Un'incontro, fra neri alberi, di due anime perdute

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  1. Thomas87
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    DarkForest1

    La notte lo aveva sorpreso, nel bosco. L’inverno stava accorciando le giornate e Sun sembrava non accorgersene. Aveva trascorso il pomeriggio per conto suo, nel “Prato degli studenti”, una sorta di isola verde circondata dal bosco, appena fuori da Kurayami. In quello stesso luogo oltre un anno prima, in una notte non diversa da quella, un demone sotto le sembianze di ragazza aveva trasformato per sempre il suo animo, il suo modo di guardare alla vita, alle altre persone. Da allora non era più stato capace di interagire adeguatamente, meno ancora di mantenere una relazione. Le ragazze che aveva conosciuto nel frattempo non riuscivano a provocargli una reazione emotiva che fosse almeno paragonabile a quelle che aveva scatenato lei, quella notte indimenticabile. Ecco perché ogni tanto, quasi senza accorgersene, si scopriva vagare ancora in quegli stessi luoghi, nell’inconscia speranza di ritrovarla. Aveva appena ricominciato a vivere una vita “normale” e riprendersi da quell’ossessione. Il giorno seguente, ad esempio, aveva tre appuntamenti consecutivi alla mattina, per tre lezioni di pianoforte presso l’aula della scuola. Aveva infatti ripreso a impartire lezioni private oltre al suo corso di musica, un extra-curriculuare offerto dall’Università di Kurayami. Non era stato facile convincere il collegio dei docenti ad affidargli nuovamente l’incarico, dopo il modo in cui aveva trascurato le sue responsabilità a causa dell’ossessivo bisogno di ritrovare il suo demone.
    Eppure, anche oggi si era attardato oltre il tramonto ad osservare i ragazzi - suoi coetanei ma così distanti -nel Prato. L’alito gelido della notte lo aveva riportato alla realtà, ricordandogli che era già tardi ed era tempo di rincamminarsi verso la città. L’unica via naturalmente era attraversare il bosco, l’unico sentiero sterrato conduceva alla parte ricca di Kurayami, lontano dal dormitorio di Sun, che invece preferiva passare direttamente all’interno della vegetazione, attraverso una sorta di scorciatoia.
    Non c’era nessuno, il silenzioso argento che la Luna adoperava a dipingere gli alberi creava un luogo spettrale, sembrava un disegno d’un libro di fiabe dell’Ottocento. Sun era ormai abituato a camminare fra quei neri alberi la notte. In realtà, adorava lasciarsi avvolgere da quella tranquilla oscurità. La quiete del suo ritorno fu interrotta tuttavia dall’incontro con tre giovani, molto affannati. Indossavano i giubbotti di una squadra di rugby locale. Gli spiegarono che avevano perso un loro amico, si erano separati ad un certo punto ed ora non riuscivano più a trovarlo. Erano visibilmente preoccupati, ma tutto quello che Sun riusciva a pensare era quanto fosse buffo, vedere quei ragazzi grandi e grossi, tremare come foglie. Si vedeva, infatti, che più che in ansia per le sorti del loro amico non vedevano l’ora di uscire dal bosco e tornare ai loro dormitori e alle loro feste il più rapidamente possibile.
    Procedettero nella direzione opposta a Sun, che invece con passo deciso si avviava ormai verso la città.
    Dei rumori indistinti lo convinsero a fare una deviazione. Non riusciva a qualificarli, non capiva neppure se si trattasse di un individuo o più. Provenivano da un ruscello, dietro alcuni cespugli, in un punto particolarmente buio del bosco. Degli animali, probabilmente. Ma decise di vedere ugualmente.
     
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    Si trovava coricata su quel grosso ramo da qualche tempo ormai, quanto non avrebbe saputo dirlo, minuti, forse ore...ma in fondo importava qualcosa per lei? Erano passati solo pochi mesi Due, forse? da quando aveva lasciato quel seminterrato, da quando era ''nata'' e ormai l'era chiaro, l'era dannatamente chiaro, che il tempo per lei non sarebbe più trascorso. Com'era potuta arrivarci, vi domandate? Bé, in realtà era stato piuttosto semplice. Quando inizi a notare che non senti più caldo o freddo, che il cibo ''umano'' non ha più sapore o consistenza, che le tue ferite non sanguinano, che il tuo cuore non batte...quando tenti di tranciarti un dito e poi scopri che puoi riattaccarlo come se fosse parte di un puzzle, come se l'intero tuo corpo, fosse un puzzle...bé, quando tutto questo succede, se non sei troppo accecata dalla sete che ti accompagna da mesi, dalla fame che si fa sentire persino più forte, alla fine arrivi alla conclusione che, forse, probabilmente...sei morta.
    ''Zombie'', era arrivata a cercare quella parola su Google per delle immagini che le si erano affacciate alla mente, istantanee, quasi come un lampo. Una ragazza, una TV e una scritta. Cosa fosse una TV non sapeva neppure come lo sapesse, ma spesso le capitava che immagini improvvise le si affacciassero alla mente quando una cosa che pensava di non conoscere le si presentava davanti, era così che aveva ricordato cosa fosse un PC, cosa fosse ''internet'' e, soprattutto, a cosa servisse...ed era sempre grazie a questi ''ricordi'', o qualunque cosa fossero, che adesso sapeva cos'era diventata, o perlomeno a cosa assomigliasse. Un corpo che non può morire perché già morto, un cadavere che non sente dolore né caldo né freddo ma può nutrirsi e fare cose da vivi, un ''mostro'' tra i mostri e...un predatore. La notizia di tale stato l'aveva inspiegabilmente divertita, non sapeva nemmeno lei come, ma gli sguardi spaventati o diffidenti, disgustati persino...le grida, la morte, tutto ciò le lasciava una piacevole sensazione addosso. E poi...il cibo. Dio, quanto era bello per lei nutrirsi. Quanto era bello sentirlo...sentire il sangue fluire seppur per poco nelle vene defunte, il tatto tornare seppur per brevissimi istanti, il battito fittizio riprendere, la carne risvegliarsi...quando mangiava il suo corpo sembrava prendere vita e morire nuovamente, tutto nel giro di un brevissimo istante, ma questo faceva parte del bello. Questo rendeva tutto così divertente.

    L'aveva cercato, quel Victor, era tornata nella catapecchia che ricordava perfettamente seguendo l'odore del portafogli che gli aveva sottratto...si sentiva attratta da quell'uomo, dal suo odore, dalla sua carne...insano, anormale, peccaminoso... voleva assaggiarlo, ma non l'aveva trovato. Sparito, probabilmente scappato, e a ricordarlo era rimasto solo il suo odore. Non che lei avesse rinunciato a cercarlo certo, c'erano troppi conti in sospeso, quesiti da fare, curiosità da assaporare, e lei contava di farlo, un giorno. Ma forse non quel giorno, e probabilmente neppure quello dopo. Aveva tutto il tempo del mondo in fondo. Tempo da sprecare, tempo da spendere...in quanti modi poteva divertirsi con l'eternità davanti? Quante cose aveva da leggere, da studiare, da guardare, da comprendere?
    Il rumore di rami spezzati interruppe il filo dei suoi pensieri, sempre che ce l'avessero, un filo. Uno sguardo ai piedi dell'albero e non ci mise troppo a scovare cosa l'avesse causato: un ragazzo si stava avvicinando a un piccolo gruppo di cani abbandonati, ormai diventati selvaggi, molto simili a lupi, probabilmente attirato lì dal rumore che le fauci impegnate nel masticare stavano ormai facendo da tempo. Minuti, forse ore? Oh, l'aveva già detto no? Non ricordava più...ad ogni modo il ragazzo avrebbe potuto vedere cosa quei cani avevano tra i denti solo avvicinandovisi: erano ossa. Ossa molto lunghe per appartenere a un animale di piccola taglia, ossa dalle quali ad ogni morso venivano strappati succosi e grossi pezzi di carne. Proprio quando il ragazzo vi si sarebbe avvicinato, sempre se l'avesse fatto, ella avrebbe sorriso. Forse è l'ora di mettersi a studiare...

    Con un piccolo balzo sarebbe scesa dall'albero, a qualche metro dalle spalle del ragazzo, senza tuttavia far rumore se non per... << E pensare che gliene avevo lasciato ben metà...dovevano essere affamati. >> Avrebbe parlato col tono divertito di una semplice ragazza come tante, ma sarebbe rimasta vicino all'albero, nascosta dalle fronde nell'oscurità, solo se il malcapitato si fosse avvicinato avrebbe pian piano potuto vederla: capelli privi di vita cadevano sulle sue spalle pallide, un viso solcato da orrende cicatrici le donava l'aspetto della sofferenza, ma occhi incolore ornati da sclere nere tramutavano quell'aspetto in paura...come se non bastasse, una pallida carnagione molto simile a quella di un cadavere la faceva risplendere non appena la luce fioca della luna riusciva a scorgerla e il suo viso, le sue mani, persino i suoi seni (uno dei quali quasi scoperto per via di una spallina scesa)...in diversi punti grosse macchie di sangue sporcavano la pelle diafana, coperta solamente da un misero vestito nero, molto più simile a una sottoveste che a un indumento da sera. Un ghigno di denti bianchissimi ma macchiati ancora di rosso avrebbe concluso il quadro non troppo idilliaco. << BU! >>

    Adorava prendersi gioco del prossimo...

    Edited by =^Midori_no_Neko^= - 17/11/2012, 16:28
     
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  3. Thomas87
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    Un quadro agghiacciante gli si offerse agli occhi. Cani randagi stavano pasteggiando su quelli che erano i resti del corpo di un ragazzo, probabilmente l’amico di quelli che Sun aveva incontrato poco prima. Gli ci volle un po’ per mettere assieme le informazioni, nonché comprendere di cosa si trattasse considerando che del povero corpo rimanevano solo pochi brandelli. Spaventato, Sun stava cercando di indietreggiare e allontanarsi da quella scena il più silenziosamente possibile per non allarmare i cani quando un breve urlo alle sue spalle gli provocò il secondo shock della serata. Si girò, pronto a sgridare chi si era permesso di scherzare in una situazione così tragica e pericolosa allo stesso tempo ma tutte le parole gli si fermarono in gola quando vide l’autore. Una ragazza, o meglio una creatura dalle vaghe somiglianze con una bellissima ragazza. La sua pelle, così come la luce nei suoi occhi avevano qualcosa di assolutamente innaturale. Cicatrici orribili deturpavano il suo corpo in diversi punti. Corpo che era per lo più scoperto, lasciando anche intravedere un seno, che luccicava sodo e pallidissimo ai poveri raggi della Luna.
    Una serie improvvisa di emozioni pervase Sun in quel momento, la sua mente necessitò di più di qualche minuto per processare ogni cosa. Le tracce di sangue che sporcavano il viso della ragazza, assieme a quel sorriso fra l’apatico e il divertito, erano chiaro indice del fatto che lei aveva dovuto aver parte del massacro assieme ai cani. Questo, assieme alle sue sembianze così poco ‘umane’, sarebbero stati dati sufficienti per spaventarlo a morte e convincerlo a fuggire sull’istante. Ma allo stesso tempo un sentimento opposto e familiare si era fatto spazio nel suo cuore. Finalmente, dopo mesi, dopo essersi quasi convinto di essere diventato pazzo a causa di quell’incontro con un demone, ecco che si ritrovava di fronte un’altra creatura evidentemente sovrannaturale in qualche modo. Questa scoperta non solo lo rincuorò, circa la sua sanità mentale, ma soprattutto costituiva finalmente un incontro con qualcosa-qualcuno che poteva offrirgli un’esperienza ‘più-che-umana’, ovvero ciò che insaziabilmente, instancabilmente il suo animo irrequieto domandava da tempo.
    Tremante si avvicinò alla ragazza. Non aveva il coraggio di girarsi, sia per non darle le spalle sia perché voleva allontanarsi dai quei cani il più in fretta possibile. Si rese conto in quel momento che la creatura che aveva di fronte era almeno altrettanto pericolosa.
    Non voglio farti del male. Forse posso aiutarti.
    Delle luci da lontano bucarono il buio della foresta. I ragazzi, probabilmente allarmati dall’urlo della creatura, magari credendo si trattasse del loro amico, stavano accorrendo proprio nella loro direzione. Dal rumore che facevano si deduceva che probabilmente non erano più soli, ma accompagnati da alcuni soccorritori, forse addirittura polizia. Non potevano farsi trovare lì, a due metri dal cadavere.
    Dobbiamo allontanarci subito da qui o ti troveranno e ti prenderanno!
    L’unico modo per uscirne salvi era farle capire che lui non solo era una minaccia, ma in quel momento poteva essere una fondamentale risorsa di salvezza, che le serviva!
    Anche se in realtà, anche se non lo ammetteva a sé stesso, questo era un modo per non farla fuggire, per trattenerla nella sua vita ora che l’aveva trovata, ora che aveva trovato un’altra creatura “straordinaria”.
    Seguimi, ti porterò in un posto sicuro. Puoi fidarti di me!
    Mantenendo una certa distanza, con passo deciso e svelto la superò. Non aveva altro modo di convincerla che dimostrarsi deciso. E gli servirono tutte le sue forze per riuscirci: non solo in quel particolare momento aveva in fatti ben più ragione di essere fragile e terrorizzato, ma di natura era una persona abituata più a seguire che guidare, a prendersi cura piuttosto che dare ordini, a servire piuttosto che dominare.
    Seguimi, presto! Disse di nuovo,più a bassa voce, camminando rapidamente in direzione di casa, senza voltarsi, senza guardare se effettivamente lo stava seguendo. Nuovi pensieri si affacciavano freneticamente alla sua mente alla stessa velocità dei suoi battiti cardiaci in quel momento.
    Mi sto di nuovo ricacciando in qualcosa più grande di me, proprio ora che stavo finalmente cominciando ad uscirne.. E poi lei non è la ragazza demone di un anno fa, non so che creatura sia, cosa voglia, quanto possa essere pericolosa. Cosa le impedisce di fare a me quello che ha fatto a quell’altro ragazzo. Eppure, stranamente, per quel bell’imbusto della squadra di rugby non sento nessuna compassione, non mi importa nulla.. mentre per lei, non voglio che venga catturata, analizzata, condannata dalle autorità, come si meriterebbe. Forse in questi mesi, da quell’incontro, sono diventato un mostro anche io, come lei. O forse mi fa solo pietà, nel suo sguardo, senza parlare poi di tutte quelle orribili cicatrici, si vedono evidenti segni di tremende sofferenze passate. Ha bisogno di me. Ha bisogno di me.
    Mentre cercava di convincersi di questo fatto, che le ragioni che lo spingevano a nascondere quell’assassina nella sua stanza fossero nobili ed altruiste, erano ormai quasi arrivati al dormitorio. Si fermò dietro l’angolo di un edificio. Non c’era più portinaio a quell’ora, ma ragazzi andavano e venivano per i corridoi in ogni momento, non poteva rischiare che li vedessero. Si sfilò il cappotto per coprire la giovane, quindi per la prima volta dal bosco si girò, per vedere se effettivamente lei era ancora con lui.
     
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    Buffo. Buffo come ''i vivi'' si rivelassero ai suoi occhi, giorno dopo giorno, mese dopo mese, sempre più incomprensibili e curiosi. Buffo, inoltre, come un piccolo, indifeso umano, potesse uscirsene con frasi come ''Non voglio farti del male'' davanti a una creatura come lei. Leben fece un enorme sforzo per trattenere una risata, ma non poté fare a meno di allargare il sorriso che mostrò ancora meglio il netto contrasto tra le macchie scarlatte e il bianco latte dei suoi denti affilati. Leggere negli occhi del ragazzo la paura, seppur blandamente celata, la divertì ancora di più. Avrebbe voluto canzonarlo da subito, godersi le sue reazioni umane e gioirne, ma non poté dire nulla che il ragazzo prese a incalzarla di seguirlo, che ''dovevano scappare'', che ''l'avrebbero presa''...
    Cosa poteva fare davanti a un individuo che sin da subito si era rivelato così divertente? Stare al gioco, ovviamente. Lo seguì trattenendo a stento la risata che da alcuni minuti le solleticava la gola. Non che fosse difficile, dal momento che per lei cose come ''respirare'' erano del tutto facoltative.
    Aveva tante domande da porsi: davvero quel ragazzo pensava che fosse lei ad aver bisogno d'aiuto? Davvero pensava che fosse lei ad essere in pericolo? E soprattutto, davvero, ma davvero, non si era reso conto che, con ogni probabilità, gli unici che sarebbero morti se quel gruppo di persone li avesse raggiunti, sarebbero stati tutti eccetto lei? Pfff...divertente, così divertente.

    Fu buffo quasi quanto lo era lui, notare durante il tragitto che il posto in cui la stava portando, il posto in cui ''sarebbe stata al sicuro'', era proprio l'Istituto Gekkoukan, quella che ormai era diventata la sua casa. Perché l'avesse scelta? In realtà era molto semplice: tanti, tantissimi umani da studiare e, soprattutto, vitto e alloggio gratis. Vitto, si. Perché magari non era solita frequentare la mensa, ma ''inspiegabilmente'' da quando era entrata a far parte della scuola circa 6 studenti erano spariti senza lasciare traccia...e proprio una metà dell'ultimo di essi, stava in quel momento facendo da cena a un branco di randagi affamati. Ma tornando alle cose importanti...
    Il ragazzo si bloccò all'angolo di un ufficio, sembrava guardarsi intorno con fare ansioso, probabilmente preoccupato per lei, per il fatto che ''la vedessero'' e ciò era davvero troppo. Non appena il ragazzo si voltò, la risata che ormai pungolava la sua gola da minuti interminabili iniziò a salire, gutturale, grottesca, di quelle risate che partono silenziose, scuotendo le spalle, impedendo il respiro... (cosa che ovviamente a lei non successe) per poi esplodere più agghiaccianti che mai. Non c'era possibilità alcune che le persone là vicino mancassero di notarlo, ma era importante per lei? Forse un poco. Forse avrebbe dovuto evitare di mostrarsi in quel modo, sporca di sangue sulla pelle e sul viso, persino sui denti...mentre rideva come fosse totalmente pazza. E forse lo era. In fondo c'era così poco di normale in lei...ma era questo a rendere il tutto più divertente no? Dei ragazzi passarono proprio mentre la sua risata iniziava a sgorgare e a quel punto Leben decise, decise che quel ragazzo non era abbastanza spaventato, che voleva la divertisse di più, che...fece un movimento così repentino che probabilmente il malcapitato non avrebbe avuto neppure il tempo di muovere un muscolo, un secondo prima stava ridendo sguaiatamente, e il secondo dopo il suo viso era a un centimetro, massimo due dal suo, i suoi occhi squadravano i suoi, cercando fin dentro le pupille qualcosa, e il suo denti erano visibili in un sorriso indecifrabile. Si era avvicinata, costringendolo via via a indietreggiare sino a posare le spalle al muro. Un gesto che probabilmente avrebbe reso felice qualsiasi ragazzo di quell'età, in preda agli ormoni e quant'altro...bé, eccetto se veniva da un mostro. Ad ogni modo, dopo una breve analisi della situazione il ragazzo avrebbe potuto capire il motivo di tale insensato movimento: Leben dava ormai le spalle a tutti, i passanti avrebbero potuto vedere solo i suoi capelli e la silhouette messa in evidenza dal succinto vestito nero che era solito portare, il resto, dal suo viso sporco di sangue, alla sua espressione terrificante, era ben celato a occhi indiscreti che non fossero i suoi. << Era ciò che volevi no? Che non mi vedessero...bé, non lo fanno, ma puoi sopportare di farlo tu? >> Di nuovo un sorriso che stavolta lasciava trasparire un pizzico di sadismo misto a curiosità.
    Fece una pausa, prima di tornare a parlare. << Presta attenzione...nonostante stia sussurrando a un centimetro dal tuo viso, senti forse dell'aria uscire dalle mie labbra? Il mio petto è così vicino al tuo...ma senti forse il mio cuore battere? E allora forse è il momento che tu ti chieda...è davvero lei a essere in pericolo? >> Dopo quel breve contatto (durato giusto il tempo che i ragazzi che facevano avanti e indietro passassero) Leben si sarebbe finalmente staccata, aspettando la risposta del ragazzo e studiandone le reazioni, per poi pulirsi finalmente le macchie di sangue con il boa di piume che da bianco passò a striato di rosso, e domandare con l'aria più ingenua del mondo: << Bé, non dovevi portarmi ''al sicuro''? >> Il tutto con quel suo ghigno colmo di derisione stampato in faccia.

    Perdona se mi son permessa di decidere l'esito dell'azione di Leben (quella dello spingere il tuo pg contro il muro) ho pensato rendesse tutto più interessante, se ti secca modifico. :asd:
     
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    A malincuore dichiaro annullata la role. (Non so dove sia finito Thomas87 D:)
     
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