L'incubo del grano rosso

x Doom

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  1. BOLSHAK VS DOOM
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    Una volta arrivata a scuola, Sae avrebbe immediatamente iniziato a sentirsi osservata. In quel caso però, non era una sensazione nuova: il suo sesto senso le suggeriva che molto probabilmente Lancillotto si era messo a pedinarla, o qualcosa del genere. Probabilmente non gli era piaciuta la sua risposta, si sentiva preso in giro e stava facendo di testa sua, dopotutto non aveva scritto altro. E proprio come lui, neanche Thresh si era né sentito, né visto per i corridoi effettivamente. Tarabas invece aveva accolto subito il suo invito, dandole appuntamento in uno degli archivi dove aveva allestito il suo ufficio momentaneamente. Un luogo molto ordinato, in totale discordanza con tutto ciò che le aveva mostrato Thresh fino a quel momento. Sembrava un luogo pensato per mettere le persone a proprio agio, silenzioso, pulito, accogliente e con un leggero sottofondo musicale. Sae non poteva riconoscere quella canzone, ma era certa di averla già sentita altre volte, tuttavia senza concentrarsi su di essa era impossibile fare mente locale. Avendo Tarabas davanti, sarebbe stata concentrata su tutt'altro.
    Ti ringrazio per essere venuta subito, penso sia urgente.
    Nonostante l'aria seria, Tarabas cercò di mantenere un tono molto tranquillo e amichevole, alzandosi da dietro la scrivania appena la vide arrivare, togliendosi gli occhiali e indicandole la poltrona davanti a lui per permetterle di accomodarsi. Sopra alla scrivania, l'uomo aveva diverse foto e documenti, in particolare sembrava impegnato con qualche indagine sull'occulto. Sulla scrivania infatti, coperta dai vari documenti, c'era una tavoletta in un materiale che sembrava a metà tra il legno e il marmo. Appariva lucida e pesante, ma sembrava incisa come una tavola di legno. La forma rettangolare la facevano somigliare ad una di quelle tragicomiche tavolette ouija, ma invece di parole e lettere c'erano piuttosto numerosi simboli concentrici. Dall'alto della sua esperienza con l'occulto, Sae riuscì chiaramente a riconoscere una simbologia divina, angelica. Non era uno strumento per mettersi in contatto con gli spiriti o per evocarli, sembrava piuttosto qualcosa di collegato ad alte sfere di percezione, legati alla cabala ebraica o qualcosa del genere. Tra le dita pendeva una sorta di pendolino di cristallo, bianco come il latte, avvolto intorno alla mano dell'uomo con una catena di un metallo brillante, all'apparenza oro ma dava l'idea di essere "sporco", annerito e macchiato in alcuni punti.
    Permettimi di scusarmi se ci siamo sentiti poco di recente, avevo promesso di fiancheggiarti ma ho finito con lo sfruttarti. Ma ho intenzione di spiegarti tutto, non temere, è il motivo per cui abbiamo fatto un sogno condiviso, e perché ho temporeggiato così tanto.
    Si fermò di colpo, prima stringendo i pugni e poi scuotendo il capo, lasciandosi sfuggire una risatina frustrata. Tirò su le maniche dell'elegante camicia azzurra che portava, cercando di rimettersi gli occhiali per sembrare più professionale.
    Perdonami... sto iniziando decisamente col piede sbagliato. Sae, come stai?
    Sincero, per quanto preoccupato. La fretta e l'impazienza di quell'uomo erano dettati dall'apprensione nei confronti di Sae e di tutta quella situazione, ma sembrava davvero, sinceramente, preoccuparsi per lei. L'aveva presa a cuore, in un certa misura, e la rispettava molto.
     
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