Sanssouci

appartamento di Adam Qadmon.

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  1. Kira dietro lo specchio.
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    Che dice il Coccodrillo del Nilo | che batte la coda iridata | ... | nel tonfano, nella cascata, | ... | e sopra la sponda assolata? | «Trovato è il pasto agognato! | Trovato! Trovato!

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    Ovviamente da dietro lo specchio! Il tuo specchio...

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    La confusione che regnava nella mente di Adam non venne di certo placata dal comportamento degli altri astanti: se, infatti, la sconosciuta che teneva in braccio la sua Queenie si rivelò assolutamente e gratuitamente villana, dato che non esitò neppure per un istante a esporre dei dubbi sulle sue capacità intellettive, le ancelle della piccola Regina furono semplicemente caotiche, attorniandolo con un ronzare confuso mentre, con gesti convulsi, cercavano di metterlo al corrente della situazione; insomma, l'ex homunculus era assolutamente confuso e anche vagamente irritato dalle parole della sconosciuta che, inutile specificarlo, avevano pizzicato il suo orgoglio al punto che, in un'altra occasione, avrebbe redarguito come si doveva la sua maleducazione e chiesto alle piccine di ricomporsi un attimo... ma, non appena vide gli occhi di Queenie luccicanti di lacrime, perse ogni decisione e neanche badò al modo in cui la donna ignorò completamente la sua presenza, andando dritta verso il salotto e l'ampio divano. Le seguì e osservò teso, ancora sgomento la sua piccola apetta che veniva deposta sul divano e, soprattutto, le uova dorate che le ancelle stavano sistemando sulle poltrone, colpito dal fatto che le paure di quel giorno, di quelle settimane si erano palesate di colpo in quella notte così apparentemente tranquilla: ne esaminò la superficie liscia, rotondeggiante e tesa di vita, della vita che lui gli aveva infuso e nell'intravedere il riflesso del suo volto su di essa si scoprì avere uno sguardo curioso e, insieme, quasi diffidente come chi guarda un oggetto alieno che poteva essere anche pericoloso. Ebbe paura di tale diffidenza e cercò freneticamente dentro di sé una qualche stilla di istinto paterno ma era così confuso, così sconvolto che non trovò altro che caos e stupore. Fu il pianto improvviso, a dirotto di Queenie a distoglierlo dalla sua progenie e a riempirgli immediatamente il cuore di un profondo, sincero dolore: cos'era accaduto di così terribile da strappare a quella dolce apetta il suo sorriso? La immaginò spaventata e sola che, nel bel mezzo della notte, partoriva tra qualche vicolo deserto e si sentì straziare, tanto che fece istintivamente un passo verso di lei per abbracciarla, per riempirla di baci ma la sconosciuta sollevò un lembo del cappotto che la copriva, facendolo letteralmente impietrire; sotto, infatti, quell'indumento palesemente maschile la piccina era completamente nuda e la sua pelle era sporca di inequivocabili tracce di sperma.
    Se prima, sull'uscio, si era dovuto aggrappare allo stipite per non indietreggiare confuso, adesso si sentì mancare il terreno sotto ai piedi mentre la testa gli girava e la verità di quanto era accaduto si abbatteva su di lui con la violenza di un fulmine. Spalancò la bocca ma non ne uscì un solo suono, anche perché non osava neppure pensare la domanda che il suo cuore già si chiedeva: la sua Queenie era stata stuprata? La risposta, neanche se la sconosciuta sapesse leggergli nell'anima, giunse quasi immediatamente spiegandogli che la piccina era stata aggredita e stuprata da un criminale mentre tornava a casa, in un parco pubblico e che lì era avvenuta il parto parziale che aveva dato alla luce quelle uova. Le parole della donna gli rimbombarono per lunghissimi attimi nella mente, incapace di raccoglierne il senso, di accettarne il significato, rimasero inerti come pietre tra la polvere dei suoi pensieri annientati, finché Queenie non singhiozzò quelle che sembravano delle scuse: a quel punto, esplosero dentro di lui come bombe e tra i suoi occhi azzurri, gelati dall'orrore, comparvero delle lacrime. Si odiò per questo e non perché quella sconosciuta così maleducata potesse vederlo tanto vulnerabile e giudicarlo ma perché, in un momento in cui la sua compagna aveva bisogno di lui, ecco che soccombeva al dolore, alla debolezza!
    Queenie, piccola mia... - sussurrò appena, mentre la piccina si alzava malferma e il cappotto, scivolando a terra, scopriva il suo corpicino segnato dalla violenza, prima di fiondarsi tra le sue braccia alla ricerca di un conforto di cui Adam si sentiva sprovvisto. L'abbracciò di riflesso, stringendola con forza a sé e carezzandole il capo con istintiva dolcezza, mentre trattenere le lacrime diveniva sempre più difficile. - Bambina mia, mio tesoro... - sussurrava come in una dolce nenia tranquillizzante tanto per lei che per lui mentre le immagini di lei aggredita e violata anche se gravida gli illuminavano la mente in flash continui e caotici, travolgendolo di orrore e sensi di colpa. Perché era colpa sua, di chi altri? Non avrebbe dovuta lasciarla sola, avrebbe dovuto rimanere con lei anziché scappare spaventato dai suoi doveri, dalle sue responsabilità: era stato un codardo e Queenie ne aveva pagato le conseguenze. Il rimorso lo assalì come una belva feroce e lui si lasciò dilaniare finché il dolore non si tramutò in rabbia e in odio, mentre le immagini di quello stupro si susseguivano sempre più in fretta nella sua testa, mentre i suoi occhi venivano invasi da quella insensata malvagità: perché, perché doveva sempre finire così, perché la dolcezza veniva calpestata, la fragilità vessata, la bontà oltraggiata, la bellezza violata?! Perché doveva esistere un simile male, perché il mondo doveva essere invaso da una piaga così purulenta?! Parole di odio gli salirono alle labbra e si ritrovò a maledire nella sua mente quella vita, quel mondo a cui si era deciso ad aprirsi e da cui era stato irrimediabilmente ferito. Vene nere, dunque, si aprirono sulla sua pelle, mentre l'iridi si fece di colpo rossa, come se non riuscisse più a controllare il suo corpo e la sua furia.
    Lo troverò... giuro sulla mia vita che lo troverò!! Troverò quell'abietta, maledetta creatura, quella bestia schifosa e, giuro, giuro che la pagherà! Cento, mille volte la pagherà, non avrò pace finché non lo avrò... non lo avrò... - s'interruppe di colpo, comprendendo che si stava lasciando andare alla stessa brutalità che aveva oltraggiato Queenie, che l'aveva ferita proprio quando lei aveva bisogno di tenerezza, di dolcezza. I muscoli che si erano fatti rigidi, duri come se fossero di metallo, come se fossero strumenti di tortura, si sciolsero e anche l'abbraccio si fece più dolce, con le iridi e le vene che tornarono finalmente normali; le sollevò delicatamente il volto con una mano, affinché lei lo osservasse negli occhi, decisamente lucidi, mentre le sorrideva dolce eppure timoroso, forse persino un po' disperato.
    Piccola mia, mia Regina, non temere: non può più farti del male né lo potrà mai più, perché ti proteggerò io, te lo prometto! Vieni a vivere con me, bambina mia, staremo sempre insieme e Roma non ha negozi come il tuo! O se non vuoi, verrò io a vivere a Londra ma non sarai più sola! Ci sono io, Queenie, ci sono io, non sei più sola... né adesso né mai. - le sussurrò con dolcezza, riempiendola di baci dolci e leggeri l'intero volto e stringendola più forte a sé, a fargli sentire il suo corpo, il suo calore, il suo amore. In realtà quella proposta così impulsiva, così irragionevole per certi versi, non cambiava la confusione e le paure del suo cuore, anzi forse le avrebbe ingigantite ma in quel momento era l'unica cosa giusta che c'era da fare e lui non voleva, né poteva tirarsi indietro. Aveva parlato a voce bassa, dolce ma le parole gli erompevano direttamente dal cuore, quindi erano impulsive, forse ripetute, forse non messe nell'ordine più gradevole possibile ma erano sincere e intrise di dolcezza, di affetto e sperava che sarebbero bastate per acquietare la paura che ancora scuoteva la sua piccina.
    Venne distratto da un'ancella che, a gesti, cercò di porre la sua attenzione verso la sconosciuta soccorritrice della sua Regina, esprimendo una buon dose di diffidenza nei suoi confronti: in effetti, la donna era tutt'altro che simpatica e, a parte mostrare una premura ammirevole verso Queenie, non faceva altro per risultare più amabile, come dimostrò la minaccia che rivolse alla piccola tiranide. Anzi, non paga della sua prepotenza, si rivolse verso Adam e benché propose cose assolutamente ragionevoli e sensate, vi sentì un po' di quella superbia e di quella sufficienza che aveva ostentato fin dal loro primo scambio di sguardi.
    Non conosco il suo nome ma sappia che non ho parole per ringraziarle: ha aiutato Queenie nel momento del bisogno e gliene sarò grato finché avrò vita. Casa mia è sua, per stanotte come per quanto vorrà. - disse, sollevando il volto e mostrando un'espressione seria, risoluta oltre che sinceramente grata. - E ha indubbiamente ragione, Queenie ha bisogno di aiuto per portare a termine il parto e non saprei come esprimerle la mia gratitudine se rimanesse per assisterla in una situazione così delicata. Credo, però, che la priorità sia tranquillizzarla, quindi... - qui la sua attenzione si spostò nuovamente su Queenie e l'espressione risoluta si sciolse in un sorriso gentile, amorevole. - mia Regina, ti andrebbe un bagno? Non preoccuparti, penso io a tutto. - le propose e se la piccina gli avrebbe dato il suo consenso, l'avrebbe presa delicatamente in braccio, dirigendosi verso la stanza da bagno del suo appartamento. - Ci segua pure. - disse, rivolgendosi alla donna, di nuovo padrone di sé e della situazione, non senza rivolgere un sorriso rassicurante alle ancelle, seguito da un veloce occhiolino: il messaggio per le ragazze era semplice "non dovete preoccuparvi, ci penso io" e, fortunatamente, si sentiva in grado di gestire quella terribile situazione.
    Non preoccuparti, bambina mia, è tutto finito... sei al sicuro, adesso. Nulla potrà più farti del male. - avrebbe continuato a rassicurarla durante il brevissimo tragitto a cui, obtorto collo o meno, avrebbe dovuto far seguito la bella sconosciuta che, così, avrebbe potuto notare come l'appartamento di Adam, oltre a essere ordinato e arredato con ottimo gusto, si componeva di splendidi pezzi di antiquariato e di non pochi quadri alle pareti, splendide riproduzioni di opere che potevano risultare conosciute e apprezzate soltanto da un autentico appassionato.
    Il bagno era spazioso ed era dominato da una vasca ampia, perfetta per potersi rilassare e dimenticare il mondo grazie a un buon bagno caldo. - Piccina, dammi un attimo per preparare la vasca. - disse, porgendola alla donna affinché potesse prenderla in braccio quei pochi minuti che sarebbero serviti per riempire la vasca e prendere l'occorrente per lavarla. Adam era concentrato e a uno sguardo esterno sarebbe di certo sembrato calmo, perfettamente padrone di sé, in realtà sul suo animo pesava ancora l'enormità di quanto accaduto e benché non ne sentisse ancora il peso, presto o tardi lo avrebbe iniziato a sentire.
     
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