Lorena e la casa degli schiavi

BDSM, Femdom

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    “Pronto?”
    “Mia signora- i-io vorr-”
    “Oh, miserabile bestia, chiami il mio numero per ricevere un trattamento speciale, non è vero?”
    “Si, mia signora, è così. P-perdonatemi, non volevo recarvi alcun danno, ma-”
    “Nessun ma, sarò così generosa da darti questo trattamento, ma sai che il costo aumenterà, si? Presentati al solito posto, mia miserabile bestia, questa sera.”

    E senza dare possibilità all’uomo dall’altra parte del telefono di replicare, Lorena chiuse la chiamata con un chiaro sospiro di stanchezza. Seduta sulla sua poltrona, la donna guardava nel suo ufficio le varie richieste che riceveva da uomini e donne in ricerca di qualcuno che li facesse sentire vivi. Tutte quelle scritte nere su bianco, con un background azzurro nel suo computer portatile le stava facendo avere un’emicrania. Il silenzio di quell’ufficio, unito al solo ticchettio dell’orologio, ormai le faceva compagnia in quella che era, in tutto e per tutto, il suo lavoro di vita.

    ---

    Un uomo, sui 24 anni, con addosso un completo intero, dal colore grigio scuro e con una valigetta in mano, suonò al campanello della casa dove si era presentato. Questa si aprì senza che nessuno rispondesse, con solo il solito suono elettrico. L’uomo facendo un grosso respiro pesante, aprì la porta e si addentrò nella casa, fermandosi subito dopo aver chiuso la porta, e inchinandosi a terra, letteralmente a quattro ‘zampe’, di fronte alla stupenda donna di fronte a lui. Lorena, una donna alta un metro e ottantadue, con due occhi di zaffiro penetranti e capelli lunghi fino a metà schiena, lisci come seta. Il volto pareva quello di una bambola perfetta, dove la pelle bianca sembrava quasi fatta di porcellana, le labbra decorate di rosso erano di una perfetta forma a cuore, mentre gli occhi erano contornati da spruzzi di colore violetto, rendendo lo sguardo ancora più penetrante. Il collo esile scendeva su delle spalle scoperte. Le braccia erano coperte da dei guanti in lattice nero, che sembravano riflettere ogni singola luce in quell’entrata enorme. Il vestito che indossava aveva una forma a cuore, stretto solo al petto, non estremamente prosperoso, reggendosi da solo e con la gonna che si interrompeva poco sopra metà coscia. Il tessuto era anch’esso in lattice, e andava a riflettere il volto dell’uomo. Le lunghe gambe bianche erano coperte da delle calze nere a rete, autoreggenti. Lorena manteneva la mano destra sul fianco, nel mentre che nel sinistro manteneva un frustino da cavallerizza. L’uomo, che si specchiava in modo quasi perfetto in quei vestiti lucidi, si perse ad osservare se stesso, e quanto fosse normale, in confronto alla perfetta donna di fronte a lui. I capelli castani erano tenuti in modo elegante, e gli occhi anche quelli castani nascondevano una disperazione unica.
    “M-mia padrona, s-sono arrivato, chiedo s-scusa per il ritardo...”
    Mormorò l’uomo, piegando la testa in modo decisamente sommesso alla donna, che piegò la testa leggermente la testa di lato, lasciando che i capelli neri, come se fossero un velo di seta scivolassero con quel semplice movimento. Lo sguardo freddo faceva sentire l’uomo insignificante, facendogli indurire il membro quasi in modo istantaneo.
    “Che bestia maleducata, far aspettare la tua padrona per così tanto tempo. Mi domando quale sia il metodo giusto per punirti...”
    La voce della donna era soave, non nascondeva la malizia o la cattiveria, eppure c’era un qualcosa che attirava in modo quasi maniacale l’uomo a quella creatura stupenda. Questa si girò, dandogli le spalle, incominciando a camminare per il lungo corridoio che l’uomo aveva visto molte volte. Seguendola a quattro zampe, lasciando praticamente la sua valigia all’entrata, l’uomo la seguì come un fedele cagnolino, solo per entrare in una porta di legno che andava in una stanza scura, illuminata da poche luci, ma che lasciava vedere abbastanza. V’erano diversi giochi erotichi esposti sul tavolo vicino a un’enorme divano, una croce attaccata al muro e diversi altri strumenti erodici appesi sul muro. V’era presente anche un letto, ma lui non aveva mai avuto la possibilità per avvicinarsi, dopotutto era un semplice schiavo, nemmeno uno dei preferiti della sua signora.
    “Non vorrai sporcare quei vestiti eleganti, non è vero? Sai che spreco...”
    La voce della sua padrona lo riscosse, facendogli vedere nuovamente le stelle. Come un malato, un pazzo, iniziò a togliersi in modo frettoloso la cravatta, la giacca e la camicia, rimanendo a torso nudo, nel mentre che Lorena si sedeva sul divano, accavallando le gambe lentamente, nel mentre che appoggiava il gomito sul bracciolo del divano, appoggiando poi la testa sul palmo della sua mano, a sostenere quella che per lei era una scena rivista e rivista più volte. Ansimando, l’uomo si tolse anche la cintura, abbassando pantaloni e boxer allo stesso tempo, esponendosi come sua madre l’aveva fatto alla sua signora. Con espressione disperata, l’uomo si avvicinò, e fece per afferrare la gamba della sua padrona, appoggiando la mano sul polpaccio della gamba alzata leggermente, baciando poi il tacco lucido.
    “Immagino che ci sia stato qualche altro problema, non è vero? Poteva bestia...”
    L’uomo annuì in modo veloce, alzando lo sguardo verso quella della donna. Lo sguardo divenne ancora più liquido, con lacrime che sembravano quasi voler cadere dalle guance di quel pover uomo. Respirando sempre in modo più affannato, questo la guardò con disperata disperazione.
    “Sai che giochino prendere, vero?”
    Chiese a quel punto, e di nuovo l’uomo annuì con velocità, prendendo dal tavolo quello che sembrava un anello che si poteva aprire e chiudere, con una pallina attaccata vicina. Lo avvicino al suo membro e lo allacciò alla base, mugugnando di piacere alla stretta costrizione. Mormorò un fatto, alzando lo sguardo verso di Lorena, che si alzò, e con il tacco della scarpa spinse l’uomo a terra.
    “Cosa vuoi che ti faccia?”
    “Qualsiasi cosa, mia padrona, qualsiasi, la prego...”
    Lorena a quel punto, dopo aver spinto l’uomo a terra, mise i suoi piedi ai lati della testa di questo, nel mentre che piegava il suo busto in avanti, e con il frustino andava a toccare l’erezione dura e pulsante dello schiavo. Questo si lasciò andare a un ansimo che andava a comunicare la sua voglia, il suo desiderio, nel mentre che i suoi occhi non potevano staccarsi dalla visione di fronte a lui. Le gambe perfette, e le mutante di pizzo nero, che avvolgevano in modo a dir poco perfetto le labbra dell’intimità della donna. Lo schiavo iniziò ad ansimare pesantemente, con il membro che rilasciava liquido trasparente e biancastro, da quanto era eccitato. La donna piegò le gambe, effettivamente portando il bacino vicino al volto dell’uomo, che ebbe modo di essere tremendamente vicino all’intimità della donna, ma non abbastanza da poterci infilare il volto. E lui lo desiderava così tanto. Eppure allo stesso tempo non lo voleva, la donna sembrava avere un totale controllo sui suoi isinti.
    “Bestia, bestia, cosa devo fare con te? Il solo guardare ti ha fatto questo effetto?”
    Domandò la donna, avvicinando ancora un poco di più il suo bacino al volto dell’uomo, ma ancora non era abbastanza. Lorena nel mentre con il frustino andava lentamente a muoverlo sul glande, a fare movimenti in circolo su di quello, come a solleticarlo, prima di abbassarlo sull’asta.
    “M-mia padrona, p-posso annusarla? La prego… la scongiuro!”
    La voce piena di disperazione dell’uomo raggiunse le orecchie di Lorena, che sospirando abbassò i fianchi, fino a quasi sedersi sul volto dell’uomo, il naso di questo a contatto con le labbra dell’intimità della donna. Ispirò profondamente, sussultando subito dopo al profumo delicato che percepiva. O ve n’era qualcuno? Non ne aveva idea, sapeva che stava benissimo, il solo ispirare così vicino l’odore della donna. L’uomo però non riuscì a trattenersi, andando a dare una veloce e bagnata leccata su quelle mutandine di pizzo nero così attraenti, a cui la signora rispose con un semplice tremito sorpreso, dando poi un colpo con il frustino sul membro dell’uomo, che fece un gemito di dolore e piacere.
    “Ti ho detto che puoi leccarmi, bestia?”
    “N-no mia signora, chiedo perdono...”
    Il mormorio caldo dell’uomo sulle mutandine della donna non le fece alcun effetto, anche perché era abituata a quei schiavi ‘indisciplinati’. Diede un altro leggero schiaffo, sentendo quello che era in tutto e per tutto un gemito di piacere da sotto di lei. Senza farsi vedere, Lorena prese un telecomandino nella sua mano libera, e lo accese. La vibrazione fu istantanea, e l’uomo sotto di lei sussultò e gemette di piacere, con altro liquido che fuoriusciva dall’erezione tesa. Le mani dello schiavo erano ferme ai suoi fianchi, nonostante sentisse l’impulso di alzarle così da afferrare quella donna, e imporre il suo desiderio, eppure allo stesso tempo, non riusciva a sottrarsi agli ordini di quella bellissima creatura. Non capiva il perché, e continuava a domandarselo quasi in modo disperato.
    “Su, forza, usa le tue mani come sedia per me, non puoi farlo?”
    Ma Lorena aveva notato come l’uomo aveva bisogno di sfogarsi, di usare quelle mani, e dunque lui lo fece. Alzò le mani al volto, con i palmi rivolti verso l’alto, appoggiate alle natiche della donna, e facendo forza sui muscoli iniziò a sostenerla. Lorena si appoggiò con tutto il suo peso sulle mani e il volto dell’uomo, mentre rilassava le sue gambe ai lati di questo. Una delle gambe si mosse in alto, a toccare con il tacco la pulsante erezione.
    “Vuoi venire, bestia?”
    “S-si, mia signora...”
    La donna aumentò la vibrazione drasticamente, ricevendo un chiaro gemito di piacere da sotto di lei, mentre con la punta del tacco continuava a toccare l’enorme membro che sembrava voler esplodere da un momento all’altro. La donna mosse il suo tacco su di il nastro che tratteneva l’orgasmo dell’uomo, prima di tirarlo via. Era semplice, era stato fatto in quel modo, proprio per lui. Immediatamente, il liquido biancastro andò a sporcare la gamba della donna, così come le sue stesse cosce.
    “Guarda un po’, mi hai sporcato, bestia… “
    Mormorò la donna, alzandosi e lasciando che l’uomo facesse un sospiro di sollievo. Lorena si sedette di nuovo sul divano, nel mentre che l’uomo si alzava, e gattonando verso di lei, iniziò a leccare la scarpa senza nemmeno l’ordine, pulendola di ogni singola goccia del suo piacere, sotto lo sguardo calmo e freddo di Lorena. Quando finì, era tornato tutto normale… in apparenza.
    “L-le chiedo scusa.”
    L’uomo con quelle parole, appoggiò la testa per terra, in una posizione di totale sottomissione.
    “Le ho messo fretta e-”
    “Silenzio, datti una pulita e poi ne parleremo, si?”
    Lorena si alzò in piedi, dando tempo all’uomo di riprendersi dall’intensa esperienza, dirigendosi poco dopo verso il suo ufficio.

    ---

    Dopo che l’uomo aveva lasciato la sua casa, Lorena sospirò, ritornata finalmente al suo silenzio. L’uomo, come il bravo schiavo quall’era, aveva pulito ogni singola cosa, e parlato dei suoi problemi, e del motivo per cui si era sentito così disperato. Lorena gli aveva dato dei consigli, spendendo la seguente ora ad ascoltarlo, a guardarlo sgretolarsi di fronte a lei. Il gioco della bestia serviva per mettere a nudo il suo vero se, per sbloccarlo e permettergli di parlare. E ovviamente, Lorena era sempre li, a dargli il supporto che serviva.

    ’Mia moglie vuole divorziare e prendere sia i figli che i soldi, inoltre oggi ha provato a mettermi in cattiva luce con la mia attuale compagna...’
    Santo cielo, Marco. Continuando così finirai sul serio per finire disperato.”

    Mormorò Lorena, pensando a voce alta, mentre la musica iniziava a cullarla in quella casa enorme per una singola persona.
     
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    Bel racconto complimenti, sei riuscita a descrivere un ottima sessione di femdom senza esagerare. Spero posterai altri racconti di Lorena.
     
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