Dan's Mansion

Fuori città

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    Dan's Mansion


    Situata in campagna, la villa posseduta da Dan contiene tutte le comodità che un'abitazione lussuosa come questa possa avere. Sin dall'esterno, si può notare l'imponenza dell'edificio: un'enorme piscina dove rifugiarsi durante le afose giornate di estate delimita il confine del piccolo sentiero che conduce dall'entrata dell'abitazione vera e propria sino al cancello che protegge l'interno dell'alloggio. Non vi è un vero e proprio giardino: davanti il portone di casa, vi è direttamente la piscina, dopo aver sceso dei piccoli scalini. La flora del posto sembra essersi completamente mischiata con l'edificio, andando a riparare dalla luce del sole, di giorno, alcune delle altrimenti spoglie mura. Oltre al portone principale che conduce all'interno della casa, vi è un mini-bar protetto dal cielo aperto dal tetto dell'edificio, provvisto di bancone e tutto il necessario per fornire drink o dare il via a piccole feste. Oltre al mini bar, sempre in suddetta zona è presente una poltrona dove Dan spende buona parte del suo tempo a leggere o osservare il paesaggio quando non ha nulla da fare e non fa troppo freddo. Aprendo invece la porta principale della casa, si scoprirà l'interno.

    SALA
    (X,X)

    Subito entrati, un appendiabiti può essere trovato poco dopo l'ingresso. Immediatamente dopo, continuando a camminare, invece, farà la comparsa una sala piuttosto spaziosa, contenente TV al plasma, PC e tecnologia di ultima generazione per facilitare in tutti i modi l'accesso allo svago che un ragazzo come Dan possa desiderare, è la prima cosa che si può intravedere accedendo all'edificio. Le poltrone, comode e morbide, posso essere anche utilizzate come letto, per quanto larghe sono. Inutile dire che sotto la televisione sono poste console di varia generazione, qualora il proprietario decidesse di spendere un pomeriggio o serata a divertirsi con i suoi videogames. Dopo di questa, vi sarà un bivio: prendere delle scale a spirale che portano di sopra oppure continuare diritto, per andare in cucina oppure, leggermente più a destra, in palestra.

    PALESTRA
    (X)

    Continuando diritto e svoltando leggermente a destra, sarà possibile imboccare in un corridoio che conduce alla palestra della casa. Piuttosto piccola, rispetto alle altre stanze, ma che contiene tutto il necessario per far sì che, anche dopo la sua partenza da casa, Dan possa continuare a seguire il suo allenamento, impostogli dal tutore della famiglia. Si affaccia sull'esterno.

    CUCINA
    (X)

    Continuando invece direttamente diritto partendo dal salotto, sarà possibile giungere in cucina. All'apparenza piuttosto vuota e minimalista, sembra quasi inutilizzata, anche se effettivamente non è così: Dan è in realtà un cuoco piuttosto discreto, se non ottimo. Spende buona parte del suo tempo a riposo in cucina a preparare ogni volta qualcosa di nuovo, che magari sia salutare e buono allo stesso tempo. Una piccola ciotola con scritto "Koromaru" può essere vista vicino al tavolo, assieme ad un'altra ciotola con dentro dell'acqua.

    CAMERA DA LETTO
    (X)

    Scegliendo invece di salire su per le scale si avrà di nuovo un'altra scelta, arrivando ad un corridoio: andare a destra, entrando nella camera da letto, andare a sinistra, per raggiungere il bagno, oppure continuare dritto, per arrivare alla "svago zone". Entrando nella camera da letto la prima cosa che si potrà notare sarà un ennesimo computer alla propria destra su una scrivania, mentre una barriera la divide dal letto matrimoniale perennemente messo in disordine e sfasciato solamente da un lato.

    BAGNO
    (X)

    Andando, invece, a sinistra, sarà possibile accedere al bagno. Un bagno apparentemente stretto, ma che ospita tutte le comodità possibilmente inseribili, oltre al necessario: un water, una doccia, un lavandino, e una comoda vasca idromassaggio regolabile e personalizzabile. In alto una grossa finestra che permette di vedere il cielo.

    "SVAGO ZONE"
    (X)

    Ultima, ma non per importanza, vi è la "Svago zone", stupidamente chiamata così dal proprietario di casa e dal suo cane. Inizialmente era un ufficio, ma con il tempo Dan la ha arredata per trasformarla in una zona di divertimento: un tavolo da biliardo salta subito all'occhio, mentre a cerchio vi sono disposte diverse poltrone per spendere tempo a guardare la televisione o chiacchierare. Dietro queste un'enorme lavagna, utilizzabile per giochi di società o, per come la utilizza Dan, prendere il gesso che abitudinariamente deve ricomprare e lanciarlo per giocare a "Prendi!" con Koro. Accantonata in un angolino, siede una chitarra elettrica bluastra dall'aspetto usurato, ma comunque apparentemente ben mantenuta.

    --------------------

    Tutta la casa è mantenuta ad una temperatura ottimale grazie ad un termostato automatizzato, capace di rilevare la temperatura interna e riscaldarla o raffreddarla a seconda del bisogno.

    --------------------

    PNG Servitori

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    Koromaru
    Un simpaticissimo Shiba Inu albino con il quale Dan ha speso molta della sua vita. Dopo essere partito, Koro ha seguito il suo padrone sino alla sua nuova dimora, dove spende tutto il suo tempo ad oziare o aspettare che torni il suo amato proprietario, davanti la porta d'ingresso. Fedele e leale oltre ogni immaginazione, indossa sempre una maglia arancione con delle piccole ali che Dan, da bambino, gli ha regalato quando ormai a lui stava troppo piccola.


    Edited by QuerulousDemi - 7/4/2015, 02:44
     
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    Riprende da qui.


    Dopo un indeterminato lasso di tempo speso a correre e utilizzare mezzi di trasporto di fortuna, Daniel finalmente arrivò al suo "alloggio", come lo chiamava lui. Visibilmente affaticato dal lungo viaggio, il ragazzo non perse tempo nemmeno ad aprire con calma il cancello che portava alla zona interna della sua dimora: gli diede una spallata in corsa mentre continuava a reggere fra le sue braccia la misteriosa figura incontrata prima al locale, immediatamente, dopo aver seguito il piccolo percorso che portava finalmente al portone principale dove davanti ad esso risiedeva la piscina, fece per raggiungere le chiavi con una mano, ma inavvertitamente la porta si aprì da sola, o almeno così parve. In realtà era stato il suo compagno, Koromaru, il quale, saltato sulla maniglia, aveva utilizzato il proprio peso per portarla giù, schiudendo l'ingresso. Abbaiò, il cane, felice del ritorno del suo padrone, ma non appena vide la persona fra le braccia d'egli, inclinò leggermente la testa verso destra, come se gli stesse chiedendo cosa fosse accaduto. Dan non sprecò tempo, e senza pensarci scattò all'interno della sua casa, dove faceva molto più caldo rispetto all'esterno. Era notte, e tirava un vento piuttosto forte: se colei o colui che portava con sé non stava bene, restare fuori sicuramente non avrebbe giovato. Mentre il suo amico a quattro zampe si sforzava di richiudere la porta contrastato dal vento, mettendosi a due zampe sulla porta, il Reyes era già schizzato al piano superiore, e, dopo essere entrato nella sua camera da letto, avrebbe molto rapidamente messo a riposare il malato fra le coperte, rimuovendo gli scarponcini che indossava. Vennero via piuttosto facilmente, e il diciottenne notò che i piedi della figura erano molto più piccoli delle calzature. Non aveva tempo tuttavia di stare ad analizzare l'invitato. Fortunatamente erano a gennaio, dunque il ragazzo aveva già messo le coperte più pesanti al proprio letto. Erano morbide al tatto e comode, difficile rinunciare ad elle durante il mattino, quando ci si doveva alzare. Sistemato per bene l'infermo, alzò la temperatura della stanza in modo da riscaldare ulteriormente l'ambiente, sebbene facesse già abbastanza caldo, per il biondo. Si tolse l'uniforme, rimanendo solo con la maglietta a maniche corte gialla, per poi dirigersi verso il bagno, prendere un termometro e bagnare un piccolo panno da mettere sulla fronte. Nel mentre, Koromaru aveva finalmente chiuso il portone e, salite le scale, si era diretto nella camera da letto, dove aveva visto l'estraneo giacere nel letto del padrone. Non ringhiò, anzi: era stranamente molto calmo, e guardava con uno sguardo incuriosito, quasi compassionevole, l'ammalato, mentre gli stava vicino. Rientrato, Dan posò sul letto il termometro, andando poi ad abbassare, con attenzione, il cappuccio dell'ammalat...a. Era una ragazza! Una ragazza?! Il Reyes arrossì di colpo, e non a causa del troppo calore. Lunghi capelli verdi e corna uscirono allo scoperto, ora visibili. Non aveva notato che fosse una donna! O meglio: non si era fatto questo problema! Imbarazzato, ma comunque bendisposto, andò a piazzare il panno bagnato sulla fronte dell'estranea. In quel momento non importava quanto si vergognasse, doveva aiutarla.
    "Uh... m-mi senti? Stai bene?"
    Chiese, sventolando la propria mano davanti a lei, tentando di attirare la sua attenzione o svegliarla, qualora fosse addormentatasi. La stanza nella quale risiedevano era ormai fin troppo riscaldata, e se si fosse guardata in giro lei avrebbe potuto vedere una luce fievole sopra d'ella, una finestra accanto, armadi, comodini, sveglie... una camera da letto, insomma. Alla sua sinistra rimaneva seduto Dan, a guardarla, rosso per l'imbarazzo, ma comunque visibilmente preoccupato, mentre alla sua destra, seduto sul pavimento, il cane da compagnia, mentre guaiva leggermente. Sopra d'esso la finestra, dalla quale entrava una fioca luce lunare, coperta dalle tende. Il diciottenne meditava sul cosa fare, mentre attendeva che la sua curata si riprendesse. Forse avrebbe dovuto riscaldarle del thé? Non gli sembrava il caso di darle degli antidolorifici o pasticche a caso: non sapeva nemmeno se effettivamente avesse qualche malattia o fosse semplicemente febbre!
     
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    Le girava la testa. Quante volte avrebbe dovuto sentire quella sensazioni prima di abituarcisi? Ogni cosa intorno a lei, ogni sensazione risultava ovattata, quasi stesse osservando il mondo da una grossa sfera di gomma che le circondava la testa. Era così che si sentivano gli astronauti? Così leggeri, ma confusi al contempo? Probabilmente no. Probabilmente farneticava come al solito durante la febbre.
    Sentì il suo salvatore, il cavaliere ner- il semplice ragazzino biondo, dire qualcosa. Perché la sua mano era premuta sulle sue labbra? Oh... non voleva che gridasse per non farsi scoprire da... chiunque stesse parlando lì, in lontananza, senza che lei potesse capirlo. Forse più che un'astronauta ora stava vivendo un momento da ubriaca. Solo che al posto dell'alcol, a scombussolarle il cervello c'era quel calore che le faceva pulsare ogni vena come se da un momento all'altro da ogni poro della sua pelle dovesse sgorgare fuori del magma incandescente. Questo avrebbe fatto di lei... un vulcano vivente.
    Eheheheh...
    Mentre lui si premurava di raccomandarle di tacere, dicendole che l'avrebbe portata al sicuro, lei aprì gli occhi solo un momento e lo guardò... per ridacchiargli in faccia. Poi eccola richiudere gli occhioni, e lasciarsi cullare da quelle braccia delicate, degne di un ragazzino della sua età... o più probabilmente no. Stava volando? Ah, no, era solo lui che la sorreggeva. La stava davvero trascinando lontano in braccio, come fosse la principessa di una fiaba? Aveva già vissuto quella scena? O forse...
    Jorge...
    Ma quando guardò in alto non c'era affatto Jorge, era un altro originale. Un altro originale che l'aveva salvata. Doveva finire sempre così? Quella sensazione di déjà vu. Sì, aveva già vissuto quella scena, ma il protagonista era diverso. Dov'era finito Jorge? E chi era quel ragazzo che aveva preso il suo posto nel suo ricordo? Che potere strano, entrare nella testa della gente...

    Tra un pensiero confuso e l'altro, Sumie si addormentò. Nel sonno si mosse parecchie volte, mugugnando frasi senza capo né coda, lamentandosi di un "mostro" che "doveva starle lontana" o "non toccarla, perché l'avrebbe ucciso". Anche quando il ragazzo le parlò, lei continuò imperterrita ad agitarsi, immersa nei suoi incubi. Ma via via la situazione peggiorò, e l'agitazione crebbe. Cosa le succedeva? Stava per morire? Da fuori sicuramente doveva sembrarlo. Il corpicino cominciò a muoversi come se fosse in preda alle convulsioni, lei a mugugnare qualcosa, lamentandosi un sacco. Sembrava stesse per piangere, la testa si muoveva da una parte all'altra in cerca di una posizione, ma sembrava che stesse semplicemente scuotendola, per scacciare pensieri cattivi. La febbre la stava facendo delirare? Se il ragazzo si fosse avvicinato al suo viso per capire cosa stesse mugugnando, via via gli sarebbe sembrato di sentire qualcosa. Una parola. Un unico termine ripetuto con toni che andavano a crescere man mano.
    ...caldo...
    ...caldo...

    ...caldo...

    E dopo tutto quel melodramma, le braccia di Sumie si sarebbero mosse di scatto per andare ad alzare la coperta che avrebbe dovuto tenerla al caldo per farle un favore, mentre le sue gambe avrebbero cominciato ad agitarsi come quelle di una bambina che tenta di fare i capricci. O -nel suo caso- liberarsi dal letto che minacciava di farla sciogliere sul posto.
    ...CAAAAAAAAALDOOOOOOOOOOO!
    BAM! Testa alzata di scatto con probabile testata ai danni dello sfortunato ragazzo qualora non si fosse scostato in tempo. Messa a sedere, Sumie cominciò a slacciarsi la felpa con tutta la naturalezza del mondo, sfilandosela per lanciarla infine ai piedi del letto. Poi fu il turno della semplice maglietta bianca che portava sotto, che le lasciò il petto completamente nudo. Solo quando afferrò l'elastico dei corti pantaloncini neri che le coprivano a malapena le grazie, con l'intento di privarsi anche di quelli, si rese conto di non essere all'aperto, vicino all'albero dove dormiva di solito, con il fondoschiena a contatto con l'erba umida. No, no, e no. Quello era un letto soffice, incredibilmente comodo, e la camera non era assolutamente quella umile di una barbona come lei. Solo allora si accorse della presenza al suo fianco. Solo allora voltò il viso verso di lui. Ma, sebbene qualunque ragazza ritrovandosi completamente nuda, davanti a uno sconosciuto, in un camera ancor meno nota, avrebbe probabilmente gridato al maniaco... lei si limitò a sbattere le palpebre più volte e dire: Dove mi trovo?
    Poi pian piano arrivarono i ricordi, e solo allora notò l'enorme ematoma poco sotto il suo seno destro. Si impedì di andare più in basso con lo sguardo, alla cicatrice procuratale da Thresh, e anzi, la coprì mettendosi la maglia bianca in grembo.
    In un attimo le fu tutto più chiaro: la cameriera sonmi, i due uomini, il pugno, il cavaliere nero, il ragazzo...
    Il suo sguardo si abbassò incupendosi un attimo, poi si fece determinato, infine calmo mentre tornava su di lui.
    Grazie per avermi salvato. Scusami per l'intrusione.
    Fece un breve inchino con il capo, di quelli che ricordava si usassero in Giappone per scusarsi. Poi si mosse per voltarsi, così da potersi mettere seduta di fronte al ragazzo. Voleva alzarsi, ma quando ci provò un gemito di dolore le sfuggì dalle labbra.
    Che diavolo sto facendo? Non poteva buttarsi giù di nuovo! Era appena uscita da un mese di depressione a seguito del trauma "passato", non poteva permettersi di cedere per così poco. Quindi nella smorfia di dolore accennò un sorrisetto.
    Auch... quel nonnetto ci ha dato giù davvero forte. Ma il tuo amico cavaliere nero deve esserlo stato mille volte di più se l'ha steso così facilmente eh? A proposito, dov'è finito? Dovrei ringraziarlo! Ma forse... ora che ci penso... ti ho già chiesto che ci faccio qui vero?
    Bé, quello era il suo miglior tentativo di sembrare tranquilla e serena dopo essere stata picchiata, essere svenuta tra le braccia di uno sconosciuto, aver farneticato per la febbre e, infine, essersi lamentata inconsciamente per il dolore dovuto al grosso ematoma sulle sue costole. Decisamente un'attrice poco credibile e molto, molto strampalata. Del resto quando si trattava di interloquire con gli originali, era sempre un grosso problema per una logorroica come lei. E quando aveva la febbre il risultato era ancora peggiore.
     
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    Beh, sicuramente la ragazza era capace di riprendersi piuttosto rapidamente. Chiestole se stava bene, poco dopo si destò dal letto, alzando improvvisamente la testa e togliendosi le coperte. Dan era un ragazzo dai riflessi pronti, ma la vicinanza con il capo della sconosciuta rese praticamente impossibile schivare completamente la fronte che si stava dirigendo verso di lui. Lei alzandosi probabilmente non avrebbe sentito nulla, ma un paio delle corna che spuntava dai capelli andò a colpire il ragazzo, che istintivamente andò a coprirsi il punto colpito, il naso, con la mano, coprendo inevitabilmente anche gran parte della sua vista. Fu proprio coprendosi con la mano gli occhi, tuttavia, che peggiorò la situazione: nella fretta, si era dimenticato che le fasciature che portava attorno le mani e braccia erano ora completamente impregnate di sangue. Allontanò immediatamente la mano dal viso, ma la sua vista ormai era stata compromessa dal liquido rossastro, che gli aveva letteralmente dipinto il mondo del medesimo colore. La sua faccia ora, era sporca di sangue, così come le fasciature. Manteneva chiusi gli occhi, per evitare che la sostanza danneggiasse ulteriormente la sua vista. Non vide l'estranea denudarsi, ma riuscì a sentire comunque i suoi movimenti. Panni che si muovevano, dei piedi che si agitavano. Stava per chiedere cosa stesse accadendo, ma la voce che poco fa aveva gridato riprese a parlare, chiedendosi, questa volta, dove si trovasse.
    "Sei a casa mia, ti ho portato qui, stavi male. Anzi, stai male."
    Spiegò Dan mentre, andando ad afferrare il bordo della maglietta che portava, abbassando poi leggermente la testa e utilizzando il suo vestiario per pulirsi gli occhi. Rivelava leggermente parte del suo fisico: allenato e marcato, seppur solamente poco muscoloso. Proprio mentre concludeva di pulirsi il volto, la ragazza parlò nuovamente, ringraziandolo e scusandosi.
    "Non hai nulla di cui scusa-"
    Terminato di ripristinare la propria vista, il diciottenne aveva alzato lo sguardo alla ricerca della sua interlocutrice, ma proprio mentre cercava lo sguardo d'ella si fermò, pietrificato, non appena notò che era nuda. Il rossore invase di nuovo il suo volto, ma questa volte non era sangue, bensì puro ed estremo imbarazzo. Rimase svariati secondi a fissarla, incredulo e a bocca aperta. Non disse nulla, mentre cercava di alzarsi, ma non appena udì il suo gemito di dolore, la bocca si chiuse e la sua espressione cambiò drasticamente. Non era più disturbato, ma piuttosto più preoccupato di prima. Molto di più. Notò l'ematoma presente sotto il petto della ragazza, e la cosa doveva essere trattata subito.
    "Vado a prenderti del ghiaccio, aspetta qui. Devi riposare."
    Affermò con tono autoritario, mentre si destava dal letto, dirigendosi poi verso la porta. Si fermò poco prima di uscire.
    "Koro, controllala e non farle fare stupidate."
    Lo Shiba Inu bianco abbaiò, come per rispondergli in modo affermativo, mentre, mettendo due zampe sulla parte del letto dove stava riposando la giovane, continuando a fissarla con lo sguardo curioso che sin da prima portava con sé, inclinando leggermente la testa verso destra. Pochi attimi dopo rientrò, di fretta, Dan, che portava con sé una borsa con del ghiaccio dentro, di quelle che sono solite usarsi quando si riceve una brutta botta o comunque impatto. Sedutosi di fianco a lei di nuovo, gli pose in mano suddetta borsa, mentre con lo sguardo tentava di guardare altrove, ancora rosso. La ragazza era carina, troppo carina, e nuda, per giunta! Qualsiasi uomo probabilmente al suo posto avrebbe fatto salti di gioia, ma non Dan: non voleva mettere a disagio l'ammalata.
    "Mettila dove ti fa male e non toglierla, anche se inizialmente farà un pò male. Devi evitare che si gonfi troppo."
    Gli spiegava mentre ispezionava la sua stessa stanza, distogliendo in tutti i modi lo sguardo da lei, ripensando poi alle sue parole. Cavaliere nero? Doveva star parlando di Kobal.
    "Te l'ho detto, non serve che mi ringrazi."
    Affermò di nuovo, questa volta facendo riferimento alla sua forma oscura. Penso tuttavia che sarebbe stato meglio chiarire immediatamente con una dimostrazione pratica: richiamò a sé l'armatura spettrale, che lo coprì di nuovo in un istante, per mostrare alla ragazza cosa effettivamente stesse accadendo.
    "Sono io il "Cavaliere Nero" di cui parli."
    Chiarì i suoi eventuali dubbi, parlando mentre era ancora camuffato, facendo sparire poi lo strato oscuro, lasciando nuovamente spazio al solito diciottenne biondo. Nel mentre Koromaru era salito sul letto, andando a piazzarsi vicino al seduto padroncino, sdraiandosi, voltando la sguardo a seconda di chi stesse parlando.
     
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    Sumie notò il rossore del ragazzo, ma non ne capì in alcun modo il motivo. Per questo lo fissava con la stessa espressione interrogativa che poteva attribuirsi al tenero Koromaru, rendendo il tutto decisamente comico. Fece "crollare" la testa d'un lato mentre osservava la figura correre fuori dalla stanza e si grattò infine la testa nel voltarsi verso la sua "guardia". "Controllarla e non farle fare stupidate"... un cane era davvero dotato di simili funzioni? In quel caso ne voleva uno.
    Sumie ne fu incuriosita. Era il primo cane addomesticato che incontrava da quando era fuggita dal laboratorio. Se fosse rimasta un secondo di più lì, ferma a fissarlo, probabilmente si sarebbe persino messa a quattro zampe imitandone la posizione sul letto e abbaiando per testarne le reazioni. Il ragazzo tuttavia tornò in fretta, salvandosi inconsciamente da uno spettacolo buffo quanto indecente, porgendole del ghiaccio per evitare che la zona lesa si gonfiasse. Lei gli sorrise. Era proprio un bravo ragazzo. Forse dopotutto, c'erano anche originali decenti al mondo. N'era stata prova Jorge, e ora n'era prova... lui. Prese più che volentieri il ghiaccio e se lo mise sotto il seno con un'espressione di sollievo, lasciandosi sfuggire un lungo sospiro. Inizialmente fece un male cane, ma ciò di cui era sollevata era la piacevole sensazione di fresco che provava in quella zona. Il ghiaccio però non poteva durare in eterno, soprattutto non a contatto con lei, iniziò quasi subito a sciogliersi ed evaporare, chiarendo quanto il suo corpicino da dragonica fosse decisamente caldo, non solo per la febbre che sembrava avere.
    Ops... non è che ne hai altre venti di queste? Ci farei volentieri un bagno in mezzo.
    Si concesse una risatina, prima che il suo sguardo si alzasse verso il ragazzo per sgranarsi di sorpresa. Miriadi di stelline colorate parvero danzare improvvisamente dentro i suoi occhioni eterocromi, la bocca si schiuse con profonda sorpresa e il tutto mutò presto in un'espressione di pura ammirazione. La sua reazione venne più che spontanea: si avvicinò a lui per osservare quella meraviglia da vicino, esclamando a gran voce: Wooooow! Ma allora non erano allucinazioni! Tu sei davvero... quello è davvero... Il Cavaliere nero... Ommiodio! Come fai? Voglio anch'io una cosa simile! Posso trovarla da qualche parte? Diventare forte come te mi farebbe davvero comodo.
    Poi sussultò quando tutto, in breve tempo, tornò alla normalità. Al suo fianco c'era solo un ragazzo, probabilmente poco più grande di quanto non dovesse apparire lei. Lo squadrò da capo a piedi, e non contenta proseguì con estrema naturalezza, iniziando a toccargli spalle, collo, osservandogli schiena, nuca e ogni particolare alla ricerca di chissà quale innesco arcano.
    Ma... ne hai pieno controllo? Puoi farla apparire e riapparire come nulla? E quando c'è lui... tu rimani tu?
    Le venne in mente il momento in cui anche lei si era trasformata in qualcos'altro, quella volta contro quello zombie maledetto. Forse aveva qualcosa di simile nascosto dentro di sé ma non era ancora capace di controllarlo? Forse era quello a farla stare così male? Si agitava dentro il suo corpo, le procurava febbre, le faceva sputare sangue. Però quando aveva preso controllo del suo organismo era stato diverso. Non era riuscita più a parlare o a controllare le proprie azioni...
    Era così anche per quel ragazzo? Probabilmente no, ma in quella sua capacità -magari- poteva trovare delle risposte. Non le rimaneva che fare ciò che le veniva meglio (peggio): fare domande a raffica.
    Voglio dire, tu riesci a sentire tutto quando c'è quella cosa sopra di te? E diventi più forte? Cosa fa esattamente? Come l'hai ottenuta? Ce l'avevi sin da bambino o si è sprigionata in qualche modo?
    Mentre si lanciava in quella mole di parole si alzò per osservarlo da più angolazioni. Sembrava quasi un critico d'arte dinanzi a un'interessante scultura, peccato che nel suo caso si trattasse di un critico parecchio agitato (troppo) e decisamente su di giri. Aveva dimenticato persino il dolore. E la febbre... bé, probabilmente l'aveva ancora, o forse no.
    Gli mise le mani sulle spalle e si mise in punta di piedi per guardargli persino la testa. Il tutto rese ancora più sconveniente il suo essere mezza nuda, poiché le sue forme prive di contenimento ballonzolavano qua e là ad ogni movimento.
    Finalmente però la colse qualcosa, un dettaglio che aveva dimenticato solamente per il suo pessimo modo di relazionarsi. Del resto non sapeva ancora come farlo al meglio, ma una cosa simile era davvero ineducata! Si staccò da lui di scatto, barcollando appena per il movimento brusco.
    MA... scusami! Scusami scusami!
    Inchino formale giapponese, estremamente profondo per quantificare la sua mortificazione.
    Non mi sono nemmeno presentata! Sono Sumie... e basta. Piacere di conoscerti ...?
    Lasciò la frase in sospeso, così che anche lui avesse modo di presentarsi, infine gli porse la mano con l'intenzione di stringerla.
    E grazie ancora per avermi salvata. Perdonami se sono così agitata, sai... ho questo brutto vizio di dire sempre qualunque cosa mi capiti per la testa e parlare velocemente quando qualcuno mi piace. Se ti dà fastidio, posso stare zitta e mettermi da qualche parte in un angolino o andarmene via, se preferisce... ah, ma sto parlando troppo di nuovo! Gomen Nasai!
    Decisamente, doveva sembrare parecchio, parecchio strana. C'era da sperare che il suo interlocutore non la considerasse una squinternata. Ma del resto, non riusciva proprio a controllare quella parte di sé. Non ancora perlomeno.

    Edited by ~ Midori ~ - 5/2/2015, 06:04
     
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    Il ghiaccio si sciolse in poco tempo, e Dan si stava preparando ad allontanarsi di nuovo, ma non appena realizzò cosa fosse accaduto, scosse la testa, incredulo, fissando poi la borsa ora riempita solamente d'acqua. Il ghiaccio si era sciolto?! Come?! Va bene che faceva caldo, ma diamine, si era sciolto in un batter d'occhio! Quella ragazza aveva qualcosa di strano, ormai era chiaro. Il suo corpo era incredibilmente caldo, portava un paio di corna in testa, due occhioni di colore completamente diverso, ed un atteggiamento che suggeriva una scarsa, se presente, conoscenza delle regole sociali. Non era maleducata, ma dava proprio l'idea di una ragazzina che era praticamente rimasta inviolata dal mondo esterno, quasi come se la società non l'avesse influenzata. La fissava, mentre lei, di tutta risposta, lo tartassava di domande. Dan non la stava ignorando, ma lei praticamente non gli dava spazio per rispondere: non faceva in tempo a finire di pensare ad un a sentenza per chiarire i dubbi della giovane che immediatamente lei sfornava un ennesimo quesito. Fece un lungo sospiro, quasi di arrendevolezza, mentre continuava a lasciar parlare la sua interlocutrice. Fermarla? Sarebbe stato sgarbato. Non si preoccupava più nemmeno del fatto che fosse nuda, o che stesse cercando di analizzare in qualsiasi modo il Reyes. Non la vedeva più come una vera e propria donna, ma piuttosto come una sorta di sorellina. Un'essenza pura di innocenza da proteggere. Buffa e adorabile. Il diciottenne si alzò dal letto, improvvisamente tentando di nuovo di prenderla in braccio. Avrebbe macchiato i punti toccati della ragazza con il sangue, a sua insaputa, a causa delle fasciature ancora bagnate di sangue che non voleva accennarsi a seccare.
    "Daniel Reyes. Puoi chiamarmi semplicemente Dan. Piacere mio, Sumie."
    Sul suo viso si stampò un grande sorriso, di quelli che si fanno quando accade una svolta positiva permanente nella propria vita. Non provava più imbarazzo o vergogna, nemmeno nel toccarla, seppur continuasse a tentare di evitare di entrare in contatto con le parti intime o il petto della ragazza.
    "Koromaru, prendi un accappatoio e portalo in bagno. La nostra ospite ha bisogno di un bagno rinfrescante."
    Rispose nuovamente con un sonoro 'Woof!' il cane, utilizzando questa volta i denti per aprire un cassetto e cominciare a rovistare, con quelle piccole e goffe zampe che si ritrovava, alla ricerca di un asciugamano da utilizzare per la ragazza. Detto ciò Dan si sarebbe incamminato verso il bagno, portando Sumie con sé, mentre la temperatura accennava a scendere. Non faceva per nulla freddo, ma comunque non era afoso quanto prima. Dopo pochi attimi si sarebbero ritrovati nel bagno. Spazioso, come la stanza da letto, ma pieno di tutte le comodità possibile e immaginabili. Fra queste una vasca da bagno con idromassaggio. Giunti a destinazione, Dan avrebbe lentamente e dolcemente posato Sumie a terra, in piedi, mentre accendeva la vasca e suddetta si riempiva di acqua non calda ma ad una temperatura invece piuttosto regolare. Ad un umano sarebbe potuta risultare leggermente fredda, ma all'amica probabilmente tiepida al punto giusto. In questo modo si sarebbe potuta lavare, senza sentire troppo caldo, e al contempo anche assicurarsi di non far gonfiare l'ematoma che si era procurata.
    "Sumie, non disturbi, sta' tranquilla." Interruppe il silenzio fra i due, mentre continuava a regolare la vasca, con le spalle rivolte verso di lei, accovacciato. "Ora stai male, dunque lasciarti andare via è fuori discussione. Quando starai meglio, se vorrai, potrai andartene, oppure continuare a rimanere qui. Questa casa è abbastanza grande per entrambi, e a me, come ho già detto, non procuri alcun fastidio." Si destò, rimettendosi in posizione retta, voltandosi e ponendo le mani ai propri fianchi. Dall'acqua dietro di lui fuoriuscivano delle piccole bolle verso la superficie, indicando che l'idromassaggio era stato messo in funzione. "Bene, il bagno è pronto. Dentro, su!" Fece cenno di entrare, puntando la vasca. "Dai, se coopererai risponderò a tutte le tue domande. Una alla volta, però." Le diede un'ulteriore motivazione per collaborare e seguire le istruzioni dategli, qualora il suo benessere e il rilassamento non fossero abbastanza, sul suo viso continuava ad albergare il sorriso che poco prima era apparso. Mentre aspettava che entrasse nel bagno e ricominciasse di nuovo a tartassarlo di domande, il biondo si sarebbe avvicinato al lavandino, aprendo l'acqua e cominciando a togliersi le fasciature sporche, ripulendo le nocche ferite da diversi piccoli tagli sparsi ovunque. Bruciava un po', ma il ragazzo ci era abituato, e non sembrava minimamente scosso dal dolore.
     
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    Sumie era così concentrata sul proprio discorso con tanto di inchino che ci mise un po' ad accorgersi dell'odore che stava lentamente riempendo l'aria: cane bagnato. Puzzava di cane bagnato. Da quanto non riusciva a farsi un bel bagno con l'aiuto di shampoo e sapone? Certo, si lavava con acqua, aveva uno strano intruglio di erbe per i denti che grazie ad esso rimanevano bianchi e perfetti, ma trovare shampoo e sapone senza avere soldi e casa era tutt'altra cosa. Figurarsi mantenere un'igiene personale decente con la vita che faceva. Per acchiappare la sua colazione quella mattina si era dovuta infilare in mezzo a dei cespugli, strisciare sull'erba umida con tanta convinzione da avere lievi graffi un po' ovunque e, come se non bastasse, aveva anche dovuto affrontare quella lunga corsa per fuggire ai suoi inseguitori. Quindi sì, si poteva dire puzzasse, e fu proprio per questo che -nell'alzarsi- storse il naso. Era pronta a chiedere al suo interlocutore se avesse un bagno o qualcosa di simile dove avrebbe potuto lavarsi, ma ecco che lui la stupì per l'ennesima volta. Aveva sentito anche lui il suo odore? Poteva essere un po' più delicato nel farglielo notare! O almeno quello era il pensiero che Sumie si sarebbe concessa se non avesse visto quel sorriso. Aveva davvero sentito qualcosa? Eppure le sorrideva con tale cordialità da far pensare tutt'altro. Però non aveva risposto alle sue domande. Ed era pronta a offendersi amaramente per questo, prima di venir circondata dalle braccia di Daniel per essere presa in braccio nuovamente. Per qualche stupido motivo che l'era del tutto ignoto, le sue guance nel ritrovarsi così vicina a lui arrossirono appena. Si stava... vergognando per l'odore che emanava? Non riuscì a capire cosa le prendesse; sapeva solo che non voleva stargli in braccio.
    Posso camminare. disse perciò, con un tono più secco di quanto non avesse voluto. Venne messa giù, effettivamente, ma ci vollero così pochi passi al bagno che si ritrovò con i piedi sulle fredde mattonelle prima ancora di finire la frase. Barcollò appena, nel mettersi in piedi, e solo per questo evitò di mettere il muso e rimproverare il ragazzo. In fondo non lo meritava neppure, era solo che improvvisamente l'aveva fatta sentire strana. Non era da lei provare imbarazzo. Puzzava, e allora? Era una cosa normalissima. Non avrebbe dovuto arrossire. Scosse forte la testa approfittando del fatto che lui si fosse voltato, dandosi infine dei piccoli buffi sulle guance, più volte. Doveva avere ancora la febbre, ecco cos'era stata quella sensazione di calore. Si voltò, sorpresa del fatto che il cagnolino avesse effettivamente ascoltato il suo padrone e stesse cercando un asciugamano da portarle. Tutti i cani erano così intelligenti? Nella sua memoria virtuale non erano descritti come creature sagaci. Un errore? Curiosità, curiosità. Era curiosa su ogni cosa e come al solito si faceva troppe domande. Ma aveva cose più importanti a cui pensare. Decisamente.
    Perché non vuoi rispondere?
    Eccola lì. Semplice e diretta. Fu quella la prima cosa che disse quando il biondino smise di parlare. E fu sorpresa lei stessa di sentir quasi all'unisono lo stesso pronunziare: "se coopererai risponderò a tutte le tue domande". Le sopracciglia verdi si aggrottarono. Fissò quel suo sorriso amichevole ma cominciò a vederlo in diverso modo. Che fosse una maschera per nascondere il fastidio dovuto dal suo odore? Era così terribile? Lo guardò dritta negli occhi, con un'espressione vagamente offesa, e a propria volta mise le mani sui fianchi e alzò la testa con fare orgoglioso, ancora incurante della propria nudità.
    Capisco che abbia un odore sgradevole. Lo so, lo sento anch'io. Ma devi anche capire che non è per voler mio e che certo non faccio storie come un qualsiasi poppante per tenere pulita la mia persona con un bel bagno. Semplicemente... ho delle difficoltà a trovare posti dove lavarmi... e oggetti con cui farlo. Tutto qui.
    E detto ciò entrò nella vasca con calze e pantaloncini addosso, molto lentamente. Sospirò beatamente mentre l'acqua le accarezzava la pelle, evaporando e producendo il tipico suono di qualcosa di incandescente che viene immerso nel refrigerante. Una volta dentro con entrambi i piedi, si sdraiò del tutto, reggendosi con i gomiti sul bordo, e in quei pochi instanti la punta di fastidio che aveva provato poco prima evaporò proprio come il liquido che la circondava. Prese subito lo shampoo per lavarsi i capelli, che in breve divennero un enorme massa di bollicine bianche. Sembrava un batuffolo di cotone.
    Grazie. disse sincera qualche istante dopo. Non volevo essere sgarbata.
    Ma poteva forse chiuderla semplicemente lì, logorroica com'era?
    Anche tu però, non sei stato molto delicato. Sono pur sempre una ragazza, anche se non... come molte.
    Se ci pensava non era neppure una "ragazza", letteralmente parlando, ma non l'avrebbe certo detto. Non così perlomeno.
    Quindi posso iniziare con una domanda alla volta, giusto? Allora vediamo... che cos'è esattamente quell'armatura? E perché-
    Sbuffò, poi si morse le labbra, infilando la testa sott'acqua per evitare di parlare ancora. Era proprio più forte di lei parlare troppo, a quanto pareva. Se voleva diventare migliore nel relazionarsi con gli originali doveva fare qualcosa. Dunque rimase semplicemente lì, con il fiato trattenuto, in attesa di una risposta. Non intendeva riaffiorare se non quando avrebbe potuto parlare di nuovo.
    Da lì in poi, il rumore delle bolle che affioravano sulla superficie per poi esplodere subito riempì la stanza.
     
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    Sumie lo sorprese. Puzzare? Odore sgradevole? Cosa stava dicendo? Non voleva farle fare un bagno per questo! Semplicemente aveva pensato che, dopo tutto ciò che era accaduto, lasciarle fare un bagno rilassante l'avrebbe messa a proprio agio, ed effettivamente fu proprio così: entrata nella vasca immediatamente parve calmarsi, e, mentre si lavava i capelli con lo shampoo posto vicino a lei, parlava. Affermava che Dan non era stato molto gentile nell'essere così diretto. Il ragazzo voleva risponderle, chiarire la situazione, ma la sua "mitragliatrice" di parole si era solamente appena accesa. Un dettaglio nella frase di lei tuttavia catturò la sua attenzione. 'Una ragazza, anche se non come molte'? Ah, dunque ci aveva visto giusto. Non era completamente umana. Forse una donna-renna? Oppure una donna-cerbiatto. Non era un esperto in quanto ad animali, ma le corna che Sumie portava gli ricordavano suddette. C'era anche da contare la coda, però... mentre tentava di immaginarsi cosa fosse, continuava a lavarsi le mani, silenzioso, in attesa della domanda, che arrivò immediatamente poco dopo. Cos'era esattamente quell'armatura?
    "Beh, un'ottima domanda." Tentò quasi di premiarla. "Definirla armatura non è del tutto corretto. In realtà è un semplice velo di oscurità senza proprietà difensive, ma al tocco mi permette di derubare qualsiasi cosa della sua vitalità. Immaginatela come una sorta di parassita con il quale più tempo stai a contatto e più ti senti debole: non è una bella immagine, lo so." Storse il naso, evidentemente anch'egli leggermente infastidito dallo stesso potere. Di base il suo potere era più un'arma che una difesa dedita al bene, e questo, un pò, lo irritava. "Tranquilla," Si ricordò di aver fatto entrare in contatto Kobal con Sumie. "ne ho il pieno controllo. Prima, quando ti ho trasportato, ho disattivato il potere in sé. Tutto ciò che era rimasto era la semplice oscurità a camuffarmi." Terminò di lavarsi, andando poi ad asciugarsi utilizzando un semplice asciugamano posto vicino al lavandino. Il sangue aveva cessato di uscire dai tagli presenti sulle mani, ma comunque ancora le ferite erano lievemente aperte. Non si aspettava che la ragazza capisse cosa effettivamente fosse "l'armatura". Dopotutto, nemmeno lui sapeva da dove provenisse o come riuscisse ad utilizzarla. Suo padre era sempre stato piuttosto vago riguardo l'argomento, limitandosi ad affermare che fosse 'un dono da usare per il bene degli altri'. Fece spallucce, mentre, a braccia conserte, si appoggiava al muro, in attesa che arrivasse Koromaru con l'accappatoio per Sumie. La sua faccia era tornata ad un'espressione neutra, non più sorridente.
    "Per quanto riguarda le altre domande..." Stava cercando di ricordarsi la sfilza di interrogazioni fattegli poco prima, sul letto, dalla ragazza che si era appena ripresa. "... non ne sono troppo sicuro io stesso. Mio padre mi disse che era una cosa che si tramandava da tempo in famiglia, nei primogeniti. Teoricamente quindi l'avrei avuta sin da piccolo, ma per me si è manifestata solo quando avevo quattordici anni." Teneva lo sguardo alzato, pensante, mentre cercava di ricordare tutto ciò che poteva, in modo da essere il più esaustivo possibile. Ora che ci pensava non aveva mai chiesto al padre di mostrargli la sua capacità. Aveva affrontato l'argomento con una tale sicurezza e calma che aveva sempre dato per scontato il fatto che non stesse mentendo, però... scosse la testa. Perché si stava facendo dei problemi del genere in quel momento? Doveva pensare alla sua ospite.
    "Tu, piuttosto." Si voltò verso di lei, abbassando lo sguardo. Nei suoi occhi si nascondeva un pizzico di curiosità. "L'acqua va bene? Non volevo farti fare un bagno per la puzza... ad essere onesti, non ci avevo nemmeno fatto caso. Piuttosto, mi è stato insegnato che un bel bagno solitamente aiuta a rilassarsi e dimenticare, ed è abbastanza ovvio che tu ora come ora abbia bisogno di spendere un pò di tempo a rilassarti. " Accennò di nuovo ad un piccolo sorriso, questa volta non più palese come prima a causa della sincera preoccupazione che avvolgeva il suo volto. "Ad ogni modo, scusa se ti sono sembrato offensivo." Abbassò lo sguardo, discostandolo dalla faccia della ragazza. Si vergognava di averla offesa. Non le aveva ancora chiesto nulla riguardo le stranezze che la avvolgevano: il suo calore corporeo insolitamente elevato, le corna, la coda... lei stessa non aveva ancora detto nulla a riguardo, ed evidentemente era perché non voleva parlarne. Non voleva metterla a disagio.
     
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    Sott'acqua, Sumie ci mise un po' a capire che Daniel aveva iniziato a parlare, precisamente per rispondere alle sue domande, e dunque fu quasi comico vederla riaffiorare a occhi sgranati in superficie, tossendo appena per via del fatto che -a causa della sorpresa- la sua bocca si era aperta là sotto.
    Coff coff... coff... s-scusa... puoi ripe- oh, capisco.
    Non aveva perso molto del discorso, in verità, quindi fece in tempo ad annuire, per poi assumere un'espressione pensierosa a propria volta. Guardò in basso, sull'acqua piena di bolle bianche. Rimase assorta mentre ne seguiva i movimenti e le varie esplosioni, ma al contempo continuò ad ascoltare.
    Grazie per aver risposto. E scusami. Erano domande un po' inopportune, probabilmente.
    Quindi... era diverso da quello che aveva provato lei quel giorno. Non c'entrava niente, se proprio voleva dirsi le cose come stavano. Nel realizzarlo sospirò, sconsolata. Lasciò che le sue spalle crollassero appena, ma si riprese quando l'argomento passò al suo... "odore". Di nuovo arrossì, e quella novità cominciò a farla sentire strana. Era ancora la febbre?
    Fu lei, stavolta, a distogliere lo sguardo.
    Oh, mi dispiace. Sono io a dovermi scusare di nuovo, allora. Ero così convinta fosse per quello...
    Sai com'è, io la puzza la sentivo, quindi... Eheh-eh. Eh.

    Si morse le labbra, infine scosse la testa e portò avanti le mani, scuotendo anche quelle, mentre poneva fine a quella risata forzata con un sorrisetto ancora peggiore. Lascia stare. Dimentica tutto. Fai finta che non abbia detto niente. Ho parlato a sproposito, come mio solito.
    Riprese a lavarsi, cercando di concentrarsi su quello per evitare di parlare nuovamente, ma soprattutto per distogliere lo sguardo da lui. A quel punto domandargli se la trasformazione lo facesse stare male, sarebbe stato inutile. Le dinamiche erano troppo diverse. Un buco nell'acqua. Era stato sciocco sperare di poter scoprire qualcosa su se stessa, attraverso il potere di qualcun altro.
    Si levò le calze l'una dopo l'altra, infine i pantaloncini. Prese poi a lavare gli indumenti nella vasca stessa, con tutta la noncuranza possibile. Era ovvio non fosse abituata a certe faccende. Sapeva come lavarsi, sapeva come si lavavano i vestiti e che esistessero cose chiamate "lavatrici" o "robot casalinghi", ma lei non aveva mai avuto modo di utilizzare simili diavolerie. Si prendeva cura di sé alla bene e meglio, proprio come un animale selvatico. Ebbe almeno l'accortezza di usare del sapone, per le vesti, e non lo shampoo stesso. Sembrò assorta nel proprio compito per un tempo indefinito, ma in verità lo svolgeva quasi meccanicamente. Stava pensando a tutt'altro, di nuovo. Al locale dov'era stata. A quegli uomini. Al fatto che lui l'avesse salvata senza pensarci due volte, e che ora fosse lì con lei, in casa propria, a rispondere a domande stupide. O ancora alle sue braccia, così mal ridotte. Era abitudine di tutti gli originali buoni salvare perfette sconosciute e portarle nella propria dimora senza diffidare un minimo? O era lei, quella che avrebbe dovuto essere titubante nei suoi confronti? Diffidare? Eppure l'era impossibile. Comunque lo si guardasse, Daniel sembrava proprio una brava persona, proprio come lo era sembrato Jorge. Anzi, forse persino di più.
    Era inutile. Per quanto ella si sforzasse, era complicato comprendere la natura di quel mondo così strano. Umani avevano creato lei per puro diletto. E tanti altri come lei, in serie, avevano subito il medesimo destino. Ora erano in giro, chissà dove sparsi per il mondo, a fare da robot per altri essere viventi. Ma nessuno di quegli originali aveva pensato che da un cuore pulsante e un cervello, non potesse nascere una macchina priva di sensazioni. Che per forza l'organo che batteva loro sul petto, avrebbe significato qualcosa. Esistevano al mondo "originali" del genere, crudeli fino al midollo. Lei lo sapeva dal laboratorio, e lo sapeva anche dall'incontro con Thresh. Poi però c'erano altre tipologie di originali. Ed erano come Jorge, o come il ragazzo che le stava davanti. Perché questa distinzione? Come facevano le due cose a coesistere? Qual era il momento in cui fidarsi di qualcuno, e quello in cui non farlo?
    Daniel... iniziò, titubante, continuando a guardare i vestiti. L'uno e l'altra non avevano coraggio di guardarsi in faccia, chi per un motivo, chi per un altro. Eppure, tra loro c'era chi non pensava al fatto di poter mettere a disagio l'altro. Sumie rimase zitta un bel po', dopo aver pronunciato il suo nome. Sembrò cercare le parole nell'acqua, per tanto tempo che -a un certo punto- parve aver cambiato idea, e non voler più parlare. Poi però lo guardò. Cosa pensi che sia io?
    Non sapeva che quel quesito avesse interessato il ragazzo proprio in quei momenti, né aveva un qualche motivo apparente per porlo così, a bruciapelo, saltando da un argomento all'altro in così breve tempo. Tuttavia i pensieri nella sua testa surriscaldata correvano veloci, e lei non riusciva quasi a starvi dietro.
    Quella giornata era stata un fiasco sotto ogni punto di vista. Aveva ottenuto zero informazioni sui sonmi, zero idee su cosa succedesse al suo corpo, e non era riuscita a salvare quella cameriera, rischiando anzi di finire nei guai a propria volta. Non riusciva a trovarci nemmeno più niente da ridere, anche se avrebbe avuto molto per cui arrabbiarsi. Su una cosa però poteva ancora indagare. Anche da dentro quell'acqua tiepida, anche nuda in casa di una sconosciuto.
    Perché mi hai aiutata? Perché hai salvato quella ragazza? Sapevi "cosa"... fosse?
    Gli originali e i sonmi. Gli uni creati da entità superiori, quali da Dio, quali da Satana o chi altro. Gli altri creati in laboratorio, sprovvisti forse di un'anima, ma forniti di tutto ciò che rende qualcosa "vivo": un cervello, del sangue, un cuore. Erano poi così diversi?

    Per info sui Sonmi c'è la scheda di Sumie, se serve qualcosa contattami pure su skype. (:
     
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  10. QuerulousDemi
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    Sumie apparve sconsolata non appena Daniel terminò di spiegargli cosa fosse e da dove originasse il proprio potere. Chiaramente qualcosa la turbava. Tornò a guardarla non appena la sentì ridacchiare in modo piuttosto... bizzarro, pensando che fosse malata o che la febbre si stesse facendo sentire di nuovo. Era piuttosto rossa, ma ciò che sembrava essere più strano di tutto era il suo comportamento. Si scusava mentre gli diceva di dimenticare tutto, chiaramente forzando una risata e mettendo le mani davanti a sé. Era... imbarazzata? Il Reyes la guardava interessato, quasi confuso. La vide poi cominciare a togliersi calze e pantaloncini, lavandoli nella vasca. Fortunatamente le bolle e l'acqua coprivano gran parte del corpo immerso, dunque non dovette farsi problemi. Calmamente si avvicinò a lei, chinandosi, raggiungendo la stessa altezza del viso della ragazza.
    "Guarda che non serve che li pulisci qui, Sum-"
    Venne interrotto dalla sua improvvisa chiamata. Sino a quel momento era stata assorta nei pensieri, ma questo il diciottenne non poteva saperlo, e infatti rimase sorpreso dall'udire improvvisamente il suo nome. La fissò per un'istante, ma la ragazza non spiccicò parola. Proprio mentre stava per riprendere il proprio discorso, tuttavia, ella lo interruppe di nuovo, ponendogli una domanda che per nulla si aspettava.
    "Tu..." Ricambiava il suo sguardo, fissando quei suoi due occhi eterocromi. Tirò un lungo sospiro abbassando il capo, di quelli che si fanno dopo una lunga corsa, o dopo essersi arresi, per poi sorridere, ponendole una mano sulla testa. "...sei una ragazza. Strana," Affermò, tirando una rapida occhiata alle corna e alla coda. "ma pur sempre un'amabile ragazza. Curiosa, senza dubbio, ma anche simpatica." Gli strofinò i capelli, bagnati e ancora schiumosi, accompagnati dalle corna che albergavano su di essi.
    "Perché ti ho aiutata? Ahahaha!" Scoppiò in una sincera risata, rialzandosi. "Che razza di domanda è? Come potrei non aiutare qualcuno in pericolo? Specialmente una ragazza. E poi, cosa intendi con "cosa"?" Chiese, facendo spallucce e mettendosi a braccia conserte, bagnandosi un pò la maglietta a causa del contatto che aveva avuto poco prima con i capelli di Sumie. "Non importa cosa fosse. Respirava, parlava, pensava. Era un'essere vivente. Era come tutti." Dietro di loro, finalmente, si poté udire il suono della porta aprirsi, dietro di essa un cane, Koromaru, con in bocca un accappatoio verde, trascinato lungo il pavimento. Dan si voltò, andando poi a prenderlo e appiccandolo vicino la vasca da bagno ove Sumie si stava attualmente lavando.
    "Appena hai fatto mettiti questo. E se hai bisogno di lavare i vestiti," Puntò il dito verso gli indumenti che la ragazza, in quel momento, teneva in mano, e stava lavando dentro la vasca. "te li metto in lavatrice, è più efficace e meno faticoso." Il piccolo Shiba Inu abbaiò, prima di levare le tende e tornare in camera da letto, lasciando i due, mentre scodinzolava felice. Dan aveva rapidamente cambiato argomento. Non perché non volesse parlare della questione, ma piuttosto perché aveva detto, dritto per dritto, ciò che pensava, e non aveva nulla da aggiungere. Per lui tutti erano uguali. C'erano solo buoni e cattivi per lui, il resto era indifferente.
     
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    Sumie non sapeva che aspettarsi. Si pentì della domanda subito dopo averla posta, ma per quanto si sforzò di pensare a una sua possibile risposta, chiedendosi se fosse il caso di rettificare o che altro, la reazione effettiva di Daniel la lasciò... a bocca aperta, letteralmente. Abbassò il capo a quella sorta di carezza, come se fosse una animale titubante sul fatto di farsi accarezzare o meno da una mano umana, ma la risata che seguì fu contagiosa, e la spinse a rilassarsi. La bocca si chiuse allargandosi leggermente in un sorriso. Il ragazzo diede voce a pensieri che erano sempre stati suoi, tanto che quella frase sarebbe potuta benissimo uscire dalle sue, di labbra. "Respirava, parlava, pensava. Era un'essere vivente. Era come tutti." Ecco la risposta. Quindi c'erano originali che potevano comprenderla. Perché in fondo non sarebbe cambiato nulla se avesse spiegato a Daniel cosa fosse un sonmi. Non gli interessava, non era importante, e in quel momento smise di esserlo anche per lei. Per questo non si dispiacque del cambiamento d'argomento.
    Grazie. disse semplicemente quando le venne avvicinato l'asciugamano. Non lo stava ringraziando per l'indumento in sé, ma lui probabilmente non poteva saperlo. Gli porse i vestiti bagnati, poi tornò a lavarsi, stavolta di fretta. Sciacquò i capelli con velocità e in pochi minuti fu in piedi, nuda e bagnata, ma finalmente pulita e profumata. Ispirò a pieni polmoni, sfogandosi in un sospiro soddisfatto poco dopo.
    Ci voleva proprio.
    Uscì dalla vasca e prese l'accappatoio, infilandoselo ma lasciandone aperti i lembi come se ignorasse l'utilità del laccio che avrebbe dovuto legarlo. Forse semplicemente non le importava. Era più grande della sua taglia e toccava a terra. Sembrava esserci caduta dentro, ma aveva indossato cose ben peggiori nella sua breve vita, quindi non ci fece troppo caso. Se lo strofinò addosso per asciugarsi, sorprendendosi di quanto fosse morbido. Dopo quella risposta, aveva ritrovato il suo buon umore. Per il momento, dunque, decise di mettere da parte i pensieri e godersi l'ospitalità del suo interlocutore, finché poteva. Gli sorrise nuovamente, avvicinandosi a lui.
    Mi dispiace per la mole di domande sciocche. Cercherò di limitarle da ora in poi.
    Dicendo questo gli porse la mano. Non sapeva bene come esprimere quello che stava per dire, quindi lo guardò dritto negli occhi e provò a farsi capire.
    Grazie di essere una brava persona, Daniel Reyes.
    Un ringraziamento un po' strano, forse, ma dopotutto non importava che a lui arrivasse proprio tutto ciò che intendeva dire. Le bastava che capisse quanto le fosse grata. Fatto questo, si staccò da lui, distogliendo lo sguardo e tornando a prestare attenzione alla casa, rovinando al contempo il momento solenne che aveva creato. In particolare seguì incuriosita (sempre con lo sguardo) il cane di Daniel. Osservandolo le venne in mente una nuova domanda da porre, e non pensò neppure alla "promessa" fatta poc'anzi.
    Ma... abiti da solo?
    Se quello era il suo modo di "limitare le domande siocche", allora...
     
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  12. QuerulousDemi
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    Sumie apparve più spensierata non appena il Reyes cambiò argomento, accogliendo a quanto pare il cambiamento a braccia aperte. La ragazza ringraziò Dan mentre affidava a lui i propri vestiti. Tornata a lavarsi, nel mentre il diciottenne si diresse vicino alla lavatrice posta anch'essa in bagno, vicino al lavandino, per poi mettervi dentro gli indumenti della ragazza, chiudere lo sportello e premere semplicemente un pulsante. Normalmente avrebbe dovuto aggiungere altro, ammorbidenti, specificare il metodo di lavaggio... ma la tecnologia non era più quella di un tempo, e il tutto ora era stato semplificato. Mentre la sua ospita terminava di pulirsi, il biondo, chinato, osservava i suoi panni girare più e più volte, quasi catturato dal moto centrifugo, mentre i suoi occhi si muovevano all'unisono con i vestiti. Passati una manciata di minuti, distolse lo sguardo dagli indumenti per poi riportarlo alla ragazza, la sua attenzione catturata dal respiro soddisfatto di quest'ultima. Infilatasi l'accappatoio lo lasciò aperto, sentiva caldo? Sicuramente le stava grande, ma comunque avrebbe potuto allacciarselo tranquillamente. Si diresse verso il diciottenne che, alzatosi e voltatosi verso di lei, manteneva lo sguardo lontano da lei, quasi come se stesse fissando un punto dietro di Sumie, leggermente rosso in viso. Ora era lui quello in imbarazzo. Era pur sempre completamente nuda, che diamine. Riuscì comunque ad intravedere lei muovere la mano e, abbassando lo sguardo, poté vedere che effettivamente gli stava offrendo una stretta di mano, la quale il Reyes accettò volentieri.
    "Figurati..."
    Affermò con una voce fievole, mentre si scambiavano quella stretta un pò ambigua. Ringraziato per essere un bravo ragazzo? Daniel era piuttosto perplesso. Fortunatamente Sumie aggiustò tutto cambiando a sua volta argomento immediatamente, cimentandosi nuovamente in una nuova domanda.
    "Beh, siamo io e Koromaru. Per questo prima ti ho detto che se vuoi puoi restare. La casa è comunque piuttosto grande e c'è spazio per ben più di due elementi." Sembrava essersi calmato, mentre con calma spiegava la situazione attuale. "L'unico problema è che dispongo solamente di una stanza da letto, potrebbe darti, ehm, fastidio?" Si, disponeva solamente di una stanza da letto con un letto matrimoniale e nella quale potevano entrare tranquillamente due persone, ma lui e una ragazza? Il solo pensiero gli offuscava la mente. Mosse la mano davanti a se ondeggiandola, come se stesse cercando di scacciare suddetti pensieri. "A-Ah ma posso tranquillamente dormire sul divano io, non preoccuparti! Ahaha." Forzò un'ennesima risatina. Ancora non sapeva nemmeno se la ragazza avesse effettivamente intenzione di restare e già pensava a dormire sul divano? Era proprio uno sciocco a dir poco. Rimaneva a ridere come un'idiota mentre guardava da tutt'altra parte, il rossore presentatosi di nuovo sul suo viso.
     
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    Sumie non stava pensando esattamente al proprio abbigliamento, né al proprio corpo, né al fatto che si trovasse in fin dei conti nel bagno di uno sconosciuto e si fosse appena lavata nella sua vasca con fin troppa nonchalance. La verità era che non aveva avuto modo di pensarci, né lo scarso senso del pudore che possedeva si era fatto strada attraverso la sua mente per ricordarglielo. Tuttavia, in qualche modo, la reazione di Daniel le diede da pensare, rammentandole alcune regole sociali che avrebbe dovuto ricordare prima. Forse dopotutto avrebbe dovuto chiudersi l'accappatoio... e lo fece. E ancora "forse", non avrebbe dovuto accettare la sua ospitalità... ma questo non poteva crederlo. Alla sua proposta, pensò anzi che potesse rivelarsi una buona idea, nonostante lo strano imbarazzo che quel ragazzo sembrava in grado di farle provare. Forse dipendeva dal fatto che avesse un bell'aspetto? Che avesse un'età simile a quella che avrebbe dovuto dimostrare lei? O che fosse così gentile? Non lo sapeva. Conosceva il significato di "attrazione", ma non pensava di poterla provare così, dal nulla, solo perché stava guardando un altro individuo e quello che i suoi occhi vedevano era di loro gradimento. Si ricordò però di essere tecnicamente una ragazza, e a propria volta esaminò il pensiero di dormire nello stesso letto di Daniel e quel pensiero fece imporporare il suo viso. Cominciava a essere irritante, ma lei non voleva irritarsi in quel momento, e per questo imitò il suo interlocutore nel forzarsi di sorridere, e agitò le mani proprio come lui, scuotendo al contempo la testa.
    No, no... Non pensarci nemmeno. Al massimo sarò io a dormire sul divano. La mia schiena si è posata su superfici molto più scomode. Non preoccuparti.
    Si guardò intorno, cercando un appiglio per fuggire a pensieri che l'avrebbero resa solo più strana e confusa. Aveva ricevuto troppi input esterni tutti in una volta e questo stava creando problemi al suo cervello, non c'era altra spiegazione. In fondo era passata per così tanti stati d'animo diversi nell'arco di poco tempo, che un po' di confusione era il minimo. Però aveva preso una decisione: sarebbe rimasta a Kurayami il tempo necessario per indagare di più su quel pub. Gli spiacevoli eventi di quella giornata avevano fatto sì che perdesse di vista il suo obiettivo, ma non poteva lasciare che succedesse ancora. Dunque guardò Daniel di nuovo, chinandosi per l'ennesima volta in modo formale davanti a lui.
    Però ti ringrazio per l'ospitalità. Se per te va bene, penso l'accetterò volentieri per... qualche settimana.
    Scattò in piedi, di nuovo.
    Ma non voglio essere un peso né sembrare una scroccona e approfittarmene. Considerami disponibile per qualsiasi faccenda di casa, commissione o aiuto ti serva. Si fermò giusto un attimo. Bé, ecco, in realtà non so fare molto, ma sono certa di poter imparare in breve tempo. Mi insegneresti?
    Pensò che quello fosse il modo più opportuno in cui un ospite così improvviso si sarebbe comportato, in verità non sapeva nemmeno cucinare un uovo al tegamino o passare la scopa, ma... bé, era un sonmi, l'apprendimento non avrebbe dovuto rappresentare un problema per lei. Già, non "avrebbe" dovuto...
    Qualunque fossero i suoi buoni propositi, un cupo brontolio proveniente dal suo stomaco rovinò totalmente l'atmosfera, almeno per lei. Si portò le mani all'impudente, guardandolo mentre storceva il naso. E di nuovo fu costretta a esibirsi in una risatina forzata.
    Oh, hem... magari potremmo iniziare con... lezioni di cucina?
    E chiedere di venir nutrita non era forse scroccare? Forse prima di tutto avrebbe dovuto insegnarle qualcosa sui rapporti umani. Decisamente.
     
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    Sumie parve accorgersi solamente più tardi del fatto che l'accappatoio aperto fosse la principale causa dell'imbarazzo di Daniel. Chiusasi l'accappatoio, Dan tirò un lieve sospiro di sollievo, potendo finalmente tornare ad avere una normale conversazione con la ragazza, senza dover guardare da tutt'altra parte. Con sua enorme sorpresa ella si offrì di dormire sul divano, lasciando il letto al Reyes, anche se dal suo comportamento generalmente benigno, avrebbe dovuto intuire il diciottenne che lei si sarebbe rifiutata di lasciarlo a dormire su qualcosa che sarebbe potuto risultare scomodo.
    "No." Affermò con tono secco, quasi imperativo. Il suo imbarazzo era completamente scomparso. "Dormiremo assieme, allora, dato che nessuno dei due vuole sacrificare l'altro. Il letto è matrimoniale, comunque. Ci entreremo entrambi." Rimase in silenzio per un momento, come se fosse dubbioso, incredulo di ciò che aveva appena detto, ma contrariamente da quel che ci si poteva aspettare, non arrossì, anzi: il suo sguardo era più serioso che mai. Non avrebbe fatto dormire una ragazza, ospite per giunta, su di un divano che, seppur comodo, non eguagliava il comfort di un letto. "Chiarito ciò," Riprese il discorso, voltandosi rapidamente per apparentemente premere un paio di tasti sul regolatore di temperatura della casa. In realtà ciò che aveva fatto era stato attivare il riscaldamento a pavimento. Dopo pochissimo Sumie avrebbe potuto cominciare a sentire sotto di sé non più le fredde mattonelle ma un leggero tepore, che avrebbe permesso a chi era scalzo di camminare per tutta la casa senza doversi preoccupare della bassa temperatura della pavimentazione. Dan mise una mano per terra in modo da verificare il loro funzionamento. "ti insegnerò tutto ciò che vorrai. Non devi ritenerti né un peso né una scroccona. Sei un'ospite, e come tale il tuo unico compito è quello di fare come se fossi a casa tua." Accortosi che tutto pareva essere in regola, si destò di nuovo, voltandosi verso la sua interlocutrice. La squadrò da capo a piedi a braccia conserte, come se qualcosa non gliela stesse raccontando giusta. "Hai bisogno di vestiti e un paio di calzini. Va bene che qui dentro fa comunque abbastanza caldo, ma non possiamo rischiare che ti salga di nuovo la febbre! Purtroppo con me, tuttavia, ora non ho intimi da donna per... ovvi motivi. Domani andremo a comprartene un paio. Devo chiederti di accontentarti di portare solamente indumenti per ora, vieni." Le fece cenno di seguirlo, attendendola, per poi entrare di nuovo nella sua stanza. "Lì, in quell'armadio." Affermò di nuovo, indicando appunto l'armadio posto sopra i cassetti dal quale poco prima Koromaru aveva estratto l'accappatoio per la ragazza. "Ci sono magliette, felpe, pantaloni e altro che io stesso dovrei indossare... ma mi ritrovo a quasi quotidianamente ignorare per favorire i miei soliti abiti. Prendi pure ciò che più ti aggrada!" Avrebbe atteso un'eventuale scelta di Sumie, per poi voltarsi, aspettando che terminasse di cambiarsi, o, in questo caso, rivestirsi. Non appena avrebbe avuto conferma del termine di suddetta attività della ragazza, il Reyes avrebbe ripreso a parlare. "Dunque vorresti imparare a cucinare?" Si voltò verso il computer, in standby, indicante sullo schermo l'orario: 9 PM, ovvero nove di sera. "Beh," rivolse di nuovo il suo sguardo verso la sua interlocutrice. "è un pò tardi, ma il tuo stomaco ha parlato, ed effettivamente anche io non ho fatto cena. In cucina!" Sorridente, stavolta Dan avrebbe preso per mano Sumie, portandola al piano inferiore, rallentando qualora non fosse stata ancora pienamente capace di camminare bene. Scese le scale sarebbero poi andati verso destra, raggiungendo finalmente la cucina: un design piuttosto all'avanguardia, che forniva tutto il necessario per cucinare e, così come il bagno e il resto della casa, anche eventuali comodità che potevano tornare utili. "Questa è la cucina. Lì c'è il televisore, lì i fornelli, frigo, microonde..." Elencava tutti gli apparecchi presenti all'interno della stanza, indicandoli ogni volta con il dito in modo da facilitare il compito di identificarli a Sumie. Terminato il 'giro turistico' per orientarla in cucina, Dan si diresse verso il frigo, intento a controllare cosa vi fosse all'interno. Con piacevole sorpresa notò che era pieno, e poteva quindi cucinare qualsiasi cosa gli venisse in mente. Si ricordò, effettivamente, di aver fatto spesa quello stesso giorno, la mattina. "Di un pò," interruppe nuovamente il silenzio, mentre era intento a rovistare nel frigo, incerto su cosa preparare. "cosa ti piace? Che vorresti mangiare?" Chiese, la domanda ovviamente rivolta a Sumie.
     
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    Suo malgrado, alla risposta di Daniel, le sue sopracciglia si aggrottarono. Aveva pensato che offrirsi di dormire sul divano fosse la scelta più educata e "socialmente" accettabile possibile, ma evidentemente il ragazzo non la pensava al suo stesso modo. Forse era una di quelle persone che si potevano definire "cavalleresche"? Sumie sorrise del pensiero, chiedendosi quanti altri pregi il suo gentile ospite potesse possedere. L'aveva salvata da una terribile situazione, l'aveva ospitata in casa propria senza chiedere niente in cambio, e come se non bastasse non accettava che lei dormisse nel divano quando sarebbe stata la cosa più giusta, dal momento che non era casa sua. La povera sonmi si ritrovò ad arrossire di nuovo.
    Continuo a pensare che non sia affatto giusto, ma se così vuoi...
    Alzò le spalle, fingendo una noncuranza che certo avrebbe voluto avere.
    Tanto... suppongo di non dover temere un attacco improvviso durante il sonno, no? Eheheh...eh...eh?
    Ok, aveva voluto fare una battuta, ma si accorse un po' troppo tardi di aver scelto la cosa peggiore su cui scherzare. Sospirò sconsolata. Anche il suo umorismo era da rivedere. E perché diavolo era così nervosa poi? La dannata febbre le faceva ancora scherzi? Con Jorge non si era ritrovata certo a comportarsi con così poca spontaneità e tanta, troppa, goffaggine.
    Fortunatamente c'era altro su cui puntare l'attenzione, e non perse certo tempo per cogliere l'occasione. Avrebbe voluto dirgli che in verità la casa era anche troppo calda per lei, e avrebbe di certo preferito girare senza vestiti ma... non le sembrava più il caso, per qualche "arcano" motivo. Non voleva imbarazzarlo di nuovo. Lo ringraziò dunque ancora una volta per la sua gentilezza, ma non lo guardò, dirigendosi invece verso l'armadio. Si sarebbe rifugiata nella scelta di un abbigliamento "appropriato", piuttosto che ripensare all'uscita infelice appena fatta. Come l'era venuta in mente? Forse era un modo inconscio per sondare il terreno? Aveva... paura? No, era solo un'idiota!
    Gli occhioni eterocromi corsero veloci tra gli indumenti appesi, alla ricerca di qualcosa di piccolo che potesse magari starle bene, senza intralciarle i movimenti e senza farle troppo caldo. Le seccava sentire il tessuto tirare contro la pelle quando si muoveva. Alla fine non trovò molto che potesse andarle bene, e poca roba che fosse leggera e le impedisse di morire di caldo. Optò dunque per un maglioncino primaverile, che indossò velocemente dopo aver lasciato cadere l'accappatoio a terra. Sfortunatamente, le copriva a malapena l'intimità, e lasciava intravedere la tenera rotondità delle natiche mentre si muoveva. Passò quindi a recuperare dei pantaloncini da ginnastica, neri, abbastanza corti, con due righe bianche sui lati delle cosce. Quando si guardò allo specchio, per poco non le venne da ridere. Il maglioncino era più grande della sua taglia di parecchio, tanto che le maniche le stavano lunghe e lo "scollo" decisamente ampio. Una spalla era scoperta, ma non le sembrò troppo per poter imbarazzare Daniel, dunque tutto sommato si sentì a posto. Certo, quei pantaloncini sportivi stonavano molto con il pezzo superiore, ma del resto lei sapeva ben poco di moda, soprattutto se maschile. Si osservò i piedini nudi, mosse le dita per saggiare il calore emanato dal pavimento, e alla fine decise che -tutto sommato- dei calzini non le servivano. Si voltò dunque verso Daniel, un po' meno in imbarazzo ora che poteva vantare di un abbigliamento quantomeno... "consono"? Si poteva definire così, socialmente parlando? Non lo sapeva, ma per il suo punto di vista era più che coperta. Sperava dunque di poter superare il momento "rossore ingiustificato e inspiegabile", da parte propria perlomeno. Fortunatamente il suo ospite sapeva come distrarla da pensieri stupidi. Quel giorno sembrava averne un gran bisogno.
    Dunque vorresti imparare a cucinare?
    Oh? Lo guardò per un attimo smarrita, con fare interrogativo, poi alzò le sopracciglia come se avesse realizzato in ritardo di cosa stesse parlando, e finalmente rispose. Sì. Ne sarei felice. Il suo stomaco scelse proprio quel momento per ribadire il concetto: chiedeva a gran voce di venir riempito. Lei sollevò gli occhi al cielo, scusandosi tacitamente, ancora una volta.
    È un pò tardi, ma il tuo stomaco ha parlato[...]
    Già, ha parlato e sembra proprio non riuscire a smettere...
    Avrebbe continuato così ancora per molto? Perché sul serio, solo in quei momenti stava assaporando il vero significato della parola "imbarazzo", a lei altrimenti sconosciuta. Odiava non sapere perché si sentisse così. Si ritrovò presa per mano e "trascinata" via, quasi di sorpresa. Non poté far altro che seguire Daniel, imbambolata come un'idiota. Lo ascoltò mentre si voltava a osservare ogni cosa da lui elencata, rimanendo decisamente sorpresa da tutto quell'arredamento futuristico. Quello doveva essere ciò che si definiva "ambiente accogliente". Una bella casa, bellissima se si pensava per dove fosse passata lei prima di arrivarci: laboratorio, strada, appartamento di Jorge (che non aveva certo gradito per il ricco arredamento) e poi strada di nuovo. Si poteva dire che quella fosse la prima vera casa in cui Sumie metteva piede. E doveva ammettere di non potersi lamentare. Era...
    Hai proprio una bella casa, ora che ci faccio caso. Complimenti.
    Non che lei riuscisse ad apprezzare appieno l'eleganza degli arredi o la loro utilità, ma... si stava sforzando di essere gentile e apparire normale. Doveva pur iniziare da qualche parte.
    Tutto smise però di importare quando il frigorifero venne aperto, irradiando i due con una luce che -agli occhioni dell'affamata Sumie- parve quasi divina. Bava alla bocca, sguardo perso, pupille a cuoricino: ecco l'espressione della sonmi mentre lo osservava. Dentro quel frigo c'era il paradiso!
    Impiegò un po' a connettere per trovare una risposta. Ingoiò l'acquolina formatasi nella sua bocca. Aveva la gola secca.
    Ahehm... di solito mangio carne. Sì, la carne... andrebbe bene. O il pesce, se preferisci.
    Non voleva evitare di sembrare una scroccona? Ahehmm... ma ovviamente, se vuoi mangiare altro, per me andrà benissimo lo stesso. Sono qui per... imparare a cucinare, dopotutto.
    Sseh. Ci sarebbe stato da ridere.
     
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