Guai seri

x Raven

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    Il giorno libero dopo una lunga serie di esami preliminari è sacro, lo sanno gli studenti e lo sanno anche i professori. La Gakuen è certamente una scuola molto grande e fornita, ma il fascino di Kurayami resta da sempre imbattuto, e ogni altra grande capitale al mondo invidia quella culla di storie che ha spesso fatto da sfondo ai cambiamenti più grandi della loro epoca. Le luci sfarzose dei grandi palazzi però, entrava facilmente in contrasto con le tenebre dei vicoli più buio, dove c'era chi ancora, disperatamente, tentava di prendersi la sua fetta di Kurayami anche con la forza. In questo contesto, Gabriel stava girando per le strade della città per sistemare faccende personali, una giornata così tranquilla da sembrare noiosa aveva occupato il grosso del suo tempo e forse ad una come lei un'avventura non sarebbe dispiaciuta. Peccato che, quasi mai le avventure più avvincenti iniziano con qualche strano spiritello a descriverti il mondo magico che ti attende. Molto spesso le storie iniziano nel peggiore dei mogi, come il grido di dolore che Gabriel percepì passeggiando vicino a uno dei vicoli prossimi alla periferia. La cosa più terrificante non fu il grido in sé, ma l'indifferenza che ispirò nelle persone circostanti: era così forte da risultare impossibile da non sentire, ma quasi nessuno si voltò o si fermò per capire di cosa si trattava, e praticamente neanche un'anima rallentò o si interessò all'accaduto, anzi alcuni allungarono perfino il passo fiutando l'odore di guai. Se Gabriel avesse invece pensato a giusta ragione di correre in aiuto della persona in difficoltà, dopo qualche svolta a gomito che l'avrebbe lasciata da sola in quei bui corridoi, si sarebbe ritrovata davanti ad uno spettacolo poco incoraggiante: due grossi energumeni vestiti di tutto punto come degli eleganti uomini d'affari stavano tenendo per le braccia una povera ragazza vestita con abiti fin troppo appariscenti e coperta solo da una vecchia pelliccia sgualcita, classico abbigliamento da prostituta o accompagnatrice. Davanti a lei, un tipo assai più piccolo e minuto del normale, forse un nano o una cosa del genere, si stava avventando su di lei con vigorosi pugni direttamente sul ventre della donna, e ogni colpo rendeva le sue grida sempre più smorte. A giudicare da quanto era livido il ventre della ragazza e quanto erano nere le zone in prossimità delle costole, quel nanerottolo non c'era andato piano con i colpi, e per quanto fosse piccolo aveva delle braccia enormi, segno che di sicuro sapeva fare buon uso della sua stazza quando si combatte. Il malintenzionato formato mini accompagnò ogni colpo con un'accusa rabbiosa, a giudicare da quello che diceva stava lasciando intendere che quella prostituta aveva fatto un pessimo lavoro, o non si era presentata proprio, e avevano fatto una figura di merda con un loro cliente prezioso che non potevano permettersi di perdere. E adesso stava sfogando su di lei tutta la sua rabbia e frustrazione, impunito e probabilmente destinato ad andarsene senza conseguenze. Qualche altro pugno e rischiava davvero di ucciderla a suon di pugni, perché la ragazza stava iniziando ad avere conati di vomito ma ogni tentativo di completare un respiro veniva prontamente interrotto da un nuovo colpo, e forse se non fosse stato per gli energumeni che la tenevano in piedi sarebbe crollata a terra già da un pezzo.
     
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    Gabriel non era tipa da buttarsi giù, ma l’imbarazzo di essersi fatta fregare dai professori l’aveva tenuta con delle coperte sopra la testa per un paio di ore, prima di effettivamente riprendersi. Anche ora, quando camminava, non riusciva a fermare quel rossore sul volto. E per di più non era riuscita ad afferrare la pelliccia pelosina del professore. Altra enorme sconfitta per il suo ego. Sospirando, la ragazza guardava con un’aria assente le varie persone che camminavano intorno a lei. Non aveva nemmeno tentato di nascondere il suo aspetto, tenendosi comunque più sul normale con i suoi vestiti. Visto il posto dov’era, non voleva che si rovinassero. Indossava un top grigio, che copriva da poco sotto le clavicole fino a metà torso -tanto non aveva molto da mostrare- e dei jeans che le permettevano di muoversi come voleva. Sopra le spalle indossava poi una felpa nera, che però teneva aperta. Si era anche messa un po’ di trucco, senza esagerare. Un semplice linea nera sugli occhi che rendeva il suo sguardo ben più profondo.
    Ora- lo zietto ha detto che se gli prendo qualcosa potrebbe perdonarmi ma che diamine gli prendo? E-
    Ovviamente non aveva solo quelle questioni personali che doveva risolvere- no. Però alcune volte si perdeva tra la marea di cose che voleva fare! Come se non bastasse, aveva l’abitudine di parlare- anche senza che qualcuno la ascoltasse. Non che servisse, davvero! Gabriel si andò a zittire andando a portarsi alla bocca un cioccolatino, sbuffando. Mentre camminava però, sentì un grido. Chiuse gli occhi mentre si fermava, prima di riaprirli. Aveva una flebile speranza nel vedere che magari qualcuno si sarebbe girato, ma invece vide solo l’indifferenza delle persone. Fu come rivedere la scena di quella serata, dove aveva cercato aiuto ma nessuno l’aveva fatto fino a quando non era andata alla polizia. Perché le persone erano così indifferenti? Fece un’espressione quasi sofferente, prima di girarsi e seguire senza esitare la dove la voce era venuta. Non pensò minimamente al chiedere aiuto ai passanti: l’aveva imparato sulla propria pelle la crudeltà delle persone. Sperava non fosse nulla di grave, ma mentre svoltava dopo i primi vicoli, andò a usare l’evocazione di armi ed equipaggiamento così da prendere dalla propria stanza la propria spada con la cintura attaccata. Andò ad avvolgerla intorno ai fianchi senza mai rallentare, tenendola sul lato sinistro così che potesse estrarla con facilità in caso le fosse servito. In seguito portò la mano di fronte al petto in un gesto deciso, dopo aver fatto attenzione che nessuno la guardasse, lasciando che la Kamen andasse a coprirle il corpo. Il casco però sarebbe stato rivolto verso la testa, così da lasciarle la visione perfetta della situazione di fronte a lei. La scena che le si presentò però la fece vibrare di rabbia: due grosse persone che tenevano una donna ferma e un altro nano che la menava. Soffocò le memorie che cercavano di ritornare in superfice, andando piuttosto a voler interrompere quella situazione il prima possibile.
    "Mio dio, cos’è questa puzza! Ah, sono solo dei vermi? Che schifo! Ma cosa abbiamo qua…?"

    Nel suo stile, ovviamente. Non era mai stata una poliziotta, ed non aveva la classe che uno della polizia avrebbe avuto. La ragazza aveva alzato anche la mano destra, come se stesse facendo una finger gun, puntandola verso il nanerottolo. Ma non doveva poi giudicare lei, non era che fosse il massimo dell'altezza. Alla fine sarebbe arrivata a salvare la giornata, come un vero e proprio supereroe!
    "Ah, solo un nano che non sa tenere le mani a posto. Cos’è, hai dimenticato da quale giardino vieni? Fammi il favore e vattene. Non ho propria voglia di fare a botte, e tu sicuramente non vuoi finire in gatta buia."

    Ogni parola di Gabriel sarebbe uscita vibrante e doppia, grazie al modificatore di voce dentro la maschera, che andava a rilasciare del lieve fumo rosato ad ogni respiro della ragazza. Sarebbe stato quasi un effetto robotico.

    Edited by White Raven - 22/3/2023, 20:21
     
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    Appena Gabriel attirò l'attenzione, quella gentaglia si voltò verso di lei scurendosi in volto e digrignando i denti. Dalle loro espressioni si capiva che quello non era un evento inaspettato, e che già altre volte i loro affari erano stati interrotti da uno di quei fenomeni da baraccone della Gakuen.
    Fottuti ragazzini mascherati! Non vi sopporto, vi ammazzerei tutti! Hey mastino! Falle vedere che succede a farsi gli affari degli altri!
    Appena il nano pronunciò quelle parole, dall'ombra si fece avanti una persona con una casacca da allenamento addosso. Sembrava una persona normale all'apparenza, ma aveva delle grosse macchie verdi del tutto innaturali intorno agli occhi, sul collo e più piccole su tutto il corpo. Appena Nael incrociò lo sguardo con lui, questo subì immediatamente una trasformazione che sembrò alterare la sua natura umana. Le avrebbe dato l'idea di uno di quei combattenti che, dopo lunghi anni di allenamento, avevano scelto vie traverse per ottenere nuovo potere, utilizzando qualche agente mutagene poco chiaro. Non poteva sapere la sua storia, ma poteva capire la sua forza: quel mostro si lanciò verso di lei scattando ad una velocità a malapena percettibile dalla ragazza, e dopo averle afferrato la fronte con una mano, i suoi muscoli si ingrossarono abbastanza da sbatterla violentemente contro una parete li di fianco. Gabriel avrebbe sentito le sue ossa scricchiolare, mentre un forte senso di terrore le risaliva nel ventre. Quello non era un avversario che poteva sconfiggere.
     
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    Forse non era la prima volta che qualcuno provava a reagire ed tentare di salvare la situazione, ma Gabriel non era qualcuno che andava a pensare troppo. Agiva principalmente d’istinto e in modo molto avventato. Per questo quando vide l’uomo, non sembrò preoccuparsi inizialmente.
    “Ma fate urlare una persona e ti aspetti che nessuno venga ad interveni- cazzo!”

    Manteneva un tono di voce molto sbarazzino, che quasi andava a prendere in giro l’uomo. Ovviamente mentiva con estrema naturalità e in modo spudorato sull’arrivo della polizia, ma loro di certo non potevano saperlo, no? Ma nel momento in cui guardo negli occhi questo “mastino”, percepì i capelli posti sulla nuca alzarsi. Ma non ebbe nemmeno il tempo di reagire, che percepì il mondo farsi scuro per qualche attimo, un dolore acuto che le si presentò in corpo. Si sentì come se fosse di fronte a qualcuno che non poteva sconfiggere, di fronte a una montagna enorme. Eppure insieme alla paura percepì una scossa di eccitazione salirle lungo la schiena, le labbra che finirono in automatico a muoversi in un sorriso nervoso. Ecco cosa intendevano i suoi zietti quando le dicevano di chiamare semplicemente la polizia piuttosto che fare la scema ed buttarsi in mezzo a qualcosa di più grande di lei.
    “Ahah, stavo scherzando. Facciamo che me ne vado, si?”

    Peccato che le sue parole non coincidevano molto con le sue azioni. Infatti non aveva messo la mano in quella posizione per nulla. Non andava a fare la fingergun a tutti. Infatti un proiettile oscuro sarebbe partito dall’indice, usando l’energia del Juinjutsu 20 per prendere direttamente l’uomo di fronte a lei. In quel caso il mastino, direttamente al centro del suo petto. Anche se non poteva sconfiggerlo, poteva allontanarlo il necessario per tentare di fuggire. Magari chiamare rinforzi, a quel punto. Non era stupida, ma era stata dannatamente avventata per essersi buttata nel mezzo senza pensare!
     
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    Era stata frettolosa, aveva agito senza pensare e si era ritrovata davanti un nemico troppo pericoloso. Mentre aveva a che fare con il mastino e preparava il suo attacco, Gabriel non si rese conto che nel frattempo si era fatto avanti anche il nano, che approfittando della situazione le aveva infilato un grosso pugnale nel fianco senza pensarci due volte. Una, due, tre volte. Al quarto colpo il fiato di Gabriel si spezzò e quando lanciò il proiettile oscuro non riuscì a prendere la mira, venendo ancora una volta scaraventata verso la parete. Non era passato neanche un secondo e l'avevano già ridotta ad un colabrodo, un altro colpo del genere e avrebbe perso i sensi, poi chissà cosa le avrebbero fatto. Aveva cercato di salvare qualcuno che nemmeno conosceva per assecondare cosa di preciso? Un capriccio forse? E adesso l'avrebbero ammazzata come un cane rabbioso. Che poteva fare? Sperare nell'arrivo di un principe azzurro? No niente salvezza in extremis per lei, solo un altro pugno direttamente sulle ferite al ventre che sanguinarono ancora più copiose. Se smise di venire sbattuta al muro fu solo perché a un certo punto quei malviventi sentirono un rumore distinto dietro di loro, che lo costrinse a voltarsi. Un rumore di strappo, di carne lacerata, di urla di dolore strozzate dalla gravità delle ferite inflitte, così violente da impedire anche al corpo di sfogarsi. Se Gabriel avesse trovato la forza di alzare la testa, avrebbe visto uno degli energumeni che tenevano la donna prigioniera venire letteralmente strappato in diverse parti da un'Armatura nera ed inquietante, che lo stava facendo a pezzi con una facilità disarmante. La donna prima paralizzata dal dolore adesso gridava terrorizzata, e perfino l'altro omaccione non riusciva a fare niente, posseduto dalla paura. L'armatura inquietante si spostò con lo sguardo verso la sedicente eroina, quasi come se volesse lanciarle un monito:
    Scappa.
    Mentre gli altri la lasciavano andare, Gabriel scivolò sulla parete, finalmente libera, con abbastanza adrenalina in corpo per potersene andare via con le sue gambe. Avrebbe visto quegli uomini cercare di opporsi all'armatura strenuamente, ma questi venivano colpite da inquietanti fiamme nere che stridevano come piccole lame frenetiche, e li strappavano in molti pezzi ricoprendo quella via di sangue e organi interni. Se questo non sarebbe bastato a far desistere Gabriel, la ragazza avrebbe visto altri malviventi intervenire, decisi a fermare quell'inquietante esecutore. Se non se ne andava rischiava di finire in mezzo, ma soprattutto aveva bisogno di cure mediche perché le sue ferite non si sarebbero rimarginate presto. Fortunatamente una delle piccole stazioni di polizia vicine alla strada non era lontana, quindi forse per una volta poteva battere in ritirata.
     
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    Il dolore acuto al fianco però ovviamente andò a farle fallire il suo favoloso piano d’attacco. Il nano, maledetto lui e tutti gli altri sei, aveva deciso di giocare con lei come se fosse un puntaspilli. Non che fosse un male - se fossero stati degli spilli per farsi dei nuovi piercing, ma un dannato pugnale faceva male cazzo! Versi di dolore andarono a riversarsi fuori dalla bocca della biondina, che per quanto masochista- NON LO ERA COSI’ TANTO! Quando venne scaraventata contro la parete, le parve anche di contare diverse stelline, ma forse era solo una sua impressione. Finì quasi per scivolare a terra, stringendo con forza i denti per trattenere ogni verso di dolore, trattenendosi in piedi per forza di volontà.
    “Mi hanno detto che le bambole voodoo funzionano meglio quindi dovresti provAAAH CAZZO”

    L’ennesima battuta le venne strappata di bocca, percependo il bugno diretto sulla ferita. Quello faceva male, dannazione! Il dolore che percepì continuava, e il sorriso però rimaneva sulle sue labbra- non perché fosse realmente divertita però. Ebbe diversi punti neri di fronte alla sua visione, con il sangue caldo che andava a dare un tocco di rosso in più alla sua kamen. Non che le servisse, visto che era bianca! Quando il dolore continuo si sarebbe fermato, facendola rimanere solo con quello intenso al fianco che lei tentò di coprire con la mano -anche solo per fermare l'emorragia- alzò gli occhi per vedere che diamine stava succedendo. Solo per chiedersi chi era che aveva deciso di mettere su uno splatter in televisione. Ah, non era in televisione? Dannazione. Venne finalmente liberata, e la forza dentro le sue gambe andò a cedere. Si ritrovò a scivolare lungo la parete, lasciando una lunga macchia rossa mentre lei gemeva dall’intenso dolore. Chiunque fosse venuto a risolvere la situazione, le parlò. Le disse di fuggire. E la biondina non fece che una risata, la voce tremante dal dolore. Pronta per combattere? No, non voleva crepare. Non era in grado di farlo prima di tutto, ferita com'era!
    “Cazzo. Resisti tu, chiamo dei rinforzi-!”

    Gabriel non era la migliore per quando si trattava di avere dei piani. Non era una codarda ed era una avventata. Ma sapeva che ritirarsi in quel momento sarebbe stato la decisione migliore. Un altro tipo di paura però le si presentò nello stomaco, mentre usava la mano per sollevarsi sul muretto e iniziare ad allontanarsi con passi barcollanti e difficoltà. Non sarebbe arrivata in tempo con i rinforzi? O sarebbe morta dissanguata prima di arrivare alla stazione? Non poteva accettarlo! Aveva qualcuno che doveva ritrovare, non poteva rischiare così tanto prima di averlo ritrovato. Forse era una egoista di merda, ma chi glielo faceva fare? Si sentì sconfortata, l'avere un potere l'aveva resa fin troppo sicura di lei. E ne era rimasta bruciata come una idiota. Ma Gabriel non era mai stata una persona che pensava molto prima di agire. Abbastanza lontana, e vicino alla stazione, si tolse la Kamen. Ovviamente non lo fece in mezzo alla gente. Saliva dovuto al fatto che non riusciva a deglutire dal dolore le imbrattava il mento, così come lacrime rendevano il suo volto angelico davvero patetico. Come se non bastasse, si era pure morsa il labbro inferiore facendosi un taglietto involontario.
    "Cazzo- cazzocazzo fa male."
    Si sarebbe lamentata, una mano sulle ferite mentre zoppicava e puntini neri di fronte allo sguardo. Doveva arrivare alla polizia, per questo si sarebbe diretta li. Ormai si sapeva in giro che era una piantagrane, ma arrivare pregna di sangue e lacrime di frustrazione negli occhi non sarebbe stato un buon inizio. Sperava davvero di incontrare uno dei suoi zietti, o comunque qualcuno che conosceva. Sentiva una nausea enorme nel petto, così come le mancava il respiro, ma dubitava fossero quelle ferite. Si teneva il fianco con la mano opposta, stringendo e tentando di fermare l'emorragia con quel poco di conoscenza medica che aveva... ovvero nessuna. Sapeva solo che doveva coprire e premere.

    Edited by White Raven - 29/3/2023, 14:13
     
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    Man mano che scappava, Gabriel sentì i suoni farsi sempre più ovattati, e la vista sfumare gradualmente come se la stesse perdendo. Riuscì a togliersi la Kamen e arrivare in prossimità di una piccola stazione di polizia lì vicino, ma prima che potesse invocare aiuto perse i sensi, moribonda. L'unica cosa che riuscì a sentire erano le grida dell'agente che invocava aiuto. Si sarebbe risvegliata in uno scomodo letto di ospedale, attaccata ai macchinari di monitoraggio e con un'abbondante fasciatura intorno alla vita. Il grosso dei danni era stato rigenerato, ma poteva ancora sentire la debolezza e il dolore derivati dai danni che aveva subito. Vicino a lei, oltre la finestra dalla quale si intravedevano le luci dell'alba, c'era seduto un uomo che lei conosceva molto bene. Se ne stava con le braccia conserte, seduto in maniera chiaramente scomoda, ma perfettamente capace di dormire e russare a bassa voce anche quando stava in posizioni tanto innaturali. I suoi baffetti neri vibravano al ritmo di quel comico russare, e se non era caduto rovinosamente di lato era solo perché quella scomoda posizione a braccia conserte lo aveva in qualche modo incastrato su sé stesso, quasi spezzandogli il fiato e rendendo profondi quei rumorosi sospiri. Dopo che Gabriel riaprì gli occhi, il suo zietto Ren smise di russare in quel modo, quasi strozzandosi con la sua stessa saliva prima di riaprire gli occhi, sobbalzare sul posto e alzarsi di colpo, allungando le mani verso di lei senza sapere esattamente dove toccare per consolarla ma non farle male.
    S-seraphine! Stai bene?! Come ti senti??? No anzi non parlare, conserva le forze, anzi non stare sveglia, dormi! Devi riprenderti! Perché ti svegli se sei ancora ferita???
    A giudicare dalla sua agitazione, quel pover'uomo aveva passato un brutto quarto d'ora quando gli avevano detto che la ragazza era in ospedale perché qualcuno l'aveva accoltellata selvaggiamente.
     
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    Man mano che arrancava, la ragazza non riusciva a pensare a nient’altro che se non il fuo fianco che bruciava - il sangue colava, inzuppava la sua mano e i vestiti, era davvero un disastro. Il cuore batteva all’impazzata, mentre la sua forza di volontà andava a vacillare. Non riuscì nemmeno a chiedere aiuto, prima di perdere i sensi. Sentiva solo il proprio respiro, così forte che era quasi nauseante. Sentì il richiamo d’aiuto di qualcuno, ma non riuscì a distinguere per bene la voce. Almeno non sarebbe stata abbandonata sul ciglio della strada, di nuovo. Presto un velo oscuro le si posò sugli occhi e andò a rubarle la coscienza, la forza nel mantenere la mano premuta completamente andata a farsi benedire. Sperò di non fare alcun sogno, perchè sapeva che non sarebbero stato altro che il suo stesso pianto e le voci che la legavano al passato. Per fortuna, non si aggiunse la beffa al danno, e aprì gli occhi senza aver avuto nessun incubo particolare. Se non il dolore continuo e la sensazione di debolezza nel suo corpo. Lo fece con una certa lentezza, aprire gli occhi, muovendolo poi a guardare con stanchezza la standa dov’era. Ovviamente era in ospedale e dannazione, quel letto era scomodo. Meglio di niente però. Però il suo sguardo si fissò sull’uomo addormentato di fianco a lei, facendo fatica in un primo momento a riconoscerlo. Solo che così come si era svegliata lei, anche lui non fu di meno con un verso strozzato. Capì chi era solo per il tono di voce, il come era preoccupato e- ovviamente il come venne chiamata. Ovviamente Gabriel era il suo nome in incognito - quello che usava da quando era scappata con suo fratello- però sentirsi chiamare con il suo nome le fece venire le lacrime agli occhi.
    Pa..Ren-sama….
    Avrebbe mormorato con voce debole, spaventata. Non era più quella impavida, avventata e coraggiosa ragazza che si era buttata in mezzo ad un vicolo per aiutare qualcuno. Ma era lei stessa una ragazzina spaventata, impaurita da quella situazione in cui era capitata. Non era la prima volta che si metteva nei guai - ma mai era finita in ospedale accoltellata! In quel momento non era più Gabriel, la stronza logorroica. Ma Seraphine, la bimba spaventata.
    Non ho pensato- Ho voluto aiutarla come tu hai fatto con me- ma erano troppo forti e io mi sono sopravvalutata troppo- ho pensato che ero forte dopo aver superato l’esame- ma non è così! Fa male- così tanto male...
    La voce di Seraphine fu rotta dalle lacrime, che lentamente cadevano lungo le guance, il respiro che andava ad accelerare, come se stesse effettivamente andando in iperventilazione. O avendo un attacco di panico. Probabilmente entrambi. Era stata egoista, voleva dare una possibilità a quella ragazza -ma la paura l’aveva fatta scappare. Non voleva morire, ed era fuggita. Come una codarda. Allungò le braccia, come a voler chiedere un abbraccio, il dolore era intenso anche solo per singhiozzare ma voleva essere consolata. Voleva sentire il calore fisico dell’uomo, del suo padre adottivo. Almeno per lei lo era, non sapeva nemmeno se quelle carte erano state fatte! Sicuramente era più una figura paterna rispetto al suo padre biologico.
     
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    Capì subito dal tono di voce che diventava più alto e spento, che Seraphine stava avendo un attacco di panico. Non era la prima volta che le capitava e Ren sapeva esattamente cosa fare, ma ogni volta che vedeva quello sguardo solare ed energico, spegnersi gradualmente in quel modo come se stesse per soffocare, gli si stringeva il cuore e sentiva il bisogno di restare in apnea con lei, allungando le braccia verso quella povera bambina e stringendola a sé con tutto l'affetto che provava. Non disse nulla, trattenendo il respiro, serrando le labbra e portandole un braccio intorno alle spalle e una mano dietro la testa. Non la spinse sul petto con forza, ma la invitò a trovare rifugio sul suo corpo, in modo che l'unico suono che avrebbe sentito la povera ragazza sarebbe stato il battito del suo cuore. Le avrebbe accarezzato i capelli e fino a che non avrebbe ripreso fiato lei, non lo avrebbe fatto neanche lui, così che il silenzio la aiutasse a calmarla. Fu paziente, e non ebbe fretta di parlare, riconsolandola come poteva.
    Respira... respira... è finita adesso, ci sono qua io.
    La lasciò andare solo quando lo avrebbe deciso lei, consolandola senza bisogno di metterle fretta. Ren non era suo padre, ma non avrebbe mai smesso di trattarla come una figlia. Quando finalmente Seraphine avrebbe ripreso fiato, l'avrebbe lasciata andare dandole una pacca sulla testa, sorridendole affettuoso ma anche un tantino severo.
    Ti sei presa un bello spavento, ma è normale. Crescendo è la cosa che ti capiterà più spesso, ma io lo so quanto sei forte, so che ti riprenderai sempre e ti rialzerai più forte di prima.
    A quel punto tornò sulla sua sedia, portando le braccia in posizione conserte mentre assumeva un'aria di rimprovero, non esattamente un rimprovero severo e appassionato ma certamente un avvertimento che Seraphine doveva marchiare a fuoco nella sua mente se non voleva finire male.
    Però dovresti evitare di gettarti a capofitto in queste situazioni pericolose. Sei alla Gakuen, una scuola che ti formerà come una delle combattenti più forti del Giappone intero! Non devi bruciare le tappe. Questo è un mondo pericoloso, oggi ti è andata bene... la tua forza di volontà ti ha tenuta in piedi. Ma domani potrebbero succederti cose peggiori di una coltellata...
    La sua apprensione paterna in quel momento superò di gran lunga il cipiglio severo che stava cercando di imprimere in quella conversazione. Non riusciva proprio a prendersela con lei.
    E' successo tutto così in fretta... non mi hai raccontato niente della scuola, dell'esame, delle prime lezioni! Com'è andata col professore che ti ho raccomandato?
    Era chiaro che Ren e il suo insegnante Gin avevano dei trascorsi, se quell'uomo apprensivo era riuscito a raccomandarla ad un tipo del genere.
     
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    L’abbraccio di Ren fu come un posto sicuro da cui poteva rifugiarsi e non guardare più l’esterno. Era pieno d’affetto, il suo cuore che batteva e la sua voce che le diceva di respirare. Eppure non era la sua voce. Non era il suo fratellone a calmarla, come era capitato più volte. E ogni volta era solo una coltellata emotiva in più. Quanta ironia. Ma il calore, e quel battito, erano comunque familiari. Ci aveva messo molto tempo la prima volta per calmarsi- ma adesso, molti mesi dopo, era più semplice. Ci mise infatti diversi minuti, ma sicuramente meno di un ora o trenta minuti. Quando finalmente riuscì a prendere dei respiri più o meno normali, e il panico andare ad adagiarsi, Seraphine si ritrovò solo a singhiozzare. Più calma certo, ma comunque con gli occhi rossi dal pianto. Era forte? Giusto, doveva essere forte. Doveva diventare forte. Altrimenti non sarebbe riuscita ad aiutare nessuno. E quella ragazza- dannazione, era ancora viva? Si sentì sempre più in colpa, ma almeno non piangeva più. Annuì alle parole di Ren, sapendo che aveva sbagliato, in silenzio- cosa davvero assurda! Solo l’uomo riusciva a tenerla così a bada. Una volta rotto l’abbraccio, e subita la ramanzina, la ragazza si sentì in dovere di spiegare cosa fosse successo.
    “L-lo so… Mi s-sono accorta dopo che ho sb-sbagliato… Ma e-ero già nel mezzo, e li ho sottovalutati. P-per qualche motivo… a-affronto sempre persone che sembrano insetti…
    Avrebbe mormorato, portandosi le mani in grembo mentre abbassava lo sguardo. La scoperta del proprio potere aveva reso quel lieve filo che le diceva cosa era pericoloso o meno ancora di più fine, non sapeva esattamente quanto era forte o meno. Però nel sentire parlare di Gin, sentì quella lieve sensazione di- fastidio, aumentarle nel petto. La luce tornò a tornare negli occhi di Seraphine, senza nemmeno che se ne accorgesse!
    Gli zietti si erano arrabbiati e mi hanno messo sull’autobus solo perché ho preso un budino… senza avvertire. E mi hanno messo li subito! Sono stata li dentro tutto il giorno, sotto al sole, con un bavaglio e legata!
    Non che fosse un reale problema per lei, era sempre stata una che riusciva facilmente a uscire da delle costrizioni. Però avrebbe deliziato il suo caro Ren con un inizio logorroico di come aveva incontrato Gin.
    E quando sono arrivata, ci stava questo strano tizio che voleva essere rispettato e tutti avevano paura. Poi è venuto da me e mi ha chiamato Hannibal! Non sapevo cosa fosse, ma ho guardato su internet ed davvero? Io non sono così! Er- ero un po’ agitata e quindi ho parlato a dirotto e mi ero anche dimenticata il nome, ma poi mi ha fatto fare delle figuracce! Però -uh… credo di averle meritate. Non volevo togliermi i vestiti belli che avevo per una semplice tuta. Gasp, poi ha bucato la lattina con una penna e mi ha fatto diventare tutta bagnata! E mi ha fatto un test prima contro dei manichini e poi contro di lui, dove dovevo combattere. Mi ha detto delle cose che poi -aspetta, sono molto rilevanti per l’esame- mi sono rimaste in mente. E poi mi ha messo un collare! Così che dovessi seguirlo, quindi l’ho morso! Però poi siamo arrivati alla stanza di dormitorio e non hanno le maniglie! Se avessi saputo che non avevano abbastanza fondi per delle maniglie avrei portato dei risparmi miei anche se non ne ho tanti…
    Parlava esattamente senza riprendere fiato, eppure man mano diveniva sempre più viva e più energica. Per quanto stesse cercando di farla passare per una esperienza negativa, si era chiaramente divertita. Inoltre gli stava raccontando tutto come facevano i figli dopo una lunga giornata di scuola ai loro genitori. Ovviamente si risparmiò le battute non molto caste che aveva fatto.
    Era irritante, e poi voleva che lo chiamassimo con il san alla fine! Uff… perché mi hai mandato da un professore così rigido? Gin-san poi non risponde alle mie battute, scherzi o niente e non so come legare! Anche se ho tenuto il collare…
    E questo era solo la prima giornata, quando era arrivata e in giusto poche ore! Sperava che Ren fosse pronto per il resto. Infatti a quel punto fu facile vedere come gli occhi dellla ragazza andarono ad illuminarsi di gioia e felicità, come succedeva quando vedeva qualcosa che le piaceva molto.
    “L’esame poi, Ren-sama! Era arrivato un professore che sembrava un lupo umano! E sembrava avere la pelliccia così morbida, e volevo così tanto toccarla ma non volevo rovinare tutto- Si chiamava Noroi-san, e mi ha ascoltato senza mai interrompermi e mi ha fatto così felice! Poi dei tentacoli verdi lo hanno portato via, e lui mi ha detto di liberarlo! Ti ricordi come ho detto che ho avuto contro sempre degli insetti? Un uomo con la testa da insetto lo aveva portato via. Però Noroi credeva in me-! Ma uno dei tentacoli mi ha preso e sono svenuta.
    Non riuscì a trattenere una risatina a quel punto, se potesse avrebbe sicuramente avuto le stelline intorno a lei. Noroi aveva avuto una impressione ben più positiva solo perchè sembrava morbido e aveva avuto una pellliccia che lei voleva toccare- oltre ad averla ascoltata nonostante la sua parlantina.
    Ed è stato li! Sentivo i pensieri dei altri studenti, stavo perdendo anche io la speranza- però non l’ho lasciato accadere! E ho sia la Kamen che il mio potere. Io, un potere! Ho aiutato gli altri studenti a uscire, e poi ho cercato Noroi-san. Pensavo fosse un attacco terroristico, quindi ho preso in giro l’uomo insetto. E forse avrei dovuto capirlo, ma ero troppo presa dalla situazione per rendermene conto. Ma non era cattivo-cattivo, era un professore! E mi aveva messo contro delle prove da superare- E le ho superate tutte, anche quando mi ha messo Noroi-san posseduto contro! Li ero arrabbiata, davvero arrabbiata. Non sapevo più cosa stavo facendo, sono riuscita solo a pensare che non volevo che Gin-san la avesse vinta se avessi fatto del male a Noroi-san. Ma sono riuscita a liberarlo dalla "possessione" e… uhm… ho fatto male all’insetto-professore. Pensavo fosse un terrorista, e che avrei dovuto portarlo alla polizia, ma dopo che aveva posseduto Noroi-san ero furiosa. Quando hanno detto che era un professore ero davvero, davvero triste. E anche se gli ho fatto male- è tornato su come se non gli avessi fatto nulla. Ne sono sollevata! Però mi sento così in colpa…
    Avrebbe finito il racconto con una lieve smorfia di sconforto. Era stata presa in giro, era finita in un circolo di emozioni fortissime a seguito del suo potere sbloccato, e si era ritrovata a fare una cosa che ora la faceva vergognare molto. Non sapeva se quel finale era quello che avevano desiderato alla Gakuen, sapeva solo che aveva agito secondo i suoi non molto positivi pensieri. Avrebbe voluto dire che lo aveva fatto perché aveva avuto il timore che potesse attaccarla nuovamente oppure possedere Noroi, ma non era così. Aveva visto una apertura e nonostante i richiami nel fermarsi aveva comunque usato la sua spada per trafiggerlo. Lo aveva considerato malvagio, e lo aveva trattato come un malvagio. Dunque adesso anche lei... era una malvagia?
    Però ho superato l’esame, e mi hanno detto di andare via e che la scuola mi avrebbe guidato. Vorrei chiedere scusa a entrambi, però loro non sanno che sono stata io. Non sapevo che fosse un professore, davvero! Pensavo fosse un terrorista-parassita che stava facendo male ai studenti, a me e a Noroi! Però... Mi sento come se non sono poi molto diversa da quelle persone che mi hanno fatto questo…
    Solo con quelle parole avrebbe concluso, portando dunque la mano sul fianco che era stato ferito. Seraphine non era malvagia, ma non era nemmeno una eroina. Proprio per questo serviva l’influenza di persone come Ren per toglierla da quella strada che l’avrebbe fatta diventare un malvivente. O almeno era quello che pensava la ragazza. Si rese solo a quel punto che stava parlando molto, troppo. Quindi si bloccò, portando lo sguardo a guardare verso di Ren. La paura di averlo deluso che iniziava ad farsi strada dentro di lei. Cercò anche di giustificarsi. Forse era stupido e basta.
    "N-non... mi manderai via ora, giusto? A-anche se sai che ho fatto quello? P-prometto che non lo farò più- però non abbandonarmi... scusami se sto parlando troppo..."
    Non avrebbe mai nascosto quel che aveva fatto, non a Ren. Però con il pensiero di dopo... aveva il terrore che l'abbandonasse. Portò anche le mani vicino al petto, come se avesse paura che il suo cuore scappasse via solo per non sentire la delusione di Ren.
     
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    Ren annuì arreso nel sentirla parlare di insetti pericolosi: sicuramente la categoria di avversari più pericolosi da fronteggiare, lui che era un poliziotto lo sapeva molto bene. Le prestò dunque la massima attenzione, restando in silenzio ma cambiando rapidamente faccia ogni volta che la ragazza gli diceva qualcosa di assurdo: preoccupato, geloso, stupefatto, scandalizzato, molte cose successero nella sua mente in pochi istanti. Avrebbe voluto rimproverare lei, maledire i professori e i loro metodi strani ma soprattutto dannare sé stesso per non essersi preoccupato di tenerla meglio sott'occhio. Ma Ren sapeva che Seraphine stava crescendo e non poteva tenerla sotto la sua ala per sempre. Alla fine le concesse un sorriso nostalgico e agrodolce, cercando di farle capire quanto fosse fiero di lei e nascondendo il dispiacere di vederla allontanarsi sempre di più.
    Sono contento che tutto questo ti entusiasmi... ma ricordati che devi tenere segreta la tua identità quando indossi la Kamen, quindi non raccontare proprio tutto a tutti! Quindi non preoccuparti per i tuoi professori, sono certo che capiranno.
    Cercò di balbettare qualcos'altro ma Seraphine era come un fiume in piena e cercare di parlarle sopra era assolutamente impossibile. Quando gli disse che non voleva essere abbandonata, l'ennesimo nodo al cuore si strinse nel petto di quell'uomo nerboruto ma dall'animo dolce che subito le portò una mano sulla spalla, avvicinandola a sé come se stesse trattenendo l'istinto di abbracciarla ancora.
    Ma no, no! Ovvio che no! Non ti lascerei mai andare! Non preoccuparti, avrai sempre una spalla su cui riposarti, non ho intenzione di abbandonarti per nessuna ragione. Spero soltanto che tu porti al mondo la luce splendente che hai donato a me quando ho imparato a conoscerti... è un dono inestimabile che voglio condividere con chiunque ne abbia bisogno.
    E con gli occhi lucidi pieni di orgoglio le carezzò affettuosamente la guancia, nella speranza di averle dato l'incoraggiamento che le serviva per non arrendersi.
     
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    Parlare in quel modo aiutava molto la ragazza, infatti sentì un enorme peso sollevarsi dalle spalle nel raccontare tutto a una persona fidata. Sarebbe stato strano il contrario, se Seraphine avesse parlato poco. Sentendo le rassicurazioni da parte di Ren, andò ad chiudere gli occhi e spingere leggermente la testa contro la mano dell’uomo, andando a coprirla con le proprie mani come a volerla tenere li per qualche altro secondo.
    Non ho detto a nessuno di come era la mia Kamen, ne cosa ho fatto. Solo a te. E grazie…
    Avrebbe ammesso con un tono di voce che lasciava intendere l’affetto che provava. L’uomo era davvero una spalla su cui lei si era appoggiata completamente, dopo aver perso il gemello. Condividendo con lui le esperienze che erano troppo pesanti da contenere dentro di lei. E già normalmente erano tante. Solo a quel punto avrebbe sorriso, lasciando la mano di Ren per portarsi le mani di fronte al petto con nuova energia e solarità.
    Ren-san, ho anche io un potere! Non pensavo di poterne avere uno, ed è bellissimo! Ho delle lucine stupende che posso usare sulla katana di Mika e controllarle con la mano, sono come quelle luci di natale!
    Avrebbe poi esclamato, con incontenibile gioia. Aveva sempre pensato di essere una bimba priva di poteri o forze, nonostante avesse una certa affinità per la magia e le arti occulte. Seraphine lasciò che la propria energia fluisse dentro di lei, così da evocare le sfere di luce che sarebbero comparse poco vicino alla sua testa. Sembrando quasi un’aureola, e dando riflessi dorati ancora più splendenti ai capelli.
    Visto? E posso fare tantissime cose con loro!
    Con la mano destra andò ad prendere una delle sfere dentro la sua mano, che sembrò quasi materiale, ma era palese che solo lei potesse afferrarle. Emanavano un lieve calore e un alone di luce attorno, come per l’appunto delle lucine di Natale. Seraphine non aveva mai avuto possibilità di provare tale festività, se non guardandola da lontano e con gelosia.
    Ah- Uhm, h-ho una domanda…
    Avrebbe a quel punto chiesto, con un tono più timido e esitante. Lasciò la sfera luminosa, portandosi le mani in grembo, andando a tormentare le dita e le unghie per l’agitazione come faceva già normalmente. Abbassò anche lo sguardo, timidamente.
    L’adozione… come s-sta andando? Abbiamo finito tutto, non dobbiamo fare altro, sì? E Mika, hai scoperto qualcosa su di lui?
    Lo sguardo della ragazza si sarebbe fatto pieno di speranza, per entrambi i quesiti. Venir adottati in modo ufficiale era sempre stato un suo sogno, così che potesse effettivamente dire di aver tagliato i rapporti con il suo vero padre. Così come non avrebbe mai smesso di chiedere del fratello, o se venivano trovate nuove cose che lo riguardavano. Già il poter usare il cognome di Ren era un gran passo, ma tutte le procedure erano davvero lunghe e legnose!
     
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    Sentirla così energica e riprendersi così in fretta lo fece stare meglio: era proprio da lei, riuscire a superare un simile trauma in così poco tempo senza lasciarsi scoraggiare nemmeno un pò. Fu molto contento di vederla sfoggiare i suoi poteri, sembrava una bambina nella festa del suo compleanno e lui stesso non trattenne l'entusiasmo, allargando la bocca meravigliato di fronte alla sua dimostrazione magica. Non aveva mai visto un potere come quello ed era certo che nelle mani di Seraphine sarebbe diventato un simbolo di speranza e giustizia.
    E' davvero splendido, ma in futuro non fidarti neanche di me per i tuoi segreti. Sei grande adesso...
    Non lo disse con tono di rimprovero, era più un modo per metterla in guardia di fronte ai pericoli del futuro, e per farglielo capire si limitò a sorriderle dandole un'altra pacca affettuosa sulla testa. Il momento di tranquillità venne però interrotto dalla domanda della ragazza che costrinse l'uomo a distogliere lo sguardo per non farsi leggere troppo facilmente da lei. Si portò una mano dietro la nuca, mugugnando alla ricerca delle parole giuste. Sembrava sinceramente mortificato.
    Ecco... la burocrazia si è un tantino arenata... ma non devi preoccuparti, penserò a tutto io, oramai è cosa fatta!
    Cercò di forzarsi un sorriso sul volto per non farla preoccupare troppo, ma era evidente che ci fosse qualcosa che non andava. Lei sapeva bene che simili procedure potevano avere problemi se entrava in scena un famigliare a dire la sua, e l'idea che il suo vero padre potesse tormentarla ancora di sicuro avrebbe turbato Seraphine, e questo era esattamente ciò che Ren stava cercando di non dire.
    Tu non devi preoccuparti delle cose noiose degli adulti, lascia fare a me, ok? E poi anche se le carte non sono pronte, tu per me sei già come una figlia, di questo non dubitare mai.
    Chiuse gli occhi, mantenendo un'espressione sera ma diventando paonazzo sul volto. per un uomo di legge come lui non era solito dedicarsi a simili dimostrazioni di affetto ma quella biondina riusciva a sciogliere il suo cuore di poliziotto.
     
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    Seraphine avrebbe fatto un lieve broncio, accettando però di buongrado la pacca sulla testa, muovendola leggermente seguendo il movimento. Non capiva perché avrebbe dovuto tenere dei segreti da Ren. Anche se era grande, non significava che voleva allontanarsi. Voleva passare quanto più tempo possibile con lui, avere quella figura familiare che le era sempre mancata! Però poi i suoi occhi andarono leggermente a luccicare, nel vedere come Ren sembrò distogliere lo sguardo mentre le parlava. Riusciva a leggere facilmente il linguaggio corporeo se erano palesi come quello, lo aveva imparato proprio mentre era in strada. Aveva dovuto farlo, per evitare di ritrovarsi in situazioni come quella dove si era buttata prima. Abbassò lo sguardo, sentendo una certa angoscia iniziare a salire.
    Arenata? Per colpa di mio- uh… padre?
    Avrebbe chiesto, sentendo immediatamente bolle di paura sbocciare nello stomaco come fiori in primavera. Il solo nominarlo le faceva sentire la sua risata. Ma aveva imparato che non era li, dunque nonostante il suo volto avesse perso un po’ di colore e il suo corpo divenne rigido, non sembrò lasciarsi sopraffare dalle emozioni negative.
    Dovrei smettere di chiamarlo così. Uhm…
    Ren aveva ragione, lei non era figlia di quell’uomo. Dunque doveva fare una chiara distinzione tra le due figure. Ren le era sempre stato accanto da quando era stata salvata, mentre il suo padre biologico non aveva fatto altro che picchiarla e abusarla mentalmente! Sentì però le guance divenire rosse, imbarazzo che prendeva piede, cercando di far uscire un po’ di quel coraggio di cui tanto si vantava.
    Ren-san anche per me sei come un papà- infatti- penso che ti chiamerò così d’ora in poi! E quando troveremo Mika, saremo una famiglia completa e- ugh-
    Seraphine non era stupida, aveva solo problemi a mantenere l’attenzione su cose a cui lei non voleva prestare nessun attimo; suo padre, prima di tutto. E poi le ferite che aveva subito. Infatti andando a muoversi sul scomodo letto d’ospedale, come per scendere e mettersi in piedi, si ritrovò a fare un verso di dolore e andare a stringere il proprio fianco. Le ferite erano rigenerate, ma aveva ancora il dolore residuo fantasma.
    Ouh… Ahah, mi sono mossa troppo in fretta! Possiamo andare via? Non mi piace stare in ospedale! Voglio vedere i zietti, e guardare quel vecchio film che mi hanno consigliato sulla bambola parlante! Uh… Annabelle?
    La ragazza non aveva la minima idea di cosa erano le serie tv, o il cinema, non avendo mai avuto la possibilità di rilassarsi di fronte ad una televisione prima. Però da quando era finita sotto la custodia di Ren, cercava di recuperare sempre qualcosa. E di recente aveva per l'appunto cominciato a guardare dei film consigliati da alcuni zietti della stazione, anche se alcune volte queste le consigliavano dei film horror che la lasciavano spaventata per giorni! Ovviamente erano spaventosi solo perché lei era facilmente impressionabile. Però aveva una strana passione per le soap opere indiane e spagnole, soprattutto quelle romantiche e drammatiche.
     
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    Ren avrebbe voluto distogliere la sua attenzione da quel discorso in maniera più pratica e diretta, ma per sua fortuna Seraphine si distraeva da sola abbastanza facilmente, e anche lì non cercò di andarle contro. Annuì e le sorrise, cercando di farle capire che non doveva preoccuparsi di nulla, e che il suo unico compito adesso era studiare e diventare grande alla Gakuen. L'avrebbe quindi fatta uscire dall'ospedale e portata con sé in uno degli uffici della centrale di polizia. Lì la conoscevano un pò tutti e tutti conoscevano Ren, quindi non si facevano molte domande e anzi salutavano affettuosamente la ragazza chiedendole se gli ultimi film che le avevano consigliato le erano piaciuti. Ren le prese una bevanda gassata dalla macchinetta nel corridoio e poi la invitò a starsene un pò per le sue, cercando di non allontanarsi troppo dalle salette comuni dove poteva rilassarsi. Lui sarebbe tornato ben presto ai suoi affari, dato che per starle accanto durante la convalescenza non era neanche tornato a casa alla fine del suo turno, e stava praticamente tornando al lavoro in quel momento. Gabriel poteva starsene buona ed ubbidire tornando a rilassarsi e guardare le sue cose, oppure avrebbe potuto cedere alla curiosità e spingersi un tantino oltre: durante la passeggiata infatti, aveva adocchiato una figura familiare dentro ad una delle stanze dove di solito non le era permesso entrare. Non poteva sbagliarsi: era proprio il professor Gin, che in piedi davanti ad una lavagna piena di appunti sembrava stesse parlando con qualcuno, anche se non era possibile sentirlo. Non c'era nessuno in giro, le sarebbe stato facile entrare lì senza che qualcuno la notasse o le impedisse di entrare, la porta era stata lasciata distrattamente socchiusa e non c'era nemmeno bisogno di scassinarla.
     
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