Atto di Forza

x Amy

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    Alcune storie meritano di essere raccontate, alcune più di altre. Storie di eroi, storie di divinità dai poteri infiniti, storie di mostri, storie di demoni oscuri, storie di eventi fantastici ma più di tutte: storie di semplici umani. Determinazione, volontà, coraggio, forza interiore. A cosa può appellarsi un semplice umano quando viene messo di fronte alla dura realtà del mondo, a quella realtà che lo schiaccia e lo incastra in fondo alla catena alimentare e gli ricorda quanto la sua esistenza sia insulsa e facilmente terminabile. Come può una preda naturale elevarsi al di sopra delle parti e dimostrare che tutto ciò che conta non sono i pregiudizi o le convenzioni naturali ma chi rimane in piedi alla fine della battaglia. Può una gazzella, se ci crede veramente, abbattere un leone? Questo è l'inizio della nostra storia. Una storia di Cacciatori, di Incubi e di una Bellissima Preda che sarà costretta a compiere un vero atto di forza.

    Il fuoco scoppiettò allegro nel suo piccolo anfratto di marmo pregiato. Ogni illuminazione era stata soppressa dando così la possibilità all'intensa fonte di luce calda di diramarsi in ogni angolo oscuro di quella stanza così piccola eppure così elegante, disegnando forme e ombre inquietanti e vibranti. Non era strano che Edmond si chiudesse nel suo ufficio al buio lasciandosi cullare solamente dal camino acceso, lo aiutava a pensare, lo aiutava a mettere insieme i pezzi di esistenze andate in frantumi. Erano passati un paio di mesi dai fatti della chiesa abbandonata, circa due mesi da quando aveva fatto irruzione in quel luogo maledetto, infestato da una delle peggiori creature mai nate: un Incubo. Non era previsto ci fossero delle persone, non era previsto che una caccia dovesse trasformarsi in un salvataggio. Non era quello che gli era stato insegnato. I Cacciatori non interferiscono nella catena alimentare del mondo, non salvano le prede ma abbattono il predatore. Salvare una preda non la renderà più forte ma la metterà solamente nelle grinfie di un nuovo predatore. Eppure non aveva agito secondo quelle regole, l'Incubo era fuggito e lui si era ritrovato solamente con un superstite, una donna parzialmente divorata da quella creatura ma ancora lucida. L'Incubo avrebbe fatto altre vittime e lui non poteva impedirlo finchè non lo rintracciava... a cosa era servito salvarla davvero?
    Strinse il bicchiere di vetro tra le dita, ormai contenente solamente cubetti di ghiaccio semi sciolti e piccoli rimasugli del whisky ormai finito, rischiando di romperlo per poi espirare a lungo ritrovando la calma, poggiandolo sul tavolino di fianco a lui. Doveva quindi lasciarla morire insieme agli altri? In fondo era l'unica sopravvissuta, gli sarebbe bastato sacrificarne una per il bene di chissà quanti altri e tutto si sarebbe risolto per il meglio. Ma quale uomo agiva così? Quello significava essere un Cacciatore? Rivedere le facce di ogni persona che avrebbe potuto salvare ma che invece aveva lasciato morire per il bene della caccia? Qual'era la decisione giusta?
    Signorino Edmond? L'ultima trasfusione di Miss Gideon è quasi terminata, l'aspetto giù in infermeria.
    La voce ovattata di Febo, il suo maggiordomo, risuonò gentile dietro la porta in legno lucido. Non osava mai entrare o invadere la privacy di Edmond, soprattutto quando lo vedeva chiudersi in quella particolare stanza.
    Ti ringrazio Febo, concedimi dieci minuti per... riprendermi un attimo. Bofonchiò il giovane uomo, affondando nella grande e morbida poltrona di tessuto rosso sangue, strizzandosi gli occhi con l'indice e il pollice della mano destra. La cosa peggiore di tutta quella situazione non era la fuga dell'Incubo o il mezzo salvataggio di quella donna ma la maledizione che aveva subito. L'Incubo si era legato a lei in modo indissolubile e non poteva più essere sconfitto se non da lei stessa. L'alternativa era la sua morte che avrebbe quindi spezzato il loro legame forzato.

    A te faccio un dono più grande...
    Tu ricevi in dono il fardello di portare con te le vite dei tuoi amici.
    Portalo bene, fino al giorno in cui verrò a riprendermelo.

    Aveva udito perfettamente quelle parole e ancora gli ronzavano nella testa durante le notti. Ma non osava neanche immaginare cosa infestasse i sogni di quella donna. Aveva resistito alla follia tutto quel tempo e ciò aveva rafforzato in lui la decisione di renderla una Cacciatrice ma non era abbastanza una mente forte. Serviva una mente ferrea e un corpo incrollabile e per ottenerli doveva guardare nuovamente in faccia la Vera Fine. Quella da cui non si torna indietro se si varca la linea, quella capace di cambiare per sempre ogni essere vivente. Arturia Gideon, in preda agli spasmi della follia indotta da quella nefasta creatura lo aveva pregato di renderla una guerriera, di renderla una vera ammazza-mostri, come lui. Una vera Cacciatrice. E lui avrebbe acconsentito a quel desiderio anche se avesse significato ucciderla nel tentativo. Edmond si alzò in piedi, sistemando il nodo alla cravatta leggermente rovinato dalla posizione goffa che aveva assunto. Portava addosso una camicia bianca, un gilet color celeste spento ordinatamente abbottonato e un cravattino blu scuro in tinta con gli eleganti pantaloni che finivano all'interno di un paio di stivali di pelle nera tenuti chiusi da un modesto numero di cinturini. Le mani erano coperte da un paio di guanti di pelle e i capelli argentati tenuti insieme a malo modo da un nastrino del medesimo colore della cravatta. Il cacciatore si sfilò gli occhiali sottili appendendoli al taschino del gilet per poi voltarsi e dirigersi verso la porta, così da uscire e richiuderla dietro di lui, immergendosi nel silenzio della grande villa.
    Quel luogo non era mai stato molto movimentato se si escludevano le corse nei lunghi corridoi del suo esuberante e incontrollabile Yogami. Percorse a passi cadenzati la strada che lo divideva dall'infermeria, una stanza al piano terra, opportunamente nascosta dietro un classico portone-libreria che era possibile aprire solamente sfilando un vecchio libro di un'antica fiaba: Cappuccetto Rosso. La vecchia libreria mise immediatamente in mostra un luogo totalmente bianco e sterilizzato, provvisto di un gran numero di attrezzi medici, un paio di comodi letti ospedalieri e un tavolo operatorio. Febo se ne stava in piedi di fianco ad uno dei letti, monitorando le funzioni vitali della loro imprevista ospite. Il maggiordomo sembrava ogni giorno più vecchio ma la sua quantità di energie era sempre la stessa di decine di anni prima, complice anche il suo modesto uso di trasfusioni di sangue che Edmond gli concedeva. Una piccola spinta per un corpo ormai troppo vecchio.
    La sua capa pelata si voltò nell'udire la porta scorrevole aprirsi e un ampio sorriso strapieno di rughe accolse il Cacciatore.
    Miss Gideon è stabile. Le cure che le abbiamo fornito stanno facendo effetto e il suo corpo sta accogliendo ottimamente le trasfusioni di sangue. Purtroppo non riscontro nessun miglioramento nel suo... essere. Non so se mi spiego.
    Non mostra nessuna particolarità innata. Commentò rapido Edmond.
    Esatto signorino. Crede sia ancora una buona idea farle affrontare l'addestramento? E' solo una giovane ragazza, potrebbe morire.
    Edmond fece il giro del letto, portandosi dal lato opposto, scostando alcune ciocche di capelli che giacevano scomposte sul viso della giovane donna.
    Morirà comunque, Febo. L'Incubo l'ha maledetta. Ormai è in una situazione da "o lui o lei". Lei ha qualcosa che lui prima o poi verrà a riscuotere. Ora attendiamo che si svegli, poi la metterò al corrente della situazione. Fai attenzione, il suo risveglio potrebbe essere più movimentato del previsto ora che ha terminato la terapia di sangue.
    Edmond ammonì Febo, sedendosi tranquillamente al fianco del letto ospedaliero. All'apice della terapia il corpo avrebbe assimilato al cento per cento il sangue da Cacciatore e nessuno poteva dire come il suo corpo e la sua mente avrebbero reagito, considerando il peso del "dono" dell'Incubo. Il maggiordomo parve comprendere la situazione, preferendo sedersi comodamente il più lontano possibile. La signorina Gideon poteva risvegliarsi tranquillamente oppure poteva svegliarsi in preda a spasmi di una temporanea follia aggressiva. Aveva belle unghie, poteva graffiare.

     
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    Da piccoli li chiamano "brutti sogni", come se normalmente il mondo inconscio che la mente ci porta a visitare durante il sonno fosse un posto fantastico, senza problemi, dove potevi gustare i tuoi ricordi lasciati un pò a caso, un pò rivisti, un pò completamente senza senso, ma nel migliore dei modi possibile. Eccezione fatta per i brutti sogni, che possono rovinare quell'armonia rendendo il sogno agitato, ma solo per un pò, perché tutto tornerà presto alla normalità. Da adulti invece, li chiamano "incubi", perché non hanno niente a che vedere con quel mondo confuso ma pacifico della mente umana. Non esistono brutti sogni, esistono solo incubi falliti, che non sono riusciti ad attecchire in quella fragile ma ben protetta mente umana. Cosa succede invece quando un Incubo vince? Semplice, smette di esistere qualsiasi altra cosa. Il maggiordomo si era impegnato molto a trovarle un lettino più comodo, ma che si trattasse di una montagna di cuscini presi direttamente dal più costoso dei bordelli, o il freddo pavimento rigido, per Arturia non avrebbe fatto la minima differenza. La gente si lamenta dell'insonnia, che non riescono a prendere sonno, ma non hanno idea di cosa significa non voler prendere sonno. Ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva quelle immagini, e quando la mente oramai stanca crollava facendola dormire forzatamente ripercorreva i corridoi di quella chiesa sconsacrata, inseguita dal suo personale e privatissimo Incubo, che oramai sembrava aver attecchito nella sua mente come un virus inarrestabile. L'ultimo crollo lo aveva avuto dopo tre giorni di fila che non dormiva, l'Incubo era stato più violento del previsto, aveva ripetuto quella frase molte volte, perché rimbombava nella sua mente come la pallina di un flipper. Il dono... un dono più grande... un dono più grande per me. A nulla erano serviti i deliziosi caffè preparati gentilmente dal maggiordomo, il corpo di quella giovane non aveva possibilità di resistere oltre, e alla fine aveva ceduto. Esausta come non mai, con delle borse sotto gli occhi da far paura, per una volta sembrava quasi che stesse dormendo tranquillamente, ma se non si agitava era solo perché il suo corpo era esausto. Infatti, le punte delle dita tremavano e si muovevano convulsive, incapaci anche solo di chiudersi a pugni perfino. Come se non bastasse, quelle trasfusioni non la aiutavano minimamente: sfiancanti, dolorose, viscide perfino. Sembrava quasi che stesse lasciando entrare qualcosa dentro di sé, come se si stesse infettando di sua spontanea volontà, sentiva di aver accettato il dono di quell'Incubo di sua iniziativa e questo non la faceva dormire bene. Le trasfusioni non avevano avuto grossi effetti benefici su di lei, se non dal mero punto di vista fisico. Gli occhi erano più attenti e il suo corpo più tonico e forte, indubbiamente era un buon modo per provare a diventare "speciali", ma per Arturia questo non sembrava affatto possibile. Perché lei non lo era. Glielo avevano fatto credere fin da bambina, fin dal suo primo giorno, che aveva un talento da coltivare. Ma adesso, proprio come quando erano svaniti i suoi "bei sogni", era svanita anche la sua realtà. Non era speciale, e non lo sarebbe mai stato. Questo la costrinse a spalancare gli occhi con rabbia, alzando le braccia al cielo mentre gridava digrignando i denti e spalancando la sua espressione sofferente in un doloroso grido. I tubi attaccati alle sue braccia si staccarono violentemente, sporcando la grossa camicia che le avevano dato giorni addietro, aggiungendo anche macchie ai brutti strappi che aveva provocato lei stessa durante le notti peggiori. Dato che Edmond e il suo maggiordomo non erano certamente abituati ad avere un'ospite del suo genere, Arturia dovette accontentarsi di un paio di pantaloni decisamente inadatti a lei, troppo grandi e che andavano assolutamente tenuti su da un paio di bretelle dello stesso colore. Anche la camicia era troppo grande ma grazie alle bretelle poteva infilarla nei pantaloni e farla sembrare un pò più consona. I piedi erano scalzi, e come reggiseno aveva una fasciatura piuttosto improvvisata. Quando si sollevò di colpo gridando, un paio di bottoni della camicetta saltarono e la fasciatura si sciolse un pò, rivelando le sue forme in parte, ma di contro anche il corpo tonico che quelle trasfusioni le avevano donato. Quando il grido si esaurì, Artriua portò le mani libera sul volto, piegandosi leggermente in avanti. Vorrei poter dire che il suo grido era stato disumano e terrificante, ma la verità era che a malapena aveva esteso una vaga pressione energetica, ma nulla più. Forse il sangue del cacciatore aveva sbloccato i suoi circuiti magici, ma quell'energia non aveva nulla da alimentare.
    Scusa... scusate... di nuovo quel sogno... stavolta era nitido.
    Lo senti gocciolare, distintamente. I tubi che aveva staccato perdevano lentamente le ultime gocce rimase e cadevano a terra, ma il gocciolare che percepiva Arturia era molto più forte, frequente, intenso. Gocciolava dentro di sé, quell'incubo strisciante era dentro di lei, e gocciolava nel suo cervello infestandone i sogni e trasformandoli in Incubi. No, non incubi... ma uno solo, sempre lo stesso. Era intrappolata a quel giorno e lo sarebbe stata per sempre. Per sempre.
    Nitido... per l'ultima volta...
    Le dita iniziarono a tremare, serrandosi, sembrava quasi che stesse per iniziare a piangere, ma quando le mani diventarono due pugni perfettamente saldi, lo sguardo di Arturia si rivelò duro e determinato come non mai. Non aveva niente di speciale? Poco importava, non faceva alcuna differenza per lei. Quell'incubo doveva finire, una volta e per sempre, e lo avrebbe fatto svanire con le sue mani. Si voltò verso Edmon, allargando le braccia e controllando i buchi che si era fatta togliendo i tubi violentemente, non erano ferite gravi e non le facevano neanche così male.
    Questa era l'ultima, vero? Non voglio più rimandare. Sono stanca di sognare, voglio svegliarmi...
    Non aveva paura, o meglio, non dava a vederlo. La sua era consapevolezza. Sapeva di non avere scelta: poteva impazzire in un angolo di una stanza lasciandosi cullare da quell'Incubo per sempre, oppure poteva fare qualcosa di estremamente disperato e stupido.
     
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    Spero di non aver chiacchierato troppo >_<


    Il Cacciatore aveva valutato bene il possibile pericolo nel risveglio della giovane donna. Gli era bastato analizzare in modo chirurgico le sue piccole reazioni, i piccoli spasmi delle mani e del resto del corpo, il fatto che lei stessa stava combattendo con il bisogno di dormire. Il suo corpo la obbligava per la mancanza di energia ma la sua mente non voleva provare i dolori degli incubi che la martoriavano e allora mandava segnali di aiuto, segnali di pericolo ad ogni possibile appendice. Sembrava di vedere una pentola piena di acqua in ebollizione mentre una mano teneva pigramente il coperchio chiuso ed esso si dimenava in preda alla pressione. Si trattava solo di capire quando quel coperchio sarebbe esploso.
    S-signorino, non crede che dovremo intervenire? Miss Gideon sta...
    Edmond non spostò lo sguardo su Febo, limitandosi a sollevare una mano per invitarlo al silenzio, gesto che l'anziano maggiordomo accolse immediatamente, tornando a posare il sedere sulla sedia preoccupato. Gli occhi dell'uomo erano tutti per la donna su quel lettino, non perchè fosse immensamente bella, non perchè fosse piacente ma perchè la battaglia che stava combattendo nessun semplice umano avrebbe potuto vincerla e allora perchè non era ancora morta? Perchè le sue orecchie non stavano sanguinando e gli occhi non si stavano rigirando nelle orbite in modo innaturale? Perchè la sua bocca non si stava deformando in grida agghiaccianti e infernali mentre il suo cervello friggeva come su un pentolino? Perchè un semplice essere umano si stava dimostrando così duro a morire? Aveva letto di Incubi, sapeva gli effetti delle loro maledizioni, sapeva quanto potessero facilmente distruggere una mente debole, aveva visto con i suoi occhi i corpi ridotti a sacchi della spazzatura vuoti. Perchè Arturia Gideon non stava crepando come tutti? Il Cacciatore fece quasi per sollevarsi in piedi con l'intento di metterle le mani sulle spalle, invitarla a svegliarsi, a non perire come una donna qualunque ma prima che potesse anche solo trasferire l'informazione mentale ai suoi muscoli la donna che per due mesi avevano accudito e tenuto in vita, la donna a cui Febo si era affezionato quasi come una figlia, si sollevò col busto emettendo un grido strozzato come fosse appena tornata in superficie da una lunga e sofferente apnea. Le flebo si staccarono violentemente lasciandole dei piccoli fori sanguinolenti, gocciando a terra il resto del liquido denso e cremisi e il maggiordomo, ormai non più in grado di trattenersi, si alzò rapidamente dalla sedia accorrendo in soccorso della giovane, preoccupandosi di coprirle le zone più "femminili" con un lenzuolo.
    Internamente Edmond tirò un enorme sospiro di sollievo come ad essersi liberato da un peso enorme e si accasciò sulla sedia rilassato, passandosi una mano sulla fronte ad asciugarsi delle timide goccioline di sudore. Ascoltò le parole della donna, osservò le sue reazioni, la sua espressione determinata e non terrorizzata, il volto di qualcuno che era pronto a gettarsi in un baratro se ciò l'avesse aiutato a portare a termine la sua missione. E quello in cui si stava infilando non era poi così diverso da un lancio nel vuoto in un dirupo senza fondo. Il ragazzo si grattò il mento diverse volte, pensieroso per poi adagiare la schiena sullo schienale della sedia, osservandola immensamente rapito.
    Devo essere sincero con lei Miss Gideon. L'ansia che ho provato in questi due mesi non ho avuto il piacere di provarla neanche nella mia prima caccia.
    Mentre Edmond le parlava, Febo si preoccupò di inumidire le ferite provocate dalla violenta estrazione delle flebo con del disinfettante mostrando una delicatezza e una rapidità di mano degne di un giovincello.
    Il sangue del Cacciatore e la dolce premura del mio maggiordomo permetteranno a quelle fastidiose ferite di rigenerarsi il prima possibile ma sono ampiamente convinto che non sia questo ciò che le preme di sapere nell'immediato.
    Il "damerino" di fronte a lei si alzò in piedi, afferrandole una mano così da poter posare le labbra su di essa in un regale ed elegante bacio degno del più puro ed educato dei gentiluomini, un bacio sfiorato, a fior di labbra che terminò immediatamente così che il ragazzo potesse guardarla negli occhi stanchi e provati da quella terribile esperienza.
    Il mio nome è Edmond Dantes e sono un Cacciatore. Lei, Arturia Gideon, maledetta da un Incubo, intrappolata in un sonno che non desidera, mi ha chiesto di renderla come me, di renderla il terrore di ogni mostro, di svegliarla e liberarla dai paletti che la tengono bloccata a terra. E io ho deciso di acconsentire alla sua richiesta.
    Lasciò andare delicatamente la sua mano, girando intorno a letto con entrambe le braccia elegantemente intrecciate dietro la schiena, all'altezza delle vertebre lombari.
    Le offrirò una rapida lezione sulla sua situazione attuale. Ciò che ha incontrato è un Incubo, una creatura che, volgarmente detto si ciba delle emozioni delle sue prede fino a che al loro interno non rimane nient'altro che paura. Quella paura le massacra nel corpo e nella mente finchè non sopraggiunge la morte. Gli Incubi possono maledire le loro vittime e donano loro dei fardelli che nessun essere vivente dovrebbe sopportare. Lei è una di quegli esseri viventi e può liberarsi solamente in due modi: uccidendo l'Incubo o suicidandosi.
    Scandì con una certa precisione le due opzioni aiutando anche con due dita, sicuro che Arturia avesse immediatamente scartato la seconda opzione.
    Gli Incubi sfruttano questi legami che assicurano loro che nessuno, oltre alla persone con cui hanno stipulato la maledizione, possa ucciderli. Neanche io. Lei è la sola che può compiere quest'impresa e io mi assicurerò che possa farlo nel migliore dei modi... e non sarà una bella esperienza.
    A quel punto Febo si inserì nel discorso, accostandosi al giovane Cacciatore con sguardo preoccupato e stranamente più vecchio del normale.
    Signorina Gideon... lei non è obbligata a farlo. Può rimanere qui, possiamo proteggerla...
    Non era difficile immaginare che fosse visibilmente contrariato a quell'opzione ma quando Edmond lo invitò a lasciarli soli, l'anziano uomo non potè fare altro che acconsentire ed uscire da quel luogo amareggiato. In quei due mesi il maggiordomo si era affezionato a lei e l'idea che potesse affrontare un addestramento simile gli spezzava quasi il cuore.
    Febo... fa bene ad essere preoccupato. Ciò che affronterà non è qualcosa che un semplice umano come lei può sopportare. Essere un Cacciatore non significa essere solamente forti. Significa avere un corpo di ferro, una mente incrollabile e una volontà indistruttibile. Lei ha dimostrato di avere discrete basi ma su quelle basi andranno erette delle vere e proprie fortezze che lei lo voglia o no. Una volta cominciato qualunque suo pianto, preghiera, rimorso, urlo straziato verrà totalmente ignorato.
    Completò il giro, arrivando dal lato dove poco prima si trovava il maggiordomo, allungando una mano verso di lei e se la donna avesse accettato Edmond l'avrebbe aiutata a scendere dal letto, continuando a parlarle.
    Non le chiederò se è veramente convinta, riconosco che in questo frangente è una domanda estremamente stupida, quindi mi limiterò a dirle che se vuole seguirmi l'accompagnerò nella sala dove riceverà la sua personale tuta da combattimento. Tra le molte doti di Febo spicca quella di creativo modello, disegnatore e sarto. Sicuramente apprezzerà la sua semplice quanto sensuale e pratica soluzione, adatta ad una meravigliosa creatura come lei.
    Edmond stava affrontando quella situazione in maniera particolarmente tranquilla nonostante conoscesse alla perfezione il destino che attendeva la donna ma era anche consapevole che caricarla di ulteriore paura e ansia non era la medicina migliore per alleviare il suo dolore. Aveva ricevuto la sua dose di informazioni e di conoscenza sulla pericolosità di ciò che l'attendeva, ora era necessario che il giovine che l'aveva salvata le ricordasse anche che oltre ad essere una vittima, una sopravvissuta e una donna maledetta, Arturia appariva agli occhi del Cacciatore come un esempio di perfetta e piacente femminilità che meritava di essere trattata con la dovuta gentilezza che caratterizzava un uomo del suo portamento. Così, dopo essersi assicurato che Arturia potesse reggersi saldamente sulle sue gambe, mosse qualche passo in avanti, aprendo la porta scorrevole, facendole cenno di precederlo così che potesse chiuderla alle loro spalle insieme, successivamente, alla grande libreria.
    Una volta terminato l'addestramento, o anche fra una sessione e l'altra, avrà tutta la libertà di leggere ogni libro presente in questi scaffali. Ho molti classici di qualunque genere e anche un gran numero di volumi riguardo le magnifiche creature che popolano il nostro pianeta. Ma le consiglio di non fossilizzarsi solo su quello, essere un Cacciatore non deve essere una gabbia ma una dolce libertà.
    Se Arturia si fosse guardata intorno avrebbe potuto notare che la sala principale era tappezzata da un numero imprecisato di libri divisi opportunamente per genere da eleganti targhe dorate applicate sul legno. Non fu una camminata così lunga, tagliarono il grande salone principale così da raggiungere una lucida porta dal lato opposto dalla all'infermeria segreta. La targa sulla porta indicava che quella doveva essere la stanza di Febo e difatti, quando Edmond aprì delicatamente la porta, facendole nuovamente cenno da galantuomo di precederlo, l'elegante stanza del maggiordomo si aprì di fronte ai suoi occhi, fornita di tutte le comodità di un semplice appartamento ma trasposte nell'ottica di un uomo molto ricco. Al centro della stanza troneggiava un manichino vestito di una tuta attillata viola, guanti e stivali annessi e un appariscente mantello viola. Il maggiordomo stava ancora armeggiando con gli ultimi ritocchi ma quando vide i due ospiti si allontanò immediatamente dalla sua opera, effettuando un breve inchino.
    Spero che Miss Gideon possa apprezzare il mio lavoro. La tuta è finemente studiata per facilitare ogni suo movimento dato che dovrà fare molto affidamento sul suo corpo. I guanti e gli stivali sono un mio tocco personale mentre il mantello... se non le piace posso anche toglierlo.
    Sono sicuro che le piacerà. Ora se vuole farci il piacere di indossarlo... in fondo alla stanza c'è una tenda dove può coprirsi. L'attendiamo con ansia.
    Concluse Edmond, allungando un braccio verso il nuovo vestito di Arturia... sempre che non avesse preferito tenersi la camicia strappata e i pantaloni con bretelloni troppo grandi per lei.

     
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    Non era la prima volta che lo vedeva fare una cosa del genere, aveva altri ricordi del maggiordomo mentre la copriva, oramai totalmente esausta a causa del tormento che era costretta a sopportare. Era un buon risveglio, un risveglio affettuoso della quale spesso sentiva la mancanza. I suoi genitori avevano smesso da un pezzo di rimboccarle le coperte eppure anche solo averli vicini la faceva stare bene. Aveva rinunciato a loro non solo perché temeva di coinvolgerli in una battaglia che non potevano vincere, ma soprattutto perché temeva che una così calda accoglienza potesse distrarla dal suo obbiettivo. Non perché fosse una scelta debole, una famiglia... no, semplicemente le avrebbe ricordato cosa poteva perdere in caso di fallimento. E questo no, non poteva permetterselo. Strinse il lenzuolo sul petto con entrambe le mani, macchiandolo col sangue sulle sue braccia dipingendo qualche linea cremisi sulla superficie, man mano che lo tirava a sé. Alzò lo sguardo lentamente, cercò di non lasciarsi sfuggire troppi sentimenti ma i suoi occhi erano quasi lucidi, rivolti verso la rassicurante figura di quell'uomo tanto premuroso. Mormorò un Grazie quasi sospirato, per poi darsi un contegno e cercare di riprendere il coraggio a due mani prima che le sfuggisse di nuovo. Allargò quindi le braccia mostrandole al maggiordomo, così da permettergli di medicarle le ferite mentre il giovane al suo fianco iniziava a parlare. Non sembrava il preludio di una lunga serie di buone notizie, e Arturia non esitò a fare un cenno col capo appena il suo interlocutore fece notare che non erano quelle il genere di informazioni che si aspettava. Appena il primo braccio fu medicato, lo afferrò per poterle concedere un saluto inaspettatamente garbato e solenne, un gesto inaspettato che fece sciogliere l'espressione della ragazza in qualcosa di estremamente sorpreso, che le colorò le gote lasciandola con le labbra leggermente dischiuse. Avrebbe voluto spiegargli che una simile riverenza non era proprio necessaria, ma prevedibilmente le parole le morirono in gola, ancora troppo provata da quella lunga serie di emozioni per perdersi in un simile pensiero.
    P-per favore, non mi dia del Lei... mi fa strano.
    Questa fu l'unica cosa che riuscì a commentare, ma anche quello le venne piuttosto male, sfumando il tono della frase man mano che la completava come se fosse timorosa di interrompere il discorso di Edmond, che iniziava a farsi decisamente interessante. Iniziò a spiegarle cos'è un Incubo e come funzionava, lei assimilava avidamente informazioni cercando di rimanere concentrata. Abbassò lo sguardo passandosi le mani sui polsi e sulle braccia, quel sangue l'aveva davvero resa più resistente e capace di guarire velocemente, ma sarebbe bastato a vincere una battaglia psicologica?
    Ho visto con i miei occhi cosa può fare quel mostro...
    Un altro commento appena pronunciato, le immagini dei suoi amici resi vuoti dal terrore e massacrati nella carne erano un monito indelebile nella sua mente che non sarebbe mai riuscita ad affrontare con lucidità. Forse però non aveva bisogno di rimuovere un simile ricordo, forse poteva usarlo per alimentare la sua rabbia. Ma in cosa sarebbe stata diversa da un demonio che si nutre di emozioni a quel punto? Aveva a malapena scalfito la superficie di quel mondo e già si rendeva conto di quanto non fosse minimamente semplice. A quel punto le possibilità erano due: eliminare l'Incubo o eliminare lei, ma non avrebbe sopportato quel tormento negli ultimi mesi se avesse voluto suicidarsi. No, quello che voleva era non solo assicurarsi che nessun altro dovesse subire un simile destino, ma anche e soprattutto per un egoistico desiderio di essere libera. Ma fortunatamente, le parole di Edmond non sembravano affatto desiderose di scoraggiarla, ma anzi voleva assolutamente prepararla a quella battaglia, rendendola una cacciatrice degna di nota. Sollevò lo sguardo stringendo energicamente il polso destro con la mancina, anche l'altra mano aveva un pugno saldo e sul suo volto, rivolto verso Edmond come se fosse una specie di salvatore, celava una valanga di speranze della quale aveva un ossessionato bisogno. L'unico che provò a farla desistere fu Febo, ma oramai Arturia non poteva più tornare indietro e sarebbe stata ben lieta di spiegare le sue ragioni anche al maggiordomo, ma Edmond gli chiese di farsi da parte e lui, senza esitazione, ubbidì lasciandoli soli. Arturia lo seguì con lo sguardo come a volergli lasciare un affettuoso arrivederci, ma non perse di vista neanche per un secondo il discorso del suo salvatore. Le spiegò che doveva fare molto di più di ciò che aveva compiuto fino a quel momento, non si trattava più di dare la caccia a dei criminali, doveva temprare la sua mente e il suo corpo, ma lei non aveva paura, anzi la cosa che la terrorizzava davvero era restare lì tutta la vita a convivere con quegli Incubi senza poter fare nulla. Quindi accettò la mano di Edmond senza esitazione, lasciando che la aiutasse a rimettersi in piedi. Anche l'equilibrio era aumentato notevolmente, e non si era mai sentita così in forma in vita sua, eccezione fatta per la stanchezza mentale s'intende.
    I miei amici hanno pregato e pianto all'interno di una chiesa. Mi hanno dato una bella lezione su cosa ne pensano quei mostri della "Pietà".
    Ma quello era più che giustificabile, forse, dato che lei non sarebbe stata così morbida col suo incubo. Edmond decise quindi di continuare ad incoraggiarla, guidandola verso quella che sarebbe stata a sua detta una "tuta da combattimento pensata appositamente per una creatura sensuale come lei", una definizione che la costrinse di nuovo ad abbassare lo sguardo ma stavolta riuscì ad evitare di arrossire. Avrebbe voluto dirgli che quei commenti la imbarazzavano e non poco, ma dato che era così gentile non le sembrava il caso di essere così scorbutica. Il primo passaggio dopo la stanza fu una gigantesca libreria, a sua disposizione a detta di Edmond ma solo dopo aver affrontato l'addestramento, ogni cosa a suo tempo. Definì inoltre la loro natura "non una gabbia ma una dolce libertà", ma per lei la cosa non poteva essere che l'esatto opposto. Come poteva sentirsi libera mentre era vittima di quell'Incubo terrificante?
    Finché porterò il Suo fardello non sarò mai libera. Per questo voglio andare fino in fondo. Potrò parlare di libertà quando sarò sveglia una volta per tutte.
    La cura e la precisione di quel luogo però la faceva sentire a suo agio, anche lei era una tipa molto ordinata e precisa, avrebbe rispettato l'ordine creato in quel luogo con tutto il rispetto necessario. Andarono avanti passando per il salone, curiosamente Arturia cercava di cogliere dettagli che non avrebbe mai osato chiedere ad Edmond durante quel primo incontro, ad esempio foto di famiglia, targhe commemorative ed altro. A dirla tutta non sapeva neanche se quella era davvero casa sua o semplicemente un rifugio per i cacciatori. Sicuramente c'era la stanza di Febo, visto che una porta diceva proprio quello, e al suo interno trovò il maggiordomo che affiancava la tanto decantata tuta, che su quel manichino faceva decisamente una bella figura. Arturia mosse le labbra in un silente Wow, senza lasciar trapelare ulteriori commenti. Iniziò a camminare lentamente intorno alla tuta, tenendo le mani ampiamente allargate come se fosse tentata di toccarla, ma aveva il timore che solo sfiorandola avrebbe potuto danneggiarla. La invitarono ad indossarla e non vedeva l'ora che arrivasse quel momento, così finalmente si concesse un sorriso entusiasta.
    Ho sempre avuto la sensazione che quei personaggi dei fumetti e dei videogiochi fossero decisamente stupidi ad indossare cose così attillate... ma ora che capisco la differenza tra un corpo normale e uno vigoroso, mi rendo conto che la cosa peggiore sarebbe limitare in qualche modo una simile libertà nei movimenti. Mi piace. Vi ringrazio davvero, prometto che farò in modo di non rovinarla.
    Non aveva la più pallida idea di quanto si sbagliasse in quel momento, né di quanto sarebbe stato difficile uscirne sempre senza un graffio. Prese tutto il necessario dunque, dirigendosi frettolosamente verso la tenda così tanto impaziente da sfilarsi la camicia dai pantaloni prima ancora di sfuggire al loro sguardo. Si spogliò rapidamente, non che facesse una grande differenza visto che con quei larghi vestiti non si era mai sentita davvero coperta, ma non aveva più tempo per esitare, voleva fare ciò per cui si era preparata tutto quel tempo. Infilò la tuta rapidamente, era elastica ma si adattava perfettamente al suo corpo come una seconda pelle, era rinforzata nei punti giusti per non costringerla ad indossare nessun altro inutile indumento, il seno restava su da solo e il resto del corpo dava la sensazione di essere protetto. Era nuda in pratica, ma non dava minimamente l'idea di essere in difficoltà. Guanti, stivali, e appena afferrò il mantello iniziò subito ad uscire dalla tenda, finendo di indossarlo solo una volta che fu di fronte a loro. Diede un ultima sistemata ai guanti, mostrandosi più risoluta che mai. Non era in imbarazzo, anzi non si era mai sentita così sicura in vita sua.
    Beh? Come sto?

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    Febo si fece leggermente da parte, lasciando tutto lo spazio possibile ad Arturia per poter ammirare la sua nuova tuta, girarci intorno ed analizzarla in ogni singolo particolare. Non era un'opera particolarmente complessa o dettagliata, il maggiordomo aveva ritenuto necessario pensare più alla funzionalità che all'effettiva bellezza o estetica e si era sentito sollevato nello scoprire che la donna apprezzasse ugualmente il suo lavoro. Dai suoi gesti trapelava un'incredibile stupore e quasi un certo timore a toccarla forse per paura di rovinarla ma il sorriso che si dipinse sul suo volto quando venne invitata ad indossarla riempì il cuore del maggiordomo e ancora più di ansia quello di Edmond. Sarebbe stato capace di rimanere ferreo e impassibile di fronte a ciò che avesse dovuto subire Arturia? Soprattutto quando il suo "allenatore" sarebbe stato lui? Quel sorriso fu come una pugnalata al cuore e se la donna non era ancora abituata a comprendere le espressioni del Cacciatore lo stesso non si poteva dire di Febo che lesse immediatamente negli occhi di Edmond un'incertezza crescente e un certo disagio nell'immaginare cosa sarebbe dovuto accadere di lì a poco tempo.
    Entrambi rimasero in silenzio, seguendo con gli occhi la figura entusiasta di Arturia correre dietro la tenda, arrivando addirittura a svestirsi poco prima di coprirsi tanta era la fretta e solo in quel momento, quando la ragazza fu nascosta e lontana da loro, il maggiordomo si avvicinò al ragazzo, guardando nella sua stessa direzione: la loro futura Cacciatrice.
    Signorino Edmond, io non condivido la sua decisione ma non posso ignorare quali siano i sentimenti di Miss Gideon e cosa abbia dovuto sopportare prima di arrivare qui. So che... non possiamo proteggerla. So che quell'Incubo prima o poi verrà a riprendersela quindi per il suo bene e per quei rari, si spera sempre meno, sorrisi faccia ciò che deve fare e lo faccia nel modo più disciplinato e professionale possibile. Non è più il momento di tirarsi indietro.
    Era impossibile non percepire una rottura nella voce dell'anziano signore ed Edmond rispose immediatamente posando una mano sulla sua spalla mostrando una presa ferrea e autoritaria ma non così forte da risultare dolorosa. La presa di una persona decisa e determinata.
    Grazie Febo. Non so che farei senza di te...
    Quel piccolo scambio durò brevemente, giusto il tempo che un'euforica Arturia uscisse da dietro la tendina mettendo in mostra il risultato del lavoro del maggiordomo non sul corpo di un manichino ma sul perfetto e femminile corpo della bellissima donna che avevano accudito per due mesi. Per la prima volta la parlantina di Edmond venne brutalmente spinta dentro la sua gola costringendolo ad un inspiegabile silenzio condito da labbra leggermente dischiuse per lo stupore. Per quanto riguardava il maggiordomo invece i suoi piccoli occhialini gli caddero da davanti agli occhi, ondeggiando sbilenchi sul naso. Forse aveva esagerato a farla così tanto attillata, aveva sottovalutato la generosità delle forme di Arturia che ora esplodevano sotto quel tessuto viola come fosse totalmente nuda.
    E-ehm... *coff* ... ti dona molto Arturia. Febo ha fatto p-proprio un ottimo lavoro, vero Febo?
    Vero signorino Edmond... verissimo.
    Fu quasi buffo vederli entrambi così tanto in difficoltà soprattutto se fino a poco prima il Cacciatore si era dimostrato così risoluto, autoritario, disciplinato ed elegante ma in fondo anche lui era un uomo e come tutti gli uomini aveva le sue piccole debolezze che non era in grado di celare totalmente. Per una donna sveglia come lei sarebbe stato facile capire che il "damerino" se la stava letteralmente mangiando con gli occhi. Anzi, spolpare fino alle ossa e ancora più in fondo era il termine più esatto. Quel silenzio durò per una manciata di secondi e quando il maggiordomo realizzò che il ragazzo di fronte a lui era parzialmente impallato si sbrigò a colpirlo sulla schiena con una serie di docili schiaffetti.
    Signorino? C'è un addestramento da portare avanti eh...
    Come risvegliatosi da un lungo sonno Edmond strizzò gli occhi, spostando immediatamente lo sguardo dalla figura femminile di fronte a lui compiendo mezzo giro sul posto così da darle le spalle.
    Giusto Febo! Prego Arturia, seguimi alla nostra nuova meta!
    Aveva aggiustato il suo modo di parlare adattandolo alla richiesta della donna visto che il "lei" la metteva così tanto a disagio e quella buffa situazione lo aveva aiutato a sciogliersi quel tanto che bastava per non dare troppo peso alle azioni che avrebbe compiuto. Arturia era una donna forte, bella e coraggiosa e lui non doveva temere di metterla di fronte alle difficoltà di quel mondo crudele che lei era così determinata a voler affrontare. Come poteva considerarsi un uomo e un Cacciatore se di fronte alla forza di una semplice donna umana senza poteri lui mostrava solamente timore? Lui era il suo mentore e come tale doveva comportarsi.
    Febo li salutò entrambi con voce acuta e un ampio gesto di mano e una volta giunto alla porta, Edmond, a causa della sua educata deformazione professionale, invitò nuovamente Arturia a precederlo stavolta puntando lo sguardo in direzioni vuote per non cadere nella bieca e volgare tentazione di scannerizzare il suo didietro da cima a fondo una volta che avesse attraversato l'uscio riuscendo, almeno in parte nel suo intento.
    Questa villa è della mia famiglia. L'ho ereditata dopo la perdita dei miei genitori. Febo ormai è l'unica famiglia che mi rimane. C'è molto spazio quindi non sentirti di troppo se desideri rimanere qui e usare questo posto come rifugio o una casa.
    La superò con passo veloce e pronunciò quelle parole proprio mentre passavano di fianco ad un enorme quadro che molto probabilmente ritraeva lui, piccolino, insieme ai genitori ormai defunti. Una volta usciti dalla stanza di Febo Edmond si diresse verso l'uscita principale, un enorme portone di legno pregiato decorato con placche d'oro finemente tagliate a sembrare come ramoscelli d'alberi e fiori. Il Cacciatore afferrò entrambe le maniglie, abbassandole per poi spalancare le due ante e permettere così ad entrambi di uscire.
    Edmond appariva come un disciplinato Cacciatore ma non c'era mai da dimenticarsi che fosse un riccone eccentrico quindi non fu strano rendersi conto dell'enorme piscina a due passi dall'entrata, scavata nel mezzo di un grande giardino che vedeva di fianco alla grande vasca d'acqua anche un piccolo campo da tennis. Ovviamente lo scopo di quell'uscita non era divertirsi ma voltare immediatamente a sinistra e raggiungere il garage pieno di un gran numero di veicoli che Edmond aggirò uno dopo l'altro fino a raggiungere un piccolo tastierino numerico che sembrava dover aprire la seconda saracinesca che dava sul retro. Invece la serie di numeri che il Cacciatore premette servirono a mostrare che la parte di pavimento dove si trovavano era "divisa" dal reso, un bloccone di cemento che prese a scendere lentamente verso il basso.
    Capisco il tuo stato d'animo Arturia, capisco la rabbia che provi nei confronti di quell'Incubo per ciò che ha fatto a te e ai tuoi amici ma un Cacciatore deve essere libero, non ingabbiato da assoluti sentimenti. Cacciare pensando alla vendetta ti porterà alla morte, tienilo sempre a mente. Un Cacciatore deve cacciare.
    L'ascensore si arrestò compiendo un delicato stantuffo, segno che aveva raggiunto la sua meta ultima. Due grosse porte scorrevoli si aprirono lentamente davanti ai loro occhi mettendo in mostra un'immenso spazio vuoto provvisto in ogni dove di armi, equipaggiamenti, corazze. In una stanza vicina era stipato un grosso sistema informatico, pieno di schermi, come un enorme computer. Stavolta fu Edmond a precederla, girandosi immediatamente così da allargare le braccia e permetterle di ammirare quel grosso bunker.
    E questo, Arturia, è la stanza dei giochi. E per i prossimi giorni la tua zona d'addestramento. Ti permetto di fare un giro, in quella direzione potrai trovare dei giubbotti antiproiettile, voglio che ne indossi uno, mentre poco vicino troverai un vasto assortimento di armi, scegli quella che pensi possa fare al caso tuo. Arma bianca eh, per ora inizieremo con quelle. Io nel frattempo andrò a prepararmi.
    Detto questo si sarebbe allontanato in direzione della stanza con computer, fermandosi poco prima a sinistra dell'architrave che divideva il bunker da quella piccola stanzina, sbottonandosi gilet, camicia, appendendoli ad una staffa su cui erano appoggiate delle armi, mettendo in mostra una muscolatura disumana. Per lui afferrò una semplice spada a una mano, facendola roteare diverse volte nelle mani. Il suo scopo era quello di intimorire Arturia che se anche per un breve attimo si fosse messa ad osservarlo si sarebbe resa conto sia del suo corpo sia delle sue elevate abilità nell'utilizzo di un'arma così semplice. Doveva aver paura? Paura no, ma se anche avesse provato un brivido di indecisione sarebbe stato perfetto. Una volta che fosse stato pronto, Edmond si sarebbe spostato al centro di quel grande bunker, puntando la spada a terra, attendendo che Arturia lo raggiungesse. Solo a quel punto si sarebbe messo a parlare di nuovo.
    Essere un Cacciatore, come ti ho già detto, significa avere un corpo di ferro. Non conosco le tue nozioni nell'uso delle armi e non mi interessano. Un Cacciatore non combatte usando solo la ragione, la ragione è lenta in molti casi e la lentezza è morte. Se nel mondo esistono uomini e bestie noi siamo l'anello che li congiunge. Un Cacciatore usa tanto la ragione, quanto l'istinto ed è solo lui a decidere da cosa attingere. Ora, Arturia Gideon, difenditi.
    Un rapidissimo affondo mirato proprio al giubbotto antiproiettile, troppo veloce per lei. La punta della spada si sarebbe abbattuta sulla spessa placca di metallo e il colpo somigliò molto ad un fortissimo pugno dal suo punto di vista. Un pugno che l'avrebbe scaraventata a terra con il fiato spezzato. Poteva controbattere a parole, sempre se ne avesse avuto il tempo perchè giusto il tempo di sollevare gli occhi e la donna si sarebbe ritrovata Edmond sopra di lei come un'ombra intento a far calare la spada come una ghigliottina stavolta non in zone che il giubbotto poteva proteggere. I suoi occhi erano quelli di una bestia, non quelli del ragazzo che l'aveva ricoperta di complimenti ed era rimasto impacciato nel vederla indossare quella tuta. Arturia in quel momento era in grosso pericolo. Aveva di fronte il Cacciatore, non più Edmond.

     
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    Non poteva negare che quella reazione la compiaceva un bel pò, poteva dirsi soddisfatta del suo corpo femminile se non altro, inoltre aveva la netta sensazione che il fisico più allenato risaltasse decisamente meglio la sua già generosa predisposizione, forse non le sarebbe dispiaciuto affatto mettere su qualche muscolo in più per prepararsi alla vera battaglia. Sfoggiò quindi un ampio sorrisetto che aveva un che di malizioso, portando poi le mani sui fianchi in attesa di conoscere il prossimo obbiettivo e sarebbe rimasta in quella posa per un bel pezzo se Febo non avesse ricordato lo scopo ultimo del suo padrone in una simile situazione. Saltò quindi il maggiordomo amichevolmente, incamminandosi verso la prossima destinazione a passo svelto, afferrando il mantello con le mani per esaminarlo meglio, era davvero una scelta di stile peculiare e non le dispiaceva affatto. Nel mentre, Edmond gli raccontò la storia di quel luogo come se poco prima l'avesse letta nel pensiero, non le dispiacque come spiegazione e di sicuro non avrebbe fatto complimenti in caso fosse servito.
    Pensavo di essere già a casa, o contavate di mettermi alla porta? Si sta bene qui, mi sarebbe dispiaciuto...
    Iniziò con una punta leggermente provocatoria, ma che trasformò immediatamente in un più candido e sincero desiderio di non allontanarsi, principalmente per non mettere in pericolo nessun altro con la sua maledizione e soprattutto per non perdere di vista il suo obbiettivo. Si soffermò a guardare un attimo il quadro che ritraeva un giovane Edmond, ed effettivamente non sembrava cambiato molto da allora. Il fatto era che Edmond risultava decisamente troppo giovane per somigliare a qualcosa di esperto come un maestro, e soprattutto quel quadro appariva non esattamente recente. Ma quanti anni aveva quel tipo? Che il sangue di cacciatore avesse anche la lunga vita tra i suoi effetti? Non le dispiaceva l'idea di non invecchiare in fondo. Uscirono dalla casa, l'itinerario di Edmond metteva in mostra i suoi averi e i suoi lussi, ragioni in più per non allontanarsi troppo da quel posto. Com'era prevedibile, la grandezza di una villa è proporzionale solo ai segreti che cela, e infatti il padrone di casa iniziò ad armeggiare con un tastierino numerico mentre Arturia scrutava una per una le auto a sua disposizione. In quanto attenta osservatrice, non poteva fare a mente di notare quanto schifosamente ricco fosse il suo mentore.
    Dimmi che c'è una di quelle in dotazione a chi supera l'addestramento...
    In quel caso, non fu neanche lontanamente ironica, ma il suo desiderio venne azzoppato dalle parole severe ed improvvise di Edmond che la invitavano a perdere di vista il suo obbiettivo e concentrarsi su qualcosa di più grande. Detto da lui sembrava maledettamente facile, ma ne era in grado? No, non finché non trovava un modo per combattere quei terrificanti Incubi.
    Farò del mio meglio.
    La calata nell'ascensore si fece di colpo silenziosa, Arturia si rese conto di quanto fossero pesanti i suoi pensieri nel silenzio, specialmente se non stava meditando su cose piacevoli. Fortunatamente il silenzio non durò a lungo e la sua mente si aprì di tutt'altre idee quando le porte scorrevoli si aprirono, rivelando un bunker letteralmente stracolmo di armi e ogni genere di attrezzo utile per il combattimento. Seguì Edmond con gli occhi sgranati, guardandosi frettolosamente intorno. Non aveva mai visto tante armi neanche nell'armeria della centrale di polizia, lì dentro c'era abbastanza attrezzatura da scatenare una vera e propria sommossa. A stento percepì quello che Edmond stava dicendo, persa totalmente nelle numerose possibilità di quell'armamentario. Non aveva mai saputo manipolare a dovere un'arma grossa, con la sua nuova forza si sarebbe trovata meglio? Le disse di indossare un giubbotto antiproiettile e di scegliere un'arma, il vero dilemma non era solo trovare l'arma giusta ma soprattutto un giubbotto che potesse contenere le sue prosperose forme. Afferrandone uno infatti, non poté ignorare il fatto che il suo seno non ci stava per niente dentro uno di quei perizomi corazzati. La sua espressione si fece molto meno entusiasta.
    Febo potrà farmi su misura anche uno di questi...?
    A quel punto tanto valeva evitare, aveva la sua nuova tuta apposta no? Che senso aveva perdere tempo con un giubbotto antiproiettile? Soprattutto se dovevano fare un combattimento all'arma bianca! Si voltò pronta a mostrare le sue argomentazioni, ma quando le fece si ritrovò davanti un Edmond grosso quasi il doppio di quello che sembravano normalmente, che sfoggiava una maestria terrificante con la sua spada. Con i vestiti addosso non appariva affatto così massiccio. Con un espressione quasi inebetita e l'occhio destro che tremolava vistosamente, Arturia perse tutta la voglia di commentare e decise quindi di infilarsi il giubbotto come meglio poteva, slacciandolo un pò sulla parte superiore così da farlo finalmente calzare a dovere. Come arma scelse una spada lunga, non particolarmente piccola ma neanche troppo grande, la giusta via di mezzo tra una spada come si deve e un pesante spadone. La scelta equilibrata era sicuramente quella più giusta. Lo raggiunse al centro del bunker tenendo la spada sulla spalla, approfittando della bretella rinforzata del giubbotto per evitare tagli, lo aveva visto fare spesso dagli agenti di polizia. La impugnava con la destra e la teneva saldamente, abbastanza da darle sicurezza. O almeno così pensava. Il discorso sui cacciatori e la differenza tra umani e bestie la affascinò, forse troppo visto che Edmond riuscì a colpirla senza che neanche lo vedesse, attaccandola in un punto protetto dal giubbotto che fortunatamente non la uccise, ma la stesa. Il suo primo pensiero mentre crollava a terra sbuffando dolorosamente fu un bel maleficio per sé stessa, aveva seriamente pensato di non indossarlo? Prese la spada a due mani, non aveva perso la presa fino a quel punto e forse poteva ancora usarla per difendersi, ma prima di potersi rialzare Edmond l'aveva già incalzata, pronto a sferrare un fendente letale. Che diavolo gli stava succedendo? Non somigliava neanche al ragazzo che aveva conosciuto da poco, aveva perso ogni traccia di esitazione, di contengo... di umanità. Era proprio come... il suo Incubo? Gli occhi sgranati di Arturia si affilarono, non era il momento di lasciarsi coinvolgere dalle emozioni. Strinse i denti e cercò di fermare il fendente che stava per colpirla come poteva, ma qualcosa le diceva che la sua forza non sarebbe stata del tutto sufficiente.
    Non mi dai neanche il tempo di prepararmi?! Il giubbotto era l'unica cortesia?
    Voleva sembrare più adirata che provocatoria, come poteva imparare se neanche otteneva l'occasione di provarci?
     
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    Tentare di parare quella spada fu tanto stupido quanto utile per Arturia. Subire una ferita non significava solamente finire in svantaggio ma anche acquisire informazioni sul proprio avversario e lei ne stava per assimilare una nuova e cioè che la forza di Edmond era troppo superiore alla sua per poterle permettere una parata convenzionale. Il colpo del Cacciatore avrebbe letteralmente piegato la sua difesa e spinto la stessa spada che la donna reggeva contro di lei finchè la sua stessa lama non l'avrebbe ferita all'incirca nella zona fra collo e spalla, penetrando nella carne quanto bastava per farle sentire il giusto dolore. Il dolore di una battaglia disperata dove era costretta a cambiare per non perire. Pensava che Edmond ci fosse andato leggero con lei? Pensava di iniziare con qualche lezione di combattimento e fare un po' di sparring come bravi ragazzi? Non la stava preparando ad una gara di scherma ma ad una vera e propria guerra. Cacciare non era sinonimo di combattere, non era sinonimo di uccidere. Cacciare significava cacciare e solo un essere vicino ad una bestia può comprendere a fondo cosa significhi realmente la caccia. Il loro primo incontro serviva a quello, serviva a stimolare l'istinto di sopravvivenza di Arturia, serviva a farle capire che di fronte ad un mostro la soluzione non è scappare ma trovare il modo di sopravvivere e forse anche di vincere ma come poteva capirlo così presto?
    La donna non avrebbe avuto neanche il tempo di urlare o soffrire per la lama che le dilaniava le carni che con la mano libera, passando sopra l'ammasso di lame, ferite e sangue, Edmond le avrebbe piantato un poderoso pugno sul viso, un mattone lanciato a gran velocità che si sarebbe abbattuto sul suo bellissimo viso, scaraventandola a terra come un sacco di patate data la sua scarsa forza fisica.
    Sei simpatica Arturia, senti ancora il bisogno di fare dell'ironia come alternativa al pisciarti addosso? E' una buona soluzione ma quanto durerà?
    Camminava tranquillamente, lasciando roteare la spada nella mano. Era pulita. Quella sporca era quella di Arturia, sporca del suo stesso sangue.
    Non sei più un essere umano. Sei una bestia e le bestie affilano gli artigli e i denti quando sono messe all'angolo! Io vedo ancora una signorina felice per il suo nuovo vestitino. Non ci siamo.
    Avrebbe continuato a picchiarla così forte? Quel pugno non era stato nulla di umano e non si sarebbe stupito se Arturia avesse dovuto impiegarci almeno qualche minuto a fermare il suo cervello dal tremolìo e la fuoriuscita di sangue dal naso. Edmond voleva che lei vedesse il mondo in un modo diverso. Doveva smetterla di pensare come una semplice umana, smetterla di pensare di possedere dei limiti e provare a superarli anche se ciò significava farsi del male. E quello sarebbe successo da quel giorno in poi, lei si sarebbe fatta del male. Molte volte, sempre più gravemente.
    In piedi, pensi che il tuo Incubo ti lascerà startene così a terra? Pensi che ti concederà un bellissimo giubbottino come ho fatto io? Vuoi svegliarti? Allora dimostramelo, fammi vedere come esce Arturia Gideon dal tuo torpore di debolezza e piagnistei e si trasforma in una vera Cacciatrice.
    Tendendo i muscoli del braccio che reggeva la spada, Edmond la sollevò e con un colpo secco ficcò la punta nel terreno, abbastanza a fondo da lasciarla rimanere in piedi per poi flettere le gambe e darsi una spinta, correndo verso di lei stavolta a mani nude e i denti in mostra come quelli di un vero animale. Serrò i pugni così duramente da far sanguinare i palmi delle mani e le gridò contro tutta la sua furia, la furia di un mostro che la caricava senza pietà, senza preoccuparsi di chi fosse, senza sapere e senza interessarsi se fosse forte o debole. I mostri non pensano a quello, i mostri pensano ad uccidere coloro che puntano e ora Edmond aveva puntato la bellissima Arturia Gideon. Come può una preda difendersi dalla carica del proprio predatore?

     
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    I denti si serrarono man mano che la spada entrava nella sua carne, tagliandola, più per rabbia in realtà che non per il dolore. Eppure lo sentiva, e divenne ancora più forte quando percepì l'odore del suo stesso sangue coprire il terreno. Era fastidioso, come facevano i grandi campioni a stringere i denti di fronte alle ferite peggiori? Solo quel taglio, certo non superficiale ma neanche grave, le fece digrignare i denti in malo modo. Inutile fu il tentativo di alzarsi o ribattere, la risposta fu un poderoso pugno sulla faccia che le tolse di nuovo le energie e per un istante staccò completamente la spina dei suoi neuroni, riaccesi solamente grazie all'impatto col terreno. Ora non solo l'odore, ma anche il sapore del sangue le riempiva la bocca e la faccia indolenzita le impediva di aprire completamente gli occhi, tuttavia la sua faccia lo stava comunque fissando in cagnesco. Iniziò a camminarle intorno e Arturia ne approfittò per prendere fiato e soprattutto staccarsi la spada dalla spalla, serrandola meglio in mano mentre cercava di rimettersi in piedi, non gliela avrebbe data vinta così facilmente e si rialzò anche prima che finisse il suo discorso su quanto potesse essere debole. Il naso lasciò cadere qualche grossa goccia di sangue prima sul terreno e poi sul suo volto, leggermente piegata in avanti Arturia si portò l'avambraccio sotto alla bocca, asciugandosi con il guanto il sangue di troppo e magari togliersi un pò di metallico sapore dalla bocca. Diede un occhiata alle macchie sulla sua tuta nuova, e adesso si che poteva dirsi arrabbiata.
    Sai non hai tutti i torti, le signorine si incazzano come delle bestie se rovini il loro vestitino nuovo!
    Quel grido coincise con l'urlo quasi bestiale di Edmond, il fatto che avesse bucato il pavimento con la spada l'aveva impressionata abbastanza per farle capire che cercare di affrontarlo a mani nude non era una buona idea. Ma iniziava a pensare che le buone idee non fossero il forte di quello che si fa chiamare "cacciatore". Così mentre lui le correva addosso ruggendo, lei rispose gridando e lanciando via la spada, serrando bene il pugno che si era macchiato di sangue per poter rispondere al suo attacco con la mera forza bruta. O quasi. Avrebbe mostrato il pugno destro serrato come il ferro, ma il sinistro stringeva invece il mantello, pronta a sollevarlo una volta di fronte ad Edmond, scartando di lato per evitare il suo attacco frontale e provare a destabilizzarlo in qualche modo. Voleva metterlo nel sacco e guadagnare anche solo un istante, se ci fosse riuscita gli avrebbe assestato un pugno sotto l'ultima costola del fianco sinistro, con tutta la rabbia e l'adrenalina che aveva in corpo. I denti si serrarono così forte da stridere come spade che si incrociavano, voleva farle del male? Allora non sarebbe rimasta a guardare. Non era una lezione dove doveva apprendere, lui non era il suo maestro... era il suo nemico.
     
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    Che Arturia stesse iniziando a comprendere la natura di un Cacciatore? Un Cacciatore è colui che quando viene messo all'angolo tira fuori la bestia che è in lui, quando non ha più niente si lascia andare alla furia e quella donna non aveva nulla dall'inizio del loro combattimento. Non sarebbe stato un vestitino a renderla più forte ma solo lei stessa, non sarebbe stato il pensiero di dover raggiungere quell'Incubo, l'ossessione di vendicarsi ma solo lei stessa. La vendetta doveva essere solo un fine, non il mezzo per raggiungere la grandezza. Quando la vide rispondere al suo ruggito con un grido Edmond assottigliò gli occhi e strinse maggiormente i pugni. Voleva affrontarlo petto a petto? In fondo a cosa le serviva una spada se il Cacciatore poteva usarla contro di lei, a cosa le servivano altre armi se lui poteva strappargliele dalle mani, quindi doveva lasciarsi andare, abbandonarsi all'ultima spiaggia: la feralità del combattimento a mani nude. Ma un Cacciatore non è solo istinto, è anche ragione e Arturia la usò, usò la parte più umana e razionale per sollevare quel mantello e sfruttarlo come una distrazione per quel toro inferocito che la stava caricando. Edmond caricò il pugno destro per poi spararlo in avanti come un pistone idraulico colpendo il mantello della donna che si piegò sotto la sua forza senza però abbattere nulla di concreto dietro di esso.
    Poteva fermarla facilmente e spezzarle il braccio ma non era lì solamente per azzoppare il suo spirito d'iniziativa e la sua voglia di brillare quindi semplicemente finse stupore, girando rapidamente lo sguardo verso di lei, furioso, poco prima che il pugno di Arturia impattasse proprio sotto l'ultima costola, trovando però pelle tesa e resistente contro le nocche.
    Eccola! Arturia Gideon, la Cacciatrice, che affronta valorosamente il mostro e assesta il suo primo colpo!
    Edmond non si era spostato di un millimetro dalla sua posizione come se il pugno non avesse sortito minimamente effetto e mentre urlava quelle parole in preda al brivido di quel combattimento, usò la gamba sinistra come perno per roteare il corpo e alzare la destra in una rapida rotazione a gamba tesa, con la gamba destra all'altezza della sua spalla. Rapido come un lama la tibia del Cacciatore sarebbe impattata sull'articolazione di Arturia se essa non avesse fatto qualcosa. Aveva spostato l'aria e si udiva un rumore simile a quello di una spada che menava un fendente nel vuoto. Un colpo del genere poteva fracassarle la spalla ma era anche abbastanza telefonato da poter essere evitato in maniera rocambolesca anche da una come lei. Cosa avrebbe fatto la preda furiosa per difendersi dall'ennesimo assalto del mostro che era venuta a cacciare quando con il suo miglior pugno non era riuscita neanche a smuoverlo?

     
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    Un rumore stridente più forte degli altre uscì dai suoi denti stretti nella bocca appena si rese conto di non essere riuscita a colpirlo come si deve. Si maledì serrando le nocche fino a far sanguinare il palmo della mano, se quello doveva essere un colpo decisivo doveva metterci tutta la forza che aveva in corpo, altro che colpire in quella maniera così fiacca. Non ci stava neanche provando, altrimenti Edmond non sarebbe rimasto impassibile. La rabbia crebbe nel suo sguardo, odiava fallire in maniera tanto palese, si sentiva umiliata e sconfitta, e la cosa peggiore era che ce la stava mettendo tutta con i mezzi che aveva a disposizione. Purtroppo però, aveva esaurito il tempo per maledirsi da sola, perché Edmond stava per impartirle un'altra dolorosa lezione con la sua gamba destra. Le bastò sentire il rumore che provocava quella gamba tesa per capire che non sarebbe riuscita a respirare se l'avesse colta impreparata, quindi dovette serrare i suoi muscoli il più possibile, unendo l'avambraccio e il bicipite sinistri in modo da trasformare l'arto in un resistente blocco, accompagnandolo poi con il braccio destro a rafforzare quella struttura in modo da provare a resistergli con tutta la forza che aveva in corpo e magari contrattaccare. Ma appena quella lama di ossa si abbatté contro di lei, si rese conto di quanto era stata ingenua a pensare di potergli resistere. Il colpo piegò letteralmente la sua posizione, e anche se lei cercava di restare immobile il calcio riuscì a spostarla di qualche metro, facendo stridere i suoi stivali contro il terreno. La sua espressione cambiò rapidamente da risoluta a dolente, gli occhi e le labbra tremarono ed ebbe l'istinto di crollare in ginocchio, ma riuscì a tenersi in piedi anche se il volto era piegato in avanti. Con la mano destra teneva il braccio sinistro, livido e dolente, non sapeva se era rotto o se la spalla era lussata, sapeva solo che faceva un male cane e trattenere le grida si traduceva in un affannoso respiro inconcludente, quasi come se stesse soffocando.
    P-perch... c-caz... CAZZO...!!!
    A stento riusciva a parlare per quanto male le faceva quel colpo, cercò di stringere le dita e nel riuscirci si rese conto che non era ancora messa così male, ma il colpo era stato tanto forte che la testa girava fortissimo e il sangue pompava nelle sue vene come mai prima d'ora.
    Perché... anf... non capisco cazzo... anf... ho fatto le trasfusioni... perché non è abbastanza?!
    Non riusciva a capire, un conto era essere debole e fragile, era normale che l'Incubo avrebbe potuto prenderla in qualsiasi momento, ma adesso... stava diventando una cacciatrice! Anzi, lo era a tutti gli effetti con quel maledettissimo sangue. Eppure non aveva possibilità, neanche una! Edmond era totalmente su un altro piano, e probabilmente lui non era neanche tra i più pericolosi. Perché lei era così debole nonostante tutto? Pensava di poter combattere, forse non vincere ma almeno combattere! Ma quello non era che un massacro, e forse era proprio quella consapevolezza a farle più male, anche più di quel maledetto calcio.
     
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    Non era a caccia, quello non era un mostro, ma la sensazione a contatto, di un osso che si piega e si rompe sotto la potenza di uno dei suoi colpi era sempre un piacere da provare. Per un attimo la sua vena sadica rallentò il tempo lasciando che il ragazzo si gustasse l'impatto della sua gamba contro la rozza difesa costruita da Arturia. Rozza ma era ciò che voleva vedere. Di nuovo la strenua difesa a denti stretti guidata dalla pura volontà e determinazione e quello spirito di sacrificio l'aveva salvata, aveva impedito che l'articolazione della sua spalla finisse a fare compagnia all'altra, che tutto si disintegrasse come ramoscelli secchi sotto uno stivale. Arturia stava combattendo con tutto ciò che aveva contro un nemico che non poteva battere. Quello voleva vedere. Ora doveva solo alzarsi, anche barcollante e mostrare quello sguardo agguerrito, continuando a dare tutta se stessa anche se il suo braccio non ascoltava più i suoi ordini. Edmond rimase per qualche secondo di nuovo nell'ultima posizione assunta, con la gamba allungata, per poi piegarla e riavvicinarla al corpo, tornando in posizione eretta. Fu in quel momento che gli venne letteralmente un colpo al cuore. Arturia era ancora piegata dal dolore, barcollante, con il volto chino in avanti come qualcuno che ormai sta per gettare la spugna e dalle sue parole non uscirono altro che frasi senza senso, frasi di una persona abbattuta, frasi di qualcuno che in cuor suo aveva già perso e ora si abbandonava al mostro che l'aveva ridotto all'impotenza. Quella donna stava già crollando? Dopo due colpi che aveva ricevuto già ricominciava a piagnucolare e accusare qualcosa come il sangue del cacciatore della sua debolezza? Aveva fatto tutte quelle trasfusioni e quindi? Doveva essere diventata per forza forte? Per magia? Pensava che per due mesi l'avessero drogata così da renderla una super-donna? Era tutto sbagliato, stava perdendo la giusta via e questo fece infuriare Edmond.
    No! No! NO! Sei di fronte a un mostro! Non è il momento di frignare perchè lui non te ne darà il tempo!
    Fece roteare il corpo in un unico fluido gesto, allungando il braccio destro verso di lei. Tra le sue mani si generò un agglomerato di energia spazio-temporale che permise al Cacciatore di far apparire una grossa revolver che puntò rapidamente contro Arturia, sparando due rapidi colpi alla gamba sinistra e alla spalla che poco prima aveva subito quel violento impatto, danneggiandola ancora più gravemente. Aveva ancora quattro colpi e continuò a scaricarli mentre camminava verso di lei ma stavolta lo fece contro il suo giubbotto antiproiettile che al terzo colpo si incrinò e al quarto andò in pezzi, cadendo al suolo. Ogni proiettile sulla placca di metallo sarebbe stato come subire un poderoso pugno ma nulla comparato a quello che sarebbe successo dopo. Arrivato a pochi passi dalla donna Edmond lasciò cadere la pistola, afferrandola per la collottola, caricando un brutale destro che andò a schiantarsi dritto contro il suo ventre con il preciso scopo di farle provare l'ebbrezza di essere vicini a vomitare l'anima.
    Un mostro non ti dà il tempo di lagnarti! Un mostro non aspetta che tu abbia il momento di risoluzione! Non appena vede che cadi in ginocchio, infierisce perchè sa di aver vinto!
    Il combattimento era finito. Ora iniziava la vera lezione. Edmond avrebbe agganciato il braccio di Arturia al suo, così da tenerla vicino a lui mentre infieriva sul suo stomaco ripetutamente, pugno dopo pugno, così che sobbalzasse ad ogni impatto. Uno, due, tre, quattro mattoni si abbatterono sul suo povero corpo prima che il Cacciatore si sganciasse da lei, iniziando a colpirla ogni dove con pugni rapidi e taglienti come bisturi con precisione chirurgica e ogni volta che Arturia avrebbe alzato la difesa per parare un colpo esso sarebbe arrivato da tutt'altra direzione. Sulla testa, sul petto, sul ventre, sulle gambe, sulle braccia. Per un attimo sembrò che Edmond avesse ben più di un arto superiore.
    Che significa "ho fatto le trasfusioni"?! Pensi che siano la pozione magica? Pensi che sarebbe bastato quello? Non sono le trasfusioni a non essere abbastanza! Sei tu che non lo sei! Se tu non hai un potere, diventa tu il tuo potere! Trasforma il tuo corpo in un'arma! Ogni colpo che subisci accoglilo! Plasma il dolore in qualcosa di più grande! Non sarai mai una ragazza magica! Non sarai mai una divinità!
    Un pugno più forte del normale le avrebbe stravolto le viscere e lanciata contro una serie di staffe con armi su di esse lanciandole ovunque, spargendole per tutta la zona nelle loro immediate vicinanze. Edmond la raggiunse immediatamente, afferrandole i capelli con la mano sinistra, tirandoli così da esporre il suo viso per poi colpirlo ripetutamente scandendo le parole tra un pugno e l'altro.
    Tu sei Arturia Gideon! Arturia Gideon! Tu sei il tuo potere! Il tuo corpo! La tua mente! Loro sono il tuo potere! Assorbi questo dolore! Tramutalo nel tuo spirito da Cacciatrice!
    L'ultimo ammasso di nocche sanguinolente si schiantò su di lei mentre pronunciava quell'ultima parola. Poi si arrestò. Quella raffica di violenza terminò e Edmond, con entrambe le mani poggiate alla parete, troneggiava su di lei, ansimante.
    In piedi. Non abbiamo finito.
    Il Cacciatore staccò le mani dalla parete, dandole le spalle, dirigendosi a passi veloci in quella stanza, più piccola, che ospitava quella mole di monitor e computer. Se Arturia avesse avuto la forza di strisciare dietro di lui non avrebbe mai comunque fatto in tempo a raggiungerlo, vedendo solamente la porta chiudersi dietro di lui. Edmond si poggiò sulla sedia, lanciando un grido rabbioso mentre tentava di pulirsi il sangue dalle mani sulla stessa camicia. Doveva andare avanti, doveva portarla al punto di rottura. Solo a quel punto, solo quando quella gabbia si fosse rotta allora ne sarebbe uscita la vera belva. Portò le mani zozze sulla tastiera dando il via all'apertura di un grosso contaneir non troppo lontano dalla donna. La porta si aprì dal basso verso l'alto, scorrendo, silenziosamente mettendo in mostra, nel buio, una creatura mastodontica, una tiranide delle dimensioni di un Suv. Una preda piccola per uno come Edmond... un vero mostro per Arturia.
    Questa è una tiranide. Maschio. Giovane e molto euforica. Se non sei in grado di combattere per la tua vita contro di me, lo farai contro di lui.
    Spense la radio, levandosi le cuffie. Fu in quel momento che da uno dei monitor apparve il volto di Febo, estremamente preoccupato.
    L'allarme avvisa la fuoriuscita di una preda! Cosa sta facendo signorino Edmond! Così la ucciderà! Gridò contro il ragazzo che già si era alzato dalla sua sedia mettendosi a pochi millimetri dalla porta della stanza, sigillata.
    Dieci minuti. Fra dieci minuti apri questa porta, so che puoi farlo da lì. Dalle dieci minuti.
    Non ricette alcuna risposta dal maggiordomo se non un cenno d'assenso timoroso. Per quanto riguardava la nostra cacciatrice, dal suo punto di vista la voce di Edmond proveniva da alcuni altoparlanti e poco prima che terminasse di parlare di quella tiranide, la grossa creatura si avventò sulla donna, sballottandola a destra e sinistra per tutto il bunker. Edmond colpiva duro ma quella cosa colpiva come un treno e le sue grosse dimensioni rendevano facile il lanciare la giovane contro pareti, armi e qualunque cosa fosse stipata in quel luogo. La tiranide continuò a percuoterla per minuti interi, ignorando totalmente ogni sua eventuale reazione, grido di dolore o preghiera e ogni suo attacco ricopriva la donna di quelle che sembravano spore dalla consistenza particolarmente densa e di un colore acceso e solo quando fu sufficientemente soddisfatta del risultato, quando ebbe l'impressione che Arturia fosse stata finalmente domata, raggiunse il suo corpo martoriato, voltandolo a pancia in sotto, per poi far fuoriuscire, sollevando una carapace tra le sue gambe, un lungo membro insettoide, gelatinoso e colante di quella che doveva essere una sorta di bava. La sua verga era cava all'interno e ospitava un gran numero di piccoli ovuli traslucidi. Quella era la fine che voleva fare? Diventare la puttana di una tiranide qualunque? Doveva svegliarsi ma poteva farlo solamente da sola. Era circondata da armi. Le stesse armi che Edmond aveva gettato a terra o che erano volate in giro durante le sue percosse. Sentì chiaramente, prima della fine, il mostruoso cazzo della tiranide premere tra le sue natiche... sempre più forte...

     
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    Vide chiaramente l'espressione di Edmond che cambiava rapidamente mentre la osservava, forse giudicandola, profondamente deluso dalla sua resa incondizionata. Ancora una volta quegli occhi riuscirono a gelarle il sangue nelle vene e per un istante il dolore si fece sordo, niente in confronto alla sensazione della gola che si seccava come se fosse stato un pezzo di carbone sotto ad una brace. La sua furia venne accompagnata da una reazione semplicemente folle che fece sgranare gli occhi ad Arturia, la mante le disse di scansarsi appena vide quella grossa pistola davanti agli occhi, ma il corpo non reagiva, paralizzato dal dolore e la paura. Rimase bloccata, iniziando a tremare, rendendosi conto che due proiettili avevano già fatto a pezzi il suo fisico e il resto del caricatore stava andando contro il prezioso giubbotto antiproiettile. Forse utile per sopravvivere, ma ogni colpo che le arrivò addosso fu un vero e proprio inferno, sentì chiaramente la pelle contorcersi, le ossa scricchiolare e la carne venire percossa. Non riuscì neanche a gridare, successe tutto troppo in fretta e prima ancora che potesse rendersi conto in che condizioni fosse il suo corpo, Edmond era già davanti a lei, approfittando del giubbotto oramai dirotto in brandelli per darle un violentissimo pugno in corpo, cosa che la fece piegare in avanti su di lui, mentre rigettava quel poco che aveva nello stomaco con un verso terribilmente sofferente. A stento aveva la forza per respirare, figurarsi vomitare. Si aggrappò al braccio di Edmond come poteva in cerca di un appiglio, le ginocchia avevano oramai ceduto e il dolore era così forte da fermarle il respiro, la gola produceva solo un sottile fischio sofferente che non riusciva più a controllare. Le palle degli occhi erano secche perché le palpebre non sbattevano più da un bel pezzo e ogni singola lacrima era stata sputata via dalle sue labbra grondanti di saliva e sangue. Era questo quello che provava una povera vittima davanti ad uno di quei mostri? Sentì il braccio di Edmond serrarsi intorno al suo, voleva forse aiutarla? Tentò di alzare la testa, ma lo sguardo del cacciatore la riportò rapidamente nella realtà, e prima ancora che potesse riprendere fiato era nuovamente in balia della sua furia, percossa da ripetuti pugni che la portarono più di qualche volta al collasso, che le fecero vomitare anche il resto della saliva, finché la bile non le salì fin dentro il naso e l'unica cosa che la teneva sveglia era quel dolore lancinante allo stomaco. Gli arti iniziavano a bruciare, la testa si faceva sempre più pesante, gli occhi vedevano tutto sbiadito e Arturia aveva oramai dimenticato qualsiasi odore o sapore che non fosse il suo sangue. Non poteva continuare così, doveva reagire o l'avrebbe ammazzata molto peggio di qualsiasi altra belva, così provò a smettere semplicemente di respirare, inutile provare a prendere fiato quando non ne hai, e il suo cervello parve riaccendersi per un momento. Provò ad alzare le braccia più velocemente che poteva, ma Edmond era un fulmine e i suoi arti stanchi e feriti andavano già come dei ramoscelli secchi, era impossibile da fermare e ben presto si rese conto che forse rimanere chiusa in quella stanza per l'eternità a subire il suo incubo poteva quasi essere una scelta nobile, anche per una codarda. Meritava davvero quel trattamento? Cercare di impartirle una lezione a quel punto, però, era semplicemente impossibile. La mente a stento riusciva a restare accesa, le parole di Edmond le scivolavano addosso come degli insulti, non erano moniti o direzioni da prendere, solo le grida di una bestia che non avrebbe avuto facilmente pietà di lei. Un colpo più forte, un viaggio contro il muro che la spense del tutto, sentiva chiaramente ogni singolo organo nel suo corpo praticamente spappolato, ma proprio mentre stava per spegnersi, ecco che si accese qualcosa dentro di lei, come se quel sangue dannato avesse ripreso a fluire. Quando Edmond le alzò la testa prendendola per i capelli, la trovò con gli occhi sgranati e colmi di rabbia, che sollevò repentinamente l'unica mano buona per afferrare a sua volta il polso del cacciatore, serrandolo con tutte le sue forze. Forse non era abbastanza per fargli male, forse non era abbastanza neanche per farlo sentire minacciato, ma lo stava stringendo col preciso scopo di frantumargli il polso ed infilargli la mano ridotta in poltiglia nella bocca. E anche se non poteva farlo, Edmond poteva leggere quei pensieri nel suo sguardo, non come un mero sogno ma come qualcosa che avrebbe fatto senza esitazione. Adesso lo sentiva, quel dolore, lo sentiva benissimo. Fino a quel momento la sua mente ne ostruiva il passaggio, e a soffrirne era solo il suo corpo. Ma adesso che quel sangue scorreva forte lo sentiva benissimo... e ne aveva piene le scatole. Un ultimo pugno sul volto le fece perdere quell'espressione in cagnesco, Arturia crollò a terra con Edmond sopra di lei, ansimante e forse esausto per tutto quel trattamento, ma stavolta non le sfuggì neanche un fiato dalla bocca. Aveva sputato abbastanza. Riprese a respirare a pieni polmoni e il dolore del petto che si muoveva era paragonabile solamente a quello delle ossa mentre si rialzava, ma lo stava facendo senza pensare a quanto facesse male, lo stava facendo perché non facesse più così male. Perché morta la sua preda, nessuno le avrebbe fatto più male. Perché quando avrebbe trovato una preda, lei non lo sarebbe più stata. Quello era il suo modo di svegliarsi dall'Incubo: smettere di essere una preda. Lo vide allontanarsi, si trascinava ma non dava più il minimo segno di cedimento o di esitazione, non tremava, era forte.
    Dove stai andando... non abbiamo finito...
    O almeno, questo era quello che pensava di aver detto. La bocca in realtà si mosse davvero poco, ed era al limite delle sue possibilità. Ma l'addestramento non era ancora finito, e mentre vedeva Edmond scomparire, ecco giungere un nuovo compagno di cella solo per lei, rinchiuso a sua volta all'interno di quella gabbia di sofferenza. Una mostruosità di carapace e chissà quanta carne sotto la corazza, una tiranide come non ne aveva mai viste e che probabilmente non era molto entusiasta di stare chiusa lì dentro con lei. Edmond chiarì le regole, e subito dopo si fece da parte, lasciandole intendere che non sarebbe intervenuto. Non fino al raggiungimento dei dieci minuti.
    Me lo mangio in dieci minuti...
    Così disse, mentre serrava il pugno destro, un istante prima di venire colpita ed essere scaraventata contro una parete. Se l'avesse investita un treno probabilmente non le avrebbe fatto così male. La schiena scricchiolò ancora, mentre si staccava dalla parete nel disperato tentativo di rimettersi in piedi. Mosse una mano sul lungo mantello, come a volersi dare una ripulita, per poi sputare un grosso grumo di sangue a terra, sollevando entrambi i pugni, pronta a combattere.
    Mi preoccupavo per niente... le tiranidi colpiscono come delle mammolette...
    Allungò il braccio flebilmente, un pugno che probabilmente non avrebbe spaventato neanche un bambino dell'asilo, e che venne accolto da un altro violento colpo della tiranide, che la lanciò nuovamente via contro il muro. In piedi, scrollata di mantello, e di nuovo a terra, un lento e triste susseguirsi di colpi sempre più violenti durante la quale Arturia non smise mai di rialzarsi, neanche quando la sua tuta era finita completamente a pezzi, il suo mantello era diventato un grosso straccio per raccogliere il sangue e il resto del volto fosse oramai un quadro di sudore. Ora sapeva come si sentiva un assorbente usato, le donne sono persone orribili. Cercò di nuovo di mettersi in piedi ma stavolta la tiranide volle cambiare un pochino le regole, e piuttosto che ridurla in poltiglia si preoccupò di trasformarla nella sua schiava sessuale, probabilmente maltrattare una donna indifesa faceva venire voglia di sesso. E da un certo punto di vista poteva anche capirlo.
    Oh si... ci facciamo una bella scopata? Mi piace... che ne pensi però se ti fotto prima io?
    Allungò una mano verso quella mostruosità, l'unica mano buona, la mano che aveva sempre tenuto lontana dal muro. ogni singolo colpo che aveva subito, ogni muro su cui si era schiantata, aveva fatto di tutto per far si che si sfogasse su un lato solo, in modo che quella mano restasse il più integra possibile. Non le serviva molta forza, le bastava solamente quella necessaria per afferrare quell'affare mostruoso e strapparglielo via, letteralmente. Le sue braccia si ingrossarono di colpo, così come le vene intorno al collo, mentre la sua espressione si deformava in una smorfia terrificante. Cercò di tenere i denti serrati, ma fu impossibile trattenere il grido disumano che aveva in gola a quel punto. Il grido divenne un ruggito, e riuscì a tirare fuori tutta la carne che quella bestia nascondeva dentro il suo corpo, aprendo un bel buco laddove prima c'era quel fallo tanto invitante. Appena quel kaiju le avesse dato un istante di tregua, anche solo un momento per perdersi nel dolore, Arturia avrebbe afferrato il suo mantello, dove ad ogni scrollata aveva cercato di nascondere una granata esplosiva nella speranza di conservarne almeno una, e così fu: in uno dei buchi che si erano creati riuscì a nasconderne una, una soltanto, perfetta per essere infilata in quella cavità appena creata con un violentissimo pugno che le permise di affondare il braccio nella carne di quella belva fino al gomito, riprendendo a gridare come una belva feroce. Innescò la granata e tirò fuori il braccio, afferrando poi il mantello per tirarglielo contro la faccia e costringerlo ad abbassarsi di colpo, chiudendo le distanze col terreno e coprendo il buco con la sua stessa mole, così che quando la granata esplose neanche una scheggia sarebbe esplosa verso di lei. La tiranide sarebbe finita in mille pezzi, e Arturia le avrebbe strappato la testa dal collo con un movimento netto e deciso, voltandosi dove era sparito Edmond, allo scadere dei 10 minuti.
    HO DETTO CHE NON ABBIAMO ANCORA FINITO!
    Concluse gridando, sbattendo violentemente quella testa contro la porta di uscita.
     
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    Edmond camminava a destra e sinistra all'interno di quella piccola stanza sigillata. Avanti e indietro, fissando ripetutamente le armi che si trovavano in quel luogo. Aveva esagerato? Doveva uscire e aiutarla perchè non era ancora pronta per un'esperienza simile. Poteva finire ammazzata o anche peggio, poteva crollare e perdere ogni briciolo di volontà così da non tornare più indietro e diventare solamente un guscio vuoto pronto ad essere ucciso da quell'Incubo. C'era bisogno di un approccio più leggero? Insegnarle a combattere? Farle affrontare quel tipo di sfide dopo? No, no, era tutto sbagliato, in quel modo si sarebbe adagiata sugli allori, avrebbe pensato che il semplice saper combattere fosse bastato e la delusione che avesse ricevuto nell'essere sconfitta sarebbe stata ancora più pesante. Serviva un'esperienza a impatto, qualcosa di crudele come era successo a lui. Pensava come il suo maestro che per anni non aveva fatto altro che pestarlo facendogli tenere quella benda sugli occhi. Sentiva ancora le percosse, i pugni, i calci, il metallo che penetrava nel suo corpo. Ancora nei suoi sogni sentiva le belve circondarlo. Non poteva vederle ma solo percepirne la rabbia, la fame e l'odore. Piano piano era diventato anche lui un animale perchè era l'unico modo che aveva per sopravvivere. Ma quello che era successo a lui doveva per forza succedere anche a quella povera ragazza?
    Si poggiò con la fronte alla porta, sudava freddo. Gli bastava un ordine per aprirla e immediatamente avrebbe ucciso quella bestia così da salvarla. Ma cosa poteva imparare così? Che qualcuno poteva arrivare sempre in suo aiuto? Che nonostante le botte ci sarebbe stato sempre qualcuno al suo fianco? Non era così. Lei era la persona più semplice ma allo stesso tempo più forte che avesse mai incontrato e se avesse dovuto salvarla da un incubo lo avrebbe fatto come andava fatto. Come gli era stato insegnato. Così rimase lì, faccia al muro e respiro affannato per tutto il tempo mentre udiva il mostro massacrare la sua allieva.

    ***

    Erano quasi passati dieci minuti e la tiranide non si aspettò una tale esplosione di violenza tutta in una volta. Era un esemplare giovane, un esemplare che non vedeva l'ora di scaricare il suo seme all'interno di un corpo in grado di coltivarlo quindi non reagì immediatamente di fronte all'improvvisa aggressività di Arturia. La sua grossa e viscida appendice riproduttiva venne via molto facilmente, come strappare un tubo di gomma da una parete di pietra e mentre la creatura sollevò il muso e spalancò le fauci insettoidi per lanciare un grido straziato la donna ne approfittò immediatamente per ficcargli letteralmente una granata nel buco creatosi costringendo poi l'animale ad abbassarsi su se stesso così da coprire l'esplosione con il suo stesso corpo che venne così martoriato dall'interno e dall'esterno, il tutto condito da grida degne di una vera bestia che ormai era disposta a tutto pur di non morire. L'improvvisa esplosione attirò l'attenzione di Edmond che sollevò la testa, risvegliandosi in parte dall'ansia che lo stava attanagliando. Aveva udito delle grida, sia della tiranide, sia di Arturia e poi addirittura uno scoppio... che diavolo stava succedendo? Erano passati esattamente nove minuti ma il Cacciatore non ebbe più la pazienza per attendere ulteriormente. Si allontanò dalla porta, toccando al volo un paio di pulsanti della tastiera, uno per contattare Febo e l'altro per far aprire un armadietto contenente alcune armi.
    D-dica signorino!
    Apri Febo! Io vado!
    Ma... manca ancora un minuto...
    Ho detto apri!
    Il suo tono furioso fece trasalire l'anziano maggiordomo che immediatamente, toccando alcuni pulsanti vicino al suo tastierino, fece in modo che la grossa porta sigillata iniziasse lentamente ad aprirsi, il tempo necessario a Edmond per imbracciare due grossi revolver dal calibro imprecisato ma sicuramente adatto ad abbattere un elefante o anche due, caricarli e posizionarsi di fronte ad essa. Dal suo punto di vista Arturia, girandosi furiosa verso la porta avrebbe notato, dal basso, prima l'apparizione delle due grosse armi, come se il ragazzo fosse già pronto ad intervenire, e poi il resto della sua figura.
    ARTUR...!
    Si interruppe improvvisamente per due motivi, sia perchè fu costretto ad evitare la grossa testa insettoide che la donna gli lanciò addosso, anche in maniera particolarmente goffa, sia perchè realizzò in poco tempo che Arturia aveva letteralmente massacrato in maniera particolarmente virulenta e macabra quel "povero" esemplare di tiranide. Rimase stupito per qualche secondo, osservando prima il mostro, poi lei, notando una certa rabbia nei suoi occhi molto probabilmente direzionata proprio contro la sua figura. Non si era allontanato molto da quella porta quindi gli bastò muovere un paio di passi all'indietro per poggiare la schiena alla parete e rilassarsi, respirando con un tale affanno da far sembrare che anche lui fosse uscito da una qualche battaglia. Accennò un sorriso.
    Fortunatamente non è servito che le usassi... quella preda doveva essere tua. La tua prima. Benvenuta tra noi, Cacciatrice Arturia Gideon.
    Non aveva mai realmente pensato di lasciarla sola ma allo stesso tempo aveva dovuto trattenere il desiderio di intervenire per tutto quel tempo. Rilassò tutto lo stress che aveva tenuto il suo corpo in piedi, scivolando letteralmente contro la parete fino a sedersi a terra. Probabilmente in quello stato sarebbe stato quasi alla mercè della furia della donna se ancora ne avesse avuta in corpo ma allo stesso tempo non si sarebbe difeso. Se avesse voluto sfogarsi su di lui ne aveva tutto il diritto.

     
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    Gli occhi che Edmond si ritrovò davanti quando spalancò quella porta erano ancora sgranati, totalmente iniettati di sangue e forse in parte era anche colpa del fatto che Arturia non aveva una singola parte del corpo che non fosse sporca. Fece un pesantissimo passo avanti, che la fece esitare subito dopo notando che Edmond aveva già in mano le armi giuste per aiutarla in caso fosse stato necessario un intervento. Nobile da parte sua cercare di preservare la verginità della sua allieva da un mostro di quelle dimensioni, un pò meno infierire su di lei per impartirle una lezione che era già abbastanza chiara dopo che le aveva sparato addosso più volte. E più volte è un eufemismo, visto che le aveva letteralmente strappato di dosso un giubbotto antiproiettile a suon di proiettili. Quindi si, il secondo pesantissimo passo che fece fu proprio col preciso intento di ricambiare il favore. Serrò entrambi i pugni, cosa che riuscì a spremere ancora di più il suo corpo già piuttosto provato, le ferite grondarono e perfino schizzarono. Sollevò entrambe le braccia, le mosse come a volerlo colpire, ma invece di attaccarlo gli afferrarono le spalle. Una ginocchiata in mezzo alle gambe? Si, l'idea era quella, ma prima che potesse riuscirci Arturia si piegò in avanti e gli vomitò addosso tutta la bile e il sangue coagulato che aveva inghiottito fino a quel momento, sporcandogli qualsiasi cosa avesse addosso. Una, due, tre volte, qualcosa che avrebbe fatto morire anche la più romantica delle immagini che poteva avere verso di lei, dato che oramai le sue scarpe erano da buttare, come se non bastasse qualche goccia di vomito era finita sulla testa della tiranide creando un macabro connubio di vittoria e massacro. Ci avrebbe messo un bel pò a ritrovare l'appetito dopo una simile esperienza.
    G-grazie... al cazz-
    Il discorso si chiuse prima del tempo dato che le sue ginocchia letteralmente cedettero, facendola crollare a terra. In un disperato tentativo provò ad aggrapparsi a lui ma le dita erano troppo deboli, faccia sul petto di Edmond per poi svenire completamente, cadendo a terra a coprire il suo stesso rigetto con l'eleganza di un cadavere che viene spinto in una fossa comune. La sopravvivenza aveva un odore davvero pessimo...
     
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    Il Cacciatore non si mosse mai, rimase seduto a terra, schiena alla parete, attendendo le conseguenze delle sue azioni. Quell'esperienza sarebbe stata traumatica per chiunque ma Arturia l'aveva superata con le giuste difficoltà, le difficoltà che attendevano colui che non aveva mai affrontato quel tipo di mondo. Ma lei era uscita vittoriosa e se in quel momento ancora non comprendeva appieno il sacrificio che aveva fatto il suo maestro nel tirarle ognuno di quei pugni e poi lasciarla in balia di un pericolo ancora più grande non aveva importanza. Era giusto che sfogasse la rabbia che provava verso di lui per favorire l'arrivo in superficie di quella ragione di cui aveva bisogno per analizzare lucidamente la situazione. Socchiuse gli occhi quando Arturia fu abbastanza vicina per colpirlo e sentì l'opprimente presenza di quei pugni chiusi pronti ad accanirsi sul suo viso per chissà quante volte. Invece rimase stupito nel trovarsi quelle mani sulle spalle temendo per qualcosa di ben diverso... non voleva mica usarlo come appoggio per caricare un attacco ben peggiore a zone sensibili? Sarebbe stato fin troppo eccessivo no? Ok, era stato una brutta persona ma non era necessario privarlo dei suoi gioielli.
    Forse ci pensò, forse ci provò anche ma il corpo della donna era troppo debole per finalizzare e ripiegò su qualcosa di ben diverso e peggiore e fu proprio mentre Febo accorreva e le porte del bunker si aprivano che qualcos'altro si aprì: i rubinetti dello stomaco della cacciatrice. Fece per bofonchiare qualcosa, allungò anche la mano verso loro due ma Edmond sollevò la sua facendogli cenno di non avvicinarsi per poi chiudere gli occhi e subire quelle ripetute cascate di bile e sangue addosso. Valanghe e valanghe di sangue pisto e nero che le era rimasto in corpo tutto quel tempo si riversarono su di lui insieme a saliva, succhi gastrici e chissà che altro. Fu come un fiume in piena e per un attimo Edmond temette di ritrovare il suo bel corpo sgonfio a causa di tutto quel vomito. Persino Febo dovette chiudersi in parte gli occhi, disgustato da quella visione. Ma lui invece, che poteva farci? Ormai tanto valeva tenere il viso leggermente rivolto verso il basso e continuare a subire le cascate di interiora naturali per un corpo martoriato come il suo. Astuta, aveva unito due bisogni impellenti in uno: vomitare e punirlo.
    Quando anche l'ultima goccia venne spillata dalle sue labbra la donna svenne, cadendo nella sua stessa pozza di vomito.
    Sign...
    Non! Non... parlare Febo. Non devi pronunciare assolutamente nessun vocabolo. Pulisci questo casino, io mi occuperò di lei.
    Non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia perchè era assolutamente convinto di trovarlo con un sorrisetto sotto i baffi candidi pronto a dirgli qualcosa come "le avevo detto che stava esagerando". Scostò delicatamente Arturia, facendo forza sulle braccia per sollevarsi in piedi, gettando le armi da fuoco a terra, per poi passarsi le dita sul volto cercando di ripulire almeno gli occhi e la bocca per evitare che del vomito ci finisse dentro. Subito dopo si piegò, infilando le braccia sotto il corpo della donna così da alzarla e portarla fuori da quel posto, abbandonando Febo ai suoi doveri di maggiordomo: pulire.
    Non basterà uno sgrassatore per tutto questo...

    Mattina del quarto giorno dall'addestramento...

    Le analisi indicano che miss Gideon è in ottima salute. La sua capacità di guarire grazie al sangue è anche migliore della sua signorino Edmond.
    Come in una bizzarra sensazione di deja-vu, Arturia era nuovamente sdraiata in un letto ma per motivazioni ben differenti, come anche il luogo in cui si trovava. La stanza che li ospitava tutti e tre era una delle tante in quella villa, dall'aspetto particolarmente antico, era provvista di ogni comodità: un salotto con un divano particolarmente pomposo, comfort tecnologici di ogni genere come un'enorme televisione che contrastavano con lo stile vecchio stampo di quel luogo, un bagno non molto grande ma regale nella composizione e un grande letto a baldacchino di fianco una grande finestra che dava sulla parte frontale della villa. Non era molto arredata, complice il fatto che probabilmente nessuno l'abitava, quindi Arturia avrebbe avuto tutta la libertà di decorarla con tutto ciò che voleva. Ma in quel momento faceva più da "camera ospedaliera". La donna era coperta fino al collo e sulla fronte aveva poggiato un panno umido. Febo si era preoccupato, poco prima, di levarle ogni flebo e curare le ferite, lasciando che si rigenerassero. Aveva dovuto richiudere squarci, buchi, graffi e fratture e lo aveva fatto in brevissimo tempo grazie alla stimolazione donata dal sangue. Il maggiordomo sistemò con cura le flebo e i tubicini all'interno di una valigetta per poi smontare anche i vari sostegni metallici dove le sacche di sangue erano state appese.
    Non fare il marpione Febo, tanto non può sentirti. Rispose Edmond, con un pizzico di irritazione mentre a petto nudo faceva roteare tra le mani una grossa spada medievale, una claymore per l'esattezza, mimando diversi tipi di attacchi e posizioni. Teneva intorno al collo un asciugamano e dalla quantità di goccioline di sudore che brillavano alla luce del sole che filtrava dalla finestre era già da un bel po' che si allenava.
    Ohoh, signorino, non si preoccupi. Se dovessi puntare tutte le donne che punta lei, si ritroverebbe per sempre scapolo.
    L'anziano maggiordomo si abbandonò ad una soddisfatta risata mentre prendeva la valigetta sottomano e si allontanava a passo veloce sotto lo sguardo di un inquisitorio Edmond che terminò per un attimo i suoi allenamenti solamente per ammonirlo con un'alzata di ciglia poco prima che Febo richiudesse la porta dietro di lui lasciandoli soli. Sbuffò sonoramente, guardando Arturia. Era ancora addormentata, non c'era il rischio che avesse udito qualcosa di troppo quindi si limitò a proseguire i suoi allenamenti. Una cosa però non notò. Febo aveva portato, quella mattina, un vaso di cristallo con una rosa dentro spacciandolo come un regalo per la ragazza da parte sua. E lo era ma conteneva anche un piccolo messaggio per lei, nascosto sotto di esso, un piccolo bigliettino di carta che era sicuro una donna arguta e attenta come lei avrebbe notato subito. Su di esso c'era scritto:

    Negherà, ma sappiate che il signorino è rimasto a vegliare su di lei
    da quando è svenuta nel bunker...
    Febo.
    PS: Ha anche saltato le sue cacce serali!


     
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