Il Bodyguard

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  1. Nemo4
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    Salve a tutti!

    Ritorno dall'oltretomba con questa piccola serie di racconti a capitoli. Dovrebbero essere in tutto una decina più il prologo.

    Trattasi della storia di Bryce Garrett, un ex soldato delle Forze Speciali che, incapace di destreggiarsi in una vita da civile, si reinventa come bodyguard per la figlia di un ricco giudice.

    La storia è originale e fortemente story-driven, quindi aspettatevi molto testo e poco sesso nei primi capitoli. La situazione migliorerà nei prossimi capitoli, promesso!

    Ovviamente, consigli e critiche costruttive sono ben accette, commenti del cavolo invece no. A tal proposito, essendo questa la mia prima storia erotica, sto impiegando più tempo del dovuto a trovare un equilibrio tra storia, elementi di sesso e così via.

    Insomma, fatemi sapere che ne pensate!

    CITAZIONE
    Prologo
    Tutto iniziò nell’estate del 2018. La cena era alle sue battute finali: il barbecue stava esalando i suoi ultimi respiri e i pochi ospiti avevano ormai abbandonato anche le carte da poker per un ultimo goccio di scotch prima di andare a dormire.

    Io me ne stavo in silenzio, guardando il fondo del bicchiere quasi vuoto, ripensando malinconicamente ai miei 36 anni. Non mentirò dicendo che fossi eccitato e pronto ad affrontare la vita, niente del genere. Piuttosto, era vero il contrario: un anno più lontano dalla giovinezza e dalla gloria, più vicino alla vecchiaia e al declino. Un altro anno passato senza lavorare e quasi interamente da solo.

    Il mio passato e il mio pessimo carattere erano come una maledizione; per me era difficile trovare una donna e impossibile tenerla. Non ho mai avuto realmente fortuna in amore, fin dai primi tempi in cui ho iniziato a frequentare le ragazze al liceo… Sono passato da una frequentazione all’altra, alla ricerca di qualcuno da amare: alcune sono semplicemente finite, consumate dal tempo e dall’immaturità, altre, semplicemente, non potevano contare su nessuna alchimia. Altre ancora, invece, finivano perché ero uno stronzo troppo dedito al proprio lavoro.

    Vorrei dire che la colpa fosse dell’altro sesso, ma sarebbe una menzogna. L’ultima donna con cui ho avuto a che fare, per esempio, è stata Susan, una splendida trentaduenne che, per stare insieme, le ha provate davvero tutte. Peccato io fossi un bastardo sentimentalmente disfunzionale.

    Non le faccio una colpa di avermi mollato, anche se la cosa mi ha spezzato il cuore.

    Nessuna meraviglia, quindi, nel voler trascorrere la serata da solo.

    Alzai lo sguardo, notando come i miei amici mi stessero guardando incuriositi, qualcuno persino divertito, forse immaginandomi più ubriaco di quanto non fossi in realtà.

    Fu Robert, il mio migliore amico, a spezzare l’imbarazzante silenzio. Si schiarì la voce, prima di cacciare una mano nella tasca del cappotto che era appoggiato allo schienale della sua sedia.

    -Ascolta Bryce, io e i ragazzi abbiamo pensato di farti un piccolo regalo- provai a replicare, ma Robert alzò la voce -Eri il migliore di noi, ma come civile fai schifo. E noi non vogliamo più vederti in questo stato-.

    Robert appoggiò un biglietto da visita sul tavolo di metallo e lo fece scivolare verso di me.

    -Buon compleanno, Sergente-

    -Cos’è?- chiesi inarcando un sopracciglio.

    -Un lavoro-

    -Che tipo di lavoro?- insistetti, guardando il piccolo rettangolo di carta. Oltre al nome di Richard Wang e a un numero di telefono, c’era solo uno stemma: un fiore bianco a cinque petali su sfondo rosso, l’inconfondibile bandiera di Hong Kong.

    -L’unico lavoro che sarai mai in grado di fare, Bryce- intervenne Aaron.

    -Un lavoro da uomini- continuò Robert.

    La mia attenzione fu richiamata quindi dal movimento degli altri ragazzi, che, tutti contemporaneamente, alzarono i bicchieri per brindare. Mi feci scappare un sorriso, prima di unirmi a loro.

    Cinque giorni dopo, il motore V6 della mia fida Chevrolet Impala, rombava davanti al cancello bianco della villa di Richard Wang. I due uomini all’ingresso controllarono i miei documenti e la mia macchina con discrezione e personalità, prima di lasciarmi entrare. Sebbene non si fossero identificati come tali, dal modo in cui si muovevano e comportavano, dedussi dovessero essere federali. Li lasciai fare, studiando ogni loro mossa per capire con cosa stessi avendo a che fare.

    Ovviamente, cinque giorni erano stati più che sufficienti per fare i compiti a casa: il signor Wang era un ufficiale giudiziario dello stato di Hong Kong, un tipo parecchio tosto che aveva passato la sua vita a combattere le Triadi. Recentemente, dopo aver aiutato a mandar dentro diversi figli di puttana che facevano affari tra Cina e Stati Uniti, era andato in pensione, entrando sotto una specie di programma di protezione testimoni dell’Interpol e sparendo da qualsiasi radar.

    Robert l’aveva detto che era un lavoro da uomini.

    I federali all’ingresso mi lasciarono entrare. Parcheggiai la macchina dove indicatomi e mi feci accompagnare in un grosso ufficio decorato con ogni genere di cimelio proveniente dalla Cina. Osservai tutto con attenzione per una ventina di minuti, prima che una voce maschile richiamasse la mia attenzione.

    -Mister Garrett?-

    Scattai in piedi, porgendo la mano a un elegante uomo cinese di circa 50 anni. Capelli grigi molto ben curati, volto completamente avulso da barba o peluria, qualche ruga ben mascherata da un appena percettibile strato di make-up e un completo su misura, il cui costo eguagliava, con ogni probabilità, quello della mia auto: signore e signori, Richard Wang.

    -Mister Wang-

    Mi afferrò la mano. La sua stretta non era forte, ma i suoi modi erano comunque decisi.

    L’uomo si mise a sedere dietro la scrivania, prese un fascicolo -il mio- da uno dei cassetti e mi fece cenno di accomodarmi.

    -Non ho molto breve, signor Garrett, quindi andrò diritto al punto. Mi è stato fatto il suo nome da alcuni suoi ex colleghi: nome in codice “Hercules”, arruolato a diciotto anni nell’esercito degli Stati Uniti- dette un’ulteriore scorsa al foglio, senza neanche guardarmi negli occhi -Tiratore scelto, J-SOC, ha trascorso più di dieci anni nelle Forze Speciali. Medaglie al merito. Sarò sincero, sono impressionato. E non mi capita spesso- disse poggiando il pezzo di carta e alzando la testa, guardandomi dritto negli occhi -Tuttavia- aggiunse -Vorrei farle una domanda, prima di illustrarle il lavoro: perché?-

    -Mi scusi?-

    -Un uomo come lei, con le sue abilità e le sue risorse… Perché non riesce a trovare un buon lavoro? Perché è venuto qui?-

    Mi schiarii la gola, prima di rispondere; più per prendere tempo, che per reale necessità -Come molti altri soldati, non sono bravo a indossare un completo quanto lo sarei con l’uniforme-

    Weng annuì comprensivo, poi prese un altro fascicolo da un cassetto della scrivania e me lo porse. Al suo interno vi era la foto di una ragazza asiatica, molto giovane e molto bella.

    -Lei è mia figlia. Amelia Chang, secondo le nuove identità dateci dall’Interpol. Arriverà in città tra pochi giorni. I federali hanno il compito di proteggere me; la sicurezza di Amelia è direttamente proporzionata alla sua vicinanza. E del tutto incidentale, per i piani dell’Interpol- Prese un respiro profondo, come se quella fosse la cosa più difficile delle cose da chiedere -Vorrei che la proteggesse-.

    -Con tutto il rispetto, signore, credo che stando qui avrà maggiori probabilità di stare bene. Inoltre…- Weng mi interruppe con un gesto della mano.

    -Non mi fraintenda- disse -I federali lavorano bene, ma non hanno a cuore la sua persona, non fa parte dei loro ordini. Dovrò lasciare il paese a breve per testimoniare contro dei bastardi a Hong Kong. Lei potrà stare qui e badare ad Amelia, sarà pagato bene e ogni sua spesa verrà coperta-

    Mi fece un cenno con la mano, per invitarmi a leggere il contratto. Lessi con grande avidità l’ultima pagina del fascicolo, quello inerente al compenso. Erano un sacco di soldi, molti più di quanti ne avessi mai visti durante il servizio nell’esercito.

    Non lavoravo da mesi e il mio conto in banca piangeva miseria. Non ci pensai più di qualche altro momento, quindi allungai la mano verso Weng.

    -Accetto-.

    CITAZIONE
    Capitolo 1
    17 Settembre 2018

    “Quella ragazza è un dito nel culo” ringhiai a denti stretti mentre chiudevo le porte della macchina. Attraversai di buon passo la piccola strada di periferia, praticamente deserta, e imboccai le scale che conducevano all’appartamento di Lisa.

    Come ogni venerdì sera, negli ultimi mesi, il mio lavoro di guardia del corpo-babysitter, mi aveva portato ad accompagnare la giovane Amelia Chang, da Lisa, una sua amica. L’iter era sempre il solito: le due ragazze avevano 50 minuti per prepararsi e scendere, dopodiché le avrei accompagnate per locali. In caso non avessi ricevuto notizie entro lo scadere del tempo, sarei entrato senza troppi complimenti. Sapevo che le due volevano farsi belle per la serata e, in via del tutto speciale, avevamo esteso i 50 minuti a un’ora completa.

    Era già successo che le due ragazze tardassero, non ero sorpreso. Ma il lavoro è lavoro.

    Bussai una volta, nessuna risposta.
    Portai la mano alla fondina, la sganciai e impugnai saldamente la mia Beretta M9.

    Bussai una seconda volta.
    Sentii un rumore provenire dall’interno dell’appartamento.

    -Busserò un’altra volta- gridai -Se non verrà nessuno ad aprire, butterò giù la porta ed entrerò comunque-

    Bussai una terza volta, preparandomi a fare irruzione.

    Una voce femminile -dal tono chiaramente seccato- proveniente dall’interno dell’appartamento mi fermò prima di sferrare un calcio alla porta.

    -Arrivo, arrivo-

    Riagganciai la fondina.

    La serratura scattò e Lisa aprì la porta. La ragazza, al netto dei tacchi vertiginosi, non superava il metro e settanta, indossava un abito nero molto sobrio ed elegante, che ben sposava i capelli scuri e gli occhi castani. La pelle chiara del volto, inoltre, era ben messa in risalto da un velo di trucco che le dava un tocco di olivastro.

    -Lei dov’è?- chiesi, entrando di prepotenza nell’appartamento e guardandomi intorno. Cercai di non perdere troppo tempo a guardarla.

    -Sta arrivando, Rambo. Sai com’è, cose da donne- rispose acida. Non indagai oltre.

    Lisa chiuse la porta e io mi accomodai nel piccolo soggiorno. Pochi attimi dopo, Amelia fece capolino dal corridoio: la ragazza era splendida. Sebbene superasse a stento il metro e cinquanta e i lineamenti ancora immaturi tradissero parzialmente la sua giovane età, Amelia era un vero portento di bellezza. I capelli corvini portati in una crocchia elaborata, di un nero assoluto ancor più scuro di quelli di Lisa, la pelle color alabastro completamente liscia, il fisico tonico, il sedere alto e un seno quasi smisurato rispetto al resto del corpo, la rendevano incredibilmente sensuale ed erotica in ogni sua azione. Sebbene non l’avessi mai visto di persona, inoltre, sapevo che portava il tatuaggio di un dragone cinese nell’interno coscia destro.

    Nessun piercing o strane decorazioni: orecchini eleganti, un vestito a tubo color vino con una fantasia orientale e un paio di scarpe col tacco erano tutto ciò di cui aveva bisogno per destare tutta l’attenzione che voleva.

    Vidi la scena quasi al rallentatore, come in un film per adolescenti. Tutto finì in un attimo, quando la ragazza cominciò a urlarmi contro per aver invaso la sua privacy, alternando proteste in un ottimo inglese a più difficilmente comprensibili imprecazioni in cinese. Litigammo per una decina di minuti, urlandoci contro, quando Lisa si mise di mezzo.

    -Se le vostre maestà hanno finito, mi è stata promessa una serata- gridò lei, poi afferrò la mano di Amelia, agguantò le due borse sul tavolo del salotto e si diresse a grandi passi fuori dall’appartamento -Beh, che fai lì impalato, Rambo? Non vieni?-.

    Le due ragazze risero, mentre si appropinquavano alla macchina.

    Io ringhiai, quindi uscii e mi chiusi la porta alle spalle.

    Durante tutto il tragitto, le due ragazze non fecero che parlare di come avrebbero trascorso la magica serata. Non riuscivo davvero a capirle: il mio diciottesimo compleanno si concretizzò in una semplice cena in un fast-food con mia madre e i miei fratelli. Sapevo già che la mattina successiva mi sarei diretto al centro di reclutamento dell’esercito più vicino. Non riuscivo proprio a capire l’euforia di Amelia nel compiere gli anni.

    Ci riunimmo dunque agli amici di Amelia, che ci stavano aspettando davanti a un importante quanto costoso locale notturno. Anche con i finestrini chiusi, potevo sentire a musica sparata altissima provenire dall’interno. Parcheggiai e scendemmo tutti insieme.

    Il locale, altro non era che una gigantesca discoteca per ricchi figli di papà. Cercai di mantenere un basso profilo e mi sedetti a pochi metri da Amelia; cercai di lasciarle un minimo di spazio, vista l’occasione.

    Non ci volle molto, prima che il locale si riempisse di gente: le ragazze erano in pista a ballare e, non inaspettatamente, la loro bellezza e i loro modi attraevano i ragazzi come mosche al miele. Mi feci più vicino, giusto in tempo per vedere Amelia prendere uno dei ragazzi per mano e imboccare il corridoio che portava ai bagni.

    Aumentai il passo e superai i due, fermandomi tra loro e la porta del bagno.

    -Che c’è?- chiese scocciata la ragazza

    -Devi rimanere dove posso vederti- risposi

    -E questo chi è?- chiese nervoso il ragazzo.

    -La mia guardia del corpo. Ascolta coso- cominciò lei puntandomi il dito contro -Mi va bene che tu mi giri intorno tutti i momenti, ma non devi rompere se decido di fare qualcosa. Ho diciotto anni, porca puttana-

    La volontà di Amelia di tenermi testa era encomiabile. Solitamente, il mio metro e novantasei e i miei muscoli erano abbastanza per avere ragione di chiunque. Con lei non era così.

    Guardai l’orologio e feci no col dito, in segno di scherno -Non ancora-

    La feci da parte con un gesto della mano, quindi perquisii il ragazzo, che non proferì parola. Non occorreva dirgli che non ne avevo l’autorità. Gli trovai addosso solo un pacchetto di sigarette, uno spinello e un cazzo in erezione, praticamente pronto a scoppiare.

    Feci loro il gesto di entrare, mentre io mi appostai di fianco alla porta.

    I minuti passavano e nella mia mente cominciarono a prendere vita strani pensieri: chissà com’era Amelia sotto i vestiti? Un istinto voyeuristico attanagliò il mio cervello e, ben presto, mi ritrovai una poderosa erezione nei pantaloni. Fui riportato alla realtà da un acuto femminile provenire dall’interno dei bagni.

    Entrai in un attimo. Le ragazze all’interno non fecero troppo caso a me, impegnate com’erano a indicarmi una delle porte dei cessi; probabilmente mi avevano preso per qualcuno della security.

    Tutto accadde in pochi secondi.
    Non potendo abbattere la porta (il poco spazio all’interno avrebbe messo a rischio l’incolumità di Amelia), decisi di optare per una soluzione più ragionata: afferrai la maniglia, sollevandola leggermente, e colpii la parte bassa della porta con un calcio, scardinandola. La lanciai letteralmente via, trovando Amelia che piangeva rannicchiata a terra. Il ragazzo le stava sopra, ancora con il cazzo di fuori. Lui si voltò verso di me per dire qualcosa, ma prima che ci riuscisse, gli avevo già colpito la gola con la mano sinistra. Quindi, un destro lo mandò faccia al muro, facendolo quasi cadere con la testa nel water.

    Afferrai un polso di Amelia, che ancora doveva elaborare quanto successo, e mi diressi correndo verso la macchina.

    Una volta ripartiti, mi accorsi che la ragazza era stata colpita al volto e il suo zigomo era arrossato. Provai a dire qualcosa, ma non ci riuscii. Allungai dunque la mano per accarezzarla, in un gesto non proprio spontaneo, ma privo di alcuna malizia. Amelia si ritirò ulteriormente. Passammo il resto del viaggio in silenzio.

    Soltanto una volta davanti al grosso cancello della villa, la ragazza proferì parola

    -Non dirlo a mio padre-

    Annuii sorridendo.

    Sgattaiolammo come due ladri nella sua stanza, quindi l’aiutai a sedersi sul letto. Era ancora molto scossa. Feci per uscire, ma fui richiamato immediatamente.

    -Aspetta…-

    Mi voltai verso di lei. Amelia si stava lentamente rialzando, lasciando cadere la borsetta.

    -Io… Scusa per come ti ho trattato. Tu cerchi solo di fare il tuo lavoro e io posso essere una stronza, a volte-

    -Non devi scusarti…- Amelia mi interruppe nuovamente, stavolta con un bacio. Mi mise un braccio attorno al collo e mi trascinò giù.

    Le sue labbra erano soffici, morbide, calde.

    Di nuovo, un’erezione prese vita nei miei pantaloni.

    Mi staccai dalla ragazza, inebriato dal suo odore e dalla sua saliva nella mia bocca.

    -Non dovremmo- Dissi.

    -Che ore sono?- chiese lei, sicura.

    Guardai l’orologio. Sette minuti dopo la mezzanotte. La baciai ancora, stavolta con più passione. Lei gemette di piacere. Mi afferrò il volto con entrambe le mani, cominciando a succhiare la mia lingua, esattamente come se le stesse facendo un pompino. Stavolta fui io a gemere.

    Mi tolsi rapidamente la giacca e la camicia, quindi mi staccai da lei per posare la pistola sulla scrivania. Amelia passò le mani sui miei addominali, poi sulle mie braccia, come per studiare ogni singolo muscolo del mio corpo. Baciò i miei capezzoli, quindi scese leccando il mio addome. Infine si inginocchiò tra le mie gambe e mi sganciò i pantaloni, liberando la mia erezione.

    La ragazza si fece scappare un risolino.

    -Che c’è?- chiesi.

    -Credevo che un uomo della sua stazza fosse più… Imponente-

    -Ci sono… Uhm… Ancora un paio di centimentri, se cerchi bene- mentii.

    -Certo- rispose divertita prima di accogliere il mio membro nella sua bocca calda. Gemetti di piacere, mentre le sue labbra sfioravano delicatamente la mia cappella, poi fu la volta della sua lingua, così minuta e perfetta. Si attorcigliò al mio pene come un boa constrictor alla sua preda.

    Quando fui ormai prossimo all’orgasmo, tentai di avvertirla, ma non ce la feci. Amelia iniziò a giocare con i miei testicoli, quindi si cacciò tutto il mio cazzo in bocca, in un perfetto deepthroating. Venni direttamente dentro di lei.

    Il mio orgasmo fu accompagnato da gemiti e tremori, come ogni grande orgasmo che si rispetti.

    La ragazza si alzò di nuovo in piedi.

    -Hai un ottimo sapore- disse

    -Grazie- risposi timidamente.

    Mi prese per mano, ci sedemmo sul letto e iniziò a spogliarsi anche lei. Il suo seno enorme rapì la mia attenzione. Cominciai a baciarlo. Amelia si sedette sulle mie ginocchia, con le gambe attanagliate alla mia schiena.

    Era così perfetta.

    A un tratto, però, percepii qualcosa di… Fuori posto. Qualcosa stava premendo contro i miei addominali. Amelia era completamente rossa di vergogna, mentre io scoprivo un pene tra le sue cosce. E badate bene, non un pene qualunque, ma un gigantesco pezzo di carne color alabastro. Duro, enorme e venoso.

    Amelia fece per dire qualcosa, ma la zittii con un bacio. Mi dedicai quindi alle sue tette gigantesche, mentre con una mano -a fatica- afferravo la circonferenza del suo cazzone. La ragazza gemette ancora, poi cominciò a strusciare il proprio pene tra i nostri due corpi, tra il suo ventre perfetto e i miei addominali d’acciaio.

    Andammo avanti così per qualche minuto.

    Il suo fu un orgasmo silenzioso, intervallato dagli spasmi, ma da nessun suono o verso. Il suo carico fu enorme, non avevo mai visto niente del genere neanche nei porno. I nostri corpi erano completamente invasi del suo seme.

    Come se si fosse svuotata di ogni forza, Amelia si rannicchiò a me. Aveva il respiro affannato e gli occhi chiusi.

    Ci accasciammo nudi sul letto ancora fatto, baciandoci ancora e ancora, prima di crollare in un sonno profondo.

    CITAZIONE
    Capitolo 1-B
    Mi svegliai che il sole stava ancora sorgendo.
    18 Settembre 2018

    Ricostruii mentalmente quanto accaduto la sera prima e mi alzai lentamente a sedere, quasi intontito. Mi voltai a guardare Amelia, che si era rannicchiata addosso a me. Per la prima volta mi resi conto di quanto bella fosse davvero. Non sexy, non elegante o sensuale.
    Bella.
    Semplicemente stupenda.

    La ragazza aprì gli occhi; impiegò qualche momento a riprendersi e capire cosa stesse succedendo. Sbatté le palpebre un paio di volte, muovendo le sue lunghissime ciglia, rese ancor più evidenti dal trucco dato sapientemente la sera prima, e mi sorrise.

    -Ehi- sussurrò semplicemente.

    Mi si accoccolò contro, poggiando le sue mani sulle mie ginocchia, quindi sorrise ancora: potevo sentire il suo dolce profumo e avevo perfetta visione di tutto il suo corpo.

    Notai soltanto a quel punto, illuminato com’era dalla luce del sole che, fioca, entrava dalla finestra il leggerissimo strato di glitter che faceva rilucere il suo seno immenso.

    Guardare nei suoi grandi occhi marroni mi aveva come ipnotizzato: si mise a cavalcioni su di me, seduta sulle mie ginocchia, faccia a faccia. Senza dire niente, avvolse le braccia attorno al mio collo e iniziò a muovere sapientemente il bacino. Era come guardare un’esperta ballerina di lap dance, solo che il palo ero io. Accolsi di buon grado la sensazione di eccitazione che iniziò a pervadere il mio corpo.

    Misi da parte le mie paure e la seguii eccitato.

    A un tratto si voltò, dandomi le spalle, ma sempre continuando a muovere il suo bacino contro di me. Potevo sentire la punta del suo grosso pene sui miei testicoli. Poi fece qualcosa di inaspettato: su sporse in avanti, dandomi una vista perfetta del suo bel sedere e dei suoi glutei così femminili.

    Allungai le mani e le accarezzai i fianchi, per poi scendere di nuovo fino al sedere.

    Tornò a guardarmi in volto, poi si avvicinò ancora, chiudendo la distanza tra noi. Sentii le sue labbra morbide premere contro le mie. La sua lingua sondò la mia bocca, finché non aprii anche io le mie labbra, concedendole l’accesso come nel più romantico dei rituali. Le nostre lingue erano ora bloccate in una lotta senza esclusione di colpi, un vero match di wrestling.

    I nostri gemiti sommessi riempivano la stanza mentre ci esploravamo l’un l’altro.

    Rompemmo quindi il nostro bacio. Amelia cercò il mio collo, leccando succhiando e baciando, lasciando un chiaro segno di rossetto a ogni suo passaggio. Infine, colta dall’eccitazione, scivolò giù, inginocchiandosi tra le mie gambe. Mentre lo toccava, il mio cazzo non fece che irrigidirsi ancor più di quanto non fosse già.

    La sua presa era decisa e perfetta, muoveva la sua mano su e giù per la lunghezza della mia asta, mentre con l’altra mano cominciò a massaggiarmi le palle. Io gemetti, inclinando all’indietro la testa e cedendo a quella sensazione meravigliosa.

    Mosse la mano su e giù per qualche altro momento e io chiusi gli occhi in preda all’estasi. Finché, finalmente, non sentii la sua calda lingua bagnata che batteva sulla testa della mia asta. All’inizio quasi saltai, ma poi gemetti nuovamente mentre lei replicava il movimento. Quasi come se stesse degustando, si avventò su di essa come su un lecca-lecca, mandandomi completamente in brodo di giuggiole.

    Alla fine mi prese in bocca e io mi sentii come in paradiso. La sua testa ondeggiava su e giù, le sue labbra bagnate e calde scivolavano avanti e indietro sul mio cazzo. Con un gesto abile, mi portò giù, finché non sentii il suo naso sulla mia pelle. Mi portò giù con sé, fino in gola, massaggiandomi con i muscoli del suo esofago.


    Non avevo mai provato nulla di simile.

    Aumentò leggermente la velocità. Potevo sentire una familiare sensazione di pressione risalire fin dal più profondo delle mie palle. E anche Amelia se ne accorse. Proprio quando ero sul punto di venire, la ragazza si fermò, sorridendo di rimando al mio sguardo carico di sorpresa e, perché no, di delusione.

    -Perché… Perché ti sei fermata?-

    -Non volevo che tu venissi troppo presto- rispose con voce innocente.

    Sospirai.

    Quando sentii che la pressione era diminuita e il pericolo di un orgasmo fu scongiurato, Amelia tornò subito al suo lavoro. Come prima, cominciò lentamente, poi accelerando sempre più. E quando mi avvicinai nuovamente all’orgasmo, si fermò.

    Era come una tortura. Capii solo in quel momento che Amelia mi aveva esattamente dove voleva che io fossi: alla sua mercé. Alla fine, però, la tortura si interruppe, quindi si alzò aprì un cassetto, dal quale tirò fuori una bottiglia di lubrificante. Se ciò volesse dire quello che pensavo volesse dire, le ero grato di non avermi fatto venire troppo presto.

    In realtà non avevo mai avuto il culo di una ragazza, ma sapevo che sarebbe stato grandioso.

    Amelia ricominciò a baciarmi. Stavolta sentii il suo cazzo rispondere all’eccitazione e diventare sempre più duro e grosso. Lo guardai impressionato, anche se non avevo alcuna mira sessuale nei suoi confronti.

    -È un po’ lento a reagire- si scusò Amelia -Colpa degli ormoni-

    -Non preoccuparti- risposi imbarazzato

    -Non dovrai fare niente che tu non voglia- continuò -Non devi sentirti obbligato-

    -D’accordo- risposi seccamente io prima di baciarla ancora

    Si versò una goccia di lubrificante nel palmo di una mano, per poi allungare il braccio dietro di sé e spalmarlo su tutto il suo ano. Si voltò nuovamente, per darmi ampia visione del suo culo perfetto. Si chinò un po’, allargandosi con le mani e lasciandomi spalmare ulteriormente il lubrificante con due dita. Poi si infilò un dito dentro e cominciò a toccarsi.

    Passai un minuto buono a osservarla mentre giocava con un dito nel suo culo lubrificato, poi inserì un secondo dito e, dopo un altro minuto, un terzo. Il mio cazzo era duro come una roccia a questo punto: guardarla scorrere le dita dentro e fuori dal proprio orifizio bagnato e lucido di lubrificante mi aveva reso eccitato come non mai.

    Alla fine tirò fuori le dita e applicò una dose di lubrificante sul mio cazzo, prima di gettare da una parte la bottiglia. Io colsi il consiglio e cominciai a lubrificare la mia asta.

    Quando fummo entrambi pronti, Amelia fece un passo verso di me, sedendosi sulle mie gambe. Sentii il mio cazzo sondare il suo buco del culo, mentre la ragazza mi baciava appassionatamente.

    Mentre ci baciammo, la sentii spingermi dentro di lei. Il mio pene la penetrò con un suono sordo e scivolò dentro senza alcun problema. Dio, quanto era stretta! Gemetti e, per risposta, ricevetti un suono simile.

    Le mie mani si abbassarono ancora, fino a prenderla per i fianchi stretti. La afferrai saldamente per le maniglie dell’amore mentre lei iniziò a muoversi su e giù lungo il mio cazzo duro, che scivolava ora dentro, ora fuori dal suo buco lubrificato.

    Annusai il dolce profumo di quella bellissima ragazza, amando e assaporando ogni secondo di quello che stavamo facendo.

    Potevo sentire la sua pulsante e poderosa erezione schiacciata tra i nostri corpi. Era una sensazione strana, ma non fastidiosa. Dopo alcuni minuti, si alzò da me e si mise carponi sul letto. Io mi posizionai dietro di lei, la presi per i fianchi, spingendo di nuovo il mio cazzo in profondità nel suo culo stretto e continuai a scoparla con colpi lunghi e profondi. Mentre gemeva più forte, potevo vedere il suo cazzo gigante oscillare avanti e indietro tra le sue gambe; anche il suo seno smisurato si muoveva ogni volta che il mio bacino sbatteva contro di lei.

    Fui preso da qualcosa: raggiunsi il suo cazzo e lo afferrai, chiudendone a fatica la circonferenza con le dita. Lo strinsi con forza e Amelia affogò un grido nel cuscino di piacere. Spinsi il mio cazzo nuovamente in profondità, adorando la sua reazione. Il suo corpo sembrava come tremare per il piacere, mentre i suoi muscoli anali stringevano il mio pene ancora più saldamente.

    -Mmmh… Sì, scopami Bryce! Scopami!-

    Non avevo certo intenzione di negare le sue suppliche!

    Iniziai a muovere il mio bacino in modo più rapido e deciso, determinato com’ero a speronare il suo splendido culo sodo. Ansimavamo entrambi, respiravamo affannosamente, sudavamo e gemevamo. La stanza stessa si riempì dell’odore del nostro sesso. Potevo sentire crescere in me quello che, ero sicuro, sarebbe stato un orgasmo intensissimo. Potevo sentire il suo cazzo pulsare nella mia mano e sapevo che Amelia non era più distante di me dal piacere.

    La girai, in modo da trovarla con la schiena sul materasso, le sollevai le gambe, caricandole sulle mie spalle e spinsi il mio cazzo in lei, scopandola con ogni oncia di forza che ancora avevo in corpo. Il letto tremava sotto di noi ed entrambi iniziammo a essere decisamente più rumorosi. I nostri orgasmi erano ormai imminenti.

    Lei venne un attimo prima di me: adorai i suoni soffocati che emise, mentre il suo cazzo sparava sperma ovunque sul suo corpo, come fosse un piccolo idrante di carne. Quindi fu il mio turno: un’ultima spinta decisa e sentii le mie palle schiantarsi contro il suo culo, non un attimo troppo presto. Con una specie di ringhio animalesco, scaricai tutto quello che avevo dentro di lei.

    Quando ebbi finito, tirai fuori il mio pene e crollai al fianco di lei. Entrambi ansimavamo. Amelia mi appoggiò la testa sul petto e rimanemmo lì, in pace, per alcuni minuti.

    Quando fui abbastanza lucido, cercai di ricostruire quanto fatto nelle ultime ore. Avevo fatto sesso con una transessuale? Un uomo? Nessuna donna che avessi mai visto, aveva un cazzo del genere… E a essere sinceri, neppure gli uomini.

    “Al diavolo” pensai “se così doveva essere, tanto meglio”.

    Amelia era fantastica e bellissima.
    Quello non poteva che essere l’inizio di qualcosa di meraviglioso.


    Edited by Nemo4 - 27/8/2019, 00:47
     
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