Posts written by Hyperion Arcade

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    La mente di Shagaru era tutt'altro che spenta in quel momento. La situazione aveva richiesto di pensare in fretta e prendere decisioni difficili, presto o tardi sia lui che Sarsha avrebbero dovuto assumersi le responsabilità delle loro azioni, e l'unica speranza era che Jack fosse davvero nei guai come loro, almeno non avrebbe avuto il tempo di fregarli o sfruttarli il più possibile. Inutile sottolineare l'ovvio: quello che aveva detto lui sul male minore era la verità, certamente meglio lui che dover affrontare la Luxengy al buio, lo dimostrava quel percorso guidato che permise loro di scappare senza nessuna difficoltà. Odiava ammettere quanto quell'uomo fosse utile, ma non poteva evitare di pensare che, giunti al conto, sarebbe stato salato e sicuramente anche indigesto. Mentre scorrazzavano per la città, però, Shagaru era dominato da un singolo pensiero: Sarsha, così come gli altri draghi del clan, erano diventati il suo nido, e anche se era un Magala l'istinto gli diceva che andavano protetti con ogni mezzo possibile, e tanto bastava a motivarlo. Non lo spaventava l'idea di combattere, perché la battaglia era una certezza. Ciò che annebbiava la sua mente era l'incertezza di ciò che li aspettava dopo. Ma non poteva fossilizzarsi su quei pensieri, adesso la priorità era tornare alla valle e spiegare a tutti come stavano le cose: dovevano iniziare ad agire veramente come un clan, e non solo come un gruppo di draghi che sopravvive in comunità.
    Confesso che non mi aspettavo di vedere Jack in quello stato... di solito ha tutto sotto controllo. Ma è stata una fortuna, non so se avrei avuto fiducia in lui se ci avesse accolto con quel dannato sorrisetto che è difficile strappargli dalla faccia.
    Commentò con la voglia di condividere i suoi pensieri, quel silenzio sembrava quasi volesse accompagnare incertezza, e Shagaru non voleva apparire esitante. Il percorso sicuro era finito, ma c'era ancora parecchia strada da fare per uscire dalla città, evidentemente pianificare qualcosa nello Sprawl era parecchio difficile. Sarsha e Shagaru non potevano volare, ma sapevano come muoversi ed evitare i pericoli. Almeno quelli che ronzavano e camminavano ad armi spianate con armature pesanti addosso. C'era però qualcosa che non avevano considerato, un pericolo più insidioso che si annidava nel lerciume di quella città. Col caos che si era creato, l'odore ferroso di quel posto e la confusione che circondava New Vegas, era difficilissimo percepire le fonti di energia più flebili, e gli odori che si confondevano con quelli dello Sprawl. A trovarli infatti no furono le guardie, ma un gruppo di senzatetto che, dalla loro sporcizia, si sollevarono puntando le dita contro i draghi.
    Sono loro! Vogliono distruggere la città! Fermateli! Chiamate i soldati!
    Un ringhio frustrato spostò l'attenzione di Shagaru su di loro, solo per un attimo. Le corna sollevate e gli artigli spianati lasciavano intendere che fosse pronto a combattere, ma con frustrazione digrignò i denti, rendendosi conto che non poteva prendersela con delle persone del genere. Si guardò attorno frettolosamente, adocchiando una zona industriale piena di container e magazzini dove avrebbero potuto nascondersi.
    Vieni con me! Se restiamo qui, peggioreremo la situazione!
    Le afferrò un braccio con la mano, forte, una presa decisa, possessiva, qualcosa che testimoniava chiaramente quanto Shagaru non fosse disposto a lasciare indietro nessuno, soprattutto Sarsha. L'avrebbe guidata verso il complesso ma mentre le guardie si avvicinavano, i magazzini si rivelavano sempre fatiscenti o troppo aperti per nasconderli come si deve. Dovevano improvvisare, l'unica alternativa era nascondersi e fortunatamente molti container per quanto resistenti erano aperti e disponibili. Così Shagaru non ci pensò due volte, fiondandosi dentro uno di essi stringendo Sarsha tra le braccia. Sarebbero stati stretti ma, a meno che quei soldati non avessero deciso di cercare lì in mezzo per tutta la notte, non li avrebbero trovati.
    Nel frattempo, Jack premeva nervosamente il pulsante dell'ascensore per tornare al piano giusto, era ancora parecchio nervoso e lo si capiva da come batteva i piedi per terra e si lisciava i capelli con le mani nel vano tentativo di rimetterli a posto. La contrattazione era andata meglio del previsto, ma non riusciva a calmarsi. Dopo l'ennesimo sbuffo prese fiato e si decise a non lasciare Vanelope da sola con quell'imbarazzante silenzio, ma appena si voltò verso di lei finì con la schiena schiacciata contro la parete, il seno della giunonica combattente in faccia e il braccio destro sollevato, sotto esame approfondito di Vanelope che sembrava aver intuito che qualcosa in Jack era cambiato. Vorrei poter dire che provò ad opporsi a quella posizione ma il seno di Vanelope era così grosso e morbido che ci sarebbe morto volentieri dentro. Il braccio dell'inventore aveva sicuramente qualcosa che non andava: era fatto in pelle sintetica, e stringendolo Vanelope poteva sentire che le ossa erano state sostituite da una lega metallica. Non sembrava una protesi quanto più un giusto mix tra organico e tecnologico, qualcosa che forse un Kaiju non poteva capire ma che uno come Jack sapeva esattamente come gestire. C'erano anche diversi solchi che lasciavano intendere che, probabilmente, quell'arto poteva aprirsi e rivelare una forma molto più pericolosa. A far rinsavire l'inventore fu la prospettiva di ritrovarsi di nuovo col bacino in mille pezzi, quindi si sollevò con forzo tra i suoi seni sbucando fuori come un pulcino nascosto in mezzo alla paglia, lanciando un'occhiataccia a Vanelope.

    Si può sapere che ti prende...?
    Ripensando alle sue parole però, anche lui si fece due domande: lì per lì non aveva prestato attenzione a ciò che era successo, pensando magari che Sarsha avesse regolato la sua forza per non ucciderlo, ma in realtà aveva assorbito quasi del tutto il suo fulmine, tanto che il braccio risultava super carico.
    Questo? Ho pensato di migliorare i miei congegni e fare in modo che il mio stupido corpo umano non muoia per un cazzo di coltello che un qualsiasi barbone poteva infilarmi tra le costole. Forse sono più affine all'elettricità di quanto pensassi, tanto che quella saetta l'ho assorbita... interessante...
    Si ritrovò a balbettare. Forse il suo interesse per il drago rosso non era solo uno sfizio personale che voleva togliersi. a quel punto Jack abbassò lo sguardo sul seno di Vanelope per tornare a guardarla con l'aria di chi ha raggiunto una conclusione importante.
    La tua presa però fa sempre una paura fottuta. Scommetto che sei nervosa perché avresti voluto combattere, vero? Un pò ci ho sperato pure io...
    Ridacchiò divertito al pensiero di vedere quei due lucertoloni stesi a terra ai piedi della sua invincibile campionessa. Sapeva che nessuno poteva batterla, per questo si fidava ciecamente di lei.
    Sono stressato anche io... ho bisogno di scaricarmi, in tutti i sensi. Perché non premi il tasto per bloccare l'ascensore...?
    Anche se il braccio era bloccato da Vanelope, poteva comunque indicare il pulsante di emergenza mentre Jack allargava un sorrisetto malizioso verso di lei. Vanelope sapeva che nonostante il suo aspetto umano poteva tenerle testa, e adesso che quel braccio era carico come una batteria pronta ad esplodere, Jack era certo di poterla aiutare.
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    Quella ragazza era davvero strana... nel senso: molto più del solito, quindi neanche i paragoni con l'aspetto di Rengoku erano diventati utili a qualcosa. Eppure, nonostante il modo in cui si approcciava a lui, simile ad un pupazzo o un compagno di giochi, Rengoku non si sentiva a disagio. Era solo in difficoltà perché non sapeva come approcciarsi ad una personalità tanto espansiva e in parte anche a gestire i propri istinti, però si sentiva bene, si stava rilassando e molti dei pensieri che gli ottenebravano la mente stavano lasciando spazio ad un caloroso silenzio. Era strano il modo in cui Gabriel lo toccava, attirava l'attenzione di Rengoku ma non le rispondeva, anche perché non sapeva cosa dirle. Era davvero così a suo agio nel toccare gli altri? Si sfregò perfino col suo membro come se niente fosse, forse era una cosa naturale per le ragazze di quell'età, e lui non aveva mai potuto provarlo solo per via del suo aspetto. Ma escluso quello, forse... che strani pensieri che gli stavano venendo, ma lei non lo aiutava di certo parlandogli di stringergli la testa sul petto. Ovviamente era difficile dato che c'era una grossa differenza di stazza ma a quel punto Rengoku voleva capire cosa intendesse, quindi non poteva tirarsi indietro.
    D'accordo, voglio assecondarti... dopotutto mi stai dando una mano quindi penso dovrò trovare un modo per sdebitarmi...
    Fortunatamente non era rimasto molto da fare, e Rengoku si preoccupò di sistemare le sue cose molto frettolosamente, così che una volta ripulita anche l'ultima scritta Gabriel avrebbe visto Rengoku ribaltare il letto, per poi metterci sopra un telo in plastica grigio forse non molto accogliente, ma se non altro pulito e sistemato. Dopodiché la fissò per qualche istante con aria interrogativa, ma immaginando cosa gli avrebbe chiesto si portò al centro del materasso togliendosi le scarpe, mettendosi infine seduto sul letto con le gambe larghe e le ginocchia leggermente piegate. Non disse nulla, la aspettò, affidandosi a lei.
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    Usava la lingua di Amerika non solo come fonte per la sua eccitazione, ma anche per capire se stava agendo bene, perché ogni volta che la ragazza lo guidava nel desiderio, sapeva che stava facendo la cosa giusta. Si abbandonò quindi a lei, con meno remore, senza pensieri, preoccupandosi solo di godere assieme a lei. Era chiaro che non le stava facendo male, quindi l'esitazione e i sensi di colpa svanirono molto velocemente. La forza e la stretta sui suoi seni sortirono un effetto insperato, che contorse il corpo nudo e pallido della ragazza rendendo ancora più piacevoli gli affondi. Il mix di quello spettacolo ipnotico e quella sensazione asfissiante e meravigliosa strapparono a Rengoku un gemito così forte da fargli spezzare quel bacio mentre aveva ancora la bocca spalancata e piena di saliva, aveva un'espressione oscena in quel momento e mista al suo aspetto lo rendeva decisamente un mostro perverso, come se quella verga impazzita e pulsante come non mai non fosse già abbastanza mostruosa. Amerika lo guidò verso i suoi capezzoli, invitandolo a torcerli per stuzzicare altro dolore, pronto a trasformarsi in piacere. Il ragazzo esitò ma solo per un secondo, la sua espressione ubriaca di piacere lo spingeva a desiderarne di più, quindi al tempo stesso strinse i capezzoli della ragazza, li torse con vigore e col bacino prese a muoversi più forte, più veloce, lasciando che gemiti osceni e implacabili uscissero dalla sua gola senza vergogna.
    Sì... si insegnami...
    Rispose quasi boccheggiando, automaticamente, d'istinto, con la voce spezzata dalla goduria. Prima ancora che potesse comprendere, Amerika fece in modo di usare il suo bacino in maniera del tutto diversa, girandolo improvvisamente e contorcendo quella povera verga più e più volte, strappando gemiti di piacere dalla bocca di Rengoku come mai nessuno aveva fatto prima. Era una sensazione bellissima e se non fosse stato per la sua pelle spessa probabilmente sarebbe già venuto vergognosamente senza darle ulteriore piacere. Poi la rotazione completa portò al cambio di posizione, e Rengoku non si preoccupò minimamente della spada perché i suoi pensieri erano ben altri: dov'erano i suoi seni? Dov'era quell'espressione perversa che lo aveva ammaliato? Dov'era quella fica irresistibile che si contorceva ogni volta che lui spingeva? No, non gli bastava, e senza neanche aspettare suggerimenti si spinse in avanti, sollevandosi e abbracciandola da dietro, spingendola così forte da costringerla ad inginocchiarsi a terra e assumere una posizione quasi animalesca. Lui le afferrò di nuovo i seni con entrambe le mani, ma dopo averli girati un paio di volte riprendendo il movimento del bacino si fece più avido. La mano destra scivolò verso il basso e carezzò la sua carne fino a sfiorarle l'intimità, separandola delicatamente per poi rendersi conto che era così lubrificata da poterla penetrare. Subito medio e anulare si fecero strada dentro di lei mentre le altre dita circondavano le grandi labbra, la tirò a sé come se quella fosse una tasca in cui agganciare la sua presa, e i movimenti del bacino si fecero più intensi, più profondi. America poteva sentire il caldissimo scroto del ragazzo spingersi verso di lei, spalmandosi contro le sue carni ogni volta che affondava. Non si muoveva più come un semplice martello, ma quando entrava completamente in lei muoveva il bacino per stuzzicare la parte più profonda di quello stretto anfratto con la cappella, facendole sentire ogni vena, ogni centimetro e tutto il calore del suo sesso, per poi rincominciare. Nel frattempo le labbra di Rengoku avrebbero cercato di nuovo le sue, insinuandosi trai capelli della ragazza per baciarle il collo, e quando si rendeva conto di non poter più arrivare alle sue labbra la leccava e scivolava sulle spalle per morderle per la frustrazione. La strinse a sé mentre la possedeva sempre più forte, non voleva fermarsi.
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    Forse dopotutto Gabriel non aveva torto, magari era lui che si stava facendo tropi problemi. Il seno morbido della ragazza era piacevole da sentire sulla propria pelle, il suo volto caldo e le guance morbide davano una bella sensazione anche se la pelle di Rengoku era spessa. I suoi capelli erano morbidi e profumati, tanto che venne spontaneo al ragazzo affondarci dentro le dita più di quanto non avrebbe voluto concedersi. Ancora abbastanza sorpreso e spaesato dal modo spontaneo e quasi infantile di fare della ragazza, concluse che in fondo non gli dispiaceva non gli stava antipatica e anzi, tutto l'opposto, era davvero una consolazione sapere che al mondo esisteva qualcuno capace di abbracciare con tanto affetto anche uno col suo aspetto, per di più conosciuto da poco. Si concesse quindi un lungo sospiro e, dimenticandosi di quello che aveva pensato fino a quel momento, Rengoku sciolse le sue dita sui capelli di lei fino alla nuca, mentre con l'altra mano scivolava dalla spalla alla schiena per poterla avvicinare a sé. Fu attento a non stringerla troppo forte, così da non farle male, ma non abbastanza da evitare di schiacciarle addosso il suo membro cosa che... lo mise in imbarazzo ma in fondo faceva parte del gioco, no? No, in realtà non lo sapeva, non ne aveva idea, ma aveva deciso di affidarsi all'istinto che Gabriel aveva suggerito, quindi non si preoccupò troppo e la avvicinò a sé così da farle sentire la muscolatura allenata, che mista ad una pelle mostruosa e spessa lo facevano sembrare ancora più vigoroso ed allenato del normale.
    Si, è piacevole... ma non sono bravo in queste cose... mi dici tu cosa dovrei fare ora?
    Non retorica, ma una domanda sincera. Forse non era proprio un'idea brillante affidarsi a lei ma... con l'abbraccio era andata bene, no? Che aveva da perdere...
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    Sarsha vide Shagaru esitare quando la sentì parlare di ciò che avevano sentito, non si oppose però: per lui era strano fidarsi così tanto di Jack ma in quel caso dovevano necessariamente scendere a compromessi. Jack non si fece distrarre dal comportamento del drago ed ascoltò le parole di Sarsha annuendo con l'aria di chi ha capito qualcosa, o almeno ci stava andando molto, molto vicino.
    Potrei sbagliarmi ma... l'istinto mi dice che nel tentativo di attaccare la Luxengy siete andati a grattare la superficie di qualcosa che andava tenuto segreto...
    Si lisciò il mento per poi rialzare lo sguardo verso la donna scarlatta, gesticolando con la mano destra come se volesse dare poca importanza ai titoli che stava invece riconoscendo al diretto interessato.
    Il carisma è... per dirlo in parole povere, come si riferisce l'Authority al "grande capo", o almeno quello che si spaccia per tale. Avete visto l'amico con i fari in faccia dei tabelloni, no? Quello che chiacchiera un botto e sembra un prete che pascola il suo gregge americano. Quello è il Carisma, la persona che si finge la voce del popolo ma che in realtà è una specie di dittatore, il capo dell'Authority e quindi il tizio con più pallottole in canna da queste parti.
    Numerosi fari si sollevarono intorno a loro e il rumore dei droni che volevano in cielo si fece più intenso. Jack sollevò lo sguardo rapidamente cercando di capire quanto fossero vicini, poi si rivolse ai draghi.
    Adesso la situazione è spinosa, dovete darvela a gambe finché potete. ci incontreremo alla prima occasione.
    Shagaru, a differenza di Jack, era rimasto con il muso alzato tutto il tempo dopo aver avvertito quei rumori e quando le sue corna si sollevarono irradiandosi di energia, Sarsha avrebbe dovuto capire che il suggerimento di Jack era sincero.
    D'accordo Jack... non tenerci sulle spine. Contiamo su di te.
    Detto questo si sarebbe voltato verso Sarsha, facendole cenno di seguirlo: avrebbe aperto lui la strada, seguendo le istruzioni del drago rosso. Non le avrebbe permesso di andare avanti in quella situazione critica.
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    Non si aspettò niente del genere, e mentre la sua carne spariva dentro quello stretto pertugio perse ogni goccia di sicurezza, lasciando spazio a un'espressione sorpresa e una bocca semiaperta, boccheggiante. Iniziò a respirare profondamente, forse nel vano tentativo di riprendere aria, ma ogni volta che le sue vene si riempivano anche solo di un grammo d'ossigeno finiva inevitabilmente con il muovere spasmodicamente quella verga dentro di lei. Come faceva a non sentire dolore? Rengoku si sentiva come se qualcosa lo stesse stritolando, lo strangolamento più bello della sua vita, ma era come bloccato in una morsa che gli spezzava il fiato. E le i invece di annaspare come lui, con quell'espressione a metà tra l'ebete e l'eccitato, sembrava perfettamente a suo agio, come se non aspettasse altro. A differenza sua, che pareva addirittura spaventato dalla novità, Amerika sembrava invece rinata: quello sguardo osceno e l'espressione vogliosa riuscirono ad accendere ancora di più l'eccitazione di Rengoku che prese a pulsare come un pazzo dentro quella strettissima carne. La sua mazza non era esperta ma spessa, e allargava la corolla di carne in cui si era intrufolata con una certa violenza, come se rispondesse all'istinto del potere del ragazzo che giaceva tacitamente dentro di lui: strappa con tutta la forza che hai in corpo. E di quello si trattava, no? Istinto. Non aveva mai neanche lontanamente pensato a fare sesso con qualcuno, men che meno durante quel servizio di lavori utili, figurarsi con la moglie di un demone perverso... aveva semplicemente risposto all'istinto e ora... ora ne voleva ancora. Per questo nonostante stesse boccheggiando, incerto e confuso, nei suoi occhi non si leggeva né indecisione, né paura. Solo voglia. Riusciva a stento a sentire quello che diceva la ragazza sopra di lui, si era perso in quell'espressione perversa e nei leggeri movimenti perversi del suo bacino. Ne voleva ancora e spontaneamente sollevò le mani, indeciso su come avvicinarsi a lei. Si rese conto che i capezzoli stavano rivendicando libertà, e che più si muoveva, più la carne di Amerika si scioglieva su di lui, lubrificando la sua asta rendendo le penetrazioni sempre più intense e profonde. Se voleva godere di più, doveva togliere gli ostacoli, e farla godere a sua volta. Non era il tipo da ammettere che non sapeva cosa fare, ma per sua fortuna Amerika sapeva come prendere l'iniziativa, strappandogli quello che era a tutti gli effetti il primo bacio lascivo che si concedeva con una ragazza. Di nuovo, non fu affatto abile né pronto, aspettò moltissimo prima di farsi avanti ma quando lo fece, fu come se la sua bocca non fosse mai stata veramente aperta fino a quel momento. Incrociò la lingua di America e la risucchiò verso di sé, assaporò le sue labbra e le chiuse intorno alle proprie, un bacio incerto ma che divenne gradualmente sempre più affamato, sempre più caldo. Mentre la baciava, i respiri si facevano più lenti e profondi, si regolarizzavano e li assaporava meglio, e lentamente le mani prendevano coraggio. Prima le afferrò i fianchi per accompagnarla nei movimenti, poi però prese l'iniziativa e con la stessa determinazione con cui l'aveva avvicinata a sé la prima volta, allungò le dita e concentrò energia tra gli spazi della sua carne. Una fiamma nera quasi fredda si accese su di esse, come se fosse animata da tante piccole creature che bruciavano al suo interno. America avrebbe sentito chiaramente il suo potere sfiorarla ma senza toccarla veramente, permettendogli però di dividere in due il suo vestito e strapparlo con una facilità disarmante, lasciandola praticamente nuda sopra di lui. E quando l'opera fu completa Rengoku non si accontentò, allungò le mani e le afferrò i seni, stringendoli con un vigore che non pensava di poter osare sul corpo di una persona alla quale non voleva fare del male. Eppure li strinse, forte, quasi come se volesse strapparli e avvicinarli a sé, una presa possessiva, avida, che lo aiutò a muoversi meglio col bacino. La verga si gonfiò di colpo e quello che fino ad un attimo prima era un movimento facile per Amerika divenne molto più complesso, perché quel mostruoso cazzo era decisamente più difficile da lubrificare del normale data la sua foggia, ma ad allargarsi invece non ci metteva quasi niente, e più il ragazzo si eccitava, più sembrava davvero sul punto di poterle strappare in due quel culo meraviglioso che lo aveva portato alla follia.
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    Gil dimenticò qualsiasi cosa si fosse lasciato alle spalle in quel momento. Il cacciatore, la sua famiglia, i suoi problemi, addirittura uno dei suoi corpi, tanto che "dall'altra parte" ci finì un solo Gil, stretto alla mano di Nimue tenendola salda come se fosse una catena di carne. Seguire quella creatura nell'ignoto fu la cosa più naturale che fece in vita sua, e ogni volta che parlava sentiva il suo cuore pulsare vigorosamente, come se gli stesse indicando una strada priva di menzogne e colma di ispirazione. Non si sentiva così dal suo primo incontro con Thresh, senza contare poi tutte le volte che aveva confessato i suoi sentimenti a Nimue.
    Chi... chi ci aspetta? Sento il suo potere, ma non riesco a percepirlo! So che può coronare il nostro sogno d'amore! Rispondimi, spirito! Ho bisogno di sapere!
    Mentre parlava, stringeva le dita della sua amata strega con vigore. Nimue non osò interrompere, limitandosi ad annuire al suo amato Gil, per fargli capire che potevano andare, che erano arrivati dove volevano. Nimue era colma di speranza perché avevano fatto un passo in più verso la loro bambina.

    Edited by Hyperion Arcade - 16/5/2023, 16:09
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    Ci aveva pensato altre volte, in effetti, anche se il più non erano durati molto come ragionamenti e li aveva lasciati morire così come venivano. Però si era chiesto che tipo fosse questo Sovereign: se era davvero cattivo e pericoloso come dicevano, o se viveva unicamente della sua fama e della comodità di una Kamen a proteggerlo. Se non si era fatto ancora vedere, significava forse che non doveva prenderlo sul serio? Difficile per Rengoku pensare a problemi così stupidi, per uno che pensa a cancellare il male da tutta Kurayami, un bulletto troppo sicuro di sé non poteva di certo stare in cima alla lista delle cose da sistemare.
    Non fraintendermi: se per colpa sua sto facendo pulizie extra non mi dispiacerà dargli una lezione, ma per il momento non mi sembra un problema così grave...
    Poi prima che potesse continuare con quel discorso, Gabriel gli si avvicinò di nuovo, toccandolo per attirare la sua attenzione e portarlo a voltarsi di nuovo. Lo guardò negli occhi dicendogli che era buono, allargando le braccia come se volesse un abbraccio. Rengoku la fissò senza cambiare espressione, piegando però leggermente il capo di lato con aria confusa.
    Sai che forse hai un piccolo problema col contatto fisico ver....oh!
    Non fece in tempo a rimproverarla che, data l'indifferenza di Rengoku, Gabriel chiuse le distanze per lui e si cimentò in un affettuoso abbraccio che colse Rengoku alla sprovvista. Allargò le braccia per evitare contatti indesiderati ma quando si rese conto che Gabriel era davvero troppo più bassa di lui per evitare il contatto col bacino si ritrovò ad alzare lo sguardo verso l'alto per cercare di nascondere un lieve imbarazzo. Il suo petto era così morbido, il volto delicato, la pelle calda... era davvero piacevole abbracciare qualcuno, così tanto che per uno come lui che non era assolutamente abituato sembrava addirittura sbagliato.
    Grazie... le tue sono belle parole ma... non dovresti stringerti così a me. Non sono bravo ad abbracciare le persone.
    Nel dirlo gesticolò un pochino, lentamente, per poi portarle la mano sinistra sulla testa e la destra sulla spalla in maniera piuttosto goffa. Voleva evitare ulteriori sfregamenti perché memore dell'ultima esperienza simile sapeva che bastava poco per risvegliare i suoi istinti adolescenziali, e data l'altezza di Gabriel sarebbe stato anche troppo facile sentire un eventuale risveglio nei suoi pantaloni anche solo se si trattava di minime pulsioni.
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    Nel sentirla parlare di amicizia si ritrovò a fare spallucce un pò come se non gli importasse, che gli andasse bene così come veniva. Non aveva mai avuto degli amici "veri" nel senso stretto, solo gente con la quale aveva condiviso delle esperienze e non considerava a tutti gli effetti delle influenze negative, ma stavano alla Gakuen dopotutto come poteva non avere precedenza la parola "rivalità" sopra a quella più semplice "amicizia". Non c'era però disappunto nel suo sguardo: se voleva considerarlo un amico a lui stava bene, non era così solitario da non provarci nemmeno. Quando gli disse che doveva sorridere di più, Rengoku si voltò verso di lei e cercò di accontentarla: il giusto mix tra le parti della sua pelle che componevano un mosaico inquietante, le graffette e il fatto che in realtà non sapesse come sorridere in maniera spontanea, lo fecero sembrare un quadro deformato da creepypasta su internet da affiancare ad un lungo post pieno di incoerenti frasi ad effetto per suscitare spavento. Rengoku aveva perso la sua innocenza da piccolo, sorridere in maniera spontanea gli veniva difficile, farlo forzatamente, a quanto pareva, lo era ancora di più. Tornò poi al suo lavoro, cercando di non tralasciare nessuno spazio del muro.
    Devono essere per forza più di uno, lo studente medio della Gakuen non è così creativo... ma da quel che ho capito seguono solo l'esempio di altri, il vero capobanda è uno solo e ti farà ridere saperlo ma non ci siamo neanche mai incontrati... credo di avergli calpestato i piedi perché non apprezzo i suoi metodi e ora se l'è legata al dito. Ti dice niente il nome Sovereign?
    Mantenne un tono estremamente calmo, quasi disinteressato. Non era il tipo da farsi impressionare da un bulletto qualsiasi e solo perché era temutissimo tra le pareti della Gakuen non bastava a far tremare Rengoku. Forse anche Gabriel poteva dire la sua riguardo ad un simile individuo?
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    Rengoku non era decisamente un tipo che si faceva gli affari degli altri ma forse qualche domanda in più sul fatto che quella ragazza era stata sposata con una spada o un demone dentro di essa meritava un minimo di approfondimento. D'altro canto però, la sua esperienza d'infanzia non poteva di certo considerarsi meno strana e non gli piaceva raccontare fatti del genere alla gente, quindi prese la posizione che nessuno dei due avrebbe scavato oltre nel passato dell'altro, e sarebbe andato bene così. Gli disse che il suo pensiero non le dispiaceva ma che forse era un tantino ingenuo. Rengoku non pensava fosse sbagliata quella risposta, anzi ci aveva pensato molte, molte volte, e quelle parole lo fecero tornare a quei pensieri immediatamente, anche per questo non le rispose subito. Sapeva che molto probabilmente nel tentativo di ripulire il male dal mondo, lui si sarebbe sporcato della stessa lordura. SI sentiva sporco già in quel momento, quanto poteva peggiorare col tempo? No, era ovvio che la sua non fosse la soluzione migliore, e probabilmente inarrivabile. Ma valeva la pena provarci, anche perché non c'era altro modo dal suo punto di vista per poter ottenere un risultato, quindi avrebbe combattuto fino alla fine e... cazzo stava per essere stuprato. Non si rese conto immediatamente cosa stesse facendo Amerika, ma quando la vide piegata su di lui, con la verga tra le mani che lo masturbava e lo portava verso il suo piccolo buchino posteriore, il ragazzo smise di respirare. La sua verga s'inturgidì e prese a pulsare così forte tra le dita di Amerika che probabilmente nessuna scusa sarebbe valsa qualcosa in un singolo contesto. E anche lui, effettivamente, non aveva la minima volontà di sottrarsi a lei. Dire che non l'aveva desiderata sarebbe una menzogna e per quanto fosse inesperto, Rengoku non era di certo stupido né immune al fascino di una ragazza, specie una che si era avvicinata così tanto a lui. Tuttavia, non avrebbe accettato di essere semplicemente vittima degli eventi. Mentre la ragazza lo lubrificava, masturbandolo come se sapesse perfettamente cosa stava facendo, lui allungò la mano verso il volto di Amerika, afferrandola per il mento e le guance. Una presa non troppo forte, ma possessiva, tanto delicata quanto decisa, in modo che non distogliesse lo sguardo da lui e si avvicinasse il più possibile a quel ragazzo.
    Se ti trasformerai in un fiore maligno sarò io stesso a strapparti, lo prometto. Tu promettimi che farai lo stesso con me.
    Detto questo, tenendola ferma con la mano, avrebbe cercato di avvicinarla al proprio volto, mentre col bacino invece avrebbe spinto verso l'alto. Non sapeva cosa stava facendo, era la prima volta per lui, ma tra quelle parole e il desiderio che si era acceso, non si stava più preoccupando di pensare lucidamente, e faceva e diceva esattamente ciò che l'istinto gli suggeriva di fare. Avrebbe cercato di penetrarla senza distogliere lo sguardo da lei, e mentre lo faceva la bocca si sarebbe aperta quel tanto che bastava per gemere silenziosamente di piacere, e cercare il primo bacio da scambiare con una ragazza.
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    Quella ragazza aveva un'aria un pò lunatica, cambiava rapidamente umore ed emozioni in corso, ma non era la cosa più strana che aveva visto alla Gakuen, dopotutto per lui anche quella faccia piatta di Kaguya era altrettanto strana, e lui stesso non poteva dirsi comune, quindi non avrebbe fatto lo schizzinoso né l'antipatico. Anche perché vederla rattristarsi in quel modo non lo lasciò indifferente. Parlò della sua esperienza e gli ricordò molte delle situazioni che anche lui aveva vissuto, non amava vedere le persone fragili in difficoltà, e per questo sfogava con grande odio disprezzo la sua sete di vendetta verso i malvagi. Non riuscì ad infilarsi nel discorso ma non se la prese, anzi fu abbastanza contento di fungere da valvola di sfogo per lei, sembrava aver bisogno di qualcuno che la ascoltasse e forse stare a sentire una ragazza in difficoltà era meglio che cancellare scritte con considerazioni poco lusinghiere sul proprio aspetto fisico.
    Ho dormito in posti peggiori, ma se posso ripulirla velocemente tanto meglio.
    Era anche un modo per lanciare un messaggio: una scritta codarda si cancella velocemente con un pò di sapone, la volontà di Rengoku non sarebbe sparita con qualche parola a caso. Si sentì un pò in difficoltà, però, quando Gabriel si avvicinò così tanto le mani del ragazzo alla sua faccia, sembrava quasi volesse fargli una richiesta spassionata. Con aria sorpresa, Rengoku la fissò stranito ma non se la sentì di dirle di no.
    Ah... va bene d'accordo... se ci tieni tanto non mi lamenterò, ma non pensi sia troppo presto per considerarmi un amico? Ci siamo praticamente appena conosciuti e io ho l'aspetto di uno che fa riti satanici nel weekend...
    Commentò senza una traccia di ironia nella sua voce, mentre tornava sul suo lavoro a ripulire le scritte dal muro.
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    Jack trovava repellente il modo innaturale con cui Sarsha lo stava "esaminando": si sentiva come una bestia messa sotto scacco, trattato come un mero pezzo di carne, non diverso da uno dei cinghiali che i draghi cacciavano per fame o di quelle volpi a cui i cacciatori sparano per divertimento. Lui non era un'animale, né un pezzo di carne, era un fottutissimo genio e nessuna lucertola gigante del cazzo poteva giudicarlo, Ma in quel momento l'orgoglio andava messo da parte per il bene dei suoi piani, quindi non sbottò e si trattenne con ogni muscolo del suo corpo. Assurdo notare quanto più trovavano un punto d'incontro, più differivano così profondamente. Erano davvero due razze diverse, e mentre quel pensiero attraversava Shagaru, timoroso che un accordo fosse impossibile, Sarsha lo rassicurò dandogli un pacca sul petto, che lo trovò estremamente gonfio e contrito per via della situazione, forse non le sarebbe dispiaciuto come contatto. Sarsha chiarì subito che non le importava chi stava a comando di New Vegas, purché non finisse col calpestare i piedi ai suoi fratelli, posizione ragionevole che Jack accolse senza dire nulla, annuendo col capo come se stesse sottolineando l'ovvio in una trattativa del genere.
    I draghi sono una bella attrazione ma le conigliette tirano di più e mordono di meno... di solito...
    Borbottò tra sé senza interromperla, tanto per farle capire che non ci guadagnava proprio nulla a dare loro fastidio, non rientravano nei suoi interessi quei draghi, né come prede, né come guai. Il drago rosso chiuse le distanze e per un secondo Jack sollevò le spalle, rivolgendo lo sguardo verso l'alto. Che palle essere il più basso su quel cazzo di tetto! Si guardò attorno per evitare che quel pensiero diventasse visibile attraverso il suo sguardo, ma afferrò la mano di Sarsha senza pensarci due volte, ricambiando il suo sorriso mostrando un'intesa verso le sue parole. Forse quella rossa non lo vedeva davvero come un verme schifoso, magari doveva solo trovare il giusto approccio con lei.
    Amiconi, rossa, amiconi! Vedrai che non te ne pentirai.
    Anche se era entusiasta non cercò di stringere la mano troppo forte perché... insomma, non gli piaceva cimentarsi in battaglie che non poteva vincere. Si limitò ad allargare quel sorriso anche verso Shagaru che, seppur non completamente entusiasta, sembrò sollevato nel sapere che quantomeno avevano un alleato. Anche se era Jack il bello. Lo sbuffo che attirò l'attenzione di Jack però no fu quello del drago nero, ma della sua massiva socia che sembrava delusa dal fatto di non essere riuscita a pestare nessuno.
    Nella speranza che questo non sia offensivo per la vostra razza, dato che voi siete i muscoli io farò la parte del cervello, che ne dite?
    Esordì in quel modo, anche per un leggero senso di rivalsa personale, portandosi le mani sulla testa dandosi una sistemata ai capelli.
    Prima di tutto stabiliamo delle regole base: voi fareste bene a mantenere un profilo basso per il momento, meno draghi si vedono in giro per New Vegas e meglio sarà. Voglio essere informato dei vostri movimenti, perché se servirà potrò offrire rifugi sicuri e assicurare di non peggiorare la situazione. Il mio sistema di sicurezza al momento ha... "qualche problemino", per così dire, ma nulla che io non possa risolvere.
    La frustrazione riguardo alla perdita del controllo su Ultron era palpabile ma cercò subito di distogliere l'attenzione da quell'argomento.
    Il mio ruolo adesso sarà capire cosa ha fatto scatenare questo putiferio e come sedarlo. Non sarà una cosa facile quindi avrò bisogno del vostro aiuto per accogliere informazioni ed eliminare problemi. Meno attenzione attiro su di me, meglio potrò colpire alle spalle quei bastardi che stanno dando problemi a entrambi. Vi terrò aggiornati sui progressi. Voi ricordate sempre che conosco questa città come le mie tasche... se dovete fare qualcosa di importante, assicuratevi di chiamarmi e di farmelo sapere, vi darò tutto il supporto che serve.
    Aveva già dato loro degli orologi trasmittenti in passato, ma stavolta voleva assicurarsi di avere una fonte diretta con gli interessati. Quindi afferrò la sua cintura, sganciò la placca e ne tirò fuori una sorta di bracciale più largo, decisamente elegante, non come un ingombrante orologio, poteva perfino essere spacciato per una decorazione essendo di un oro maledettamente puro. Lo allungò verso Sarsha, aspettando che fosse lei a prenderlo.
    Vediamoci periodicamente, possiamo coordinarci e tirare le somme dei risultati. Sarà un buon modo per fare amicizia...
    Riuscì a non lasciarsi sfuggire un sorrisetto viscido, ma l'idea di riuscire a usare quella scusa per sedurre la rossa e concedersi del sesso dragonico non gli dispiaceva affatto, quindi perché non provarci spudoratamente? Non aveva niente da perdere, anzi se da quella situazione poteva guadagnarci allora non sarebbe stata altro che l'ennesima vittoria dalla cenere da parte di Jack. A quel punto si sarebbe zittito una volta per tutte e se Sarsha avesse accettato il suo dono, il bracciale si sarebbe immediatamente sincronizzato per un percorso di fuga da New Vegas che fosse sicuro quanto quello che avevano usato per arrivare fin lì. Avrebbe ovviamente atteso ulteriori chiacchiere, in caso Sarsha o Shagaru volessero definire meglio i loro termini, ma il Magala rimase silenzioso.
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    Avrebbe voluto spiegarle che la Gakuen non funzionava esattamente come diceva lei, ma prima di ogni altra cosa nemmeno lui sapeva esattamente come funzionava, e secondo come c'era da aspettarselo Amerika fraintese completamente ciò che Rengoku le aveva chiesto, mozzandogli il fiato mentre strusciava le sue grazie sul suo corpo allenato e atterrito, schiacciando quelle morbide natiche contro la sua verga e strappandogli un sospiro che dovette necessariamente nascondere con un movimento del braccio destro vicino alla bocca. Dissimulò bene, perfino i suoi occhi non sembravano colpiti, ma chiunque avrebbe potuto notare come aveva smesso di respirare e aveva cercato di distogliere lo sguardo dalla gothic lolita per evitare ulteriore imbarazzo. Quindi rimase in silenzio in un primo momento, distraendosi grazie alla spada che sembrava volerlo uccidere lì sul posto nella speranza di non lasciarsi sfuggire qualche contrazione dei muscoli pelvici, osando forse un pò troppo visto il loro incontro frugale, in quanto quella verga non accennava a volersi tranquillizzare e anzi, stando adesso a diretto contatto con le grazie della ragazza era praticamente pronto ad iniziare, tanto che qualche sottile gocciolina trasparente stava scivolando dalla punta del giovane ricoprendogli parte della sua lunghezza con del succo dall'odore intenso. Era pur sempre un novellino, inutile nasconderlo. Tornò su di lei solo nell'ascoltare le domande di Amerika: riguardavano lui e se non altro lo aiutarono a concentrarsi. La prima in particolare lo pungeva nel profondo ed era pronto a dire la sua, ma ancora una volta fu costretto ad esitare quando la ragazza gli fece notare quanto insolito fosse l'approccio che stavano adattando. Era pronto a rispondere anche lì per giustificarsi ma un pensiero gli attraversò la mente all'improvviso, confondendolo e costringendolo a piegare la testa di lato.
    ...sposata?
    Commentò, molto meno atono del solito, era chiaro che per lui fosse una cosa davvero incredibile. No, forse aveva semplicemente interpretato male? Dopotutto non sembrava giapponese, magari la sua cultura prevedeva riti e terminologie diverse rispetto a quelle a cui lui era abituato? O più semplicemente la sua cultura erotica basata sui furry porno gay le avevano insegnato che il sesso anale non era considerato tradimento. Forse quella era l'opzione più sensata. Rengoku chiuse gli occhi e nella speranza di non pensare a dove si stava letteralmente infilando il suo affare, allargò le braccia, sbuffando e incrociando di nuovo lo sguardo con lei appena riprese a parlare. Stavolta non era più distaccato, anzi il discorso era decisamente più sentito. C'era emozione e grinta nella sua voglia di combattere.
    Sono sicuro che a questo mondo ci sono fiori delicati che vanno protetti e rispettati, che profumano e non hanno nessuno scopo se non aiutare gli altri a rischio di consumare la loro esistenza... ma ci sono anche erbacce che farebbero di tutto pur di non marcire, anche trascinare all'inferno tutto il giardino se necessario. E io quelle erbacce voglio strapparle via a mani nude. Per farlo ho bisogno di potere e autorità, e diventare Akira è il metodo più semplice e diretto per farlo. Quindi sì: fare giustizia è il mio motivo per diventare Akira.
    Un pò anticlimax forse, ma in quell'istante la sua verga si concesse una pulsazione vigorosa, vittoriosa addirittura, un modo che il suo corpo trovò per dimostrare che non c'era traccia di esitazione, né di menzogna nelle sue parole. Non lo aveva detto con lo scopo di impressionarla, ma perché le pensava veramente. C'era qualcosa nel suo sguardo, una fiamma vendicativa intensa che ardeva molto più della vergogna che poteva coinvolgerlo al momento.
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    Sì, glielo aveva già detto: lei non sapeva nulla di quelle cose... ma in un primo momento, Jack aveva sottovalutato la cosa. Non si era reso conto davvero di quanto quella ragazza nona sapesse proprio niente del mondo che la circondava, e lo dimostrava il modo in cui la faccia si nascondeva, mentre invece il corpo reagiva con spasmi incontrollati sotto gli stimoli di Jack. L'uomo poteva toglierle tutto a quel punto, ogni cosa, fino a che non le sarebbe rimasta solo sua madre... ma non era questo il potere. Questa era barbarie, a Jack no servivano persone disperate... servivano persone assuefatte. Non doveva toglierle tutto... doveva darle così tanto che lei non sarebbe più riuscita a fare a meno di niente. Solo così sarebbe diventata davvero come lui. Ridacchiò a quel pensiero, sempre più forte, e mentre lei si nascondeva inerme lui invece si sollevava, scoppiando in una risata divertita e sentita. Samantha sentì i pantaloni dell'uomo richiudersi e quando tornò a fissarlo Jack le lanciò un accappatoio in faccia così che potesse coprirsi.
    Che stronzata... stavo quasi per accontentarmi. A giudicare da quello che hai fatto con la tua bocca non vali proprio un cazzo per adesso. Dai in piedi, ti faccio vedere come funziona.
    Dopo quella frase continuò a ridacchiare divertito. Le diede giusto il tempo di mettersi l'accappatoio nero addosso, poi uscì dalla stanza aspettando che Samantha lo raggiungesse. La vestaglia era molto sottile e leggera, le copriva poco in effetti ma bastava per non mettere a nudo tutto il suo corpo. Jack le richiuse la porta alle spalle e con le mani in tasca iniziò a camminare per i corridoi della Atlas Game. Usciti dai privé più silenziosi, tornarono immediatamente nel caos del casinò più grande di tutto il continente: seducenti e bellissime ragazze vestite da conigliette sfrecciavano tra le slot machine, i tavoli e i divani sorridendo a tutti, portando drink, snack e altro tra cui sicuramente svariati tipi di droghe e afrodisiaci. Muscolosi e affascinanti croupier offrivano gioco e intrattenimento ai clienti, mentre grandi schermi offrivano ogni genere di intrattenimento. In alcuni angoli era possibile vedere idei gladiatori misurarsi per dare al pubblico un pò di violenza, in altri c'erano cantanti che si esibivano dal vivo per diventare famosi. Ma ogni piano, ogni stanza, ogni tavolo da gioco era caratterizzato dallo stesso sfarzo, e dalla clientela americana che nonostante la sua ampia gamma di varietà, offriva sempre lo stesso sguardo: desiderio, brama e lussuria. Quelle persone non sembravano desiderare altro. Ogni tanto, tra un saluto e l'altro di Jack, lo sguardo di quelle persone finiva su Samantha: alcuni la guardavano con disprezzo, altri con invidia, altri addirittura con desiderio. Sembrava di essere finita in un angolo dell'inferno, colorato di verde, di rosso, di nero e soprattutto di oro.
    Da oggi in poi, esisterai solo all'interno del mio regno. Se ti darò il permesso di uscire dalla Atlas Game, allora lo farai. Ma se non sarà così, non potrai mettere neanche un piede fuori da qui. Ma non ti preoccupare... non ti mancherà niente.
    Sfilò dal taschino del panciotto una tessera argentata con sopra un codice a barre: senza voltarsi verso di lei portò quella tessera all'altezza del petto di Samantha, dove c'era il BWD, e dopo un paio di brevi istanti la scheda riformulò il suo codice a barre, diventando personalizzata. Jack iniziò a scuoterla davanti a Samantha per invitarla a prenderla, dopodiché si avviò verso un ascensore.
    Snack, cibo, droga, stanze, slot machine, tutto quello che ti serve è lì dentro. Quella è una carta d'argento quindi potrai usarla quasi ovunque, e senza limiti.
    Quella carta Samantha l'aveva già vista in mano ad altri collaboratori di Jack, si trattava senz'altro di un modo per tenere sotto controllo i suoi dipendenti, e al tempo stesso fornirgli tutto ciò di cui avevano bisogno.
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    Tutto si aspettava da quell'interazione, meno di venire toccato in quel modo. Detto così sembrava strano ma nel suo cervello non riusciva ad elaborarlo in maniera diversa: perché quella ragazza piombata in camera sua dal nulla adesso lo stava toccando come se fosse una giacca di pelle finemente decorata? Quanto poteva essere invadente? Rengoku era un tipo violento, ma solo con le persone meritevoli del suo giudizio, con gli altri invece era fin troppo accondiscendente e dato che Gabriel non aveva fatto ancora nulla per farsi disprezzare, la lasciò in pace, non senza lanciarle uno sguardo perplesso e confuso. Avrebbe voluto invitarla a lasciarlo andare ma gli fece un complimento che c'entrava decisamente poco con la situazione, ma non gli capitava spesso di sentirne quindi si rifiutò di disprezzarlo.
    Ah grazie, tu invece hai... delle mani molto morbide?
    Replicò con la prima cosa che gli passò in mente e che per uno come lui non era decisamente scontato e ovvio. Non si scansò finché non fu lei a lasciarlo andare, forse incuriosito da quell'approccio tanto spontaneo e diretto che praticamente nessuno gli aveva concesso da... beh, mai. Pochissime persone si erano avvicinate a lui senza timore e ancora meno lo avevano toccato con l'aria di chi voleva conoscere più che giudicare. Era ancora tutto nuovo per Rengoku e doveva farci l'abitudine. Staccandosi da lui, Gabriel si presentò rifiutandosi categoricamente di andarsene: poteva capire la volontà di disobbedire agli ordini che le avevano dato ma se doveva evitare di annoiarsi forse avrebbe fatto meglio a trovarsi qualcosa di interessante da fare, piuttosto che darsi alle pulizie. Il ragazzo la seguì con lo sguardo e le portò una mano sulla spalla prima che potesse mettere i piedi su l'ennesima macchia di "liquido misterioso poco raccomandabile".
    Mi chiamo Rengoku, ma temo che le presentazioni saranno la parte più entusiasmante della situazione, non sei finita per sbaglio in un parco dei divertimenti mi dispiace.
    Visto che non si era fatta problemi a mettergli le mani in faccia, lui ebbe altrettanti riguardi, portando la mano dalla spalla alla sua testa per girarla verso di sé e poterla guardare meglio. Per quanto apparissero spenti, gli occhi di Rengoku sembravano volerla esaminare attentamente.
    Hai detto antidolorifici? Ti sei fatta male per caso? Oppure...?
    Da come lo sguardo di Rengoku si fece più grave, era ovvio che il resto della frase fosse: "ti hanno fatto del male?"
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