Sanssouci

appartamento di Adam Qadmon.

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  1. EllariaSand
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    Narrazione


    Londra.
    Quanto le era mancata quella città?
    Le labbra della russa si incresparono in un leggero, nostalgico sorriso, mentre alzava silenziosamente lo sguardo verso il cielo in cui, ormai, il sole aveva cessato di splendere già da parecchio lasciando lo spazio ai raggi meno aggressivi e decisamente più eterei della sorella luna, adeguatamente accompagnata dal proprio corteo di stelle simili a miliardi di luce sparate dello spazio cosmico.
    Inspirò profondamente l'aria fresca della sera, riempiendosene i polmoni col gusto di chi sa che, una volta tornato a casa, ben difficilmente avrà modo di assaggiare temperature che non si abbassino oltre i 30°.
    Alistair, l'elegante vampiro che l'aveva fatta giungere, da Roma, sin li solo al fine di presenziare alla conferenza da lui organizzata in quanto presidente di una delle maggiori associazioni culturali della città, l'aveva gentilmente invitata a uscire a cena. I due avevano trascorso la maggior parte della serata in un elegante ristorante mobile, costruito all'interno di un traghetto che aveva permesso loro di degustare un'ottima aragosta al burro e degli altrettanto eccellenti vini londinesi proprio mentre la barca solcava silenziosamente le acque limpide del fiume ... una serata d'eccellenza, che difficilmente le sarebbe stata offerta se il vampiro stesso non fosse stato consapevole di quanto la sua presenza alla conferenza del giorno dopo avrebbe potuto portare non pochi verdoni nelle tasche sue e dell'associazione.
    Non che a Selenya importasse ... era fin troppo abituata a coloro che ricorrevano al suo nome per pervenire a un guadagno personale, e finché lei stessa avrebbe avuto modo di usufruire della loro avarizia per ampliare la propria rete di conoscenze sarebbe stata ben felice di soddisfarli.
    Scosse silenziosamente il capo, attraversando con passo volutamente moderato i giardini. Ovviamente, Alistair si sarebbe volentieri offerto di riaccompagnarla anche all'hotel in cui alloggiava, ma la russa non aveva voluto sentire ragioni ... era da mesi che non tornava in quella città, i giardini in particolare le erano mancati terribilmente: non che la capitale italiana fosse priva di spazi verdi, ovviamente, ma quel luogo aveva rappresentato a lungo tempo per la mannara uno dei pochi angoli di pace in cui rifugiarsi a riflettere in cerca di ispirazione per le proprie opere. E decisamente, non aveva alcuna intenzione di tornarci di giorno ... voleva gustarne appieno la sublime bellezza, che di notte, con la sola luce dei lampioni a illuminarne i sentieri, raggiungeva il massimo del proprio splendore.
    Per questo la mannara passeggiava, sola e apparentemente (molto apparentemente) indifesa lungo i sentieri del giardino. Per la serata con l'illustre presidente dell'associazione aveva optato per un elegante ma non eccessivamente pretenzioso vestito in velluto color inchiostro, con le spalline bianche e un grazioso fiocco posto e decorarne il petto, mentre per proteggersi aveva deciso di ricorrere a una pelliccia di ermellino bianca e dai bottoni in oro, posta ora a coprirle le spalle. I capelli, un'elegante chioma dalle sfumature color ghiaccio, erano raccolti in una semplice crocchia mentre ai piedi indossava delle eleganti scarpe de sera con tacco alto, decorate da delle rifiniture in argento, non dissimili alla foggia degli orecchini che indossava.
    E avrebbe proseguito volentieri nella propria passeggiata, se improvvisamente una serie di singhiozzi strozzati non la costrinsero a fermarsi repentinamente. Si osservò attorno, improvvisamente all'erta, fino a quando il proprio olfatto sopraffino non venne investito dall'odore sin troppo famigliare di sesso e seme maschile ... alzò un sopracciglio, seguendo perplessa quel suono così insolito, specialmente all'interno di quei giardini che di notte erano solitamente deserti.
    Fu solo dopo una rapida svolta del sentiero che lei stessa stava seguendo, che si dovette bloccare, osservando sconcertata lo spettacolo ai propri piedi.
    Una giovane donna, che a giudicare dai tratti palesemente apeschi doveva trattarsi di una tiranide, letteralmente immersa in un fiume di sperma bianco e circondata da quelle che sembravano in tutto e per tutto una dozzina abbondante di uova dalla superficie color dell'oro, oltre che da uno stormo di tiranidi in miniatura ... che non appena videro la figura della mannara avvicinarsi si misero sull'attenti.
    La povera Queenie, che ancora traumatizzata a causa della violenza appena subita non si era nemmeno accorta dell'arrivo della mannara, dovette tuttavia rendersene conto quando un coro di "Indietro, marrana!" e "Non permetteremo che nessun altro si avvicini alla nostra Regina!" o ancora "Fai un altro passo, e ti pungo il sedere!" non la costrinsero ad alzare faticosamente il capo.
    Le sue ancelle, che dopo l'incontro con Daisuke erano ben lungi dal fidarsi di qualsivoglia sconosciuto, si fiondarono in massa verso la russa, che si limitò a lanciare loro uno sguardo di vaga commiserazione prima di usare la propria antlomanzia per congelarle letteralmente sul posto.
    "Bel tentativo, demigelle ... ora se non vi dispiace darei una mano alla vostra amica.", disse, non senza una nota di spudorata ironia nella voce, superando le povere ancelle che non poterono far altro che rimanere a guardare impotenti la russa che, silenziosa, si avvicinava alla loro sovrana.
    Non appena se la vide venire incontro, coi suoi centonovante centimetri di altezza, la povera Queenie si ritrovò a tremare ancora più di quando non avesse continuato a fare sino ad allora, indietreggiando disperatamente nel tentativo di allontanarsi da quella figura dall'aura non dissimile da quella del suo amato ... ma che per qualche motivo le appariva talmente fredda da farle gelare il sangue nelle vene. Selenya, dal canto suo, non poté non sentire una vaga scossa di eccitazione, nel vedersi quella meraviglia della natura praticamente nuda di fronte ai propri occhi ... tuttavia, non era certo una barbara, e come se non bastasse la poveretta sembrava averne già passate parecchie: motivo per cui riuscì a celare senza problemi la propria fame, avvicinandosi a lei cautamente.
    Quando la vide abbassarsi su di sé, Queenie chiuse gli occhi, aspettandosi di ritrovarsi rinchiusa in un blocco di ghiaccio ... quando improvvisamente una mano dolce, e inaspettatamente calda, le si posò delicatamente sul capo.
    "Si sente bene, signorina?", la voce calda della russa colse Queenie di sorpresa, mentre apriva timidamente un occhiolino finendo inevitabilmente col trovarsi a un passo dal volto palesemente preoccupato della donna. La tiranide deglutì, il cuore che ancora batteva a mille, prima di scoppiare letteralmente a piangere, fiondandosi disperata contro il petto della russa che, sorpresa, non poté che accogliere il volto arrossato e sporco di seme della tiranide contro il proprio seno.
    Sorrise, accarezzandole delicatamente il capo, mentre cercava di consolarla. Lasciò spaziare il proprio sguardo sul corpo di lei, mentre le iridi color lapislazzuli si offuscavano trasformandosi rapidamente in un mare in tempesta ... i vestiti della giovane erano totalmente squarciati, non ne rimaneva quasi nulla, e ciò non faceva che mettere ulteriormente in mostra quel corpo dalle curve già dirompenti di suo e il ventre apesco ancora in parte gonfio a causa delle uova non ancora espulse. Non vi era un solo centimetro di pelle che non fosse coperto di sperma, e come se non bastasse sia i polsi delle mani che le caviglie portavano i segni rossi di quella che doveva essere stata una violenza a dir poco crudele e barbarica. La cosa più strana, tuttavia, era il cappotto palesemente maschile che era stato lasciato a coprirle le spalle.
    La russa lo osservò interdetta, incerta su cosa pensare ... quale stupratore riduceva la propria vittima in quel modo per poi prendersi pure la briga di coprirla?
    Selenya non era nuova a quel genere di situazioni, dopotutto lei stessa era ben nota in quel paese a causa degli innumerevoli stupri che aveva perpetrato ai danni di giovani indifese ... tuttavia, vi era una netta differenza tra il suo modus operandi, che ben di rado la vedeva abusare delle proprie vittime senza prima averne soggiogato la volontà coi propri veleni, spingendole a desiderarla a loro volta, e uno stupro fine a sé stesso portato a termine proprio come una bestia farebbe per evidenziare il proprio dominio sugli altri.
    E se c'era qualcosa che la russa odiava con tutta sé stessa, era la barbarie.
    Un motto di rabbia gelida le percorse le membra, mentre contraeva la mascella fino a farsi scricchiolare i denti.
    Poi tuttavia parve calmarsi, limitandosi a registrare silenziosamente l'odore trasmessole da quel luogo e tornando a osservare la tiranide.
    "E' meglio che chiami le autorità. Dovranno interrogarla, in modo da risalire al colpe ...", non appena tuttavia Queenie sentì parlare delle autorità, sgranò gli occhi: ricordava ancora chiaramente le minacce del proprio carnefice, e non voleva assolutamente correre il rischio che risalisse nuovamente a lei. Scosse violentemente il capo, il volto ancora rigato dalle lacrime: "No! Niente autorità ... ti prego. Io ... voglio solo andare a casa!", scoppiò nuovamente a piangere, mentre Selenya la osservava interdetta, prima di sospirare, "Va bene, ti accompagnerò a casa.", disse, prima di sollevarla, praticamente senza sforzo, a voltarsi nuovamente verso le ancelle.
    Le poverette, le cui ali erano ancora saldamente bloccate nella morsa di ghiaccio della russa, non avevano smesso di osservarla nemmeno per un istante. E se inizialmente si erano dimostrate diffidenti, ormai sembravano aver perso ogni genere di spirito combattivo, anche se alcune continuavano a osservarla palesemente offese all'idea di essere state surclassate con tanta facilità. Selenya le osservò freddamente, voltandosi poi a guardare le uova e annullando velocemente la propria antlomanzia per poi dire, gelida: "Forza, piccolette. Date una mano alla vostra padrona, prendete e uova e andiamo. E se fate scherzi ...", le poverine si bloccarono, terrorizzate, "... vi imbottisco di veleno.", concluse, avviandosi lungo il sentiero.

    ***

    Grazie alle indicazioni di Queenie, che rimase per tutto il tempo col viso saldamente infossato contro la pelliccia che ricopriva il colletto della propria salvatrice, la russa riuscì a orientarsi senza problema.
    Il peso della tiranide non sembrava rappresentare un particolare intralcio, e grazie al cappotto del violentatore, che riusciva bene o male a proteggere il corpo della tiranide da sguardi indiscreti, alla fin riuscì comunque a raggiungere la destinazione indicatale dalla giovane: si trattava di un elegante condominio, situato in uno dei quartieri più altolocati della città, il cui stile fresco e moderno faceva intuire chiaramente come fosse stato edificato da poco.
    Selenya raggiunse rapidamente la porta indicatale, per poi voltarsi verso la tiranide: "E' qui che abita il tuo compagno?"
    Queenie si limitò ad annuire con forza.
    Con la povera tiranide ancora tra le braccia, la russa non ebbe molte alternative se non prendere letteralmente a calci la porta per bussare e spingere colui che abitava in quell'appartamento ad aprirle ... non che fosse arrabbiata, ma le continue occhiatacce che le ancelle avevano continuato a lanciarle lungo tutto il tragitto dal parco fino alla loro meta aveva reso l'umore della russa decisamente irritato. Era già tanto se non le aveva nuovamente congelate, o magari imbottite di afrodisiaco, giusto per vedere cosa avrebbero combinato, tuttavia quelle piccolette per quanto irritanti le servivano per trasportare le uova ... e per quanto non fosse esattamente uno stinco di santo, nemmeno la russa si sentiva in vena di abbandonare dei piccoli innocenti al proprio destino.
     
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