Un ospite a cena?

Per Electra

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    Luna piena e cielo senza nuvole, pur essendo in città quella notte si potevano vedere numerose stelle, un panorama mozzafiato per chiunque avesse alzato lo sguardo, e Recundis stava proprio guardando questo fantastico panorama mentre camminava verso uno dei tanti locali notturni di Roma, ciò che però interessava il vampiro era però qualche preda, infatti quello era l'unico motivo per cui lasciava le comodità della sua villa in periferia per addentrarsi più nella città.
    Recundis stava camminando tranquillo diretto ad uno dei suoi terreni di caccia, un locale molto conosciuto dai ragazzi romani e quindi sempre pieno di vita, per raggiungerlo però doveva costeggiare le mura di un grande parco, e fu proprio lì che qualcosa attirò la sua attenzione, una coppietta poco distante da dov'era lui stava scavalcando il muro, grazie ai propri sensi molto sviluppati poté capire che i due stavano cercando di intrufolarsi nel parco per poi stendersi sull'erba e guardare le stelle, una serata romantica fra amanti.
    Il vampiro lì per lì non ci badò molto, la ragazza non era brutta, ma nemmeno era abbastanza bella da attirare la sua attenzione, ma proprio quando stava per voltare un angolo che lo avrebbe fatto proseguire per una strada lontano dal parco un dolce profumo arrivò alle sue narici... Come se qualcuno avesse gridato il suo nome si girò di scatto verso la fonte del profumo, così vide che la ragazza si era ferita alla gamba con la recinzione del parco... Recundis ancora fermo si voltò ed andò verso di loro, aveva cambiato idea, per quanto la ragazza non fosse il suo tipo, il profumo del suo sangue era meraviglioso, poche volte aveva sentito un profumo così intenso ad una simile distanza, era anche abbastanza sicuro che fosse vergine.
    Per il vampiro superare la recinzione fu un gioco da ragazzi, gli bastò un semplice salto, poi una volta dentro senza tergiversare troppo si diresse verso i due, non li vedeva più, ma sapeva esattamente dov'erano, la ragazza stava lasciando una pista così chiara che era impossibile sbagliarsi, era come seguire le indicazioni di un GPS. Poiché non correva ci mise cinque minuti a raggiungerli, i due si erano appartati in uno spazio erboso circondato da diversi cespugli ed arbusti, era difficile vederli dal sentiero, quasi impossibile se non si sapeva che fossero lì.
    Recundis non tergiversò né disse nulla, improvvisamente comparse dietro il ragazzo mentre i due si baciavano, afferrò il ragazzo per il collo tirandolo a sé e quindi dividendolo dalla ragazza, poi con dei movimenti semplici ma estremamente veloci gli disarticolò sia le braccia che le gambe in due punti, cadendo a terra come un sacco di patate non sarebbe riuscito nemmeno a strisciare, figuriamoci a scappare, infine gli ruppe la mandibola in modo che potesse lamentarsi ma non gridare, farlo inoltre sarebbe stato tremendamente doloroso. Dopo aver sistemato il ragazzo era il turno della ragazza, normalmente la avrebbe prima stuprata e poi se ne sarebbe nutrita, ma in questo caso l'unica cosa che lo attraeva era il profumo di quel sangue, così le afferrò il volto tappandole la bocca e la spinse contro l'albero, casualmente finì anche impalata su un ramo dell'albero, però non abbastanza da passarla da parte a parte, le aveva "soltanto" bucato un polmone. Prima di tapparle la bocca la ragazza era riuscita a urlare, ma chi si sarebbe avvicinato? Anche se ci fosse stata qualche altra coppia al massimo sarebbe scappata a gambe levate, di sicuro non sarebbe andata verso le urla, non era un film dell'horror, era la realtà, così nessuna l'avrebbe salvata mentre Recundis la stava lentamente dissanguando sorso dopo sorso coi canini saldamente piantati alla carotide.
     
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  2. Electra Jameson
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    Era stato un colpo secco.
    Eseguito a sangue freddo, senza troppi ripensamenti né giravolte illecite del pensiero. Dopotutto non le dispiaceva condurre una doppia vita nella quale collocarsi al centro, tra la bocca dell’Inferno e la svenevole leggerezza dell’antropomorfismo. Poteva scegliere: porgere le sue labbra da donna e brandire avvenenti fisionomie umane per lanciarsi nel caldo letto del piacere o sgominare i suoi artigli acuminati e il suo folto piumaggio aquilino per donare, alla preda fatale, il bacio della morte.
    Quel corpo flaccido che giaceva inerme al suo fianco aveva di certo centellinato, con acute sofferenze, l’acre sapore di quel tocco sì affilato. La vita di quell’uomo, dalle membra ormai insanabilmente dilaniate, probabilmente non aveva colore né sinfonia: una delle tante storie generate dalla patologica mediocrità dell’essere comune.
    In ogni caso non le importava particolarmente. Ogniqualvolta si trovasse a sguainare la sua forma celata, lo spirito vendicativo generato dalla sua infanzia si mostrava incredibilmente più forte di ogni gretta ed insignificante compassione.
    Pensare che Electra potesse godere di una propensione empatica era assai erroneo, così come era erronea l’idea secondo la quale vestire i panni di un agente della polizia avesse potuto modificare la sua traiettoria personale.
    Inoltre, la natura del suo contratto esigeva l’esecuzione di un compito del quale il destino sarebbe stato agente attivo, spettatore e protagonista.


    E’ fatta. Forse è il caso di andare a divertirsi un po’ adesso, che te ne pare, donna aquila?



    A compito eseguito la forma umana prese improvvisamente il sopravvento. L’arpia che vestiva la sua opulenta corporatura chiuse i battenti e una fisionomia altrettanto florida e seducente piantò le tende, facendo spiccare quel suo seno prosperoso dall’angusto corpetto in pelle lucida sul quale un’ampia scollatura, coronata da lembi di pizzo corvino, decantava l’incontenibile femminilità di una musa clandestina.
    Una gonna striminzita e quasi laconica dall’egual tessuto mostrava con fierezza al mondo l’esemplare architettura anatomica di quelle gambe giunoniche e statuarie.
    Come l’imprevedibile abitudine le dettava in seguito all’esecuzione di un onere, Electra voleva divertirsi. Questa volta non doveva di certo preoccuparsi degli sguardi indiscreti: Roma era lungi dall’essere la Kurayami nella quale stabilmente risiedeva, la Kurayami che le puntava gli occhi addosso asserragliandola alla gola con il peso di un lavoro inservibile e formalmente esigente.
    Non che le importasse realmente qualcosa di quel tediante e pedante incarico da agente, ma in ogni caso costituiva la materia prima della sua copertura e non le avrebbe facilmente permesso di frantumarsi.

    Allora, dove andiamo stasera?



    Dileguatasi dal luogo dell’efferato atto, Electra si inoltrò per le strade non poi così misconosciute di Roma, teatro di molteplici scenari nei quali il fato richiamava l’urlo dell’impiccato e lei, ai piedi del monte sacro, forgiava l’arma del destino dal suo artiglio di arpia. Aveva davvero voglia di bersi un whiskey, bere su 141 anni di silenzi, tragedie greche e intrighi tessuti alle volte da chissà quali ignote forze. Un locale notturno spiccava dietro l’angolo ed Electra non esitò ad allungare il passo al fine di raggiungerlo il più rapidamente possibile, inoltrandosi alla volta di un tetro e lugubre parco all’interno del quale folti alberi parevano solleticare la notturna volta stellata.
    La donna arpia era forse assennatamente spietata, ma non le mancava la poesia. Sapeva godere anche dell’ineccepibile spettacolo della natura la quale, in fin dei conti, portava con sé il marchio indelebile di una brutalità onnipresente a delimitare gli angoli di ogni vivente essenza.
    Quella limpida notte le faceva pensare a Baudelaire, alle solitudini letterarie che campeggiano nelle folle, alle ubriachezze di vita che non sanno sbarazzarsi dei corpi.
    No, diciamocelo. In realtà non avrebbe mai voluto sbarazzarsi del suo corpo. Electra era molto più probabilmente la cornucopia di un Dorian Gray: avrebbe venduto la sua anima senza troppi rancori al fine di poter godere, eternamente, della sua eterna bellezza e degli interminabili piaceri della carne, se solo non avesse avuto altre valide ragioni per stipulare quell’inestricabile contratto che l’avrebbe legata al demone fino al tramonto dei tempi.
    La donna arpia aveva ormai valicato il confine della muraglia di quel tetro parco quando ebbe l’occasione di udire, a distanza, degli stridori assai vaghi. Per la curiosità che alberga ogni essere assetato di conoscenza, si avvicinò alla fonte di tale strepito e lo spettacolo fu vividamente svelato ai suoi occhi. Una corporatura robusta e virilmente definita troneggiava al fianco di inermi corpi umani le cui striature di sangue scarlatto ne dissimulavano i tratti caratteristici del volto.
    Quell’uomo era un vampiro, ed Electra aveva avuto modo di conoscere quelle fauci avide quasi con stanca pignoleria durante il secolo che aveva attraversato la sua vita.
    Sebbene il potere che caratterizzava la donna fosse puramente pragmatico e nessuna eccellente dote avrebbe potuto garantirle la vittoria, neppure il minimo sentimento di timore le sfiorò la solida mente. Aveva altri armi in serbo per quella creatura della notte, ed era inutile negare come reputasse quella muscolatura erculea assai stuzzicante. Non poteva sottrarsi ai più reietti piaceri umani e rapidamente prese la decisione di attraversare a passo deciso il nido del mostro affinché un’opportunità di approccio potesse facilmente verificarsi.

    “Ehi, bell’imbusto. Non dirmi che hai già placato la tua sete...”
    affermò la donna arpia, scostando con delicatezza il nero pizzo della scollatura affinché il suo seno opulento potesse rendersi irrimediabilmente più visibile.
     
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    Il sangue abbandonava la vittima e scorreva copioso e senza freni nella sua gola, tuttavia nonostante il pasto era piuttosto deluso, stranamente il sapore non era all'altezza del profumo che emanava, come una falsa pubblicità era stato tratto in inganno, ciò lo fece leggermente arrabbiare, finendo così per stringere troppo forte la morsa delle sue zanne ed aprirle un vero e proprio squarcio che fece spruzzare via il sangue, lordandolo e lordando ancor di più l'ambiente circostante.
    Quando il flusso di sangue diminuì lasciò la presa sulla ragazza perdendo ogni possibile interesse per lei e si voltò verso l'uomo che ancora emetteva rumori sommessi e gutturali cercando di urlare e chiedere aiuto... Proprio in quel momento però avvertì qualcuno avvicinarsi e non appena entrò nella sua sfera di visione perfetta capì che mirava proprio a lui, era ormai dietro i cespugli, affinò i suoi sensi e non avvertì la minima emanazione energetica, doveva essere una creatura senza alcuna energia, quindi al massimo non era più di una possibile preda, chissà magari avrebbe placato la sua frustrazione per la caccia magra.
    Proprio mentre era perso nei suoi pensieri di speranza la creatura si era fatta avanti, prima ancora di sentire la sua voce o voltarsi il vampiro sapeva già che fosse una donna, tuttavia soltanto dopo aver udito le sue parole ed essersi girato poté conoscerne le fattezze, le prime zone su cui il suo sguardo si soffermò fu la rossa chioma, aveva un debole per le rosse, poi lo sguardo scivolò sulle labbra rosse e carnose, e così si era già guadagnata due punti a favore, forse non l'avrebbe uccisa, non subito perlomeno... Infine lo sguardo del vampiro non poté che soffermarsi sul suo prosperoso seno, sguardo invogliato anche dal gesto della donna che dal suo primo approccio sembrava esser qui per il brivido di farsi un cattivo ragazzo, un azione tanto sciocca quanto piena di attrattiva, a chi infatti non piacevano le persone con un po' di coraggio? Tuttavia era davvero coraggio o quella donna nascondeva dell'altro? Io suoi occhi si illuminarono di uno strano luccichio, poi tutto divenne nero, le tenebre assolute calarono n tutta la zona, niente e nessuno avrebbe potuto vedere più nulla, d'altronde lui pur non vedendo poteva avvantaggiarsi della sua visione perfetta, quindi poteva muoversi senza alcun impedimento.
    La causa delle tenebre innaturalmente calate era ovviamente il frutto del Juinjutsu, un arte occulta che trae la propria forza dall'energia demoniaca, energia che corrompeva Recundis ormai da anni, e che ormai riusciva a controllare a suo piacere, così senza emettere un rumore si avvicinò alla ragazza, facendole sentire il proprio caldo respiro sul collo, questo sarebbe bastato a far scappare o svenire qualsiasi ragazzina o stupida donnicciola, se invece quella donna avesse avuto un qualche valore e fosse abituata a trattare con esseri più forti di lei, probabilmente avrebbe fatto qualche commento, forse sarcastico.
    -Il tuo sguardo, il tono della voce. Perché pensi che lascerai questo posto viva? Il tuo corpo è sufficiente a farti scopare, ed il tuo sangue è forse appena sufficiente a farti mangiare, ma cosa dovrebbe essere sufficiente a farti avere salva la vita questa notte?-
    Sussurrò queste parole vicino all'orecchio di Electra, si trovava al lato opposto al quale prima aveva sfiorato il suo collo, il tono delle sue parole era colmo di malizia e di sarcasmo, non aveva intenzione di ucciderla, la sua bellezza era sufficiente a farne una preda, ed uccidere una preda così bella era un peccato, tuttavia il fatto che non volesse ucciderla non significava che sarebbe stato gentile o premuroso.
     
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  4. Electra Jameson
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    Electra aveva colto la sua attenzione come previsto, sbaragliando l’eletto pubblico al quale un astuto gioco di illusionismo era stato somministrato. La donna dalla chioma rossa si poneva sul capo gli allori del successo imperiale, esibendo un sorriso malizioso che rivolse, con manifesta e anelata immoralità, al vigoroso vampiro che così sfrontatamente stuzzicava le sue più intime pulsioni antropomorfe. Non avrebbe di certo perso una tale occasione, oh, no, e il pericolo non avrebbe edificato insormontabili fortezze per il suo acuto spirito, né tanto meno avrebbe impedito all’umidità delle sue fauci di apparire con possente desiderio. Il culto dell’azzardo costituiva una componente fondamentale nella sua arzigogolata vita, e tra le braccia amletiche di tale azzardo la sua indole libertina veniva dolcemente cullata dalla capricciosa sinfonia dell’inconscio.
    Non le sfuggivano, tuttavia, le occasioni durante le quali il Dorian Gray di Wilde mutasse nell’irrimediabile disfacimento della penna di Flaubert, vestendo i panni di un’Emma Bovary il cui insanabile malcontento scriveva sulla carne, a caratteri cubitali, un inappagato e perpetuo destino.
    Non c’è felicità che alberghi nell’appagamento, e non c’è appagamento che possa eternamente sussistere. Era una delle frasi cardinali che Electra aveva torchiato sull’intangibile superficie del suo corpo, e in fin dei conti non aveva mai desiderato raggiungere l’obiettivo ultimo di potersi dichiarare, con estrema completezza, soddisfatta. La realizzazione di una così nefasta condizione aveva però il suo giustificato e favorevole esito: non si sarebbe fermata ai piedi di uno scoglio ordinario e la sua fame non sarebbe stata in alcun modo placata.

    “Hai voglia di divertirti, non è così?” aveva sussurrato la donna dalla rossa chioma nell’esatto istante in cui quel fiato vampirico e rovente le piombò sul collo niveo senza alcun preavviso.
    Non si lasciò invadere da un insulso timore, non era di certo un comportamento che le appartenesse. Riteneva, al contrario, che quell’atto inatteso occultasse con iniqua poesia, la sorgente interminabile di un raro eccitamento. Un fremito agghiacciante le percorse il prestante e femmineo corpo e gocce di piacevole sudore stillarono dalle gote porpora, glissando sulle scarlatte labbra sulle quali una lingua diabolica fece rapidamente capolino per leccarne il condito contenuto.
    Un ulteriore sorriso lezioso si abbozzò sul suo volto e uno sguardo penetrante venne scagliato da quelle iridi verdeggianti verso il giovane vampiro. La lieve traspirazione fece il suo corso, inumidendo il suo voluminoso seno e conferendogli un’oleaginosa apparenza. Electra tastò così con l’indice della sua mano il modico liquido che permeava il suo petto per condurlo, con danzante eleganza, sulla punta quasi serpentesca della sua lingua.

    “Questa sera ho davvero voglia di un whiskey. E’ una motivazione abbastanza valida per risparmiarmi?”


    Quel gioco le piaceva irresistibilmente. La donna dalla chioma rossa amava in modo irrefrenabile l’illusionismo illecito della tentazione e la naturale sensualità che la connotava agiva dalla sua parte senza alcun rimorso: fedele compagna di crimini inauditi da sussurrare ad un corpo fervido che sapesse gustarne l’invisibile tocco. Fu così che Electra pensò di sollevare la sua magra gonna e mostrare, all’ospite di sangue, la prosperità insolita che stringeva a sé quelle gambe da urlo.

    “Che ne dici di accompagnarmi al bar? O preferisci divorarmi i vestiti prima che la furia alcolica ti tolga dalla mente una potenziale notte indimenticabile?”


    Lo stava visibilmente provocando. E cosa avrebbe mai frenato Electra dal praticare, con estremo godimento, la sottile arte della provocazione? La scarlatta chioma si avvicinò così, in un lesto passo, al giovane e poderoso vampiro. Posò gli occhi su di lui al fine di rapire il suo sguardo e afferrò con rapidità scattante la sua mano affinché, quasi per errore, potesse posarla su quel suo petto fausto.

    “Sono sudata, non vedi? Non concederesti alla tua preda un breve rinfresco..?”
     
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    Dopo aver visto le reazioni della ragazza ed udito le sue parole provocanti il vampiro sorrise, sembrava che quella notte gli fosse capitata una donna interessante oltre che bella e seducente, non una ragazzina qualsiasi nel suo momento d'amante del pericolo ispirato da qualche romanzo d'amore dove il vampiro era un buono degno dei principi azzurri della disney. Così Recundis spense le tenebre che attanagliavano quel luogo, non serviva metterla ulteriormente alla prova, e la luce della luna e delle stelle li illumino nuovamente con la loro luce argentata, rivelando ancora una volta la stupefacente bellezza della sua ospite.
    -Sì è un buon motivo, non negherei mai un drink ad un'affascinante donna.-
    Rispose sorridendogli mentre la guardava con più attenzione, i suoi occhi indugiavano maliziosi sulle sue curve e quando alzò la gonna per l'ennesima provocazione poté vedere maggiormente la magnificenza di un corpo simile, anche l'ambiente non era d'aiuto, così permeo del profumo ammaliante del sangue fresco, a stento trattenne i suo istinti carnali, desiderava strapparle quegli abiti succinti e provocanti, spingerla sul prato ed infine farla violentemente sua.
    Distratto dai suoi pensieri lussuriosi la sua fredda mano fu catturata rapidamente dalle quelle calde della donna e senza opporre resistenza l'accompagnò nel suo gesto fino a giungere al suo petto, con l'aggiunta di un ennesima provocazione verbale si raggiunse e si superò qualsiasi limite di sopportazione e senza far complimenti la mano si fece strada per afferrare saldamente il prospero seno della donna, un seno così florido e sodo da provocare una sensazione più che appagante al tatto... Un peccato tenerlo nascosto, anche se a nasconderlo era un abito così sensuale.
    I suoi occhi intravidero una goccia di sudore che dal collo colava fino al petto, senza farsi pregare si avvicinò col capo e lentamente la raccolse con la lingua, e solo dopo esser risalito lungo il suo corpo ed aver raggiunto il lobo del suo orecchio sinistro, si fermò e si scostò leggermente.
    -Temo che prima di bere dovrete soddisfare le lussuriose brame di quest'immortale.-
    Con un movimento fulmineo si portò dietro Electra e le sussurrò lentamente all'orecchio, il tono lussurioso era un ulteriore testimonianza che il vampiro pretendeva un assaggio delle grazie della donna, e lo pretendeva adesso, solo così si sarebbe calmato, ciò era ormai evidente, d'altronde la donna lo aveva interrotto del suo pasto.
    Tirò fuori dal corpetto la mano con cui aveva stretto quel magnifico seno, poi le afferrò le mani portandole dietro la schiena, a quel punto poggiò la propria erezione ancor coperta dai vestiti contro le sue mani, infine poco dopo le mise in mano due pillole e si scostò appena.
    -Mangiale, ti terranno in vita, non ho intenzione di andarci piano.-
    La voce era seria, il tono imperativo, non stava scherzando, quelle che gli diede erano una pillola extreme ed una pillola XLR8, avrebbero dato al suo fisico la possibilità di reggere alla forza ed alla violenza del vampiro, inoltre se la donna non avrebbe preso qualche iniziativa, presto si sarebbe ritrovata costretta a terra con gli abiti strappati di dosso.

    Edited by Recundis Hellsing - 27/6/2017, 04:13
     
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  6. Electra Jameson
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    Electra l’aveva in pugno. Che il prestante vampiro potesse dirigere le redini di quella voluttuosa contingenza con la virilità regnante che caratterizzava la sua indole dominante non era particolarmente rilevante. La donna arpia non aveva altro pensiero che la dominasse se non l’appagamento più sfacciato di quel piacere carnale che tanto le scuoteva le membra, quasi volesse rimembrare, in un’eco mai abbastanza anacronistica, la furia alcolica ed estatica delle greche Baccanti. Nel suo angolo di elucubrazione spirituale, la sessualità assumeva quasi un carattere ritualistico; essa si mostrava, con discreta e dettagliata attenzione, come un susseguirsi puntiglioso di riti e ordinamenti la cui finalità risolutiva si sarebbe rivelata, non senza ostacoli, nel pieno raggiungimento di uno stato di grazia. La donna non negava come coercizione e liberazione potessero apparire, all’occhio di un comune osservatore, come il risultato di un ossimoro forse troppo farraginoso. Eppure non avrebbe potuto spiegarlo altrimenti.
    Electra aveva da sempre vissuto nella dicotomia dell’impossibile e alcuni astrusi concetti non le causavano alcun tipo di grattacapo logico: alcuni procedimenti dialettici, data la sua secolare storia di intrighi inspiegabili, potevano chiaramente andare a farsi fottere.

    “Sarei lieta di poterti soddisfare, creatura della notte. E sai, devo confessarti una cosa. Aver interrotto la tua cena non mi tange in alcun modo. Immagino che tu sia ancor affamato, piccola bestia, non è così?” aggiunse la donna arpia corrugando il volto al fine di riprodurre un’espressione ambiguamente infantile e causticamente provocatoria.
    “La tua fame rende il tutto molto più eccitante...”
    Un sorriso malizioso le sfuggì ancora una volta e non seppe frenare l’irrefrenabile gesto involontario di leccarsi le labbra con delicata e seducente eleganza. Electra percepì con vivida tattilità la mano vorace dell’uomo afferrarle quei seni che ella aveva prontamente servito al suo ospite su un piatto d’argento, e quella lingua acuminata che successivamente parve punzecchiare, come lo scalpello di un abile scultore, il suo corpo marmoreo le regalò un fremito improvviso e incredibilmente gradevole. Il vampiro la fece visibilmente sussultare e un flebile gemito parve uscire dalle sue umide fauci. La libidine della donna della chioma rossa era sul punto di deflagrare in una detonazione atomica e l’attimo della scintilla che precede il tuono si verificò lestamente e senza mezzi termini. Le sue mani si posero coercitivamente sulla manifesta erezione che gli indumenti dell’uomo-vampiro ancora celavano con scelleratezza ed Electra poté gradire, con incommensurabile gioia, di quel tocco così inverosimilmente coriaceo, sveltendo l’andatura di quel suo fiato già lesto che, alla percezione delle rapide pulsazioni generate dal suo membro, parve inaugurare una corsa senza fine.

    “Devo confessarti che in realtà non mi interessa neanche il tuo nome. Prendimi e scopami, vampiro. E forse, se il momento propizio avrà modo di svelarsi in questa notte al chiaro di luna, avrai modo di vedere l’altra faccia della medaglia.”
    Electra conosceva le pillole che l’uomo le aveva prontamente offerto. Non le dispiaceva scagliarsi nell’abisso della più brutale veemenza e gioire dei frutti che quella passione tutt’altro che umana aveva modo di partorire con impercettibile dolore. Sì, avevano dato inizio alle danze; e la donna non poté sottrarsi dal ghermire, in una solida presa, il membro che aveva poco prima sfiorato con delicatezza, nell’intento di stupire inequivocabilmente la creatura della notte e dargli il primo assaggio della sua travolgente e irreprimibile cupidigia. In un lesto gesto gli calò quegli ostacolanti pantaloni ormai inservibili e altrettanto lestamente si flesse in ginocchio, afferrando il membro del giovane vampiro con la mano destra e divorando quella ciclopica erezione in una degustazione tutt’altro che gentile: quel rapido movimento di andirivieni si rivelò impetuoso e ardito ed Electra sentì fiorire, sulla superficie dei suoi genitali, l’arrivo di un lattiginoso fiume che pareva cullarla delicatamente nella morsa dell’erotismo più verace.
     
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    La donna non sembrava volersi tirare indietro, anzi le sue parole mostravano ancor più intraprendenza, sembrava che quella notte, sotto quel cielo stellato una qualche sorta di divinità le avesse mandato la donna di cui aveva bisogno, più le sue parole lo provocavano, più sentiva pulsare il membro dentro a quelle costrizioni che erano i suoi vestiti. Già pregustava il momento in cui avrebbe deflorato la sua bocca, il suo sesso ed il suo ano, brutalmente, senza alcun riguardo, proprio come lei sembrava desiderare e chiedere.
    Fu sollevato quando la vide afferrare ed ingurgitare le pillole, almeno poteva davvero divertirsi senza dover interrompere le cose sul più bello solo perché si fosse rotta. Quello che non si aspettava fu invece tutto quello che seguì, si era aspettato di dover prendere in mano la situazione, ma con sua immensa gioia quella donna era proprio uscita dai suoi migliori sogni, come se la sua vita dipendesse da quello la vide muoversi con una frenesia degna di una bestia famelica, dopo pochi secondi era già in ginocchio davanti a lui, la sua calda mano stringeva la base del membro e la sua bocca avida lo gustava come poche avevano mai fatto.
    -Sembra che tu non sia solo parole, fammi godere come nessuna ha mai fatto, se ne sei capace.-
    Era da tempo che non vedeva una simile brama, i loro sguardi fissi uno sull'altro erano puro erotismo mentre lei gli mostrava tutta la sua bravura, sentiva il proprio membro coccolato dalla sua lingua mentre quelle morbide labbra stringevano con forza e la sua bocca succhiava chiedendo con forza un lauto ma meritato pasto. Lui tuttavia non era un semplice umano, ma un immortale creatura della notte, la sua resistenza andava ben oltre le possibilità dei meri mortali.
    -Fantastico, hai una bocca divina. Ti meriti qualcosa che più si addice a qualcuno della tua bramosia.-
    Tanto era entusiasta al momento di quella donna che si complimentò sinceramente con lei mentre la sua voce cominciava a diventare leggermente affannata, la sua pelle cominciò ad inscurirsi, i suoi muscoli a gonfiarsi ed indurirsi ancor di più, in proporzione tutto il suo corpo divenne più grande e possente, inoltre dalle scapole emersero due enormi ali demoniache... I suoi vestiti ormai a brandelli erano a terra intorno a lui, questa era la sua vera forma, questo era il vero aspetto di un vampiro degno di tale nome.
    Adesso sentiva quella stupenda bocca più stretta sul suo membro, se da umano poteva vantarsi di una generosa verga, in quella forma aveva adesso una vera e propria mazza di carne, così grossa da scoraggiare anche le più temerarie umane. Qualcosa gli diceva però che ciò non valesse per questa donna che era lì in ginocchio davanti a lui, era sicuro che un simile arnese potesse soltanto farla fremere maggiormente, desiderarlo ancor più ardentemente, con quel pensiero fuoriuscì un timido getto di presperma, preludio di ciò che sarebbe successo a breve, quando l'orgasmo fosse giunto ed un fiume di caldo nettare le avrebbe inondato quelle fameliche fauci.
     
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  8. Electra Jameson
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    L’immortale l’aveva accolta nell’altro oscuro della sua verecondia con il bacio intangibile della sua avvenenza venerea ed Electra non poteva negare che l’uomo-vampiro nascondesse, con suo grande stupore, un fascino assai insolito. La donna arpia amava irrefrenabilmente l’idea di tessere contingenze che sfregiassero l’abitudinario corso degli eventi: la sua fame vorace per l’impossibile aveva necessariamente bisogno di nutrirsi dei fuochi ardenti della stupefazione. Chi può definirsi tangibilmente vivo se nel vezzo di giorni insanabilmente uguali non è disposto ad inoltrarsi, gustando appetitosamente il disorientarsi dello spirito, in strade perdute? Non si trattava esclusivamente di amore per il pericolo, ma di pura e nuda filosofia esistenziale, quasi lo sbigottimento costituisse per Electra il meccanismo eziologico del genere umano.
    In quel caso, al cospetto di quell’occulta creatura della notte, era visibilmente sbigottita, stravolta dalla delizia che una tale occasione le dava in dono senza alcuna cortesia, eccitata platonicamente e libidinosamente e con la volontà alcuna di farsi compiacere da pudici atteggiamenti.
    Sì, c’era qualcosa di non espressamente carnale che la attraeva. Del sesso Electra non degustava solo i meri corpi, ma percepiva con acuta sensibilità la sapidità incognita che le poco distinguibili vibrazioni dell’aura emanavano attraverso la carne pulsante.
    Dopotutto, la donna-arpia aveva ricevuto una lunga ed estenuante formazione esoterica, e poteva definirsi come qualcosa di assai simile a ciò che abitualmente si identifica come una strega.
    Conosceva molteplici mosse astute per svelare le tonalità dell’anima del suo interlocutore, e più i toni si adombravano, come l’illuminante visione dell’uomo-vampiro le aveva confermato, più Electra riteneva che si sarebbe rivelato un ottimo partner sessuale, in grado di appagare il suo recondito desiderio di mistero.

    “Tu sei uno dei pochi uomini che può farmi gioire come una cagna in calore. La tua anima è nera come la pece, il tuo sguardo è oscuro come una notte senza luna. Non ho soltanto voglia di assaporare il tuo enorme cazzo, vampiro, ma serbo l’enorme desiderio di accedere alle buie caverne che nascondi nella tua mente. Mi concedi questa visita?” asserì la donna dalla rossa chioma, sollevando il canuto volto giusto per un istante, prima che la sua lingua serpentesca si focalizzasse nuovamente sul titanico membro della notturna creatura. Non ebbe il tempo di finalizzare il suo minuzioso lavoro: inaspettatamente, Electra venne colta dall’incredibile stupore di una metamorfosi in corso che rapidamente aveva delineato l’uomo-vampiro come la causa scatenante di una secrezione orgasmica completa. Quel fiume lattiginoso che sull’umida vagina aveva già in precedenza lasciato il vivido marchio dei suoi stilizzati abbozzi, poté ritenersi finalmente emancipato. L’inattesa visione di un membro le cui dimensioni non erano umanamente classificabili la lasciò senza fiato, ed Electra ritenne assai faticoso arrestare la copiosa salivazione che inondò la sua famelica cavità orale. La nudità erculea del vampiro fu fonte di inevitabile sbigottimento e la donna scarlatta ne approfittò subitaneamente con desiderio vorace, divorando indomabilmente quel maestoso fallo che avvolgeva compiutamente le madide pareti della sua bocca, stuzzicandone, di tanto in tanto e con la punta della lingua, i tondi e colmi testicoli.

    “Il tuo cazzo è così enorme e...gustoso. Voglio darti il piacere più estremo che neppure una donna è capace di concederti. Come ti avevo anticipato, avrei qualcosa da mostrarti, ed hai i requisiti adatti affinché io possa svelarti la mia carta. E’ una carta molto piccante...sappilo. Non potrai resistermi.”
    La donna-arpia si sarebbe mostrata ai suoi occhi com’era realmente, senza tuttavia dare la dimostrazione di un’eventuale debolezza che in fin dei conti non le apparteneva in alcun modo. Non era sua intenzione quella di rivelarsi scioccamente fragile, ma di utilizzare i mezzi forniti dalla sua forma volatile al fine di garantirsi un più prepotente godimento. In un guizzo repentino le sue mani si assottigliarono e artigli d’aquila deformarono le sue sottili dita superiori e inferiori senza però manifestarsi nella loro più ampia completezza; un folto piumaggio avvolse i suoi arti superiori, sorgendo ulteriormente sulla superficie di quelle orecchie ormai aguzze. Il suo corpo giunonico, completamente nudo, mostrò dei seni impavidamente più solenni e la folta chioma rossa sfiorava, con la sua rinnovata lunghezza, le sue vigorose natiche. L’arpia, figlia di un amaro destino, non attese pazientemente la replica del suo amante: in un gesto convulso brandì il membro del vampiro e lo collocò nel morbido letto dei suoi floridi seni.

    “Adesso, il gioco può cominciare, non credi?” terminò la donna esibendo un sorriso smanioso e colmo della più sardonica impazienza.
     
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    Fu divertente ma anche e sopratutto eccitante vedere l'espressione stupita sul suo volto quando la metamorfosi fu completata, ma ad eccitarlo maggiormente fu il profumo di umori femminili che pervase l'aria, sapere che solo quello riuscisse già ad eccitarla così tanto era fonte di orgoglio ed immenso eccitamento per il vampiro. Lo stupore della sua amante tuttavia durò poco, infatti con immenso piacere la sentì subito rimettersi a lavoro, tutta la sua bocca lavorava con ancor maggiore voracità mentre succhiava avidamente l'enorme membro e stuzzicava con la lingua i suoi ancor più grandi e pieni testicoli.
    Le parole della donna lo avevano stuzzicato, ma per il momento rimase in silenzio, dandole spazio, curioso di vedere cosa ella intendesse con le sue non del tutto umili affermazioni, sarebbe stata davvero in grado di dargli qualcosa che nessun altra donna era riuscito a dargli? Curioso rimase in silenzio a guardarla, tuttavia dentro il corpo del vampiro la situazione non era così calma, infatti avendo deciso di soddisfare in parte le voglie di Electra, aveva cominciato a raccogliere l'oscurità del suo cuore e l'energia demoniaca che in esso nascondeva.
    Quando la vide trasformarsi restò sorpreso, aveva ovviamente avvertito il profumo ibrido della donna, ma non aveva capito fosse un arpia, in effetti non si era mai unito carnalmente con un arpia, sarebbe stata sicuramente un esperienza interessante, tanto quant'era interessante in effetti la personalità mostrata fino ad ora.
    La trasformazione finì, e come lo stava abituando non attese neppure un momento, la vide protendersi in avanti ed afferrare il suo grosso membro portandolo nel caldo e soffice abbraccio dei suoi grossi seni, tuttavia anche in mezzo a quelle imponenti cime, il fallo del vampiro non sfigurava, anzi una buona parte di esso svettava duro e ritto puntando alla bocca dell'arpia, la cappella completamente esposta e gonfia luccicava dei residui della sua saliva.
    -Esaudirò i tuoi desideri, ti darò quello che chiedi, soddisferò il tuo corpo e la tua anima corrotta.-
    A quelle parole il vampiro allargò leggermente le braccia con i palmi delle mani rivolti verso l'alto, si concentrò un attimo e tutto nei dintorni divenne silenzioso ed ancora più tetro, la sagoma del vampiro apparve leggermente sfocata mentre il suo corpo cominciava ad irradiare ondate di energia demoniaca, chiunque entrando in contatto con essa avrebbe sentito una paura primordiale pervadergli il corpo, l'aura era pura malvagità.
    Recundis sorrise ad Electra ed allungo le mani verso i suoi seni, ne afferrò i capezzoli e immise nel suo corpo partendo da lì una millesima parte della sua energia più buia e corrotta, una volta dentro al suo corpo l'energia sarebbe andata spietatamente verso i punti erogeni della donna e li avrebbe sollecitati dall'interno rendendoli molto più sensibili. Il tutto non finì lì però, l'energia demoniaca irradiata ancora da Recundis si concentrò visibilmente nel suo petto, e lentamente dal punto nel quale si trovava il suo cuore emerse un lungo serpente nero, il suo corpo d'oscurità si protese sibilando davanti al volto di Electra, poi le avvolse con le sue spire il seno al membro del vampiro e facendo il giro del suo corpo la sua testa s'insinuò fra le sue gambe, leccando la sua intimità bagnata, ma anche di tanto in tanto spingendo il muso contro le sue piccole labbra, come se volesse entrare direttamente in lei, senza però mai spingere abbastanza da farlo.
    -Hai detto che sono uno dei pochi uomini che può farti gioire come una cagna in calore, che volevi assaporare il mio cazzo mentre esploravi le buie caverne della mia mente. Bene arpia, questa notte sarai la mia cagna in calore, goditi le mie tenebre.-
    Le parole furono accompagnate da un altra ondata di energia demoniaca, che nuovamente colpirono contemporaneamente tutte le zone erogene della donna, poi allungò la mano destra e le afferrò la folta e lunga chioma rossa tirandola a sé in modo che prendesse in bocca il grosso membro fin dove arrivava, a quel punto però non ne avrebbe più forzato i movimenti ma li avrebbe accompagnati mentre le massaggiava sensualmente il capo.
    -Oh sì, succhia il mio enorme cazzo mentre mi masturbi con quelle grosse tette e fammi schizzare nella tua bocca! Sei avvisata, non ti scoperò altro finché non sarò soddisfatto.-
    Le sue parole erano chiare, voleva che fosse la SUA cagna, voleva godere per la sua bocca ed i suoi seni, e non si sarebbe mai accontentato di un singolo orgasmo, voleva scoparle quella bocca, ancora ed ancora, d'altronde, lui adorava il sesso orale sopra ogni altra cosa.
    -Preparati, scoperò la tua bocca tre volte, se lascerai scappare anche una sola goccia del mio sperma ne pagherai le conseguenze.-
    Se davvero si fosse lasciata scappare anche una sola goccia, l'avrebbe punita, d'altronde le cagne, andavano educate bene fin da subito ad ascoltare il loro padrone.
    Poi finalmente raggiunse il primo orgasmo... Allo sperma avrebbe aggiunto anche la sua energia demoniaca, un piccolo dono per la sua generosa amante.
     
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