Abitazione di Henry Jekyll

Grande abitazione

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  1. Yhei
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    io non sono leggenda...sono realtà!

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    Nimue non sentì nessuna risposta da parte di Henry, ma solo il tonfo del pesante portone della villa. Nimue non poteva immaginare quanto Henry si sentisse un verme a trattarla in quel modo, ma l'unica cosa di cui necessitava l'uomo era quella di un taglio netto. Specie dopo le sue ultime parole, che risuonarono nella mente dell'uomo come una terribile verità. Era stato davvero bello conoscerla, ed ora che tutto era finito per un motivo che mai avrebbe potuto immaginare faceva ancora più male. Con un macigno sul possente petto s'avvicinò al pianoforte sedendosi e battendo le dita su qualche tasto intonando una melodia sconosciuta. Guardando il proprio riflesso nel nero lucido dello strumento e provando un profondo senso di pena verso la propria persona. Nemmeno una lacrima solcò il viso maturo dell'uomo, nessuna goccia d'acqua sulla pelle arida di un uomo troppo maturo per certe storielle adolescenziali. L'unica cosa versata era il brandy ambrato nel bicchiere, uno, due, tre, quattro sorsi, ormai aveva perso sapore e gusto nel berlo. Lo faceva per odiarsi, per rendersi ancora più patetico di quello che già era, suonando dapprima una dolce melodia che bicchiere dopo bicchiere diventava sempre più avida, frenetica come se uscisse direttamente dalla propria anima, spinta dall'alcool suo unico grande amico. L'armonia proseguiva sempre più incontenibile, velocissima, impaziente, delirante! Fino al raggiungimento di toni dissonanti, arrivando infine a stonare. Allora apparvero riflessi sul nero pece dello strumento due terribili occhietti rossi, ed un sorriso avorio scintillante. Da li solo frammenti:
    Patetico...
    Due occhi ora lo stavano fissando, occhi verdi, eccitati, si sentiva mordere il collo, un capezzolo...
    Dio sii! Continuate, continuate!
    Sentì letteralmente il proprio cazzo risucchiato e due occhi roteati all'indietro nel piacere di succhiare una mazza tanto turgida e affamata. I capelli che stringeva in mano avevano la consistenza del velluto e la sensazione nello spingere una donna fino al soffocamento, inducendola ad avere dei conati soffocati dalla propria cappella era una sensazione che se la giocava con quella data dall'inebriamento del vino italiano che bagnava le sue labbra e sputava su dei seni sodi che gli rimbalzavano davanti.
    Avanti, ce nè per tutte!
    I suoni degli orgasmi delle donne riempivano le orecchie in un concerto degno della miglior compagnia filarmonica. I propri fluidi mischiati agli umori femminili e le carni che si contorcevano come vermi ammassati in un barattolo, grida, versi ed ogni oscenità. Gli occhi solcati da due profonde occhiaie viaggiavano perdendosi tra tutti quei capezzoli.
    Avanti, puttane! Fatemi godere!
    Un corpo prosciugato da ripetuti orgasmi ed altri pieni di sperma legati a lui fino a che, uno per uno, non rimanevano spossati e privi di forza...
    Ahhh.... Sapevo che avrei dovuto portarmene un altro paio...
    Ed una sigaretta spenta addosso ad una donna troppo drogata per rendersi conto del dolore provocato. Così quel piccolo ometto terminò la serata portando con se e in se, quei ricordi vaghi a causa degli eccessi della serata, e con lui o meglio attraverso i suoi occhi, un uomo dalla morale rispettabile aveva osservato tutto, accondiscendendo quei desideri carnali nel quali rifugiarsi per trovare finalmente pace da un mondo non adatto a lui. Tornato alla villa, Hyde s'accasciò drogato ed ubriaco sul divano cadendo in un sonno profondo, un sonno senza sogni, dato che ad un uomo senza speranza non è concesso sognare.
     
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108 replies since 16/7/2015, 23:21   944 views
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