. A-andiamo avanti”, provo a ricompormi ma mi ritrovo a seguirlo con lo sguardo mentre si risiede sul letto. Come fa a sedersi con una cosa del genere fra le gambe? Non rischia di schiacciarsi i coglioni ogni volta?
    “Ce l’hai duro?”, la domanda mi sfugge di bocca senza accorgermene. Fatico a seguire il flusso dei miei pensieri.
    “…Un po’… scusa”, non riesce ad alzare lo sguardo su di me. E’ tremendamente imbarazzato. Ne percepisco il disagio.
    “F-figurati. E’…così…per me?”
    “…bhè…sì, ecco. Sì”

    Lo eccito. Ne posso sentire il calore. Un rivolo di umori mi scivola fuori dalla figa oscenamente gonfia andando ad inumidire le mutandine. Il silenzio ora è assordante. Fortunatamente decide lui di romperlo.
    ”Obbligo o verità?”, lo dice con un filo di voce.
    “…obbligo”, che sto facendo?
    “Fammi vedere le tette”, alza la testa ed i nostri sguardi si incrociano per un istante. E’ teso quasi quanto me.
    “Ok”, agisco meccanicamente. Mi sfilo il top da sopra la testa liberando la mia terza abbondante. Un brivido di freddo mi scuote il corpo. Mi sta fissando il seno. I suoi occhi rimbalzano da un capezzolo all’altro come stesse seguendo una partita di ping pong. Me li sento addosso.
    “Sono grandi”, non rispondo. Sento il corpo fremere d’impazienza. “Sono belle.”
    “G-grazie. …Obbligo o verità?”, nessuno dei due è più interessato al gioco, ma sembriamo voler continuare per salvare le apparenze. Finché è solo un gioco può essere tutto risolto con una risata, no? Sembra meno importante di quello che è.
    “Obbligo”, si schiarisce la voce e mi guarda negli occhi. Mi sta sfidando a fare un passo in più? Vuole vedere fino a che punto sono disposta a spingermi?
    “Toccami le tette”, il mio tono è sorprendentemente autoritario. Sicuro di sé.
    Non fa storie. Docile come un cagnolino. Allunga le mani e mi afferra le tette. Ha le dita fredde. Sento il corpo fremere come scosso da un terremoto. Comincia a massaggiarle con i palmi, soppesandone le dimensioni. Mi mordo un labbro per evitare di gemere. Mi pizzica i capezzoli costringendomi a sospirare. Ha il cazzo duro. Lo vedo fare capolino dalle sue gambe incrociate. Fieramente teso verso l’alto, quasi a volersi protendere verso di me. Vorrei me lo mettesse fra le tette. Sentirlo duro e prepotente mentre le usa per il suo piacere. Le vorrei impregnate del suo odore. Ridotte ad un oggetto in balia delle sue voglie.
    Si stacca piano, piano. Le mani tornano a coprire l’erezione. Abbiamo entrambi il fiatone.
    “Obbligo o verità?”, vuole continuare. Insaziabile.
    “Obbligo”
    “Togli le mutandine”

    Non c’è bisogno di parlare. Il silenzio ora è denso. Testimone delle nostre voglie.
    Mi metto in ginocchio sulle coperte e sfilo le mutandine. Un rivolo di umori si allunga fra la stoffa e le grandi labbra. Sono oscena.
    Mi stendo di schiena appoggiando la testa al cuscino. Piego e allargo le gambe rivelandogli il mio frutto proibito. Gonfio d’umori. Bollente.

    “Toccami”, inutile continuare a fingere sia tutto un gioco. Ci siamo spinti troppo oltre oramai.

    Si siede fra le mie gambe. Sono tesa. Impaziente. Non c’è bisogno che gli dica dove voglio essere toccata. Né tantomeno come. Mi appoggia i polpastrelli sul ventre piatto. Li sento scivolare giù verso il monte di Venere. Pelle d’oca al loro passaggio. L’impazienza mi rende sempre più bagnata. Oscenamente porca.

    Entrambi gli indici corrono lungo i contorni delle grandi labbra. Serro i pugni e inspiro a fondo. Mi appoggia il palmo della mano sulla figa a coprirla tutta. Il polpastrello del medio si appoggia all'entrata. Divarico le gambe per dargli modo di scivolare dentro. Continua a massaggiarmi con movimenti circolari ma non entra. Lo sento risalire a sfiorare il clitoride. Inarco la schiena e affondo la nuca nel cuscino. Il suo tocco è leggero. Mi manda in estasi. Ruvide dita impregnate di umori. Sento chiaramente l’odore del mio desiderio. Fisso il soffitto e cerco di deglutire. Finalmente entra. Lento e inesorabile si fa strada dentro di me. Non so quale dito sia. Non importa. E’ grosso e sgraziato. Si inarca dentro di me. E’ bollente. Svuoto i polmoni in un soffio prolungato. Non ricordo l’ultima volta che sono stata così bagnata. Lo sento agitarsi dentro. Audace. E’ incredibile quanto sia forte il bisogno di venire.

    Allungo un piedino alla ricerca del suo cazzo. Lo trovo in un attimo. E’ di marmo. Scolpito nella dura roccia. Lo accarezzo con la pianta del piede. Lo scappello. Mi riempie la testa di osceni pensieri. Vorrei mi inondasse i piedini di calda sborra filante. Sentirla colare tra le dita e sporcarmi le caviglie. Faccio scorrere l’alluce lungo tutta la lunghezza dell’asta. Lo sento ansimare. Gli piace.
    Il suo dito si fa più insistente. Si insinua più in profondità. Fino alla nocca.
    “Voglio succhiarlo”
    Lo sfila e me lo porge chinandosi su di me. Lo prendo in bocca. E’ impregnato dei miei umori. Sa di me. Sa di sesso. Sa di piacere carnale. Lo succhio avidamente. Mi ricorda il sapore di Francesca, la prima figa che leccai. Eravamo curiose ma inesperte. Col tempo imparai come dare piacere a un’altra donna con la lingua. Non è facile come possa sembrare. Ricordo il dolce piacere che mi regalò con le dita quella notte d’estate. I corpi avvinghiati come a scoparci l’anima. Le smorfie che faceva quando raggiungeva l’orgasmo.
    Roberto mi sta fissando. Rapito dai movimenti della mia lingua sul suo dito. Mi sento audace. Maiala. Troia.
    “Ora voglio succhiare il tuo cazzo”, sono fuori controllo.
    Mi alzo e lo faccio stendere. Ancora una volta il suo corpo muscoloso mi sorprende. Il cazzo che svetta fiero tra le gambe. Sembra incredulo. Incapace di muoversi.

    Mi inginocchio ai suoi piedi e mi piego su di lui. Bocca spalancata. Gli ingoio la cappella. E’ salato. Tanto duro da non riuscire a piegarlo. Lo spingo più a fondo. Lo sento premere contro il palato. Dio quanto mi era mancata questa sensazione. Non riuscirò mai a prenderlo tutto. Non sono a metà e già lo sento riempirmi la bocca. Tendermi la mascella all’inverosimile. Sa di uomo. L’odore è forte. Mi punge il naso. Mi annebbia la vista. Mi stacco per guardarlo meglio. L’oggetto dei miei desideri. E’ gonfio. Ampie vene ne segnano i contorni. I coglioni si sono fatti duri e compatti ora. Lo afferro con entrambe le mani. Prendo a masturbarlo piano, piano. Le mie piccole dita sembrano scomparire di fronte a tanta pienezza. Faccio scorrere la lingua sulla cappella. Ha un sussulto. La rinfilo tutta in bocca. Le mani si muovono frenetiche a stimolare ogni centimetro di pelle a disposizione. La bocca piena di lui. Rivoli di saliva gli bagnano l’asta andando a depositarsi sul cuscinetto di peli alla base. Vorrei poterlo succhiare per ore. Vorrei riuscire a prenderlo tutto. Sentirlo il gola. Farlo esplodere.

    Mi stacco lentamente. E’ lucido della mia saliva. Sembra duro da far male. Mi metto cavalcioni su di lui. Accenna una timida protesta.
    “Sara…io…non…”
    “Non ..vuoi?”
    "No, non è quello è che...siamo.."
    "Zitto"

    Non rovinare tutto proprio adesso. Ho bisogno di sentirlo dentro. Voglio sentirmi piena, usata. Soddisfatta.
    Lo afferro e lo dirigo verso l’entrata della mia fica. E’ impaziente.
    La cappella che preme sul mio buco è grossa e scivolosa. Nonostante siamo entrambi ben lubrificati farà fatica ad entrare. Lo so. Me lo spingo dentro ugualmente. Mi apre le carni con prepotenza. Dio che bello. E’ come se mi stessi infilando un palo d’acciaio. Così duro che è la mia fica a doversi modellare su di lui. Deformandosi per accoglierlo tutto. Scendo piano, piano facendone scomparire un centimetro alla volta. Una gioia selvaggia si impadronisce del mio corpo. E’ un tripudio di sensazioni dimenticate da tempo. L’estasi dei sensi. Lo sento affondare dentro il mio corpo. Me lo sento nello stomaco. Abbasso lo sguardo e vedo la sua cappella tendermi la pelle della pancia. E’ dentro di me. Tutto. Finalmente.

    Mi abbandono di peso su di lui. Gustandomi il contatto del mio ventre col suo. Non riesco a trattenere i gemiti ora. Perché dovrei? Quanto ho atteso questo momento! Sembra passata un’eternità dall’ultima volta.

    Prendo ad oscillare il bacino. Lo sento muoversi con me. Riempirmi tutta. Le sue mani mi stringono i seni. Mi pizzicano i capezzoli. Faccio scendere una mano ad accarezzare il clitoride. Gonfio epicentro del piacere. Lo cavalco come fosse un toro scatenato. Avanti e indietro. Tutto ben piantato dentro. Lo sento strusciare lungo le pareti interne ad ogni movimento. Il silenzio è rotto solo dal mio lascivo ansimare. Le dita corrono veloci sul clitoride. Lo accarezzano seguendo il ritmo del bacino. Sento l’orgasmo crescermi nel ventre in un gorgoglio di umori. Promette tempesta. Liberazione.
    Vengo in un’esplosione di mille fuochi d’artificio. Luci bianche mi scoppiano negli occhi. La schiena inarcata dal piacere. La bocca aperta in un urlo muto. Continuo a muovermi avanti e indietro. Sembra riempirmi di lussuria. Ho i muscoli tesi, le mani piantate ora sul suo petto. Gli occhi serrati. Mio Dio. Non finisce più. Mi tremano le gambe ma continuo imperterrita. Avida. E’ un inno alla vita. L’essenza dell’esistere. Il giubilio.

    Mi accascio sfinita sul suo petto tentando di riprendere fiato. Non ricordavo fosse così intenso. Sento i peli del suo torace solleticarmi il naso. Il cazzo pulsante ancora tutto dentro di me. Mi accarezza i capelli con dolcezza. Il respiro torna normale. Leggero. La tempesta abbandona il mio corpo. Mi sento più lucida ora. Consapevole della situazione. Roberto si muove delicatamente. Si alza sollevandomi con un solo braccio. Non lo sfila mai. Mi appoggia di schiena sul materasso e si posiziona sopra di me. Mi afferra le caviglie e spalanca le gambe. Sono oscenamente aperta a lui. Lo sfila delicatamente per poi affondare di nuovo. Brividi lungo tutto lo stomaco. E’ come un treno in partenza. Si muove piano e inesorabile per poi acquistare velocità poco alla volta. Ogni affondo è come un’onda calda che si infrange sulla mia fica. La sento calda, grondante. Ancora piena di sordida voglia.

    Ora il ritmo è animalesco. Tremendi affondi mi scuotono come in balia di un uragano. Il letto cigola la sua indignazione in maniera furente. Mi sta scopando con una foga disumana. Non fossi così bagnata mi aprirebbe a metà. E’ sudato, bestiale. Ha uno sguardo concentrato, quasi assente. I minuti passano inesorabili. Ha una resistenza incredibile. Lo sento farsi strada dentro di me in maniera sempre più prepotente. Riuscirò mai a provare le stesse sensazioni con uomini meno dotati? Mi starà aprendo in maniera irreparabile? Plasmata alle dimensioni del suo uccello e del suo soltanto. Non mi interessa. Che faccia di me la sua personale troia. Voglio solo perdermi nel piacere e non ritrovarmi mai più.

    Non smettere. Continua. Ancora. Così. Dio. Il secondo orgasmo della giornata mi investe con furore improvviso. Sto urlando. La voce spezzata dai suoi affondi. Sono arpionata alle coperte. Il corpo in preda a spasmi totalmente involontari. Ho gli occhi pieni di lacrime. Il piacere è così forte che non so come gestirlo. Mi spaventa. E’ travolgente. Mi sento sbavare. Il rumore del suo cazzo che continua ad affondare nelle mie carni è l’unica cosa che mi tiene ancorata alla realtà. Lo sento uscire da me. Apro gli occhi. E’ bellissimo. Mi sborra addosso in un grugnito soffocato. Enormi getti di densa sborra si infrangono un po’ dappertutto. Mi sporcano la pancia, le tette, i fianchi. Uno dei più temerari arriva a sfregiarmi la guancia sinistra. E’ uno spettacolo pirotecnico degno di un mago. L’odore è fortissimo. Solido. Si impadronisce della scena.


    Si accascia al mio fianco in uno sbuffo. Il petto completamente sudato. I capelli appiccicati alla fronte. E’ scosso tanto quanto me. Sento un vuoto nello stomaco. La sua assenza è come se avesse lasciato una voragine incolmabile. Un brivido mi scuote il corpo. Lontano eco del piacere appena provato. Prendo la sua sborra fra le dita. Ne testo la consistenza. La faccio colare sul mio corpo. Porto le dita alla bocca. E’ amara. Si incolla alla lingua. La succhio via dai polpastrelli con avidità. La amo.

    Mi accorgo solo marginalmente che si è alzato dal letto. Lascia la stanza. Lo sento avviare la doccia. Non voglio lavarmi. Voglio rimanere sporca del suo seme. Ricoperta del suo piacere. Mi sento scivolare nell’oblio. Mi addormento con un sorriso in bocca abbandonando la coscienza a Morfeo.
    Soddisfatta.
    Finalmente.

    FINE

    (forse ;P )
     
    .
2 replies since 18/10/2023, 15:01   196 views
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