Un ospite a cena?

Per Electra

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  1. Electra Jameson
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    Electra l’aveva in pugno. Che il prestante vampiro potesse dirigere le redini di quella voluttuosa contingenza con la virilità regnante che caratterizzava la sua indole dominante non era particolarmente rilevante. La donna arpia non aveva altro pensiero che la dominasse se non l’appagamento più sfacciato di quel piacere carnale che tanto le scuoteva le membra, quasi volesse rimembrare, in un’eco mai abbastanza anacronistica, la furia alcolica ed estatica delle greche Baccanti. Nel suo angolo di elucubrazione spirituale, la sessualità assumeva quasi un carattere ritualistico; essa si mostrava, con discreta e dettagliata attenzione, come un susseguirsi puntiglioso di riti e ordinamenti la cui finalità risolutiva si sarebbe rivelata, non senza ostacoli, nel pieno raggiungimento di uno stato di grazia. La donna non negava come coercizione e liberazione potessero apparire, all’occhio di un comune osservatore, come il risultato di un ossimoro forse troppo farraginoso. Eppure non avrebbe potuto spiegarlo altrimenti.
    Electra aveva da sempre vissuto nella dicotomia dell’impossibile e alcuni astrusi concetti non le causavano alcun tipo di grattacapo logico: alcuni procedimenti dialettici, data la sua secolare storia di intrighi inspiegabili, potevano chiaramente andare a farsi fottere.

    “Sarei lieta di poterti soddisfare, creatura della notte. E sai, devo confessarti una cosa. Aver interrotto la tua cena non mi tange in alcun modo. Immagino che tu sia ancor affamato, piccola bestia, non è così?” aggiunse la donna arpia corrugando il volto al fine di riprodurre un’espressione ambiguamente infantile e causticamente provocatoria.
    “La tua fame rende il tutto molto più eccitante...”
    Un sorriso malizioso le sfuggì ancora una volta e non seppe frenare l’irrefrenabile gesto involontario di leccarsi le labbra con delicata e seducente eleganza. Electra percepì con vivida tattilità la mano vorace dell’uomo afferrarle quei seni che ella aveva prontamente servito al suo ospite su un piatto d’argento, e quella lingua acuminata che successivamente parve punzecchiare, come lo scalpello di un abile scultore, il suo corpo marmoreo le regalò un fremito improvviso e incredibilmente gradevole. Il vampiro la fece visibilmente sussultare e un flebile gemito parve uscire dalle sue umide fauci. La libidine della donna della chioma rossa era sul punto di deflagrare in una detonazione atomica e l’attimo della scintilla che precede il tuono si verificò lestamente e senza mezzi termini. Le sue mani si posero coercitivamente sulla manifesta erezione che gli indumenti dell’uomo-vampiro ancora celavano con scelleratezza ed Electra poté gradire, con incommensurabile gioia, di quel tocco così inverosimilmente coriaceo, sveltendo l’andatura di quel suo fiato già lesto che, alla percezione delle rapide pulsazioni generate dal suo membro, parve inaugurare una corsa senza fine.

    “Devo confessarti che in realtà non mi interessa neanche il tuo nome. Prendimi e scopami, vampiro. E forse, se il momento propizio avrà modo di svelarsi in questa notte al chiaro di luna, avrai modo di vedere l’altra faccia della medaglia.”
    Electra conosceva le pillole che l’uomo le aveva prontamente offerto. Non le dispiaceva scagliarsi nell’abisso della più brutale veemenza e gioire dei frutti che quella passione tutt’altro che umana aveva modo di partorire con impercettibile dolore. Sì, avevano dato inizio alle danze; e la donna non poté sottrarsi dal ghermire, in una solida presa, il membro che aveva poco prima sfiorato con delicatezza, nell’intento di stupire inequivocabilmente la creatura della notte e dargli il primo assaggio della sua travolgente e irreprimibile cupidigia. In un lesto gesto gli calò quegli ostacolanti pantaloni ormai inservibili e altrettanto lestamente si flesse in ginocchio, afferrando il membro del giovane vampiro con la mano destra e divorando quella ciclopica erezione in una degustazione tutt’altro che gentile: quel rapido movimento di andirivieni si rivelò impetuoso e ardito ed Electra sentì fiorire, sulla superficie dei suoi genitali, l’arrivo di un lattiginoso fiume che pareva cullarla delicatamente nella morsa dell’erotismo più verace.
     
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8 replies since 21/6/2017, 21:31   242 views
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