Un ospite a cena?

Per Electra

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  1. Electra Jameson
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    L’immortale l’aveva accolta nell’altro oscuro della sua verecondia con il bacio intangibile della sua avvenenza venerea ed Electra non poteva negare che l’uomo-vampiro nascondesse, con suo grande stupore, un fascino assai insolito. La donna arpia amava irrefrenabilmente l’idea di tessere contingenze che sfregiassero l’abitudinario corso degli eventi: la sua fame vorace per l’impossibile aveva necessariamente bisogno di nutrirsi dei fuochi ardenti della stupefazione. Chi può definirsi tangibilmente vivo se nel vezzo di giorni insanabilmente uguali non è disposto ad inoltrarsi, gustando appetitosamente il disorientarsi dello spirito, in strade perdute? Non si trattava esclusivamente di amore per il pericolo, ma di pura e nuda filosofia esistenziale, quasi lo sbigottimento costituisse per Electra il meccanismo eziologico del genere umano.
    In quel caso, al cospetto di quell’occulta creatura della notte, era visibilmente sbigottita, stravolta dalla delizia che una tale occasione le dava in dono senza alcuna cortesia, eccitata platonicamente e libidinosamente e con la volontà alcuna di farsi compiacere da pudici atteggiamenti.
    Sì, c’era qualcosa di non espressamente carnale che la attraeva. Del sesso Electra non degustava solo i meri corpi, ma percepiva con acuta sensibilità la sapidità incognita che le poco distinguibili vibrazioni dell’aura emanavano attraverso la carne pulsante.
    Dopotutto, la donna-arpia aveva ricevuto una lunga ed estenuante formazione esoterica, e poteva definirsi come qualcosa di assai simile a ciò che abitualmente si identifica come una strega.
    Conosceva molteplici mosse astute per svelare le tonalità dell’anima del suo interlocutore, e più i toni si adombravano, come l’illuminante visione dell’uomo-vampiro le aveva confermato, più Electra riteneva che si sarebbe rivelato un ottimo partner sessuale, in grado di appagare il suo recondito desiderio di mistero.

    “Tu sei uno dei pochi uomini che può farmi gioire come una cagna in calore. La tua anima è nera come la pece, il tuo sguardo è oscuro come una notte senza luna. Non ho soltanto voglia di assaporare il tuo enorme cazzo, vampiro, ma serbo l’enorme desiderio di accedere alle buie caverne che nascondi nella tua mente. Mi concedi questa visita?” asserì la donna dalla rossa chioma, sollevando il canuto volto giusto per un istante, prima che la sua lingua serpentesca si focalizzasse nuovamente sul titanico membro della notturna creatura. Non ebbe il tempo di finalizzare il suo minuzioso lavoro: inaspettatamente, Electra venne colta dall’incredibile stupore di una metamorfosi in corso che rapidamente aveva delineato l’uomo-vampiro come la causa scatenante di una secrezione orgasmica completa. Quel fiume lattiginoso che sull’umida vagina aveva già in precedenza lasciato il vivido marchio dei suoi stilizzati abbozzi, poté ritenersi finalmente emancipato. L’inattesa visione di un membro le cui dimensioni non erano umanamente classificabili la lasciò senza fiato, ed Electra ritenne assai faticoso arrestare la copiosa salivazione che inondò la sua famelica cavità orale. La nudità erculea del vampiro fu fonte di inevitabile sbigottimento e la donna scarlatta ne approfittò subitaneamente con desiderio vorace, divorando indomabilmente quel maestoso fallo che avvolgeva compiutamente le madide pareti della sua bocca, stuzzicandone, di tanto in tanto e con la punta della lingua, i tondi e colmi testicoli.

    “Il tuo cazzo è così enorme e...gustoso. Voglio darti il piacere più estremo che neppure una donna è capace di concederti. Come ti avevo anticipato, avrei qualcosa da mostrarti, ed hai i requisiti adatti affinché io possa svelarti la mia carta. E’ una carta molto piccante...sappilo. Non potrai resistermi.”
    La donna-arpia si sarebbe mostrata ai suoi occhi com’era realmente, senza tuttavia dare la dimostrazione di un’eventuale debolezza che in fin dei conti non le apparteneva in alcun modo. Non era sua intenzione quella di rivelarsi scioccamente fragile, ma di utilizzare i mezzi forniti dalla sua forma volatile al fine di garantirsi un più prepotente godimento. In un guizzo repentino le sue mani si assottigliarono e artigli d’aquila deformarono le sue sottili dita superiori e inferiori senza però manifestarsi nella loro più ampia completezza; un folto piumaggio avvolse i suoi arti superiori, sorgendo ulteriormente sulla superficie di quelle orecchie ormai aguzze. Il suo corpo giunonico, completamente nudo, mostrò dei seni impavidamente più solenni e la folta chioma rossa sfiorava, con la sua rinnovata lunghezza, le sue vigorose natiche. L’arpia, figlia di un amaro destino, non attese pazientemente la replica del suo amante: in un gesto convulso brandì il membro del vampiro e lo collocò nel morbido letto dei suoi floridi seni.

    “Adesso, il gioco può cominciare, non credi?” terminò la donna esibendo un sorriso smanioso e colmo della più sardonica impazienza.
     
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8 replies since 21/6/2017, 21:31   242 views
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