[Lavoro] Riconciliarsi/Questioni di famiglia

Amministrazione parziale - Leben Meyer

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    Ho il png sbarrato e pronto da mesi nella casa di Leben, quindi approfitto del momento vuoto per rimediare. Come sempre mi scuso con chi dovrà valutare per il pippone, ogni tanto mi perdo in queste cose. xD Penso comunque che l'unico a cui possa interessare questo post un minimo inimo sia Doom, quindi nel caso fate lavorare lui. :giromg:

    Ci sono artisti che rimangono incompresi per tantissimo tempo, quel tipo di artista che finisce per essere apprezzato tardivamente e ricevere il proprio compenso quando oramai non gli serve più: sulla tomba. Leben era stata un'artista in tante cose, in vita. In pochi erano a conoscenza del suo passato ma bastava indagare un minimo per scoprire qualcosa di "Leben Meyer", la modella, la pianista, l'attrice.... Il Prodigio. Eh sì, perché in vita Leben non era stata solamente una ragazza giovane e bellissima, simile a un'apparizione angelica, ma era appartenuta a una famiglia agiata, nata con la camicia in ogni singolo aspetto della vita, amore dei genitori compreso. Ogni tanto rivedeva in sogno sprazzi di quell'esistenza ormai lontana. Era come rammentare le scene di un film bello da vedere ma noioso nel complesso, di quelle pellicole che non lasciano nulla impresso nel petto.
    Lei intenta a discorrere piacevolmente con qualche coetaneo con la bava alla bocca per la sua scollatura; Lei intenta a prepararsi per salire sul palco; Lei in mezzo a una passerella; Lei al pianoforte... A teatro. Una noiosa e fortunata ragazza comune intenta a vivere una fortunata e noiosa vita in un divertente ma sfortunato mondo. Eppure, nonostante il tempo passato, c'erano ancora ricordi che riuscivano a ridestarla ed elevarsi in mezzo agli altri: i suoi ultimi giorni da umana. Tutta la paura, tutta la disperazione, che dopo la morte si erano trasformati in desiderio, in passione. Cosa c'è di più bello di rivedere se stessi in dolorosi momenti del passato e poterne ridere?
    Quel giorno la preside si era svegliata bene. Aveva sognato un uomo che adorava intento a spogliarla lentamente, minuziosamente. Aveva visto i suoi occhi posarsi su ogni centimetro di pelle rosea e studiarla, ammirarla. Come del resto aveva osservato, a occhi sgranati, l'affare che reggeva in mano posarsi sul ventre e scivolare giù, verso l'intimità e poi sopra, diretto al seno. Aveva morso il labbro inferiore ma poi non era riuscita a trattenersi e aveva finalmente gridato, si era contorta, aveva pianto e invocato... e alla fine si era svegliata mentre veniva. Oh, Victor e il suo bisturi... Che mascalzone!
    Dunque quella mattina era di buon umore, ancor più del solito. Uscendo di casa per raggiungere l'Ufficio rivolse un sorriso cordiale a tutti i suoi adorati inquilini: diede due pacche amorevoli ai sederini di Nana e Momo, incassati sulla parete e visibilmente allargati; una carezza alla testa di Lamia, infilata tra le gambe di Sol e scossa da conati soffocati; un bacio sulla mano di Lucia, intenta a nutrire i suoi adorati orchetti che per l'occasione la coprivano quasi del tutto... e persino un saluto ad Hachi, che dall'esperienza con Gil era diventata molto meno eloquente, poverina (se ne stava tutto il giorno in camera a singhiozzare, con un vibratore davvero abominevole completamente infilato tra i glutei). Ahhh, l'amore. E poi Gold, VI, Iris, Miku... quella casa era davvero affollata. Quel giorno aveva in progetto di fingersi un'assistente della preside, ma solo per breve temp. Per l'occasione indossava un elegante tailleur nero, molto professionale ad eccezione dell'immensa scollatura che portava. I capelli corvini erano tinti di rosso, gli occhi coperti da lenti di un verde acceso e si era dipinta un neo sotto l'occhio destro, verso l'esterno. Il trucco era studiato a tavolino con del contouring, i lineamenti modificati per renderla irriconoscibile. Nel complesso era comunque molto sensuale. Non capitava spesso che fosse lei a incontrare di persona gli aspiranti professori, a meno che i loro curriculum non le suscitassero qualcosa alla prima occhiata, e quando aveva visto la foto di colui che richiedeva un colloquio, le sue labbra si erano fatte incredibilmente umide, non solo quelle della bocca. Un nome diverso, un cognome falso, eppure il viso non era cambiato. Quella richiesta era stata come una manna dal cielo, e Leben sapeva per certo che non si trattasse di un colloquio, quanto più di una resa dei conti. Aveva scoperto facilmente che la dolce Mistral aveva passato informazioni sul suo conto a un misterioso uomo biondo, e ora scoprire di chi si trattasse l'aveva sconcertata. Proprio quando lei aveva smesso di cercare, ecco che era la sua preda più ambita a raggiungerla. Sublime, perfetto, una situazione senza eguali. Come se non bastasse la gravidanza la rendeva estremamente capricciosa ed esigente, anche se ancora non mostrava la sua presenza, il piccolo le faceva venire certe voglie che proprio non riusciva a contenere. E una di quelle voglie... era sicuramente l'uomo che avrebbe incontrato quel giorno.
    Si accomodò alla scrivania ben conscia che probabilmente la recita sarebbe durata poco, o magari no... in fondo era passato tanto tempo, troppo per i suoi appetiti ma abbastanza perché la memoria umana scemasse, inoltre il suo aspetto non era solo cambiato, ma semplicemente stravolto. L'unico particolare con cui poteva riconoscerla era la sua trasformazione, è per questo che ella doveva tentare di tenerla a bada il più possibile. Si morse le labbra, stringendo le cosce per non cedere alla tentazione di toccarsi già. Troppo presto, troppo precoce, troppo impaziente. Anche se non le occorreva affatto, prese un profondo respiro e avvertì Lucia (tramite telefono) di far entrare il suo ospite. Con la solita incertezza e balbettio, Lucia lo annunciò e poco dopo eccolo entrare nella stanza. Il suo odore investì tutto quanto, o perlomeno, i suoi sensi amplificati e l'olfatto inumano le permisero di sentirlo in ogni singolo alveolo, neppure avesse sensori dell'odore persino lì. Cercò di non farsi notare mentre prendeva un'ampia boccata e poi tratteneva il respiro, come a gustarsi il momento trattenendolo. Solo quando, dopo un attimo di titubanza e averla fissata a lungo, l'uomo si avvicinò alla scrivania a grandi passi, allora ella espirò e si alzò per accoglierlo. Entrambi aprirono la voce per parlare, ma fu comunque lei a farlo per prima.
    Le do il benvenuto nella nostra scuola, Signor... Krüger.
    Dovette fare uno sforzo per non usare il suo vero cognome.
    Mi perdoni, pensavo che sarebbe stata la preside Meyer ad accogliermi. È forse indisposta?
    Che situazione ironica. Leben si portò una mano alle labbra, abbassando le ciglia come se fosse triste quando invece stava semplicemente coprendo un sorriso che minacciava di allargarsi ed esplodere in una risata estrema. Lo trattenne a stento, tremando visibilmente.
    Si... sente bene?
    Ella si schiarì la voce, camuffando la reazione in amarezza.
    Oh, sì... deve perdonarmi, la preside non è potuta esserci quest'oggi e ha dato a me l'incarico di accoglierla, nonostante a dire il vero non mi senta molto bene...
    A quel punto il biondo sembrò prendere una decisione: lo vide sistemarsi gli occhiali da vista sul naso, tic che ricordava appartenergli nei momenti di nervosismo, dopodiché le riservò un educato inchino, per quanto sembrasse in procinto di avere un attacco di nervi.
    Non si preoccupi signorina, sono disposto a tornare quando la preside starà meglio. Ho estremo bisogno di parlarci... da solo. Arrivederci dunque.
    E detto ciò eccolo voltarsi e affrettarsi verso l'uscita, così freddo, deciso... così schizzato nella sua follia. Cosa voleva dirle? Perché era stato così folle da cercarla? Pensava di poterla controllare? Pensava di poterle... parlare? L'eccitazione di Leben a quel punto era alle stelle, non aveva mai raggiunto picchi simili, non contava tutte le volte in cui aveva perso la testa per qualcosa, quello era... senza precedenti.
    "Abel" aveva già raggiunto la porta e la stava appunto aprendo quando Leben, con un scatto disumano, fu dietro di lui per chiudergliela in faccia con il palmo bianco latte e le dita affusolate proprio al lato della sua testa. Quando egli sollevò lo sguardo verso la mano, vide che il liquido rosso che era sembrato smalto sulle unghie curate, stava grondando, scivolando tra le dita e allora spalancò gli occhi verso la donna che lo avevo accolto. Donna che gli era appiccicata addosso con tutto il corpo, e lo teneva bloccato davanti alla porta chiusa: i seni generosi gli premevano contro la schiena, il fiato freddo gli arrivava dritto sul collo, e l'altra mano gli premeva sul fianco sinistro. Non era mai stato alto, ma in quel momento sembrò incredibilmente minuto davanti al metro e settanta di Leben, sorretto da tacchi 15.
    Tu... ?
    Lei gli portò le labbra all'orecchio e il naso alla tempia, e inspirò profondamente, per poi iniziare ad ansimare e strusciarsi contro il suo corpo. I capezzoli erano così turgidi ed esposti da bucare quasi la camicetta e la giacca che portava per premergli contro la schiena in tutta la loro impazienza. E lei era impaziente, impaziente come non era mai stata.
    Sì, io... Victor. Io. Mi sei mancato così tanto... non immagini neppure quanto ti abbia cercato. E ora piombi qui da me, di tua spontanea volontà, così buono... così profumato... cosa c'è Victor? Cosa ti ha spinto... tra le mie braccia?
    Esitò, come per marcare quelle ultime parole, come per far intendere che la frase avrebbe potuto essere diversa eppure significare la medesima cosa: le braccia della morte. Perché è questo che sarebbe successo, lei non poteva far altro. Lo avrebbe divorato, lì, contro quella porta, contro la scrivania o forse il pavimento... non le importava dove, purché assaggiasse finalmente quel cervello brillante, il cervello di colui che l'aveva creata, che le aveva dato una nuova, meravigliosa esistenza pensando invece di farle un torto. Oh no, era stato un regalo, un regalo che ancora, a distanza di tempo, la lasciava estasiata. E lei non poteva che ricambiare quel dono, perché adesso quell'uomo sarebbe stato finalmente suo... per sempre.
    L-lascia che ti spieghi. Parò velocemente, affannoso, come se anche lui sapesse di doversi sbrigare perché gli rimaneva poco tempo. La tua famiglia ti sta cercando, hanno messo a disposizione una somma enorme di denaro, io ho accettato di trovarti per finanziare i miei progetti e perché in questi anni... ho sempre saputo dove fossi. Pensavi che non avessi impiantato un cip di localizzazione nel mio progetto? Non mi sorprenderebbe se non lo avessi mai scoperto, faceva parte del tuo cervello... prima che perdessi il segnale. Ho pensato fossi morta, e così ti ho cercata, e grazie a quella mercenaria ho scoperto che avevi cambiato corpo, pur mantenendo il Gebiss. Ho bisogno che ti calmi e mi ascolti... insieme possiamo uscire puliti da questa storia e tu ci guadagnerai soltanto, ma devi tenere a bada la fame, così che possa spiegarti... Mi servi, mi servi davvero...
    Con una mossa che per un umano avrebbe anche potuto dirsi fulminea, Victor portò la mano al taschino destro della giacca per schiacciare chissà quale pulsante. Era stato veloce, ma ovviamente incredibilmente lento per Leben, eppure non lo fermò subito, lo lasciò giocare: il congegno che attivò emise dei suoni che le diedero alla testa, minacciando di farle esplodere i timpani e costringendola ad abbassare il capo e stringere di denti. A quel punto avrebbe dovuto portarsi le mani alle orecchie in un gesto istintivo, perché quell'aggeggio riusciva a provocare dolore persino in uno zombie come lei ed era proprio su questo che Victor aveva contato: la voleva tramortita, inerme... e per cosa? Ma quel giorno lo scienziato fece male i suoi conti una volta di troppo: Leben si portò una mano all'orecchio, certo, ma lo fece per allungare un sottilissimo artiglio d'oscurità sull'indice sinistro, che perforò entrambi i suoi timpani lasciando solo un lievissimo danno superficiale al cervello, il tutto in un nanosecondo. Dopo di questo le sue pupille si illuminarono e spalancò un sorriso estasiato, stringendo così forte le dita contro la porta da graffiarne l'acciaio, quasi ammaccarlo, producendo un suono sibilante e fastidioso. Fu Victor a perdere presa sul congegno e tapparsi le orecchie, a quel punto, non solo per il rumore... ma per la risata che seguì.

    AHAHHAHAHHAHHAAHAHHAHHAH AHAHHAH AHHAHAHAHAHHAH AHAHHAHAHHAHAHHAH AHAHHAHAH!
    Sì Victor, mi spiegherai... mi spiegherai ogni cosa, ma prima... prima ho bisogno di assaggiarti, o potrei impazzire!


    Il resto fu uno spettacolo a dir poco disgustoso e cruento per le telecamere dell'ufficio e chiunque le stesse guardando dalla sua grande casa: in un attimo Victor fu a terra, al centro dell'ufficio che la zombie sigillò con un comando vocale, tenuto a terra dalla sua oscurità, sotto forma di 4 sottili pilastri che lo impalarono come se fosse crocifisso. Non ci furono molti dialoghi, ma solo grida da parte di Victor. Anche Leben si era preparata per il suo arrivo, e in grande stile: aveva indossato della lingerie di classe, si era lacerata lo stomaco incidendovi il nome dell'uomo con un coltello, e soprattutto aveva preparato una siringa di una potente droga afrodisiaca che non gli avrebbe permesso di perdere l'erezione neppure... mentre soffriva a morte. Sopra di lui a cavalcioni, gli prese in mano il cazzo che non era mai stato granché e lo guardò beffarda, ma comunque estasiata, mentre iniettava il contenuto direttamente sull'asta moscia, aiutandosi con l'altra mano per tenerla dritta. Sembrava un piccolo salsicciotto tra le sue mani, davvero patetico.
    Spero mi perdonerai, mio padrone... Non sembrò un titolo sincero neppure per mezzo secondo. Ma anche io ho fatto pratica con la chimica in questo lungo tempo che ci ha separati, e ho preparato un regalo per te. Spero non ti offenderai, ma con questo cazzetto non mi faresti neppure il solletico, e io ti voglio... pronto, vigoroso... pieno di sangue.
    Il resto è immaginabile: un pene decisamente sotto la media si trasformò in un mostro, con bozzi purulenti sulla superficie, dolorosissimo così come faceva presagire il suo aspetto, e Leben lo cavalcò senza pietà mentre lentamente, i suoi baci all'uomo si trasformavano in morsi: sulle labbra, strappandogliele, sul naso, un pezzetto di collo e un altro po' di braccio. Prima le parti che non lo avrebbero ucciso, poi il cuore, fino a che la sua erezione non si fosse esaurita completamente, e allora anche quella.
    Il cervello lo lasciò per ultimo... il suo meritato e attesissimo dessert.

    [...]

    Servire Apocrypha non le aveva portato altro che vantaggi, e soprattutto in quel frangente, possedere una lanterna era una manna dal cielo. Non sentiva "stretta" come aveva temuto quella nuova "religione", anzi, si era resa conto fin da subito che in verità, più che servire una dea, continuava a servire se stessa, solo che lo stava facendo molto meglio. Ovviamente, dopo essersi goduta il pasto, aveva imprigionato l'anima di Victor per riportarla alla forma di spettro, tenendola al guinzaglio e costringendola a guardarla mentre divorava i resti del suo corpo. Per l'occasione ne aveva reso la forma ancora più esile e quasi femminea, e pregustava di utilizzarlo in svariati modi per compiacere amici e non. Lo avrebbe torturato in eterno, ricordando e rimpiangendo il suo meraviglioso sapore. In tutto ciò, aveva scoperto qualcosa di davvero interessante, grazie alla cartelletta di documenti che l'uomo si era portato dietro con la convinzione di poterle spiegare ogni cosa, dopo averla opportunamente sedata e averle fatto probabilmente il lavaggio del cervello. Nella sua borsa da dottore aveva infatti trovato un'attrezzatura da montare sul momento che faceva pensare che si fosse preparato per quel giorno in tutto e per tutto... sfortunatamente per lui molto male. La documentazione comunque, racchiudeva diverse schede, che raffiguravano la sua famiglia al completo e oltre. Alcune facce le riconobbe per averle viste nei suoi flashback, i rari ricordi che le si affacciavano alla mente, ma una in particolare si stupì di conoscerla per altri motivi. La sua sorellona maggiore, a quanto pareva, aveva coronato il suo sogno ed era diventata una rockstar di successo, tanto che spesso l'era capitato di sentirla alla radio. Sulla scheda c'era scritto che negli anni non l'aveva mai dimenticata, e che era ella stessa ad aver offerto una somma davvero esorbitante per ritrovarla, poiché non si era mai rassegnata alla sua morte. Victor aveva segnato vari dettagli su ogni suo famigliare, perlopiù appunti a fine prettamente accademico, ma alcuni dettagli erano stati davvero divertenti da leggere. La madre [+] che dopo la sua sparizione si era chiusa in sé stessa, guarendo grazie alla fede verso cui l'aveva spinta la sorella, sua zia, e che ora era andata avanti con tanto di bel pancione e nuovo pargolo in arrivo. Le sorelline gemelle che ormai non ricordavano quasi nulla di lei, due piccole pesti. O ancora la sorella intermedia che anche da piccola era stata famosa come "pecora nera" della famiglia. C'era persino il cuginetto che con i suoi quattordici anni di vita aveva raggiunto una bellezza efeba. Sfogliando lentamente quei fascicoli come se stesse leggendo una rivista di moda, mentre seduta sulla scrivania ancora nuda, disegnava cerchi con l'alluce sul sangue di Victor, si era chiesta se forse non sarebbe stato divertente farsi trovare davvero. Anzi... magari far loro visita direttamente. E infine si era ritrovata a pensare al "quadro" meraviglioso che Thresh e Vidocq le avevano mostrato poco dopo la sua seconda "rinascita", e allora aveva guardato una ad una le sue famigliari. Doveva assolutamente parlare con Thresh al più presto... Aveva un'idea.

    Edited by .Bakemono - 25/5/2017, 23:15
     
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    Via i 300 sacchi per l'ottimo lavoro.
     
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